Dai rulli di notte alla gioia malese. Colpaccio Malucelli

30.09.2024
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BUTTERWORTH (Malesia) – Manuel Penalver alza le mani. Matteo Malucelli gli arriva appaiato. Alla fine nessuno dei due sprinter è certo della vittoria. Poco dopo, un giudice si avvicina allo spagnolo e gli dice: “You first”. Sei il primo. Penarvel scoppia di gioia e con lui i suoi compagni.

Nella zona d’arrivo le cose sembrano andare diversamente però. I trasponder continuano a dare Malucelli, Penarvel, De Klein. E anche il diesse della Corratec, Francesco Frassi, ce lo conferma: «Alla radio hanno dato subito quest’ordine». E così è. Per il corridore della JCL Team UKYO è l’ottava vittoria stagionale.

Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni
Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni

Caldo equatoriale

L’umidità che c’è all’equatore è qualcosa d’incredibile. Ci sono 28 gradi ma sembrano 45. Tutti i corridori dopo l’arrivo cercano acqua con cui bagnarsi. A parte Syritsa, vincitore ieri, che invece mangia un coscio di pollo mentre si dirige verso il podio! Sul caldo i corridori hanno scherzato anche in conferenza stampa. E quando Jeff Quenet, responsabile stampa della corsa, ha chiesto a Malucelli se gli piacesse il caldo proprio Syritsa, seduto al suo fianco in quanto leader della corsa, è sbottato in una risata. Come a dire: «Pure il caldo ti va bene!».

Stamattina era emersa subito la proverbiale meticolosità di Malucelli. Dopo aver firmato era tornato ai box per rivedere la ruota posteriore. Qualcosa non gli tornava e alla fine aveva deciso di farsela cambiare.

Boaro gongola

Tappa piattissima e tranquilla tutto sommato. «Ho detto ai miei ragazzi – spiega il diesse della JCL Ukyo, Manuele Boaro – di stare vicini a Malucelli, di portarlo avanti nel finale e lo hanno fatto bene. Non avremo il treno di altre squadre, ma abbiamo un gruppo unito e che crede molto in lui».

E quest’ultima frase detta proprio da Boaro che ha lavorato per grandi capitani conta molto. Un leader che funziona, dà voglia e gambe anche ai suoi compagni.

«Io sono contento per i ragazzi. Si stanno impegnando tutti al massimo e si meritano questi risultati. Sono tutti molto professionali, in particolare Malucelli. Lui davvero è esemplare. E’ un professionista a 360°. Spesso in riunione interviene con spunti interessanti e a me piace anche ascoltare i ragazzi.

«Matteo sta molto bene ed è anche tanto, tanto motivato. Questa è la sua ultima gara della stagione, tra l’altro una delle gare più importanti per noi, pertanto ci teneva molto a fare bene. Correremo anche in Giappone, ma Matteo non ci sarà. Quindi voleva chiudere alla grande».

Boaro è stato in gruppo fino all’altro giorno. Neanche 12 mesi fa era in corsa alla Veneto Classic, per dire quanto sia “fresco di ammiraglia”. E in questo ciclismo che corre veloce un tecnico giovane, che sta sul pezzo, può fare la differenza. Anche solo per il linguaggio adottato.

«Spero che questo aiuti – dice il veneto – io cerco di scherzare molto con loro, visto che sono parecchio sotto pressione. Da parte mia posso dire che i ragazzi mi ascoltano. Seguono ciò che dico, anche se da tecnico ho ancora molto da imparare. Posso solo sperare che una piccola parte di questi successi sia anche mia.

«Stiamo crescendo? Tutti ci impegniamo al massimo. Ma con un general manager come Alberto Volpi, che ha sempre calcato scenari importanti, è normale che sia così e che si voglia sempre migliorare».

I rulli di notte

In effetti davvero Malucelli era, ed è, motivato. Il Langkawi propone tante opportunità per i velocisti e con tre squadre WorldTour al via è una bella vetrina.

Sentite qua cosa ha fatto Matteo prima di venire in Malesia.

«In questo ciclismo nulla va lasciato al caso – ha detto Malucelli – ho curato ogni aspetto, tra cui quello dell’adattamento al fuso orario. Quando veniamo in Asia a correre cominciamo 5-6 giorni prima a sintonizzarci sull’orario che troveremo (qui siamo sei ore avanti rispetto all’Italia, ndr). Quindi tutte le mattine ci svegliamo un’ora prima. Il giorno della nostra partenza, mercoledì, mi sono svegliato alle 3 di notte. Mi svegliavo e facevo i rulli. In questo modo il mio corpo prendeva i ritmi malesi e aveva già iniziato un adattamento. E’ stato un sacrificio… ma ne è valsa la pena. 

«Speravo che questo aspetto potesse fare la differenza, specie nelle prime tappe, quando magari non tutti sono ancora perfettamente in linea con il fuso orario».

«Dire che mi aspettassi questa vittoria no – riprende Malucelli – ma sapevo di stare bene e anche il mio preparatore è rimasto colpito dalla mia voglia di correre e di continuare ad allenarmi a questo punto della stagione e per questo Tour de Langkawi. Il finale di stagione stava andando bene e volevo continuare a stare lì davanti».

Urli strozzati 

E davanti ci è stato. Davanti a tutti: solo che per poter esplodere di gioia Matteo ha dovuto attendere un bel po’. 

«Le volate sono così – va avanti il romagnolo – se questo sprint lo rifacciamo dieci volte, vincono dieci corridori diversi. Io oggi ero al posto giusto, nel momento giusto e ho avuto anche la fortuna che Penalver ha alzato le braccia un attimo prima dell’arrivo. Personalmente, dopo l’esperienza di Pescara al Giro d’Abruzzo, ho imparato che si molla solo un metro dopo la linea d’arrivo. Oggi ho dato il colpo di reni ed è arrivata una vittoria. Chiaramente mi sarebbe piaciuto alzare le mani e festeggiare sul traguardo, ma l’importante è che alla fine sia arrivato primo».

Matteo non è stato il solo a strozzare l’urlo di gioia, ma a conti fatti meglio il suo “non urlo” che quello del giovane spagnolo, caduto poi nella comprensibile delusione. Si potrà consolare col fatto che le occasioni per i velocisti al Langkawi non sono finite a Butterworth. Da dopodomani però… domani si sale.

Langkawi iniziato nel segno di Syritsa e i ricordi di Scinto

29.09.2024
6 min
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KUAH (Malesia) – «Un’avventura a quei tempi. Ricordo le iguana per strada che a volte ci attraversavano la strada quando uscivamo in allenamento o i varani, quelle lucertolone al mattino in stanza che ci fissavano. Abbiamo persino dovuto firmare una dichiarazione di scarico di responsabilità per un volo interno su un aereo militare… che non ispirava certo sicurezza. Ma fu davvero una bella esperienza». Sono le parole di Luca Scinto che ci tornano in mente prima di partire per la Malesia, alla volta del Tour de Langkawi.

Un’avventura iniziata oggi con la Kuah-Kuah, andata al gigante dell’Astana-Qazaqstan Gleb Syritsa.

Lo sprint di oggi: Syritsa è a destra, Conforti (giunto 3°) a sinistra
Lo sprint di oggi: Syritsa è a destra, Conforti (giunto 3°) a sinistra

Langkawi… a noi

Questo Tour de Langkawi è dunque iniziato oggi e terminerà il 6 ottobre: otto tappe sparse in gran parte della Malesia. Per l’ente turistico nazionale sta diventando una vetrina alquanto importante, così come importanti sono i suoi sponsor: su tutti Petronas. Otto tappe, sei per velocisti, una per scalatori e una intermedia.

«All’epoca, era il 1997 – racconta Scinto – si correva a febbraio. Il Langkawi era ideale per fare la gamba. Il clima era buono e poi l’intero giro era bello lungo: ben 12 tappe. Arrivò un invito e Ferretti, il nostro diesse, ci portò appunto in Malesia. Arrivammo una settimana prima della corsa. Ricordo hotel bellissimi. Lì si era in pieno boom economico e stavano costruendo queste immense strutture. Un gran lusso».

In quella edizione di corridori italiani ce n’erano parecchi, anche Gianni Bugno. Il Tour de Langkawi era giovanissimo, un paio di edizioni, ma si stava aprendo ad un mondo nuovo e il ciclismo stesso iniziava il suo cambiamento. Quel cambiamento che lo ha portato oggi ad essere uno sport globale. 

«A quei tempi bastavano pochi chilometri che i corridori asiatici quasi sparivano del tutto. Davanti era una lotta tra noi europei». Prima di allora quel poco di ciclismo che c’era era tutto locale. Bisogna pensare che il Langkawi fu una vera rivoluzione.

Il primato di Scinto

Quell’anno succede che nella salita simbolo della Malesia, il loro Stelvio potremmo dire, Luca Scinto mette a segno un gran colpo. In quel periodo il toscano va forte… anche in salita.

«Io venivo da un 1996 molto difficile  – racconta Luca – avevo corso pochissimo, 7 forse 8 gare per via di un problema al ginocchio. Per fortuna che avevo il contratto anche per l’anno successivo… Quell’inverno dunque partii molto forte e infatti in Malesia andai bene. Verso Genting Highlands, questa salita simbolo, feci il vuoto. Era una scalata dura e lunga. Gli ultimi 4 chilometri erano al 20 per cento a quasi 2.000 metri di quota. Grazie a quella fuga vinsi la tappa e poi l’intero Langkawi mettendo dietro gente come Jens Voigt.

«Francois Belay, speaker del Tour de France presente laggiù, mi disse che fui il primo europeo a vincere la corsa». Alla fine era la seconda edizione del Langkawi, almeno per come lo conosciamo oggi, ma quella dichiarazione fece colore». Di certo Scinto fu, e chiaramente resta, il primo italiano ad averla vinta.

Quest’anno la salita di Genting Highlands non ci sarà. Il tappone, quasi certamente decisivo, sarà quello della terza frazione, quando il gruppo affronterà le rampe di Cameron Highlands, una sorta di doppia scalata, una sequenza stile Passo Tre Croci e Tre Cime di Lavaredo per intenderci. Ma solo per il profilo: le pendenze sono decisamente meno impegnative. Solo negli ultimi 8 chilometri la salita si fa un po’ più dura. Per il resto il Langkawi resta terreno di caccia per le ruote veloci. Nella quarta tappa c’è una lunga salita in avvio, ma poi solo tanta pianura.

Primi anni 2000 si parte dall’Aquila di Kuah, simbolo dell’isola di Langkawi dove quest’anno è avvenuta la presentazione dei team
Primi anni 2000 si parte dall’Aquila di Kuah, simbolo dell’isola di Langkawi dove quest’anno è avvenuta la presentazione dei team

Che premi!

Negli anni Scinto ha vissuto questa gara anche da tecnico. E pertanto ha avuto anche un altro punto di vista.

«Guardini è il re della Malesia, ci ha vinto moltissime corse e anche Mareczko (che quest’anno è presente, ndr) ha fatto molto belle cose. I ragazzi sono contenti di andare laggiù. Alla fine stanno bene.

«La prima cosa che chiedono è: “Come sono gli hotel? Come si mangia”? Lì gli standard sono buoni. Insomma non è la Cina dove in qualche caso la questione igienica non è al top. Ma poi oggi è tutto diverso. I team e gli hotel stessi sono organizzati, noi mangiavamo quel che trovavamo e lì era tutto molto piccante. Pollo… piccante. Un’altro tipo di carne… piccante. A volte persino il riso era piccante! Niente pasta, ma tante uova. Poche storie e pedalare».

I ragazzi del Li Nang Star, squadra cinese, si cambiano al volo prima di prendere il traghetto per la terra ferma

I ragazzi del Li Nang Star, squadra cinese, si cambiano al volo prima di prendere il traghetto per la terra ferma

«Il Langkawi era generosissimo. Noi della Mg-Technogym vincemmo due tappe, la classifica finale e altri premi: tornammo a casa con un bel gruzzolo a testa. Un gruzzolo che però riuscimmo a riprendere solo grazie agli uffici di Parsani, all’epoca in Mapei, in seguito ad un disguido. Ma vi dico questa, tanto per rendere l’idea delle cifre che giravano. Paolo Bettini era appena passato professionista con noi. Aveva firmato al minimo sindacale che era di 25 milioni di lire l’anno: tornò dal Langkawi con 28 milioni di premi!».

Oggi chiaramente i premi non sono più quelli e le tappe sono anche di meno, d’altra parte con un calendario così fitto è impensabile proporre una gara a tappe di 12 frazioni. Il Langkawi però è una corsa molto sentita in Asia. E di fatto apre al colpo di coda del calendario in questa parte di mondo, visto che poi si corre anche in Giappone e dopo ancora in Cina, con il Taihu Lake prima e il Tour of Guangxi poi, che chiude il WorldTour.

Il ritorno al successo di Gabburo, dopo aver visto il baratro

21.09.2024
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Una vittoria attesa tre anni. Una vittoria con tanti significati, che travalicano il valore specifico della corsa, la tappa finale del Tour of Istanbul. Che pure ha presentato un parterre di buon livello con un team WorldTour (l’Astana) e 5 Professional. Una vittoria che restituisce il sorriso e un pizzico di ottimismo a Davide Gabburo, il corridore della VF Group Bardiani CSF Faizané che riassapora un gusto quasi dimenticato.

E’ curioso il fatto che la vittoria arrivi dopo tre anni sempre in Turchia. Allora ad Alanya, questa volta a Istanbul, in una corsa nuova, forse era destino, la voglia di ricominciare, di ripartire. «Ho aspettato tanto – racconta il trentunenne corridore di Bovolone – ci voleva proprio dopo tanto tempo. Mi fa ritrovare la voglia di mettermi ciclisticamente in discussione, di provarci, di non correre solamente in aiuto ai compagni».

Il podio della quarta tappa con Gabburo al centro. La corsa è stata vinta dal francese Burgaudeau
Il podio della quarta tappa con Gabburo al centro. La corsa è stata vinta dal francese Burgaudeau

La grave crisi di marzo

C’è molto in questi tre anni, tanto che bisogna fare un distinguo, fra il prima del 2024 e gli eventi di quest’anno: «Dopo la vittoria di Alanya non ero scomparso nel nulla. Basti pensare alla piazza d’onore nella tappa di Napoli al Giro del 2022, ma anche a tanti altri piazzamenti, anche fuori dai confini italiani. In quell’edizione della corsa rosa ero lì, a lottare con i migliori e davvero mancò solo un soffio per alzare le braccia al cielo».

Quest’anno però le cose sono state ben diverse: «A marzo sono stato ricoverato in ospedale per una crisi epilettica. Dopo tempo e accertamenti, dopo che la mia attività sportiva era stata bloccata, è stato acclarato che si era trattato di un episodio sincopale, probabilmente dettato da una situazione di stress. Il tutto a un mese dal Giro d’Italia che per me è tutto: non esserci potuto andare mi ha fatto crollare il mondo addosso».

Il veronese a guidare il gruppo uscendo dal ponte euroasiatico. Gabburo non si è mai risparmiato in corsa
Il veronese a guidare il gruppo uscendo dal ponte euroasiatico. Gabburo non si è mai risparmiato in corsa

Una seconda chance

Davide non lo nasconde. In quei giorni ha avuto forte la sensazione, ma si può dire anche la paura che la sua carriera di ciclista fosse finita. «Ci sono stati momenti nei quali ero preso dallo sconforto, pensavo che non avrei più potuto riprendere. So solo io quanto mi sono dovuto “sbattere” per visite mediche, per esami. Per trovare soprattutto gli appuntamenti in tempi brevi perché volevo assolutamente tornare alle corse. Per me rientrare in carovana è stato qualcosa di indefinibile, posso dire veramente che mi è stata regalata dalla vita una seconda chance e per questo mi sono gettato nell’attività con ancora più ardore, perché so bene che cosa significa non poter correre più ed è una sensazione che non voglio più vivere».

La ripresa è stata lenta, costante, impegnandosi come ha sempre fatto in favore dei compagni: «Non ho mai fatto mancare il mio appoggio, intanto però sentivo che la condizione piano piano cresceva. Poi è arrivata la prova in Turchia e già nella seconda tappa avevo capito che potevo giocarmi le mie carte, avendo colto il 4° posto in una tappa nervosa, con tanti strappi. All’ultima tappa, sotto la pioggia scrosciante, ho finalmente chiuso il cerchio».

La seconda tappa chiusa al 4° posto aveva dimostrato che il veneto era in condizione, anche in salita
La seconda tappa chiusa al 4° posto aveva dimostrato che il veneto era in condizione, anche in salita

La Turchia porta bene…

La volata ha avuto anche qualche attimo palpitante: il più temuto era il belga Timothy Dupont (Tarteletto Isorex) che però ai 400 metri ha perso il controllo della bici lasciando strada libera agli avversari: «Noi avevamo il treno pronto per Enrico Zanoncello – spiega Gabburo – ma io avevo mano libera per provarci ugualmente come alternativa e ai 300 metri sono scattato senza trovare resistenza. Finendo addirittura per staccare gli avversari (foto di apertura, ndr)».

Il Tour of Istanbul era una gara nuova nel calendario, dove la Turchia comincia a essere una destinazione abbastanza frequente per i professionisti e Gabburo ha buona esperienza nelle loro gare: «E’ un po’ diversa dalle altre. A me le corse turche piacciono molto, ma quella mostrava tutti i segnali dell’inesperienza, della confusione organizzativa. Un peccato perché i percorsi erano davvero molto belli e vari, neanche troppo facili. La prova finale ha attraversato tutti i punti principali della città, compreso il ponte euroasiatico».

Per Gabburo ora si profila la trasferta in Malaysia, per provare a ripetersi
Per Gabburo ora si profila la trasferta in Malaysia, per provare a ripetersi

Si parte per la Malesia

E ora? «Ora si continua, mercoledì si parte per il Tour de Langkawi che con le sue 8 tappe ha tante occasioni per me ma anche per gli altri, ad esempio la terza tappa con arrivo in salita è stata segnata in rosso dai responsabili della squadra. Io lavorerò per i compagni, ma so che il tracciato malese qualche occasione di volata utile anche per me la offre e vedrò di farmi trovare pronto».

Bevilacqua, un addio che deve far riflettere

18.12.2023
5 min
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A soli 26 anni, Simone Bevilacqua ha detto basta. La sua carriera da pro’ è durata qualche anno, tra la difficile e tumultuosa esperienza alla Vini Zabù e un biennio all’Eolo-Kometa senza squilli personali, ma con molti apprezzamenti per il suo lavoro in seno alla squadra. Il suo ritiro rappresenta l’esempio di quel che significa vivere nel ciclismo contemporaneo, che richiede tantissimo, che ti mette continuamente alla prova, che ti consuma e spreme velocissimamente. Un esempio che dovrebbe far riflettere.

Simone ne parla con tranquillità, convinto della sua scelta seppur conscio di essere alle prese con un profondo cambiamento di vita: «Io sono orgoglioso di quello che ho fatto – dice – sono arrivato a un alto livello seppur non gareggiando in un team del WorldTour, ma potrò dire un giorno di aver corso con i più forti. Se ho un rammarico è quello di essere passato molto giovane, a 20 anni, non ancora in possesso di quelle necessarie linee guida per vivere in quest’ambiente. Senza di esse gli errori arrivano: cerchi di imparare, vai avanti ma ti manca sempre qualcosa».

Il culmine della sua carriera, la vittoria nella settima tappa del Tour de Langkawi 2019
Il culmine della sua carriera, la vittoria nella settima tappa del Tour de Langkawi 2019
Proviamo a ripercorrere la tua carriera, i primi due anni com’erano stati?

Avevo corso nella Wilier Triestina-Selle Italia, poi Neri Sottoli e i risultati non erano mancati. Tante corse all’estero, un po’ di piazzamenti fino alla vittoria di tappa al Tour de Langkawi. Quello è stato il momento più alto, più bello. Da lì mi aspettavo una crescita, che tutto cominciasse invece è stato un continuo su e giù, è come se fossi salito sulle montagne russe.

Hai vinto nel 2019. L’anno dopo è stato quello del Covid, pensi che ti abbia penalizzato oltre misura?

E’ stata una stagione strana, questo sì, ma non c’entra molto con quello che è successo. Sulla Vini Zabù voglio essere chiaro: i “casini” che sono scoppiati, i casi di doping che hanno portato alla sua fine non devono far dimenticare le persone che erano al suo interno. Era un bel gruppo, affiatato, che lavorava bene e in maniera corretta. Al Giro stavamo andando bene, poi il caso di positività portò alle perquisizioni nelle nostre stanze e le ripercussioni sull’ambiente furono forti. L’anno dopo altro caso, vennero a perquisire casa e sequestrare i telefoni, una situazione davvero drammatica per chi come me non c’entrava niente. Venimmo esclusi dal Giro, non si gareggiava quasi più, per fortuna però un giorno squillò il telefono…

L’esperienza alla Vini Zabù è stata difficile, anche dal punto di vista famigliare
L’esperienza alla Vini Zabù è stata difficile, anche dal punto di vista famigliare
Chi era?

Ivan Basso e lo ringrazierò sempre per questo, per l’opportunità che mi offrì di passare alla Eolo-Kometa. Mi ritrovai in un mondo completamente diverso, una struttura estremamente professionale, dove tutto era perfetto e tutte le negatività da cui venivo erano cancellate. Piano piano sentivo che stavo tornando me stesso e infatti la seconda parte del 2022 era stata molto positiva, con tutto che nella stagione ho dovuto affrontare prima il Covid e poi problemi a un ginocchio.

E quest’anno?

Ero partito bene, facendo il mio in Sudamerica e in Istria, ho corso anche la Sanremo, ma poi sono rimasto fermo tre mesi. Sono tornato alle gare a giugno ma ho fatto fatica a riprendere il ritmo gara. Nella seconda parte dell’anno sono arrivate le trasferte in Slovacchia Croazia e Turchia, si era formato un bel gruppo in corsa come fuori, con Maestri, Lonardi e gli altri. Avevo però capito che il contratto non sarebbe stato rinnovato.

In Turchia l’ultima gara, con Lonardi, Maestri e quel gruppo così ben affiatato
In Turchia l’ultima gara, con Lonardi, Maestri e quel gruppo così ben affiatato
Hai provato a vedere se c’erano altre strade?

Tante parole, ma nulla di concreto. Io convivo con la mia fidanzata, sono arrivato a un punto che devo fare scelte ponderate. Non c’era obiettivamente un team che potesse garantirmi uno stipendio adeguato per poter tirare avanti. Ci ho riflettuto e sono giunto alla decisione di chiudere, convinto di quel che faccio.

La tua storia sembra quasi la dimostrazione di come passando molto giovani si vada incontro a un futuro anche molto incerto e non sempre fortunato. Tornando indietro, ci ripenseresti?

Domanda difficile. Quando a quell’età ti trovi di fronte a un contratto triennale, con tutta la carriera davanti, come fai a dire di no? Pensi che magari rinunci, resti U23 ma poi chi lo dice che quel treno ripasserà? Rischi di esserti giocato l’unica vera carta a disposizione perché non sai se nel futuro ti capiteranno incidenti, problemi, sconfitte e nessuno magari ti chiamerà più. Il ciclismo di oggi è così, rischi che arrivi a 24 anni e ti dicono che sei vecchio, quando vecchio assolutamente non lo sei, solo che non c’è la pazienza di aspettare e la voglia di investire su un corridore di quell’età.

Bevilacqua ha corso gli ultimi due anni con la Eolo-Kometa, prodigandosi per gli altri
Bevilacqua ha corso gli ultimi due anni con la Eolo-Kometa, prodigandosi per gli altri
Un altro aspetto che emerge è che figure come la tua, non vincenti ma utilissime per il lavoro nel team, non vengono più prese tanto in considerazione…

E’ vero, ma io dico di più. Andranno a sparire anche i corridori alla Morkov o Richeze, quelli che garantiscono i successi del velocista di turno. Guardate Philipsen: le volate gliele tira un certo Van der Poel, il campione del mondo! I team vogliono tutti corridori vincenti, è come se fossero tutti capitani, i ruoli predefiniti vanno scomparendo e una figura come la mia anche prima delle altre.

E ora?

Ora entrerò a gennaio a lavorare nell’azienda di famiglia, una lattoneria a Marostica, quella di mio padre e dove lavora anche mio fratello. Inizia una nuova vita, più tranquilla, con altri tempi, vivendo la mia famiglia con meno stress. Per ora non penso al ciclismo anche se mi manca, poi col tempo vedremo se qualcosa verrà fuori: mi piacerebbe lavorare con i giovani, ma sarebbe comunque un hobby. Non potrei permettermi di stare fuori ogni weekend per 8 mesi l’anno. Ho già dato abbastanza da quel punto di vista…

Un biker tra gli stradisti. Ilias Periklis corre e si diverte

11.10.2023
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Scorrendo la classifica del Tour de Langkawi, recentemente terminato, si nota come al 19° posto, figuri Ilias Periklis. Questo nome non dirà molto agli appassionati assoluti della strada, ma è un vero totem invece per quel che riguarda i biker, la mountain bike.

Periklis infatti è uno dei maggiori interpreti delle marathon. Ha in tasca non si sa quanti titoli nazionali (anche nel cross country), ha preso parte a due Olimpiadi e ha vinto il titolo mondiale marathon nel 2012. 

L’ateniese impegnato alle Olimpiadi di Tokyo. Aveva preso parte anche a quelle di Londra 2012
L’ateniese impegnato alle Olimpiadi di Tokyo. Aveva preso parte anche a quelle di Londra 2012

Un greco in Asia

Ilias è un greco, classe 1986, e in Mtb ha corso per tanti anni nelle fila dei team di Andrea Marconi, manager marchigiano, che tra l’altro annovera anche il portoghese Thiago Ferreira, anche lui iridato marathon e, dicono fonti attendibili, i cui valori fisici sono stellari. E per stellari intendiamo al pari o superiori a gente che non troppo recentemente ha vinto il Tour de France.

Ma torniamo ad Ilias. Al Langkawi ha corso vestendo i colori della Li Ning Star, una continental cinese. E quando lo abbiamo visto davanti ci siamo chiesti cosa ci stesse facendo un biker in mezzo agli stradisti.

«Se penso a me ciclista – ci ha detto Periklis – mi sono sempre visto su entrambi i fronti. Ho sempre pedalato sia in Mtb che su strada. Il ciclismo su strada è la base di tutte le discipline ciclistiche!

«Fin dall’inizio ho avuto anche buoni risultati e un buon feeling con il ciclismo su strada e credo che le mie caratteristiche di ciclista siano più vicine agli sport di resistenza. E per me la migliore combinazione è stata la disciplina marathon, che unisce le caratteristiche della Mtb e della strada».

Tour of Hellas 2022: Ilias in azione con la maglia della nazionale greca
Tour of Hellas 2022: Ilias in azione con la maglia della nazionale greca

Biker e scalatore

Il greco ha voluto così fare questa prova. Il pallino della strada ce l’ha sempre avuto. Una passione che negli anni è andata ad aumentare sino a laurearsi campione nazionale nel 2007 e nel 2020. Il suo percorso è un po’ l’opposto di quel che ha fatto Diego Rosa.

In questa stagione Ilias ha preso parte a molte corse con la nazionale greca. Ha persino vinto una gara in Uzbekistan, ha colto due top ten nei campionati nazionali sia a crono che in linea e ha anche vinto la classifica degli scalatori al Giro di Albania, corsa che tra l’altro aveva visto un discreto livello di partecipazione.

«Il livello in queste gare come il Langakawi è alto – ha detto Periklis – ma io mi diverto perché ci sono corridori di grande qualità quindi è bello correre tra loro. In più a fine stagione non è facile affrontare tante ore di corsa, in quel clima umido… le difficoltà maggiori che ho incontrato sono state queste e anche la posizione in gruppo, ma quella credo sia difficile sempre… e non solo perché sono un biker!

«Su strada è molto diverso correre: in mtb imposti la tua gara, hai un piano e lo segui. Su strada devi cambiare il tuo piano molte volte quindi questo è più stressante».

«Posso fare bene su tutti i terreni – ha detto Periklis – ma mi piace di più la salita! E in generale le più difficili, quelle in cui “devi” continuare a spingere quando la tua testa invece dice di no».

E questa è una tipica risposta da biker e da biker di lunghe distanze. Spesso questi atleti nelle gare di alta montagna si ritrovano a spingere forte da soli per ore. E non è un caso che diversi biker siano anche degli ottimi cronoman. E non è dunque un caso che lo scorso anno Ilias abbia vinto il titolo nazionale contro il tempo.

Periklis al Tour de Langkawi, il greco ha chiuso al 19° posto. Ora corre ad Hainan (foto Instagram)
Periklis al Tour de Langkawi, il greco ha chiuso al 19° posto. Ora corre ad Hainan (foto Instagram)

Nuove sfide

Ma quindi cosa ci faceva Periklis al Langkawi? Semplicemente correva. Anziché farlo in mtb, il greco ha deciso di puntare, almeno per questo scorcio di stagione, sulla strada. Fonti attendibili ci dicono che abbia ricevuto una buona offerta. Quest’anno aveva corso moltissimo su strada, lui voleva continuare su questa falsariga e quindi ha colto questa occasione. 

Inizialmente la nostra idea era che Ilias mirasse ad ottenere punti per strappare un pass per Parigi 2024. «Nessun pass, il sogno olimpico ormai è finito – ha concluso Periklis – Ma posso dire che continuerò a partecipare ad eventi importanti».

E i nuovi eventi dopo il Langkawi si chiamano Tour of Hainan, gara a tappe, sull’omonima isola nel Sud della Cina. Rispetto al Langkawi c’era qualche salita in più, ma anche un livello maggiore. E anche in questo caso Periklis se l’è cavata benone.

Il giro del mondo di Zanoncello, con una marea di punti

05.10.2023
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Quattro vittorie e 30 piazzamenti nelle prime 10 posizioni in 66 giorni di gara, per un totale di 325 punti Uci. Questi sono i numeri che riassumono la stagione di Enrico Zanoncello, dimostratosi un vero patrimonio per la Green Project-Bardiani-Csf-Faizané. Una stagione che per molti versi è diventata un giro del mondo, fra America, Europa, Asia.

Il corridore di Isola della Scala (stessa città di suo cugino Elia Viviani e della dinastia Minali, evidentemente da quelle parti le fibre muscolari sono veloci…) è appena tornato dal Tour de Langkawi e da una trasferta asiatica durata ben 23 giorni. Ancora un po’ frastornato ma nel complesso soddisfatto anche se la gara malese gli ha dato piazzamenti, anche la soddisfazione di indossare per un giorno la maglia di leader ma non l’agognata vittoria.

Al Tour de Langkawi i buoni piazzamenti gli sono valsi la testa della corsa
Al Tour de Langkawi i buoni piazzamenti gli sono valsi la testa della corsa

«E’ un po’ il segno di questa stagione – spiega – sicuramente molto positiva soprattutto se paragonata alla precedente, ma nella quale se mi guardo indietro scopro un bel po’ di occasioni perdute. Non posso certo lamentarmi, soprattutto pensando alle prospettive che avevo a inizio anno, accetto quel che è venuto e vado avanti».

Come ti sei trovato nella gara malese?

Una corsa lunga, ben 8 tappe, abbastanza adatta a noi velocisti, infatti ci sono state molte volate. La leadership in classifica il terzo giorno è stata abbastanza fortunosa, molti velocisti erano rimasti staccati e mi sono ritrovato in testa grazie alla costanza dei piazzamenti. Poi sono arrivate le tappe più dure, particolarmente la quinta che ha costruito la classifica finale, ma è chiaro che io puntavo alle tappe.

Lo sprint vincente di Jackson con Zanoncello evidentemente deluso
Lo sprint vincente di Jackson con Zanoncello evidentemente deluso
Proprio la terza tappa, quella della conquista della maglia di leader ti ha visto giungere secondo dietro il neozelandese George Jackson, ventitreenne del quale si dice un gran bene…

Avevo già visto su pista che era uno forte, ma forte davvero. Me lo sono ritrovato contro in Cina al Tour of Taihu Lake e poi anche in Malesia. Diciamo che mi ha un po’ rovinato la festa… E’ davvero un bel corridore, ha un grande picco di velocità che scaturisce proprio dalla sua esperienza nei velodromi. Io sono uno sprinter diverso, più esplosivo. Quel giorno ci siamo ritrovati a fare la volata in un gruppo di una quarantina di corridori, io probabilmente sono partito troppo presto.

I numeri sono lì a certificare il valore della tua stagione, ma tu sottolineavi come essa assuma ulteriori significati se paragonata alla precedente…

A dir la verità erano le ultime due ad avermi lasciato l’amaro in bocca. Non ero mai riuscito ad avere una stagione lineare, completa, sono incorso anche in due fratture della clavicola. Ogni volta che stavo per entrare in forma avveniva qualcosa. Quest’anno invece ho iniziato subito bene in Argentina: pur senza vincere sentivo che le gambe giravano, poi sono andato sempre migliorando. Certo, qualche sprint perso c’è stato, si poteva fare anche di più, ma sono soddisfatto.

A questo punto però non si sente la stanchezza di un’annata iniziata a gennaio e dall’altra parte dell’Atlantico?

Sicuramente, più di testa che fisicamente. Ho vissuto un’annata sempre in viaggio, mai più di 3-4 giorni consecutivi a casa, poi di nuovo valigia e bici in mano e via. In totale da allora avrò fatto 30 giorni a casa e ne sento davvero il bisogno. Anche l’ultima trasferta è stata lunga, ben 23 giorni fra Cina e Malesia, per fortuna con la squadra abbiamo formato un bel gruppo, nel quale c’è amicizia prima ancora che un rapporto di lavoro.

Oltretutto a 26 anni sei uno dei “vecchi” del gruppo…

Già sembra paradossale per me che due anni fa entravo in questo team in punta di piedi. Sono tutti davvero supergiovani, ma d’altro canto il progetto del team è quello, puntare molto sugli under 23.

Con il gruppo asiatico alla torre Petronas, da sinistra Zanoncello, Gabburo, Tarozzi, Scalco, Conforti , Covili
Con il gruppo asiatico alla torre Petronas, da sinistra Zanoncello, Gabburo, Tarozzi, Scalco, Conforti , Covili
Tu hai un treno specifico per pilotare le tue volate?

No, ci si regola in base alla corsa, alle sue caratteristiche, alla sua evoluzione, ma devo dire che tutti si sono sempre dati da fare per aiutarmi nelle volate. Anche per questo dico che c’è un bel clima in seno alla squadra.

Tu hai già la conferma per il prossimo anno?

Ne stiamo discutendo, nel contratto precedente avevo una clausola di riconferma. Io vorrei restare, almeno altri due anni per proseguire nel mio cammino di crescita. Ne parleremo a fine stagione, mi aspettano ancora le prove venete, con la chiusura alla Serenissima Gravel.

I successi lo stanno facendo conoscere anche al grande pubblico e agli addetti ai lavori stranieri
I successi lo stanno facendo conoscere anche al grande pubblico e agli addetti ai lavori stranieri
Il tuo calendario, dopo una stagione così importante, sarà dello stesso tipo, quindi incentrato sulle corse a tappe?

Quella era l’impostazione della quale avevo bisogno quest’anno, partendo praticamente da zero. Ora spero che il livello si alzi, che ci siano altri tipi di corse, anche con una concorrenza più qualificata, con qualche classica d’un giorno nella quale andare a caccia del bersaglio grosso.

Green Project quanti piazzamenti al Langkawi…

30.09.2023
4 min
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Al Tour de Langkawi la componente italiana non è poi così piccola. Ci sono vari team, diversi corridori impegnati e alcuni di loro si sono anche distinti, pensiamo soprattutto ai ragazzi della Green Project – Bardiani, guidati da Mirko Rossato.

In Malesia Enrico Zanoncello ha sfiorato la vittoria, è stato leader per un giorno, e bene hanno fatto anche i giovanissimi Conforti e Scalco… Ma in generale si può dire che ad essere vivace sia stata l’intera Green Project. A volte magari anche sbagliando un po’, ma sempre nel vivo della corsa. Di tutto questo ne abbiamo parlato appunto con il diesse Rossato.

Tre corridori della stessa squadra impegnati in volata, un’immagine un po’ insolita. Ma quando ci sono i giovani di mezzo…
Tre corridori della stessa squadra impegnati in volata, un’immagine un po’ insolita. Ma quando ci sono i giovani di mezzo…
Mirko, una Green Project attiva dicevamo…

Direi di sì. Siamo stati sfortunati con Luca Covili che nel giorno di Genting Highlands (arrivo in quota, ndr) ha forato. E lo stesso con il giovane Matteo Scalco che ha avuto la febbre la sera prima di quella tappa. Buone cose ha fatto anche Lorenzo Conforti. Zanoncello è andato vicino alla vittoria. Venivamo dal Tour of Taihu Lake, in Cina, e anche lì avevamo corso bene.

Più di una volta abbiamo visto diversi piazzamenti nei primi dieci se non nei primi cinque, dei tuoi atleti. Visto che la cosa si è ripetuta era un ordine di squadra?

Si è ripetuto più volte perché i sincronismi non sono ancora ottimali. Davide Gabburo, per esempio, doveva tirare la volata a Zanoncello, ma poi lui ha perso le ruote. Uno lo lanciava a destra e l’altro usciva a sinistra e chiudevano quarto e sesto. La stessa cosa Conforti. Mettiamoci anche che Lorenzo è un giovane: lanciava la volata, ma poi voleva tenere duro fino sulla linea. Non dimentichiamo che fino allo scorso anno era juniores.

Assolutamente, il toscano sta ben figurando…

Quel che sta facendo è buono. Un giorno ha lanciato Zanoncello alla grande. Ha imboccato in testa l’ultima curva e poi ha tenuto fino alla fine, facendo 600 metri di volata. Quel giorno hanno fatto secondo e sesto.

Sfortunato Covili: nell’unica vera salita di tutto il Langkawi ha forato, dicendo addio ai sogni di alta classifica
Sfortunato Covili: nell’unica vera salita di tutto il Langkawi ha forato, dicendo addio ai sogni di alta classifica
Vedendo che la cosa dei piazzamenti in volata si ripeteva, abbiamo pensato ad una Green Project a caccia di punti.

No, sono pochi quelli in palio nelle tappe. Semmai contano di più quelli per la classifica finale. Ma non era questo il nostro obiettivo in quelle volate.

Hai portato una squadra che è un mix di giovani ed esperti. Esperti con le virgolette, visto la loro età. Scalco e Conforti i due “bimbi”, Tarozzi la via di mezzo e poi i “vecchi” Covili, Zanoncello e Gabburo…

Un po’ la stessa cosa che avevo fatto al Tour of Taihu Lake. Lì avevo tre ragazzi di primo anno. Qui al posto di Paletti, che è rientrato in Italia per preparare il ciclocross, c’è Covili. Ma in generale sono contento dei miei giovani. Più o meno tutti hanno messo nel sacco 45 giorni di gara e per essere dei primo anno va bene. 

Conforti in particolare si è distinto. Davvero degli ottimi piazzamenti per lui. Solo in Malesia quattro top 10 nelle prime quattro tappe e anche in Cina un secondo posto. Che corridore è?

E’ un corridore veloce, ma non un velocista. Vedo che tiene bene nelle salite non troppo lunghe. Per me è da classiche. Il prossimo anno potrà essere tra i protagonisti assoluti della categoria under 23. E’ cattivo, ha il piglio giusto… Non ce ne sono tanti che si sanno muovere in quel modo in gruppo e in volata a quell’età (parliamo di un classe 2004, ndr).

Manuele Tarozzi (classe 1998) in azione al Langkawi
Manuele Tarozzi (classe 1998) in azione al Langkawi
Prima hai detto che volevi provare a fare classifica con Scalco, altro 2004, credevamo la facessi con  Covili…

Covili era fuori di dubbio, lo davo per scontato. Era lui il nostro uomo per la generale, ma non era facile. Qui in Malesia c’erano un solo arrivo in salita e una tappa un po’ più mossa, per il resto tutta pianura. Spiace perché nella tappa più dura, a metà salita, ha forato. Volevo provare anche con Scalco più che altro per vedere doveva poteva arrivare, mentalizzarlo a tenere duro, a stare attento tutti i giorni. Lui al contrario di Conforti lo vedo per le corse a tappe.

Ultima domanda Mirko, cosa ti è sembrato del livello medio, e quindi delle prestazioni dei tuoi, in questo Langkawi?

E’ una corsa a tappe di otto giorni e non è poco. Serve molto a questi ragazzi. Il livello medio è molto buono e direi piuttosto elevato per quel che riguarda i velocisti. Io poi sono un ex sprinter e ho sempre un certo occhio per le ruote veloci. Ho visto ragazzi molto interessanti, come questo George Jackson, fortissimo. Anzi, per me il più forte. Ex pistard, alto, capello alla Cipollini… Tra l’altro la sua squadra, la Bolton, non ha sponsor per il prossimo anno: prenderlo sarebbe un’occasione. E poi ci sono De Klein della Tudor, Babor della Caja Rural… insomma molti profili davvero interessanti.

Avventura al Langkawi, Bisolti (di nuovo) “nostro” inviato

25.10.2022
8 min
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Il Tour de Langkawi, è stata l’ultima corsa di una certa importanza dell’anno. Gara che si è svolta in un Paese esotico, la Malesia che, come spesso accade, offre alla vista grandi contraddizioni. I grattacieli lussuosi delle città e i villaggi old style delle campagne.

Otto tappe, da Kuala Lampur, nella parte centro meridionale della Malesia, a Kuah, nel Langkawi vero e proprio più a Nord. Tanta pioggia e una bella dose di tifo…

Bisolti presente

E della bolgia asiatica faceva parte anche Alessandro Bisolti, schierato con la sua Drone Hopper-Androni. Non era facile fare risultato come in passato. C’erano tanti squadroni e lo stesso Bisolti ci ha subito detto che il livello rispetto al pre-covid è notevolmente cambiato.

Alessandro, purtroppo, per un disguido con i giudici e una bella dose di sfortuna è stato costretto ad alzare anzitempo bandiera bianca, ma ci ha comunque accompagnato alla scoperta della corsa.

«Per me – dice Bisolti – è stata un’avventura faticosa, strana e… corta! Per un insieme di coicidenze sfavorevoli sono stato costretto a fermarmi prima.

«Mi si è rotto il filo del cambio. Non essendoci le ammiraglie, non avevo la bici di scorta sulla macchina al seguito. Una bici c’era, ma era al centro dell’ammiraglia. Per prenderla ci abbiamo messo un bel po’ e poi non era neanche la mia bici, ma quella di Grosu. In realtà in quel momento non c’era neanche l’ammiraglia. Era rimasta dietro nel traffico. Fatto sta che quando sono ripartito era passato il fine corsa».

«Mi sono dovuto fermare tre volte per regolare la sella. Avevo la brugola. Per non fermarmi anche la quarta volta, mi sono fatto aiutare dall’ammiraglia. Eravamo lontani dai primi e dal traguardo (circa 70 chilometri, ndr) ma la giuria è stata super fiscale. A fine frazione mi hanno squalificato per traino».

In Cina e in Asia in generale, Bisolti racconta che i giudici da sempre sono un po’ fiscali, però a volte servirebbe anche un po’ di buon senso. Tanto più che i team non hanno tutti i mezzi consueti, ma si devono adattare.

Prima e dopo il covid

«Rispetto al 2019 – racconta Bisolti – sicuramente il livello è più alto. Lo scorso anno si disputò solo con team locali. Nel 2019 c’era una sola squadra WorldTour se non erro, l’Astana, questa volta ce ne erano sei. E questo ha cambiato anche il modo di correre.

«In queste gare s’iniziava a darsele da subito anche nelle tappe pianeggianti, adesso invece la corsa è più controllata».

Un’altra differenza è stata la collocazione temporale. Prima del covid il Tour de Langkawi si faceva in primavera, adesso ad ottobre. E cambia molto. Adesso ci sono i Monsoni.

«Sono due climi totalmente differenti. Da quelle parti questo è il periodo delle piogge, non potete capire quanta acqua abbiamo preso. Degli scroscioni continui, un chilometro di nubifragio e un chilometro di asciutto.

«A marzo invece il caldo è opprimente, 40° almeno. Stavolta c’erano 35°, ma il sole lo avremmo visto dieci minuti in tutto. Senza contare l’umidità. Impossibile stare senza climatizzatore. Come uscivi dall’hotel ti si bagnavano le braccia».

E con le WorldTour cambia anche l’avvento mediatico. Questa volta la corsa era trasmessa da Eurosport.

«Al netto di qualche errore di regia, che per esempio si è persa il finale della terza frazione, in ogni caso la corsa era trasmessa su un canale internazionale importante. Di certo è cresciuta nel suo insieme. E il ciclismo è conosciuto. L’autista del nostro bus sapeva tutto del Giro d’Italia e sognava di scalare lo Stelvio».

Petronas Tower

Fermandosi in anticipo, Bisolti si è perso una fetta della parte più selvaggia del Tour de Langkawi. Ma il Dna della corsa no, quello non se l’è perso. Inoltre Bisolti è un vero esperto nel raccontare certi ambienti. Fece così già con il Tour du Rwanda. Le ricche Petronas Tower sono state un po’ il simbolo della trasferta asiatica.

«Rispetto al Rwanda – continua Bisolti – ho notato forse un po’ meno di entusiasmo. Però è anche vero che io ho vissuto soprattutto la prima parte, quella di Kuala Lampur. E Kuala Lampur è una città enorme e non è paragonabile al calore e alla folle dei piccoli villaggi come nella foresta del Rwanda. E infatti all’arrivo della terza tappa di gente ce n’era davvero tanta».

«Nei giorni prima della gara, in allenamento, ci facevano le foto e i video dagli scooter. Un’altra cosa incredibile è stato il traffico. Per rientrare in hotel impiegavamo un’ora e mezza per fare 15 chilometri. Ed eravamo su una tangenziale a sei corsie.

«O lo stesso quando uscivamo per fare la sgambata: ogni 50 metri eravamo fermi ad un semaforo con 100 scooter e 300 auto dietro!».

Più si andava verso nord e più il paesaggio diventava esotico
Più si andava verso nord e più il paesaggio diventava esotico

Niente “Montezuma”

Di solito quando si viaggia in Paesi esotici, o meno “occidentali” nel loro stile di vita, la “maledizione di Montezuma” è sempre in agguato. E questo è indipendente da latitudini e longitudini: basta qualche micro-differenza nella composizione dell’acqua e delle verdure che il mal di pancia “bussa”.

«Però in questo caso è andata bene – prosegue Bisolti – al Langkawi nessun problema di questo genere. Noi corridori avevamo sempre la nostra pasta, il nostro riso o il nostro pollo. E le verdure erano solo cotte.

«Di fronte a noi c’era un grande centro commerciale dove avremmo potuto comprare le stesse cose che ci sono da noi. Io di solito viaggio con scatolette di tonno in valigia, questa volta no. Però la mia moka del caffè ce l’avevo!».

Strade larghe

Il Tour de Langkawi non è una corsa durissima. Le tappe sono brevi e parecchio pianeggianti, ma quando ci sono le salite cambia un po’ tutto.

«Cambia – conclude Bisolti – perché c’è una concezione stradale diversa. In Malesia le strade sono tutte larghe, tutte a mo’ di tangenziale. Su una salita di quasi 20 chilometri all’8-9% c’erano due corsie a salire e due a scendere. E questo neanche ti dava la percezione della pendenza. Nessun tornante, nessuna curva stretta… micidiali!

«Però ti rendevi conto di quanto fossero dure, quando in discesa toccavi i 110 all’ora».

Mareczko ritrova la vittoria in Malesia e guarda al 2023

20.10.2022
5 min
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Il Tour de Langkawi, concluso oggi (ieri per chi legge, ndr) ha chiuso la stagione agonistica 2022. I corridori sono tornati in Malesia dopo due anni e mezzo di stop causa pandemia. Visto che era l’ultima corsa della stagione, in un’annata caratterizzata dalla continua corsa ai punti per la classifica UCI, il parterre dei corridori era molto ampio. Una delle squadre che è andata a correre in Malesia con grandi prospettive e portando a casa anche tre vittorie è l’Alpecin Deceuninck. Uno dei successi è stato firmato da Jakub Mareczko.

Jakub, una bella vittoria per chiudere bene la stagione… 

Sì, direi proprio di sì. Siamo venuti a questo Tour de Langkawi con una squadra molto competitiva. C’erano ragazzi come Bax che ha vinto la Coppa Agostoni davanti a Valverde, e Taminiaux che ha corso la Vuelta ed era in ottima condizione. 

Non è un caso che le altre due vittorie siano arrivate proprio da questi due atleti. 

Assolutamente, il nostro obiettivo, come quello di tante altre squadre, era di venire qui a raccogliere successi. Ci siamo riusciti nonostante ci fossero molte squadre attrezzate per fare bene, pronte a prendere gli ultimi punti rimasti per la classifica UCI. 

La Alpecin ha chiuso il 2022 con dei buoni risultati, qui la vittoria alla Coppa Agostoni di Bax
La Alpecin ha chiuso il 2022 con dei buoni risultati, qui la vittoria alla Coppa Agostoni di Bax
Una corsa a tappe di una settimana, così lontana dall’Europa era da un po’ che mancava.

Sono trasferte non semplici effettivamente. Noi siamo partiti 4 giorni prima, il 7 ottobre. Il viaggio è stato molto lungo: prima sono andato a Bruxelles, destinazione Amsterdam per viaggiare insieme a tutta la squadra. Poi aereo diretto per Singapore e come ultima tappa abbiamo raggiunto Kuala Lumpur. E’ stata una corsa lunga ed impegnativa, ma sono le ultime fatiche prima delle vacanze, quindi si stringono i denti e si portano a termine

Si è tratta della tua terza vittoria stagionale, anche se il calendario non è stato di altissimo livello.

Mah, devo dire che negli ultimi anni il livello si è alzato parecchio ovunque. Non ci sono più corse semplici. Io ho avuto la mia occasione di fare corse WorldTour al Giro e poi in Polonia, ma per un motivo o per l’altro non è andata bene. Al Giro arrivavo da una brutta caduta subita in Turchia ed ero fuori forma, mentre in Polonia tutta la squadra si è dovuta ritirare per Covid. Si è aggiunta anche una piccola dose di sfortuna.

Il primo anno con la Alpecin è andato molto bene: dal prossimo anno si sale nel WorldTour (foto Instagram/PhotoNews)
Il primo anno con la Alpecin è andato molto bene: dal prossimo anno si sale nel WorldTour (foto Instagram/PhotoNews)
Come ti sei trovato al tuo primo anno in Alpecin?

Mi sono trovato subito molto bene, anche a livello di comunicazione all’interno del team. Il preparatore abita in Italia e parla benissimo italiano ed anche il manager parla molto bene la nostra lingua. In più, come in tutte le squadre si parla quasi sempre in inglese.

A livello di allenamenti e di preparazione?

Siamo seguiti e monitorati costantemente. L’unico intoppo, ma non abbiamo ancora capito bene il motivo, lo abbiamo avuto dopo lo ZML Tour, a giugno. Avevo un periodo di pausa dalle corse e sono andato in altura a lavorare per 4 settimane, solo che una volta tornato non riuscivo ad essere performante come mi sarei aspettato. La condizione è migliorata solamente in queste ultime corse. 

La sua seconda gara WorldTour è stato il Polonia (qui con Ceszlaw Lang), chiuso anzitempo per la positività della squadra al Covid
La sua seconda gara WorldTour è stato il Polonia (qui con Ceszlaw Lang), chiuso anzitempo per la positività della squadra al Covid
L’anno prossimo il team passerà WorldTour, pensi cambierà qualcosa?

Non credo, la squadra era già invitata tramite wild card a tutte le competizioni. Quindi sinceramente non mi aspetto grandi differenze rispetto a quanto fatto quest’anno. A livello di calendario cambierà l’idea di approccio alle corse, ma non ne sono convinto. Perché anche qui in Malesia, con la promozione già acquisita, siamo venuti per vincere. 

Ora torni a casa e ci sarà riposo anche per te?

Ripartiamo da Kuala Lumpur domani sera (oggi per chi legge, ndr). La squadra ci ha già dato un programma. Faremo due settimane di stop completo e poi a inizio novembre si inizierà a pedalare. A dicembre faremo il primo ritiro.