Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Etna Giro d'Italia 2020

Slongo cosa dici, lo Squalo morde ancora?

08.01.2021
6 min
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Nibali ha riavviato il grosso motore e Paolo Slongo, il suo allenatore di sempre, che dalla Liquigas lo ha seguito passo dopo passo fino alla Trek-Segafredo, si è messo ad ascoltarne il rumore per capire come riportarlo ai giri giusti. Vincenzo ha dato l’idea di non essersi mai fermato, fra gravel e mountain bike, pervaso da una palpabile voglia di rifarsi. Noi allora abbiamo parlato proprio con Slongo, facendo tutte le domande, anche quelle dei più scettici.

Questa ce la togliamo subito: cosa si risponde a chi dice che Vincenzo non vincerà mai più un grande Giro?

Secondo me (sorride, ndr) fisicamente, per esperienza e tutto, Nibali è ancora competitivo e integro. L’unica cosa che può cambiare è la motivazione. Quest’anno lo vedo sul pezzo, senza far proclami. Abbiamo scelto di tornare alle origini, di non dichiarare degli obiettivi troppo alti per non subire poi i soliti processi. Gli piace ancora andar via in bici, voleva togliersi un po’ di peso. E’ normale che poi sarà lì a lottare. Penso che se uno così continua a correre, la volontà è fare bene.

Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Tra i ricordi più belli, la vittoria del Tour de France 2014. Da sinistra, Martinelli, Nibali e Slongo
Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Slongo con Martinelli e Nibali, a Parigi, nell’estate del 2014
Il 2020 non va considerato?

Ha pagato il lockdown più di altri. La ripresa poteva essere gestita meglio, sapevo anche io che c’era un programma ottimale. Ma la pandemia c’è ancora ed era un rischio troppo grande. Se ne sta già parlando all’estero. In una persona normale non cambia niente, per uno sportivo potrebbe esserci un danno, un abbassamento del VO2Max. Per cui meno rischi si prendono e meglio è. 

Con gli anni si è persa brillantezza?

Col passare degli anni, la resistenza resta, ma perdi un po’ di esplosività e di brillantezza. La cosa più difficile è trovare gli stimoli per lavorare sempre di più. Purtroppo nell’aver a che fare anche con questi giovani talenti, che magari hanno entusiasmo, freschezza e pochi obblighi di famiglia, diventa più difficile per un atleta che è da tante stagioni sempre sulla cresta dell’onda. Gli anni non pesano per l’età, ma anche per gli stimoli.

Da cosa si deduce il calo dell’esplosività?

Dalle sensazioni in corsa, nel vedere che nell’uscita da una curva perdi un metro e fatichi a riprenderlo. E poi nei test. Non è tanto il punto di forza massimale, che rimane quasi uguale. Però se ne fai tre, quattro, cinque… a ogni scatto tendi a calare un po’. E’ quello che cambia con l’andare avanti dell’età.

L’incidente alla schiena ha lasciato strascichi?

Non ne abbiamo mai parlato tanto, ma lo ha portato a modificare se stesso. Per essere un professionista e fare il mondiale ha cementato le due vertebre, ma ha convissuto più di un anno con i dolorini alla schiena. Adesso ha questa sensazione della spinta di un piede che non è come prima. Sono tutte cose cambiate dal momento di quell’incidente. C’è stata una rincorsa da parte di tutti per cercare di stare bene, ma il segno è restato. Dolori non ne ha più. Nibali è una macchina perfetta, quando è in forma è super sensibile e anche una virgola gli dà fastidio. Dopo quell’incidente di virgole ce ne sono state tante. 

Vincenzo Nibali, caduta Alpe d'Huez, Tour de France 2018
La caduta all’ìAlpe d’Huez del 2018 ha inciso sulla storia sportiva di Nibali, anche se se ne è parlato sempre poco
Vincenzo Nibali, caduta Alpe d'Huez, Tour de France 2018
La caduta all’Alpe d’Huez ha avuto strascichi pesanti
Il calo di esplosività intacca il recupero?

Può incidere. Il ciclismo è un po’ cambiato, è livellato in salita e magari chi è più esplosivo nel finale riesce ad avere vantaggio. Il soffrire di più in corsa ti porta a recuperare un po’ meno. Fisiologicamente Vincenzo recupera sempre bene. La capacità di essere costante nella terza settimana resta, ma può essere condizionata. Al Tour ci sono stati pochi secondi di distacco, la differenza si fa su pochi particolari. Sei sempre là, ma ti può mancare qualcosa per vincere.

Quindi si lavorerà soprattutto sulla brillantezza?

La quantità devi sempre farla, non manca solo esplosività. E’ uno sport di resistenza e ci sono tante varianti, che prima non erano al centro dell’attenzione, mentre quest’anno lo saranno. Senza tralasciare la base di lavoro. Le ore servono, ma tra farne 6 a spasso e 5 fatte bene, non c’è dubbio su cosa sia meglio. Vincenzo ha 36 anni, conta tanto la qualità. Ha un motore diverso, è un discorso di carico crescente e allora, non potendo fare allenamenti di un giorno intero, cresci la qualità dentro le ore.

Secondo Slongo, il Nibali atleta è meticoloso nel lavoro?

Sicuramente è più scrupoloso dei primi anni, magari però può essere che gli stimoli vengano a pesare sempre più. Quando qua c’è stata la prima neve, alcuni atleti sono andati a Calpe e hanno lavorato a 15-18 gradi. Da noi non ci si poteva allenare più di tanto, quindi facevi 13-14 ore di bici più palestra. Gli altri in Spagna ne facevano 25-28. Il nocciolo è che a febbraio quelli andranno di più, poi alla Parigi-Nizza o alla Tirreno anche gli altri verranno fuori. Ormai non si inventa più niente.

Vincenzo Nibali, cronometro Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
L’ultimo Giro d’Italia per Slongo non è un metro di paragone attendibile
Vincenzo Nibali, cronometro Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
L’ultimo Giro non va tenuto in considerazione
L’obiettivo è partire forte?

Essere subito un po’ più brillante anche per il morale, se non a febbraio, per marzo. Non cambia tanto. Quelli con cui ci confrontiamo sono spesso in ritiro, praticamente dopo ogni gara. Serve motivazione per stare in ritiro due settimane.

Basta Teide?

Io rispetto la persona, ma ho anche metodo. E secondo me, per il mestiere che è il ciclismo, il lavoro e la vita da atleta hanno sempre pagato e sempre pagheranno. Il cambiamento che stiamo facendo nasce però dal voler rispettare la sua psicologia. «Se una cosa mi pesa e non la voglio fare, è meglio non farla. Cerchiamo alternative per poter essere lo stesso competitivi». Perciò, invece di fare due ritiri, ne faremo uno. Prima era lui che seguiva le indicazioni, adesso è più parte in causa nelle scelte.

Una rivoluzione?

Si lavora seguendo un progetto, ma si lascia a Vincenzo, per sua richiesta, un po’ più di libertà nell’interpretare l’allenamento. C’è una linea guida, ha pedalato, sicuramente ha fatto un bell’inverno. Anche la palestra quest’anno l’ha interpretata bene, come qualche anno fa.

Vincenzo Nibali, Lugano 2020
Un ottimo inverno, per ripartire subito forte
Vincenzo Nibali, Lugano 2020
Un ottimo inverno per ripartire forte
Farete più gare?

L’idea è di correre di più. E magari, se facciamo il Giro, ci sarà un ritiro fra marzo e aprile, prima delle corse di avvicinamento, anche se il programma deve essere ancora definito. Certo il metodo di sempre, già collaudato in tanti anni, fa dormire più tranquilli. Però allo stesso tempo da allenatore devo saper cambiare anche io e mettere sul tavolo quello che si può fare.

Che rapporto c’è fra Slongo e Nibali?

E’ sempre stato abbastanza costruttivo, non è mai stato accondiscendente da parte mia. E’ stato anche difficile. Abbiamo fatto un confronto a fine anno per mettere dei paletti. Ho sempre voluto una cosa schietta, mi sono sempre messo in gioco. Gli ho detto che se vuole cambiare, non cade il mondo. E’ un rapporto vero e deve essere così. Un allenatore e il corridore devono dirsi quello che pensano. Allora è costruttivo, migliori, ti metti in gioco e vai avanti.

Enrico Pengo

Enrico Pengo, un meccanico da 20 Tour de France

29.12.2020
4 min
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Non è facile trovare nel mondo del ciclismo dei meccanici che hanno affrontato 20 Tour de France. E’ il caso di Enrico Pengo, il meccanico vicentino è una vera istituzione nel gruppo, anche se adesso è fermo per una scelta personale legata alla salute di suo padre. Abbiamo parlato con lui per farci raccontare come sono cambiate le biciclette e di conseguenza il lavoro dei meccanici.

Una volta era come una famiglia

L’esperienza di Enrico Pengo inizia nei primi anni 90 con la Zg Mobili, per continuare con la Gewiss nel 96, la Batik nel 97, la Ballan nel 98-99, la Lampre dal 2000 al 2016 fino alla Bahrain-Merida con Vincenzo Nibali.
«Ogni epoca ha i suoi corridori e campioni – inizia così Enrico Pengo – e anche le squadre erano strutturate in maniera diversa. Negli anni 90 le squadre erano più a gestione famigliare, mentre oggi sono come delle aziende. Una volta c’era più rapporto umano con il corridore e con il direttore sportivo e si facevano le scelte tecniche insieme. Questo approccio ti faceva sentire più partecipe del risultato che il corridore otteneva».

Enrico Pengo nazionale italiana
Da sinistra vediamo Enrico Pengo con Fausto Oppici e Giuseppe Archetti
Enrico Pengo nazionale italiana
Da sinistra vediamo Enrico Pengo con Fausto Oppici, Giuseppe Archetti, Franco Vita e Andrea Nieri

Biciclette diverse

Oltre all’aspetto più famigliare delle squadre, a cambiare è stato anche il materiale tecnico. Le biciclette degli anni 90 fino ai primi 2000 erano diverse da oggi e si poteva intervenire in vari modi.

«Una volta si facevano delle operazioni per limare grammi da ogni parte – ci spiega Pengo – con Simoni puntavamo alla massima leggerezza, tanto che montavamo il nastro manubrio con il phone per tirarlo al massimo, così ne risparmiavamo un bel pezzo ed era tutto materiale che Gilberto non doveva portarsi in salita. Un’altra operazione che facevamo era quella di cambiare il perno quadro del movimento centrale, che una volta era in acciaio. Noi lo mettevamo in titanio e la differenza era tanta».

Enrico Pengo Lampre
Enrico Pengo in azione negli anni della Lampre
Enrico Pengo Lampre
Enrico Pengo mentre prepara le biciclette negli anni in cui era il meccanico della Lampre

Si modificavano i pezzi

Il lavoro del meccanico era molto importante e poteva cambiare la configurazione di una bicicletta e far perdere o vincere una tappa o addirittura un grande giro.
«Simoni per essere più leggero aveva deciso di montare il manettino del cambio sul telaio – continua Pengo – allora io per non fargli cambiare l’appoggio lo presi e lo svuotai, era il primo 10 velocità. In quel modo avevamo dato a Simoni due leve con due appoggi per le mani uguali».

Ma oggi la tecnica è andata avanti e molte lavorazioni sulle biciclette non vengono più fatte.

«Oggi tante cose sono di serie e per un meccanico è difficile fare dei cambiamenti. E’ difficile apportare delle migliorie. I materiali sono gli stessi che si trovano in commercio e il livello è diventato altissimo». Anche i budget delle squadre sono cambiati e come ci ha detto Pengo c’è una grande quantità di materiali con una scelta molto ampia.

Pengo premiazione Tour de France
La premiazione per aver raggiunto la partecipazione a 20 Tour de France
Pengo Premiazione tour de France
La premiazione per aver raggiunto la partecipazione a 20 Tour de France da meccanico

Nibali il più preparato

Abbiamo chiesto a Pengo quali sono stati i corridori che erano più puntigliosi nella messa a punto meccanica della bicicletta.

«Simoni era un ingegnere, ogni cosa che diceva aveva una logica e spesso mi è toccato dargli ragione. Nibali è il numero uno sulla meccanica e devi stare attento perché a volte lui ne sa più di te. Con uno come lui sono cresciuto tantissimo, è difficile starci dietro ma ti dà tante soddisfazioni. E poi mi piace ricordare lo stile in bicicletta di Berzin. Con lui ho avuto anche la soddisfazione di vedere un corridore che seguivo in maglia gialla al Tour de France».
A proposito di Tour de France Enrico Pengo è stato premiato dall’organizzazione per aver raggiunto il traguardo delle 20 partecipazioni. «E’ stato un momento bellissimo – racconta Pengo – per festeggiare questo traguardo l’organizzazione del Tour de France ti fa scegliere una tappa in cui sali sul podio e ti consegnano un premio. Io avevo chiesto nell’edizione del 2018 di salire sul podio nella tappa del pavé il 14 luglio, festa nazionale francese. E’ stato il coronamento di un sogno»

Sylvester Szmyd, Vincenzo Nibali, Ivan Basso, Giro d'Italia 2010

Su Aleotti e Fabbro, l’occhio di Silvestro

27.12.2020
5 min
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Come immagine del profilo su WhatsApp, Sylwester Szmyd ha Gatto Silvestro che da sempre è il suo soprannome. Quando il gruppo ti affibbia un nomignolo così, significa che ti ha accettato e ti vuol bene. Per questo anche dopo aver smesso, Silvestro si tiene stretto quel gatto e i ricordi connessi. Nella foto di apertura è sul Montegrappa al Giro del 2010, con Nibali e Basso, prima che Vincenzo vinca la sua prima tappa nella corsa rosa.

Il nome del polacco era saltato fuori qualche giorno fa parlando con Giovanni Aleotti, ultimo acquisto della Bora-Hansgrohe. Il bolognese, appena tornato dal primo ritiro in Germania, ci aveva raccontato di essere finito per la preparazione proprio… tra le mani di Silvestro. Così, con il pretesto di scambiarci gli auguri di Natale e rinverdire qualche ricordo, siamo idealmente volati fino a casa sua in Polonia.

«Qui il Natale è doppio – dice Szmyd – non come in Italia, che si festeggia soltanto il 25. Il giorno di Santo Stefano è la stessa storia. Siamo a casa con tutti i familiari, le strade sono piene di gente. Qualcuno con la mascherina, qualcuno no. Ci sarà coprifuoco soltanto la notte del 31 dicembre, fino alle 6 del mattino. E per il resto… Buon Natale anche a voi!».

Giovanni Aleotti, Mortirolo, Giro d'Italia U23 2020 (foto Fulgenzi)
Giovanni Aleotti, un calo inaspettato sul Mortirolo al Giro U23 del 2020 (foto Fulgenzi)
Giovanni Aleotti, Mortirolo, Giro d'Italia U23 2020 (foto Fulgenzi)
Per Aleotti, sul Mortirolo, un calo inatteso (foto Fulgenzi)

Sylwester “Silvestro” Szmyd, professionista dal 2001 al 2016 con varie squadre tra cui la Mercatone Uno dell’ultimo Pantani e la Liquigas di Basso e Nibali, fa parte dello staff del team tedesco dal 2018. Inizialmente era il vice di Patxi Vila per quanto riguardava Peter Sagan. Poi gli sono stati affidati anche altri corridori e, avendo fatto il corso Uci da tecnico quando ancora correva, ha assunto anche il ruolo di direttore sportivo. Quando infine il basco ha lasciato la squadra, Silvestro ha preso in mano Sagan e si è impossessato della seconda ammiraglia, dato che nelle gare WorldTour a bordo della prima viaggiano i due tecnici più importanti.

«Seguirli in corsa – dice – è la cosa migliore, non serve che guardi i file di allenamento. Li vedo prima della gara, li sento durante, li vedo dopo. So come stanno e come andranno. Magari non posso essere presente a tutte le corse, per il rischio di non occuparmi bene di quelli che sono a casa, però di certo esserci è un valore aggiunto».

Il dossier Aleotti

Di Aleotti ha studiato prima il dossier composto da ordini di arrivo e file di allenamenti e corse. Silvestro ha considerato il secondo posto al Tour de l’Avenir del 2019 e ha osservato i dati dell’ultima tappa al Giro d’Italia U23 del 2020, in cui Giovanni non è proprio riuscito a sbloccarsi, perdendo il podio. Poi lo ha incontrato e finalmente è riuscito a dirgli quale idea si sia fatto.

«Nessuna idea – sorride Silvestro – ho deciso di non decidere. E’ difficile capire di che tipo di corridore si tratti. Dai numeri e da quello che ho capito, sarebbe sbagliato chiuderlo nel discorso dei grandi Giri. Ho pensato a Nibali che, a un certo punto, dalla Fassa Bortolo arrivò alla Liquigas».

Che cosa c’entra Vincenzo?

Credevamo tutti che fosse un corridore da classiche e per quello si allenava. Nel 2010 venne sul Teide con Basso, Kreuziger, Pellizotti e il sottoscritto. Noi eravamo su per Giro e Tour, Vincenzo per le Ardenne. In Belgio non andò bene e tornò a casa sua, al mare. Finché gli chiesero di venire al Giro, con pochissimo preavviso. Lui non voleva, ma cedette. E alla fine, se non fosse stato nella Liquigas, avrebbe potuto vincerlo. E il bello è che alla vigilia ci scherzavamo. Dove vai nelle corse a tappe, tu che sei uno da classiche? Invece quell’anno arrivò terzo al Giro e vinse la Vuelta. Aleotti è lo stesso. Nel senso che è presto dire per cosa sia fatto.

Matteo Fabbro, Rafal Majka, Giro d'Italia 2020
Ottimo Giro per Matteo Fabbro, atteso ora alla conferma
Matteo Fabbro, Rafal Majka, Giro d'Italia 2020
Ottimo Giro 2020 per Matteo Fabbro
Quindi cosa farete con lui?

Lavoreremo per il Giro d’Italia, sempre che la squadra decida di portarlo. Ovviamente non andrà a fare il leader e dopo il primo anno vedremo quali risposte ci avrà dato. Non voglio farmi ora un’idea, non voglio limitarlo. Cercherò di lavorare con lui in base alle gare che andrà a fare, perché migliori. Abbiamo tempo per scoprirlo.

Nei giorni scorsi abbiamo parlato della scelta di mettere subito Cunego sui Giri

Perfetto, sono stato accanto a Damiano dal 2004 al 2008. Se non si fosse pensato di indirizzarlo sui Giri, magari avrebbe vinto chissà quante Liegi.

Il dossier Fabbro

Sul friulano c’è da mediare fra gli slanci di stima infinita da parte dei suoi tecnici al CT Friuli, con Bressan e Boscolo in testa, e i riscontri dopo il primo Giro d’Italia da vero protagonista al terzo anno di professionismo e finalmente nel giusto ambiente.

«Matteo – dice Silvestro – è uno di quelli che mi dà le maggiori soddisfazioni. Aveva un solo anno di contratto, si è fidato totalmente ed è venuto fuori. Credo non dovesse neanche fare il Giro, invece il Covid ha fatto cambiare i piani e lui ha sfruttato benissimo l’occasione. Si fida, lavora bene, è onesto. E’ un ragazzo serio, a me piace.

Dove potrà arrivare?

E’ presto anche per lui. Non va male a crono, ma per ora direi che al Giro d’Italia non potrebbe essere il leader. Questo almeno penso io. Farà bene quello che gli dicono, magari lo vedo fare la classifica alla Tirreno o al Romandia.

Escludi sviluppi?

Per i livelli più alti bisogna aspettarlo, perché il 2020 è stato il primo anno così bene. E’ migliorato in salita, sta con i migliori scalatori. Ma gli direi che invece di fare 8° in classifica, punterei piuttosto a vincere tre tappe. L’importante è che vada di nuovo forte al Giro e si valorizzi al massimo.

Vogliamo dire qualcosa su Sagan?

Meglio aprire un altro capitolo, ci sono cose da dire…

Gilberto Simoni, Giro d'Italia 2001

Facciamo con Simoni il gioco delle parti

27.12.2020
5 min
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Prendi Simoni, mettilo seduto, assicurati che sia concentrato e chiedigli che cosa farebbe nei panni di qualcun altro. E’ un vecchio giochino giornalistico, che funziona soltanto se hai davanti l’interlocutore giusto. E Gibì è sicuramente uno dei migliori. Anche perché pur essendosi tirato fuori dal frullatore del ciclismo, dedicandosi spesso ad altro, il trentino osserva tutto. Al Giro d’Italia ha corso fra quelli delle bici elettriche, anche se a un certo punto hanno dovuto rimandarli a casa per la positività dei 17 poliziotti in moto. E così, alla vigilia dei vent’anni del suo primo Giro d’Italia (foto di apertura), gli abbiamo chiesto di giocare con noi.

Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Vincenzo Nibali, qui sull’Etna: per lui un Giro d’Italia pesante da mandare giù
Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Per Nibali, un Giro difficile da digerire

Se fossi Nibali

Che cosa faresti se fossi Nibali, a 36 anni, nella stagione in cui si ritroverà fra i piedi i ragazzini che l’hanno… schiaffeggiato al Giro?

«Difficile da dire – comincia Simoni – ma la prima cosa è che a quell’età non devi preoccuparti degli altri e puntare su te stesso. Così starei tranquillo e mi giocherei sapendo che non sarò io l’uomo faro della corsa. Tornerei a puntare sull’effetto sorpresa come quando ero giovane. Anche sul fronte della preparazione forse farei una riflessione, perché quello che andava bene a 30 anni magari adesso non vale più. Voglia di vincere ne avrei ancora tanta, ma se lo facessi vedere mi passerebbero sopra. Meglio stare accorti. Sarei sempre un riferimento, consapevole del fatto che quei ragazzini magari hanno cominciato sognando di diventare come me. Non correrei mai contro qualcuno, se non contro me stesso per superare qualche limite».

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Se fossi Pogacar

Hai vinto il Tour a 21 anni e adesso che ne hai 22 sono tutti lì ad aspettarti. Cosa fai, ci credi o te la fai sotto?

«E’ un problema essere giovani adesso – dice – perché hanno cominciato ad andare forte troppo presto. Belle le soddisfazioni, belli i soldi, ma non è tutto rose e fiori. Da dilettante può anche essere divertente essere sotto i riflettori, ma ora cominci a renderti conto che non hai contro solo degli avversari, ma intere squadre, direttori sportivi che vogliono farti perdere. Nel professionismo ci sono tante invidie, meglio capirlo presto. Fra un po’ si accorgerà che qualche amico diventerà avversario. Allora se fossi in lui, mi troverei due corridori tutti miei. Compagni di squadra, di stanza, di allenamento, compagni di avventura. Gente trattata bene, che mi tenga al riparo. Finché sei ragazzo, tutti ti aiutano. Poi devi saperti gestire, perché altra gente vuole partecipare alle tue vittorie».

Chris Froome, Vuelta 2020
Froome, vita nuova alla Israel Start-Up Nation o buco nell’acqua?
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Froome, ci sarà rilancio nel 2021?

Se fossi Froome

Ti sei appena ripreso da un infortunio e scopri che la tua squadra ti preferisce le forze più fresche, cosa fai?

«Bel dilemma – dice Simoni – perché Froome si è sempre chiuso in se stesso, senza lasciare capire molto di sé e sfinendosi in allenamento. Se fossi vissuto tanti anni in quella squadra, avrei addosso l’ansia dei miei compagni che sono anche i miei avversari. Saprei di aver sempre vinto essendo capitano a metà, perché al primo intoppo ne saltava fuori un altro. Secondo me tutto questo gli ha tolto tranquillità. Io non ci credo che ancora abbia tanti strascichi dell’infortunio, secondo me come tanti della sua età ha sbagliato la preparazione durante e dopo il lockdown. Comunque bisognerà vedere quali conclusioni ha tratto dalle esperienze precedenti. Se insiste a voler correre come ha fatto finora, temo che alla Israel Sart-Up Nation farà un buco nell’acqua. Se invece prova a cambiare, allora magari tira fuori qualcosa».

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
La Federazione si occupa solo delle medaglie o sta costruendo il futuro?
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La Fci pensa alle medaglie o anche al futuro?

Se fossi il Presidente

Se fossi uno di quelli che si candida alla Presidenza della Federazione, che cosa faresti?

Questa volta, la prima dall’inizio del gioco, la risposta non arriva subito. Ci pensa. Il silenzio dura qualche secondo.

«Mi auguro che cambi qualcosa – parte dritto Simoni – ma qua tutti vogliono i numeri, le vittorie, le medaglie che sono il gran segreto della Federazione. Anche Cassani si preoccupa troppo delle medaglie. Ne abbiamo di forti, che andrebbero forte anche senza la Federazione. Ma dietro non c’è niente. La Fci dovrebbe eliminare la burocrazia e riscrivere certe regole, che sono più vecchie di me. Siamo allineati con gli altri sport. Nel calcio e nello sci si parla di talenti di 10 anni che quando arrivano a 15 non li ricorda più nessuno. Bisognerebbe che il Coni ci mettesse mano, lasciando che fino alle medie lo sport lo gestissero le scuole. E poi l’Uci, cui basta che paghi e puoi correre anche nelle gare WorldTour. Hanno tolto il gusto del successo per molti sponsor. Come se una squadra di prima categoria nel calcio si svegliasse un giorno e potesse giocare in serie A solo perché ha trovato lo sponsor. Tanto ormai si paga per passare e per correre, si paga per tutto. E poi basta con queste categorie. Via i dilettanti, gli under 23, le continental. Facciamo gli juniores fino alla scuola e poi tutti professionisti. Che senso ha il mondiale under 23 cui partecipano i professionisti? Se fosse ancora vivo Dante Alighieri, farebbe il girone del ciclismo, non dei ciclisti. Una bolgia in cui c’è il peggio del peggio di questo sport bellissimo. Cosa farei se fossi il presidente della federazione? Anche Roma ha dovuto bruciare perché la ricostruissero».

Filippo_Ganna_crono_Palermo_Giro2020
Ganna, come Boardman, potrebbe conquistare con i prologhi le maglia di tutti i Giri
Filippo_Ganna_crono_Palermo_Giro2020
Ganna per Simoni punti su crono, prologhi e Ora

Se fossi Ganna

Hai vinto tutte le crono e un arrivo in salita e adesso sono tutti a tirarti per la manica perché punti al Giro. Sei d’accordo?

«Se fossi Ganna – dice Simoni – andrei a leggermi la storia di Boardman e quella di Olano. Anche se Olano ha vinto una Vuelta, che poi magari… vabbè! Se fossi Ganna andrei a leggermi la storia di Chris Boardman che ha la collezione delle maglie di leader di tutte le corse a tappe. Forse gli manca quella del Giro e avrebbe dovuto provarci. Come Boardman, mi porterei a casa tutte quelle cronometro, magari come lui punterei al record dell’Ora e vedrai che prima o poi salta fuori pure un mondiale su strada adatto alle sue caratteristiche. Puntare alla classifica di un Giro? Secondo me è presto. E’ vero che ha vinto a Camigliatello, ma con una fuga da lontano. La stessa salita con il peso di una maglia addosso sarebbe un’altra cosa».

Richie Porte Trek Tour 2020

Come ruotano le biciclette al Team Trek Segafredo

15.12.2020
3 min
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In occasione della nostra visita nella sede di Trek Italia, ci è stato detto che i meccanici del Team Trek Segafredo cercano di far ruotare le biciclette in dotazione ai corridori in modo che abbiano sempre telai “freschi”. Per capire in che modo e con quali criteri vengono fatte ruotare le biciclette abbiamo parlato con uno dei meccanici del team: Mauro Adobati.

I telai si sfibrano

Nel ciclismo moderno si pone un’attenzione sempre maggiore ai famosi marginal gains, che possono fare guadagnare quei pochi secondi che a volte fanno la differenza fra una vittoria e una sconfitta.
«Cerchiamo di fare ruotare le biciclette – esordisce Mauro Adobati – perché i telai in carbonio nel lungo periodo si sfibrano, però è una cosa che sentono solo i corridori, soprattutto i velocisti. Un amatore medio non se ne accorge nemmeno».

Ma quale è il metro di misura che viene usato in casa Trek Segafredo per cambiare bici a un corridore? «Non ci basiamo sui numeri di chilometri, ma sulla gara che si deve affrontare e se quel corridore può vincerla. Ti faccio l’esempio del Giro d’Italia. Di solito gli diamo una bici che fino a quel momento non hanno usato, che magari era la seconda bici, mentre quella con cui hanno corso tutto l’inizio di stagione la facciamo diventare la terza. In questo modo tutta la squadra affronta le tre settimane con una bicicletta più fresca».

Vincenzo Nibali con la Trek Emonda al Giro d'Italia
Vincenzo Nibali con l’Emonda al Giro d’Italia
Vincenzo Nibali con la Trek Emonda al Giro d'Italia
Vincenzo Nibali con l’Emonda alla presentazione delle squadre al Giro d’Italia

Affare per velocisti

Ci sono corridori che lo notano da soli, altri che non ci fanno caso: «Non tutti i ragazzi badano a questa cosa. Diciamo che sono i velocisti quelli a cui serve di più questo tipo di rotazione. E’ in volata al massimo della potenza che si sente maggiormente la differenza fra un telaio molto usato e uno più fresco. Comunque, quest’anno abbiamo fatto girare anche le bici di Nibali, in pratica ha avuto sempre una bici nuova nelle occasioni che per lui erano importanti».

In base agli obiettivi

Adobati ci ha spiegato che non si guardano tanto i chilometri, ma si decide di far ruotare la bicicletta di un corridore in base alle possibilità che questo ha di vincere quella determinata gara. Quindi per un Mads Pedersen l’appuntamento importante può essere la Roubaix o il Giro delle Fiandre, mentre per Nibali sono i grandi giri.
«Per chi fa le classiche del nord il discorso è ancora un po’ diverso, perché per la Roubaix e in buona parte anche per il Fiandre, usano la Domane, la nostra bicicletta progettata appositamente per quei tipi di terreni, quindi si trovano ad avere una bicicletta nuova»

E le ruote?

Finora abbiamo parlato soprattutto del telaio, ma ci sono altri componenti che vengono fatti girare? «Facciamo girare anche le ruote. Devo dire che ne abbiamo talmente tante che sappiamo quali sono quelle più usate e le cambiamo abbastanza di frequente».

Mads Pedersen BinckBank Tour 2020
Mads Pedersen vittorioso in volata con la Madone
Mads Pedersen BinckBank Tour 2020
Mads Pedersen vince una volata al BinckBank Tour con la sua Madone

Quante Trek usano?

A questo punto la nostra curiosità ci ha portato a chiedere ad Adobati quante sono le biciclette che vengono fornite a ogni corridore: «Tutti i corridori hanno quattro biciclette da strada, una a casa e tre in magazzino, più due da cronometro, una a casa per allenarsi e una in magazzino. Poi abbiamo i capitani che arrivano ad avere cinque o sei biciclette da strada, mentre gli specialisti delle cronometro hanno tre o quattro bici da crono. Infine, i corridori che fanno le classiche hanno altre due Domane, che usano come ti dicevo prima. Come vedi materiale ne abbiamo e cerchiamo di farle ruotare in base agli obiettivi dei singoli corridori».

Vincenzo Nibali, Lugano 2020

E’ già scattata la caccia dello Squalo

02.12.2020
7 min
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A casa si sta bene, pensa, ma intanto lo Squalo sente crescere l’appetito. Il 2020 gli ha lasciato l’amaro in bocca e da qualche giorno la voglia di rifarsi è più presente. Il campione per essere tale ha bisogno di motivazioni forti e in quel suo chiedersi di continuo che cosa sia andato storto c’è la scintilla per il nuovo anno.

Vincenzo Nibali, Alberto Bettiol, Diego Ulissi, Domenico Pozzovivo,Lugano 2020
Con Bettiol, Ulissi e Pozzovivo dopo una lunga salita in Mtb sopra Lugano
Vincenzo Nibali, Alberto Bettiol, Diego Ulissi, Domenico Pozzovivo,Lugano 2020
Uscita in Mtb con Bettiol, Ulissi e Pozzovivo

La banda di Lugano

L’inverno di Vincenzo e della banda di Lugano ha la forma di uscite in mountain bike e il suono di tante risate. Quello che ci vuole per azzerare il contachilometri e ripartire. Come quando Ulissi è finito nella scarpata e Pozzovivo cercava di aiutarlo. Mentre il siciliano piegato in due dalle risate, girava il video e intanto suggeriva al piccolo lucano di dargli il braccio buono. Sono come Aldo, Giovanni e Giacomo, cui si aggiunge spesso Alberto Bettiol. Ognuno con il suo modo di essere buffo e ciascuno con i segni di una storia importante.

«Le motivazioni – dice e ancora ride – le trovi dal fatto che ti piace pedalare e lo fai con voglia. Certamente quando si può è bene cercare nuovi stimoli. Sagan quest’anno ha saltato le classiche e ha fatto un bel Giro, che non aveva mai corso prima. In questo momento le mie motivazioni sono chiare. Voglio riscattare una stagione in cui non mi sono mai trovato bene».

Biciclette Vincenzo Nibali, Diego Ulissi, Lugano 2020
Ulissi con la Mtb Colnago, Nibali con la gravel di Trek e ruote da Mtb
Biciclette Vincenzo Nibali, Diego Ulissi, Lugano 2020
Ulissi in Mtb, Nibali con la Trek gravel (e ruote Mtb)

Dannato lockdown

Ci sono stati due 2020, quello prima e quello dopo il lockdown. Nel mezzo la chiusura del mondo, piombata come una glaciazione di cui s’è tenuto forse poco conto.

Come andavano le cose prima?

Ero partito bene, ma tutti se ne sono dimenticati. Il lockdown mi ha sfasato. Noi che siamo qua da tanti anni abbiamo la nostra routine, mentre il giovane trova la condizione in un mese. Mi ricordo com’ero a 25 anni. C’è spensieratezza. Non hai pensieri. Non hai famiglia. Ti alzi quando vuoi, esci in bici e quando torni devi solo riposarti. Vedremo quando anche loro saranno sposati, tante cose cambiano. Scarponi mi faceva ridere sempre

Cosa ti diceva?

«Ti arriva una figlia, vedrai adesso! Io ne ho due. A te resta il 50 per cento della forza!». A cose normali sarei stato in pieno avvicinamento alla Tirreno-Adriatico, invece dall’oggi al domani ci siamo ritrovati a casa. E quando hanno riaperto e abbiamo ricominciato, ho accumulato un ritardo che mi sono portato dietro sino alla fine.

Vincenzo Nibali, crono Palermo, Giro d'Italia 2020
Il Giro inizia con la crono di Palermo, ma Nibali perde 1’29” da Ganna
Vincenzo Nibali, crono Palermo, Giro d'Italia 2020
Crono di Palermo, inizia il Giro d’Italia 2020
Che cosa non è andato?

C’era una cosa sola da fare, lavorare e ripartire a bomba. Era l’unico modo per essere in vantaggio, ma non ci sono riuscito. Con una stagione più lineare sarebbe stato tutto diverso. Invece gara dopo gara ci sono state cose che forse non rifarei.

Ad esempio?

Ad esempio il mondiale. Doveva essere un punto di passaggio, dovevamo essere una squadra d’attacco, non ero io l’uomo di punta. Tutto sommato non mi sono comportato male, ero nel gruppo dietro Alaphilippe, ma forse potevo non andare.

Per avere un periodo di stacco prima del Giro?

Di fatto, due settimane prima della ripartenza sono stato in altura a San Pellegrino. Poi c’è stata tutta la sfilza di gare in Italia. Otto corse in 22 giorni, dalla Strade Bianche ai campionati italiani. Da lì sono andato nuovamente in montagna a lavorare sodo, poi mondiali e Giro. Bè, forse la settimana dopo l’altura potevo stare a casa. Non ho avuto un momento di recupero. Qualcuno lo ha fatto. Ma dette ora, sono tutte parole campate in aria…

Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna sensazioni accettabili, arriva con Fuglsang e Pozzovivo: scappa solo Kelderman
Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, Vincenzo con Fuglsang e Pozzovivo
A inizio Giro non eri male…

E lo confermo. Nei primi dieci giorni c’ero, mentre Hindley e Geoghegan Hart erano sempre indietro. La tappa di Roccaraso sembrava dovesse essere chissà cosa…

Invece?

Invece erano solo 300 metri di salita. Facevo fatica a tenere a bada Cicco, che voleva attaccare. Io lo so che l’ultima settimana di un Giro è tremenda. Infatti alla fine i ragazzini sono venuti fuori. Dalla crono di Valdobbiadene in poi hanno cambiato marcia, cominciando ad andare fortissimo e a guadagnare terreno. Mentre noi siamo rimasti lì a pochi secondi gli uni dagli altri. Parlo di me, Fuglsang, Pozzovivo, Pello Bilbao…

Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Nella sua Sicilia, lo Squalo dello Stretto ha buone sensazioni
Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna sale al 6° posto in classifica
Quel giorno si è detto che tu avessi i valori migliori di sempre.

No, non direi che sia andata così. Non ero il peggior Nibali, ma neanche il migliore. Ci divideva un 5% in termini di prestazione, che però a quel livello è tantissimo. A Piancavallo ho visto i numeri che mi aspetterei sul Muro di Sormano, cioè una salita breve che fai a tutta perché dura poco. Invece è andata così fino in cima. Sono andati più forte del Panta…

A dirla tutta, non sembra credibile che fossi il miglior Nibali neppure sullo Stelvio. Oppure dobbiamo pensare che Dennis è diventato un fenomeno?

Quel giorno altra storia. Ho voluto tenere duro più di Fuglsang e di Pello Bilbao, poi di colpo ho capito che era un ritmo impossibile. Ho resistito, ma alla fine sono andato in acido ed eravamo già sopra i 1.800 metri. A quella quota recuperare è diventato impossibile. Dennis ha fatto una super prestazione, un record. Lo conosco abbastanza bene, so quanto vale nelle crono, ma in montagna non l’ho mai visto andare così. Se mollavo prima, era diverso. Salendo regolare avrei salvato magari un quarto posto. Ma sono saltato di testa. E a quel punto un conto è essere presente e inseguire con lucidità, altra cosa è inseguire sentendosi mortificato.

Vincenzo Nibali, crono Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
Crono di Valdobbiadene, lo Squalo sale al 5° posto, a 2’30” da Almeida. Arrivano le salite…
Vincenzo Nibali, crono Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
Dopo Valdobbiadene, lo Squalo sale al 5° posto

Partenza precoce

A casa si sta bene, pensa Vincenzo, ma dentro sente crescere il prurito. E così e per risentirsi presto lo Squalo dello Stretto, ha ripreso a lavorare prima del solito, anche se il 2021 partirà probabilmente più tardi ed è inutile parlare di programmi scritti nella sabbia.

Su cosa ti sei concentrato ripartendo?

Non sono andato in vacanza, un po’ anche per il Covid. Ho staccato 15 giorni e poi ho ripreso cercando di tenere lo stesso peso con cui ho chiuso l’anno. Ho cominciato con strada, mountain bike e palestra. Non è una palestra come si può immaginare, ma il Centro Rehability in cui ho fatto anche la riabilitazione per la schiena. Lì c’è Martino Donato che mi segue e tutto quello che serve. Se ho una contrattura hanno la Tecar e anche il laser. C’è un bel rapporto e poi sua moglie è palermitana e serve a sentire voci vagamente familiari. La mattina porto Emma a scuola e poi parto. E in palestra a volte viene anche Rachele.

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Invece Piancavallo frena la rincorsa: arriva a 1’36” da Geoghegan Hart e scivola al 7° posto
Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Piancavallo segna la svolta: i giovani alzano la testa
C’è clima da Squalo in questi giorni a Lugano?

Ci sono sei gradi adesso, ma secchi. Si sta bene. E comunque il bello della mountain bike è che fai andature più basse. Io poi uso una gravel che ho modificato da me, per cui vado in fuoristrada quasi con la posizione della strada.

Come l’hai modificata?

L’ho portata a casa, la mia Checkpoint. L’ho guardata. E mi sono detto: vediamo se ci stanno le ruote da mountain bike. E la sai una cosa? Ci stavano. E così adesso non mi ferma più nessuno...

Vincenzo Nibali, discesa Stelvio, Giro d'Italia 2020
Lo Stelvio è un calvario. Il ritmo di Dennis lo sfinisce e in discesa il morale è a terra…
Vincenzo Nibali, discesa Stelvio, Giro d'Italia 2020
Discesa dello Stelvio, lo Squalo non attacca

E’ questo lo Squalo che ci piace ascoltare. Quello che finita la parte da scrivere racconta che sono state a trovarlo Le Iene. Che vorrebbe cambiare la macchina fotografica. Che sta pensando se andare in Sicilia e a Fiuggi per Natale, aspettando il prossimo Dpcm. Che ha sentito che quelli della Uae forse faranno il vaccino prima degli altri a Dubai. E che alla fine, parlando della presunta offerta del Team Ineos, conferma la sua amicizia con Pinarello dai tempi della Fassa e aggiunge che con quella squadra si sono sempre annusati. Rimarremmo a parlare ancora a lungo, ma è passata quasi un’ora. Magari la prossima volta, se il vaccino sarà arrivato o il Covid se ne sarà andato, riusciremo anche a rifarla di persona.

Andrea Morelli, Fabian Cancellara

Pogacar, Almeida e i giovani italiani: parla Morelli

12.11.2020
5 min
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Andrea Morelli si guarda intorno. Il responsabile ciclismo del Centro Mapei ha seguito il Tour e il Giro, meditando a lungo sulle prestazioni di atleti tanto giovani.

«A parte uno come Ganna che conosco da sempre – dice – e che quando vedemmo da junior era sui livelli di Cancellara, sono stupito per la capacità di tenuta dei più giovani nella terza settimana. La resistenza si costruisce col tempo. Devi avere talento, ovvio, poi il lavoro ti consolida. Per cui vedere Pogacar fare quella crono al penultimo giorno mi ha davvero stupito».

Si va. Taccuino. Domande. Qualche riferimento a quel che ci hanno detto Bartoli e Guercilena. E un fluire di pensieri che ha bisogno appena di essere alimentato da qualche osservazione.

Tadej Pogacar, Planche des Belles Filles, Tour de France 2020
Sorprendente per Morelli la crono di Pogacar a La Planche des Belles Filles
Tadej Pogacar, Planche des Belles Filles, Tour de France 2020
Pogacar, crono decisiva a La Planche del Belles Filles
Non c’è solo Pogacar. Evenepoel, Almeida, Hindley, Geoghegan Hart…

Non conosco Remco, ma conosco bene Almeida. L’ho seguito fino al professionismo. Assieme a Oliveira e Guerreiro facevano parte del programma della nazionale portoghese, che si era rivolta al Centro perché gli dessimo una mano ad uscire da logiche troppo portoghesi. Oliveira si è giocato un mondiale inseguimento con Ganna, per intenderci. Correvano per Axel Merckx e noi ne seguivamo la programmazione. Tutti forti. Con loro c’era anche Geoghegan Hart, molto buono anche lui

Da cosa dipende la loro precocità?

Le continental in cui corrono da ragazzini vanno forte, tanto che alcune squadre WorldTour hanno dovuto faticare quando le hanno incontrate. Non credo tanto al discorso delle scuole nazionali, mi sembra una favola. Ci sta che vengano fuori atleti forti, ma al Tour abbiamo visto qualcosa di grande davanti ai migliori del mondo.

Da cosa dipende?

Di sicuro incide la competitività. Sono motivatissimi e non mollano mai. Riescono a reggere meglio la pressione, forse perché sono nati sui social e se ne sbattono di quel che dice la gente. Fanno il forcing e attaccano da lontano. Questo può svantaggiare l’atleta più posato. Hanno un carattere fortissimo. Non è semplice fare tre settimane a tutta.

Quindi anche una spiegazione tattica?

Luca Guercilena mi ha raccontato del loro Simmons, che ha la tendenza ad attaccare a 40 chilometri dall’arrivo, come quando era junior. Magari lo prendono, ma la corsa intanto cambia passo bruscamente. Il modo di correre è cambiato tanto.

Qualcuno potrebbe pagarlo?

Nibali è uno dei pochi che ha mantenuto la temporizzazione classica, usando le corse per prepararsi. Negli anni lo abbiamo visto spesso dietro e poi venire fuori quando serve. Pensavo che quest’anno sarebbe successo lo stesso, invece no.

Joao Almeida, Ruben Guerreiro, Giro d'Italia 2020
Almeida e Guerreiro, compagni di squadra in nazonale
Joao Almeida, Ruben Guerreiro, Giro d'Italia 2020
Joao Almeida e Ruben Guerreiro amici da tempo
Che idea ti sei fatto?

Ci sta che abbia pagato per il Covid, anche se ha mantenuto i suoi grossi volumi di lavoro. Mentre uno come Jacopo Mosca, che seguiamo direttamente, non è potuto uscire e ha dovuto lavorare tanto sui rulli. Il lockdown ha ridotto i volumi e alcuni potrebbero averne tratto vantaggio in termini di recupero e freschezza.

Altri invece lo hanno sofferto.

Certo, stare fermi a lungo è un disagio. E’ mancata l’intensità della corsa e magari i più giovani ne hanno tratto vantaggio grazie all’elasticità dell’organismo, mentre l’atleta più esperto ha bisogno di volume e gradualità. Nibali ha questo approccio, usa le gare per gestire la programmazione e per abitudine e struttura deve fare un certo numero di corse. Ma se le corse impazziscono…

Che cosa intendi?

Calendario e abitudini. L’arrivo di Sky (oggi Ineos-Grenadiers, ndr) ha cambiato tutto. Vengono sempre per vincere e non è facile stare in gruppo se a menare sono atleti che dovunque sarebbero capitani. Altre si sono adeguate, come la Jumbo. Il livello è altissimo, non reggi e questo non ti allena molto. Mettiamo sul piatto la programmazione serrata del 2020 e si capisce che forse si è creata confusione nella gestione dei carichi di lavoro.

Si spiega così il Nibali dello Stelvio?

La cosa incredibile dello Stelvio è stato Rohan Dennis. Se Nibali si è staccato è perché la sua soglia era inferiore ai valori dell’australiano. Ma quelle prestazioni ci hanno lasciato tutti di sasso.

Credi che corridori tanto forti da giovani avranno una carriera più breve?

Se ci sono arrivati nel modo giusto, continuano anche in futuro. Non credo possano essere come le ginnaste, che bruciano in pochi anni. E’ uno sport di endurance, si riesce a costruirci sopra, se riescono a tenere la testa sul collo, a gestire i soldi, il divertimento e i social. Poi la differenza la fai sulla bici.

Sono frutto del buon lavoro di qualcuno?

Qualsiasi ragazzo fai lavorare in modo corretto porta frutti. Non devi forzare i tempi. Con Merckx c’era da mediare, perché lui fa allenamenti pesanti e in America il calendario era tutto tosto. Ma se rispettano carichi e igiene dell’allenamento, continueranno a fare bene anche in futuro. Che poi si ripetano è un’altra storia.

Invece da noi?

Arrivano al professionismo con pochi margini e questo li logora. Devi stare sempre concentrato anche semplicemente per essere tiratissimo. E se poi sposti questo stress fra gli allievi, quando passano che cosa fanno?

Eppure c’è la rincorsa al passaggio.

I procuratori cercano di… vendere gli atleti già da allievi, quantomeno li bloccano subito. Le squadre a questo punto li fanno firmare, con l’avallo di alcuni genitori che pensano di avere in casa il Cristiano Ronaldo della bici. Invece fino ai vent’anni lo sport andrebbe vissuto come divertimento. Anche il professionista che lavora controvoglia non rende. Forse all’estero tutto questo non c’è.

Non basta attenersi alle tabelle e va tutto bene?

Il metodo anglosassone per cui esiste solo la potenza per me è sbagliato. Difficile avere una struttura troppo sofisticata nella squadra di paese, ma va bene. Perché da ragazzino devi conoscere il tuo corpo e le percezioni in risposta agli allenamenti. Magari commetti pure qualche sbaglio, ma impari. E magari a 22 anni, quando vai a pescare risorse dovunque, scopri di avere dei margini di crescita.

Vincenzo Nibali, Sestriere, Giro d'Italia 2020

Guercilena, adesso con Nibali cosa fai?

04.11.2020
4 min
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Riconoscere con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo, che qualcosa non abbia funzionato nel Giro di Nibali è abbastanza immediato. Se ti chiami Nibali e sei convinto di giocarti la maglia rosa, non ti stacchi da Dennis sullo Stelvio. E se si dice che avessi i numeri degli anni migliori, forse quei numeri non sono così attendibili o non bastano per descrivere la situazione. Servirà un’analisi più attenta, a partire dal programma seguito per arrivare al Giro. Nel 2016 dell’ultima maglia rosa, l’avvicinamento prevedeva Tour of Oman, Tirreno-Adriatico e Giro del Trentino. Nel 2020, a 36 anni, la sola corsa a tappe alla vigilia è stata la Tirreno-Adriatico. A partire da agosto e prima della Tirreno, Tao Geoghegan Hart ha corso la Route d’Occitanie e il Tour de l’Ain; Hindley ha corso anche il Polonia. Cari miei, anche a 36 anni Vincenzo Nibali vale più di così…

Luca Guercilena
Luca Guercilena è il team manager della Trek Segafredo
Luca Guercilena
Guercilena, team manager Trek-Segafredo
Pensavate potesse vincere il Giro?

Per i numeri della vigilia, pensavo fosse da podio. Slongo descriveva il cambio di sensazioni che di solito ha portato i risultati migliori.

Cosa hai pensato il giorno dello Stelvio?

Voleva vincere, me lo ha detto lui. Se fosse salito in modo controllato, avrebbe perso di meno. Invece ha scelto di restare con Dennis e l’ha pagata.

Anche a Piancavallo i numeri erano ottimi.

Ha impiegato 40” meno del 2017, quando arrivò 18° e prese 14” da Pinot che anticipò il gruppo degli uomini di classifica. Quest’anno la fuga è stata ripresa e lui è stato 10° di tappa, ma a 1’36” da Geoghegan Hart che ha vinto. Vincenzo è andato forte, ma i primi sono andati fortissimo.

Significa che c’è poco da fare?

Significa che ci sono da fare considerazioni diverse, i numeri non bastano.

Finalmente…

In primis si può mettere in discussione la strategia di gara. Siamo partiti baldanzosi nelle prime tappe e alla fine ci siamo ritrovati soli. La squadra ha fatto il possibile, anche se a un certo punto è sembrata non all’altezza.

Mancava qualcuno?

Se ci fosse stata una stagione normale, sarebbe venuto al Giro uno scalatore come Elissonde. Ma vista la sovrapposizione di corse, si è fatta qualche modifica. E quando si è parlato del Tour, che sembrava l’unico grande Giro che si sarebbe fatto, c’era una tale ansia che siamo andati con un gruppo forte per sostenere Porte. Ed è andata anche bene.

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
A Piancavallo, Nibali è salito 40″ più forte che nel 2017
Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
A Piancavallo, 40″ in meno che nel 2017
Che cosa è successo invece al Giro?

Weening, che sarebbe stato importante in montagna, si è ritirato per le vertigini. Ciccone purtroppo non è riuscito nella scommessa di rientrare. Brambilla ha dovuto ritirarsi per caduta. Se tutto fosse andato come nei piani, avremmo avuto un gruppo all’altezza dei migliori. Non mi pare che la Sunweb, tolti Hindley e Keldermann avesse chissà quali nomi…

Gli altri?

E’ difficile valutare i singoli, Mosca ha fatto tanto. Ma è chiaro che da qualche gregario ci aspettassimo prestazioni migliori.

Torniamo a Nibali. Non credi che l’avvicinamento italiano senza gare a tappe prima della Tirreno lo abbia penalizzato?

E’ arrivato al Giro cercando di rispettare i due blocchi di altura che ha sempre fatto. Le corse di agosto sono state intense. Con una classica a settimana e quelle nel mezzo, si correva ogni quattro giorni. In più a marzo stava bene, alla Parigi-Nizza andava. Poi il lockdown ha cambiato tutto.

I giovani si sono adattati meglio al nuovo calendario?

A 36 anni, si fa fatica a cambiare. Faremo le nostre analisi. Eravamo partiti puntando a Liegi, Giro e mondiale, si è visto che annata è saltata fuori.

Quando si faranno le analisi?

Un primo confronto con Vincenzo e con Slongo c’è già stato. Ormai ho poco tempo per entrare nelle questioni sulla preparazione, ma ho già dato la mia opinione. Dopo la Vuelta vedremo finalmente quei numeri e ci sarà uno scambio più approfondito.

Ti dispiace che non sia venuto con voi già tre anni fa?

E’ un grandissimo rammarico. Tre anni fa era un altro atleta e mi dispiace perché al Giro non è riuscito a correre da Vincenzo Nibali. E lui, più di noi, ne aveva voglia.

Che inverno gli suggeriresti?

Un bel periodo di stacco e recupero, perché lo stress mentale l’hanno avuto tutti. Poi di riprendere con gradualità e intanto faremo un’attenta verifica. I numeri sono numeri, ma quando ci siederemo, troveremo cose che sono cambiate e che hanno portato a questi risultati. Ne sono sicuro. E gli darei un consiglio…

Quale?

Piano a dire che è vecchio e a farsi venire la sindrome dell’anziano. Le cose non cambiano dall’oggi al domani. Attenzione a non incensare troppo i giovani, che non hanno moglie e figli e magari hanno vissuto questo periodo con spensieratezza. La carriera di uno sportivo vede vittorie e conferme. Loro non li conosco a fondo, ma sulla solidità di Nibali metto le mani sul fuoco.

Mauro Vegni, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020

Asti, storia di un pasticcio all’italiana

23.10.2020
5 min
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Josef Cerny ci ha provato a dire che la storia non terrà conto delle proteste di stamattina e che ad Asti ha vinto lui. Lui ha vinto la sua tappa e poco gli importa di dare risposte sul perché non si sia partiti da Morbegno.

«Non era così freddo da non partire – dice – ma andiamo a tutta da Palermo e pioveva ed è stata una buona occasione da cogliere».

Succede solo al Giro, quando mai si sarebbero sognati di imporlo ai francesi del Tour?

Vegni furioso

Vegni è inviperito. Il suo punto di vista è ineccepibile: ha disegnato un percorso che è stato approvato e nessuno, nel momento in cui lo stesso è stato rimodulato per ottobre, si è preso la briga di verificare la fattibilità delle tappe. Le associazioni di categoria servono a questo.

Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente italiano dei corridori e delegato del Cpa
Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente Accpi

«Finirà che sono stato io a decidere – dice il patron del Giro d’Italia – e che non me ne sono neanche accorto, mentre si è trattato di un tranello. C’è rammarico per la brutta figura. Una giornata così oscura tutto quanto di buono abbiamo fatto fino adesso per portare alla fine il Giro d’Italia. Non c’erano presupposti per una decisione simile. A me non è arrivata nessuna proposta. E’ evidente che tra i corridori e le loro squadre non c’è dialogo. Perché stamattina, molti corridori si domandavano cosa stava succedendo? Perché c’erano corridori schierati alla partenza? Perché i manager delle squadre chiedevano a me cosa stesse succedendo e io non sapevo nulla?».

Salvato indeciso

I direttori sportivi italiani si sono tutti schierati contro la decisione, ma è parso che nessuno li abbia interpellati, quasi che la decisione sia stata presa dalle squadre straniere.

«Una volta al Giro – si è lasciato scappare in mattinata Cristian Salvato, presidente dell’Accpi e delegato del Cpa – c’erano dodici squadre italiane e avevano gioco facile a trovare un accordo. Una volta in una situazione simile sarebbero partiti di sicuro, mentre gli stranieri non si fanno convincere facilmente. E’ stata una decisione giusta. Undici gradi con la pioggia sono freddi, sto con i corridori».

Peccato però che la decisione non sia venuta applicando il Protocollo per le Condizioni Estreme: unico presupposto per cancellare una corsa. E peccato anche che lo stesso Salvato, portavoce dei corridori, non abbia fatto poi molto per farli ragionare. Mentre una decisione del genere, come ha giustamente detto Vincenzo Nibali, non può transitare in una chat su Telegram e avrebbe avuto bisogno di più collegialità.

Wilco Kelderman, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Wilco Kelderman, il più contento del taglio della tappa
Wilco Kelderman, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Kelderman, il più contento del taglio

Martinelli deluso

Ai microfoni Rai, dopo l’arrivo di Asti, prima Volpi e poi Martinelli hanno preso duramente posizione.

«Abbiamo sbagliato di brutto – dice Martinelli – ma sono arrivato tardi alla partenza e ho trovato tutto già organizzato. I corridori mi hanno detto che c’era una riunione e mi sono subito incavolato e gli ho detto di partire. C’erano tutti i presupposti per correre. Sono con loro, lavoro per loro, ma sarebbero serviti altri modi».

Damiani duro

Roberto Damiani è dello stesso avviso e dal suo hotel di Asti tuona senza mezzi termini.

«Noi siano andati sulla linea di partenza – spiega il diesse della Cofidis – sapete bene come la penso. Ieri sera i corridori hanno detto che stavano arrivando dei messaggi e io gli ho risposto che noi siamo qui per correre e quindi avremmo corso. Potevamo essere i primi ad averne vantaggio, avremmo dovuto controllare per meno chilometri, ma i miei erano là. Pare ci sia stato un accordo tra il Cpa e tutti gli altri. Adam Hansen si è esposto in quanto delegato del Cpa, non so cosa ne pensino i suoi capi alla Lotto. Sarebbe stata una tappa massacrante, ma perché non si fanno queste discussioni quando si presentano i percorsi? Come Roberto Damiani e come Cofidis io mi discosto da quello che è successo».

Joseph Cerny, Asti, Giro d'Italia 2020
Joseph Cerny ha vinto ad Asti, ma domani sui giornali si parlerà d’altro
Joseph Cerny, primo ad Asti

Kelderman fa festa

Il più contento di tutti ad Asti è parso Wilco Kelderman, c’è da capirlo. Avete visto come ha ribadito la bontà della scelta? Avrebbe dovuto pedalare per 258 chilometri sotto la pioggia e con 11 gradi, che poi sono saliti fino a 14. E domani nella tripla ascesa di Sestriere le sue chance di tenere la maglia rosa si sarebbero assottigliate.

«Capisco la frustrazione di Mauro Vegni – ha detto – ma oggi è stata presa la giusta decisione. Siamo stati contenti di correre il Giro e le grandi montagne. Siamo stati contenti di fare lo Stelvio, ma oggi la decisione di tagliare la tappa era la più giusta. E’ stato trovato l’accordo e la decisione è stata presa».

E quando gli è stato chiesto se sapesse fra quali attori fosse stato trovato l’accordo, ha liquidato la domanda parlando del Cpa, che in questo caso era rappresentato da Cristian Salvato, dato che Bugno, presidente dell’associazione, era ad Asti nella postazione Rai.

La morale

Sicuramente un grosso pasticcio in cui ciascun attore aveva qualcosa da difendere. Rcs e la Rai hanno denunciato il danno a un prodotto che per loro riveste una grande importanza strategica. I corridori, facendo sfoggio di scarsi spessore e senso di responsabilità, hanno trovato il modo di risparmiarsi una giornata di freddo e pioggia. I sindacati dei corridori hanno dimostrato la loro inadeguatezza per non essersi mossi con la necessaria tempestività. E la gente per strada, ignara e incolpevole, ha continuato ad aspettarli sperando che prima o poi sarebbero passati.

P.S. E’ arrivata nella serata di Asti la notizia che i premi di giornata saranno devoluti a favore di una struttura sanitaria impegnata nella lotta contro il Covid.