Alla fine fu più sorprendente il podio di Fayetteville, ai mondiali di cross dello scorso gennaio. Silvia Persico si infilò di forza nel dominio olandese, arrendendosi solo a Marianne Vos e Lucinda Brand. Oggi a Wollongong, sotto il diluvio australiano che ha portato freddo e sporco sulla corsa, la sensazione che la bergamasca potesse fare qualcosa di buono in fondo c’era. La tappa vinta alla Vuelta e prima ancora il quinto posto del Tour facevano pensare a una svolta imminente. Solo sensazioni, insomma, che lei con il suo fare schivo non sempre autorizzava.
«Le vittorie danno fiducia – diceva l’altra mattina in albergo mentre fuori pioveva – l’ultima alla Vuelta me ne ha data tanta e sono qua. Sono tranquilla, molto tranquilla e vediamo come va. Sicuramente supporterò Elisa Longo Borghini e Balsamo. Poi andrà come deve».
Alla partenza Persico sapeva di essere l’alternativa di Balsamo allo sprintAlla partenza Persico sapeva di essere l’alternativa di Balsamo allo sprint
Il treno Kopecky
Oggi in quel finale pazzesco incendiato dalla Van Vleuten e dal suo scatto, si è avuta la sensazione che Silvia non sia riuscita a parlare con Elisa Longo Borghini che, in testa alla corsa dall’ultima salita, pensava a come fare la sua volata e poi la dedica giusta. Senza radioline, per parlare bisogna affiancarsi. E proprio mentre Persico si accodava al gruppo di testa e non aveva ancora cominciato a risalirlo, l’olandese col gomito fasciato ha sferrato l’attacco. E per le altre, che cullavano volate e tattiche, si è spenta la luce.
«Non ero il capitano – dice Silvia – ma quando ho visto che Elisa (Balsamo, ndr) si staccava, ho capito che avrei dovuto fare io la volata. Dire che ci sarei riuscita poi era un’altra cosa. Per fortuna mi sono resa conto che nel mio gruppetto c’era Lotte Kopecky e ho avuto la certezza che saremmo rientrate. Quest’anno è cominciato con un bronzo nel cross e finisce con un bronzo su strada. E’ stato decisamente un buon anno».
Accanto a Balsamo fino al penultimo giro, quando Elisa ha cedutoAccanto a Balsamo fino al penultimo giro, quando Elisa ha ceduto
Decide Van Vleuten
Aveva visto giusto l’altro giorno, individuando nell’Olanda il faro della corsa e nella Van Vleuten l’ago della bilancia nonostante il brutto incidente. Anche sulla necessità di stare unite aveva visto bene. Oggi infatti il ruolo compatto l’abbiamo svolto noi, ma alla fine sono state le arancioni a portarsi via tutto.
«Mi piace questo percorso – diceva Silvia – molto duro e molto veloce. La gara dipenderà anche dall’Olanda e da come faremo la prima salita. Si continua a dire che non andrà via nessuno sullo strappo, ma la penso come Elisa Balsamo. Una Van Vleuten in forma, quando vuole va. Sarebbe capace anche di farsi 100 chilometri da sola, quindi alla fine dipenderà tutto da lei. Da come ha recuperato dalla caduta. L’importante per noi sarà stare tutti insieme».
In cima alla penultima salita con Annemiek Van Vleuten: hanno fatto corsa parallela fino al podioIn cima alla penultima salita con Annemiek Van Vleuten: hanno fatto corsa parallela fino al podio
Da un bronzo all’altro
Si apre con un bronzo e con un bronzo si chiude, perché poi non ci saranno altre corse. Quattro settimane di meritata vacanza e il primo training camp con la nuova squadra che si sussurra sarà la UAE Team Adq.
«In questi mesi sono cambiate tante cose – ammette Silvia venendosi a sedere accanto dopo la conferenza stampa – e secondo me questo bronzo vale più di quello, perché c’è dietro un grande lavoro di squadra. Ringrazio le compagne, perché nonostante non fossi leader della squadra, mi hanno supportato. Quanto allo sprint, credo che semplicemente non ci siamo organizzate con Elisa perché non abbiamo fatto in tempo a capire. La Van Vleuten ci ha beccate mentre pensavamo a cosa fare. Per cui mi prendo questo terzo posto e diciamo che mi aspettavo di fare bene. Sono venuta qua con l’idea di un podio. Magari mi sarebbe piaciuto il bersaglio pieno, ma per chiudere l’anno anche questo bronzo va davvero benissimo».
Sul far della sera, dopo che noi ci siamo liberati dal traffico di Wollongong e lei ha finito una lunga seduta con Elisabetta Borgia, Vittoria Guazzini ci raggiunge su una poltrona della hall del Gibraltar Hotel di Bowral, base della nazionale in Australia. La presenza della mental coach ai mondiali non è affatto banale. Lo abbiamo visto stamattina nel supportare Federica Venturelli al momento di tornare in bici e lo leggiamo nella gratitudine che traspare dagli occhi chiari della toscana, che con l’ansia ha ammesso di convivere a fatica.
Sul podio, in quel pugno al cielo c’è la somma di settimane di lavoro e sogni realizzatiSul podio, in quel pugno al cielo c’è la somma di settimane di lavoro e sogni realizzati
Lo sguardo avanti
La vittoria del mondiale crono U23 era un obiettivo dichiarato e, in quanto tale, niente affatto scontato. La gara ha detto che alle spalle delle tre più forti al mondo c’è questa ragazza italiana, riccia e bionda di 21 anni, che arriva da Poggio a Caiano e ha spirito, talento e forza da vendere. La “Vitto” la conosciamo da un po’ e ogni cosa nel suo cammino parla di crescita costante e scelte importanti.
«Penso che per ogni atleta – sorride con il suo accento toscanissimo – l’obiettivo sia quello di migliorarsi ogni anno. Io penso forse di avere dalla mia un po’ di talento (sorride e arrossisce, ndr), insomma diciamo che proprio negata in bici non sono… E ce la sto mettendo tutta per curare ogni aspetto che posso e provare a realizzare i miei sogni. Insomma, questa maglia iridata è un bel punto di partenza per i prossimi anni, perché vorrei riconfermarmi nella categoria elite».
In partenza, Guazzini sapeva di essere la favorita nella gara U23In partenza, Guazzini sapeva di essere la favorita nella gara U23
Sei passata da vittorie agli europei U23 ad andare alle Olimpiadi, poi risultati fra le elite e adesso il mondiale. Come si fa a ripartire ogni volta?
A volte sento dire che dopo che uno ha vinto tanto, ma ancora non è proprio il mio caso, non riesce più a trovare motivazioni. Io penso che ogni gara sia a sé e sia speciale, perché si viene magari anche da momenti diversi o percorsi diversi. L’avvicinamento non è sempre quello sperato e anche riconfermarsi ha sempre il suo perché.
Il 2022 è stato l’anno dei grandi cambiamenti e alla fine è andato alla grande. Tutto scontato?
Neanche un po’. All’inizio della stagione ero un po’ agitata. Con la nuova squadra mi ero presentata con quell’infortunio (Vittoria ha trascorso l’ultimo inverno a riprendersi dalla frattura per la caduta alla prima Roubaix Femmes, ndr) e non era stato il massimo. Però loro hanno avuto tanta pazienza e non mi hanno assolutamente pressato. Anzi, mi hanno dato tutto il tempo di rimettermi. In effetti già ad inizio anno stavo bene, purtroppo poi c’è stato il Covid proprio nel periodo delle classiche che erano state il mio stimolo per recuperare il prima possibile. Sono cose che capitano e diciamo che la stagione poi si è rifatta alla grande. Ora posso dirlo, quindi va bene così.
Ecco la caduta alla Roubaix che è costata a Vittoria uno stop di due mesi (foto Louis Lambin)Ecco la caduta alla Roubaix che è costata a Vittoria uno stop di due mesi (foto Louis Lambin)
Hai mai dubitato della scelta di lasciare l’Italia e andare in Francia?
Ormai sono una che quando fa le scelte, poi continua dritta. Poi non si sa mai, si ha sempre un 50 per cento di possibilità di sbagliarsi e 50 di avere ragione, ma io mi sono trovata molto bene, tanto che ho già rinnovato fino al 2025. Insomma, non l’avrei fatto se non mi fossi trovata bene. Loro hanno fiducia, io ho fiducia e credo sia un percorso giusto per continuare a crescere. Abbiamo degli obiettivi in comune, quindi mi è sembrato un progetto molto interessante. Sono contenta della scelta che ho fatto.
Difficile far convivere strada e pista?
La pista rimane, perché sono convinta che le due discipline possano andare l’una appaiata all’altra. Bisogna essere bravi a coordinare le cose, a pianificare per arrivare al meglio gli appuntamenti sia in strada sia in pista. Ma insomma, abbiamo tanti esempi di atleti che danno sostegno a questa teoria e l’obiettivo delle Olimpiadi di Parigi non è un segreto. Poi si potrà vincere o perdere, ma voglio arrivare lì senza rimpianti, con le altre compagne.
A Tokyo prima dell’ultimo quartetto, con Balsamo, Alzini e PaternosterA Tokyo prima dell’ultimo quartetto, con Balsamo e Alzini
Cosa hai portato via da Tokyo?
Tokyo è stata una grande esperienza. Come avevamo detto, non eravamo lì per il risultato. Poi se ci scappava il podio, non è che ci avrebbe fatto schifo (ride, ndr). E’ stato un passaggio importante, anche in vista magari delle prossime, perché già abbiamo un’idea di cosa vuol dire. Le Olimpiadi vanno al di là di ogni immaginazione. Pensavo che averle fatte mi avesse aiutato molto anche nella gestione dell’ansia, ma arrivando qui mi sono accorta che non ho imparato proprio niente.
Si è detto che avresti potuto fare anche la madison…
La madison è una disciplina che mi piace tanto e un pensierino l’avevo fatto, però giustamente si fanno delle scelte e non si ha mai la controprova di come sarebbe potuta andare. Sarebbe bello essere tutte sempre in pista, ma anche il quartetto di fa in 4-5. E la madison si fa in due, è giusto prendersi delle responsabilità.
Di nuovo Wollongong: prima di andare alla partenza, Vittoria con il cittì Sangalli e con Marco VeloDi nuovo Wollongong: prima di andare alla partenza, Vittoria con il cittì Sangalli e con Marco Velo
Parliamo dell’ansia: si riesce a trasformarla in benzina?
Dipende, dipende… Qua ero particolarmente nervosa, perché sapevo di essere venuta con questo obiettivo. Si vince o si perde, però ero consapevole di aver fatto quello che dovevo e mi sarebbe un po’ dispiaciuto mancare all’appuntamento. Dopo l’europeo in pista a Monaco avevo staccato qualche giorno perché ne avevo bisogno, però quando ho ripreso, ogni cosa è stata fatta per questi giorni qua. Mi sono allenata tanto con la bici da crono e anche con la bici da strada. Ho fatto degli allenamenti e la Vuelta per rifinire la preparazione. E già nelle ultime notti là in Spagna non dormivo bene, perché pensavo a quello che c’era dall’altra parte del mondo.
E cosa hai trovato qua agli antipodi?
Il viaggio è stato lungo, stressante. Ho provato a recuperare. Il mio preparatore sapeva che avevo lavorato bene, che avevo solo bisogno di recuperare. Il giorno prima della gara ho visto il percorso e lì mi sono un po’ tranquillizzata, perché mi sono resa conto di cosa sarei andata a fare. Non mi ha fatto l’effetto solito di quando dico che i percorsi non mi piacciono. Mi sono detta: «No dai, quasi quasi mi piace».
Vittoria Guazzini conosceva tutte le curve per averle già studiate su vari softwareGuazzini conosceva tutte le curve per averle già studiate su vari software
Non sapevi cosa aspettarti?
Tutt’altro. Alla fine le curve le avevo già viste molto bene su VeloViewer e su tutti i siti su cui ormai si può vedere tutto. Il mio preparatore mi aveva fatto tutto il planning con le foto, quindi sono arrivata lì che mi sembrava di averci girato sopra per un mese. Quando poi l’ho provato, ho fatto delle belle linee senza rischiare chissà cosa, per non buttare via tutto. Con una buona traiettoria non perdi velocità, ti metti in posizione e una metà dell’opera è quasi fatta. Sono tutti dettagli che alla fine contano.
Parli da professionista navigata, dov’è la “Vitto” caciarona di qualche tempo fa?
Casinista un po’ rimarrò sempre (ride, ndr), però sono diventata un po’ più professionale. Mi tocca, no? Diciamo che so distinguere i momenti in cui posso essere in un modo e quelli in cui non è il caso.
Stremata dopo l’arrivo, Vittoria con la sensazione di aver fatto un ottimo tempoStremata dopo l’arrivo, Vittoria con la sensazione di aver fatto un ottimo tempo
Pensi mai alla Valcar in cui sei diventata grande?
Come diciamo sempre, era una famiglia, ma lo era per davvero. Insomma, anche ora alle gare quando ci si vede, ci ritroviamo e le altre sentono sempre il casino e ridendo dicono sempre: «Italians». Insomma, siamo fatti così. E poi quando vincono le mie ex compagne, non nascondo che sono felice per loro. Alla Valcar hanno fatto un grande lavoro con tutte noi. Ma comunque con la nuova squadra abbiamo un bellissimo rapporto e ho rinnovato il contratto proprio perché si è creato questo bellissimo clima con lo staff, la dirigenza, le atlete. Sono contenta.
La posizione sulla bici l’hai studiata con loro?
Esatto. A maggio con la squadra siamo andati al velodromo di Roubaix insieme ad uno specialista e abbiamo fatto dei test sull’aerodinamica, per trovare la posizione migliore. Che fosse sì aerodinamica, ma che mi permettesse comunque di spingere. Insomma, devo dire che abbiamo fatto un bel lavoro.
Le amicizie costruite alla Valcar restano: qui Vittoria con Consonni alla Het Nieuwsblad del 2021Le amicizie costruite alla Valcar restano: qui Vittoria con Consonni alla Het Nieuwsblad 2021
Quanto sono lontane le prime tre?
Ormai ci conosciamo tutte e se devo essere sincera sono molto contenta della mia prestazione. Al di là della maglia under, ho sempre saputo che la cronometro sia una disciplina che mi si addice. Però prima magari era quasi una sensazione, ora ho avuto questa conferma che fa bene anche per il morale. Mi dà ancora più voglia e motivazione. Al momento le prime tre sono ancora un po’ lontane, ma non irraggiungibili. Insomma ho già voglia di correre il prossimo mondiale.
Dopo l’Australia, testa alla pista?
Una cosa per volta, qui non abbiamo ancora finito (quando parliamo, Vittoria deve ancora correre il Team Relay e la prova su strada di sabato, ndr). Poi ci sarà bisogno di un po’ di stacco e poi tornerò sicuramente in pista. Andandoci regolarmente durante l’anno e facendo dei richiami prima degli appuntamenti, si entra presto nel mood giusto. Abbiamo visto che funziona già all’europeo, si tratterà di trovarsi con le altre ragazze, affinare un po’ i meccanismi e anche lì salterà fuori la voglia di far bene. Quindi tireremo fuori tutto quello che c’è. Su strada corro ancora il Giro dell’Emilia perché comunque è vicino a casa e la squadra ci teneva, perciò vado volentieri.
Nella conferenza stampa, Vittoria ha fatto sfoggio di un ottimo inglese e grande sicurezzaNella conferenza stampa, Vittoria ha fatto sfoggio di un ottimo inglese e grande sicurezza
E finalmente dovresti ritrovare Marta Cavalli?
Con Marta abbiamo corso insieme per la prima volta all’italiano con le Fiamme Oro. Ci dicevamo che fosse impossibile che non avessimo fatto ancora una gara insieme. E poi dovevamo fare il Tour, purtroppo però sappiamo tutti com’è andata a finire. Spero veramente che possa ritornare in gruppo per queste ultime gare e di fare almeno il Giro dell’Emilia insieme. Poi il prossimo anno sono sicura che insieme faremo delle belle cose.
E’ quasi ora di cena. Passano Salvato e Quinziato, che alloggiano nello stesso hotel. Giornalisti pochi, qualche dilettante passa e saluta. Ci sono Marcellusi e Buratti, poi passa Arianna Fidanza. Ecco il presidente Dagnoni e Antonio Ungaro dell’ufficio stampa. La serata è tranquilla, domani si correrà il Team Relay, poi la fase delle crono sarà alle spalle.
Zana e Sobrero le due riserve azzurre. Il campione italiano da un lato è dispiaciuto, dall'altro è grato di esserci stato. E la sua stagione è risollevata
La foto che ci manda venerdì pomeriggio Anastasia Carbonari non è certamente quella del suo profilo migliore. Questa è la storia di un’intervista nata e chiusa tre giorni fa e che, cronaca alla mano, abbiamo dovuto aggiornare. Tuttavia lo spirito, malgrado quello che le è appena successo, non le manca e ci rincuora sentirla così.
«Se avete altre domande adesso ho molto tempo libero per rispondere – ci racconta Carbonari dall’ospedale di Maastricht – la diagnosi parla di fratture ad una scapola, cinque costole e due vertebre. Poi mi hanno detto che avendo battuto anche la testa sarò un po’ scombussolata per qualche settimana.
«Sto facendo caos con l’inglese, ma magari inizierò a parlare lettone, visto che mi hanno presa in giro dicendo che non sono capace. Nel 2019 ero stata investita in allenamento, ma i tempi di recupero erano stati molto lunghi. Ora sto guardando a chi è successo lo stesso di recente, per capire in quanto tempo potrò tornare a pedalare».
Anastasia Carbonari sull’ambulanza dopo l’incidente in corsa. Fratture di una scapola, 5 costole e 2 vertebreAnastasia Carbonari sull’ambulanza dopo l’incidente in corsa. Fratture di una scapola, 5 costole e 2 vertebre
Rischi esagerati
L’incidente di venerdì della 22enne della Valcar Travel&Service, guardando le immagini, poteva avere conseguenze ben peggiori. Lei ricorda solo che era in fondo ad un gruppetto e che ha centrato un pick-up nero. La dinamica non è ancora chiara, ma quel che è certo e che fa rabbia è che in una gara WorldTour come il Simac Ladies c’era un’auto in mezzo alla strada e non doveva esserci, benché segnalata in extremis da un addetto della scorta tecnica.
Qualcuno dice che la gara olandese mostrasse già qualche pericolo nei giorni precedenti e che nella stessa tappa ci fossero auto in manovra mentre il gruppo approcciava il Cauberg. Qualcuno dice che questo è il mestiere del ciclista, che fa parte del gioco. Non è vero.
Il tema della sicurezza non passerà mai di moda e lo rimandiamo ad altri approfondimenti, ma ora insieme a Carbonari vogliamo solo riavvolgere il nastro della nostra chiacchierata del giorno prima partendo da un suo messaggio di qualche ora prima.
Un’istantanea dell’incidente di Carbonari. Il pick-up nero non doveva essere lì (foto twitter)Un’istantanea dell’incidente di Carbonari. Il pick-up nero non doveva essere lì (foto twitter)
Anastasia eravamo rimasti indietro di una risposta. Quest’anno hai fatto tanti chilometri in fuga. Cosa rappresenta per te?
E’ prima di tutto un modo per mettermi in mostra. E anche peressere parte della gara, perché mi rendo conto che su alcuni percorsi, quando la corsa entra nel vivo, non ho ancora la capacità di restare con le prime. Quindi avvantaggiarmi o partire in anticipo è una maniera per essere più utile alla mia squadra senza essere solo un numero attaccato alla maglia. Poi c’è anche un aspetto quasi propedeutico. Ad esempio alla mia prima corsa della stagione, la Omloop Het Nieuwsblad, c’era da fare del pavè. “Capo” (come viene chiamato il team manager Davide Arzeni, ndr) non mi riteneva ancora sicura per affrontarlo in gruppo e così al mattino mi ha consigliato di andare in fuga in modo da prenderci le misure con meno ansia.
Finora hai avuto un calendario intenso.
Sì, è vero, ho fatto 50 giorni di corsa. Diciamo che mi sono testata su tanti terreni. Non solo pavé, ma anche strappi della Ardenne, salite dure nei Paesi Baschi. O ancora gare al Nord con tanto vento. Ecco, lassù ho imparato a girare nei ventagli…
Spiega pure.
Alla Ronde van Drenthe se ne è aperto uno e non sapevo come fare. Tutti danno per scontato che sia facile starci, invece non è così. Se non giri nel modo giusto, non solo fai più fatica tu, ma anche le tue compagne o colleghe che ti sono attorno. E a quel punto puoi prendere dei rimproveri (sorride, ndr). Per fortuna il Capo dopo quel giorno mi ha spiegato la tecnica e come comportarmi. Ma quest’anno ho appreso tanto osservando le mie compagne, anche nelle piccole cose al di fuori della gara.
Carbonari quest’anno ha alzato il suo livello, risultando preziosa per la ValcarCarbonari in fuga. Un’azione che la contraddistingue e su cui la Valcar conta molto
Incidente a parte, com’è il bilancio della tua annata?
Positivo. Sono soddisfatta di quello che ho fatto. Se penso a come ero all’inizio della stagione e a come sono ora, vedo una grande differenza. Ora ho più esperienza. In gruppo mi sento più a mio agio. Riesco a gestirmi meglio, anche se devo ancora migliorare tanto. Ma soprattutto sono contenta perché adesso mi sento davvero utile alla squadra.
Arzeni durante il Giro Donne ci aveva detto che eri pronta per un team WorldTour. Invece resterai alla Valcar. Come la vivi questa situazione?
Avere una persona come lui che crede in te è importante, specie per una ragazza giovane come me. Mi lusingano le sue parole e anche gli interessamenti che ho avuto da parte di una formazione WorldTour. Però sono consapevole che devo crescere in tanti aspetti. In Valcar c’è l’ambiente giusto per farlo con tranquillità. Sono certa che Davide ci lascerà dei consigli per continuare nel nostro processo di crescita.
A proposito di consapevolezza, nel 2023 sarai una delle punte dalla squadra. Ti senti pronta?
So che avrò più responsabilità. E dovrò imparare a conviverci, ma non sono spaventata. O meglio, so che devo migliorare nella gestione mentale pre-gara. Devo eliminare ansie e timori. Dovrò diventare più fredda senza farmi prendere dal panico se qualcosa non andrà bene o come volevo io. Mi metterò in gioco. Sono stimolata ed anche emozionata. Sono curiosa di vedere ciò che verrà fuori.
Carbonari in fuga alla Freccia Vallone. Per lei quest’anno tanti chilometri in avanscopertaCarbonari in fuga alla Freccia Vallone. Per lei quest’anno tanti chilometri in avanscoperta
Obiettivi per l’anno prossimo? Hai una gara da cerchiolino rosso?
Vorrei correre senza sprecare energie. Sapere come e quando muovermi o spendermi per le mie compagne che saranno più adatte di me in una determinata gara. Ho caratteristiche da passista. Arzeni dice che un percorso ondulato mi si addice. Anzi lui sostiene che la Strade Bianche sia tagliata per me, anche perché da allieva e junior ho fatto ciclocross. Però mi accontenterei di fare risultato in una qualsiasi altra corsa.
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«Alla fine ci siete riusciti, mi avete fatto licenziare dalla Valcar! Ho letto il titolo: Arzeni e le più forti se ne vanno…». Inizia con una battuta delle sue l’intervista con Davide Arzeni, lo storico direttore sportivo della squadra blu-fucsia. Che poi aggiunge: «E comunque è impossibile: dalla Valcar non si va mai via».
Il “Capo” è rimasto emozionato dall’intervista fatta qualche giorno con il patron della Valcar-Travel & Service, Valentino Villa. Parole che lo hanno colpito. Si chiude un capitolo importante non solo per Arzeni, ma anche per la squadra e, non ci sembra di esagerare, per il ciclismo femminile italiano.
Questa realtà bergamasca ha inciso davvero molto sulla crescita del movimento femminile nel Belpaese, soprattutto negli ultimi anni. Parlano i risultati e ancora di più il gran numero di ragazze create e uscite da quel vivaio.
Davide Arzeni (a sinistra) e Valentino Villa: per anni hanno rappresentato la spina dorsale della Valcar-Travel & ServiceDavide Arzeni (a sinistra) e Valentino Villa: per anni hanno rappresentato la spina dorsale della Valcar-Travel & Service
Davide, partiamo dall’intervista: Villa ha espresso belle parole nei tuoi confronti…
Eh sì, è stata un’intervista importante che mi ha commosso. Mi fa piacere sentire certe parole da una persona così influente della mia vita professionale e non solo… Il siparietto del “padre e dello zio” è tutto vero. Così come sono vere non solo le cose che ha detto ma le parole che ha usato.
Quindi è anche vero che un giorno farete una squadra di ciclocross. Sarebbe la chiusura del cerchio?
Sì, vero anche quello. Ce lo siamo promessi.
Per te e per la Valcar si apre un altro capitolo. Ad un certo punto, complici tante offerte crediamo, hai sentito di dover andare?
Per me non è stata una scelta facile, così come non sono mai facili le scelte importanti della vita. E in quanto scelte importanti vanno condivise con le persone più importanti. Quelle della vita privata, come la famiglia e mia moglie, e quelle della vita professionale, Valentino Villa. Prima di prendere la decisione io ne ho parlato con lui. Non sono andato da Valentino e gli ho detto: “Ciao, io me ne vado”.
Com’è stare lì adesso, sapendo che te ne andrai?
Dopo un primo periodo un po’ strano subito dopo aver preso la decisione, adesso ci sto pensando veramente poco. Sono concentratissimo sulle gare (mentre è al telefono con noi sta visionando il circuito di Plouay dove oggi hanno corso le sue ragazze, ndr) e voglio fare bene. E anche le ragazze, sia quelle che vanno via che quelle che restano, pensano su ciò che bisogna fare adesso e non nel 2023.
Il team di Arzeni ha sempre corso in modo aggressivo. Una volta disse: «Per le corse veloci non ho paura di nessuno con le mie ragazze» Il team di Arzeni ha sempre corso in modo aggressivo. Una volta disse: «Per le corse veloci non ho paura di nessuno con le mie ragazze»
Avete fatto, e state facendo un’ottima stagione…
Senza nulla togliere a nessuno, ma credo che quest’anno sia stato il vero capolavoro di Valentino.
Perché?
Perché ripartire dopo che se erano andate via la campionessa del mondo (Elisa Balsamo, ndr), la Guazzini… (l’anno prima avevano perso anche la Marta Cavalli, ndr) non era facile. E invece nonostante tutto siamo ottavi assoluti nel ranking UCI davanti a molte WorldTour. Abbiamo ottenuto dieci vittorie con sei ragazze diverse… Anche per questo siamo concentrati sul finale di stagione. Vogliamo finire alla grande. Siamo motivatissimi.
Questo aspetto della motivazione non è così scontato. Spesso nel calcio i giocatori quando sanno che l’allenatore andrà via tendono “a mollare”, a non ascoltarlo troppo. Da voi non è così?
No, no… C’è stato un momento un po’ sofferto quando è emersa la mia decisione di andare via, ma adesso il clima del gruppo è sereno. C’è condivisione. E tutte quelle parole che vi ha detto Valentino rendono l’idea di questa serenità, appunto, che c’è in squadra.
Con la vittoria alla MerXem Classic, Eleonora Gasparrini è la sesta atleta della Valcar ad alzare le braccia in stagioneCon la vittoria alla MerXem Classic, Eleonora Gasparrini è la sesta atleta della Valcar ad alzare le braccia in stagione
Quindi c’è voglia di godersi la Valcar?
Siamo tutti competitivi, da me a Villa, dallo staff alle ragazze: ci piace fare bene e ci piace vincere. E poi non è che non ci si vede più! Non ho la sensazione di chi sta per lasciare, o peggio ancora, per abbandonare. C’è condivisione totale.
E’ vero che stai anche cercando il tuo successore per lasciare la squadra nelle migliori mani possibili?
E’ già nelle migliori mani possibili. Villa è una garanzia. Quando Arzeni è venuto in Valcar la squadra già c’era e quando se ne andrà non crollerà. Nel 2015, quando sono arrivato, c’erano già la Consonni, la Persico, la Cavalli, la Balsamo… tutte quelle atlete che poi sono state la base solida del team. Erano lì grazie al lavoro di Villa. Grazie alla sua conoscenza del mondo giovanile, del ciclismo femminile. E così è riuscito a creare un gruppo juniores tanto forte.
Hai un obiettivo, un “pallino” da realizzare, prima di andare via?
Eh – sospira Arzeni – quello più grosso non ve lo dico! L’obiettivo è vincere. Ma mettiamola così: il numero preferito di Valentino è il sette. Noi siamo ottavi in classifica, l’obiettivo è quello di scalare ancora una posizione nel ranking. Ormai c’è questa cosa che mi rimbomba nella testa.
Secondo Arzeni, Villa ha avuto l’occhio lungo. In questa foto del 2016 la Balsamo era davvero una bimba. E’ andata via da iridata elite Secondo Arzeni, Villa ha avuto l’occhio lungo. In questa foto del 2016 la Balsamo era davvero una bimba. E’ andata via da iridata elite
Insomma, ci stai dicendo che quel senso dello “smontare le righe” non c’è?
Assolutamente no. Neanche da parte di chi il prossimo anno non correrà con la Valcar. E tutte, almeno da quel che so io, hanno già un contratto per l’anno prossimo: sia chi resta ed è confermata, sia chi passa ad un nuovo team e ha firmato contratti importanti. Non c’è la ragazza che pensa: “Vado forte perché devo trovare squadra”. La Persico morde, Chiara Consonni è fuori per infortunio, ma è una tigre in gabbia che non vede l’ora di correre. Anzi, se proprio dovessi dire: io le vedo in crescita. Mi sembrano più in palla di prima. La Cipressi mi dà ottime sensazioni, idem la Piergiovanni. Certo ogni tanto c’è quel pizzico di nostalgia.
Tipo?
L’altro giorno per esempio ho sentito Ilaria (Sanguineti, ndr) dire alla Persico: “Sono le ultime che faccio con te”. Però sono unite. Anche un paio di giorni fa, alla Kreiz Breizh Elites Féminin, non hanno vinto, ma hanno svolto un ottimo lavoro di squadra.
Una bella avventura, dai…
Una volta andavamo alle corse e ci dicevano: “La Valcar? Ma cos’è una squadra?”. Adesso ci presentiamo alle gare WorldTour, perché ne abbiamo diritto, e sapete che per la posizione delle ammiraglie non c’è l’estrazione ma si fa in base al ranking dei presenti. Ebbene, puntuale, dopo i primi 3-4 squadroni ecco la Valcar. Insomma, adesso ci riconoscono e ci rispettano.
Alice Maria Arzuffi sta per chiudere la stagione invernale poi debutterà su strada con la Valcar. Il cross resta la passione principale. Ma le classiche...
Arzeni lo dice da un pezzo: il prossimo anno occhio alla Gasparrini. E così ci siamo portati avanti e ve la presentiamo. Il dopo Balsamo è già iniziato?
Se l’aspettava anche lui una chiamata prima o poi. Valentino Villa, presidente e fondatore, accoglie con un sorriso le domande sul futuro della squadra. Le ragazze più forti sono in procinto di lasciarla per approdare in team WorldTour e soprattutto dalla nave sta per sbarcare Davide Arzeni, il comandante di lungo corso che l’ha resa così forte. Ma la Valcar-Travel & Service continua, fedele alla filosofia di sempre. Poco importa se domani sarà costretta a cambiare nome: quando al centro c’è un’idea, il colore della maglia non incide poi molto.
Valentino Villa, qui con Chiara Consonni, è il fondatore della ValcarValentino Villa, qui con Chiara Consonni, è il fondatore della Valcar
Presidente, cosa si fa?
Abbiamo trovato le soluzioni per continuare, un’azienda che ci sponsorizza, puntando ancora su ragazze giovani e promettenti. Alcune hanno scelto di rimanere. E se chiuderemo la stagione fra le prime tre continental, come penso, l’anno prossimo potremo comunque fare la nostra bella attività. Stiamo bene nella nostra dimensione. Il team si ringiovanisce ed è una sfida che mi piace. Era giusto che le ragazze di 23-25 anni andassero in squadre più strutturate.
A un certo punto infatti avete abbandonato l’idea di diventare una WorldTour.
E’ un discorso mio, personale. Sono felicissimo di aver fatto il Tour de France, una cosa indescrivibile. Ma quando sono arrivato lì, mi sono reso conto che fossimo la Cenerentola del ciclismo. Non tanto per un fatto di risultati, quelli ci sono stati, quanto per la dimensione del team. Per questo devo dire grazie alle ragazze per la fiducia, allo staff che ha chiesto di essere confermato e anche a chi andrà via. E’ il mio destino. Sono un buon costruttore, ma una frana sul fronte del marketing. Solo che non si può fare tutto e noi abbiamo raggiunto il nostro massimo. Torniamo a essere piccoli come quando siamo nati, ma non lo resteremo per sempre.
L’uscita di “Capo” Arzeni forse fa più notizia delle atlete.
Gli devo molto. Ci sentiamo in ogni momento della giornata. Ricordo una festa di fine anno, in cui parlavo a ragazze come la Persico, arrivata a 12 anni mentre ora ne ha 25. E dicevo loro che per me sono come delle figlie, mentre Davide è più di un fratello. Allora lui ha preso il microfono e rivolgendosi alle ragazze, ha detto di essere loro zio. Dire che non mi dispiace della sua partenza sarebbe una bugia, ma di fronte a certe offerte non poteva voltarsi dall’altra parte. Lui è un competitivo, si metterà in gioco.
Arzeni e Sanguineti, festa dopo l’attesa vittoria di giugno alla Dwars door het HagelandArzeni e Sanguineti, festa dopo l’attesa vittoria di giugno alla Dwars door het Hageland
E’ forse strano che non lo abbiano avvicinato prima.
Pensavo la stessa cosa, erano due anni che mi chiedevo quando sarebbe successo. Eppure sono convinto di tre cose. Che faremo grandi sfide. Che se dovessi indicare una persona con cui andare a cena, sceglierei lui. E che quando saremo entrambi a fine carriera, metteremo su una squadra giovanile di ciclocross e ci divertiremo ancora. La fortuna della Valcar è stato il dinamismo di due persone dai caratteri complementari. Davide mi guarda negli occhi e capisce cosa sto pensando, lo stesso io con lui.
Come è stato il momento in cui ha annunciato che andava via?
Ne parliamo già da un paio di mesi, perché possiamo trovare la soluzione migliore, ma non mi aspettavo di vedere quelle lacrime. Il nostro legame nasce sì dai risultati, ma soprattutto dai momenti difficili.
Avete già in mente chi sarà il suo successore?
C’è qualche nome e sono determinato a rinforzare la struttura, in termini di personale e mezzi. Abbiamo due diesse che ci aiutavano in caso di tanti impegni, ma mi sto confrontando anche con Arzeni su chi prenderà il suo posto.
Fra le prime ragazza lanciate dalla Valcar Marta Cavalli, qui prima alla Coppa d’Oro (foto VC Borgo)Elisa Balsamo ha vinto il mondiale con la Valcar: un fiore all’occhielloGuazzini e Alzini, fino al 2021 due ragazze chiave nel teamPersico prima al Liberazione, è alla Valcar dai 12 anni (foto Bit&Led)Sanguineti sorretta da Consonni e Vigié. Anche lei in partenzaDallo scorso anno c’è anche la Fas-Valcar di cross, con Lechner, Arzuffi, Persico e BramatiFra le prime ragazza lanciate dalla Valcar, Cavalli, qui prima alla Coppa d’Oro (foto VC Borgo)Elisa Balsamo ha vinto il mondiale con la Valcar: un fiore all’occhielloGuazzini e Alzini, fino al 2021 due ragazze chiave nel teamPersico prima al Liberazione, è alla Valcar dai 12 anni (foto Bit&Led)Sanguineti sorretta da Consonni e Vigié. Anche lei in partenzaDallo scorso anno c’è anche la Fas-Valcar di cross, con Lechner, Arzuffi, Persico e Bramati
Torniamo per un attimo alla scelta di continuare ripartendo da una dimensione più piccola?
Ho avuto contatti con sponsor importanti, purtroppo stranieri, che proponevano di andare avanti alzando il livello del team. Sia pure in extremis, si sono accorti del nostro buon lavoro e ci hanno proposto di fare una fusione. Nell’ultimo mese e mezzo ho fatto delle scelte, convinto che riconoscere e ammettere i propri limiti sia segno di maturità.
Quali limiti?
Il sogno è sempre stato di avere un team italiano alla conquista del mondo, ma gli sponsor tecnici ci hanno fatto capire che non sarebbe stato male renderlo più internazionale. Quando arrivano le straniere, dico loro che la lingua nazionale qui è il bergamasco e quella ufficiale l’italiano. Prima mi guardano come fossi matto, poi capiscono la nostra dimensione. Ricordo spesso che siamo partiti da cinque esordienti e quello che abbiamo fatto dopo è stato tanta roba. Credo che in questo ciclismo che va così veloce, serva una squadra cuscinetto per un’età molto delicata. Lo vedo nel mondo del lavoro. I ragazzi che lavorano alle macchine a controllo numerico sono dei fenomeni, con abilità pazzesche, ma sono anche fragili. Nel ciclismo è lo stesso.
Ci spiega meglio per favore?
Tutti i preparatori conoscono numeri e sistemi di allenamento, ma l’aspetto umano è un’altra cosa. Serve avere una squadra senza l’assillo del risultato, del peso, in cui si abbia il tempo per crescere. Un ambiente in cui si lavora bene, ma in cui si sorride. A 19 anni servono pazienza e tempo, che secondo me sono valori aggiunti. Senza viziarle, ma mettendole nelle condizioni di crescere e spiccare il volo. Sarei in grado di gestire una Vos? Forse no e allora è meglio fare quel che siamo in grado di fare.
Fra le ragazze della Valcar resta grande affetto. Qui Balsamo dopo la vittoria di Consonni al GiroFra le ragazze della Valcar resta grande affetto. Qui Balsamo dopo la vittoria di Consonni al Giro
Di sicuro le ragazze che sono passate di qua avranno sempre una buona parola…
Infatti ci arrivano richieste dall’Italia e dall’estero. Anche se le cose stanno cambiando, c’è un mercato di cui tenere conto. Ogni giorno è una battaglia, puoi fare del tuo meglio, ma devi sapere che ci sono anche gli altri. Davanti alle cifre che mi giungono per alcune atlete di vertice, rimango stupito, ma sono anche contento perché finalmente si è raggiunta la parità, che è un grande obiettivo. E’ bello vedere le ex che si fermano, girano la bici e vengono a chiedermi come sto, anche poco prima della partenza. E mi sono commosso quando Margaux Vigie mi ha mostrato la maglia della nazionale francese a Monaco con il marchio della nostra squadra. Voglio ringraziare quei signori della Federazione francese.
Alla fine si fa parte del mondo Valcar a prescindere dal cambio di maglia, un bel messaggio, no?
Devo molto al ciclismo e a queste ragazze. Sono felice. Il fatto che ancora oggi vengano a salutarmi, quando sono finiti i rapporti di interesse, fa capire che hai costruito qualcosa. Il fatto che dopo essere andate via, alcune ammettano che forse stavano meglio con noi è un altro segnale. Per questo andiamo avanti. Per coerenza. E perché non ho proprio avuto cuore di interrompere questa storia.
Il ciclismo femminile è un argomento che le sta a cuore. E davvero non potrebbe essere altrimenti per Edita Pucinskaite che ancora oggi pedala con costanza e segue tutte le […]
Era la giornata che inseguiva da tanto tempo. Una giornata che si meritava di vivere, specie nell’ultimo periodo. E sulle strade belghe domenica 21 agosto Eleonora Gasparrini l’ha vissuta vincendo allo sprint la MerXem Classic.
La vittoria quest’anno, per la verità, la 20enne della Valcar Travel&Service l’aveva già ottenuta in altre due circostanze. La crono individuale open a Romanengo a metà maggio ed il tricolore U23 a San Felice sul Panaro a fine giugno nel quale aveva chiuso al quinto posto nella volata generale tra le elite.Entrambe, per diversi motivi, belle soddisfazioni, ma forse nulla in confronto ad un successo assoluto in una gara del calendario UCI.
In Belgio dietro Gasparrini ha chiuso terza Persico anche se è sul lato sbagliato del podio (foto Valcar)Gasparrini prima e Persico terza. La Valcar ha dominato la MerXem Classic in Belgio Volata decisa al fotofinish anche se Gasparrini era convinta di aver vinto (foto instagram)In Belgio, terza Persico anche se è sul lato sbagliato del podio (foto Valcar)La Valcar ha dominato la MerXem Classic in Belgio Volata al fotofinish, ma Gasparrini era convinta di aver vinto (foto instagram)
A Merksem, un quartiere periferico di Anversa in cui si è svolta la gara su di un circuito di 11 chilometri, Gasparrini ha regalato la dodicesima vittoria stagionale alla sua squadra con un timbro di buon valore. Dietro di lei sono arrivate Megan Jastrab del Team DSM (già iridata junior nel 2019) e la sua compagna Silvia Persico, al secondo terzo posto consecutivo in due giorni dopo il rientro alle corse. Mentre sta raggiungendo l’aeroporto per le sue prossime destinazioni agonistiche, intercettiamo Eleonora per farci raccontare tutto dell’attuale presente e del futuro che la attende.
Che sensazione hai provato con questa vittoria?
Di liberazione! E’ stata una bella emozione, sento che mi ha fatto bene. La considero la prima vittoria ufficiale. Senza nulla togliere alle altre due, questa ha un altro sapore. La aspettavo da un po’ di settimane e finalmente è arrivata. Anche Arzeni ultimamente mi diceva che era il mio turno. L’ho accontentato ed è felice. Personalmente me la immaginavo più così in volata che con un attacco solitario, ma in ogni caso ci voleva soprattutto per il morale.
Cosa intendi?
Arrivo da un momento particolarmente sfortunato. Non me ne andava bene una. Ho avuto una serie di cadute che mi hanno sempre rallentata o fermata sul più bello. Ai Giochi del Mediterraneo sono volata per terra. Al Tour, in cui stavo bene, mi sono ritirata per le conseguenze di alcune botte. Poi venerdì scorso, al ritorno alle corse alla Konvert Kortrijk Koerse, stavo tirando la volata a Silvia (Persico, ndr) ma ai 200 metri non so cosa sia successo e sono caduta. Silvia ha fatto terza ma forse avremmo potuto vincere.
Eleonora Gasparrini con la maglia tricolore U23 conquistata a San Felice sul PanaroIl podio della crono open di Romanengo. Gasparrini batte Alice Gasparini e la sua compagna Carlotta Cipressi (foto Ghilardi)Eleonora Gasparrini con la maglia tricolore U23 conquistata a San Felice sul PanaroIl podio della crono open di Romanengo. Gasparrini batte Alice Gasparini e Cipressi (foto Ghilardi)
Che gara è stata quella che hai vinto?
Il percorso era molto nervoso, tortuoso e a tratti con le strade strette. Ci sono state molte cadute nella prima parte di gara, così, in accordo col Capo (Arzeni, il diesse e team manager, ndr) abbiamo deciso di forzare il ritmo per scremare un po’ il gruppo e ridurre i pericoli. Ad un certo punto Persico è andata in fuga con altre atlete e per noi andava bene, perché ci dava ottime garanzie. Però davanti non hanno collaborato tanto e siamo tornate compatte verso la fine. A quel punto abbiamo optato per arrivare in volata. Nei giri precedenti avevo visto che la parte destra della strada era la corsia più veloce e lì abbiamo impostato lo sprint.
Sanguineti ci ha suggerito di dirti che sul traguardo almeno le braccia le potevi alzare per la vittoria…
Una battuta della Yaya me la aspettavo (ride di gusto, ndr). Siamo arrivate tutte assieme. Volata combattuta. Abbiamo dato tutte il colpo di reni. Vi confesso che ero certa di aver vinto, me ne ero accorta con la coda dell’occhio. Volevo alzare le mani al cielo, ma mi sono trattenuta per scaramanzia. Ho pensato che se non fosse stato così avrei fatto una brutta figura. E chi la sentiva Yaya dopo (sorride, ndr)? Così ho aspettato il fotofinish. E’ vero, non ho foto di me esultante ma è stato meglio così. Questa vittoria la dedico sia alla squadra, ma anche a mio padre Sergio. Gli ho fatto un regalo in anticipo, il giorno dopo era il suo compleanno.
Sei in partenza per le prossime gare. Dove correrai?
Domani corro in Bretagna al Kreiz Breizh e sabato a Plouay. Dopo di che andremo al Simac Ladies Tour in Olanda dal 30 agosto al 4 settembre. Poi vedremo cosa fare. Non correrò la Vuelta perché sarebbero impegni troppo ravvicinati e abbiamo scelto di non esagerare.
In queste corse punti a qualcosa in particolare? Plouay evoca bei ricordi per te con la vittoria dell’europeo junior nel 2020…
Sì, verissimo. Ci sono affezionata a quella zona e in quella corsa ci tengo a fare bene. La condizione c’è però sarò totalmente di supporto a Silvia (Persico, ndr) perché il tracciato sembra disegnato apposta per lei e perché è la nostra punta. Io sono giovane, avrò tempo per ricevere i gradi da capitana in corse dure come Plouay. Non ho particolari obiettivi per il finale di stagione. Posso dirvi tuttavia che al Simac ci sono un paio di tappe che potrebbero essere adatte a me e sicuramente ci proveremo a centrare qualche buon risultato.
Il 28 agosto 2020 Gasparrini è diventata campionessa europea juniores a PlouayConfalonieri, Fidanza, Gasparrini, Sanguineti, Guarischi, Guazzini: ecco le ragazze d’oro di SangalliIl 28 agosto 2020 Gasparrini è diventata campionessa europea juniores a PlouayConfalonieri, Fidanza, Gasparrini, Sanguineti, Guarischi, Guazzini: ecco le ragazze d’oro di Sangalli
Quest’anno si assegna anche il mondiale U23. Sarà possibile leggere Gasparrini tra le convocate del cittì Sangalli?
Potrebbe portare qualche giovane, ma penso proprio che non sarò io. In ogni caso di sicuro proverò a fargli cambiare idea con buone prestazioni nelle prossime gare.
Nel 2023 anche tu approderai nel WorldTour (dovrebbe passare all’UAE Team ADQ insieme a Consonni e Persico, ndr). Cosa ti aspetti? Ci stai già pensando?
Ho tanti stimoli nuovi. Naturalmente mi spiace andare via dalla Valcar-Travel&Service, una bella società che è una seconda famiglia. Ma le cose nel ciclismo femminile, per fortuna, stanno cambiando. Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di andare in un team WT. Dovrei trovare alcune compagne con cui ho una grande sintonia. Sarà più facile per me questo trasferimento. Fra le tante compagne che lascerò, mi dispiace di non avere più Yaya da cui ho imparato molto e con cui ho legato molto. Però questo aspetto fa parte del nostro mestiere ed è anche il suo lato bello. So che continueremo a confrontarci nelle corse. Piuttosto sono curiosa di vedere da più vicino come saranno differenti gli ambienti di lavoro. Mentre per il programma gare non sono particolarmente spaventata. In questi due anni di Valcar ho potuto fare un calendario di altissimo livello. E per questo non finirò mai di ringraziarli.
«No, non ho rimpianti. So che fare la velocista è stata la scelta migliore – dice Miriam Vece – e quella che mi si addice di più. Brucia un po’ perdere l’argento per così poco. Mancano due mesi al mondiale di Parigi e ho tempo per preparare la rivincita».
Le parole dell’azzurra arrivano da Monaco dopo il bronzo nei 500 metri ai campionati europei. Il podio rappresenta un altro tassello importante nella sua scalata ai vertici della specialità. E se nei giorni scorsi Diego Bragato confermava come nel maschile ci sia da vincere ancora la resistenza della strada, parlando con Miriam è evidente l’orgoglio per la scelta che l’ha portata via da casa.
Il bronzo ha dato soddisfazione nell’immediato, poi si è trasformato in un bel… rodimentoIl bronzo ha dato soddisfazione nell’immediato, poi si è trasformato in un bel… rodimento
Argento sfumato
Vece ha 25 anni, viene da Crema ed è tesserata per la Valcar-Travel&Service. Il suo bronzo nei 500 metri è venuto con il tempo di 33”434, che non è bastato per battere l’ucraina Olena Starikova, argento con 33”403, e la tedesca Emma Hinze, campionessa europea con 32”668.
«Sono arrivata agli europei in buona forma -conferma – forse mi aspettavo di più dalla velocità, ma il ciclismo è anche questo. Non ho fatto molte di tappe in preparazione, solo le due Coppe delle Nazioni e una gara in Germania».
L’obiettivo di Vece sono ora i mondiali di Parigi che si correranno a ottobreL’obiettivo di Vece sono ora i mondiali di Parigi che si correranno a ottobre
Supporto alla FCI
Il racconto di Bragato sull’aiuto della lombarda all’impostazione del settore velocità azzurro trova conferme nelle parole di Miriam, che ad Aigle vive a tempo pieno la dimensione del velocista.
«Sono orgogliosa e contenta – conferma fra un turno e l’altro degli europei – del nuovo gruppo che si sta creando in Italia con i velocisti. Posso solo esserne contenta e sono super fiera di tutti loro. Per quanto io possa aiutare Ivan (Quaranta, ndr) e Diego (Bragato, ndr), se hanno bisogno di qualsiasi consiglio sanno che possono contare su di me. Quindi certo, ho dato e sicuramente darò ancora una mano a entrambi».
Sul podio dei 500 metri, Vece è terza dietro Starikova e HinzeSul podio dei 500 metri, Vece è terza dietro Starikova e Hinze
Il test di Parigi
I mondiali di Parigi si svolgeranno a metà ottobre nel velodromo di Saint Quentin en Yvelines, in una sorta di test nel velodromo che ospiterà le Olimpiadi del 2024.
«C’è tempo per lavorare – prosegue Miriam Vece – con l’obiettivo di scendere sotto i 33 secondi. Negli ultimi 12 mesi tante cose sono cambiate e soprattutto è cresciuta la consapevolezza dei mezzi che ho! Niente di nuovo quanto a rapporti e bici, sono sempre gli stessi! Questo podio soddisfa, ma non al 100 per cento. Quando si è così vicini, si vuole sempre di più e quell’argento sfumato per 0.034 brucia, molto. Ma so anche che per l’oro bisogna lavorare molto. Emma Hinze si è confermata la regina anche di questa specialità».
Ilaria Sanguineti, terza ai tricolori dietro Longo Borghini e Guderzo, scopre una nuova sicurezza. Ora sa che le salite non sono un capitolo impossibile
Francesco Ceci è stato l'ultimo azzurro a tentare la qualificazione per la velocità a Rio 2016. Si può ripartire, serve un tecnico che gestisca il settore
La venticinquenne bergamasca della Valcar Travel&Service è letteralmente esplosa e sta disputando un 2022 di altissimo livello, tant’è che l’anno prossimo passerà nel WorldTour con la UAE Team ADQ. E se da una parte Silvia era diventata consapevole dei suoi mezzi, dall’altra non si aspettava di fare un po’ più fatica a dover gestire le pressioni attorno a sé.
Lei però non si tira indietro a nulla come sua natura. Sa prendere vento in faccia ed ora sa fare anche classifica generale nelle corse a tappe. Le costanti attenzioni degli addetti ai lavori la mettono meno in soggezione.
Dopo il Tour Femmes si è concessa una settimana di mare a San Teodoro, in Sardegna, ma è pronta a tornare ad allenarsi per la seconda metà di stagione per tanti altri obiettivi. L’abbiamo sentita per farci raccontare questi ultimi mesi particolarmente intensi.
Silvia Persico (a destra) e Elisa Longo Borghini, rispettivamente quinta e sesta della generale al Tour FemmesSilvia Persico (a destra) e Elisa Longo Borghini, rispettivamente quinta e sesta della generale al Tour Femmes
Un po’ di meritato riposo ti serviva?
Sì assolutamente. Dovevo staccare per recuperare gli sforzi psico-fisici. E’ stato un luglio duro tra Giro e Tour, anche perché non ero minimamente abituata alle interviste. Non pensavo fosse così impegnativo anche questo aspetto. Diciamo che ho cercato di essere brava a gestire la pressione però la sentivo, eccome. Naturalmente avere attorno questo interesse è una cosa positiva perché significa che sto andando bene. Poi sapete come si dice, più se ne parla e meglio è. Ma devo ancora prenderci la mano.
Che Tour è stato?
Dopo il Giro ero stanca perché avevo già tanti giorni di corsa e poi perché ho dovuto improvvisare la generale dopo il ritiro per infortunio di Olivia (la canadese Baril, ndr). Però sapevo già da tempo che avrei dovuto correre in Francia. Per fortuna ho una buona capacità di recupero. Sono partita per il Tour con l’obiettivo di fare il meglio possibile. La classifica era un obiettivo ma non una priorità. E alla fine è andato molto bene ed ho imparato a gestirmi. Ma quanto è stato duro.
Racconta pure…
C’era un nervosismo incredibile in corsa. C’era da fare attenzione a tutto e non era abbastanza. Purtroppo sono rimasta coinvolta nella maxi caduta della quinta tappa. Siamo finite a terra quasi tutte. Non è stato facile gestire quei momenti. Non ero agitata ma ero preoccupata perché dalla botta non sentivo più il braccio destro. Era totalmente addormentato, forse avevo preso un colpo forte ad un nervo. Infatti è stata Olivia che mi ha rimesso in bici dicendomi che dovevo ripartire senza chiedere troppo. Mi ha letteralmente assistita. E fortunatamente le altre erano già in bici. Mi hanno aspettato facendomi poi rientrare nel gruppo principale. Non ero abituata ad avere compagne che lavorassero per me. E’ andata bene così.
Al Festival Elsy Jacobs in Lussemburgo Persico ha indossato la maglia di leader della generale per una tappa
Al Giro Donne Silvia è sempre stata col gruppo delle migliori in salita
La bergamasca è tricolore di cx. Una vittoria che l’ha sbloccata mentalmente
Al Festival Elsy Jacobs in Lussemburgo Persico ha indossato la maglia di leader della generale per una tappa
Al Giro Donne Silvia è sempre stata col gruppo delle migliori in salita
La bergamasca è tricolore di cx. Una vittoria che l’ha sbloccata mentalmente
Hai chiuso quinta nella generale, dopo il settimo posto al Giro. Te lo aspettavi?
Sinceramente no. Nasco come corridore da classiche ma sono maturata molto. Ha influito tanto il titolo italiano nel ciclocross più che il bronzo al mondiale. Da lì mi sono sbloccata mentalmente, anche se ho fatto un inizio stagione tranquillo. Ora mi sento più forte e ho capito dove posso arrivare. Alla fine chi semina raccoglie. Però non pensavo di essere adatta anche per i giri a tappe.
In Francia hai raccolto due podi parziali. Inaspettati anche questi?
Sì. Non so come ho fatto a fare il secondo posto dietro la Vos alla seconda tappa. Dopo il primo passaggio sotto il traguardo ho seguito subito Elisa Balsamo e Longo Borghini che stavano portando via un gruppetto. Mi sono accodata a loro ma volevo staccarmi perché ero a tutta. Lo dicevo alla radio. Poi ho recuperato ma nel finale Marianne è stata più forte. Il terzo posto invece a La Planche è arrivato dopo un inizio gara difficile. Ero sfinita dai crampi del giorno prima e volevo fermarmi sui primi strappi. Poi è stato fondamentale il supporto di tutta la squadra, specie di Yaya (Sanguineti, ndr) che mi diceva di tutto per non mollare (ride, ndr). Mi sono ripresa e se ho finito bene su quell’arrivo devo dire grazie alle mie compagne.
Il terzo giorno sei stata addirittura maglia gialla virtuale nel finale. Lo sapevi in corsa?
A dire il vero no, ma l’ho capito col passare dei chilometri. Sapevo solo che Vos si era staccata e il mio gruppetto aveva già preso un buon vantaggio. Alla radio mi dicevano di tirare ma non ho avuto troppa collaborazione e comunque dietro sono rientrate andando molto forte. Poi verso il traguardo non mi sono giocata molto bene le mie carte. Ho fatto quarta ma potevo fare qualcosa di più.
Persico in azzurro ha conquistato un bronzo iridato nel ciclocross. Su strada invece è tra le papabili per il mondiale in AustraliaPersico in azzurro ha conquistato un bronzo iridato nel ciclocross. Su strada invece è tra le papabili per il mondiale in Australia
I prossimi programmi quali saranno?
Correrò a Plouay a fine agosto ma potrei rientrare anche prima. Poi se andrò al mondiale farò La Vuelta come avvicinamento altrimenti correrò al Simac Tour in Olanda e finirò la stagione con le ultime corse su strada. Quest’anno il ciclocross vorrei iniziarlo a novembre perché finirò con almeno sessanta giorni di corse, quindi prima vorrei recuperare bene.
Il cittì Sangalli ci aveva detto che eri certamente nel gruppo per l’Australia. Dopo i risultati al Tour immaginiamo che sarai una titolare. Sei pronta?
Certo, spero di andare. Per me quest’anno è come se fosse una prima volta di tutto. Al mondiale ci andrei anche solo per tirare tutto il giorno e poi staccarmi e ritirarmi. C’è Elisa (Balsamo, ndr) ed è giusto che sia la leader. Sarebbe un onore aiutare lei che conosco bene. L’ho già fatto da compagne di squadre e non è un problema. Non ho pretese. Ho vissuto le due situazioni, sia da gregaria che da capitana e so cosa vuol dire stare davanti a lavorare. Ho tempo per guadagnarmi eventuali gradi, ora non ci penso proprio.
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Il ciclismo è una palestra di vita e l’esperienza la si fa anche nel saper metabolizzare le notizie meno piacevoli. Lo sa bene Chiara Consonni(in apertura foto Cavalli)che ha dovuto digerire l’esclusione last minute dal Tour Femmes a causa del covid.
L’ultima gara l’aveva chiusa con una vittoria – la decima ed ultima tappa del Giro Donne a Padova – però ora la ventitreenne velocista della Valcar Travel&Service è pronta per tornare in pista. Ed è proprio il caso di dirlo visto che l’abbiamo incontrata alla prima sera della Sei Giorni delle Rose di Fiorenzuola (con un brivido dovuto ad una caduta) prima delle rifiniture a Montichiari in vista delle imminenti trasferte.
L’abbiamo sentita per capire come ha gestito la sua mancata partecipazione in Francia e come si prepara ad affrontare la seconda parte di stagione.
Il colpo di reni di Chiara Consonni a Padova. Bruciate allo sprint Rachele Barbieri ed Emma NorsgaardIl colpo di reni di Chiara Consonni a Padova. Bruciate allo sprint Rachele Barbieri ed Emma Norsgaard
Chiara raccontaci come sono andate le cose…
Dopo il Giro Donne ho fatto qualche giorno al mare in Liguria a casa di “Yaya” (Sanguineti, ndr) dove ci siamo anche allenate. Ma quando sono rientrata a casa mia non mi sono sentita troppo bene per due giorni. Ho capito che erano sintomi da Covid. Il tampone ha dato esito positivo a cinque giorni dall’inizio del Tour. E lì mi sono dovuta fermare.
Come hai reagito?
D’istinto, ho urlato (lo dice ridendoci su, ndr). Ero arrabbiatissima e al telefono con “Capo” Arzeni, (il team manager della Valcar, ndr) continuavo a dirgli di voler andare lo stesso perché sapevo che sarei tornata negativa presto. Giustamente lui diceva di no, ma io ci ho sperato fino alla fine. Facevo 2/3 tamponi al giorno e sono tornata negativa proprio il 24 luglio, il giorno della prima tappa. Avevo capito che non aveva senso andare, perché non ero in condizione. Alla fine sono andata in piscina con gli amici per staccare la mente e non pensarci.
Consonni e Persico hanno raccolto la maggior parte di vittorie e piazzamenti della Valcar
La felicità di Chiara Consonni e del suo presidente, Valentino Villa
Sanguineti sorretta da Consonni (a sx) e Vigié. Yaya è il pesce pilota di Chiara
Chiara Consonni conquista in volata la Dwars door de Westhoek, suo secondo dei quattro successi stagionale (foto Vos)
Consonni e Persico hanno raccolto la maggior parte di vittorie e piazzamenti della Valcar
La felicità di Chiara Consonni e del suo presidente, Valentino Villa
Sanguineti sorretta da Consonni (a sx) e Vigié. Yaya è il pesce pilota di Chiara
Chiara Consonni conquista in volata la Dwars door de Westhoek, suo secondo dei quattro successi stagionale (foto Vos)
Ti ha aiutata qualcuno in questo?
Sì, ho la fortuna di essere circondata da persone che mi fanno capire tante cose. Sia il Capo che il nostro presidente Valentino Villa mi hanno parlato e rincuorata. So che sono cose che fanno parte del gioco e ormai ho imparato a farmene una ragione, però non è mai semplice accettare notizie così.
Infatti non era la prima volta che vivevi una situazione simile.
No, esatto. Ho avuto la stessa sensazione proprio di un anno fa quando ho saputo che non sarei andata alle Olimpiadi. Ero stata malissimo. E mi era capitata una cosa uguale anche al mio secondo anno da junior. Era il 2017, dovevo andare al mondiale a Bergen, ma una settimana prima di partire ero caduta in allenamento facendomi male al ginocchio dove mi avevano messo dei punti di sutura. Ero stata male anche all’epoca. Sono cose che capitano che non piacciono mai. Ma guardando il lato positivo, sono esperienze che mi aiuteranno nel futuro, sperando che non succedano più (ride, ndr).
E cosa dici del Tour della tua squadra?
Capite perché ci tenevo tantissimo a partire lo stesso? Hanno fatto una grande corsa, con un super quinto posto di Silvia (Persico, ndr). Sapevo che avevamo una squadra forte che avrebbe potuto fare tanto bene, fin dal primo arrivo sui Campi Elisi, che era un po’ un mio obiettivo. Ci saranno altre occasioni per quanto mi riguarda.
Chiara Consonni in gara alla prima serata della Sei Giorni delle Rose di Fiorenzuola (foto Cavalli)
Chiara impegnata con Elisa Balsamo nella prova della Nations Cup a Milton in Canada
Chiara Consonni in gara alla prima serata della Sei Giorni delle Rose di Fiorenzuola (foto Cavalli)
Chiara impegnata con Elisa Balsamo nella prova della Nations Cup a Milton in Canada
Quali sono i tuoi programmi nelle prossime settimane?
Sto correndo le gare di contorno delle prime serate alla sei giorni di Fiorenzuola. Dopo di che andrò in Svezia per le due gare di Vargarda (6 e 7 agosto, ndr) e poi in Norvegia per il Tour of Scandinavia (dal 9 al 14 agosto, ndr). Poi ci sono gli europei in pista e su strada, che si accavallano con le ultime tappe. Ad oggi dovrei correrli entrambi, sono uno degli altri miei obiettivi. Infine tra fine agosto e inizio settembre farò il Simac Ladies Tour in Olanda e Challenge by La Vuelta in Spagna. Insomma ci sono ancora tantissimi appuntamenti in cui fare bene.
Finora com’è il bilancio generale della tua annata?
Molto buono. Ho conquistato quattro vittorie importanti e tanti buoni piazzamenti. Sapevo che avrei avuto tante responsabilità in più, anche per il solo fatto di non essere più U23. Mi sento molto cresciuta. Sono sempre più consapevole dei miei mezzi. Ho sempre tanta motivazione per fare bene e cercare di migliorare.
Incontro in Spagna con Eleonora Gasparrini, talento in rampa del UAE Team Adq. Marta Bastianelli ne ha parlato benissimo. Lei ringrazia e punta in alto
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