Team Bike Sicilia, 2° anno. Parla Tiralongo, maestro di salite

10.03.2025
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Il Team Bike Sicilia di Paolo Tiralongo, nato lo scorso anno con un grande battesimo, riparte con dieci under 23 e il supporto a un team juniores di Palermo che potrebbe esserne il vivaio. Di facile in questa sua impresa non c’è proprio niente. Se soffrono team strutturati e con una grande storia sulle spalle, immaginate quanto sia difficile per una squadra che cerca di fare attività in Sicilia e nel Sud dimenticato da tutti.

Un tempo, in fase di campagna elettorale, i vari candidati si lanciavano in progetti e dichiarazioni. Questa volta il ciclismo del Meridione non è stato neppure sfiorato. Ne hanno preso i voti, laddove possibile, ma l’attività resta marginale: punto di partenza della desertificazione sportiva da cui tanti mettono in guardia.

«Non c’è il cambio di generazione – ragiona l’avolano che è stato pro’ dal 2000 al 2017 – non ci sono ragazzi invogliati a fare ciclismo. Bisogna andare nelle scuole a promuoverlo, bisogna invogliare le scuole a darci una mano, magari supportando i ragazzi quando mancano per andare alle gare. Invece il ciclismo in Italia è percepito come un fastidio. Perché chiude le strade, perché ci sono gli incidenti. Come li trovi gli sponsor se l’immagine è questa?».

A Melilli, con il sindaco Carta (al centro), a sinistra il vice presidente Aloschi e a destra l’assessore Caruso
A Melilli, con il sindaco Carta (al centro), a sinistra il vice presidente Aloschi e a destra l’assessore Caruso

Sicilia, Toscana e Lombardia

Il Team Bike Sicilia ha una base in Toscana, una in Sicilia e una a Bergamo. Nella regione in cui ha corso a lungo da under 23, Paolo ha ritrovato il vecchio amico Leonardo Giordani, compagno di squadra nella Vellutex e poi nella Fassa Bortolo, che gli dà una mano come direttore sportivo. E il resto è tutto da costruire, meritare, immaginare e concretizzare. Qualcuno direbbe che certe squadre non hanno senso. Ma senza di loro, chi va più a cercare i corridori in zone in cui il ciclismo fa fatica a crescere?

«Noi siamo una squadra piccola – spiega Tiralongo – e mettiamo il massimo impegno per dare un’opportunità ai siciliani. La difficoltà è trovare i corridori che facciano lo stesso e abbiano le motivazioni che servono. Sul fronte degli sponsor, non è che in Italia si vivano momenti belli, però alla fine siamo riusciti a chiudere l’annata in pari ed è già buono».

Quest’anno ci sono anche gli juniores, come mai?

Abbiamo fatto un gemellaggio col Team Madone di Palermo e gli diamo un supporto tecnico e logistico in Toscana, in modo da alleggerire le loro spese. Sono venuti a correre al Trofeo Baronti. Sono stati in fuga, hanno visto come funziona. Loro sono forti nella multidisciplina, hanno ragazzi di qualità che vengono fuori dalla mountain bike.

Ieri Visconti raccontava di quanto sia più difficile oggi per un ragazzo siciliano riuscire a emergere.

Ha ragione Giovanni, perché l’ambiente è cambiato totalmente. Le squadre WorldTour vanno a cercare i giovani migliori con devo team dal budget superiore a quello delle professional. Gli altri si devono accontentare di ciò che rimane. Il problema è che anche fra i cosiddetti migliori, pochi emergono davvero, mentre questa ricerca dal basso sta indebolendo il movimento. Le development fanno le gare con i professionisti e quando gli under 23 vanno alle internazionali, le differenze sono enormi.

Anche perché l’attività degli under 23 in Italia non è più così qualificata.

Abbiamo fatto la Firenze-Empoli e il Memorial Polese. Domenica non corriamo, non mi va di fare i criterium. Servono le gare vere, non circuiti con solo 1.000 metri di dislivello. Un under 23 deve fare corse di 180-190 chilometri con 2.500 metri di dislivello. Invece nel calendario italiano c’è poca sostanza e come fai a garantire che uno che vince ha le qualità per andare avanti? Vincere di per sé non conta, meglio essere sempre protagonisti e presenti degli ordini di arrivo, la qualità la vedi così.

Che calendario farete?

Ho fatto delle richieste all’estero e in alcune gare andremo se ci sarà la qualità per essere protagonisti. Se ci invitassero al Giro Next Gen, sarei il primo a chiedergli di lasciarci a casa. O si ha la qualità per fare le corse oppure meglio lavorare per diventare migliori.

Anche i migliori fanno fatica a emergere?

L’obiettivo dei ragazzi è andare in una development, non passare professionisti. Dovrebbero ambire a passare nella squadra numero uno, invece ne vedo molti che vanno nel devo team e si sentono già arrivati. Quello probabilmente è l’accesso diretto alle grandi squadre, ma come ci arrivi? Sei pronto? Il problema non è diventare professionista, ma durare a lungo e andare forte. Questo si devono mettere in testa, perché se ti ammazzi per passare e poi duri cinque anni, cosa hai concluso?

Come si fa per rimanerci?

Devi creare in primis la mentalità. Devono crescere e capire veramente cosa vuol dire fare il professionista. Poi ovviamente servono anche le qualità. Adesso invece funziona che li prendono dagli juniores in base ai test, vanno all’estero e se non sfondano, alle spalle ce ne sono altri che spingono. Ma se vieni respinto a vent’anni, ce la fai a ripartire oppure smetti senza aver dimostrato chi sei? La testa conta più delle gambe. Se hai degli stimoli mentali, vai avanti. Sennò devi lasciare strada.

Da quest’anno il Team Bike Sicilia collabora con il palermitano Team Madone negli juniores
Da quest’anno il Team Bike Sicilia collabora con il palermitano Team Madone negli juniores
Cosa c’è a livello ciclistico in Sicilia?

C’è la squadra di Angelo Canzonieri. Quella di Giarratana. Ci sono quelli di Monterosso Almo che organizzano il Trofeo Cannarella. C’è la squadra di Mancuso, che ha l’affiliazione col Cene. Il problema è trovare il corridore di qualità. Ci vuole pazienza perché i corridori buoni sono pochissimi e prenderli è difficile perché non possiamo spendere come una development. Questa è la difficoltà di tutte le squadre, non solo la mia.

Dicono che non partono più perché non ce la fanno a stare due anni fuori casa senza prendere soldi.

Ma voi credete che ai nostri tempi tutti prendessero soldi? Sai quanti ce n’erano nella Vellutex che non prendevano una lira? Io avevo il mio stipendio, di certo anche Visconti e Nibali, ma perché eravamo nel giro della nazionale sin da juniores e vincevamo le corse. Prima serve la qualità e poi semmai arrivano i soldi. Devono pagarti solo perché sei siciliano e vai via di casa? Per avere i soldi devi lavorare, diventare migliore e capire se hai quello che serve per farti una carriera.

Come si diventa migliori?

Glielo dico sempre. Vi piace andare in bici e avete scelto di fare i corridori, ma sono due cose molto differenti. Per correre in bicicletta bisogna fare tanti sacrifici, essere motivati. Lo devi desiderare, puoi avere grandi valori fisici, ma se non ci metti la testa non arrivi. E soprattutto gli dico che un corridore si fa per gradi, troppo facile mandarli a correre per ottenere tutto e subito. E se poi non arriva?

Dopo la lettera, il VPT si fa conoscere su strada col primo podio

07.03.2025
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Nell’epoca in cui tutti comunicano in modo digital-social, spesso a sproposito e talvolta usando solo le emoji, c’è ancora chi utilizza una lettera di carta spedita per posta o consegnata a mano per presentarsi. Una maniera desueta ed originale al tempo stesso quella utilizzata dal VPT WhySport, neonata formazione elite/U23, per farsi conoscere nella categoria.

L’acronimo VPT significa Veneto Project Team e il suo staff a dire il vero è composto da gente che nel ciclismo c’è già da diverso tempo con altri ruoli. Insomma la materia la conoscono bene, però è la loro nuova realtà che merita di essere approfondita, anche alla luce degli ultimi risultati. O forse è meglio dire del primo risultato ottenuto. Lo scorso weekend infatti a Castello Roganzuolo, nel trevigiano, Manuel Loss ha regalato un bel secondo posto al VPT al termine di una fuga ristretta. Abbiamo quindi colto l’occasione per farci raccontare tutto da Paolo Santello, patron del team.

Tutto nuovo e partenza da zero per la società. Il VPT è nato per far correre quegli atleti che erano rimasti senza squadra (foto facebook)
Tutto nuovo e partenza da zero per la società. Il VPT è nato per far correre quegli atleti che erano rimasti senza squadra (foto facebook)
Paolo per lei è un ritorno al passato, giusto?

Sì esatto, anche se con sostanziali differenze. Sono un preparatore atletico e nel 2014 con il mio studio SP Training curavo i programmi dell’Area Zero, un team continental. In quella squadra c’erano tre attuali pro’: Carboni, Pasqualon e Petilli. Sono contento e onorato di aver lavorato con loro, così come mi è capitato con Marcato e Busatto, l’ultimo in ordine temporale.

Come nasce l’idea di aprire una nuova squadra?

Nel mio studio abbiamo sempre seguito tanti ciclisti. Dall’appassionato che vuole perdere qualche chilo all’amatore, fino all’agonista puro come possono essere pro’, elite e U23. D’altronde lo slogan del nostro centro è “il sarto del ciclista”, perché abbiamo sempre fatto tabelle su misura come un abito. Ci capitava a fine stagione che tanti dei nostri atleti non trovassero squadra. Fino all’anno scorso alcuni di loro riuscivamo a consigliarli ad altre squadre, altri di loro invece erano costretti a smettere.

Lettera di presentazione ed una bottiglia di vino. Il VPT le ha regalate ad ogni formazione avversaria alla San Geo
Lettera di presentazione ed una bottiglia di vino. Il VPT le ha regalate ad ogni formazione avversaria alla San Geo
Quindi avete deciso di mettervi in proprio?

Proprio così. I miei figli Andrea e Matteo, che mi aiutano da sempre in studio, erano dispiaciuti che qualcuno non potesse continuare a correre. Mi hanno così proposto di creare una squadra che desse un’occasione a questi ragazzi che non voleva nessuno per tanti motivi. Ci siamo messi al lavoro ad ottobre con i ragazzi e col nostro staff, ma abbiamo potuto costituire la società solo a gennaio. Infatti per ora stiamo un po’ rincorrendo gli inviti per le corse di marzo perché non abbiamo tutti i weekend impegnati. Non tutti ci conoscono ancora, ma lo avevamo messo in preventivo.

Ed ecco la lettera di presentazione, che ha avuto ottimi riscontri dai vostri colleghi. Com’è venuta questa bella e singolare iniziativa?

Tante volte in passato si sono scoperte alcune squadre nuove solo dopo qualche corsa. Nessuno le conosce e magari iniziano le malelingue. Noi invece una settimana prima della San Geo, non appena abbiamo avuto la conferma di partecipare, abbiamo pensato di preparare questa lettera accompagnata da una bottiglia di vino delle nostre terre. Il nostro team manager Gianluca Mengardo, che è stato un mio atleta nell’Area Zero, le ha consegnate a mano ad ogni diesse di tutte le altre formazioni in gara alla San Geo. E devo dire che hanno apprezzato il nostro gesto. D’altra parte entriamo in punta di piedi in questa categoria.

Com’è composto il VPT?

La nostra sede è a Cazzago, frazione di Pianiga in provincia di Venezia, a pochi chilometri da Padova. Abbiamo dieci ragazzi. Un elite e nove U23, di cui tre ragazzi che arrivano dagli juniores. Oltre a me, i miei figli e Mengardo, abbiamo tre diesse. Sono Damiano Albertin, Aldo Borgato (padre di Giada, la commentatrice di Rai Sport, ndr) e Andrea Caco. Anche loro li abbiamo rispolverati perché lo facevano tempo fa e li abbiamo coinvolti tutti e tre perché in base ai loro impegni lavorativi e personali si alterneranno alle corse.

Invece dal punto di vista tecnico come siete messi?

Nel nostro ritiro fatto sui Colli Euganei abbiamo avuto un’idea delle caratteristiche dei nostri ragazzi. Credo però che si capiscano meglio gara dopo gara. Posso dire che si sono impegnati tanto da subito. Diciamo che sia loro come noi, con i mezzi e tutto il materiale, siamo partiti da zero.

Intanto però il 2 marzo è arrivato un secondo posto che dà morale. Che giornata avete vissuto?

Sono onesto nel riconoscere che non c’era un grande lotto di partecipanti, però le gare vanno corse e onorate perché nessuno ti regala nulla. Il secondo posto di Loss è stato inaspettato e lui è stato davvero bravissimo. Era dentro ad una fuga di otto e pensate che io ero già contento se avesse fatto ottavo. Risultato a parte, la grossa soddisfazione è per come abbiamo corso, entrando sempre nei vari tentativi di fuga, fino a quella decisiva.

Paolo Santello si è prefissato degli obiettivi con il Veneto Project Team?

Per il momento prendiamo quello che viene senza creare aspettative. Ad esempio abbiamo finito una gara dura e di livello come la San Geo con 3 ragazzi su sei. Quella è stata come una vittoria. E se facessimo un quinto posto al mese, stapperei sempre lo spumante. Vorremmo che il connubio della mia esperienza unita alla giovinezza dei miei collaboratori e della loro voglia di fare creasse dei frutti quest’anno e per i prossimi anni.

Da CTF a devo team Bahrain: cosa cambia?

31.01.2025
5 min
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In ordine cronologico una delle ultime novità per la nuova stagione è stata la conferma che da quest’anno il CTF Victorious avrebbe cambiato nome. La squadra coordinata da Bressan e da Boscolo era entrata nel panorama della Bahrain Victorious qualche anno fa e ora ne è diventata ufficialmente il devo team. Si tratta di un ultimo passaggio, quasi di una formalità, ma che cambia comunque le carte in tavola. Di fatto la formazione friulana cambia affiliazione e diventa un team continental registrato presso il Regno del Bahrain

Renzo Boscolo è diesse del team da quando era Cycling Team Friuli, qui al Trofeo Piva nel 2022
Renzo Boscolo è diesse del team da quando era Cycling Team Friuli, qui al Trofeo Piva nel 2022

Tutto vecchio, tutto nuovo

I ragazzi del devo team hanno appena terminato il loro ritiro in Spagna, nel quale hanno gettato le basi per la stagione che sta per aprirsi. La prima novità è che Boscolo e i suoi ragazzi non saranno presenti alla Coppa San Geo, la gara nazionale che apre il calendario under 23 italiano. Questo perché alle gare nazionali non sono ammessi i team registrati presso Paesi diversi dal nostro.

«Il ritiro è andato bene – racconta Boscolo – siamo contenti di come abbiamo lavorato e del tempo trascorso insieme. Anche per noi, tra poco, sarà ora di cominciare e direi che non vediamo l’ora. Partiremo con una novità, ovvero delle corse nell’isola di Rodi a inizio marzo: due brevi gare a tappe e una di un giorno. Poi il calendario sarà simile a quello degli scorsi anni con le gare internazionali in Italia e Belgio. Ci sarà da lavorare per organizzare le varie trasferte tra staff e corridori, anche se non sarà tanto diverso dagli altri anni».

Boscolo e i suoi ragazzi frequentavano già le classiche under 23 in Belgio (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Boscolo e i suoi ragazzi frequentavano già le classiche under 23 in Belgio (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Il vostro modo di lavorare quindi non sarà diverso?

Da quando siamo entrati nella sfera del team Bahrain abbiamo preso questo respiro internazionale. Ora sicuramente sarà ancora più ampio e organizzato, direi che per noi è un ulteriore passo in avanti. Dal primo giorno che Bahrain ha iniziato a lavorare con noi il cammino di crescita è stato continuo.

Siete parte di una struttura che avete già avuto modo di conoscere…

La forza di una squadra WorldTour è diversa e farne parte al 100 per cento è diverso, in qualche modo. La struttura e il metodo di lavoro già lo conoscevamo, nel tempo siamo cresciuti e il team Bahrain da questo punto di vista ci ha dato una grande mano. Ora ci troviamo ancora con più forza, personale e mezzi.

Nel devo team correrà anche Jakob Omrzel, entrato nel panorama Bahrain già da junior (photors.it)
Nel devo team correrà anche Jakob Omrzel, entrato nel panorama Bahrain già da junior (photors.it)
La gestione della squadra è diversa?

Dal punto di vista di come lavoriamo con i ragazzi, no. Sia per quanto riguarda la selezione che per il metodo di allenamento e la mentalità di lavoro. Il ritiro in Spagna è un bel segnale, ma ormai lo fanno in tanti, anche formazioni continental più piccole della nostra. Quello che è cambiato è ciò che non si vede, ci sono tante figure nuove: il massaggiatore in più, il nutrizionista, ecc…

Per la scelta dei corridori, si lavora allo stesso modo?

Già gli anni scorsi il team Bahrain ci segnalava dei ragazzi che erano nel loro panorama di interesse. Da noi sono passati corridori come Van Der Meulen, Erzen, Bruttomesso, Buratti, Skerl… Il Bahrain negli anni ha fatto una scelta molto intelligente, ovvero quella di avere una filiera che parte dagli juniores. Da questa sono usciti Borremans e Omrzel, per citarne due che quest’anno correranno con noi. 

Uno dei corridori osservati dalla Bahrain e che hanno corso con la maglia del CTF è Max van Der Meulen (foto Direct Velo/Florian Frison)
Uno dei corridori osservati dalla Bahrain e che hanno corso con la maglia del CTF è Max van Der Meulen (foto Direct Velo/Florian Frison)
La rosa rimane comunque ricca di corridori italiani, dalla categoria juniores ne sono arrivati tre: Consolidani, Andreaus e Basso. 

Non abbiamo il vincolo di prendere ragazzi italiani, ma di selezionare dei profili interessanti e che abbiano delle potenzialità. A nostro modo di vedere il confronto con i migliori apre panorami di crescita per i corridori e per le squadre. Una cosa che ci dispiace è rinunciare alle corse nazionali.

Un prezzo da pagare se si vuole fare il salto in una categoria internazionale, no?

Da un lato sì, ma ci sono tanti ragazzi italiani che corrono nei devo team che non potranno partecipare a queste gare. Sarebbe bello vedere più spesso il campione del mondo juniores (Lorenzo Finn, ndr) correre nel nostro Paese. Ma visto che fa parte di un devo team non potrà farlo. 

Il devo team della Red Bull-BORA-hansgrohe non ha magari interesse nel correre le nostre gare nazionali…

Vero. Però aprire le gare nazionali anche agli atleti italiani tesserati all’estero permetterebbe a questi ragazzi di correre nel nostro Paese e di confrontarsi con i loro coetanei. A mio modo di vedere sarebbe anche un modo per alzare il livello generale in Italia. 

Si troverebbero a correre contro ragazzi di squadre continental o di club che non hanno i mezzi di un devo team.

Il discorso è ampio, questo potrebbe essere uno stimolo per tutti a migliorare. Poi a noi non cambia tanto. Ma avere dei ragazzi italiani al primo anno da under 23 e non poterli far correre alle gare nazionali lo considero un peccato. A noi farebbe piacere e per loro sarebbe un modo di approcciare la categoria in maniera progressiva.

MBH Bank-Ballan e un calendario ancora più internazionale

18.01.2025
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Riuscire a inquadrare il mondo delle continental italiane non è affatto semplice. Nel nostro Paese ne risultano iscritte undici, dopo la chiusura della Zalf Euromobil e del CTF Victorious, che però continuerà la sua attività come devo team della Bahrain Victorious: ruolo che la squadra guidata da Renzo Boscolo copriva indirettamente già da qualche stagione. Una delle formazioni di punta tra le continental italiane è la MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack (in apertura foto NB Srl). La squadra guidata da Bevilacqua e Valoti è una delle poche che propone un calendario di alto livello ai propri corridori, nonostante la grande varietà di profili presenti all’interno del suo organico.

Cesare Chesini, scalatore classe 2004, arriva dalla Zalf (photors.it)
Cesare Chesini, scalatore classe 2004, arriva dalla Zalf (photors.it)

Nuovo anno

Che stagione sarà la prossima? Questa domanda la giriamo a Davide Martinelli. Il quale dopo aver smesso di correre è passato al ruolo di diesse proprio con la MBH Bank, formazione che dieci anni fa lo ha lanciato nel professionismo. 

«Per ora – spiega Davide Martinelli – siamo in una fase di programmazione. Manca ancora qualche settimana prima dell’inizio dei vari impegni, il ritrovo sarà con i ragazzi in Spagna per un ritiro. Quest’anno saremo a Gandia, più vicino a Valencia. Partiremo i primi di febbraio. Abbiamo ultimato la rosa per il 2025 e sono contento dei ragazzi che sono arrivati».

Oioli è un profilo interessante, pronto a crescere ancora e affermarsi tra gli under 23 (foto Pettinari)
Oioli è un profilo interessante, pronto a crescere ancora e affermarsi tra gli under 23 (foto Pettinari)
Quali sono i nomi più interessanti?

Di quelli che si uniscono a noi quest’anno direi Chesini, che arriva dalla Zalf, e Oioli. Entrambi arrivano da formazioni che hanno chiuso (rispettivamente Zalf Euromobil e Q36.5 Continental, ndr). Al contrario di quanto si possa pensare, dispiace sempre vedere che delle realtà smettono di esistere. Noi come amanti del ciclismo e del movimento giovanile vorremmo vedere nascere nuove squadre ogni anno. 

Cosa ne pensi di questi due ragazzi?

Mi auguro, e un po’ lo credo, che Chesini possa essere il sostituto di Kajamini. E’ uno scalatore che va bene in pianura e ha anche uno spunto veloce. Si trova in quell’età in cui ogni anno riesce ancora a migliorare molto. Oioli è un profilo interessante per le corse miste, credo che il nostro possa essere un ambiente ideale per lui.

Pavel Novak sarà uno dei volti della MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack nel 2025 (foto NB Srl)
Pavel Novak sarà uno dei volti della MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack nel 2025 (foto NB Srl)
Da coloro che sono rimasti cosa ci dici?

Ci sono i soliti Bracalente (in questi giorni in ritiro con la Cofidis in Spagna, ndr) e Bagatin. Ma anche Novak, che l’anno scorso ha fatto una bella annata. Poi abbiamo dei giovani pronti a fare un passo ulteriore, tra questi mi viene in mente Edoardo Cipollini. Lui già l’anno scorso ha fatto vedere degli sprazzi di talento, lo aspettiamo a un livello superiore. 

Avete preso un solo junior: Enrico Simoni.

Credo che si debba andare a fasi alterne. In una squadra ci devono essere dei corridori di maggiore esperienza che trascinano gli altri. I giovani hanno solo da imparare da questi ragazzi. Se ogni anno si carica la squadra di giovani si rischia di non avere continuità. Ora siamo in un momento in cui abbiamo puntato qualcosa in più sugli elite, infatti ne abbiamo quattro. E comunque oltre a Simoni abbiamo preso tre juniores ungheresi a mio avviso interessanti. 

Meris è stato il riferimento per le corse tra i pro’ nella passata stagione, chi prenderà il suo posto? (foto NB Srl)
Meris è stato il riferimento per le corse tra i pro’ nella passata stagione, chi prenderà il suo posto? (foto NB Srl)
Come gestirete il calendario delle gare quest’anno, vista anche la rosa più esperta?

Vorremmo allargare i nostri orizzonti, ieri abbiamo guardato quali gare vorremmo fare. Ci piacerebbe inserire corse di buon livello all’estero, come quelle che fa la Vf Group-Bardiani: Sibiu Tour e qualche gara in Francia. Questo per dare più spazio ai nostri atleti elite. Il calendario italiano è valido, ma ci si deve confrontare anche fuori dal nostro Paese. Poi abbiamo in programma le corse dello scorso anno: Laigueglia, Coppi e Bartali, Giro di Ungheria, Giro d’Abruzzo.

Alle quali si deve aggiungere il calendario under 23…

Saremo, come ogni anno, alle gare nazionali e internazionali di categoria. Per i nostri atleti di riferimento partecipare alla Coppi e Bartali o al Giro d’Ungheria prima del Giro Next Gen penso sia un valore aggiunto. Lo abbiamo visto con Novak e Kajamini nel 2024. 

Dopo una prima stagione nella quale ha preso le misure alla categoria Edoardo Cipollini è chiamato al salto di qualità (photors.it)
Dopo una prima stagione nella quale ha preso le misure alla categoria Edoardo Cipollini è chiamato al salto di qualità (photors.it)
Con le gare regionali come vi comporterete?

Come sapete a questi appuntamenti le squadre continental possono portare solamente i ragazzi di primo e secondo anno. Sono corse che servono ai giovani per fare esperienza e testarsi, anche se poi molti organizzatori stanno rendendo queste gare di livello nazionale. Nel 2024 avremo partecipato a sei o sette corse regionali. 

Un esempio è proprio Cipollini, che hai nominato a inizio intervista.

Lui ha corso diverse gare nazionali, dove ha provato a mettersi in mostra, ha sbagliato e imparato. In questo modo ora è pronto per alzare il livello e partecipare ad appuntamenti internazionali.

Nieri promosso nella professional: alla ricerca di nuovi talenti

09.01.2025
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Una delle notizie che riguarda il mondo giovanile è che in questa stagione il team di sviluppo della Q36.5 Pro Cycling non ci sarà più. Tra le figure che lavoravano nella formazione continental svizzera c’era Daniele Nieri, il quale andrà a rimpolpare lo staff della professional. Il diesse svolgerà il solito ruolo di gestione del team e di supporto alle corse, ma avrà anche una nuova mansione: quella dello scouting. Le motivazioni della chiusura della squadra continental non sono ancora note, ma il progetto giovani non perde forza. Qualcosa cambierà, e ce lo racconta lo stesso Daniele Nieri (in apertura insieme a Nahom Zeray, vincitore della Piccola Sanremo 2024, photors.it). 

«Nel 2025 passerò alla formazione professional – spiega il diesse toscano – nella quale continuerò a seguire i giovani che hanno proseguito il cammino con noi. In più avrò modo di andare a cercare e vedere le gare juniores e under 23 alla ricerca di ragazzi sui quali puntare».

Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23
Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23

Sondare il terreno

Quella del ruolo di talent scout non è una novità totale per Daniele Nieri. Il tecnico toscano per anni ha visto e osservato giovani ragazzi in rampa di lancio, li ha seguiti e fatti crescere. Questo compito farà ancora parte delle sue mansioni nella Q36.5 Pro Cycling, ma con una sfumatura diversa. 

«Seguirò come diesse – continua a spiegare Nieri – le gare dei nostri giovani, ci sono dei profili interessanti: Joseph Pidcock (fratello di Thomas, ndr), Enekoitz Azparren, Fabio Christen, Nicolò Parisini e Walter Calzoni. Sarò accanto a loro nelle gare alle quali parteciperanno. Ma, il ruolo predominante, sarà quello di scouting. Andrò a vedere le corse riservate ai giovani, quelle di categoria .1 e anche le gare juniores e under 23. cambierà un po’ il target».

Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
In che senso?

Diciamo che sarà più ampio. Non avendo più la formazione intermedia, ovvero quella development, potremo prendere anche corridori elite. Il nostro focus saranno corridori in fase avanzata, già cresciuti o comunque pronti al salto nel mondo dei professionisti. 

Cosa cambierà nell’approccio?

All’inizio faremo una ricerca non per trovare corridori ma per monitorare la crescita dei giovani. Raccoglieremo dati, sia psicologici che tecnici, per capire che corridori abbiamo davanti. Studieremo la loro evoluzione, anche di quelli che non correranno con noi. Sarà un lavoro più “curioso” all’inizio, nel quale potrò creare una lista interna di corridori possibili. 

Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Andrai alle corse con quale occhio?

Prima ci andavo per trovare i ragazzi da inserire nel devo team, ora per cercare i profili più interessanti. Alzeremo un po’ l’età media dei corridori che monitoreremo. Restando intorno a ragazzi di età compresa tra i 22 e i 24 anni. 

Come mai?

Per due motivi. Il primo è perché ormai è sempre più difficile prendere ragazzi di 18 o 19 anni. Su di loro arrivano i devo team del WorldTour. In secondo luogo perché per alcuni il salto da juniores a professionisti è troppo ampio. Per quel che ho visto in questi anni i giovani italiani hanno bisogno di fare un passaggio intermedio e di correre da under 23. Un progetto interessante è quello della Vf Group-Bardiani, che prende i giovani ma fa fare loro un calendario dedicato.

Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Pensi sia replicabile?

Difficile. Anche perché i Reverberi riescono a proporre una crescita graduale. 

Quella della Q36.5 é una scelta in controtendenza nel momento in cui tutte le squadre inseriscono un devo team

Vero. Ma bisogna anche essere realistici. Il rischio maggiore è che le formazioni WorldTour arrivino e si aggiudichino i corridori migliori, mettendoli nei devo team. Un altro rischio è che noi come formazione development cresciamo un ragazzo e poi arriva lo squadrone a portarselo via, così non raccogliamo i frutti del nostro lavoro. 

Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Tornando al discorso dell’età, cercherete corridori più maturi?

In generale, anche nel devo team, difficilmente arrivavamo a prendere ragazzi direttamente dalla categoria juniores. E se lo abbiamo fatto erano stranieri, non italiani. 

Perché?

I ragazzi italiani a 18 anni non sono pronti a fare la vita da corridore, devono fare un passaggio intermedio. Mentre i giovani stranieri, come gli spagnoli o i colombiani, sono mentalmente predisposti. Però da un lato penso sia meglio tutelare i giovani e proporre loro un percorso più morbido. Fare un anno tra gli under 23 è utile, per attutire il colpo e permettergli di emergere alla lunga. Fornendogli i mezzi per avere carriere durature.

Andrea Donati: la crescita tra gli juniores e il primo anno da U23

23.12.2024
4 min
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Andrea Donati è appena tornato da scuola e si sta preparando per andare in palestra. Il suo inverno sta passando tra qualche uscita leggera in bici, lo studio e delle sessioni di pesi. Non si parla ancora di carichi di allenamento elevati, la sua prima stagione da under 23 inizierà tra qualche mese e non è necessario spingere fin da subito. Meglio fare le cose passo dopo passo. 

«In questa prima parte della stagione – ci racconta – meglio restare calmo per non avere picchi di forma troppo presto. Sono tornato in bicicletta da un mesetto, le prime due settimane sono state toste. Tornare a pedalare dopo un lungo periodo di pausa non è mai semplicissimo, anche un’ora e mezza a ritmi blandi si sente tutta. Ora mi sto adattando a carichi di lavoro sempre maggiori».

Andrea Donati ha corso i due anni da juniores con la Ciclistica Trevigliese (photors.it)
Andrea Donati ha corso i due anni da juniores con la Ciclistica Trevigliese (photors.it)

Ancora lontani

La prima stagione da under 23 Andrea Donati la correrà in maglia Biesse Carrera Premac. Il bresciano arriva dalla Ciclistica Trevigliese (in apertura foto Instagram), squadra juniores con la quale è cresciuto parecchio guadagnandosi di diritto la stima del cittì Dino Salvoldi. Il quale ha puntato molto su Donati, convocandolo per diverse prove con la nazionale. L’ultima esperienza, in ordine cronologico, è stata la cronometro juniores ai mondiali di Zurigo.

«Il grande salto a livello di crescita fisica – racconta Donati – c’è stato lo scorso inverno quando ho aumentato la mia massa muscolare di due o tre chilogrammi. Una cosa dovuta allo sviluppo ma anche a una maturazione mentale. Infatti, in quello stesso periodo è arrivato anche un cambiamento importante sulla gestione degli allenamenti. Sono diventato più consapevole, quasi maniacale. Anche per quello che riguarda la dieta».

Prima di passare su strada il bresciano ha corso in mtb (foto Instagram)
Prima di passare su strada il bresciano ha corso in mtb (foto Instagram)
Passi under 23 con la Biesse-Carrera, come hai scelto questa squadra?

Mi avevano contattato molto presto, a inizio 2024. Qui correva mio fratello Davide che mi ha sempre parlato bene della squadra, nel 2025 correrà con il devo team della Red Bull-Bora ma i suoi consigli sono stati preziosi. Quando si è presentata l’occasione di correre qui sia la mia famiglia che il procuratore erano contenti. E’ una buona squadra per crescere, e poi andando ancora a scuola era importante avere una squadra vicino a casa. 

Hanno bussato altre squadre alla tua porta?

In realtà no. Alla fine con la Biesse ho firmato a giugno del 2024 ed ero convinto della scelta, quindi non mi sono guardato intorno. Se avessi voluto magari una devo team l’avrei trovata, credo, ma non mi sono interessato. La Biesse-Carrera è un’ottima continental, si trova vicino a casa e inoltre credo che imparare a vincere in Italia sia una bella cosa

Nel 2024 ha collezionato diverse esperienze con la nazionale guidata da Salvoldi, qui all’Eroica Juniores Nations Cup (photors.it)
Nel 2024 ha collezionato diverse esperienze con la nazionale guidata da Salvoldi, qui all’Eroica Juniores Nations Cup (photors.it)
Non è obbligatorio andare all’estero.

Se sei un fenomeno è diverso. Magari anche lontano da casa e in un devo team riesci a costruirti le giuste occasioni per vincere. Io non penso di essere un fenomeno ma un buon corridore sì.

Che passi in avanti senti di aver fatto, oltre a quelli fisici?

La cosa in cui sono migliorato parecchio è la gestione in gara, soprattutto nella capacità di stare in gruppo. Il 2024 è stato il mio secondo anno nel quale mi sono dedicato alla strada, prima facevo mountain bike. Il 2023 ho fatto un po’ più fatica, mentre quest’anno mi sono mosso bene. Poi il fatto di aver corso molto all’estero mi ha dato una grande mano. 

L’ultima gara con la nazionale è stata la prova a cronometro di categoria a Zurigo
L’ultima gara con la nazionale è stata la prova a cronometro di categoria a Zurigo
Com’è stato confrontarsi con tanti corridori diversi?

Stimolante. A inizio stagione ero molto vicino ai più forti e mi sono giocato diverse chance. Ci sono state anche delle giornate difficili ma fa parte della crescita, l’obiettivo è continuare a migliorare grazie a esperienze del genere. Penso però di essere nel posto giusto, i miei compagni sono forti e lo staff del team è valido.

Sai già come dividerai la stagione?

Principalmente in due blocchi: prima della maturità e dopo. Non ho ancora il calendario ufficiale. Nel 2025 avrò come obiettivo quello di migliorare, credo che con il giusto lavoro potrò essere competitivo. Tra poco tocca mettersi al lavoro, a fine gennaio andremo in Spagna per un ritiro tutti insieme e inizieremo ufficialmente.

Bartoli, c’è un modo per ridare spessore ai dilettanti?

04.12.2024
5 min
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Quando lo rintracciamo, Michele Bartoli sta guidando verso il centro di Lunata con cui collabora. Il toscano sarà al ritiro della Bahrain Victorious a metà dicembre e oggi, dice, andrà a divertirsi con gli allievi che hanno richiesto il suo intervento. «Sono dei test così – mette le mani avanti – niente di serio. Tanto per fargli capire cosa significa fare ciclismo. Io sono uno che con i giovani va volutamente lento».

Lo abbiamo chiamato per riprendere il discorso fatto con Geremia sul dilettantismo italiano com’era e come invece è diventato. E se il tecnico regionale degli juniores veneti ha citato la sua esperienza con corridori come Nibali e Visconti che vincevano contro gli elite nel 2004, a Bartoli chiediamo come andassero le cose fra il 1989 e il 1992, quando il dilettante era lui e otteneva le sue vittorie più belle.

«Quindi Geremia – inizia Bartoli – sostiene che correre con i più grandi sia una cosa positiva? Sono d’accordo anch’io, assolutamente. L’impegno fisico rimane quello. I tuoi 3-5-12 minuti più o meno rimangono gli stessi come picchi di potenza, non è che correre con gli under 23 o gli elite cambi qualcosa. Cambia invece l’impegno mentale, il dover studiare qualcosa per sopperire alla maggior forza degli altri. E quindi impari prima e di più. L’ho sempre detto, sotto questo aspetto chiudere le categorie è stata una retrocessione. Anche perché poi fanno ricorso ai vari escamotage, con gli juniores che passano professionisti a 18 anni. E a quel punto dove finiscono le tutele dagli sforzi eccessivi?».

La nazionale dilettanti di Stoccarda 1991: età fra 20 e 23 anni. Bartoli il primo da destra: 21 anni.
La nazionale dilettanti di Stoccarda 1991: età fra 20 e 23 anni. Bartoli il primo da destra: 21 anni.
Saresti per ripristinare una categoria di elite e under 23 in cui salga il tasso tecnico oppure per cancellare anche gli under 23?

Quella dei dilettanti, chiamiamola così, è una categoria che è stata svuotata. Effettivamente si fa molta più esperienza facendo corse a tappe in giro per l’Europa. E’ una categoria molto sottostimata perché gli juniores buoni vanno nei devo team (in apertura Davide Stella della Gottardo Giochi Caneva, iridato della pista juniores, che passa nel team di sviluppo della UAE Emirates. Immagine photors.it, ndr). Altri passano professionisti e negli under 23 rimangono buoni atleti, ma con un interesse inferiore. Qualcosa deve essere fatto, non si può far morire una categoria intera in cui comunque corrono tanti atleti.

Secondo te perché si tende ad evitarla?

Io credo che passino così presto per ambizione, senza neanche calcolare troppo vantaggi e svantaggi. Passo professionista, punto e basta. Poi dietro ci sono sviluppi tecnici e altre considerazioni, però il primo pensiero è quello: passare. Capitano anche a me degli juniores che vorrebbero farlo a tutti i costi. Ma dove vogliono andare? Non è quello l’obiettivo. L’obiettivo è trovare una situazione in cui puoi crescere tranquillo, con gente che ti insegni il mestiere. Se passi tanto per passare, che ne sai dell’ambiente in cui ti ritrovi?

Tu sei passato a 22 anni e da dilettante correvi in mezzo a gente ben più grande: secondo te è un modello riproponibile oggi?

Correvo ad esempio contro Walter Brugna, uno dei primi che era rientrato dai professionisti. Le prime due o tre gare feci secondo dietro Alessandro Manzi, che aveva quasi 10 anni più di me. Era faticoso mentalmente perché ti aspettavi sempre un loro attacco e sapevi che quando andavano, ti lasciavano lì. E allora dovevi studiarti qualcosa per stargli dietro. Mi ricordo una corsa ad Arezzo, in un paese di cui non ricordo il nome perché da quelle parti mi sembrano tutti uguali. C’era proprio Brugna e prima dell’arrivo uno strappo ripido.

Alessandro Pinarello è passato pro’ saltando gli U23. Il 2025 sarà il terzo anno da pro’ (photors.it)
Alessandro Pinarello è passato pro’ saltando gli U23. Il 2025 sarà il terzo anno da pro’ (photors.it)
Come andò a finire?

Provai in tutti i modi ad anticiparlo, tanto sapevo che se arrivavo lì con lui, mi staccava. Ero di primo o secondo anno. Le provai tutte, cercai l’accordo con gli altri del gruppetto, per andare via una volta ciascuno. I classici ragionamenti che fai quando ti senti inferiore e che non avrei fatto se avessi corso negli under 23. Perché magari fra i coetanei ero superiore e mi bastava arrivare lì, poi sarei partito e li avrei staccati. E comunque quel giorno Brugna ci fregò lo stesso. Non si riuscì a staccarlo, si prese lo strappo e lui se ne andò e vinse. Sono le dinamiche che sei costretto a mettere in gioco solo quando sei al limite e devi trovare il modo per importi.

Pensi che si debba riorganizzare il ciclismo di quelle età?

La situazione non va bene. Tutti parlano di sforzi troppo grossi e che si è fatto così per salvaguardare i nostri atleti. Ma non sono gli sforzi fisici a danneggiarli, sono gli sforzi mentali. Uno sforzo fisico a 17, 18, 19 anni lo recuperi mangiando e andando a letto: la mattina dopo sei già pronto. Sono le scorie mentali che ti rimangono. Il problema è mandare una squadra di juniores a fare un’ora e mezzo con una salita al massimo un’ora e mezza prima del via della gara.

Poche corse under 23 hanno chilometraggi importanti: Poggiana si ferma a 164,5 (photors.it)
Poche corse U23 hanno chilometraggi importanti: Poggiana si ferma a 164,5 (photors.it)
Gli eccessi gratuiti?

E’ il problema del nostro ciclismo e crea talmente tante scorie che ti rimangono nel cervello e poi pian piano rigetti la fatica. Non ce la fai più, anche involontariamente, soprattutto involontariamente. Non è che lo decidi di non sopportare la fatica, ti succede e la chiudi lì. A meno che non fai certi sforzi da giovanissimo, esordiente o allievo, la fatica non ha mai fatto male a nessuno. Sapete quali sono le componenti dell’allenamento?

Quali?

Le componenti per far crescere gli atleti sono l’allenamento, la vita privata e le gratificazioni. Oggi invece esistono solo gli obiettivi agonistici, tutto il resto non conta più. La vita privata non conta più e le gratificazioni della vita di tutti i giorni sono proibite. Magari inventarono l’under 23 per contrastare altri fenomeni, ma ora che è tutto cambiato fa più danni che vantaggi. Hanno fatto bene anche a liberalizzare l’uso dei rapporti fra gli juniores, ma si deve trovare il modo perché il dilettantismo torni a produrre buoni corridori come un tempo, quando non c’erano alternative.

EDITORIALE / Under 23, davvero una categoria da estinguere?

25.11.2024
5 min
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A voler essere gentili, si potrebbe dire che da un certo punto in poi, non ci abbiamo più capito niente. Il ciclismo mondiale degli under 23 ha preso una direzione diversa, mentre noi abbiamo continuato per la nostra ritrovandoci da tutt’altra parte, senza che il navigatore ci abbia detto che eravamo sulla strada meno utile. Oppure, se lo ha detto, abbiamo creduto di poter fare senza e ora ci ritroviamo sull’orlo di un precipizio, al culmine di una strada senza uscita. Cosa fare?

In occasione dell’Open Day di Beltrami, Bruno Reverberi ha detto quello che nessuno voleva sentirsi dire, ma che rispecchia il nuovo corso del ciclismo. «Le squadre under 23 non hanno più senso di esistere, bisognerebbe eliminare la categoria e far correre i giovani tra i team devo del WorldTour e le continental…». Anche in questo, se vogliamo c’è un’inesattezza: i devo team infatti sono tutti under 23 e le continental italiane, ad eccezione di pochi atleti rimasti, appartengono alla stessa categoria. Resta il senso del messaggio: non servono più le squadre che fanno solo attività non professionistica, perché non offrono ai ragazzi le occasioni di formazione che invece ricevono altrove.

Bruno Reverberi si è espresso ieri contro i team italiani under 23, il cui calo è anche un effetto e non solo una causa
Bruno Reverberi si è espresso ieri contro i team italiani under 23, il cui calo è anche un effetto e non solo una causa

La Zalf che chiude

I presidenti che si sono susseguiti al comando del ciclismo italiano negli ultimi 20 anni hanno tirato a campare, come si fa quando si manda avanti un vecchio albergo pieno di storia, ma con i segni del tempo che lo rendono meno appetibile delle strutture moderne tutte elettronica e integrazione. Perché lo hanno fatto? Proviamo a capirlo.

Probabilmente perché non ne hanno mai visto davvero la necessità, pensando che l’acqua nel pozzo non sarebbe mai finita. Poi perché questo avrebbe significato radunare un quantitativo enorme di direttori sportivi che hanno superato i 65 anni, costringendoli ad aggiornamenti che non tutti avrebbero gradito. Forse perché mettersi contro le società che ogni volta sono chiamate a votarli avrebbe significato perdere consenso. Magari anche perché consapevoli che la natura locale degli sponsor italiani non consentirebbe grosse aperture. E quando ci si è rassegnati alla conversione in continental, dopo l’entusiasmo della prima ora, si sono fatti bastare la qualifica (e i contributi che ne derivavano), senza sincerarsi che i team facessero un’attività all’altezza.

Il risultato finale, uno dei risultati finali più eclatanti è che la gloriosa Zalf Desirée Fior, che del vecchio albergo pieno di gloria ha tutta la nobiltà e gli acciacchi, è arrivata al capolinea ed è stata costretta a chiudere i battenti. Perché andare avanti se anno dopo anno ci si è ritrovati sempre di più ai margini, senza il minimo spiraglio di poter tornare ai vertici?

Dopo 43 anni si è interrotta la strada della Zalf Fior, con una cena di commiato a Castelfranco Veneto (photors.it)
Dopo 43 anni si è interrotta la strada della Zalf Fior, con una cena di commiato a Castelfranco Veneto (photors.it)

Il pasticcio del 1996

Come se ne esce? Reverberi ha una parte di ragione, ma non tutta. Anzi, il suo progetto giovani è per lui una necessità, ma anche una delle cause dello svuotamento della categoria under 23 italiana, assecondando le esigenze degli atleti e quelle dei loro procuratori che hanno una gran fretta di farli firmare. E allora perché non giocare una carta che finora pochi hanno azzardato, se non a sprazzi nei mesi dopo il Covid?

Il grosso gap fra i devo team e una squadra under 23 italiana è il livello dell’attività che svolgono. E se la scelta o la possibilità di andare a correre tra i professionisti riguarda le singole squadre, nulla o nessuno vieta di riqualificare le corse italiane.

L’UCI ha la sua responsabilità. Quando nel 1996 impose la categoria under 23, volendo a tutti i costi isolare i ventenni dagli elite, come prima disposizione impose il taglio dei chilometri di gara. E così classiche italiane per dilettanti, che si correvano da decenni sopra i 180 chilometri, divennero corsette per giovani corridori da tutelare. Preso atto che la misura non servì a risolvere i problemi più evidenti e che ormai un under 23 corre regolarmente tra i professionisti su distanze ben superiori ai 200 chilometri, forse è il caso di fare un passo indietro. Se non altro a livello italiano.

Il Palio del Recioto e il Giro del Belvedere richiamano devo team da tutta Europa. Ecco Nordhagen lo scorso aprile
Il Palio del Recioto e il Giro del Belvedere richiamano devo team da tutta Europa. Ecco Nordhagen lo scorso aprile

Il calendario che non c’è

Volendo dare un suggerimento al futuro presidente federale, fra i vari provvedimenti si potrebbe dirgli di mettere mano in modo incisivo al calendario. E se è vero che le internazionali venete di aprile sono piene dei devo team di tutta Europa, potrebbe offrire un sostegno cospicuo agli organizzatori delle classiche italiane di maggiore prestigio, supportandole nel passaggio alla qualifica di internazionali e mettendole nel calendario in modo che con un solo soggiorno, i team europei possano disputare almeno tre gare.

A quel punto, dotate di altimetrie e chilometraggi degni di attenzione, le nostre internazionali sarebbero di nuovo un richiamo per i team stranieri, tornando al contempo dei banchi di prova più attendibili anche per gli under 23 italiani. Lo scadimento dei nostri team, oltre a conduzioni superate e a volte supponenti, è anche l’effetto di un’attività insufficiente. Se per una settimana al mese fosse possibile creare un simile meccanismo, le cose cambierebbero. Le squadre avrebbero qualcosa da raccontare ai loro sponsor. E gli under 23 italiani non sarebbero costretti a saltare frettolosamente nel vuoto, avendo nel fallimento la sola alternativa al successo.

Meccia, l’ultima vittoria da junior è… la prima tra gli U23

24.10.2024
6 min
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Ha chiuso la stagione col colpaccio che nessuno si aspettava, riscrivendo una fetta di storia della gara. La vittoria ad Acquanegra sul Chiese per Leonardo Meccia in pratica corrisponde all’ultima da junior e…. alla prima da U23 (in apertura foto Rodella).

La classica mantovana, che tradizionalmente segna la fine del calendario degli elite/U23, è stata spesso l’occasione per vedere al via formazioni juniores con atleti del secondo anno grazie alle deroghe federali. Un antipasto di un centinaio di chilometri in circuito che può essere digerito bene dai più giovani in vista del menù dell’annata successiva. E a giudicare dal risultato ottenuto, il diciottenne della Vangi Il Pirata Sama Ricambi ha mandato di traverso il boccone ai suoi rivali con una grande prova. Non ci sarebbe da stupirsi, visto il livello degli juniores di oggi, però un po’ fa pensare. Prima di capire come ci sia riuscito, abbiamo conosciuto meglio Meccia scoprendo alcuni lati interessanti per un ragazzo della sua età ed altri curiosi che lo accomunano addirittura ad un campione del suo tempo.

Ad Acquanegra il diciottenne juniores Meccia ha preceduto gli esperti elite De Totto e Belleri (foto Rodella)
Ad Acquanegra il diciottenne juniores Meccia ha preceduto gli esperti elite De Totto e Belleri (foto Rodella)

Esempio di perseveranza

Leonardo si è trovato a proprio agio sul percorso pianeggiante di Acquanegra, mantenendo fede al suo motto inventato sul profilo whatsapp che recita “more weight, more watt”. Tradotto “più peso più potenza”, che per un passista-veloce è una sorta di dottrina. Il suo cammino pre-juniores non è stato quello del predestinato. E forse è stato un bene. Ha iniziato a correre da G1 nella Sidermec Riviera e col passare degli anni ha avuto una crescita costante malgrado un bottino scarso di risultati. Nel ciclismo giovanile attuale che cerca sempre il campione fin dalle prime categorie a suon di vittorie e a suon di pressioni, fa enormemente piacere trovare un caso raro come il suo.

«Ho fatto gli esordienti con la Fausto Coppi di Cesenatico, il mio paese – ci dice Meccia, che frequenta la quinta superiore in un istituto di ragioneria – e poi gli allievi con la Fiumicinese. Ero tra i più scarsi. Ho fatto i primi veri risultati con continuità al secondo anno da allievo. Fino a due anni fa il ciclismo per me è stato un passatempo, un divertimento. Avevo iniziato a correre perché lo faceva un mio amico. Invece da junior il ciclismo ha iniziato a diventare di più una ragione di vita. L’anno scorso sono andato abbastanza bene e questo mi ha spinto a lavorare meglio in inverno. Nel 2024 ho raccolto i frutti, anche se fino a due mesi fa non ero soddisfatto pienamente come volevo io. Adesso invece posso dire che la stagione non è andata così male (sorride, ndr)».

Matteo Berti è stato il diesse di Meccia tra gli juniores. Prima alla Work Service, quest’anno alla Vangi (foto M.Chaussé)
Matteo Berti è stato il diesse di Meccia tra gli juniores. Prima alla Work Service, quest’anno alla Vangi (foto M.Chaussé)

Zero pressione

Seppur venga dalla densa terra di pedalatori e di Pantani, Meccia non conosce molto del passato del suo sport, proprio come ha ammesso Pogacar dopo il quarto Lombardia consecutivo che lo ha proiettato nella leggenda. E anche questo aspetto per Leonardo non è necessariamente negativo. Quest’anno ha conquistato 21 top 10 distribuite in maniera inequivocabile: cinque successi, cinque podi e cinque piazzamenti nei primi 5.

«Onestamente devo dirvi – ci confida – che so abbastanza poco del ciclismo. Ho avuto uno zio che correva in bici e ricordo ciò che mi diceva lui, ma senza mai approfondire. Nemmeno io ho mai avuto idoli, anche se mi piacciono tanti corridori di adesso. I miei riferimenti in questi anni sono sempre stati i miei avversari che andavano più forte di me. Mi basavo su di loro per capire il mio valore in gara. Per fortuna non ho mai avuto pressioni dai miei genitori e dai miei tecnici per vincere o arrivare tra i primi. Sento di non essere arrivato spremuto mentalmente agli juniores».

Esperienza vincente

Nel 2025 Meccia correrà con la Technipes #inEmiliaRomagna ed il salto nella nuova categoria è dietro l’angolo, ma un assaggio ce lo ha avuto due giorni fa.

«Il nostro diesse Matteo Berti – prosegue Leonardo – ha sempre portato gli juniores del secondo anno a questa corsa. Non ha preteso nulla da noi. Voleva solo che vivessimo quella giornata come un’esperienza. Ci ha dato le giuste indicazioni per correre al meglio. La qualità è salita tantissimo tra gli juniores ed in effetti su quel tipo di percorso (un circuito di 4 chilometri da ripetere 25 volte, ndr) non mi aspettavo grandi differenze tra noi e gli U23. Tuttavia ero abbastanza emozionato. Avevo timore e soggezione di correre con ragazzi abbastanza più grandi di me, addirittura alcuni con la barba che li facevano sembrare ancora più vecchi (sorride, ndr)».

Meccia ha disputato diverse corse internazionali. Qui con la maglia dell’Emilia Romagna all’ultimo Giro di Lunigiana
Meccia ha disputato diverse corse internazionali. Qui con la maglia dell’Emilia Romagna all’ultimo Giro di Lunigiana

La stoccata decisiva

Meccia è salito sul primo gradino del podio davanti a due esperti come De Totto del Sissio Team e Belleri della Hopplà, rispettivamente di 24 e 25 anni. In corsa ha dovuto anche pagare dazio di una regola non scritta molto “dilettantistica”, ma non ci ha fatto troppo caso.

«Durante le prime tornate – conclude il suo racconto – mi sono preso un po’ di “parole” da qualche corridore. Ero davanti e mi dicevano di tornare indietro nella pancia del gruppo. Non ci sono rimasto bene, seppur capissi la situazione, ma non volevo discutere e così questo mi ha incentivato a restare nelle prime posizioni. Anzi, sono entrato nella fuga decisiva di 19 assieme al mio compagno Bolognesi che è nata prima di metà gara».

Poggio Torriana, Meccia è preceduto da Cettolin nella volata per il secondo posto. Vittoria a Consolidani (foto Ballandi)
Poggio Torriana, Meccia è preceduto da Cettolin nella volata per il secondo posto. Vittoria a Consolidani (foto Ballandi)

Quattordici giri in avanscoperta ed il rispetto degli avversari che cresce chilometro dopo chilometro quando si accorgono che il giovane Meccia non salta i cambi e collabora. La superiorità numerica di alcune formazioni in fuga non funziona, l’accordo salta subito nonostante il gruppo avesse già alzato bandiera bianca. E così c’è spazio per tentativi solitari. L’ultimo è il suo, quello decisivo, quello per cui si è meritato i complimenti di tutti.

«A sette giri dalla fine – racconta – siamo rimasti davanti in otto. A due giri se ne è andato De Totto guadagnando 15”. Dietro c’era un po’ di attendismo, finché a tre chilometri dal traguardo ci ho provato. Sono scattato tornando sulla sua ruota in vista del triangolo rosso. Ai 500 metri l’ho superato e sono riuscito a vincere tutto solo. Nessuno se lo aspettava, nemmeno io. Ed è stato bellissimo».

Bravo Leonardo, hai scelto il miglior modo per iniziare il passaggio di categoria che avverrà ufficialmente fra meno di due mesi. Per le riflessioni su come stia cambiando il ciclismo delle categorie giovanili servirà invece aprire una pagina a parte.