In rassegna i nomi caldi della Vuelta. Garzelli incorona Carapaz

17.08.2022
6 min
Salva

Poco più di 48 ore e sarà Vuelta a Espana! La carovana si riunirà in quel di Utrecht in Olanda per una corsa che si annuncia super combattuta. Una Vuelta piena di domande, di curiosità che poniamo all’attenzione di Stefano Garzelli.

La maglia rosa del 2000 oltre che un grande conoscitore degli atleti è anche un esperto di Spagna visto che ci vive e ha le mani in pasta nel ciclismo giovanile grazie alla sua squadra, lo Stefano Garzelli Team. Pertanto è in grado di capire quali sono i corridori più indicati alla conquista della maglia rossa anche in base al tracciato.

Qualche giorno fa Roglic ha pubblicato questa foto. Ha ritrovato forza e sorriso. Sarà pronto per il poker? (foto Instagram)
Qualche giorno fa Roglic ha pubblicato questa foto. Ha ritrovato forza e sorriso. Sarà pronto per il poker? (foto Instagram)
Stefano, da chi partiamo?

Direi da Roglic, non fosse altro perché ha vinto le ultime tre edizioni. Deve stare tra i favoritissimi. Bisogna vedere come ha recuperato dal ritiro del Tour, ma io credo che il fatto che ci sia vuol dire che questo recupero c’è stato, altrimenti neanche sarebbe partito. Magari non sarà al 100%, ma la forma c’è, e si è visto anche in Francia, vediamo se c’è anche il fisico, la salute.

Che poi Primoz alla Vuelta sembra essere più sicuro di se stesso, più padrone della situazione…

Vero. Ci sta che un corridore abbia più o meno feeling con una corsa. E poi guardate che vincere tre Vuelta di seguito è tanta roba.

Un altro nome, Stefano?

Richard Carapaz. Lui è senza dubbio uno degli avversari maggiori di Roglic. Primo, perché dopo aver perso il Giro vuole la rivincita. Secondo, perché nel 2020 perse proprio dallo sloveno e vorrà togliersi il sassolino dalla scarpa. E poi ha una squadra forte.

Carlos Rodriguez con Sivakov (a destra). Il campione nazionale spagnolo guida la schiera dei giovani della Ineos-Grenadiers
Carlos Rodriguez con Sivakov (a destra). Il campione nazionale spagnolo guida la schiera dei giovani della Ineos-Grenadiers
Che la sua Ineos-Grenadiers sia forte okay, ma sono quasi tutti “bimbi”…

Mah, sapete a fine stagione portare dei “bimbi” può essere un vantaggio. Sono più motivati, magari non hanno fatto nessun grande Giro. Loro ti danno il 110%, un corridore esperto magari ti dà il 90. E poi non c’è un mondiale troppo adatto a loro o agli scalatori, quindi vengono espressamente per la Vuelta.

Un nome lo buttiamo sul piatto noi: Simon Yates…

Lo stavo per dire io! Simon Yates ha già vinto la Vuelta nel 2018 e credo si sia preparato anche piuttosto bene. Ha anche vinto in questo avvicinamento e a Burgos è andato forte… Anche lui deve far vedere quello che vale. Simon combatte con i suoi alti e bassi, perché lui quando ha i bassi perde davvero tanti minuti.

E Hindley?

Sarà della partita ma sinceramente non lo vedo vincitore. Non è facile avere due grandi picchi di forma nella stessa stagione e Jai Hindley al Giro volava. A Burgos andava forte, ma non fortissimo. Poi comunque aver vinto il Giro da una parte ti dà, dall’altra ti toglie e anche mentalmente ritrovare la concentrazione per le tre settimane è molto difficile. Se ci riuscisse sarebbe un fenomeno. E poi il livello del campo partenti è leggermente più alto di quello del Giro.

Per Garzelli è difficilissimo, ma se Hindley dovesse riuscire nella doppietta Giro-Vuelta sarebbe il primo a riuscirci dopo Contador nel 2008
Per Garzelli è difficilissimo, ma se Hindley dovesse riuscire nella doppietta Giro-Vuelta sarebbe il primo a riuscirci dopo Contador nel 2008
Non si può non nominarlo: Mikel Landa. Pellizotti dice che con uno come lui in formazione si parte sempre per vincere…

Il problema è che alla fine non vince mai. E a me Landa piace moltissimo, attenzione. La prima volta che l’ho visto, ma direi che il grande pubblico lo ha visto, eravamo proprio alla Vuelta Burgos. Era il 2011. Nell’ultima tappa Mikel lavorava per Sanchez. Si doveva scalare due volte una salita. Alla prima tirava Landa e restammo in nove. Alla seconda tirava sempre lui, mi staccai quando erano rimasti in cinque. Ad un certo punto Sanchez gli ha detto: «Vai perché io non ce la faccio più». E vinse la tappa. In salita va ancora fortissimo, ma nel complesso gli manca sempre qualcosa.

Di Joao Almeida cosa ci dici? Alla fine lui sul podio di un grande Giro ancora non ci è mai salito…

Questa Vuelta sarà il suo banco di prova. Ha a disposizione una buona squadra e partire essendo tra i favoriti, con la pressione mediatica, quella da capitano in squadra è, come detto, un test veritiero. Senza contare che in  UAE Emirates con Matxin alla guida ci tengono molto alla Vuelta. Se non vince è da podio. E poi ha vinto a Lagunas de Neila a Burgos. Conosco benissimo quella salita e se vinci lì è perché stai bene.

Il portoghese Almeida, dopo il Giro ha vinto due corse: il titolo nazionale (in foto) e l’ultima tappa della Vuelta a Burgos
Il portoghese Almeida, dopo il Giro ha vinto due corse: il titolo nazionale (in foto) e l’ultima tappa della Vuelta a Burgos
Enric Mas?

Mas lo scorso anno fu secondo ed è giusto nominarlo, ma credo che la sua occasione l’abbia avuta proprio un anno fa. Bisogna capire lui e la Movistar soprattutto. Loro sono appesi ad un filo con il discorso dei punti e la tensione c’è. Qui in Spagna se ne parla spesso. Senza contare che hanno avuto sempre grandi problemi di gestione con i loro leader: Quintana, Lopez, Landa, Carapaz. Loro devono vincere e dover vincere quando si è sotto pressione non è mai facile. Uscire dal WorldTour sarebbe una botta pazzesca.

Altri outsider? Quintana per esempio…

Quintana lo vedo per le tappe e non per la classifica. Anche perché si parte dall’Olanda. C’è vento lassù. E’ vero che corre bene, però… In più c’è anche una cronosquadre. E invece di Evenepoel che mi dite?

Remco può fare tutto e il contrario di tutto. Piuttosto oltre a lui ci sarebbe da parlare anche di Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Tre giovanissimi con le stimmate dei campionissimi…

Seguendo il ciclismo giovanile in Spagna conosco bene sia Juan che Carlos. Entrambi hanno una grande opportunità e una grande classe. Io credo che Rodriguez sarà determinante per Carapaz. Lui ha davvero tanta testa. Ayuso è più spregiudicato. Ha una grandissima ambizione. Molto della sua gestione dipenderà da Almeida. Ha 19 anni e per lui sarà interessante capire come reagirà alla terza settimana. E poi c’è Remco. Per come andava a San Sebastian… boh! Può fare tutto! Io credo lui vivrà alla giornata e valuterà strada facendo cosa fare (se puntare alla classifica o alle tappe, ndr).

Quest’anno la Vuelta torna sulle rampe della Sierra Nevada, salita non durissima ma che ha sempre segnato delle belle differenze
Quest’anno la Vuelta torna sulle rampe della Sierra Nevada, salita non durissima ma che ha sempre segnato delle belle differenze
Stefano, in qualche modo hai introdotto anche il discorso del percorso. Questa Vuelta, come da tradizione, si vincerà in salita?

Alla fine credo di sì: penso a Sierra Nevada, a Navacerrada e ai numerosi arrivi inediti, ma credo anche anche la crono individuale di Alicante inciderà moltissimo. E’ una crono totalmente piatta, a forte rischio di vento (una parte è sul mare), poi arriva dopo il giorno di riposo. Corridori forti come Roglic e Almeida possono infliggere anche più di due minuti ai loro avversari.

Rispetto alle ultime Vuelta le tappe sembrano leggermente più lunghe mediamente. Non ce n’è una che supera i 200 chilometri ma ce ne sono parecchie tra i 180 e i 190 chilometri…

Vero, e poi la partenza da fuori, dall’Olanda non è mai facile. Lì una Jumbo Visma già può mettere qualche secondo tra sé e gli altri. Le tappe di rientro nei Paesi Baschi sono insidiose. C’è questa crono di Alicante: 30,9 chilometri super piatti sono parecchi… Nel complesso mi sembra una Vuelta dura, ma non durissima con 10-14 frazioni monster come le altre volte.

Quindi qual è il podio finale di Stefano Garzelli?

Carapaz, Roglic, Almeida.

Tiberi: un giovane alle prese con il suo primo grande Giro

13.06.2022
4 min
Salva

Dopo aver messo nel sacco la prima vittoria da professionista, Antonio Tiberi guarda avanti. Non si ferma e sul suo orizzonte si profila la Vuelta Espana, un’altra grande prima per il laziale della Trek-Segafredo.

L’iridato juniores a crono 2019 ha appena finito il Delfinato. Corsa che a quanto pare ha aggiunto un altro tassello alla sua carriera. E che in qualche modo fa parte del lungo cammino che lo porterà alla Vuelta. 

Ecco, vogliamo sapere in che modo sta andando incontro al primo grande Giro. 

Quest’anno la Trek-Segafredo ha deciso di alzare il livello delle corse a cui ha preso parte Antonio. Eccolo al Delfinato
Quest’anno la Trek-Segafredo ha deciso di alzare il livello delle corse a cui ha preso parte Antonio. Eccolo al Delfinato
E per questo, Antonio, partiamo proprio dal Delfinato: come è andata?

Un po’ stanco! Ma tutto sommato non male per il livello che c’era. Credo che proprio per la qualità media dei partecipanti sia stata la corsa più impegnativa che ho fatto, ma lo Svizzera e il Romandia dell’anno scorso sono stati più duri. Forse anche perché avevo una condizione più bassa.

Antonio, fra un paio di mesi inizia la Vuelta. Come l’approccerai? Stai cambiando qualcosa nella preparazione?

Direi che è cambiato molto quest’anno, a partire dalle ore di allenamento che sono aumentate e anche dalle gare di avvicinamento. Rispetto all’anno scorso ho fatto corse di livello maggiore e questo per avvicinarmi al meglio alla Vuelta. Per adesso non so se la farò tutta o solo metà. Questo credo che lo vedremo in corsa direttamente.

Ti spaventa l’idea di farla tutta?

No, no… io sono contento. Anche perché il mio obiettivo di corridore è quello di fare bene nelle grandi corse a tappe. Quindi sarà un modo anche per testarmi in ottica futura.

Hai parlato di ore: puoi quantificare questo aumento?

Diciamo che le doppiette, i giorni di carico per intenderci, sono diventate triplette. Prima magari facevo nell’ordine 3-4 o 4-5 ore, adesso ne faccio 5-4-5, con un giorno di scarico nel mezzo.

Rispetto allo scorso anno sono cresciute le ore di allenamento per Tiberi
Rispetto allo scorso anno sono cresciute le ore di allenamento per Tiberi
E i famosi “fuorigiri”?

Anche quell’aspetto è cambiato. Faccio più lavori di qualità: dietro moto con volate uscendo di scia, i 40”-20”.

Percepisci questo cambiamento? Se avessi dovuto fare la Vuelta l’anno scorso pensi che saresti stato pronto?

Visto il livello delle gare che sto facendo quest’anno, posso dire che non sarei stato pronto. Magari un grande Giro lo avrei fatto e, chissà, anche finito, solo che poi avrei impiegato dieci mesi per recuperarlo. Io non so se questo approccio sia meglio o no, ma posso dire che quello graduale che stiamo facendo alla Trek-Segafredo con Josu Larrazabal per me è il modo migliore. 

Il Tiberi 2022 vede la differenza rispetto al Tiberi 2021 quindi?

La differenza non solo la vedo, ma la sento. La sento in gara soprattutto. Lo scorso anno c’erano delle corse in cui mi sentivo benino, ma erano di livello più basso e poi un’altra cosa che ho notato è la costanza. L’anno scorso non avevo un rendimento costante, quest’anno c’è tutt’altro feeling. Poi la giornata no ci può stare, come mi è successo anche al Delfinato, ma di base sono molto più regolare.

Riguardo ai lavori da fare in bici, pensi che in questi mesi che ti separano dalla Vuelta farai qualcosa di diverso?

Io non ho mai fatto un grande Giro e poi non è che debba puntare ad entrare nei primi cinque della generale, non ci sarà da fare chissà quale lavoro stratosferico nel complesso. So che mi aspetta un periodo nel quale cercherò di stare particolarmente attento al recupero e all’alimentazione. E mi piace tutto questo, sono curioso: vedrò come funziona un grande Giro.

Tiberi ha concluso la crono del Delfinato (31 chilometri) al 16° posto a 1’50” da Ganna. Una buona prova per lui
Tiberi ha concluso la crono del Delfinato (31 chilometri) al 16° posto a 1’50” da Ganna. Una buona prova per lui
Hai parlato di alimentazione: cambierai qualcosa?

Cambiare no, però cercherò di stare più attento a ridosso del grande obiettivo. Non sono uno che conta i grammi, però cercherò di scegliere cibi sani, guardando alla qualità degli stessi. Insomma niente schifezze. E poi a ridosso della Vuelta mi confronterò con la nutrizionista della squadra. Ma non adesso.

Invece qual è il tuo programma? Farai l’altura immaginiamo…

Intanto penso ai campionati italiani. Io farò sia la crono che la prova in linea.

Ti sei allenato parecchio a crono?

Abbastanza. C’era da preparare anche quella del Delfinato, che tra l’altro era molto simile per percorso e distanza a quella tricolore.

Ti abbiamo interrotto: continua con il programma…

Dopo l’italiano, osserverò 4-5 giorni di recupero. Sarà un recupero totale, senza bici. Semmai la prenderò un giorno… se ne avrò voglia. Non a caso sto cercando di organizzarmi con i miei genitori per restare in Puglia per qualche giorno di vacanza subito dopo il tricolore. Poi tornerò a casa e riprenderò ad allenarmi. Farò l’altura, ma non so ancora dove. E prima della Vuelta farò anche una corsa a tappe: credo il Giro di Polonia (30 luglio-5 agosto, ndr).

Avvistata alla Vuelta una nuova Orbea aerodinamica?

26.08.2021
2 min
Salva

Guardando la Vuelta ci è saltato all’occhio un particolare, due corridori della Euskaltel Euskadi, stanno utilizzando una nuova Orbea con una livrea differente, uno di questi è Xabier Mikel Azparren, l’altro Juan Josè Lobato.

Lo abbiamo visto in azione nella fuga che ha caratterizzato la seconda tappa della Vuelta, la sua bici aveva un qualcosa di diverso, tuttavia, non è facile dirlo attraverso lo schermo. La livrea utilizzata da questi due atleti sicuramente presenta delle colorazioni differenti rispetto al classico nero, infatti, lo sfondo bianco è camuffato da linee arancioni, quasi a far perdere le misure.

Spariti i cavi anteriori

Questo particolare è il più evidente, guardandola frontalmente la bici sembra completamente differente. Quella dei cavi integrati è una scelta obbligata, se si considera il guadagno in termini di flussi d’aria che si ottiene da questa scelta.

Anche la forcella cambia, la bici presenta una specie di pinna a livello dello sterzo, confrontandola con la versione precedente la differenza è molto evidente. La fisionomia ricorda molto quella di una bici da cronometro, la Orbea Urdu, estremizzazione dell’aerodinamica per un modello da strada.

Il carro posteriore è forse il più grande intervento rispetto al precedente modello. La differenza è sulla parte terminale, dove il fodero basso in prossimità del mozzo posteriore presenta una curvatura verso l’alto.

Non è dato sapere se i due corridori dell’Euskaltel Euskadi stessero provando una nuova bici che Orbea metterà in commercio tra poco. Gli appassionati del marchio spagnolo dovranno attendere ancora un po’.

Orbea

Alla Vuelta bis di Storer e tre punti da rivedere con Bartoli

24.08.2021
4 min
Salva

C’erano due elementi in particolare che oggi potevano caratterizzare la decima tappa della Vuelta e renderla scoppiettante: il giorno successivo al riposo (e quindi gambe fresche) e il Puerto de Almacar (fughe e scatti). E questi due elementi si sono ben fusi, dando origine ad una pozione esplosiva. Il risultato? La fuga è andata in porto e ha vinto Storer, la velocità è stata folle quasi 45,5 media con 2.350 metri di dislivello totale, Roglic ha perso la maglia rossa a vantaggio di Eiking e Landa è saltato. Di fatto sono tre punti che abbiamo commentato con Michele Bartoli.

Per Eiking, classe 1994, questa è la prima maglia rossa. Vanta tre vittorie da professionista
Per Eiking, classe 1994, questa è la prima maglia rossa. Vanta tre vittorie da professionista

Brava Intermarché

Se la Dsm si porta a casa un’altra tappa e lo fa ancora con Micheal Storer, la Intermarché Wanty Gobert non è da meno. La squadra belga aveva già alzato le braccia al cielo con Rein Taaramae e aveva conquistato la maglia rossa. Oggi ne torna padrona e lo fa con il norvegese Odd Christian Eiking. Insomma la Intermarché Wanty Gobert non è più la cenerentola del World Tour.

«Si vede la mano di Valerio Piva – commenta Bartoli – lui è bravo. E’ un diesse capace, che sa di ciclismo e meriterebbe un top team. Riesce sempre a raccogliere il massimo con quel che ha disposizione. Anche al Giro hanno vinto una tappa nell’unico modo che potevano, altrimenti non ce l’avrebbero fatta».

I segni della caduta di Roglic a fine tappa. In discesa stava guadagnando qualcosina a fronte di un grande rischio
I segni della caduta di Roglic a fine tappa. In discesa stava guadagnando qualcosina a fronte di un grande rischio

Roglic, troppi errori

Dicevamo di Roglic. Primoz si è esposto a un rischio eccessivo. E ha mostrato ancora una volta qualche limite tecnico e tattico.

«Oggi – dice il campione toscano – non mi è piaciuto. Dopo la scatto mi aspettavo un rendimento più dirompente, invece ha preso quei 9” e se li è portati fino in cima. E stava spingendo forte, si vedeva. E poi ha rischiato troppo. E’ caduto e adesso quelle botte in qualche modo se le porta dietro. Mi verrebbe da chiedergli: ma chi te lo ha fatto fare? Se fai una differenza netta, guadagni 40”-50” okay, ma se prendi 50 metri anche se fai la discesa a tutta e non ti riprendono alla fine guadagni 15”. Ma quanto spendi? Quanto rischi? Non ha senso».

A questo punto facciamo notare che forse in certi momenti emergono i limiti di un ragazzo che ha iniziato tardi (ricordiamo che viene dal salto con gli sci). «In parte sì, ma le radioline? Un errore simile potevi commetterlo quando non c’erano. Possibile che l’ammiraglia non gli abbia detto: ohi ma dove vai?».

Landa aveva scricchiolato già qualche giorno fa, ma aveva limitato i danni, oggi è crollato. Il suo distacco: 21’41” da Storer
Landa aveva scricchiolato già qualche giorno fa, ma aveva limitato i danni, oggi è crollato

Landa nel baratro

Infine, la Roquetas de Mar – Rincón de la Victoria ci ha detto che Landa ha alzato definitivamente bandiera bianca. Lo spagnolo della Bahrain Merida, partito con i gradi di capitano, ha incassato 21’41” da Storer e 9’51” da Roglic e gli altri big della generale.

«Davvero non so spiegarmelo – dice Bartoli – Eppure a Burgos era andato bene, mostrandosi in crescita e anche nel primo arrivo in salita era andato bene. E posso dirvi che sul Pico Blanco non puoi nasconderti. Non è una di quelle salite che dà respiro, che anche se sei “impiccato” riesci un po’ a salvarti. E’ davvero un punto interrogativo, Mikel. Lo conosco bene e se recupererà bene potrà farci divertire in salita, ma con altri obiettivi chiaramente».

Altri 6” nel taschino per Roglic. E Nielsen ride

06.11.2020
3 min
Salva

Massima attenzione. Massima cattiveria agonistica. Primoz Roglic non lascia davvero nulla al caso in questa Vuelta. Lo sloveno non vuol “ustionarsi” come gli è successo al Tour de France. Stavolta anche una semplice scottatura potrebbe costargli molto cara. Addirittura inficiare sul resto della sua carriera.

Tappa a Nielsen

Tappa di oggi. Da Salamanca a Ciudad Rodrigo, 162 chilometri di saliscendi, di cielo plumbeo, di attacchi e persino di qualche insidiosa folata di vento. Solita bagarre. Il più attivo è il giovane campione francese della cronometro, Remi Cavagna, che alla fine si porta a casa il premio di più combattivo di giornata.

Il gruppo si assottiglia. Tira la Uae, poi la Movistar, poi la Ineos… e la Jumbo forse per la prima volta scricchiola un po’. Gli altri però tirano e basta. E così va a finire che gli squadroni avversari diventano i migliori alleati del “nemico” Roglic.

Gruppo allungato, anche oggi ritmi elevati
Gruppo allungato, anche oggi ritmi elevati

Primoz sta lì, mai oltre la quindicesima posizione. Attento. Un felino. Sempre dal lato coperto del vento. Con lui ci sono solo due uomini. Ed è qui che Roglic sfoggia la sua arma migliore: la tranquillità, come ormai ci dice più di qualcuno che gli è vicino.

E gli riesce talmente bene che alla fine, quando entrano nel rettilineo finale, apre il gas di brutto e cerca persino la vittoria. E probabilmente se l’ex iridato Rui Costa non lo avesse costretto a deviare ci sarebbe riuscito. Tappa al danese della EF, Magnus Cort Nielsen, e piazza d’onore allo sloveno, fin troppo educato nel post tappa.

«Mi sarebbe davvero piaciuto vincere. Quando ho visto i velocisti staccarsi ci ho pensato e ho pensato anche ai punti della maglia verde. Come leader di questa classifica devo essere in grado di fare una volata, no! Chiaramente sono contento dei secondi di abbuono».

Alla fine Primoz non può che sorridere. Mette in cascina sei preziosissimi secondi e si presenta all’ultimo ostacolo di questa Vuelta con 45” di vantaggio su Carapaz e 53” su Hugh Carthy.

Roglic attento

La frazione di domani è davvero impegnativa e non solo per l’arrivo finale sull’Alto de La Covatilla, ma anche per quello che c’è prima. Tuttavia vedendo come hanno corso sin qui, tutto sembra far pensare che la corsa si deciderà sulla scalata finale. E allora tanto vale dire che Roglic è a 11,7 chilometri da un traguardo importantissimo.

E forse se lo merita anche. E’ stato lui il dominatore della stagione. Se non fosse caduto avrebbe vinto il Delfinato. Ha perso il Tour in un modo terribile, da far saltare di testa chiunque. Invece si è complimentato in modo sincero con Pogacar. Una volta a casa poteva tranquillamente finire lì la sua stagione. Invece ha preferito risalire in sella per il mondiale (arrivato davanti), per la Liegi (vinta) e per questa Vuelta, dove comunque vada si è già assicurato quattro tappe.

Oggi, appena terminata la frazione, lo sloveno è saltato sui rulli, per sciogliere le gambe. E lo ha detto apertamente lui stesso: «Per prepararle alla battaglia di domani. Mi aspetto attacchi da Ineos, Movistar e Carthy. Domani lassù non si potrà mentire. Noi Jumbo dobbiamo continuare a correre come abbiamo fatto sin qui».

Questa volta dovrà sfoggiare ancora quella sua ormai proverbiale tranquillità, per dormire bene e recuperare il più possibile.

Sulla Covatilla, rispetto al Tour, avrà forse il vantaggio di poter tenere a vista gli avversari. Meglio il corpo a corpo che il cronometro. E 45” sono un bottino che si può anche gestire. L’imperativo è non crollare. Lo sapremo tra meno di 24 ore.

Wellens bis da finisseur. Bagioli che fatica

04.11.2020
3 min
Salva

La distanza che divideva Lugo da Ourense era di 205 chilometri e di questi Tim Wellens ne ha passati 165 in fuga. Anche oggi la Vuelta ha regalato una giornata intensa, almeno per quel che riguarda il traguardo di giornata. Dietro infatti la Jumbo Visma ha controllato la situazione cercando un ritmo tranquillo, ma neanche così lento che potesse invogliare qualcuno a prendere in mano la situazione.

Wellens finisseur

E sulla veloce rampa finale il belga Tim Wellens della Lotto Soudal ha ottenuto la sua seconda vittoria in questa Vuelta. La fuga, come detto, era partita attorno al chilometro 40. Con Wellens c’era gente del calibro di Marc Soler, Michael Woods, Zdenek Stybar…

Il drappello guadagna quasi 6′. Dietro è calma piatta, così i fuggitivi capiscono di aver buone chances di andare all’arrivo. Non a caso gli scatti iniziano ad una ventina di chilometri dal termine. Nel finale con un tempismo perfetto e buone gambe, Wellens piazza il colpaccio. Segno anche di serenità. In fin dei conti lui la sua Vuelta l’aveva già “vinta”.

«Dopo il successo nella quinta tappa – dice Wellens – eravamo più “leggeri”. Sapevo che questa frazione era ideale per me, ma una cosa è aspettare con ansia una tappa, un’altra è essere nella fuga giusta, avere le gambe per finirla e la testa libera. Non bisogna però pensare ad una vittoria facile. C’è stata una grande lotta per entrare in fuga. Siamo andati forte per tutto il giorno e gli avversari erano davvero forti. Per questo ho anche cercato di attaccare null’ultima discesa».

Tutto però si è deciso nel chilometro finale. E se Woods è partito come un finisseur ai 700 metri sembrava avercela fatta, Wellens ha mostrato delle super gambe. Lo ha ripreso e scavalcato negli ultimi 75 metri.

«In salita – riprende Wellens – ho notato che Woods e Soler avevano gambe forti. Temevo Woods nello sprint in salita, per questo ho fatto di tutto per prendere all’interno l’ultima curva».

La frazione di oggi era in Galizia, nel Nord Ovest della Spagna
La frazione di oggi era in Galizia

Giornataccia Bagioli

Gli italiani in corsa sono rimasti in tre: i due Deceuninck-Quick Step Andrea Bagioli e Mattia Cattaneo, e il portacolori della UAE, Davide Formolo.

Cattaneo ancora una volta ha mostrato di essere sulla strada giusta. L’ex vincitore del “Giro baby” ci ha persino provato ad inizio tappa. Tuttavia proprio perché non era messo male in classifica e nella pericolosa fuga (oltre 20 corridori) c’era gente come Waut Poels (6° a circa 6′ da Roglic), dietro si è mossa tutta la “cavalleria”.

Formolo si è staccato nel finale. Se la gamba c’è, ci sono anche i dolori delle botte rimediate nella caduta della scorsa settimana. Chissà che paura per il veronese che porta con sé ancora le streghe del Tour.

E poi c’è Andrea Bagioli. Il campioncino valtellinese invece inizia a pagare il conto della sua giovane età e della prima partecipazione ad un grande Giro. E alla fine oggi taglia il traguardo con oltre 15′ di ritardo. Per Andrea giornata no fin dalla partenza. Ciò nonostante ha tenuto duro per tutta la tappa, che comunque prevedeva diverse salite, e si è staccato solo quando mancavano 25 chilometri da Osorio. «Ho avuto brutte sensazioni – dice Bagioli – speriamo di stare meglio domani!».

Vuelta, nel riposo parla Gasparotto

02.11.2020
5 min
Salva

Giorno di riposo alla Vuelta. I corridori che domani non sono chiamati a fare la prestazione nella cronometro individuale hanno dormito un po’ di più. Per gli altri invece è stato un giorno molto importante, magari non duro, ma nel quale è servita comunque una certa concentrazione. La crono di 33,5 chilometri che infatti li aspetta deciderà probabilmente la Vuelta.

Tra coloro che se la sono potuta prendere più comoda oggi c’è stato Enrico Gasparotto. Uno dei pochi “italiani” impegnati in Spagna. Le virgolette servono perché il friulano da quest’anno batte bandiera svizzera. 

Gambe stanche 

«Oggi piove – racconta Gasparotto – ed è il giorno di riposo ideale. Ho fatto giusto un po’ di rulli. Il muro finale di domani (1,8 chilometri con punte al 29 per cento, ndr) non l’ho ancora visto. Mi stavo informando proprio poco fa. Credo che i rapporti che utilizzeremo saranno gli stessi dell’altro giorno sull’Angliru. Immagino anche che qualcuno potrà cambiare la bici alla base della salita. Di sicuro non io!».

Il friulano in testa nella fuga verso l’Angliru
Il friulano in testa nella fuga verso l’Angliru

Gaspa è un po’ stanco. La sua condizione fisica non è al top e la situazione contrattuale di certo non lo aiuta. Lui però sta affrontando questo momento con maturità e consapevolezza.

«La mia Vuelta? C’è poco da dire, sono arrivato qui che ero già abbastanza stanco e provato da una stagione lunga, passata ad inseguire la condizione. Una situazione così genera stress. Di solito hai altri riferimenti. Un po’ come diceva Nibali.

«Senza contare che qua in Spagna ogni giorno sembra di correre una classica. Nessuno ha la certezza di arrivare a Madrid e così tutti ci danno sotto. E’ vero che la bolla funziona benissimo, che non abbiamo contatti con l’esterno, che non c’è gente sulle salite, però le notizie sul covid le leggiamo e queste generano una corsa molto attiva. 

Qua in Spagna ogni giorno sembra di correre una classica

Enrico Gasparotto

«A “peggiorare” questa situazione c’è la Movistar. Quest’anno non hanno raccolto quanto fanno di solito. Sono motivati, ma non sono in testa ed ecco che animano sempre la corsa da molto lontano. Hanno otto corridori che stanno molto bene. L’altro giorno Soler ha attaccato a 50 chilometri dal traguardo. Valverde lo ha fatto ai 70 nella tappa nei Paesi Baschi. Quando si muovono certi calibri poi dietro inseguono. Bello? Sì, per voi dalla tv ma se sei al gancio come me non tanto! Ieri ero nella fuga, mi hanno ripreso e sono arrivato 8′ dentro il tempo massimo. Sono stato il gambero di giornata: almeno un riconoscimento l’ho preso!».

Gasparotto e il 2021

In effetti la Vuelta è davvero scoppiettante. Oltre alla Movistar e al covid ci sono percorsi mai banali. E la stanchezza in gruppo, che c’è anche se non sembra, crea dei bei distacchi per chi non è davanti.

«C’è da dire anche che siamo al 2 di novembre e siamo ancora qua a correre – continua il vincitore di due Amstel – Arrivati ad un certo punto sono le motivazioni a fare la differenza, quelle che spesso ti fanno andare oltre i limiti. Non sono mai stato così magro a novembre! Credo che il prossimo anno ci sarà una stagione molto europea. E’ saltato il Down Under e credo che anche in Argentina non si correrà. Suppongo non ci saranno ritiri a dicembre e magari partiremo un po’ più tardi».

La Movistar è per “Gaspa” la squadra più forte e pericolosa
La Movistar è per “Gaspa” la squadra più forte e pericolosa

A fine stagione la NTT dovrebbe chiudere i battenti. Il management sta cercando sponsor per salvare il gruppo ma con i tempi che corrono non è facile.

«Trovare un main sponsor è complicato, ma è vero che ci sono anche aziende che con il covid hanno aumentato i loro fatturati. Io ho qualche contatto ma è in stato embrionale. Da un lato penso che questa potrebbe essere la mia ultima gara, e mi dispiace. Dall’altro spero di fare ancora almeno un anno e chiudere con delle buone performance. Fosse stata una stagione normale a settembre magari ci sarei anche stato a chiudere. C’erano i mondiali in Svizzera e avrei potuto fare i Giochi Olimpici. Partecipare a queste corse è ancora il mio sogno».

Carapaz vs Roglic

Con Gasparotto in veste di informatore dal gruppo parliamo anche della sfida Roglic-Carapaz che infiamma la Vuelta. Chi la spunterà? Enrico sembra non avere dubbi.

«La sfida credo sia tra loro due. Domani Roglic potrebbe dare un bel colpo a Carapaz e se pensiamo che da qui alla fine c’è un solo tappone di montagna (sabato, ndr) Primoz potrebbe farcela. Però attenzione, perché nel mezzo ci sono diverse tappe perfette per le imboscate. Ci sono percorsi adatti a creare situazioni pericolose e con una Movistar così motivata e in palla qualcosa mi aspetto. La Ineos ha già perso due uomini e Sosa non sta bene. Carapaz perciò non può contare su una squadra in grado di controllare o aiutarlo. La Jumbo invece mi sembra stia bene. Carthy e Martin? Meglio Carthy perché la EF la vedo solida, mentre Martin è abbastanza isolato». 

Roglic contro Carapaz: chi vincerà la Vuelta 2020?
Roglic contro Carapaz: chi vincerà la Vuelta 2020?

Se pensiamo alle imboscate visto come Carapaz e la Movistar si sono lasciati, fossimo nell’ecuadoriano non dormiremmo sonni tranquilli. Ci sta che quel volpone di Unzue, manager della Movistar, abbia ancora il dente avvelenato. D’altra parte chissà se quella tappa così insidiosa nell’ultimo sabato di gara può riaprire il cassetto dei fantasmi a Roglic. In fin dei conti lo sloveno ha perso il Tour proprio all’ultimo atto pericoloso. Tuttavia Gasparotto dice di no.

«In gruppo parlo spesso con Primoz, abbiamo amici in comune. Quello del Tour è un capitolo chiuso. Lui è un ragazzo molto tranquillo, sereno, modesto… e lo vedo anche rilassato. Carapaz invece mi sembra un po’ più teso, anche se con lui non ho mai parlato».

Vuelta, vento (e Angliru) premiano Gaudu

31.10.2020
3 min
Salva

Lo scriviamo praticamente da quando è iniziata: la Vuelta non stupisce mai. E in qualche modo anche oggi non ha tradito le attese. Anche se non nel modo previsto: molto fumo e poco arrosto. Probabilmente la testa era già rivolta a domani, all’Angliru.

Una corsa molto tattica

Se fin qui è bastato un cavalcavia per accendere la miccia. Oggi nel primo grande tappone di montagna quasi “non” è successo niente. A smorzare eventuali tentativi ha inciso anche il forte vento contrario, specie nell’ultima scalata.

Nel finale attaccano David Gaudu e Marc Soler. Nella volata vince il francese della Groupama-Fdj, spalla di Thibaut Pinot, che invece la Vuelta l’abbandonata anzitempo dopo appena due tappe.

Martin che beve e Carapaz (in verde): per loro giornata “tranquilla”
Giornata “tranquilla” per Martin e Carapaz

La gara è bloccata. Tanti tentativi di fuga, ma nessuno in grado davvero di fare la differenza. Si giocano i Gpm persino i big, tanto che Guillame Martin va a rafforzare il suo primato in questa speciale classifica. Attendismo? Sì, ma non in attesa dell’ultima scalata come era lecito ipotizzare, bensì in attesa dell’Angliru.

Angliru in vista.

Questa mitica salita sarà affrontata domani. Avverrà al termine di una tappa che si annuncia folle: quattro Gpm (compreso l’arrivo in quota) in soli 109 chilometri. 

E’ per questo che oggi si sono guardati, studiati, contenuti e forse trattenuti. Quasi quasi spaventa più il chilometraggio breve che la salita finale. In una frazione così può succedere di tutto. Ci si aspetta ritmi folli.

Sulla carta sembra una tappa più adatta a Roglic che a Carapaz. I due sono a pari tempo, quasi come Geoghegan Hart e Hyndley al Giro. Ma qui si parla sempre di loro due e non si bada a Daniel Martin, sornione (neanche troppo) a 25”.

«Aspettiamo domani», dice Carapaz. «Ho avuto belle sensazioni, vediamo domani cosa accadrà», gli fa eco Enric Mas. «Non vedo l’ora di sfidare l’Angliru», commenta Martin.

«Abbiamo controllato bene la corsa – dice Roglic – mi aspettavo qualche attacco nel finale, ma credo che tutti pensassero a domani e abbiano paura dell’Angliru. Lassù mi aspetto un combattimento corpo a corpo. Non ho mai scalato l’Angliru prima, ma anche io non vedo l’ora e sono fiducioso».

Rapporti agilissimi

L’ultimo a trionfare lassù fu Alberto Contador. La sua azione partita da lontano fu anche il suo ultimo successo. Per lo spettro asturiano però non basteranno solo grandi gambe, ma anche nervi saldi e rapporti adeguati.

Stasera i corridori vivranno una vigilia nel segno della tensione, del recupero…E passeranno per le mani dei massaggiatori e dei meccanici. I primi dovranno preparare le gambe perché siano esplosive sin da subito, i secondi dovranno preparare rapporti da Mtb. Sembra che Carapaz monterà un 36×32 mentre Roglic si affiderà addirittura al 34×32.

Dopo l’arrivo è stato curioso vederli, di nuovo “in gruppo” sui rulli. C’erano quasi tutti i big, che dovevano salire sul podio, che facevano defaticamento e continuavano a parlare e a tenersi d’occhio.

Domani però non ci sarà tempo per parlare. L’Angliru con le sue rampe al 23 per cento non lascia scampo.

Stacco improvviso: giusto o sbagliato?

30.10.2020
2 min
Salva

Il Giro d’Italia che finisce il 25 ottobre, la Vuelta a novembre inoltrato. Lo stacco all’improvviso. E all’orizzonte una stagione nuova che già chiama. Dal tutto al niente. Come reagisce il fisico dei corridori? E’ giusto terminare l’attività di colpo? Oppure non fa niente?

Attenzione per muscoli e peso

«Lo stacco – dice Claudio Cucinotta, uno dei preparatori dell’Astana – è certamente necessario. I ragazzi lo faranno anche se si è corso fino a poco fa (o si sta correndo ancora).

«Noi consigliamo un riduzione graduale dello sforzo. E’ sufficiente una settimana con tre, quattro di uscite di due tre ore, fatte in tranquillità per accompagnare muscoli ed organismo vero il riposo. Quindi basta uscire un giorno sì e uno no. E’ importante non fermarsi all’improvviso per due motivi principali. Il primo è che soprattutto se si viene da una gara dispendiosa come il Giro il metabolismo ha bisogno di energie, si ha lo stimolo della fame e si rischia di prendere molto peso (tanto più se si è rilassati con la testa, ndr). La seconda riguarda i muscoli. E’ bene osservare delle uscite di defaticamento per mandarlo a riposo in uno stato migliore, più elastico. In questo modo può recuperare meglio».

Claudio Cucinotta (classe 1982) ex corridore e ora preparatore
Claudio Cucinotta, ex corridore e ora preparatore

Lo stacco resta necessario 

Qualcuno ha ipotizzato che i corridori potessero tirare dritto, o comunque modificare radicalmente la loro preparazione invernale, in quanto avendo finito più tardi partivano da una base più alta e magari potevano già fare certi lavori o eliminare la parte della palestra.

«Nonostante le incertezze sui calendario 2021 lo stacco ci sarà. Noi per esempio – dice Cucinotta – non faremo il ritiro di dicembre, ma ne faremo uno solo a gennaio, covid permettendo.

«Per la ripresa forte o piano, questo dipende da quando si torna a correre e da quando si vuole andare forte. Alla fine chi ha fatto il Giro ha chiuso la stagione un settimana o due più tardi del solito. Semmai cambiano di più i discorsi per coloro che stanno facendo la Vuelta. Io credo che gli uomini da grandi Giri non cambino nulla. Il primo è il Giro ed è in primavera».

Stesso metodo, risultati diversi

Questa stagione ci ha regalato tante prestazioni inattese. Il lockdown e il calendario hanno creato molte sorprese, anche con stesse metodologie di allenamento.

«Un buono stacco resta necessario. C’è da azzerare una stagione particolare. Pensiamo ai Groupama-Fdj. Lo hanno scelto di fermarsi, di non toccare neanche i rulli per un mese. Pinot non andava e Demare invece ha mostrato una forza e una freschezza incredibili. Eppure avevano fatto la stessa cosa».