Pietrobon, perfetto uomo squadra: «Ma se capita l’occasione…»

10.10.2024
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Andrea Pietrobon è uno di quei corridori che si potrebbe definire totali, affibbiargli l’aggettivo di corridore completo è riduttivo. L’atleta della Polti-Kometa sa attaccare, sa aiutare, sa far parte di un treno e all’occorrenza se la cavare bene anche in salita.

Tutte queste caratteristiche del bellunese le abbiamo viste nel corso della stagione e dal vivo al recente Tour de Langkawi, in Malesia. Laggiù, quasi sulla linea dell’equatore, all’ombra di una palma e seduti su un marciapiede, abbiamo messo insieme dei ragionamenti interessanti.

Sul podio di Roma al Giro: Andrea ha vinto il Premio Fuga (605 km in avanscoperta)
Sul podio di Roma al Giro: Andrea ha vinto il Premio Fuga (605 km in avanscoperta)

In salita e in pianura

«In Malesia – racconta il veneto – l’obiettivo primario era di restare uniti: per Double o Tercero in salita e per Peñalver in volata. Nella seconda tappa per esempio avevo il compito di scortare Peñalver fino ai 500 metri e dico che tutto sommato è andata bene».

E più o meno la stessa cosa aveva fatto nella tappa regina della corsa asiatica. Con Double un po’ sulle gambe, Pietrobon è rimasto il più possibile vicino a Tercero. Tra l’altro proprio lo spagnolo, Piganzoli e appunto Andrea sono tre prodotti del vivaio della squadra di Basso e Contador. Dopo l’esperienza al Cycling Team Friuli, infatti, anche Andrea ha corso per due anni nella U23 dell’allora Eolo-Kometa.

Ecco il veneto in azione per i suoi compagni
Ecco il veneto in azione per i suoi compagni

Tenacia e fiducia

Un altro aspetto che ci è piaciuto di Andrea è che nonostante una caduta, sempre nella fasi di uno sprint, si è subito rialzato e il giorno dopo era di nuovo in pista a menare. E’ stato uno degli atleti che più di altri ha messo a rischio la vittoria di Tarozzi, per dire quanto menasse in testa al gruppo.

Pietrobon ha portato a termine il Giro d’Italia. Il suo primo grande Giro. La corsa rosa, come spesso scriviamo in questi casi, gli ha dato molto e molto ha preteso.

«Dopo il Giro – ha detto Pietrobon – ho corso ancora e la fatica si è fatta sentire. Però sapevo anche che non avremmo avuto molte corse in estate e che ci sarebbe stato il tempo per recuperare». 

«Per la prossima stagione – racconta Andrea – parto con più sicurezza in me stesso, il che è molto importante. Come sempre l’affronto cercando di divertirmi perché secondo me è la cosa migliore per non avere stress ed essere motivati. Certo, parto anche con più consapevolezza e fiducia. Fiducia in me stesso e in quella da parte della squadra. Questo è un altro aspetto che mi dà tanta motivazione. Sono contento anche che credano in me».

Pietrobon al termine della 2ª frazione del Langkawi quando sembrava che il suo compagno Peñalver avesse vinto
Pietrobon al termine della 2ª frazione del Langkawi quando sembrava che il suo compagno Peñalver avesse vinto

Uomo squadra

Vista la sua età e le sue capacità, Pietrobon potrebbe essere pronto anche per puntare più in alto: qualche vittoria di peso. Magari lavorando un po’ sulla “botta secca” potrebbero cambiare alcune sue prospettive.

«La squadra alla fine punta molto su di me proprio perché io sono versatile – spiega Andrea con consapevolezza da veterano – sulle salite se non sono troppo dure me la cavo, in volata sono abbastanza affidabile e alto per portare il velocista all’interno dell’ultimo chilometro… Chiaro che vorrei migliorare ancora, ma in tutto non in una cosa specifica».

«Io credo che come mia attitudine sia quella di essere un uomo squadra. Sono un uomo che lavora per gli scalatori e per i velocisti. Sono un altruista».

Giro 2024: Pietrobon nella fuga verso Lucca, nel finale tentò il colpaccio
Giro 2024: Pietrobon nella fuga verso Lucca, nel finale tentò il colpaccio

Voglia di vincere

A questo punto viene facile incalzarlo e ricordagli la tappa di Lucca al Giro d’Italia. Quel giorno si trovò davanti con dei campioni affermati. Pietrobon non ebbe paura a giocarsela da veterano. Poche riverenze: rimase a ruota di chi aveva più esperienza e più “botta” di lui e poi tentò il colpaccio da finisseur nell’ultimo chilometro.

«Ma certo – ribatte Pietrobon – se capita l’occasione mi butto in fuga e do tutto me stesso. Ripeto, io sono contento e spero appunto di migliorare ancora. Mi piacerebbe riuscire a prendere fughe più importanti e giocarmela fino in fondo».

E l’occasione potrebbe arrivare presto. Archiviata la trasferta malese, Pietrobon dovrebbe disputare le corse in Veneto.

«Giro del Veneto e Veneto Classic sono le gare di casa e su quelle punto molto. Ce ne sono solo due dalle mie parti! Se dovessi essere il leader? Aspetterei, non andrei in fuga e cercherei di giocarmi le carte nel finale. Però attenzione, col livello alto che c’è questi ultimi anni anche nelle gare un po’ meno importanti è dura. Ma ci proverò…».

Gruppo in Asia a caccia di punti. Il bilancio della Malesia

07.10.2024
6 min
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Uno degli aspetti tecnici che ha messo in evidenza il Tour de Langkawi è stato quello dei punti. Un po’ tutte le squadre, ma alcune ancora di più, sono venute qui con il preciso scopo di racimolare qualche prezioso punto per la classifica UCI a scapito magari dei successi parziali. Per dire: meglio mettere tre atleti nella top generale, che uno al primo posto in una tappa e poi nient’altro.

I percorsi malesi non si prestavano ad attacchi e colpi a sorpresa. E di fatto la tappa di Cameron Highland ha deciso la classifica. Da quel momento le posizioni si sono congelate e tutti i corridori di vertice ci hanno detto di aver pensato a difendere la loro posizione più che attaccare le altre.

La Burgos-Bh, per esempio, è stata seconda in quanto a punti UCI conquistati (oltre 230), dietro alla Dsm di Poole. Eppure il team spagnolo ha messo un solo uomo tra i primi cinque in una tappa: Iribar, quinto, nella frazione montana.

Le squadre spagnole sono andate molto bene nella classifica generale
Le squadre spagnole sono andate molto bene nella classifica generale

Tutto in una tappa

Alcuni team hanno allestito delle squadre specifiche per questo percorso. Partiamo dall’Astana-Qazaqstan, per esempio, ultima nel ranking WorldTour.

Il team kazako è venuto in Malesia con due scalatori, anzi uno scalatore e un passista scalatore, e poi tutti atleti votati alla causa di Gleb Syritsa, lo sprinter. Hanno piazzato Harold Lopez, il grimpeur appunto, in seconda piazza in montagna e poi hanno vinto una tappa con lo sprinter russo. Loro sono una WT e non potevano non puntare ai successi. Il problema, anzi i problemi, è che il colombiano il giorno dopo ha subito un penalizzazione di 20” per una scorrettezza in gruppo ed è crollato in classifica. La graduatoria era cortissima e da secondo si è ritrovato decimo.

L’altro problema, il maggiore, è che l’Astana è lontanissima dal 18° posto che consente di restare nel WT. Le mancano circa 2.800 punti dalla 18ª che è attualmente la Uno-X e qui per quanto potessero andare forte di punti in palio non ce n’erano moltissimi. Nelle tappe prendevano punti i primi 5 e chi vinceva ne portava a casa 20. Una tappa del Giro d’Italia per esempio ne assegna 80 e prendono punti i primi 15, tanto per rendere l’idea.

Più generosa invece la classifica generale con punti in palio per i primi 40. E per questo, le squadre spagnole, come Euskaltel-Euskadi, Burgos-Bh, Kern Pharma hanno portato tutti corridori che andavano bene in salita, atleti che dopo la tappa di Cameron Highland, non si sono più visti. Però pensate che nei primi 12 c’erano 8 spagnoli. L’idea era esattamente di piazzarli lì.

Valerio Conti ha salvato la gara della sua Corratec portando ben 15 dei 30 punti conquistati in Malesia dal team
Valerio Conti ha salvato la gara della sua Corratec portando ben 15 dei 30 punti conquistati in Malesia dal team

I team italiani

Un po’ quello che volevano fare la VF Group-Bardiani e la Corratec-Vini Fantini soprattutto.

La squadra toscana aveva Mareczko per le volate e un uomo al suo fianco, Masotto, e poi corridori che senza problemi fisici avrebbero dovuto piazzarsi nei primi 15-20 a Cameron Higlands e quindi in classifica. Purtroppo, a parte Valerio Conti, 14°, gli altri non sono riusciti nella loro missione. Mareczko è andato a casa anzitempo, in quanto arrivato fuori tempo massimo.

Questo era un passaggio importante per la Corratec-Vini Fantini. L’obiettivo maggiore è restare nelle prime 40 squadre del ranking UCI, per tenere viva la speranza andare al Giro d’Italia. Per il prossimo anno, infatti, se si è oltre questa posizione non si ha diritto neanche all’invito da parte dell’organizzazione dei grandi Giri. E per il 2026 l’asticella si alzerà ancora: bisognerà essere tra i primi 30. Ad ora La Corratec è 42ª a circa 80 punti dal team JCL Ukyo di Malucelli che appunto è quarantesimo.

La VF Group-Bardiani è messa meglio in classifica, è 28ª, e ha potuto correre un po’ più liberamente alla ricerca di una tappa senza l’assillo totale dei punti. L’obiettivo primario che Donati, diesse della squadra emiliana, ci ha confidato era quello di vincere almeno una frazione. E ci sono riusciti.

Dove invece anche loro hanno steccato è stato nella generale. Da un paio di atleti ci si aspettava qualcosa di più verso Cameron Higlands, la tappa che come detto avrebbe sistemato la classifica e avrebbe elargito punticini preziosi.

Per la Polti-Kometa più o meno il Tour de Langkawi è stato la stessa cosa della VF Group: salvo che loro l’uomo per vincere la classifica generale ce lo avevano per davvero ed era Paul Double. L’inglese non è andato bene, ma ci ha pensato Tercero a salvare la baracca col suo quinto posto.

Alcuni team hanno corso senza l’assillo dei punti, come le squadre di Malucelli e De Kleijn, qui impegnati nel penultimo sprint
Alcuni team hanno corso senza l’assillo dei punti, come le squadre di Malucelli e De Kleijn, qui impegnati nel penultimo sprint

Dinamiche bloccate

Questa situazione indirettamente ha messo pressione ai team, ai ragazzi e ha influito sulle tattiche. Non era facile giocarsi gran parte degli obiettivi in una sola tappa impegnativa (velocisti a parte). Tutto ciò non ha fatto altro che aumentare le differenze tra le squadre più grandi e quelle più piccole. Tuttavia queste ultime, se ben organizzate, vivevano un po’ più tranquillamente la questione relativa ai punti.

Per esempio il Team Terengganu, squadra malese, prima continental al mondo, e la JCL Ukyo soprattutto hanno fatto man bassa di punti: per Malucelli tre primi posti, due secondi e un quarto (totale 95 punti). Pesenti è arrivato secondo nella generale e terzo in una tappa (160 punti).

Tudor non ha aveva problemi di punti. Dsm-Firmenich anche se non è messa bene nella classifica UCI (è 17ª) ha schierato una formazione importante e infatti ha vinto la gara senza troppi problemi. La EF – Easypost forse ha ottenuto meno del previsto, ma non era certo questa la corsa che avrebbe sistemato la sua situazione nel ranking UCI. Una situazione comunque non tragica (è 12ª).

E poi le tattiche. Pensate che dopo Cameron Higlands, per tenere sott’occhio le posizioni, si facevano valutazioni persino sui traguardi volanti. E le fughe che partivano all’inizio in particolare. Di fatto abbuoni a parte, erano tutti con lo stesso tempo. Con un secondo si potevano scalare 6-8 posizioni.

In quanto corsa a tappe di categoria 2.Pro, questi erano i punti assegnati dal Tour de Langkawi (immagine estratta dal regolamento della corsa)
In quanto corsa a tappe di categoria 2.Pro, questi erano i punti assegnati dal Tour de Langkawi (immagine estratta dal regolamento della corsa)

Conti, punti e calendario

Va da sé che se alcune dinamiche di gara a volte ci sembrano bloccate, bisogna ricordarsi di queste situazioni pregresse. E bisogna anche tenere presente perché le corse esotiche, come queste in Asia, diventino fondamentali per alcuni team.

Dal 9 ottobre per esempio andrà in scena il Taihu Lake, in Cina, che come il Langkawi è una corsa 2.Pro, vale a dire il livello più alto in quanto a punteggio dopo il WT. Ebbene, al via ci sono ben 9 squadre professional. E questa non è la sola corsa in questa parte del pianeta.

In ogni caso fra qualche settimana avremmo la classifica 2024 definitiva e allora potremmo tornare a fare un’analisi completa di punti e classifica.

Il Langkawi si chiude con un sontuoso Malucelli

06.10.2024
5 min
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BINTULU (Malesia) – Tappa e maglia, non quella verde di leader della generale, ma quella arancione della classifica a punti. A distanza di 24 ore sullo stesso arrivo Matteo Malucelli mette a segno il tris al Tour de Langkawi. Decima vittoria in stagione. Un urlo di gioia e la festa può iniziare.

La corsa malese si conclude con la vittoria finale di Max Poole, della Dsm-Firmenich, e con il secondo posto di Thomas Pesenti, compagno di Malucelli alla JLC Ukyo. Per la squadra giapponese una corsa da incorniciare.

Il gruppo ha di nuovo pedalato in luoghi fantastici
Il gruppo ha di nuovo pedalato in luoghi fantastici

Quella corona da 54

Ma torniamo alla volata. Malucelli stavolta ribalta le carte. E nonostante il vento contrario, anticipa. S’infila nel treno della Tudor Pro Cycling e ai 200 metri secchi scatta quel mezzo secondo prima dell’olandese De Kleijn. Un mezzo secondo che sarà decisivo.

«Da lì ce la siamo giocata fino alla fine. Metro per metro. Vediamo i dati – mentre tocca il computerino andando verso il podio – una punta di oltre 1.400 watt e 12” a 1.210 watt. Dopo otto tappe non è male».

Forse il merito è stato anche della corona da 54 denti. Già la volta scorsa vi avevamo raccontato che Tudor e Astana avevano tirato fuori i 56, mentre Malucelli no. In questo caso, l’ingegner Malucelli aveva fatto bene i suoi conti.

«Guardate che qui inizia ad esserci stanchezza e quei rapporti poi li devi girare. In più bisogna valutare la corsa. Qui si fanno volate a 71-72 all’ora e a questa velocità, almeno per me, il 54 è ottimo. Ho girato ad altissime frequenze il 54×1… non è mica un rapportino. Dai 74 all’ora invece serve il 56».

Per carità non eravamo né al Giro d’Italia, né al Tour, ma tre vittorie sono sempre tre vittorie e per di più in una corsa 2.Pro, appena sotto al WorldTour. C’erano alcuni velocisti di rango a partire da De Kleijn e Syritsa. Queste imprese non possono passare inosservate anche altrove: dieci vittorie in stagione, solo Jonathan Milan ne ha ottenute di più: undici.

«Le sue sono vittorie più importanti – ammette Malucelli – però come si dice: uno vale uno. E le mie sono volate». E le volate vanno vinte.

Manuele Boaro, diesse della JCL Ukyo, oggi aveva un assistente di rango in ammiraglia: Giovanni Carboni
Manuele Boaro, diesse della JCL Ukyo, oggi aveva un assistente di rango in ammiraglia: Giovanni Carboni

L’urlo di Matteo

Già ieri, dopo la sentita vittoria nella ricorrenza della morte della mamma, Malucelli aveva gridato la rabbia di non essere in un team più grande. Del fatto che De Kleijn al suo fianco guadagnasse oltre dieci volte di più. E oggi ancora tra rabbia, orgoglio e scherzo ha ripetuto: «Se non firmo un contratto entro stasera sego la bici!».

Al tempo stesso però Malucelli è orgoglioso del suo team. Da fuori sembrano molti uniti. Dopo l’arrivo si sono attesi, cercati, abbracciati. Anche Giovanni Carboni, ritiratosi in seguito ad una caduta, è rimasto in Malesia e oggi che stava meglio è salito in ammiraglia con il direttore sportivo Boaro. 

Questa mattina Malucelli e Carboni dicevano come fosse importante aver già vinto. Della tranquillità che ne deriva. «Si corre più leggeri e quando è così non è detto che arrivino altre vittorie», avevano recitato in coro.

Malucelli indossa la maglia di leader della classifica a punti. L’ha tolta proprio a De Kleijn (alle sue spalle)
Malucelli indossa la maglia di leader della classifica a punti. L’ha tolta proprio a De Kleijn (alle sue spalle)

Malucelli e il futuro

Matteo Malucelli è del 1993, va per i 32 anni. Non è vecchio, ma neanche più un ragazzino. In carriera ha avuto la sua bella dose di opportunità e sfortune. Androni, Caja Rural, poi il passaggio doloroso alla Gazprom che chiuse. Da lì il bailamme tra squadre più piccole. «Anche se – ci aveva detto Matteo – il team Ukyo è molto ben organizzato. Anche dal punto di vista dei materiali, una delle tre cose che contano nel ciclismo moderno assieme al buon preparatore al nutrizionista».

La professionalità di Malucelli è nota in gruppo. In bici adotta un approccio da ingegnere qual è. E così anche nella vita: fa il saldo tra i giorni fuori casa, i sacrifici che richiede il ciclismo, l’esposizione al rischio stando tante ore in bici, le vittorie e i guadagni. 

«No, non ho ancora un contratto per il prossimo anno con una squadra professional o WorldTour – ha detto Malucelli – spero di trovarlo altrimenti potrei anche andare a lavorare. Sono un ingegnere e non ho problemi a trovare un impiego». 

La classifica finale: 1° Max Poole, 2° Thomas Pesenti a 13″, 3° Unai Iribar a 20″
La classifica finale: 1° Max Poole, 2° Thomas Pesenti a 13″, 3° Unai Iribar a 20″

Futuro da apripista?

«Mi sento pronto a fare il leader, ma sarei disposto anche a fare l’ultimo uomo. Primo perché con il passare degli anni si perde lo spunto, e poi perché da solo mi so muovere. Guardate anche oggi come è andata. Negli ultimi chilometri ero da solo. Ai meno 3 sono riuscito a prendere la ruota di De Kleijn e non l’ho più mollata. So valutare vento, posizioni, tempi. Oggi i Tudor sono stati perfetti. Sono io che li ho anticipati. Credo, che sarei un buon apripista».

E qui iniziano le considerazioni su chi potrebbe scortare Malucelli. Nomi e profili…

«Sarebbe bello aiutare un giovane». Noi gli suggeriamo proprio Milan. «No – replica lui – Jonathan è troppo alto per me. Credo che per lui anche Consonni sia piccolino. Sapete di chi sarei l’apripista perfetto? Di De Kleijn. E non scherzo. O comunque di un velocista alto al massimo un metro e ottanta. Un Viviani per dire».

In ammiraglia con Donati, tra palme, rettilinei e fughe da prendere

05.10.2024
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BINTULU (Malesia) – La giornata è iniziata con un acquazzone da film. Alessandro Donati, direttore sportivo della VF Group-Bardiani, era seduto nel cofano dell’ammiraglia mentre i suoi erano a prendersi un caffè in un bar poco distante. La stagione delle piogge è alle porte e il monsone non si è fatto attendere.

Siamo nel nord del Borneo, una delle isole più umide del pianeta. Per dire: ieri notte, arrivati in hotel, quando si aprivano le porte della hall con la differenza fra l’aria condizionata (super fredda e secca) e quella dell’esterno (calda e umida) si creava la nebbia.

Pioggia e fatica

Qui al Tour de Langkawi inizia a serpeggiare un po’ di stanchezza. Si è a fine stagione e pur sempre alla settima tappa. Ma soprattutto ci sono i postumi della frazione di ieri. Una frazione partita all’alba e di fatto finita… all’alba del giorno dopo.

«Ci siamo svegliati alle cinque, abbiamo fatto due ore di corsa ma nonostante tutto siamo arrivati in hotel alle 20», ha detto Tarozzi, l’unico che non era andato a prendersi il caffè coi compagni.

In effetti ieri è stata una bella sgroppata per l’intera carovana. Gli aerei che dovevano portarci in Borneo hanno fatto ritardo.

«Le bici – spiega Donati – sono arrivate alle quattro di mattina. E’ stata davvero dura. E infatti la stanchezza si fa sentire. Però è anche il bello di queste trasferte. Sono cose che succedono e tutto sommato mi piacciono. Si ha la possibilità di vedere luoghi di cui si sente parlare ma che altrimenti non avremmo mai visto». 

E proprio mentre dice queste parole la tappa fila via tra infinite piantagioni di olio di palma. Il famigerato olio di palma che chissà da dove viene e come è fatto.

L’Indonesia e la Malesia sono i primi produttori al mondo. Proprio il Borneo è uno dei centri di questa produzione. Tutto questo per dire che anche una tappa di ciclismo può portarti in luoghi impensati e farti vedere cose concrete ma da noi distanti, come sosteneva Donati.

Tappa lunga, così come lunghi erano i suoi rettilinei
Tappa lunga, così come lunghi erano i suoi rettilinei

Obiettivo fuga

La corsa va. Nonostante la pioggia è guerra vera: primi 25 chilometri filati via ad oltre 53 di media. Donati alla radio continua a ripetere ai suoi ragazzi di stare davanti e che l’obiettivo assoluto è entrare nella fuga.

«Valutiamo sempre chi c’è. Ma se si muove qualcuno delle squadre importanti chiudiamo». Dopo qualche chilometro, il tecnico abruzzese nota che la EF Education – Easypost è molto attiva e allora ripete di tenere d’occhio le maglie rosa. I suoi eseguono alla perfezione. 

La prima fuga che va via però è composta da cinque corridori che non spaventano. «Ora ci mettiamo comodi – dice Donati – la fuga è andata». La velocità cala drasticamente e il gruppo si allarga.

Comodi ma non troppo

Però prima di metterci comodi dietro al gruppo scatta il finimondo. Corridori ai lati che fanno pipì, chi viene a prendere le borracce, chi chiama la propria ammiraglia e questa sfreccia sfiorando le altre. Sono dieci minuti di caos assurdo.

«E’ aperto il bar?», chiede Luca Paletti per sapere se la giuria ha dato il via ai rifornimenti. Donati gli dice di sì. Luca si ferma. Fa i suoi bisogni e risalendo fa scorta di borracce, gel e barrette. Ognuno aveva detto nel frattempo al diesse cosa voleva.

La corsa quindi si addormenta. Da Miri a Bintulu sono 199,3 chilometri, che poi alla fine saranno 203, più i 7 di trasferimento.

E il percorso di certo non aiuta: in pratica è un rettilineo eterno che fa continuamente su e giù in modo dolcissimo. Nessun bivio, nessuna deviazione. Palme a destra e palme a sinistra. La prima svolta avviene dopo 128 chilometri!

Coppolino, il meccanico, alle prese con la catena di Pinazzi
Coppolino, il meccanico, alle prese con la catena di Pinazzi

I chilometri passano

E allora si parla di questo e di quel corridore. Si parla delle pressioni delle gomme che qui in Malesia dove piove sempre il meccanico non gonfia oltre le 4,5 atmosfere e della soddisfazione di queste gomme Vittoria che si sono forate molto poco nell’arco della stagione. Si tirano i bilanci di squadra, tra qualcuno che ha fatto peggio del previsto e qualcuno che invece ha fatto meglio. E si racconta delle imprese di Pogacar, del metodo Visma-Laese a Bike. Del dispiacere di vedere andare via Giulio Pellizzari dopo tre anni in cui è cresciuto in casa.

Abbiamo persino il tempo di mangiare del riso… finalmente con dell’olio d’oliva. La cosa quasi ci commuove! Ogni tanto qualche corridore torna in ammiraglia per prendere una borraccia o un gel. Anche Tarozzi torna indietro. Deve lavare gli occhiali. Il vincitore di ieri non è stato fortunato con questi. Prima del via ne aveva rotti un paio. Pinazzi invece si fa oliare la catena.

Anche noi ci facciamo dare due borracce usate. Non resistiamo al desiderio di lanciarle ai bambini a bordo strada e premiare il loro sorriso e il loro saluti. 

Per Malucelli bis (meritato) in questo Langkawi. Il dito al cielo? Per ricordare la mamma, venuta a mancare 8 anni fa
Per Malucelli bis (meritato) in questo Langkawi. Il dito al cielo? Per ricordare la mamma, venuta a mancare 8 anni fa

Verso lo sprint

Ma quei cinque della fuga non vanno troppo lontano. A circa 60 chilometri dall’arrivo la Dsm-Firmenich e l’Astana-Qazaqstan chiudono. Donati si riattacca alla radio. «Ragazzi la corsa si è ripartita. Cerchiamo di stare davanti. Se c’è qualche fuga entriamoci. E mi raccomando agli EF: vogliono la fuga a tutti i costi».

Ripartono gli scatti. Ma alla fine non succede nulla. Il traguardo volante a soli 16 chilometri dall’arrivo è particolare: molto vicino al traguardo. Non tutti i velocisti decidono di farlo. Syritsa invece ci si butta a capofitto e lo vince. Questa è forse la mossa che gli ha tagliato le gambe per lo sprint finale, dove si è riseduto negli ultimi 30 metri.

«Ragazzi attenti ad un eventuale contropiede dopo il traguardo volante. Di nuovo stiamo davanti».

Tappa finita, una foto con Donati e Coppolino per chiudere la giornata in ammiraglia
Tappa finita, una foto con Donati e Coppolino per chiudere la giornata in ammiraglia

Tutti per Pinazzi

Ma la velocità è altissima e a questo punto della tappa non scappa via nessuno. Tanto più che la strada è sì ondulata, ma tende a scendere.

«Siamo dentro ai 10 chilometri – di nuovo Donati con la radio in mano – stiamo vicini a Pinazzi. Pina, mi raccomando: cerchiamo di fare qualcosa di più. Sin qui sei stato bravissimo. Sei un leone».

In queste ammiraglie non c’è la tv come in quelle ufficiali e pertanto si cerca di sbirciare la corsa dagli smartphone, ma questi vengono accesi solo nel finale. In questo modo il direttore sportivo riesce a dare indicazioni ai suoi ragazzi sulla posizione.

«Ragazzi, ve lo ripeto: state vicini a Mattia. Aiutate Pinazzi. Non state ai quattro angoli». Un’ultima indicazione sulla curva finale poi i giochi sono fatti. Ci vediamo la volata dallo smartphone mentre il personale di corsa ci fa deviare dal rettilineo d’arrivo.

Alla fine oltre al nuovo (e netto) successo di Matteo Malucelli, la classifica in casa VF Group-Bardiani dice settimo Pinazzi, ottavo Gabburo. Entrambi hanno fatto lo sprint e questo non va bene.

Donati non è felicissimo di questa cosa e forse qualcuno stasera si beccherà una tirata d’orecchie. Ma questo è il ciclismo e questa è la strada. Ed è stato bello condividerla da dentro la corsa.

Finale al cardiopalma. La fuga e Tarozzi battono il gruppo

04.10.2024
6 min
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KULAI (Malesia) – Si può essere al mondiale o ad una corsa all’Equatore, ma la lotta tra la fuga e il gruppo per contendersi la tappa è sempre da mangiarsi le unghie. Sul filo dei secondi. E’ adrenalina pura e a chi ama e conosce nel profondo questo sport esalta tante sottigliezze tecniche e tattiche. Se poi a vincere è un italiano, allora tutto è più potente. E oggi ha vinto Manuele Tarozzi.

Questa frazione del Tour de Langkawi era forse la meno indicata per l’arrivo allo sprint: tappa piatta e corta, che si snodava fra vaste coltivazioni di palme e rettilinei infiniti. Si partiva da Batu Pahat poco dopo l’alba in quanto è venerdì, la nostra domenica, e all’ora di pranzo gran parte della popolazione deve recarsi in Moschea per la preghiera grande della settimana. Pertanto meglio anticipare.

E per dirla tutta, si partiva presto anche perché l’intera carovana doveva spostarsi nel Borneo, isola ancora più a Sud per metà Indonesia. Un aereo attendeva prima gli atleti, poi i giornalisti e tutti gli altri.

Tutto studiato

Ricordate? Qualche giorno fa pubblicammo una foto in cui Alessandro Donati, direttore sportivo della VF Group-Bardiani consolava proprio Tarozzi e gli diceva: «Tranquillo, se corri così prima o poi la vittoria arriva». Oggi quello stesso abbraccio era di gioia. «Te lo avevo detto che sarebbe arrivata!».

«Noi non abbiamo l’uomo di classifica – continua Donati – e dovevamo provarci. Tutti i giorni all’attacco. Oggi abbiamo programmato tutto nel dettaglio. I tratti ondulati nel finale, la difficoltà nel controllare la corsa… E anche l’averne messi due in fuga su quattro non è stato casuale. Gabburo doveva tirare un po’ di più e far risparmiare qualcosa a “Taro” che è più veloce».

E lo stesso Davide Gabburo conferma tutto dopo il traguardo: «Io mi sono staccato ai meno 10, perché su uno strappetto non ne avevo proprio più. Abbiamo tirato fortissimo tutto il giorno, sempre sopra ai 50 all’ora. Ho cercato di far limare un po’ di più Tarozzi, così che arrivasse più fresco nel finale. Direi che abbiamo fatto un bel lavoro. E’ andata bene così!».

Questa è zona di coltivazioni di olio di palma. Siamo nel lembo meridionale della Malesia continentale. Tra poco si va nel Borneo
Questa è zona di coltivazioni di olio di palma nel lembo meridionale della Malesia continentale. Tra poco si va nel Borneo

Tattiche e controtattiche

Parte quindi questa tappa particolare: 123 chilometri da fare in un sol boccone. La media della prima ora è da capogiro: 50,7 orari. Alla fine sarà la quarta frazione più veloce della storia della corsa malese. Il finale è leggermente ondulato, ma sempre velocissimo. La fuga guadagna 2’30” e davanti ci sono passisti che spingono. Gente che sa prendere aria: Stefan De Bod, al terzo giorno di fuga, Gabburo, Tarozzi e il bravo svizzero della Corratec-Vini Fantini, Valentin Darbellay.

Ai meno 30 il gruppo guadagna, ma davanti non crollano. Anzi, come si usa fare ora, accelerano un po’. Stavolta l’Astana-Qazaqstan non tira, che il lavoro lo faccia la Tudor Pro Cycling di De Kleijn, che è lo sprinter più forte. Non sia mai che i turchesi tirino e a vincere sia poi l’olandese. 

E ancora: il livello generale non è super e se davanti ci sono quattro passistoni, basta un team importante che non tira che chiudere diventa complicato. Non basta un uomo di un team, uno di un altro… Questi giochi di potere vanno a vantaggio dei fuggitivi. I quali a loro volta giocano ottimamente le loro carte.

Il cuore che batte

«Stavolta – racconta Manuele Tarozzi dopo il traguardo – non volevo assolutamente che si ripetesse quello che è successo due giorni fa a Bentong, quando proprio io e Stefan De Bod ci siamo guardati nell’ultimo chilometro e il gruppo ci ha ripreso nel finale. Quella notte non ci ho dormito. Non volevo rimpianti. E infatti ci siamo parlati. Piuttosto facciamo secondi, ma si deve arrivare. Lui è fortissimo. In fuga tira come “una bestia”».

E’ un tira e molla di secondi e chilometri: 8 chilometri al traguardo e 30”, 6 chilometri e 25”, 2 chilometri e 18”. 

«Negli ultimi 10 chilometri – dice Tarozzi – abbiamo visto che il vantaggio era ancora buono e così abbiamo preso più fiducia e abbiamo accelerato ancora un po’. Da quattro siamo rimasti in due. Anche per merito di Gabburo avevo qualche cosina in più di De Bod nelle gambe. Lui è partito lunghissimo. Io ho risposto bene e ai 300 metri ho lanciato la mia volata. Una volata a due è sempre un po’ particolare… ma è andata bene».

Una volata che ai 100 metri era già finita. Tarozzi ha avuto tutto il tempo di voltarsi per controllare e per esultare, mentre il gruppo arrivava a tutta velocità. Anche se con ben 9” secondi di distacco. Un dato che la dice lunga su quanto davanti siano andati forte.

Il finale era velocissimo. Tendeva a scendere e guarda caso, molte corone da 54 denti viste nei giorni scorsi si sono trasformate in 55. De Kleijn addirittura oggi aveva una monocorona aerodinamica da 56 denti. Ma non è bastata. Dopo l’arrivo era piuttosto nervoso. 

L’arrivo di Tarozzi che si volta prima della linea d’arrivo. Dietro si vede il gruppo, ormai spacciato
L’arrivo di Tarozzi che si volta prima della linea d’arrivo. Dietro si vede il gruppo, ormai spacciato

Tarozzi solido

La nota positiva, oltre alla vittoria di Manuele Tarozzi e di una squadra italiana, è il fatto che questo ragazzo sta continuando a maturare. Lui, e lo abbiamo scritto più di una volta, appartiene a quella schiera di atleti che non è passata presto, né è nata con le stigmate del campione. Quel che ha ottenuto se l’è dovuto sudare.

«Adesso sono più consapevole – ci ha detto Tarozzi – in fuga mi trovo bene… ma servono le gambe per andarci, non basta dire che ci si è portati. Quest’anno ho fatto il Giro d’Italia ed è vero che ti cambia. Non tanto perché ti fa spingere quel dente in più, ma per il recupero. E recuperando prima, col passare delle tappe vai meglio. Come proseguirà la mia stagione? Probabilmente finirò con questo Tour de Langkawi. Se così non fosse ci potrebbe essere una corsa in Italia, di quelle in Veneto, ma vedremo».

Ora è tempo di godersi la vittoria. Tra l’altro la seconda in Asia e la seconda quest’anno, ottenuta proprio nella “vicina” Cina al Qinghai Lake, anche lì dopo una lunghissima fuga.

A tutta Tudor: De Kleijn bis, Pellaud fuga di dolore

03.10.2024
6 min
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MELAKA (Malesia) – Come un samurai. Come un corridore che non ha paura e spinge cuore e gambe oltre l’ostacolo. E se oggi Arvid De Kleijn ha vinto di nuovo è anche grazie al suo aiuto. Stiamo parlando di Simon Pellaud, tra i promotori della fuga di giornata, l’ultimo ad arrendersi e il penultimo a spostarsi dal treno della Tudor Pro Cycling Team.

Siamo arrivati a Malacca, una delle città maggiori della Malesia e un tempo della navigazione dell’Asia Meridionale. Da qui e da Singapore passavano merci che poi partivano alla volta di tutto il mondo. Questa era anche una roccaforte dei pirati, quelli dei romanzi di Salgari per intenderci.

Ancora una volata super per De Kleijn e di nuovo davanti a Malucelli. L’olandese ci ha messo un po’ per sbloccarsi, ma ora sembra imprendibile
Ancora una volata super per De Kleijn e di nuovo davanti a Malucelli. L’olandese ci ha messo un po’ per sbloccarsi, ma ora sembra imprendibile

Dal futuro ai pirati

La Kuala Lampur-Malaka è dunque la tappa simbolo di questo Tour de Langkawi. Si andava dalla città moderna, quella delle Petronas Tower sotto le quali è partita la corsa, ad una dei suoi agglomerati più antichi e tradizionali. Anche se va detto che purtroppo la gara non è arrivata in centro.

In questo scenario, il via parecchio movimentato prometteva bene. Ci si aspettava delle fughe e una grande lotta per i secondi di abbuono. Tra coloro che covavano qualcosa c’era anche Simon Pellaud, lo svizzero-colombiano, appunto compagno di De Kleijn.

All’ombra delle Petronas Towers, Pellaud firmava autografi. Anche da queste parti dopo aver vinto la maglia dei Gpm l’anno scorso, Simon è piuttosto popolare. D’altra parte, i tifosi italiani lo conoscono bene. Al Giro d’Italia si è fatto amare non poco. Ma dicevamo: mentre firmava gli autografi ci ha raccontato della sua stagione e del suo futuro.

Un tipico cartello malese! Pellaud (classe 1992) in fuga con a ruota De Bod e Poole
Un tipico cartello malese! Pellaud (classe 1992) in fuga con a ruota De Bod (e fuori campo Poole)

«Una stagione meno brillante? Io non direi. Sono stato tantissimo al servizio della squadra. E quelle poche volte che ho avuto la possibilità mi sono fatto vedere o sono andato in fuga. Ho fatto terzo in una tappa al Tour of the Alps, secondo al campionato nazionale. A Gippingen sono dovuto entrare io in azione nel finale perché i capitani erano rimasti dietro e l’altro giorno verso Cameron Highland purtroppo ho avuto problemi di dissenteria (cosa che succede spesso da queste parti e che oggi ha costretto Carboni al ritiro, ndr), per questo non sono riuscito a seguire i big nell’ultimo chilometro di salita.

«E credetemi, mi dispiace davvero tanto perché avevo una gamba buonissima. Non per esagerare, ma anche ieri se non fosse stato per le mie tirate credo che la fuga di quei sei sarebbe arrivata. O al contrario se avessi avuto la possibilità di entrarci credo che sarebbe andata in porto con un minuto di vantaggio visti i dati e come è andata».

E in effetti anche Davide Toneatti dell’Astana-Qazaqstan di Syritsa, questa mattina, ci aveva detto della fatica fatta per chiudere sui primi ieri.

Partenza dalle Petrons Towers, centro economico e simbolo della Malesia
Partenza dalle Petrons Towers, centro economico e simbolo della Malesia

Senza squadra

Al Team Tudor, dopo Trentin l’anno scorso, sono in arrivo altri corridori importanti: Alaphilippe e Hirschi su tutti. Come potrà inserirsi Pellaud in questo contesto? Lui è sia attaccante che aiutante. Come contribuirà alla crescita di questa squadra?

«Crescerà senza di me – dice Pellaud con chiarezza e dispiacere al tempo stesso – purtroppo non sarò parte di questo team. Farò queste altre tappe in Malesia poi non so. Lo scorso anno mi dissero che erano felicissimi di me, poi senza un chiaro motivo, senza un messaggio diretto mi sono ritrovato fuori dal progetto. Qualche tempo fa mi hanno chiesto se mi fossi trovato una squadra per la prossima stagione. E’ stato un colpo che davvero non mi aspettavo e per il quale ancora non dormo la notte».

A metà tappa la pioggia ha creato grossi problemi alla corsa. «Mai visto nulla di simile», ha detto Ivan Benedetto, fotografo di Sprint Cycling in gara
A metà tappa la pioggia ha creato grossi problemi alla corsa. «Mai visto nulla di simile», ha detto Ivan Benedetto, fotografo di Sprint Cycling in gara

E qui Pellaud si apre. Dal suo sguardo sempre sorridente emerge il suo dolore. E, perché no, anche la paura di dover smettere.

«Guardate questo gruppo – mentre indica i compagni vicino a lui – è un bel gruppo. Mi trovo benissimo con i ragazzi, con lo staff, i materiali. Mi fa male al cuore. Malissimo. Ieri per esempio dopo l’arrivo non ero con gli altri a festeggiare. Troppo dolore, mi faceva male».

Certo, bisogna ascoltare anche l’altra campana, come si suol dire, per avere un quadro definitivo, ognuno ha la sua verità. Però è anche vero che se l’atleta non ha ottenuto risultati perché doveva lavorare per i compagni e se gli dicono bravo per come sta andando, è chiaro che per lui capire diventa complicato. 

«Per me – riprende Pellaud – il ciclismo non è mai stato un mestiere, ma una passione. E forse ho sbagliato a interpretarlo sempre in questa ottica, anche pensando alla squadra. Davvero non posso credere che con questa gamba non possa continuare».

 «Se poi penso ai corridori che hanno preso per il prossimo anno davvero non capisco. Sono corridori a cui avrei potuto dare un aiuto importante e con i quali vado molto d’accordo. Con Lienhard ci conosciamo da quando eravamo ragazzini. Con Alaphilippe ho un buon rapporto, scherziamo… E con Hirschi il rapporto è super. Lui è un vero amico».

Dopo una breve pausa aggiunge: «Ma finché sono qui non mollo». 

Max Poole si era appuntato alla vecchia maniera i numeri dei corridori da tenere d’occhio per la lotta degli abbuoni
Max Poole si era appuntato alla vecchia maniera i numeri dei corridori da tenere d’occhio per la lotta degli abbuoni

Fuga disperata

Parte quindi la corsa e dopo il primo sprint scappa via la fuga buona. Dopo un guasto meccanico dello spagnolo Okamina, restano De Bod, Poole che tra l’altro è il leader della generale il quale per paura degli abbuoni ha deciso di difendersi attaccando, e proprio Pellaud.

Stavolta però il gruppo non commette l’errore di ieri. L’Astana alza subito il ritmo e Poole, una volta terminati i traguardi volanti, non ha tutto questo interesse a far fatica in pianura. All’arrivo mancano oltre 130 chilometri. Quando negli ultimi 45 chilometri ormai si capisce che la fuga è segnata, prima Poole e poi De Bod mollano. Pellaud resiste. Sogna. Spinge e chissà cosa pensa.

Lo svizzero è apprezzato in tutto il mondo per il suo modo di correre
Lo svizzero è apprezzato in tutto il mondo per il suo modo di correre

«Pensavo che non volevo mollare e ve lo avevo detto stamattina – ci dice mentre ancora un tifoso gli chiede la foto e la borraccia – E’ stata una fuga per il futuro. E sono contento anche perché nel finale ero nuovamente davanti a lavorare per De Kleijn. Ho dato il mio contributo: mi sono spostato ai 500 metri».

La sua azione tra l’altro ha consentito ai suoi compagni di stare a ruota e di beneficiare di un treno fresco per il finale. 

«No, non posso pensare di smettere con questa gamba e con questa grinta».

In Malesia sfreccia De Kleijn ma a parlare è Tercero

02.10.2024
6 min
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BENTONG (Malesia) – Da dietro la curva il gruppo sembra una macchia nera che avanza minacciosa. Una massa indefinita che fagocita tutto, anche la fuga della quale faceva parte il nostro Manuele Tarozzi. E proprio una maglia di color nero ha sopravanzato tutti, quella di Arvid De Kleijn. L’olandese mette a segno il primo colpo in questo Tour de Langkawi.

In questa volata era presente anche la Polti-Kometa, che con Manuel Peñalver è salita ancora sul podio. Una Polti che stamattina al via abbiamo visto concentrata e compatta. E non a caso nel finale abbiamo assistito al magistrale lavoro di Andrea Pietrobon, determinante per chiudere sulla fuga ripresa nel rettilineo conclusivo come ci ha detto Tarozzi stesso, e portare avanti i suoi compagni.

De Kleijn batte Malucelli, che conserva la maglia della classifica a punti, e Penarvel. Quarto Pinazzi.
De Kleijn batte Malucelli, che conserva la maglia della classifica a punti, e Penarvel. Quarto Pinazzi.

Parola a Tercero

Tra questi compagni, senza dubbio spicca il nome di Fernando Tercero, uno dei gioiellini “made in casa”. Lui e Piganzoli sono gli atleti che da anni Basso e Contador stanno facendo crescere.

L’ultima volta che avevamo parlato con Fernando era al Giro under 23 del 2022, quello che dominò il suo connazionale Ayuso.

All’epoca Fernando era davvero un bimbo, adesso sembra decisamente più maturo. Anche nel modo di porsi e di parlare. 

«E’ stata una stagione difficile – dice lo scalatore spagnolo – perché a febbraio ho preso il citomegalovirus e fino a maggio sono stato fermo. Ora sembra che vada un po’ meglio. Anche per questo sto cercando di allungare il mio calendario e fare più giorni di gara possibile. Ho corso davvero poco. La mia idea è quella di arrivare al 20 ottobre e chiudere con il Giro del Veneto.

«Mi dispiace per tutto questo, perché l’anno scorso avevo fatto un bel passo avanti. Sarebbe stato bello e importante continuare in quella direzione, ma non è stato così. Per questo voglio finire bene. Mi serve per salvare questa stagione e per iniziare con voglia e fiducia la prossima.

 «Se ho commesso qualche errore? Sinceramente – Tercero ci pensa un po’ – non credo. In inverno mi sono allenato bene. Nel ritiro di gennaio stavo bene. Poi è arrivato questo virus e non ho potuto fare molto».

Il Giro mancato

Intanto De Kleijn sale sul podio. La gente in questo paesotto immerso nella giungla non è tantissima, a dire il vero, ma chi c’è è caloroso e come sempre i sorrisi e la gentilezza da queste parti non mancano mai.

Tercero va avanti e continua il discorso sulla crescita: «Piganzoli, per esempio, è riuscito a fare quel passo avanti che voglio fare io. Siamo cresciuti insieme. Lui al Giro d’Italia è riuscito a stare con i migliori 10-15 atleti. Mentre io ero a casa. Avrei dovuto farlo anche io il Giro. Per questo dico che voglio andare avanti e vedere se posso essere al suo livello».

Di certo il madrileno non manca di umiltà. E’ certamente una promessa e un ottimo scalatore. E lo ha dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, anche ieri verso Cameron Highland, dove in qualche modo è risorto giungendo quinto col drappello dei migliori. Ha le carte per stare con quella gente anche lui.

Tercero (classe 2001) sull’arrivo di Cameron Highlands, dove è risorto. Pensate che ad oggi ha inanellato solo 17 giorni di gara
Tercero (classe 2001) sull’arrivo di Cameron Highlands, dove è risorto. Pensate che ad oggi ha inanellato solo 17 giorni di gara

Futuro alla Polti?

Basso ha una grande stima di Tercero. E c’è da capire se Tercero resterà in questo team. E’ in scadenza di contratto e le proposte non gli mancano, anche in virtù della giovane età. L’idea, sembra, è quella che voglia restare in questo team. 

«La squadra – spiega Tercero – mi ha sempre trasmesso tanta tranquillità e mi è stata vicina. Mi dicono che ho qualità e che alla fine questa uscirà fuori. Io non posso che ringraziarli, perché in questi momenti difficili la fiducia da parte loro è stata importante. Con Basso, ma anche con Fran (Contador, ndr) parlo spesso. Loro mi danno consigli importanti e mi dicono che spesso la differenza la fa testa, che le gambe fanno male a tutti e che bisogna tenere duro. A volte Ivan e Alberto parlano anche delle loro sfide in passato e a me piace ascoltarli.

«Per il futuro ancora non abbiamo parlato, però posso dire che qui sono felice. Staremo a vedere… L’idea è di restare. Spero che loro mi vogliano!».

La potenza di De Kleijn e i nuvoloni in arrivo
La potenza di De Kleijn e i nuvoloni in arrivo

Obiettivo: podio malese

Per ora, se l’obiettivo a medio termine è fare bene il finale di stagione anche in ottica 2025, le cose non stanno andando male per Tercero. La salita di ieri non era impossibile. Uno scalatore come lui avrebbe preferito qualche rampa più dura. Per questo è un segnale che vale doppio.

«Il mio ruolo in questo Tour de Langkawi – riprende Tercero – era quello di stare vicino a Double, che ha fatto una grande stagione, ma ieri lui non stava bene e così ho tenuto duro io. Sono riuscito a stare davanti. Adesso l’obiettivo è quello di mantenere almeno la quinta posizione e magari provare a mirare al podio.

«Come mi trovo qui? Se parliamo del clima della Malesia posso dire che è l’opposto a quello di casa mia. Da me fa caldo, ma è secchissimo: qui è umidissimo. Se invece parliamo dei compagni, anche con gli italiani, mi trovo benissimo. Con Pietrobon, per esempio, siamo cresciuti insieme nella squadra under 23 e andiamo d’accordo. Lo stesso con “Piga”. Loro mi hanno insegnato a parlare italiano. E anche a cucinare bene la pasta!».

La giornata al Langkawi si chiude con le premiazioni fatte in fretta e furia. Come al solito nel pomeriggio ecco puntuale il monsone. Pochi istanti e viene giù il finimondo. La gente sparisce e anche i corridori in un attimo sono tutti in ammiraglia. Anche quei 19 atleti, tra cui Mareczko il nome più noto, finiti fuori tempo massimo. Il suo diesse, Frassi, temeva la salita in avvio e purtroppo ne aveva ragione.

Noi intanto per non bagnarci scriviamo dentro ad un autobus col computer sulle ginocchia. Ma è bello anche così.

Langkawi: sparisce l’umidità e spunta Pesenti. Tappa a Poole

01.10.2024
6 min
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CAMERON HIGLANDS (Malesia) – Dallo zoo alle fragole. Dalla foresta equatoriale alle montagne. E finalmente l’umidità molla la presa. Questo è probabilmente il fattore che ha messo le ali a Thomas Pesenti, bravo ad inserirsi tra gli atleti del WorldTour.

La differenza tra la pianura e questa montagna a 1.620 metri di quota è tutta qui. E non è poco. Per il resto palme e foresta fittissima come in basso, ma anche tante coltivazioni di fiori e fragole. Salendo quassù abbiamo visto ettari di serre puntinare di bianco la foresta stessa. E intorno a queste serre villaggi remoti.

Il tappone del Tour de Langkawi va a Max Poole, inglese classe 2003, che ha vinto da favorito. E non era facile perché la salita era davvero velocissima, pertanto più di qualcuno in forma, anche se non scalatore avrebbe potuto dire la sua. L’abbiamo percorsa anche noi con i pullmini riservati alla stampa e, a parte un paio di dentelli, era roba da 54 fisso.

Ancora JCL 

Il Tour de Langkawi sta consacrando i ragazzi di Manuele Boaro. Ieri primo Malucelli, oggi terzo Pesenti. JCL Team UKYO in grande spolvero insomma.

«Cose che succedono quando si lavora bene e con serenità – spiega il giovane direttore sportivo – e poi i ragazzi sono contenti, motivati… Sono soddisfatti dei materiali, alcuni dei quali li compriamo noi e non li prendiamo perché magari quello sponsor ci dà qualche soldo in più. Nel ciclismo di oggi questo aspetto è molto importante».

Oltre a Pesenti infatti ha fatto bene anche Giovanni Carboni, il quale nonostante la caduta di ieri è arrivato sesto, nel duello con Max Poole, Harold Lopez e Anthon Charmig. Insomma i migliori corridori della corsa. Guarda caso gente del WorldTour.

Colori stupendi in Malesia… e anche una certa curiosità a bordo strada
Colori stupendi in Malesia… e anche una certa curiosità a bordo strada

Pesenti da podio

Dopo l’arrivo le consuete scene che vediamo ad ogni latitudine con i corridori che cercano subito il recupero dal massaggiatore. L’unica differenza rispetto ai giorni precedenti è che stavolta nessuno passa sotto al getto d’acqua dei pompieri. Qui a Cameron Highlands si sta freschi.

«Non mi aspettavo una prestazione così – racconta Pesenti mentre sorseggia dalla borraccia – specie dopo il primo giorno quando sono andato in fuga e le sensazioni erano pessime. Forse perché io pago molto l’umidità. E infatti anche stamattina nei primi 100 chilometri non mi sentivo proprio brillante, col caldo ho patito ancora. Non si andava forte e c’è stata anche un po’ di noia a dire il vero. Si parlottava.

«Negli ultimi 40 chilometri le cose sono cambiate e complice anche una maggiore concentrazione il tempo è passato più in fretta. La Dsm-Firmenich e la EF Education si sono messe a tirare forte. E quando abbiamo iniziato a prendere quota, ho percepito un po’ di fresco, è calata l’umidità e mi sono trovato subito bene».

Quando ci sono queste situazioni il corridore cambia la sua testa da una pedalata all’altra. In un secondo prende fiducia e si convince che può stare davanti.
«L’ultima salita – prosegue l’emiliano – l’abbiamo fatta con un ritmo veramente esagerato. Negli ultimi 8 chilometri Dsm ed EF l’hanno presa ancora più di petto. Io ero sul filo, al limite tra lo staccarmi e il tenere. Credevo che rimanessimo in 20-30 corridori e invece siamo arrivati una dozzina allo sprint».

Pesenti in fuga nella prima frazione del Langkawi. Che sofferenza l’umidità della pianura
Pesenti in fuga nella prima frazione del Langkawi. Che sofferenza l’umidità della pianura

Thomas attaccante

E qui forse un minimo di rammarico c’è. Quando dopo le premiazioni gli chiediamo delle sue caratteristiche, Pesenti dice di essere un limatore. Malucelli, che è alle nostre spalle, sente la domanda e replica: «Lui lima più di me!».

«Davvero – riprende Pesenti – sono un corridore che ama attaccare, che sa stare coperto, che va bene su percorsi vallonati e che è anche abbastanza veloce e infatti – fa una breve pausa – questa volata forse l’ho persa. L’ho presa un po’ troppo davanti e alla fine mi hanno saltato. Da dietro sono riusciti ad anticiparmi… però va benissimo. Un terzo posto qui non è poco».

Sempre meglio aver perso per essere stati sin troppo propositivi che per essere stati rinunciatari. 

«No, no… ho osato. Adesso ci sono altre tappe per cercare di guadagnare alcuni secondi: credo che da qui in avanti la classifica generale si giocherà un po’ sugli sprint intermedi. Sprint che ora diventano importanti. Immagino che cambierà anche un po’ la corsa. La mia tattica del primo giorno era quella di anticipare e prendere dei secondi di abbuono nei traguardi intermedi, però ne ho preso solo uno, complice un po’ la mia situazione con l’umidità».

Thomas Pesenti (classe 1999) al termine della tappa di Cameron Highlands
Thomas Pesenti (classe 1999) al termine della tappa di Cameron Highlands

Un passato complicato

Thomas Pesenti è un classe 1999: è giovane ma non giovanissimo. In carriera ne ha già vissute di cotte e di crude.

Quando doveva passare con l’Androni, la squadra di Savio fallì. E’ rimasto nei dilettanti e ha vissuto per un paio di anni sulle promesse di chi doveva prenderlo e poi lo ha lasciato a piedi. E in qualche altro caso, ci ha detto Pesenti stesso, ci ha messo del suo. Non sempre ha fatto alla perfezione la vita da corridore, come si dice in gergo. Ma è anche normale in certe situazioni.

Poi l’approdo in un team, appunto la JCL Ukyo, il cui ambiente è positivo ed eccolo rifiorire.

«Questa appena vissuta è stata una stagione abbastanza positiva – racconta Pesenti – ho fatto delle belle gare e per questo ringrazio il mio team perché mi ha fatto fare delle bellissime esperienze. Esperienze che rimanendo in Italia non avrei potuto fare. Dopo il Langkawi avrò ancora un paio di corse in Giappone, tra cui la Japan Cup».

Ora la classifica dice: 1° Max Poole (in foto) con 6″ su Harold Lopez e 10″ su Pesenti
Ora la classifica dice: 1° Max Poole (in foto) con 6″ su Harold Lopez e 10″ su Pesenti

Presente e futuro

La sensazione, visto anche la stima che abbiamo potuto raccogliere tra i vari diesse nei suoi confronti, è che questo ragazzo abbia ancora dei margini e mire importanti davanti. 

«Il progetto di questa squadra – dice Pesenti – è chiaro: vuole andare al Tour, diventando man  mano sempre più grande. Il punto di partenza mi sembra più che ottimo. Bici, staff, gare di buon livello: abbiamo tutto a disposizione. Fare trasferte di questo genere non è da tutte le squadre continental». 

Pesenti ha ambizioni importanti: «Da parte mia voglio continuare a crescere e migliorare. Facendo il massimo, magari arriverà l’occasione della vita».

E chissà che l’occasione non arrivi proprio qui. Visto che la gara d’ora in poi si deciderà sugli abbuoni, cosa che ha detto anche il neoleader Max Pool, e visto che Pesenti è veloce e limatore, magari ne potrà approfittare. E perché no, potrebbe essere proprio Malucelli ad aiutarlo. E’ tutto da vedere. Il futuro passa, anche, da qui.

Dai rulli di notte alla gioia malese. Colpaccio Malucelli

30.09.2024
6 min
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BUTTERWORTH (Malesia) – Manuel Penalver alza le mani. Matteo Malucelli gli arriva appaiato. Alla fine nessuno dei due sprinter è certo della vittoria. Poco dopo, un giudice si avvicina allo spagnolo e gli dice: “You first”. Sei il primo. Penarvel scoppia di gioia e con lui i suoi compagni.

Nella zona d’arrivo le cose sembrano andare diversamente però. I trasponder continuano a dare Malucelli, Penarvel, De Klein. E anche il diesse della Corratec, Francesco Frassi, ce lo conferma: «Alla radio hanno dato subito quest’ordine». E così è. Per il corridore della JCL Team UKYO è l’ottava vittoria stagionale.

Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni
Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni

Caldo equatoriale

L’umidità che c’è all’equatore è qualcosa d’incredibile. Ci sono 28 gradi ma sembrano 45. Tutti i corridori dopo l’arrivo cercano acqua con cui bagnarsi. A parte Syritsa, vincitore ieri, che invece mangia un coscio di pollo mentre si dirige verso il podio! Sul caldo i corridori hanno scherzato anche in conferenza stampa. E quando Jeff Quenet, responsabile stampa della corsa, ha chiesto a Malucelli se gli piacesse il caldo proprio Syritsa, seduto al suo fianco in quanto leader della corsa, è sbottato in una risata. Come a dire: «Pure il caldo ti va bene!».

Stamattina era emersa subito la proverbiale meticolosità di Malucelli. Dopo aver firmato era tornato ai box per rivedere la ruota posteriore. Qualcosa non gli tornava e alla fine aveva deciso di farsela cambiare.

Boaro gongola

Tappa piattissima e tranquilla tutto sommato. «Ho detto ai miei ragazzi – spiega il diesse della JCL Ukyo, Manuele Boaro – di stare vicini a Malucelli, di portarlo avanti nel finale e lo hanno fatto bene. Non avremo il treno di altre squadre, ma abbiamo un gruppo unito e che crede molto in lui».

E quest’ultima frase detta proprio da Boaro che ha lavorato per grandi capitani conta molto. Un leader che funziona, dà voglia e gambe anche ai suoi compagni.

«Io sono contento per i ragazzi. Si stanno impegnando tutti al massimo e si meritano questi risultati. Sono tutti molto professionali, in particolare Malucelli. Lui davvero è esemplare. E’ un professionista a 360°. Spesso in riunione interviene con spunti interessanti e a me piace anche ascoltare i ragazzi.

«Matteo sta molto bene ed è anche tanto, tanto motivato. Questa è la sua ultima gara della stagione, tra l’altro una delle gare più importanti per noi, pertanto ci teneva molto a fare bene. Correremo anche in Giappone, ma Matteo non ci sarà. Quindi voleva chiudere alla grande».

Boaro è stato in gruppo fino all’altro giorno. Neanche 12 mesi fa era in corsa alla Veneto Classic, per dire quanto sia “fresco di ammiraglia”. E in questo ciclismo che corre veloce un tecnico giovane, che sta sul pezzo, può fare la differenza. Anche solo per il linguaggio adottato.

«Spero che questo aiuti – dice il veneto – io cerco di scherzare molto con loro, visto che sono parecchio sotto pressione. Da parte mia posso dire che i ragazzi mi ascoltano. Seguono ciò che dico, anche se da tecnico ho ancora molto da imparare. Posso solo sperare che una piccola parte di questi successi sia anche mia.

«Stiamo crescendo? Tutti ci impegniamo al massimo. Ma con un general manager come Alberto Volpi, che ha sempre calcato scenari importanti, è normale che sia così e che si voglia sempre migliorare».

I rulli di notte

In effetti davvero Malucelli era, ed è, motivato. Il Langkawi propone tante opportunità per i velocisti e con tre squadre WorldTour al via è una bella vetrina.

Sentite qua cosa ha fatto Matteo prima di venire in Malesia.

«In questo ciclismo nulla va lasciato al caso – ha detto Malucelli – ho curato ogni aspetto, tra cui quello dell’adattamento al fuso orario. Quando veniamo in Asia a correre cominciamo 5-6 giorni prima a sintonizzarci sull’orario che troveremo (qui siamo sei ore avanti rispetto all’Italia, ndr). Quindi tutte le mattine ci svegliamo un’ora prima. Il giorno della nostra partenza, mercoledì, mi sono svegliato alle 3 di notte. Mi svegliavo e facevo i rulli. In questo modo il mio corpo prendeva i ritmi malesi e aveva già iniziato un adattamento. E’ stato un sacrificio… ma ne è valsa la pena. 

«Speravo che questo aspetto potesse fare la differenza, specie nelle prime tappe, quando magari non tutti sono ancora perfettamente in linea con il fuso orario».

«Dire che mi aspettassi questa vittoria no – riprende Malucelli – ma sapevo di stare bene e anche il mio preparatore è rimasto colpito dalla mia voglia di correre e di continuare ad allenarmi a questo punto della stagione e per questo Tour de Langkawi. Il finale di stagione stava andando bene e volevo continuare a stare lì davanti».

Urli strozzati 

E davanti ci è stato. Davanti a tutti: solo che per poter esplodere di gioia Matteo ha dovuto attendere un bel po’. 

«Le volate sono così – va avanti il romagnolo – se questo sprint lo rifacciamo dieci volte, vincono dieci corridori diversi. Io oggi ero al posto giusto, nel momento giusto e ho avuto anche la fortuna che Penalver ha alzato le braccia un attimo prima dell’arrivo. Personalmente, dopo l’esperienza di Pescara al Giro d’Abruzzo, ho imparato che si molla solo un metro dopo la linea d’arrivo. Oggi ho dato il colpo di reni ed è arrivata una vittoria. Chiaramente mi sarebbe piaciuto alzare le mani e festeggiare sul traguardo, ma l’importante è che alla fine sia arrivato primo».

Matteo non è stato il solo a strozzare l’urlo di gioia, ma a conti fatti meglio il suo “non urlo” che quello del giovane spagnolo, caduto poi nella comprensibile delusione. Si potrà consolare col fatto che le occasioni per i velocisti al Langkawi non sono finite a Butterworth. Da dopodomani però… domani si sale.