Confalonieri ai saluti. E lascia posto a due italiane

12.09.2025
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Per Maria Giulia Confalonieri queste sono le ultime gare. E’ in Francia, per due classiche di prestigio, poi ancora qualche impegno e alla fine di questa stagione chiuderà la sua lunga carriera. Una decisione maturata nel tempo, anche se poco strombazzata, tenendo fede d’altro canto al suo personaggio schivo, preciso, estremamente professionale in qualsiasi frangente.

Al suo terzo anno nella Uno-X, la Confalonieri lascia posto ad altre forze provenienti dall’Italia, come Alessia Vigilia e Laura Tomasi che l’anno prossimo terranno alto il vessillo italiano in terra norvegese. Forse avrebbe potuto esserci anche lei, la carta d’identità e soprattutto le prestazioni dicono che è ancora super competitiva, ma la decisione è stata presa.

L’abbraccio con la polacca Malecki. Nel team norvegese la lombarda ha trovato un ambiente ideale e pieno di fiducia
L’abbraccio con la polacca Malecki. Nel team norvegese la lombarda ha trovato un ambiente ideale e pieno di fiducia

«Sì, praticamente già dall’anno scorso, infatti avevo firmato solo un anno, poi ovviamente andando ancora bene abbiamo parlato con la squadra e avrebbero voluto che continuassi, che restassi. Non avrei preso in considerazione altre soluzioni perché sarei rimasta qua dove ho trovato un bell’ambiente, un gruppo che piano piano sta crescendo. Ma non me la sono sentita di andare avanti, penso che sia anche il momento giusto».

Tu hai avuto una carriera lunga, ma chiudi anche abbastanza presto come età. Come lasci questo mondo, è un ambiente logorante secondo te?

Sicuramente sta diventando tutto più curato. Abbiamo fatto passi da gigante nel ciclismo femminile negli ultimi anni, ma l’impegno che ti richiede è maggiore. Poi sì, forse 32 anni non è chissà che età, ma sono passata dalle junior nel 2011, è stata una carriera molto lunga, credo che sia ora di guardare ad altro e mi piace chiudere vedendo che posso essere ancora protagonista.

Due anni alla Valcar per la ciclista di Giussano, unica sua esperienza nel nostro Paese (foto Valcar)
Due anni alla Valcar per la ciclista di Giussano, unica sua esperienza nel nostro Paese (foto Valcar)
Tu hai girato tante squadre, dov’è che ti sei trovata meglio?

Soprattutto nei primi anni era difficile fare contratti lunghi, quindi mi sono ritrovata in diverse situazioni in giro per il mondo. La stabilità ho iniziato a trovarla alla Valcar, poi la Ceratizit e l’Uno-X sono state altre due bellissime esperienze che hanno rappresentato il cuore della mia carriera, ma a quel biennio italiano sono rimasta legata, perché eravamo tutte italiane, tutte amiche, un gruppo fortissimo, ma fatto di ragazze giovanissime. Lì sono stati due bellissimi anni. Italia a parte, qua in Uno-X ho trovato il mio posto, sono stati anni che mi sono goduta.

Se ti guardi indietro, quali sono state le grandi gioie che hai vissuto nella tua carriera?

A livello personale non sono stata una gran vincente, i miei più grandi risultati li ho tenuti in pista, a partire dai due titoli europei consecutivi nella corsa a punti. Poi però ho avuto la fortuna di partecipare a tutte le più grandi gare e negli ultimi anni ad essere di supporto alle mie compagne. Penso che il giorno più bello in assoluto sia stato quando Elisa Balsamo ha vinto il titolo mondiale. In quella che è stata una giornata perfetta. E’ vero che sul podio non c’ero io, ma quel titolo l’ho sentito anche mio. L’esempio di quando la tua compagna vince perché tu lavori per qualcosa e contribuisci.

L’abbraccio con Elisa Balsamo, pilotata magistralmente verso la conquista del titolo iridato 2021
L’abbraccio con Elisa Balsamo, pilotata magistralmente verso la conquista del titolo iridato 2021
E ciclismo a parte, dal punto di vista personale, tutti questi anni di ciclismo, di attività internazionale, che cosa ti hanno dato?

Questa è una bella domanda. Una cosa che mi porto dietro è sicuramente il fatto che ho fatto amicizia con persone un po’ di tutte le parti del mondo, con culture diverse dalla nostra. Questo mi ha consentito d’imparare a vedere il mondo da più punti di vista.

Le due ragazze che arrivano adesso che cosa si troveranno di fronte?

Laura (la Tomasi, ndr) è già stata in organizzazioni abbastanza strutturate. Qui sia lei che Alessia Vigilia troveranno un ambiente molto ben organizzato, ma anche a livello umano è un bel gruppo, dove non si guarda solo all’atleta, ma anche tanto al benessere della persona. Poi come organizzazione, calendario, materiali, preparazione, parliamo di una squadra a livello WorldTour. Ma visto da dove vengono non credo che troveranno differenze. Io penso però che, come è stato importante per me, sarà importante anche per loro il il valore che danno anche alla persona, per farti sempre sentire considerato.

Apeldoorn 2019, secondo titolo europeo nella corsa a punti. Su pista anche un bronzo europeo e mondiale
Apeldoorn 2019, secondo titolo europeo nella corsa a punti. Su pista anche un bronzo europeo e mondiale
Loro ti hanno contattato, ti hanno chiesto qualche consiglio?

Con Laura non ci conosciamo molto. Con Alessia ogni tanto ci sentiamo, mi ha chiesto un po’ come si sarebbe trovata e le ho detto le stesse cose. Non credo proprio avranno problemi di ambientamento.

Chiudendo adesso la tua carriera, hai già idea di che cosa fare?

Sono da 10 anni all’interno del gruppo sportivo delle Fiamme Oro e mi piacerebbe continuare a farne parte, cercando di dare il mio contributo, rimanendo in questo mondo al quale credo di poter dare ancora qualcosa, anche se non più pedalando…

La Canyon//Sram già vince e Arzeni racconta

21.01.2025
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E’ quasi sul finire del lungo confronto che Davide Arzeni tira fuori la frase che più ci darà da pensare. Lo abbiamo scovato in Spagna nel ritiro con la Canyon//Sram zondacrypto, la squadra che lo ha ingaggiato come direttore sportivo (in apertura la vittoria di Chloe Dygert al Tour Down Under), dopo che la sua collaborazione con il UAE Team Adq si è interrotta bruscamente a giugno del 2024. Non ha potuto parlarne e non ha voglia di farlo neppure adesso. La frase che ci colpisce si riferisce infatti al suo passato immediatamente precedente: quello nella Valcar-Travel&Service.

«Diciamo che per la prima volta in carriera – dice parlando della nuova squadra – la componente italiana è minima. Alla Valcar erano tutte italiane e anche l’anno scorso ce ne erano tante. Qua sono due (Paladin e Consonni, ndr) e questa cosa mi stimola. Il discorso della Valcar ormai è finito e anzi forse mi ha un po’ penalizzato negli ultimi anni, per il fatto che mi hanno visto molto legato a determinate atlete. Invece voglio dimostrare di saper andare oltre. Qualche anno fa, uno mi ha detto che sono fortunato. Un altro invece mi ha detto la famosa frase per cui la fortuna non esiste: esiste solo il talento che incontra la conoscenza, quindi sono molto motivato».

Dopo aver costruito e lanciato la Valcar-Travel&Service, Arzeni è passato al UAE Team Adq ed è ora alla Canyon//Sram (pohlmlann photo)
Dopo aver costruito e lanciato la Valcar-Travel&Service, Arzeni è passato al UAE Team Adq ed è ora alla Canyon//Sram (pohlmlann photo)
Avevi definito la Canyon//Sram come la Valcar tedesca…

Lo è fino a un certo punto, c’è molta più organizzazione. Siamo strutturati come deve essere inquadrata una squadra di ciclismo. Quindi c’è la parte della performance dove ci sono i coach. Ci sono i direttori sportivi, chi si occupa della comunicazione, chi dei materiali, chi di organizzare i viaggi. E’ tutto molto chiaro. E poi la squadra è sì tedesca, ma ci sono atleti e staff da tutto il mondo.

Ogni direttore sportivo ha le sue atlete da seguire?

No, non c’è una suddivisione di questo tipo. Io farò gare con tutta la squadra, con tutte le atlete. Non solo con la Consonni, per dire, ma con tutte e qui di talento ce n’è tanto. Mi stimola lavorare con chi ha vinto il Tour de France o con ragazze che hanno già vinto medaglie olimpiche. Mi sono staccato dagli schemi del passato. Fino all’anno scorso Chiara (Consonni, ndr) la seguivo anche come coach, ora invece ognuno ha il suo luogo, diciamo così…

Non solo il Tour, anche se lavorare con Niewiadoma che l’ha vinto nel 2024 è per Arzeni uno stimolo in più (immagine Instagram)
Non solo il Tour, anche se lavorare con Niewiadoma che l’ha vinto nel 2024 è per Arzeni uno stimolo in più (immagine Instagram)
Chiara è arrivata indipendentemente da te, anzi è arrivata prima di te. L’obiettivo è di farne la velocista più importante della squadra. La vedi pronta per il ruolo?

Secondo me sì, ormai è grande. Ci sarebbe da preoccuparsi se non fosse pronta una ragazza che ha conquistato una medaglia olimpica. Ma ci sono anche altre ragazze veloci che la aiuteranno nelle sue volate e le faranno in prima persona. Lei comunque è molto cresciuta, tutti maturano. Diciamo che non è più la ragazzina terribile della Valcar. Ha quasi 26 anni, ha vinto l’Olimpiade. Ha vinto tre tappe al Giro e anche classiche importanti, quindi penso che sia pronta, sicuramente.

Il Tour è l’obiettivo principale del team?

Non solo. Vedo una squadra competitiva su tutti i terreni, come in realtà accade con tutti i grandi team WorldTour. L’obiettivo sono le grandi corse, perché questo è un gruppo importante anche a livello di nomi. Abbiamo atlete forti e con personalità e la cosa mi stimola molto.

Chiara Consonni, a sinistra, ha firmato per la Canyon//Sram per il biennio 2025-26. Lavora con Arzeni sin da junior (foto Saskia Dugon)
Chiara Consonni, a sinistra, ha firmato per la Canyon//Sram per il biennio 2025-26. Lavora con Arzeni sin da junior (foto Saskia Dugon)
Un gruppo ha iniziato dall’Australia, un gruppo è in Spagna.

Essendo una squadra molto forte e con un bell’organico (la Canyon//Sram zondacrypto ha 18 atlete, ndr), puoi programmare meglio le cose. Quindi chi torna dall’Australia e dopo il UAE Tour, poi avrà un periodo di riposo per preparare meglio le classiche. Altre invece partiranno dalla Spagna e poi andranno a fare le classiche.

Quale sarà la tua prima corsa?

Io comincerò con il UAE Tour e andremo lì per vincere. Io corro sempre per vincere, ma questo è per mentalità. Per la UAE sarà la corsa di casa e per loro è un appuntamento importantissimo. Noi ci andremo per far bene, però non abbiamo focalizzato la preparazione su quei giorni, anche se il livello delle atlete è alto e quindi andremo a giocarcela.

La Canyon//Sram ha iniziato al Tour Down Under subito con il piede giusto, guidata da Beth Duryea e vincendo una tappa con Chloe Dygert
La Canyon//Sram ha iniziato al Tour Down Under subito con il piede giusto, guidata da Beth Duryea e vincendo una tappa con Chloe Dygert
Come avete accolto il percorso del Giro d’Italia Women?

Un bel Giro, non mi dispiace. Ci sono tappe per le volate, tappe per le fughe e poi si deciderà, penso, tutto sull’arrivo in salita. Le ultime due tappe, insomma, Monte Nerone e Imola. E’ molto simile a quello dell’anno scorso, con la crono all’inizio, tappe nervose in mezzo e poi gli ultimi due giorni in cui fare la differenza. Di diverso dal 2024 c’è che la tappa di Imola è più dura rispetto a quella dell’Aquila. E’ il circuito dei mondiali, quindi non è per scalatori, perché le salite non sono lunghe, però è duro.

Soddisfatto della tua scelta?

Con Ronny Lauke, il team manager, avevamo avuto sempre empatia, anche quando eravamo avversari. E’ una squadra che mi è sempre piaciuta, il primo impatto è quello che mi aspettavo, quindi molto buono e sicuramente continuerà a esserlo. Del passato non parliamo, che è meglio. Alla mia squadra di prima auguro buona fortuna, ma solo perché ci sono ancora delle ragazze cui voglio bene. Sanno che sarò un loro tifoso. Ma per il resto, parlarne ormai non serve più. 

Carbonari, “l’incredibile storia di successo” è già dimenticata?

12.12.2024
8 min
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La favola di Anastasia Carbonari nel WorldTour è durata un solo anno. Mancava poco alle Olimpiadi, quando il UAE Team Adq le ha fatto sapere che non l’avrebbe confermata per il 2025. Così lei, che a Parigi ha corso con la maglia della Lettonia, ha dovuto interrogarsi sul futuro nel momento in cui avrebbe dovuto pensare soltanto a dare il meglio di sé.

Fra le singolarità della decisione, c’è che il 4 ottobre nel comunicare che la WorldTour e il devo team continueranno anche nel 2025 aumentando la loro integrazione, una frase del team si riferiva proprio all’atleta marchigiana. «In questo periodo – si legge nel comunicato – l’UAE Development Team ha promosso alcune incredibili storie di successo, con Anastasia Carbonari e Lara Gillespie che sono passate all’UAE Team ADQ nel WorldTour, e Zahra Hussain che ha seguito le orme della sette volte campionessa nazionale degli Emirati Arabi Uniti Safia Al Sayegh». In che modo e perché una incredibile storia di successo viene lasciata andare così?

Carbonari era arrivata alla UAE dalla Valcar. Si era guadagnata il posto nella squadra di Arzeni grazie al bel Giro d’Italia del 2021, quando difendeva i colori della Born to Win di Roberto Baldoni. Un anno alla Valcar, uno nel devo team e uno nella WorldTour per la ragazza che, travolta da un’auto nel 2019, aveva rischiato di rimanere paralizzata. Sembrava una favola. E adesso?

Quando hai saputo che finiva quest’anno?

Poco dopo che ho rotto la clavicola alla Ride London ho capito che qualcosa stava cambiando. Diciamo che la certezza è arrivata poco prima delle Olimpiadi, quando il mio procuratore mi disse che sarebbe stato il caso di parlare con la squadra e chiedere un anno in più. Secondo lui si erano resi conto che avessi avuto sfortune e problematiche per tutto l’anno e magari mi avrebbero dato un’altra possibilità. Invece si sbagliava. Dopo il Baloise, una settimana prima delle Olimpiadi, ho capito che era finita.

Come è andata?

Ad aprile avevo cominciato a lamentarmi del fatto che non mi trovassi bene con la preparazione e che i miei valori erano molto lontani dal meglio. Loro continuavano a dirmi di non preoccuparmi, che avevo avuto problemi al ginocchio, quindi mi hanno chiesto di avere fiducia nel lavoro. Io ho provato, ma alla fine ho chiesto di cambiare, solo che ormai era tardi. Dopo il Baloise, dove avevo fatto una fatica come mai in vita mia nonostante sia una corsa adatta alle mie caratteristiche, ho chiamato Cristina (San Emeterio, la capo dei preparatori, ndr). Le ho detto di aver provato a insistere, ma che non mi trovavo bene.

Seconda tappa della Ride London, Carbonari si rompe la clavicola. Teme per Parigi 2024, ma rientra a tempo di record
Seconda tappa della Ride London, Carbonari si rompe la clavicola. Teme per Parigi 2024, ma rientra a tempo di record
E lei?

Mi ha chiesto che cosa volessi fare e io le ho risposto che ai campionati lettoni mi ero vista con il preparatore della nazionale, con cui mi trovavo abbastanza bene. Mi ha detto che ne avrebbe parlato con Alejandro (Gonzalez-Tablas, capo dell’area performance, ndr). Il giorno dopo mi ha richiamato e mi ha detto che avrei potuto prendere il mio preparatore di fiducia e proprio quello mi ha fatto capire che non interessavo più. La squadra preferisce gestire la preparazione internamente, il fatto di lasciarmi libera forse era un segnale…

Pensi di aver avuto un livello all’altezza?

Dal mio punto di vista, ho sempre fatto il massimo. Anzi, ero molto più motivata perché era la prima stagione nel WorldTour. Poi ovviamente non può essere sempre colpa degli altri, qualcosa avrò sbagliato anch’io. Però mi sono affidata al 100 per cento a queste persone. Ho seguito tutto quello che mi avevano detto di fare, ma a fine stagione faticavo a riconoscermi. In più sono successi mille intoppi che mi hanno tolto un po’ di motivazione. Però devo dire che dopo aver cambiato preparatore, mi sono rimotivata subito al 100 per cento. Agli europei ero determinata per far bene, ma mi è caduta la catena in volata ai 100 metri dall’arrivo. Non so come sia possibile che la catena cada in volata all’esterno del 52. Ero a ruota della Vas che ha chiuso ottava, io ho finito la corsa senza pedalare.

Persico, Carbonari, Consonni: è il 2022, la marchigiana ha da poco vinto il primo titolo lettone
Persico, Carbonari, Consonni: è il 2022, la marchigiana ha da poco vinto il primo titolo lettone
Hai chiuso il 2024 in Cina, poi cosa è successo?

Tornata dal Tour of Guangxi, non volevo più sentir parlare di bici, infatti per un mese non l’ho proprio toccata. Intanto ero in contatto con Zini, che pareva dovesse fare la professional e mi diceva di aspettare, a patto che risolvessi i miei problemi di salute. Mi ha mandato anche a fare una visita da un suo ortopedico, perché sosteneva che in bicicletta fossi un po’ storta e questo mi portasse a non rendere al massimo.

E’ vero?

Io sono storta in bicicletta da dopo l’incidente con la Valcar, ma ugualmente l‘anno scorso nel devo team, pur facendo delle corse minori, ho avuto i valori migliori di sempre. E poi ricordiamoci che dal primo incidente, quello del 2019, almeno una volta al mese vado dal fisioterapista per farmi controllare. E’ normale che abbia una problematica, visto che mi sono schiantata, sono quasi morta e mi sono spaccata la schiena. Mi hanno chiesto di aspettare, anche se io avrei voluto cominciare la preparazione. Poi è venuto fuori che non faranno la professional e a quel punto, anche davanti all’assenza di risposte, mi sono detta che avrei smesso per non avere più a che fare con questo ambiente.

Giro d’Italia Donne 2021, questa la fuga verso Mortegliano che segnalò Carbonari alla Valcar
Giro d’Italia Donne 2021, questa la fuga verso Mortegliano che segnalò Carbonari alla Valcar
E’ vero che nel frattempo hai risentito Baldoni?

Sono sempre stata in contatto con Roberto e gli ho raccontato la situazione, anche per farmi consigliare. E lui mi ha detto che se volessi, nella sua squadra un posto per me ci sarebbe, anche come ultima spiaggia. Finché un paio di settimane fa, mi ha chiesto se fossi nelle Marche e se volessi incontrarlo. Abbiamo parlato e mi ha detto che la soluzione secondo lui – e anche secondo Lanzoni, che è il diesse del team – è che per ripartire devo ricostruire il mio rapporto con la bicicletta. All’inizio non ero convinta, più che altro per la sensazione di tornare in una piccola squadra dopo essere stata nel WorldTour. Non sapevo se sarei riuscita a reggere l’impatto. Però insieme mi sono chiesta se arrivare in UAE fosse quello di cui avevo bisogno, perché è stata un’esperienza più drammatica che positiva. Ho corso la Roubaix e le Ardenne tre settimane dopo un infortunio, il Baloise tre settimane dopo aver rotto la clavicola.

Pensi di ripartire con loro?

Sono tornata dalle vacanze per la prima volta veramente riposata. Sono andato in Lettonia con mia madre Natasha e ho incontrato gli amici della nazionale e ci siamo divertiti. Poi con il mio ragazzo abbiamo girato tutta l’Europa con la macchina. Lubiana, Zagabria, Budapest e Vienna. Poi siamo tornati in Italia, a Vermiglio, allo Chalet al Foss di Vermiglio che gli avevo regalato per il compleanno. Uno di quei weekend da cifre folli che fai solo una volta nella vita e ne abbiamo approfittato. Ho girato tanto ed è stato bello vedere quante persone fossero felici anche senza andare in bicicletta, che per me non era una cosa scontata.

Un cambio di mentalità o resti un’atleta?

Semplicemente adesso sono serena. Mi sono messa sotto con l’università, perché ho capito che nel ciclismo siamo numeri: un anno vai e sei la rivelazione, ma se quello dopo vai meno, nessuno ti calcola più. E io sinceramente, ormai a 25 anni, voglio iniziare anche ad avere una mia stabilità. Non posso andare avanti anno per anno, per cui vedrò con Roberto se ho gli stimoli di ripartire per le gare. Intanto però ho iniziato ad allenarmi con la bici delle Olimpiadi.

E come va?

Sta andando bene. Sono a casa, faccio ciò che mi piace. Si vede che per me la vita non prevedeva che in questo momento io andassi avanti in un certo modo nella carriera di atleta. Ovvio che mi dispiace perché ho dedicato tutta la mia vita a questo sport, però non finisce con la bici. Anzi, prima uno se ne accorge e se ne fa una ragione, e prima inizia a capire di doversi comunque costruire un futuro.

EDITORIALE / Non tutte le UAE riescono (subito) col buco

19.08.2024
6 min
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C’era una volta la Valcar-Travel&Service, squadra continental italiana, voluta, creata e plasmata dalla competenza e la passione di Valentino Villa e Davide “Capo” Arzeni. Oggi le sue atlete migliori sono sparpagliate fra la Lidl-Trek, la Uae Team Adq, la FDJ-Suez e la Cofidis. Se ne parlava giusto qualche giorno fa con Roberto Amadio, individuando in essa l’esempio migliore di una squadra italiana, capace di valorizzare alcune fra le migliori atlete, lavorando in stretta collaborazione con la FCI.

Dino Salvoldi non faceva sconti, ma con Arzeni aveva trovato un punto di incontro. E uno dopo l’altro erano arrivati i due mondiali su strada di Elisa Balsamo, la Gand-Wevelgem, la Ronde Van Drenthe, il Trofeo Binda e la Valenciana. Oltre ai risultati in pista di quel gruppo di ragazzine terribili che ancora oggi rappresentano la struttura portante della nazionale di Marco Villa. Come ebbe modo di dirci Arzeni, la squadra bergamasca si era guadagnata il rispetto degli squadroni a suon di risultati.

Nel 2021, vinto il mondiale di Leuven, Elisa Balsamo conquista The Women’s Tour, prima di passare alla Lidl-Trek
Nel 2021, vinto il mondiale di Leuven, Elisa Balsamo conquista The Women’s Tour, prima di passare alla Lidl-Trek

La bomba del WorldTour

Il WorldTour ha travolto il mondo di queste squadre come una bomba d’acqua. E quando alla fine il quadro si è ricomposto, si è scoperto che per le continental andare avanti sarebbe diventato ogni anno più difficile. I più scaltri si sono fatti assorbire da realtà più ricche. Sono andati incontro alla loro necessità di strutturarsi con un team femminile e ne sono diventati parte integrante.

La Valcar ha sperato fino all’ultimo di trovare un grosso sponsor che le consentisse il salto nella categoria superiore. Tuttavia alla fine patron Villa ha dovuto arrendersi. Campionesse come Cavalli, poi Balsamo, Guazzini , Alzini e Sanguineti hanno firmato in squadre WorldTour, mentre altre hanno continuato con Arzeni fino al 2022.

Quinta al Tour Femmes 2022, Silvia Persico arriva terza alla Planche des Belles Filles
Quinta al Tour Femmes 2022, Silvia Persico arriva terza alla Planche des Belles Filles

Sparisce la Alé-BTC

Nel frattempo il panorama italiano ha subito un altro colpo, con l’acquisizione della licenza WorldTour della Alé-BTC Ljubljana da parte del neonato UAE Team Adq. Dopo il secondo Tour di Pogacar, parve impellente per il gruppo degli Emirati avere una squadra femminile, che assecondasse le politiche di emancipazione. Così fu Gianetti a suggerire il nome di Rubens Bertogliati come team manager. Mentre a capo della struttura si trovò sin dall’inizio Melissa Moncada, manager colombiana che aveva preso parte anche all’acquisizione di Colnago.

Forte della guida di Lacquaniti e Devoti, il primo anno andò bene. Non si fece che proseguire l’attività e il metodo della squadra veneta, con quattro vittorie di Marta Bastianelli e quattro di “Mavi” Garcia. Volendo ancora crescere, l’anno dopo fu proprio Bertogliati a propiziare l’assorbimento del gruppo guidato ancora da Arzeni. Così alla UAE passarono atlete come Consonni, Persico, Gasparrini, Baril e Carbonari. Lacquaniti non fu confermato, mentre accanto ad Arzeni arrivò l’espertissimo Marcello Albasini.

Il claim delle manager è la voglia di eguagliare le imprese del team maschile, senza riflettere sul fatto che certi picchi non arrivano semplicemente mettendo insieme atleti, soldi e mezzi. Lo spiegamento di mezzi del team alle corse è piuttosto impressionante, ma non sempre i risultati sono all’altezza di tanta abbondanza. E quando alla fine del 2023 Bertogliati rassegnò le dimissioni si capì che qualcosa non andasse per come il ciclismo classico avrebbe suggerito. E suona ancora strano che la compagine maschile del team emiratino non sia coinvolta e non voglia esserlo nella gestione del femminile.

Arzeni, qui con Karlijn Swinkels, è stato al UAE Team Adq per una stagione e mezza
Arzeni, qui con Karlijn Swinkels, è stato al UAE Team Adq per una stagione e mezza

Se ne va anche Arzeni

Il 2024 è iniziato con l’inserimento di nuovi preparatori e la necessità che Arzeni non allenasse più le “sue” ragazze. Il criterio può essere condivisibile: ciascuno deve fare la sua parte, senza intrecci di competenze. Forse per avvalorare la decisione, al ritiro di dicembre i direttori sportivi sono stati lasciati a casa. Le ragazze hanno così trascorso quelle due settimane con i soli preparatori. Un tempo non si diceva che il ritiro invernale serva per creare il gruppo?

Al posto di Bertogliati è arrivata Cherie Pridham e di recente nel ruolo di Head of Business and Communication è stata ingaggiata Yana Seel. La manager era già nota nel ciclismo per aver allontanato Vinokourov dalla “sua” Astana. Tornato come era prevedibile il kazako alla guida del team, per lei si chiusero le porte. Destino simile alla Lotto-Dstny. Chiamata del team manager John Lelangue, dopo due anni e le dimissioni di quest’ultimo, anche Yana Seel ha cambiato direzione.

Sta di fatto che i risultati del 2024 sono stati finora ben al di sotto delle potenzialità del team. Le vittorie sono 10, fra cui 2 di Gasparrini, 3 di Consonni e una di Silvia Persico. Ragazze attese a importanti consacrazioni (fa eccezione l’oro olimpico di Consonni, che poco c’entra con la gestione UAE), hanno perso il filo. E quando anche Arzeni ha dato le dimissioni alla vigilia del Giro, si è capito che ci fosse in atto qualcosa di atipico. Probabilmente è ingiusto puntare il dito sulle atlete che non rendono come dovrebbero, se la gestione della squadra cambia di continuo direzione e linee guida.

La migliore del UAE Team Adq al Tour Femmes è stata Erica Magnaldi, 12ª a 9’16” da Niewiadoma
La migliore del UAE Team Adq al Tour Femmes è stata Erica Magnaldi, 12ª a 9’16” da Niewiadoma

C’era una volta la Valcar

C’era una volta la Valcar-Travel&Service, come ci sono state prima la Lampre e la Liquigas. Squadre in cui la matrice italiana ha avuto per anni a cuore lo sviluppo dei talenti. Quello che è venuto dopo, giusto o sbagliato, ha fatto passare in secondo piano le esigenze del movimento ciclistico italiano. I migliori atleti sono stati consegnati a manager di altre nazionalità che hanno a cuore altri obiettivi. Ecco perché serve un team WorldTour italiano che sappia tenere insieme i migliori uomini e le migliori donne. Con i rispettivi devo team e i bravissimi tecnici che da anni hanno trovato fortuna all’estero.

Se bastassero i soldi, la UAE Team Adq avrebbe già vinto il Giro e il Tour. Invece ne è uscita con le ossa rotte e – ormai ne siamo quasi certi – non per scarsa volontà o qualità delle atlete. Nel giro di sei mesi si sono dimessi due dei riferimenti che avrebbero potuto farne la fortuna. Non crediamo che questo sia soltanto l’indice della voglia di cambiare. Si cambia se qualcosa non funziona o se si ha in mano una soluzione che funzioni meglio. Altrimenti si distrugge e dispiace che ci vadano di mezzo atlete italiane che meriterebbero di più negli anni migliori della carriera. Speriamo che il nuovo management trovi presto la strada, che probabilmente passa per step molto più semplici di quanto si creda.

Venturelli, due colpi all’estero prima di rimettersi sui libri

13.05.2023
5 min
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Questo weekend è il primo a casa per Federica Venturelli. Bici solo un po’, per tenere la gamba in condizione e il resto del tempo da passare sui libri, perché la scuola giustamente richiede concentrazione e attenzione. D’altronde la campionessa della Valcar-Travel&Service viene da due trasferte all’estero che hanno detto chiaramente qual è il suo valore nella categoria junior.

Per niente spaventata dalle nuove leve, la Venturelli si è presentata al via di due prove di Nations Cup, entrambe a tappe, EPZ Omloop Van Borsele in Olanda e Tour du Gevaudan Occitanie in Francia, portando a casa un secondo posto e una vittoria nelle classifiche generali. Una dimostrazione generale di superiorità che ha colpito soprattutto i selezionatori stranieri e che apre nuove prospettive.

«Non pensavo di andare così forte – ammette la diciottenne azzurra – avevo iniziato con calma, mi ero presentata a queste gare soprattutto per capire un po’ di più quale sia il mio valore da un anno all’altro. Sono arrivati due risultati insperati».

Proviamo a ripercorrere queste tre settimane così importanti. Presentando la corsa olandese avevi specificato come non fosse adatta alle tue caratteristiche…

La prima tappa a cronometro era piatta, oltre 14 chilometri, ma il vento l’ha resa molto dura. E’ stata quella a costruire la classifica perché le due frazioni successive erano piatte. Ho chiuso la prova contro il tempo al secondo posto, a 14” dalla britannica Sharp, una vecchia conoscenza perché ci siamo affrontate spesso in pista. Nelle tappe successive ho provato a rimontare attraverso i traguardi volanti che davano abbuoni, infatti ho più che dimezzato il divario. Entrambe si sono concluse in volata e quello non è davvero il mio forte.

Eppure sei finita sempre nelle zone alte, a cavallo della decima piazza.

Sapevo di dover comunque rimanere davanti per evitare rischi, io le volate le ho fatte, provavo a emergere per quanto possibile. Alla fine sono finita dietro per 4”, di più non si poteva davvero fare.

La seconda gara, due settimane dopo?

Era più breve, solo due tappe, ma molto più dure dal punto di vista altimetrico. C’erano molte salite, soprattutto nella prima parte e il gruppo si è frazionato. Nel finale siamo andate via io e la francese Bego e l’ho battuta allo sprint. La seconda era un po’ più semplice ed è diventata molto tattica, le nazionali hanno lavorato tantissimo e devo dire grazie alle mie compagne di squadra che hanno svolto un grande compito. Alla fine ho chiuso seconda dietro la Ferguson, ma davanti alla Bego e così ho conquistato la vittoria.

Che impressione hai tratto del livello generale?

L’impressione è che il livello non sia tanto diverso dallo scorso anno per la semplice ragione che era già molto alto. Sicuramente ho visto la francese molto cresciuta rispetto al 2022, era già una delle più forti al mondo di categoria, ma ora ha qualcosa in più. Poi vanno molto forte le due gemelle canadesi Holmgren ma loro le conosco bene, sono già ai vertici nel ciclocross e anche nella mtb, quando si va in salita sono davvero eccezionali. Fra le nuove spicca la Ferguson, sapevo che ne parlavano tutti ed è davvero di altissimo livello, non è un caso se ha vinto la seconda tappa in Francia.

Il podio del Tour du Gevaudan, con la francese Bego e la belga Van Sinaey
Il podio del Tour du Gevaudan, con la francese Bego e la belga Van Sinaey
E la Federica Venturelli di adesso è diversa da quella dello scorso anno?

Domanda difficile, perché mi accorgo che i parametri sono diversi. Cambiano le avversarie, ma sono cambiata anche io. Sento che dei miglioramenti ci sono, queste due trasferte mi hanno detto soprattutto che sono in grado di tenere un rendimento più costante, l’anno scorso andavo più a sprazzi. Riesco ad adattarmi di più a quel che mi propone ogni singola gara e questo fa parte della crescita.

E’ chiaro che stiamo parlando di juniores, ma emergere in due gare a tappe non è da poco. Pensi di avere una propensione per questo tipo di gare?

Io lo spero, diciamo che per ora vado bene, ma so bene che due corse che non vanno oltre i tre giorni di gara non fanno molto testo. Per ora vado bene in salita, ma non ho certo il fisico da scalatore. Quindi non posso sapere quale sarà il mio rendimento da elite fra qualche anno. So che dovrò fare tanta fatica, questo è sicuro.

A cronometro un ottimo 2° posto, ma c’è da lavorare…
A cronometro un ottimo 2° posto, ma c’è da lavorare…
Hai altre trasferte in programma?

Il 21 maggio c’è il Giro delle Fiandre dove vorrei far bene, poi ci sarà un periodo dedicato agli allenamenti in cui vorrei preparare bene il campionato regionale a cronometro. Ho visto in Olanda che, pur finendo seconda, sono lontana dai livelli dello scorso anno proprio perché non avevo fatto allenamenti specifici. E poi…

Poi?

Poi devo dare la precedenza allo studio. Ogni volta che torno a casa mi ritrovo con una caterva di compiti, di materie dove devo recuperare, ora sono le settimane decisive e mi devo concentrare sullo studio, quindi la mia amica bici verrà un po’ trascurata. Ma ci rifaremo, questo è sicuro.

E’ tornata Venturelli e le ha suonate anche alle elite

20.04.2023
5 min
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Quella ottenuta a Cantù il 10 aprile è stata, per Federica Venturelli (in apertura, foto Ossola), una vittoria dal sapore speciale. Non solo la prima di questa stagione su strada, la prima dal suo ritorno dopo il ciclocross e l’esito sfortunato del mondiale finito a ridosso del podio, ma soprattutto il primo successo in una gara open, che per una ragazza ancora junior ha sempre un sapore speciale. Così motivante che dopo appena sei giorni è arrivata anche la vittoria di Corridonia.

Nel corso della sua ancor breve carriera, Federica ha vissuto tante esperienze vittoriose, considerando che sin da allieva fosse stata indicata come una predestinata, oltretutto esempio della multidisciplinarietà che contraddistingue le nuove generazioni. Ma quella di Cantù è stata una vittoria particolare, che le ha dato una spinta ulteriore verso i grandi appuntamenti della stagione.

Il podio di Cantù dove Venturelli ha preceduto Carmela Cipriani e Matilde Vitillo
Il podio dove Venturelli ha preceduto Carmela Cipriani e Matilde Vitillo

«Era una gara di 97 chilometri – racconta la diciottenne cremonese – con tanta salita degli ultimi due giri. Ci tenevo particolarmente, infatti al venerdì ero andata in ricognizione per studiare i punti salienti del percorso e avevo capito che non ci sarebbe stato un arrivo in volata. C’è stata tanta selezione sin dalle prime battute, tanto che ancor prima di metà gara sono entrata nella fuga che sarebbe stata decisiva. Eravamo in 4, poi siamo rimaste 3 e alla fine l’ho spuntata io».

Perché questo successo era così importante?

La fine della stagione invernale non è stata semplice, ho avuto problemi di salute che mi avevano un po’ rallentato nella preparazione. Questo era un test importante, proprio perché l’affrontavo ancora non al top della forma.

Il fatto di avere vinto contro le più grandi di età?

E’ qualcosa di nuovo, rappresenta un passaggio importante in vista del futuro perché saranno le mie avversarie principali in ambito italiano. Ora però torno alla mia categoria in ambito internazionale, con la EPZ Omloop van Borsele in Olanda nel prossimo fine settimana, composta da un prologo e due tappe piatte. Non sono percorsi a me propriamente adatti, ma il vento potrebbe scombinare le carte ed essendo gara internazionale ci tengo a fare bene. Ci saranno praticamente tutte le più forti. Servirà anche per farsi un’idea in vista delle gare titolate.

Tu sei ora al secondo anno di categoria: che cosa è cambiato?

Molto e poco allo stesso tempo. Ho visto intanto che le ragazze di primo anno sono tutte mediamente forti, anzi qualcuna che spicca c’è come la Ferguson. Quelle mie coetanee le conosco, il livello medio mi accorgo che è molto alto. Io nel frattempo ho cambiato squadra e molto è mutato intorno a me. La Valcar Travel & Service è molto ben strutturata, rappresenta davvero un passo in avanti. Quel che non è cambiato è il mio allenamento, anche se è in programma di aumentare progressivamente i carichi per abituarsi sempre più a quel che mi troverò di fronte dall’anno prossimo.

Con Ciabocco, sua amica-rivale, ha realizzato un 2022 molto proficuo per il ciclismo italiano
Con Ciabocco, sua amica-rivale, ha realizzato un 2022 molto proficuo per il ciclismo italiano
Non ti senti un po’ orfana della tua “gemella” Ciabocco?

La sua compagnia e la sua concorrenza in gara erano stimolanti, alle fine ci siamo spinte insieme verso risultati importanti. Non posso negarlo, un po’ manca nelle gare di categoria, ma so che ci reincontreremo spesso lungo le strade. Mi sono già accorta che le nuove leve danno filo da torcere…

Tu sei famosa per le tue varie “vite ciclistiche”, compresa quella della pista. Continuerai a competere nei velodromi?

Certamente, non ho intenzione di cambiare, anzi ho già ripreso la preparazione al velodromo di Montichiari con le trasferte ogni settimana. Io penso che quell’attività sia un aspetto fondamentale per il mio rendimento su strada. Il problema è l’abbondanza di appuntamenti nel calendario: soprattutto nei mesi a venire, bisognerà fare delle scelte.

Il ciclocross resta il suo grande amore, ma dovrà giocoforza ridurre le sue apparizioni nel prossimo inverno
Il ciclocross resta il suo grande amore, ma dovrà giocoforza ridurre le sue apparizioni nel prossimo inverno
E il ciclocross, resterà anche lui?

Sì, sapete che a me piace tantissimo, è la specialità che per certi versi prediligo, ma dovremo rivedere qualcosa. Penso che nella prossima stagione affronterò solo appuntamenti mirati per conciliare maggiormente l’attività con la preparazione per la stagione estiva.

Obiettivamente, parlando proprio di calendario, su che cosa hai puntato la tua attenzione?

Il mio sogno è di riconfermarmi nei miei successi internazionali su pista, mantenere il titolo europeo sia nello scratch che nel quartetto e quello mondiale di inseguimento. Per molti versi vincere è bellissimo quando lo fai per la prima volta, ma riconfermarsi è molto più difficile e proprio per questo intrigante.

L’esordio di Gasparrini alla Uae, con un record

25.02.2023
4 min
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Se non è una prestazione da Guinness dei Primati, poco ci manca… Alla Volta Comunitat Valenciana femminile disputata la scorsa settimana, Eleonora Camilla Gasparrini ha infilato una serie di prestazioni uniche, almeno statisticamente: quattro tappe e quattro quinti posti in sequenza, né più né meno. Se a questo si aggiunge che la ventenne torinese era al suo debutto assoluto con il Uae Team Adq, con il quale è entrata nel WorldTour.

La Gasparrini sul podio della Volta Valenciana, prima nella classifica delle giovani
La Gasparrini sul podio della Volta Valenciana, prima nella classifica delle giovani

Il particolare non le è sfuggito e la fa sorridere: «Se ci provavo direttamente, non ci sarei mai riuscita… Nel complesso posso dirmi soddisfatta, ho avuto sensazioni più che buone. Ci tenevo a far bene non solo per la squadra, ma anche per avere buone indicazioni per il prosieguo della stagione e in particolare le classiche belghe».

Ottenere quattro volte lo stesso piazzamento denota anche una certa poliedricità…

Effettivamente è quello che mi hanno detto i tecnici, ho dimostrato di poter andar forte su svariati terreni. La prima tappa si è conclusa con una volatona di gruppo, la seconda sempre allo sprint dopo che il gruppo si era spaccato. Nella terza c’erano ben 3.000 metri di dislivello, molto dura, ho chiuso seconda nel gruppo delle prime inseguitrici, nella tappa finale la salita conclusiva ha fatto selezione, ma ho fatto comunque la volata del gruppetto inseguitore delle prime due. Alla fine ho dimostrato di cavarmela ovunque.

Per la ventenne un esordio più che positivo nel nuovo team, protagonista in ogni frangente
Per la ventenne un esordio più che positivo nel nuovo team, protagonista in ogni frangente
Che cosa ti ha detto questa prima esperienza stagionale?

Mi ha confermato di essere una ciclista abbastanza polivalente, ma devo ancora scoprire molto su me stessa. Non mi sono ancora testata su un percorso con tanta salita, soprattutto su salite lunghe. Era la prima volta che provavo a stare al passo di atlete con maggiore propensione per i tracciati duri. Ero abituata a gestirmi su certi percorsi, andare un po’ al risparmio energetico, ma questa volta ho corso spesso andando oltre i miei limiti e questo mi conforta.

Era la tua prima esperienza in un team della massima serie. Che cosa è cambiato?

Le gare in fin dei conti sono le stesse che frequentavo lo scorso anno con la Valcar, team al quale devo davvero tanto. Quel che cambia però sono le responsabilità: le aspettative sono molto alte, io le sentivo anche prima, ma la situazione è certamente diversa. Ora si parte sempre per vincere, come team e bisogna farsi trovare sempre pronti. Vincere è quasi un obbligo se corri a questi livelli, la struttura della quale sono entrata a far parte è molto diversa.

Per la torinese due anni di “apprendistato” alla Valcar, team al quale resta molto legata
Per la torinese due anni di “apprendistato” alla Valcar, team al quale resta molto legata
Da quel che si è visto anche in Spagna e considerando anche le tue prove della scorsa stagione, in questo momento la tua propensione pare rivolta alle brevi corse a tappe…

Sì, è un po’ la dimensione ideale per le mie caratteristiche. Ho un buon recupero, spesso nelle ultime tappe vado più forte che all’inizio. Resta il fatto però che devo ancora scoprire del tutto le mie possibilità e per farlo devo ampliare le mie gare, le mie esperienze. Ogni competizione è un test importante per capire. Ho ancora tanta strada da fare, ogni manifestazione è un mattoncino da aggiungere alla casa. Spesso in squadra mi dicono che sono giovane e devo fare legna ed è vero…

A proposito della squadra, come ti trovi?

Molto bene, è davvero un bel gruppo e credo che l’ambiente sia il punto di forza del nostro team. Siamo tutte molto legate e ci si diverte, anche con lo staff.

Anche il cittì azzurro Sangalli ha apprezzato le sue prestazioni spagnole. Futuro in azzurro?
Anche il cittì azzurro Sangalli ha apprezzato le sue prestazioni spagnole. Futuro in azzurro?
Siete una squadra con una forte presenza italiana, addirittura la metà delle tesserate pur essendo un team estero. Quanto incide questo?

Io credo molto, ma noi ci teniamo a fare gruppo tutte insieme, non siamo italiane e straniere, ma un tutt’uno. Per questo ad esempio parliamo inglese, per permettere a tutte di integrarsi. Resta però il fatto che c’è comunque un clima scherzoso, allegro, positivo, insomma tipicamente italiano, forse anche un po’ “casinaro”, che trascina anche le altre.

Che cosa ti aspetta ora?

Siamo in Belgio per due corse importanti, l’Omloop Het Nieuwsblad di oggi e le Samyn di martedì. Sono gare che conosco bene, che ho già affrontato e che mi piacciono molto proprio perché sono dure, devi stare sempre all’erta. Correrò in funzione delle altre, per fare esperienza, continuando a costruire.

Carbonari, profumo di WorldTour con la UAE Development

02.02.2023
5 min
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Tasto rewind, si torna indietro di cinque mesi esatti. Il 2022 di Anastasia Carbonari era finito il 2 settembre al Simac Ladies Tour contro un pick-up nero a 20 chilometri dalla fine della seconda tappa. La 23enne italo-lettone di Montegranaro aveva avuto paura di compromettere la carriera per la quale il suo diesse Arzeni aveva previsto un futuro nel WorldTour.

Rimandiamo avanti il nastro. Adesso per Carbonari la massima categoria è davvero a portata di mano. La Valcar – che ha mantenuto la propria identità per l’attività giovanile dalle junior in giù – si è trasformata nella UAE Development Team, ovvero la sorella minore della UAE Team ADQ in cui è arrivato “Capo” in ammiraglia. La particolarità di queste formazioni di sviluppo è proprio la possibilità di interscambiarsi le atlete con la prima squadra a seconda del calendario, con la condizione obbligatoria che dove corre un team non può esserci l’altro. Abbiamo quindi voluto sapere da Anastasia come si sta apprestando a vivere questa nuova fase professionale.

Carbonari in fuga. Un’azione con la quale si è contraddistinta nel 2022
Carbonari in fuga. Un’azione con la quale si è contraddistinta nel 2022
Innanzitutto come è stato il ritorno in bici?

Ci è voluto un po’ di tempo per superare il momento più brutto dell’incidente perché ripensavo ad un altro che mi era successo qualche anno fa. A settembre ero tornata in auto dall’Olanda, piena di dolori e di preoccupazioni. D’altronde non poteva essere altrimenti con una scapola, cinque vertebre e sei costole rotte. Non ero depressa, ma non l’ho vissuta bene, tanto che ad Arzeni dicevo che non ero convinta di riuscire a ripartire. Poi a novembre ho fatto le prime pedalate facendo attenzione ad ogni minima buca per non sentire nuovamente male e per non sollecitare la schiena e il torace. Ed ora quella botta è un lontano ricordo.

Proprio in quel periodo ti avevano riconfermato alla Valcar. Sapevi già che sarebbe diventata il devo team della UAE?

A dire il vero no. Prima della mia caduta al Simac se ne parlava, ma ancora non si prevedeva una situazione del genere. Ho saputo tutto quando sono tornata dalle vacanze in Lettonia, fatte appena terminata la mia convalescenza. Ho preso subito bene la notizia pensando che fosse una occasione maggiore per crescere e lavorare meglio. Ero rimasta alla Valcar per quello. Adesso ho una motivazione in più per passare nel WorldTour.

Carbonari e Cipressi saranno due pedine importanti per la UAE Development Team
Carbonari e Cipressi saranno due pedine importanti per la UAE Development Team
In teoria potresti correre con la prima squadra. Cosa sai già dei nuovi programmi?

Noi del Devo Team abbiamo fatto dieci giorni di ritiro a Calpe verso fine gennaio dove ci siamo conosciute meglio e dove ci hanno presentato come sarà il nostro calendario. Tra le due squadre in effetti ci sarà una costante interazione. Capiterà che alcune di noi correranno con loro e viceversa. Il mio debutto è fissato per l’1 marzo con l’Umag Trophy in Croazia. Poi indicativamente dovrei fare corse in Olanda, Belgio e il Liberazione. Salvo cambiamenti, con la formazione WorldTour potrei correre lo Scheldeprijs e il Festival Elsy Jacobs, la gara a tappe in Lussemburgo. La seconda parte di stagione la vedremo più avanti.

Sei pentita di non aver accettato le proposte di altri team WorldTour dove avresti potuto fare un calendario più ampio?

No, assolutamente. Ovvio che il sogno di ogni ragazza è quello di essere e restare nella categoria più alta, ma qui so che posso completare il mio processo di maturazione. Sinceramente non pensavo di avere una esclation del genere se penso dov’ero nel 2021, però so che devo fare ancora esperienza e qui sono nel posto giusto. Il nostro gruppo di lavoro resta la stessa famiglia di prima con un livello generale più alto. Non che non lo fosse l’anno scorso, ma l’ambiente è ancora più professionale.

Ti peserà non poter disputare, almeno sulla carta, gare come Vuelta, Tour Femmes o Giro Donne in cui ti eri fatta conoscere?

Naturalmente per tutte le cose c’è il rovescio della medaglia. Io la sto già vivendo serenamente. Saltare queste corse è un sacrificio che ci sta e che si può fare. Lo vedo come un investimento per il futuro.

A che punto sei dell’escalation di cui parlavi prima?

Sono più consapevole dei miei mezzi, ma ci sto ancora lavorando. Mi sono resa conto di poter essere parte della corsa e di poter avere un mio ruolo. Diciamo che avendo un contratto fino al 2024 con la UAE Development Team so che posso fare le cose con la giusta pressione.

Quali sono gli obiettivi di Anastasia Carbonari per il 2023?

L’idea sarebbe quella di togliermi qualche soddisfazione, sia come risultati che come prestazioni. Punto ad arrivare molto performante al Liberazione, una gara nelle mie corde e che solitamente c’è nel periodo in cui inizio ad andare meglio. Per il resto vorrei confermare il titolo di campionessa lettone, magari vincendo la gara unica che c’è per noi dei Paesi Baltici. E naturalmente correre europeo e mondiale con la mia nazionale.

Il treno, la Bastianelli, l’adrenalina: il rock di Chiara

21.12.2022
6 min
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Il sorriso è inconfondibile, la sua gioia contagiosa: Chiara Consonni non cambia neanche dopo essere passata dalla Valcar Travel&Service (di cui è atleta fino a fine anno), alla UAE Adq.

La giovane bergamasca sta parlando con i nuovi fornitori del vestiario per affinare le taglie. E anche in questo caso non passa inosservata. Ribatte in modo colorato, ma mai eccessivo. Seduta ad un pianoforte nell’hotel di Lido di Camaiore ci parla del treno, delle sue volate, di come vive uno sprint… E l’intervista si trasforma in un viaggio tecnico e di emozioni.

Chiara Consonni (classe 1999) durante il ritiro a Lido di Camaiore
Chiara Consonni (classe 1999) durante il ritiro a Lido di Camaiore
Chiara, con l’ultima intervista eravamo rimasti che avevi un po’ di ansia nel passare alla UAE Adq? C’è ancora quest’ansia?

No dai – ride Chiara – niente ansia. Alla fine con i primi ritiri ho visto che ho già conosciuto tante persone, tutto è molto organizzato e funzionale. E’ un’altra cosa, chiaramente, rispetto alla vecchia squadra però sono più motivata che spaventata, mettiamola così.

Quando dici più organizzate rispetto alla alla vecchia squadra cosa intendi?

Per adesso due secondi fa stavamo discutendo del vestiario, come ci sta? Ci prendevano le misure per affinare tagli personalizzati. Curano tutto nel minimo dettaglio e anche questo ti fa capire che organizzazione ci sia dietro. Per ogni ragazza hanno un programma e delle cose diverse: tutti cercano di dare a tutte noi il massimo per essere competitive e perfette al 100%.

Parliamo di preparazione, Chiara: avete fatto due ritiri, qualche allenamento un po’ più corposo, avete iniziato a farlo?

Sì, anche se io ho iniziato un po’ più tardi perché con la pista ho finito più tardi. Nei primi giorni, siamo state impegnate con tanti meeting: foto, vestiario, test, interviste. Dalla seconda metà invece faremo un po’ di chilometri.

Tu e Marta Bastianelli siete le ruote veloci della UAE Adq. Proverete i treni?

Sicuramente. Non non vedo l’ora di provarli e mettermi a disposizione di Marta, che è un mio piccolo grande sogno, perché la vedevo come il mio idolo quando ero più piccolina. Mi ricorda quando mio fratello (Simone, ndr) si ritrovò con Viviani. Quando è passato, e imparava tirando le volate al suo idolo, al suo campione. Mi rivedo tantissimo in lui in questo momento. E poi Marta la conosco già da un anno perché siamo state compagne nelle Fiamme Azzurre.

Secondo Chiara tra le compagne del treno deve esserci una fiducia che vada oltre la bici
Secondo Chiara tra le compagne del treno deve esserci una fiducia che vada oltre la bici
E se fosse il contrario? Se sarà Marta a tirare per te?

Eh, in quel caso sì sarei più ansiosa! Non capita tutti i giorni d’imparare da un’atleta così. E non è da tutti i giorni che una del suo calibro si metta a tua disposizione. Però lo metterò in conto, cercherò di prendermi le mie responsabilità e sarò ancora più motivata. 

A proposito di tuo fratello, Simone ti ha dato qualche consiglio?

Più sulla pista che sulla strada. Mi ha sempre detto: “Divertiti e basta”. Questo per lui è l’importante, mi dice di non prendere tutto sul serio. Anche se adesso è arrivato il momento… di prenderla sul serio.

Chiara Consonni è una “rompiscatole” quando si tratta del treno? Per esempio parli molto? Vuoi essere protetta? Richiami spesso le tue compagne?

Dipende. Io cerco di fare come Elisa (Balsamo, ndr) ha fatto con me. E’ un’esperienza che spero mi sia di aiuto. Noi due ci siamo insegnate tantissimo a vicenda. Si tratta di mettere in pratica quelle piccole cose che ci ha insegnato Arzeni. Cerchiamo d’imparare dagli errori. Però secondo me, finché non sei in gara è tutta un’altra cosa. Io sono un po’ spericolata e per fortuna al mio fianco, nel treno, ho sempre avuto ragazze, persone, a cui tenevo e con le quali avevo un rapporto anche fuori dalla gara. E secondo me questo è un altro fattore importante quando si fa un treno: fidarsi delle compagne che ti portano a far la volata. 

La fiducia conta eccome…

Io, per esempio con Ilaria (Sanguineti, ndr), sapevo che mi dovevo mettere alla sua ruota e che se lei era in giornata mi portava ai 250 metri nella posizione migliore. Io non dovevo dirle: «Più avanti, più indietro, aumenta…». Sapeva già tutto lei. E questa fiducia viene dal rapporto che abbiamo fuori dal ciclismo. Alla Valcar ci ha aiutato e spero di trovarlo anche con le nuove ragazze. 

Tra passato e futuro. La Bastianelli (al centro) e la Consonni (a destra): da rivali a compagne di squadra
Tra passato e futuro. La Bastianelli (al centro) e la Consonni (a destra): da rivali a compagne di squadra
Chiara cos’è per te una volata?

Se penso a una volata, mi viene in mente sicuramente quella di Valencia dell’anno scorso. La prima volata dell’anno: sono caduta, ho fatto un volo assurdo e mi sono graffiata tutta. Squalificarono Barbara Guarischi perché aveva cambiato traiettoria. Dopo quello sprint lei mi disse: «Ma tu non potevi frenare?». Io quando sono in volata non penso di frenare. Mi vien di dare tutto, di accelerare. Ecco cos’è per me la volata… E’ difficile da spiegarlo, non so se ci sono riuscita.

E anche bene…

Mi dico che devo dare tutto in quei 30”-40”. “Chiudo gli occhi” e non guardo più in faccia nessuno fino alla linea d’arrivo per poi esultare o sbattere il pugno sul manubrio. E’ un’esplosione di emozioni. In quei secondi riesco a esprimermi al 100 per cento anche grazie alle mie caratteristiche.

E allora portaci in volata con te. Siamo ai 250 metri e?

Parto, mi alzo sulla sella, metto il rapporto giusto, perché certe volte mi è capitato di sbagliare rapporto, sguardo a terra e faccio 20” dove davvero guardo solo il computerino. Poi inizio a vedere com’è la situazione, nel senso che alzo la testa, guardo come sono messa e continuo a dare tutto fino all’arrivo. Quando tiro su la testa, guardo la linea oppure guardo anche le avversarie a che punto sono. In quel momento riesco a capire se può essere la volta buona oppure no.

Le abilità acquisite in pista, Chiara le riversa anche su strada. Ecco l’ottimo colpo di reni con cui ha vinto la tappa finale del Giro donne
Le abilità della pista utili anche su strada. Ecco il colpo di reni con cui ha vinto la tappa finale del Giro
Quanto dura una volata nella tua testa?

Per me parte dai meno due chilometri. Dopo che l’ho fatta dura 3”, ma quando sono lì non finisce più. Quando sei lì ti sembra un’eternità, ma poi è un attimo, uno schiocco di dita. E dopo l’arrivo dici: «Cavoli, mi è mancato un colpo di pedale o mezza pedalata», ma lì per lì non è facile.

L’adrenalina e la paura?

La paura non tanto, ma l’adrenalina sì: tantissimo. Mi gasa tanto stare in gruppo o avere un treno delle compagne che lavora per me. Mi aiuta poi a sprintare quando è il mio momento. 

Come lo riconosci il rapporto giusto? 

A furia di far volate lo senti e lo capisci dalla cadenza. E se è giusto o no lo capisci subito. Adesso comunque siamo anche avvantaggiate perché facciamo le stesse corse. Per dire, quest’anno ho vinto una corsa in cui c’era un cavalcavia nel finale. Lo scorso anno in quella corsa avevamo sbagliato a tirare la volata alla Balsamo, che infatti fece seconda. Quest’anno conoscendo l’arrivo ho vinto. Ho aspettato e sono uscita giusto gli ultimi 150.