Due giorni al Fiandre: Pogacar getta la maschera

31.03.2023
5 min
Salva

«Spero e penso che Michele abbia ragione – dice Baldato, riferendosi alle parole di Bartoli sulle chance di Pogacar al Fiandre – pensiamo tutti che dopo sei ore e mezza Tadej possa avere una maggiore resistenza alla fatica rispetto a Van der Poel e Van Aert. Le azioni della settimana scorsa alla E3 Saxo Classic sono state delle prove. Abbiamo capito che il Qwaremont è la salita più adatta a lui, quella in cui li può mettere in difficoltà. Invece quanto all’osservazione di Michele sui tanti scatti della Sanremo

«Ha ragione, anche io che ero a casa l’ho notato. Forse avrebbe potuto voltarsi una volta di più e si sarebbe accorto che Van der Poel stava rientrando a ruota di Van Aert senza fare fatica, ma quando sei lì e sai che hai solo quei 500 metri, tante volte ragionare non è facile. Oggi abbiamo fatto tre ore, due asciutte e una con la pioggia. E’ andata meglio dell’anno scorso quando trovammo la neve. Stiamo bene e abbiamo una bella squadra. Ma del resto non ho mai sentito Tadej Pogacar lamentarsi perché sta male».

Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica
Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica

Due giorni al Fiandre

Le cinque del pomeriggio a Waregem. Nell’hotel del UAE Team Emirates parla Tadej Pogacar, ma cominciare dal direttore sportivo che lo guiderà domenica al Giro delle Fiandre serve per avere il polso della situazione. Fuori piove, per tutto il giorno la temperatura è rimasta intorno ai 10 gradi, ma per domenica danno bel tempo.

Pogacar ha la consueta espressione serena e dalle sue parole traspare il gusto di esserci, che è alla base della passione di ogni professionista che venga quassù a sfidare queste stradette di sassi e fango, ma in lui si concretizza in un sorriso contagioso.

E’ vero che l’altro giorno hai fatto le prove?

Ho voluto capire cosa c’era ancora nelle gambe, sapendo che domenica quello sarà il punto in cui inizierà la fase decisiva della corsa. In più stamattina siamo andati a fare la ricognizione sul percorso ed è stato importante, perché non conosco ancora bene queste strade. Ne avevo bisogno per riprendere il feeling con questi posti. Negli ultimi giorni sono stato a Monaco. Avevo qualche appuntamento e ne ho approfittato per fare un paio di allenamenti duri. Ho cercato anche di recuperare prima di tornare quassù. Sarà importante ricordare i punti chiave, soprattutto quando Van Aert schiererà il suo squadrone e Van der Poel partirà all’attacco.

Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Che cosa rappresenterà il Qwaremont nel tuo Fiandre?

E’ la salita più lunga, quella in cui posso far valere le mie doti, quella con il pavé sino in cima. Il Paterberg invece è troppo corto per le mie caratteristiche. So che arrivare da solo sarà molto difficile, bisognerà trovare il momento giusto. L’anno scorso il mio grosso problema fu lo spreco di energie per recuperare le posizioni, ero sempre indietro. Quest’anno mi sembra di essere migliorato con l’esperienza e soprattutto dopo sei ore ci saranno gambe più stanche e meno stress.

E se non arrivassi da solo?

In un sprint con loro due, dovrei essere contento per la conquista del podio. Preferisco concentrarmi sull’ipotesi di essere il più forte sulle salite, per provare ad arrivare da solo, ma faccio fatica a dire dove si potrebbe provare.

Perché ti piace il Fiandre?

Per l’atmosfera, i tifosi a bordo strada, le strade spettacolari e il percorso interessante per me. Se il Tour è il primo obiettivo di stagione, il Fiandre potrebbe essere il secondo, anche se non mi piace fare classifiche. Diciamo che è uno dei più grandi. Il Belgio mi piace per questa atmosfera speciale…

Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Le statistiche dicono che soltanto Merckx e Bobet hanno vinto Tour e Fiandre.

Non lo sapevo, non conosco la storia del ciclismo e onestamente preferisco vivere il presente e pensare al futuro. Certi calcoli semmai li farò a fine carriera.

La Jumbo-Visma ha dominato in lungo e largo, come siete attrezzati voi?

Abbiamo una bella squadra, con Wellens e Trentin che sono in ottima forma. Probabilmente non si può fare un paragone, ma non credo che sarà facile dominare il Giro delle Fiandre. In ogni squadra c’è almeno un potenziale vincitore e non credo che tutti vorranno stare ad aspettare le mosse di pochi. Questo ciclismo è diventato bellissimo, ogni giorno fuochi d’artificio. Mi piacciono queste corse, vengo a farle perché è molto meglio che guardarle in televisione.

Qualcuno dice che essere più leggero di Van Aert e Van der Poel sia uno svantaggio.

Non sono tanto leggero, in realtà. Sono certamente più pesante di quando corro il Tour, due giorni fa ero a 67 chili. Ma la differenza in salita la fai con la potenza e se hai quella, vai forte a prescindere da quanto pesi.

La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
Quei 16 chilometri dalla fine del Paterberg all’arrivo sono una condanna?

Sono lì per tutti, ma certo non sono pochi. Soprattutto dopo sei ore e mezza di corsa. Confido di avere le gambe migliori dopo una corsa così lunga. Non so se con Van der Poel e Van Aert possa nascere un’alleanza, ma fra i due mi capisco meglio con Mathieu. Non so perché, deve essere un fatto di affinità. Ma da qui a dire che saremo alleati…

Albasini, spalla di lusso per Arzeni al UAE Team ADQ

29.03.2023
4 min
Salva

L’ultima volta che avevamo parlato con Marcello Albasini, ci aveva raccontato della EF Education-Nippo Development, di cui era il direttore sportivo e da cui Enrico Gasparotto aveva preso il volo direzione Bora-Hansgrohe. Più di un anno dopo, ce lo siamo ritrovati a Le Samyn sull’ammiraglia di Davide Arzeni, mentre parlavamo con il tecnico del UAE Team ADQ della vittoria di Marta Bastianelli. Abbiamo scoperto a questo modo che lo svizzero fosse approdato nella squadra gestita da Rubens Bertogliati. E a quel punto sono bastati dieci secondi per immaginare il collegamento fra i due.

«La prima volta che ho fatto un mondiale con Rubens – racconta Albasini – era in Spagna, a San Sebastian 1997. Lui aveva 17 anni, io ero tecnico della nazionale svizzera, si arrivò tutti in gruppo e vinse il vostro D’Amore. Per quei due anni abbiamo fatto qualche corsa in nazionale negli juniores. Poi quando era già grande e aveva chiuso la carriera, l’ho cercato perché venisse a fare il direttore sportivo alla IAM Cycling. Adesso invece mi ha chiamato lui perché venissi qui. Il ciclismo è un mondo piccolo, ma intanto mi trovo bene e andiamo avanti».

Albasini è stato tirato a bordo da Rubens Bertogliati, team manager del tema femminile
Albasini è stato tirato a bordo da Rubens Bertogliati, team manager del tema femminile
Abbiamo perso un passaggio: come è finita con la continental?

Per me era abbastanza difficile, avevamo idee un po’ diverse. E così alla fine, dato che sono anche andato in pensione, ho scelto di andare via.

Quanti anni hai?

Ne ho 66, pensavo di aver finito. Invece mi ha chiamato Rubens. Mi ha chiesto come fossi messo e io gli ho detto di toglierselo dalla testa, che volevo andare in pensione. Lui ha insistito. Gli ho proposto di fare il 50 per cento delle giornate, invece sono diventate il 100 per cento. Come sempre quando dico di no, finisce che accetto.

Cosa ti pare di questo ciclismo femminile?

Con le donne è tutto nuovo, però è anche interessante. Sono rimasto sorpreso vedendo a quale livello si sia portato il movimento, specialmente come organizzazione. Sapevo che le atlete hanno fatto un bel passo avanti, perché ho allenato per due anni Marlene Reusser e so quando sia salito il livello atletico. Invece l’organizzazione mi ha sorpreso. Non so se tutte le squadre siano allo stesso livello nostro, ma siamo quasi al livello di una WorldTour maschile.

Sull’ammiraglia alla Gand-Wevelgem, Albasini è accanto ad Arzeni, che parla con Gasparrini
Sull’ammiraglia alla Gand-Wevelgem, Albasini è accanto ad Arzeni, che parla con Gasparrini
Quanto è diverso invece il livello tecnico delle corse al tuo punto di vista?

Sto ancora guardando, non conosco ancora tutte le ragazze, lo sto facendo pian piano. E’ un po’ diverso dal quello maschile, perché se partono le più forti, è difficile trovare un gruppo dietro per chiudere i buchi. Ci sono 10-15 ragazze fortissime e alle loro spalle c’è una sorta di altro livello. Ma credo che si andrà nella stessa direzione dei maschi, per cui le differenze andranno progressivamente a ridursi.

Voi siete già organizzati bene, da quest’anno anche con il team di sviluppo…

Penso che qui si facciano le cose proprio come si deve, anche pensando al futuro, per vedere chi si può prendere per i prossimi anni.

Bastianelli ha detto che al Nord è molto più importante che altrove avere in ammiraglia tecnici esperti.

In Belgio l’esperienza ti aiuta tanto. Conosci i percorsi, conosci i tratti importanti, i punti importanti. Anche Marta però è un’atleta di spessore, veramente una campionessa e i campioni hanno tutti lo stesso carattere, che siano uomini oppure donne

Con quale entusiasmo si riparte a 66 anni?

Come posso dire… E’ sempre interessante vedere cose nuove. Impari, chiedi, capisci come funziona questo nuovo mondo. In parte è diverso da quello in cui ho lavorato finora, però se ci sono cose nuove e la motivazione di vedere come funzionano, allora non ci sono differenze.

Avere tecnici esperti è utile soprattutto al Nord. Qui Marta Bastianelli tira il gruppo
Avere tecnici esperti è utile soprattutto al Nord. Qui Marta Bastianelli tira il gruppo

Un progetto molto ampio

A margine delle parole di Albasini, è interessante notare che rispetto allo scorso anno, Rubens Bertogliati ha smesso di preparare i corridori di sua competenza nel team maschile e si è dedicato al 100 per cento alle donne. Il UAE Team ADQ è infatti parte integrante di un progetto sociale ben più ampio negli Emirati Arabi Uniti.

«Il progetto globale che abbiamo iniziato nel 2014 – spiega il team principal Mauro Gianetti, in apertura con Albasini – è sfociato nella WorldTour maschile a partire dal 2017. Ora si sta sviluppando, si sta ingrandendo e l’ambizione è quella di far crescere tutto il movimento, anche quello femminile. Si è fatta una programmazione a lungo termine, soprattutto per il progetto negli Emirati Arabi. Ormai siamo quasi a 2.000 chilometri di piste ciclabili, quando solo 10 anni fa non c’era nulla. Centinaia di migliaia di persone, che prima non lo conoscevano, hanno iniziato a fare ciclismo. Hanno aperto centinaia di negozi. La bici non serve solo per trovare futuri campioni, ma soprattutto per la salute e il benessere di una nuova generazione. Il team femminile rientra in questo stesso filone. Avere delle squadre ad ogni livello che rappresentano questo ideale per noi è molto importante».

Enervit C2:1PRO, la nutrizione a prova di campioni

24.03.2023
3 min
Salva

L’obiettivo è quello di ottimizzare l’efficienza energetica a supporto del miglioramento delle performance, soprattutto ad alte intensità. Dalla ricerca scientifica e dall’esperienza sul campo dell’Equipe Enervit, grazie anche alla collaborazione con UAE Team Emirates, Trek-Segafredo e la Federazione Ciclistica Italiana, nasce C2:1PRO.

Una linea innovativa di prodotti energetici dedicata agli atleti degli sport di endurance che massimizza l’apporto di carboidrati per unità di tempo. I prodotti vantano tre brevetti depositati e sono composti da: gelatina, gel, barrette, caramelle gommose e bevanda istantanea.

Uno collaborazione maturata al fianco dei campioni

Formula innovativa

La massima efficienza energetica, la tollerabilità, la praticità e la varietà di formati sono i punti di forza di questa linea, che è già diventata un vero e proprio punto di riferimento per gli atleti. Una piccola rivoluzione nell’integrazione in fase di sforzo prolungato che ha ricevuto consensi anche ad alti livelli.

Tutti i prodotti C2:1PRO sono a base di glucosio e fruttosio (post-idrolisi dei carboidrati) in rapporto 2:1. Le soluzioni con questo rapporto consentono di superare i 60 grammi di carboidrati all’ora, fino ad arrivare anche a 90 (+50%). Tutto questo ottimizzando le loro performance e minimizzando il rischio di stress intestinali.

Per i pro’ con i pro’

Per lo sviluppo di questi prodotti sono stati fondamentali i feedback dei nutrizionisti e dei corridori WorldTour che Enervit supporta, come Tadej Pogacar, molto attento e sensibile alla nutrizione.

«L’aspetto nutrizionale – ha detto Tadej – è importantissimo. Abbiamo obiettivi ambiziosi e la formula C2:1PRO ci aiuta a raggiungere i migliori risultati. Sono prodotti facili da digerire che consentono di massimizzare i carboidrati assorbiti, che è ciò di cui abbiamo bisogno in gara». 

«La gamma di prodotti C2:1PRO – ha aggiunto Gorka Prieto, nutrizionista di UAE Team Emirates – è il frutto di più di un anno di lavoro sul campo con l’Equipe Enervit e Tadej ci ha dato un feedback molto positivo. Superando le tre ore, si potrà assumere una quantità maggiore di 60 grammi di carboidrati per ora fino a superare i 90, utilizzando tutta la varietà di prodotti C2:1PRO».

Infine la campionessa Elisa Longo Borghini della Trek-Segafredo ha evidenziato: «E’ importante e necessario avere un alto apporto di carboidrati nei momenti in cui siamo full gas, senza problematiche a livello digestivo».

I pro’ hanno già iniziato ad usarli in gruppo e durante i propri allenamenti: nella foto, Giulio Ciccone
I pro’ hanno già iniziato ad usarli in gruppo e durante i propri allenamenti: nella foto, Giulio Ciccone

I prodotti

I prodotti sono cinque e si differenziano per formato e apporto. Si adattano a varie tipologie di assunzione e ricoprono al meglio anche l’esigenza a seconda della tipologia di sforzo. Per primo l’Isocarb: una miscela in polvere per bevanda istantanea a base di maltodestrine DE1 e fruttosio con vitamina B1. Carbo Gel a base di maltodestrine e fruttosio in rapporto 2:1 con vitamine del Gruppo B. Segue Carbo Jelly, una gelatina a base di carboidrati con vitamina B1. Carbo Bar, una barretta a base avena con glucosio/fruttosio e vitamina B1. Infine Carbo Chews, caramelle a base di maltodestrine con vitamina B1.

Enervit

La mossa di Trentin. La Sanremo da un’altra ottica

23.03.2023
4 min
Salva

Milano-Sanremo 2023, salita del Poggio. Il gruppo è in fila indiana con Wellens che sta facendo un lavoro enorme per Pogacar. Intorno alla decima piazza c’è Matteo Trentin, anche lui della Uae. Intorno alla metà l’ex campione europeo molla improvvisamente e chi era dietro di lui perde l’attimo. Si crea una frattura nella fila, dietro si tergiversa, davanti si scappa via. Pochissimi secondi dopo, Wellens si fa da parte e Pogacar porta il suo attacco, secco, al quale solo Van Der Poel, Van Aert e Ganna riescono a rispondere.

L’esito finale è ormai parte della storia, ma quell’azione è rimasta impressa nella mente, quasi fosse studiata nei particolari, quasi sia stata fatta prendendo dei riferimenti ai bordi della strada. A mente fredda abbiamo provato a ripercorrere quei momenti cruciali con lo stesso Trentin, partendo dalla domanda più spontanea dopo aver visto quanto è successo: ha mollato di proposito?

Trentin nella discesa della Cipressa. Fino al Poggio la sua Sanremo era stata secondo i piani, poi il ruolo è cambiato
Trentin nella discesa della Cipressa. Fino al Poggio la sua Sanremo era stata secondo i piani, poi il ruolo è cambiato

«Sì e no – risponde Matteo – nei propositi e nella tattica che avevamo messo in preventivo dovevo essere un paio di posizioni più avanti, ma avete visto quanto si è andati veloci… Il record della scalata è stato battuto dopo una trentina d’anni e questo dice tutto. La nostra strategia era comunque quella di creare un buco a un certo punto della corsa, il fatto che sia avvenuto in contemporanea con il passaggio di testimone fra Tim e Tadej non era proprio voluto con quella precisione».

L’idea era di creare scompiglio dietro per lasciare Tadej a lottare con pochi?

Se possibile, ma va detto che proprio la velocità estrema ha messo in croce tutti. Quando ho mollato, gli altri hanno perso tempo perché non ne avevano davvero per chiudere il buco e saltarmi non era semplice a quel punto.

Wellens tira a tutta, Pogacar è dietro. La lunga fila si spaccherà per la mossa di Trentin
Wellens tira a tutta, Pogacar è dietro. La lunga fila si spaccherà per la mossa di Trentin
Quando avevate stabilito la tattica di gara?

Ne avevamo parlato nella riunione della sera prima, ma un conto è discutere le tattiche a tavolino, un altro è verificare come va la gara. Con loro comunque ci siamo parlati sia al mattino che durante la corsa. La tattica ha funzionato bene, se poi VDP ha vinto è stato tutto merito suo.

Tu che ruolo avevi?

Nei programmi io ero una seconda opzione viste le caratteristiche della corsa e la mia conoscenza approfondita del tracciato visto che tante volte mi ci alleno. Per questo avrei dovuto essere 2-3 posti più avanti, il problema è stato che quando Wellens è partito, io ero ancora dietro e recuperare non è stato facile, con quella velocità non potevo salire ancora la fila.

Il momento decisivo: il belga si fa da parte e Pogacar attacca. Solo in 3 reggono il suo passo
Il momento decisivo: il belga si fa da parte e Pogacar attacca. Solo in 3 reggono il suo passo
L’impressione è stata quasi che aveste preso dei riferimenti lungo la strada…

Non è proprio così, quello puoi farlo più nelle classiche belghe dove le strade sono strette, sempre le stesse e fissi alcuni punti specifici nella memoria per muoverti. Anche il Poggio dà dei riferimenti, la mossa mia e di Wellens non erano concordate nella loro contemporaneità, ma Tim sapeva che doveva farsi da parte in quel punto perché è il più duro, quello giusto dove Pogacar poteva scattare e fare la differenza.

Riguardando il tutto a mente fredda, quanta delusione c’è?

Tanta, ma mitigata dal fatto che errori non ne abbiamo commessi, abbiamo fatto tutto quel che si doveva fare, Tadej è scattato nel punto giusto, sono stati bravi gli altri a tenerlo e Mathieu Van Der Poel ha fatto davvero una gran cosa. Scattare in faccia a Pogacar e staccarlo oltretutto su un punto dove non era mai scattato nessuno, perché non così duro, significa davvero aver fatto un capolavoro.

Il corridore di Borgo Valsugana con Wellens. La loro tattica sul Poggio era stata perfetta
Il corridore di Borgo Valsugana con Wellens. La loro tattica sul Poggio era stata perfetta
Tu come esci dalla Sanremo?

Con la consapevolezza che sono arrivato alla Classicissima con una condizione ancora non ottimale. Fino alla Cipressa ero andato bene, ma il Poggio mi ha dimostrato che mancava ancora qualcosina e d’altronde l’inizio stagione non era stato molto fortunato. Ora però sono in recupero, manca solo qualcosa e spero che in questi giorni arrivi in vista delle classiche.

Che sono un po’ il tuo cavallo di battaglia proprio a cominciare dalla Gand-Wevelgem…

E’ una corsa che conosco bene, ma anche le altre. La squadra è pienamente in palla, andiamo con grandi ambizioni, poi come detto è la corsa che dà il verdetto inappellabile.

Due parole con Pogacar, aspettando le donne sul lago

19.03.2023
4 min
Salva

Il numero uno al mondo, in jeans, felpa e scarpe da tennis si aggira per il raduno di partenza del Trofeo Binda. Per Tadej Pogacar si tratta ormai di una tappa obbligata, per seguire la sua compagna Urska Zigart che anche quest’anno corre con la Jayco-AlUla. Lo sloveno ha ancora mal di gambe dopo la Sanremo di ieri, ma appare straordinariamente rilassato. Se non lo conoscessi, lo prenderesti per uno dei tifosi che hanno raggiunto il Lago Maggiore qui a Maccagno. Bambini si accostano per fare una foto. E anche una signora a un certo punto si fa sotto e gli chiede di farsi fotografare con sua figlia, che fra poco correrà con la maglia della Top Girls Fassa Bortolo. Lei si vergogna, ma alla fine si avvicina. Tadej sorride e poi assieme ad Alex Carera si avvicina al pullman del UAE Team Adq per osservare le Colnago delle ragazze.

Ne approfittiamo per due parole, perché di più magari non ne concederebbe, visto che il giorno è di riposo e va anche bene. Ieri sul Poggio, Pogacar ha fatto un numero incredibile, con quel vento contrario e poi di lato. Ha tirato per tutto il finale della salita e poi, comprensibilmente, non ha più avuto gambe per inseguire Van der Poel, furbissimo nello scegliere l’attimo.

L’occasione per fargli due domande era troppo ghiotta, giusto due chiacchiere che vi raccontiamo
L’occasione per fargli due domande era troppo ghiotta, giusto due chiacchiere che vi raccontiamo
Tanto vento?

Parecchio, non è stata una passeggiata arrivare in cima. E non ci siamo fermati, non un rallentamento. Per questo lo scatto di Van der Poel è stato ancora più impressionante.

Mathieu ha detto che la Sanremo è per lui la gara più difficile da vincere.

Lo è anche per me. E’ la più facile da finire e la più difficile da vincere. E’ davvero lunga e per vincere hai bisogno di cogliere il momento giusto. Hai bisogno del giorno perfetto. Tutto deve essere fatto nel modo migliore e devi essere il più forte. Quindi sì, abbiamo visto ieri che anche per me è una delle gare più difficili da vincere. E ha vinto il più forte. Mathieu è stato meraviglioso, incredibile in salita, in discesa e fino al traguardo. Quindi sì, è stata una buona gara, ma non abbastanza.

Foto di gruppo con il UAE Team Adq, la squadra femminile degli Emirati
Foto di gruppo con il UAE Team Adq, la squadra femminile degli Emirati
La Cipressa non ha fatto male, il Poggio è l’unico punto in cui provare un attacco?

La squadra sulla Cipressa è stata impeccabile, difficile che si potesse fare di più. Il Poggio non è il solo posto in cui si possa provare, puoi attaccare ovunque, ma il maggior numero di possibilità ce l’hai sul Poggio, almeno per me. Forse nei prossimi anni proveremo tattiche diverse, ma vedrete che alla fine finiremo per concentrarci ugualmente sul Poggio.

Ti ha stupito, quando ti sei voltato, vedere Ganna invece di Van der Poel o Van Aert?

No, dico la verità. Sapevo che Ganna è forte e che era il leader per la Ineos. Restando lì con me, ha dimostrato di essere in super forma per le classiche. E in volata è stato fortissimo.

Pogacar con la sua felpa DMT si è presentato alla partenza del Trofeo Binda, per supportare la compagna Urska
Pogacar con la sua felpa DMT si è presentato alla partenza del Trofeo Binda, per supportare la compagna Urska
Hai fatto tutto il Poggio in testa, ti aspettavi un po’ di aiuto anche per inseguire Van der Poel?

Quando siamo arrivati in cima, speravo di avere un aiuto maggiore. Van Aert ha provato a fare la sua parte di lavoro. Io ho fatto del mio meglio, ma ero già fuori dalla mia zona rossa e più di così non potevo fare. Forse Filippo aveva gambe migliori di noi, ma alla fine avremmo dovuto impegnarci tutti e tre per avere la possibilità di riprendere Mathieu.

Oggi niente bici?

Oggi niente bici, solo divertimento. Domani un giretto ancora sul facile. E poi da martedì si comincia a lavorare per le classiche…

Fenomeno olandese e vento nemico, la resa di Pogacar

18.03.2023
5 min
Salva

Al bus della UAE Emirates un anno dopo. E stavolta Tadej Pogacar non ha il consueto sorriso sulla bocca. Stavolta il campione sloveno ci è rimasto più male di quel che vuol far credere. Aveva fatto una corsa (semi) perfetta, ma alla fine quel contropiede di quell’altro fenomeno che è Mathieu Van der Poel ha chiuso i giochi.

Nel clan UAE Emirates ci sono però sorrisi compiaciuti. Ed è giusto. Ci hanno provato fino in fondo. Le parole di Matxin sono il riassunto preciso della giornata: «Pazienza. Ci abbiamo provato. Cosa dovevamo fare? Non sempre si vince».

Tadej fila sul bus. Una doccia, mille pensieri, ma presto tornerà disponibile
Tadej fila sul bus. Una doccia, mille pensieri, ma presto tornerà disponibile

La grinta non basta

Tadej cerca un po’ d’acqua mentre sfila con la sua bici dopo la linea del traguardo. Poi arriva al bus, apre la tendina e senza troppi sorrisi o convenevoli s’infila dentro. Pochi secondi dopo già si sente la doccia che va. 

Andrej Hauptman, il direttore sportivo che lo ha guidato in corsa – ha giusto il tempo di dargli una pacca sulle spalle.

«Una grande grinta, una grande voglia, ma non è bastato – dice allargando le braccia il diesse sloveno – Ma abbiamo fatto tutto per fare la corsa dura fino al punto in cui è partito Tadej. Però oggi Van der Poel, Van Art e Ganna sono stati veramente forti e l’hanno battuto».

«Noi dall’ammiraglia quando è partito gli abbiamo detto di andare a tutta fino in cima. Era la sua unica arma. Nessuna comunicazione».

Il diesse Hauptman (a sinistra) con Zhao Haoyang, uno degli addetti stampa della UAE Emirates
Il diesse Hauptman (a sinistra) con Zhao Haoyang, uno degli addetti stampa della UAE Emirates

Vento galeotto?

La chiave della corsa è stata tutta nell’insistenza di Pogacar sul Poggio. E’ il destino beffardo di chi è il più forte e meno veloce. Ti aspettano al varco e ti lasciano l’onere della corsa. «Sapete – va avanti  Hauptman – Pogacar non è un velocista e lì ha dovuto giocarsi tutto».

Però forse un mezzo cambio Pogacar se lo aspettava ed è questo che probabilmente lo lascia con un po’ di amaro in bocca.

In fin dei conti era lo “scricciolo” in mezzo ai giganti. In mezzo a gente che pesa 15 o 20 chili di più. E nonostante tutto era lui a tirare. Cimolai, dopo l’arrivo, ci ha detto che il vento tendenzialmente era a favore, ma anche laterale. E a ruota si stava “bene”. Questo non è dettaglio da poco. Questo significa che se stavi a ruota, come VdP, o comunque pedalavi nel lato coperto, risparmiavi molto di più. E Tadej non è stato a ruota di nessuno…

«Erano rimasti in quattro e ognuno ha fatto la sua corsa – ribatte Hauptman – Noi abbiamo guardato i nostri interessi e gli altri ai loro. In quel momento, noi abbiamo detto a Tadej: regolare fino a cima, poi vediamo». 

Grosschartner a tutta sulla Cipressa. Il forcing della UAE è stato però un po’ tardivo e forse meno intenso di quel ci si poteva attendere
Grosschartner a tutta sulla Cipressa. Il forcing della UAE è stato però un po’ tardivo e forse meno intenso di quel ci si poteva attendere

Cipressa, che guaio

«La nostra gara è andata come volevamo… più o meno – prosegue Hauptman – Non è stato tutto perfetto. Sulla Cipressa volevamo fare un’andatura più forte, però non tutto va come si vuole per filo e per segno. Sul Poggio sì, sulla Cipressa no».

«In pratica abbiamo preso la Cipressa un po’ troppo indietro, soprattutto Felix (Grosschartner, il più scalatore, colui che doveva fare il lavoro maggiore su quella collina, ndr) ed ha speso tante energie per arrivare nelle prime posizioni e ci è arrivato dopo un chilometro e mezzo di salita». E lì, gli UAE Emirates hanno perso un po’ di tempo e di watt per fare la corsa ancora più dura.

Grande sportività. Pogacar si è complimentato subito con Van der Poel
Grande sportività. Pogacar si è complimentato subito con Van der Poel

Spunta Tadej

Dopo un po’ ecco Pogacar riaffacciarsi come un anno fa dal bus. Lo sloveno è un campione anche in questo: ci mette sempre la faccia, bisogna dirlo. Dice di non avere rimpianti… 

«No, nessun rimpianto – dice Pogacar – Avevo un obiettivo oggi ed era quello di attaccare una volta che la squadra aveva terminato il suo lavoro. Ed oggi ha svolto un grande lavoro. Devo ringraziarli per aver organizzato un attacco così.

«Stavolta ho fatto un solo grande attacco. Lo scorso anno ne avevo fatti quattro. Magari l’anno prossimo farò qualcos’altro. E poi Mathieu è stato molto forte. E’ andato via e ha fatto il vuoto. Io ero in testa ed ero già al limite. E anche in discesa è stato più bravo di noi. Uscendo dalle curve lo vedevamo che scappava via e che rilanciava».

«Ripeto, io non ero abbastanza forte per andare via da solo ma. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma continuo ad avere grandi speranze per questa gara negli anni a venire. E ora? Ora il Fiandre e vincerà il migliore anche li!».

E dalla Francia risponde Pogacar: Slovenia padrona

12.03.2023
5 min
Salva

No, non è Eddy Merckx è Tadej Pogacar. Lo sloveno alla Parigi-Nizza ha fatto il Cannibale. Ma lui è così: vuol divertirsi, correre e se si vince tanto meglio. In questa edizione di quella che in Francia chiamano la “Corsa del Sole”, l’asso della UAE Emirates ha vinto la generale, tre tappe, la maglia bianca di miglior giovane e quella a punti. Ha lasciato quella di miglior scalatore al danese Jonas Gregaard ma solo perché andava a caccia dei Gpm nelle fughe del mattino. Infatti è finito “solo” secondo.

Se in Italia il connazionale Roglic dominava la Tirreno, Pogacar non stava a guardare in Francia dunque. Dall’inizio della stagione, Tadej ha inanellato tredici giorni gare e sette vittorie sull’arrivo, più due classifiche generali, quindi nove vittorie. Incredibile. Qualcosa davvero degno dei tempi di Eddy Merckx. Tra lui e il Cannibale ormai ballano solo le volate che molto spesso il belga faceva.

Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates
Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates

La psicologia conta 

Tadej ha dato show nella crono a squadre e ha conquistato tre tappe, le tre frazioni più dure. E soprattutto ha sempre voluto domare il suo rivale numero uno: Jonas Vingegaard, colui che ha “osato” defraudarlo del Tour de France 2022. 

Se vogliamo c’era in ballo anche una sorta di rivincita. Di predominio psicologico.

«Questo è il modo di correre di Tadej – ci dice Andrea Agostini, uno dei dirigenti della UAE Emirates – Quando va alle corse vuole vincere e questo penso sia la parte bella, quella che amano anche i suoi fans.

«Poi è vero, anche dal punto di vista psicologico era una partita a scacchi, è inutile che ci nascondiamo. Era importante dal punto di vista mentale non andare alle corse con un senso di inferiorità. Questa è la cosa che sapevamo noi, che sapeva benissimo anche Tadej. Ed era anche rischioso, perché poi se ci fossimo trovati davanti Vingegaard di nuovo? Stavolta è andata bene a noi sicuramente e questo riporta la posizione in parità tra i due da un punto di vista psicologico».

Tadej e l’istinto

E Agostini ha ragione sia quando parla dell’aspetto psicologico, sia quando accenna ai fans. Un corridore così, che attacca, che va d’istinto piace. Gli italiani – e non solo loro – si ricordano di Chiappucci, figuriamoci se c’è un atleta che oltre ad attaccare vince anche.

«Pogacar – continua Agostini – è un ragazzo che si gestisce bene, nel senso che comunque ascolta, quando facciamo le riunioni. Poi è chiaro che la tattica la fai in base agli uomini che hai e con un corridore come Tadej diventa più facile perché sai che è un finalizzatore. Tu diesse puoi realizzare la miglior tattica del mondo, ma se non hai chi la porta a termine è difficile vincere».

«Se bisogna frenarlo? A volte sì – ride Agostini – ma questo è Pogacar. L’anno scorso, durante il Fiandre, c’era Baldato che lo teneva fermo perché voleva partire a non so quanti chilometri dall’arrivo. Tadej è così: è molto istintivo, dotato da madre natura, il che è bellissimo, ma a volte sbaglia anche. Come è successo al Tour de France 2022. Ha fatto errori lui, perché comunque ha sprecato tanto, e abbiamo fatto errori anche noi. Però è questo che ti fa innamorare del ciclismo».

«O ancora sul Poggio un anno fa. Tutti sapevano che doveva scattare più avanti, ma è partito lì. Cosa ci vogliamo fare? Non è una Playstation. La verità è che quando Tadej ha la gamba non ha paura di partire».

Però qualche calcolo andrebbe fatto, forse. In fin dei conti aveva già vinto due tappe. Aveva dominato il rivale numero uno e prendere dei rischi in discesa dal Col d’Eze poteva costare caro. Magari a mente fredda lo faranno ragionare.

«Se nel ciclismo dovessimo calcolare i rischi che corrono questi ragazzi, in ogni tappa, in ogni corsa troveremmo un motivo per non andare a tutta. Quindi direi di no: nessuno gli dirà che non sarebbe dovuto partire. E poi volete sapere una cosa? Tadej aveva cerchiato in rosso questa tappa prima ancora che partisse per la Parigi-Nizza. Questa era la frazione che voleva vincere perché lui vive lì, si allena lì».

Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard
Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard

Pogacar alle stelle

E Pogacar cosa dice? Con la sua solita naturalezza ha dimostrato la sua gioia. Se ieri sull’arrivo in salita era più contento per aver battuto Vingegaard e non tanto per la vittoria in sé, oggi si è proprio goduto la corsa. Non solo voleva vincere, ma voleva vincere in quel modo.

«Non avevo mai preso parte alla Parigi-Nizza – ha detto Pogacar – avevo fatto due volte la Tirreno-Adriatico. Mi sono sempre sentito in forma nelle prime gare di quest’anno pertanto era il mio obiettivo e il mio sogno vincere questa gara. Ed ora che ci sono riuscito posso dire che è fantastico».

E proprio lo sloveno in qualche modo ha parlato anche dei rischi nella planata verso Nizza.

«Conosco molto bene queste strade. Mi alleno qui spesso e quindi sapevo esattamente com’era la discesa e ancora prima come stavano le mie gambe sull’ultima salita, la potenza che avrei potuto sviluppare fino in cima. Ero bravo in matematica! E ho fatto bene i miei conti».

Guidi: come si corre la Tirreno senza il capitano?

12.03.2023
4 min
Salva

Nella tappa che ha portato al secondo squillo di Roglic alla Tirreno-Adriatico, sulle rampe di Sassotetto, la UAE Emirates ha portato tre corridori tra i primi quindici nella classifica generale. Nella Corsa dei due Mari, per la prima volta da due anni a questa parte, il team emiratino sta correndo senza Pogacar. Lo sloveno è volato in Francia alla Parigi-Nizza, dimostrando di avere già preso ottimamente le misure (ha già vinto due tappe ed è leader della generale, ndr). 

Quando il giovane fenomeno non c’è, in UAE Emirates cambiano gli equilibri o così sembra a chi guarda le corse da fuori. Con Fabrizio Guidi, diesse del team in ammiraglia in questi giorni, entriamo nel merito della Tirreno-Adriatico.

Il piano alla partenza della tappa di Sassotetto era di far attaccare Yates, tutto annullato causa maltempo
Il piano alla partenza della tappa di Sassotetto era di far attaccare Yates, tutto annullato causa maltempo
Come cambiano le scelte quando manca Pogacar?

Dipende dal percorso – replica Guidi – e dal tipo di gara: se in linea oppure a tappe. Generalmente è difficile presentarsi al via con un solo leader nel momento in cui manca Tadej. 

Non si corre più per uno che è già una grande differenza…

Certo, viene difficile correre per uno quando hai più corridori validi e tutti allo stesso livello di classifica. Noi qui alla Tirreno avevamo Almeida (in apertura, ndr), McNulty e Yates tutti davanti in classifica e pronti a giocarsi le proprie carte.

Il percorso gioca un ruolo chiave nella scelta del leader?

Da quello dipende praticamente tutto, ma non determina nulla. Le cose in corsa possono sempre cambiare, prima di sacrificare un uomo ci si pensa sempre due volte. Alla fine, anche se Yates è rimasto attardato già dalla cronometro iniziale di Camaiore, mica lo abbiamo messo a lavorare. Anzi, un corridore del genere in quella posizione di classifica può fare molto comodo.

Ieri, sui muri marchigiani, McNulty ha pagato dazio perdendo 52″ da primi e scivolando fuori dai dieci in classifica generale
Ieri, sui muri marchigiani, McNulty ha pagato dazio perdendo 52″ da primi
In che senso?

Prendete come esempio la frazione di Sassotetto. Nella riunione sul bus, prima della partenza, l’idea era quella di prendere la salita forte e mettere in difficoltà gli avversari. Volevamo provare a giocare la carta Yates, lui aveva voglia di muoversi da lontano per cercare di recuperare il distacco. 

Come sarebbe cambiata la corsa per voi?

Nel momento in cui hai un uomo davanti, dietro non tiri e se va da solo fa il suo ritmo e sta agli altri lavorare. Se qualcuno lo avesse seguito, ci saremmo trovati comunque in una situazione di vantaggio, perché Yates non avrebbe tirato perché dietro aveva il “leader”. Mentre, in gruppo non avremmo di certo incentivato la rincorsa ad un nostro corridore. 

Però, prima o poi ci si potrebbe trovare a rincorrere…

In quel caso il protocollo è chiaro, si inizia a tirare dal corridore più lontano in classifica. I ragazzi lo sanno come funziona, sono le corse. 

Le ottime qualità di Almeida a cronometro lo rendono un corridore più completo e competitivo rispetto agli altri compagni
Le ottime qualità di Almeida a cronometro lo rendono un corridore più completo e competitivo
Meglio un leader solo o più?

Quando c’è Pogacar è tutto più semplice, lui è talmente forte che non c’è mai il dubbio. La squadra è lì per lui e si usano tutte le forze per aiutarlo. Allo stesso modo, però, nelle corse dove c’è lui la squadra passa molto più tempo a gestire la corsa in testa al gruppo. Non sempre, certo, ma tendenzialmente è così. 

Quando non c’è si usa più tattica, giusto?

Sì, ci si ritrova in situazioni dove la comunicazione tra compagni diventa fondamentale. Per tornare all’arrivo di Sassotetto, il vento impediva un qualsiasi attacco da lontano. Chi usciva rimbalzava su raffiche di vento fortissime e tornava in gruppo, prendere in mano la corsa oggi avrebbe significato lavorare per gli altri. 

Tu con l’assenza di Pogacar preferiresti avere un leader solo lo stesso o meglio avere più frecce al proprio arco?

Più frecce, mi piacciono le cose quando si fanno complicate. La nostra fortuna è anche quella di avere tanti corridori forti su terreni diversi. Almeida, per esempio, a crono ha una marcia in più. In una corsa a tappe non potremmo metterlo a lavorare per uno dei suoi compagni il giorno prima di una cronometro importante, dove potrebbe fare la differenza. 

Cinque Monumenti: Gilbert, Pogacar e una Roubaix di troppo

12.03.2023
4 min
Salva

Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi e Lombardia: è quasi una filastrocca. Sono le cinque classiche Monumento, perle indelebili nella carriera di chi ne vince anche “solo” una. Ma nella storia del ciclismo c’è chi le ha vinte tutte e cinque. Ci sono riusciti solo tre atleti e sono tutti belgi: Rik Van Looy, Eddy Merckx e Roger De Vlaeminck, messi in ordine cronologico nella realizzazione dell’impresa.

Ora che la Sanremo si avvicina, in mezzo ai tanti fenomeni di questo ciclismo, è lecito pensare a chi davvero possa riuscirci: Evenepoel, Pogacar, Van der Poel, Van Aert? Per Philippe Gilbert, che ci è andato vicinissimo (si è fermato al poker, gli è mancata la Sanremo) il più accreditato è Tadej Pogacar.

Gilbert (classe 1982) ha chiuso la carriera la scorso anno. La Roubaix (2019) è stata la sua quarta ed ultima classica Monumento
Gilbert (classe 1982) ha chiuso la carriera la scorso anno. La Roubaix (2019) è stata la sua quarta ed ultima classica Monumento

Gilbert punta su Pogacar 

«Per me – ha detto Gilbert ad Eurosport – Pogacar può riuscire nell’impresa di vincerle tutte e cinque. Ma per lui l’incognita più grande è la Parigi-Roubaix».

Lo sloveno della UAE Emirates non parte da zero. In bacheca vanta già una Liegi e due Lombardia, le classiche più “facili” per lui da conquistare in quanto le più dure. Però ha dimostrato di poter vincere il Fiandre e di far bene alla Sanremo. 

Al Fiandre , lo scorso anno, si giocò la volata con Van der Poel, salvo poi subire quella rimonta da dietro e finire quinto. E alla Sanremo, sempre lo scorso anno, si mosse un po’ troppo presto sul Poggio. Fece più scatti e di fatto si bruciò da solo. Tadej ammise l’errore.

Ma lo stesso Pogacar ha anche ammesso che vuol vincere tutto. Che vuol provare a cambiare i calendari per mettere nel sacco più corse possibili. La scelta di andare alla Parigi-Nizza ne è l’esempio perfetto. Lui stesso ha detto: «Dopo due Tirreno volevo provare a conquistare un’altra corsa».

Gilbert ha disputato 18 Sanremo senza mai vincerne una. Pogacar finora ne ha corse due. Qui l’attacco prematuro sul Poggio nel 2022
Gilbert ha disputato 18 Sanremo senza mai vincerne una. Pogacar finora ne ha corse due. Qui l’attacco prematuro sul Poggio nel 2022

Sogno e realtà

«Non è facile vincere i cinque Monumenti del ciclismo – va avanti Gilbert – E’ un’impresa che richiede molta energia e forza, perché sono gare molto diverse, fatte per profili di corridori differenti.

«La Milano-Sanremo è per i velocisti e gente che sa fare “a pugni”. Il Fiandre e la Roubaix per corridori potenti e pesanti. E poi ci sono Liegi e Lombardia, che sono competizioni per corridori più leggeri, più scalatori. Quindi riuscire a vincerle tutte e cinque è estremamente complicato». 

Però Tadej ha un vantaggio: l’entusiasmo, la fame agonistica. Ha dalla sua la predisposizione mentale verso questa impresa. Non si tratta solo di esserci portati tecnicamente e fisicamente. Si tratta che per fare bene in queste gare bisogna essere disposti a sacrificare altri obiettivi, magari a metterne “a rischio” altri, rivedere le preparazioni. E Pogacar, a dispetto dei cacciatori di classiche, ha gli obiettivi maggiori nei grandi Giri. Non è facile conciliare tutto. Però, ripetiamo, ci sono la voglia e l’ambizione della grandezza.

E infatti aggiunge Gilbert: «Non è un caso se solo tre corridori nella storia ci sono riusciti. Però Pogacar è sicuramente quello più accreditato a poterle vincere tutte e cinque. Ho i miei dubbi solo su una gara: la Parigi-Roubaix».

Pogacar insegue Stuyven nella tappe del pavè lo scorso anno al Tour. Tra gli uomini di classifica Tadej fu quello che se la cavò meglio
Pogacar insegue Stuyven nella tappe del pavè lo scorso anno al Tour. Tra gli uomini di classifica Tadej fu quello che se la cavò meglio

Dubbio Roubaix

E vincere una Roubaix non è facile neanche se ti chiami Pogacar. Ponendo che Pogacar riesca a conciliare tutto nei prossimi anni, per Gilbert quello della Roubaix resta appunto l’ostacolo maggiore. Lì, sulle pietre, non si tratta solo di forza. Anche perché giusto durante lo scorso Tour de France Tadej ha mostrato di sapersi muovere bene anche sul pavé. C’è dell’altro.

Tra la gloria dei cinque Monumenti e Tadej potrebbero esserci dei chili… in meno, nel senso che lo sloveno è un po’ troppo leggerino.

«Non parlo solo della sua capacità di vincere la Classica delle Pietre – spiega Gilbert – ma ancor più dei rischi che dovrà correre per lottare per la vittoria. E certi rischi per un corridore che vuole vincere i grandi Giri forse incidono. Sarà pronto a correrli?

«E poi un conto è andare bene sul pavé al Tour dove ci sono altri corridori, più scalatori, e un conto è farlo alla Roubaix, dove ci sono tutti specialisti».