Madiot, il Tour de France e lo Sbarco in Normandia

29.01.2022
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I discorsi motivazionali di Madiot. Quando Lorenzo Germani nei giorni scorsi ce ne ha parlato, sapevamo esattamente di cosa stesse parlando. E da uno di questi interventi è iniziato il 2022 della Groupama-Fdj (in apertura gli uomini del Tour de France, come nella locandina di un grande film).

«Durante il briefing generale nel ritiro di Calpe – ha raccontato Marc a L’Equipe – ho fatto un confronto che potrà sembrarvi sconcertante, ma stavamo per iniziare la nuova stagione e avevamo le nostre domande. Ho pensato al 5 giugno 1944, a tarda sera, quando dei ragazzi salirono sulle loro barche. Non parlavano una parola di francese, non avevano mai messo piede in Francia, non era la loro guerra. Gli era stato detto: “Sbarcate! Molti di voi moriranno lì e gli altri, gli altri dovranno provare a conquistare Pointe du Hoc (il promontorio in cui si svolse la battaglia più dura, ndr)”. Così ho detto alla squadra: “Amici miei, salite sulla vostra barca. Non vi spareranno, ma ci sarà qualcosa davanti. Frontiere. Pavé. L’Alpe d’Huez. Volate. Quindi poche storie, andate!”».

Pinot è guarito? Eccolo con Madiot in una foto del Tour 2019, chiuso col ritiro dopo la vittoria del Tourmalet
Pinot è guarito? Eccolo con Madiot in una foto del Tour 2019, chiuso col ritiro dopo la vittoria del Tourmalet

Il terzo gradino

Ci sono stati finora molti segnali che la squadra francese di Pinot, Gaudu e Demare voglia partire con il piede giusto e punti decisamente in alto. Il fatto che il leader più solido abbia in apparenza superato i suoi problemi fisici ha portato nuova fiducia. E con la necessaria dose di cinismo di quando si punta così in alto, l’incidente di Egan Bernal ha riaperto una porta sul podio del Tour che altrimenti sarebbe stato probabilmente già assegnato.

«Se guardo i ragazzi che lo hanno conquistato negli ultimi anni – ha spiegato Madiot – perché non noi? E poi se non ci fissiamo questi obiettivi, tanto vale mettersi da una parte a vedere correre gli altri. Hanno due braccia, due gambe, quindi ci siamo anche noi. Pogacar e Roglic potrebbero essere un po’ sopra, ma c’è da occupare un altro gradino. E poi, guardate cosa è successo l’anno scorso a Roglic… Il nostro obiettivo sarà salire sul podio, dobbiamo sentire che è possibile. Pinot l’ha già fatto (3° nel 2014), Gaudu (11° nel 2021), se cresce un po’ non sarà lontano».

Nel ritiro di dicembre il team si è riunito. E dal 2022 sono arrivate le nuove Lapierre (foto Groupama-FDJ)
Nel ritiro di dicembre il team si è riunito. E dal 2022 sono arrivate le nuove Lapierre (foto Groupama-FDJ)

La rifondazione 

A Madiot, che ha 63 anni e da corridore vinse due Roubaix, non è sfuggito che il 2021 sia stato al di sotto delle aspettative. La squadra ha investito parecchio, ma per vari motivi i risultati non lo hanno soddisfatto.

«Credo che abbiamo gestito bene il 2020 – ha detto – che tranne per l’incidente di Pinot, aveva dato dei bei responsi. Nell’inverno successivo invece siamo stati traballanti, non abbiamo fatto i soliti ritiri, non siamo mai riusciti a riunire tutto il team e così l’anno scorso siamo stati sempre fuori passo, mancava qualcosa. L’unico che ha fatto bene nel complesso è stato Gaudu, ma è passato in secondo piano per le difficoltà di Thibaut e di Demare. Perciò finito il Tour, ho pensato che fosse ora di fare un check-up generale. Abbiamo dedicato molto tempo ad analizzare il funzionamento della squadra. Ci sono stati tagli, persone che non ci sono più, sono state fatte delle scelte e siamo tornati in una dinamica diversa. E finalmente nel ritiro di Calpe a dicembre ci siamo ripresi tutti insieme».

La mezza ruota in allenamento li farà crescere: Madiot ne è certo (foto Groupama-FDJ)
La mezza ruota in allenamento li farà crescere: Madiot ne è certo (foto Groupama-FDJ)

L’unione sacra

Il paragone con lo Sbarco in Normandia. La necessità di avere una squadra e non un insieme di persone vestite allo stesso modo. Il richiamo a uno spirito più elevato. Il Covid ha fatto perdere il senso dell’unità. Allenarsi insieme ha rimesso in moto la sana concorrenza interna di cui ha parlato anche Pinot.

«Lo scopo di quel discorso – ha sorriso – era di far capire loro che dipende soprattutto da loro, da noi. Non voglio più sentire che domani andrà meglio. No, dobbiamo far andare bene l’oggi. Voglio che fra tutti quelli che vestono questa maglia ci sia una forma di unione sacra. Devono credere in quello che sono. A Pinot è stato detto che deve credere in se stesso e che si riprenderà. Ma ha anche bisogno di essere convinto. Perché il dolore tornerà e lui deve sapere di poterlo superare. E’ presto per parlare di gerarchie al Tour, ma credo che fra questi ragazzi coraggiosi ci sarà competizione. La mezza ruota in allenamento che fa male agli amici si fa ancora. C’è sempre un momento in cui c’è un confronto tra le forze. Anche in ritiro, delimiti il tuo territorio. Ho parlato con Thibaut, mi ha detto: “Dannazione, a Calpe non sono stato il migliore”. Beh, questo mi rassicura».

Santini al fianco di Cure Leukaemia per “The Tour 21”

25.01.2022
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La sponsorizzazione del Tour de France ha aperto a Santini la strada per costruire nuove collaborazioni, anche con finalità benefiche. Tra queste merita una particolare citazione il sostegno a Cure Leukaemia, ente britannico che si propone di raccogliere fondi per la lotta alla leucemia. Santini realizzerà le divise ufficiali dei partecipanti alla prossima edizione di “Tour 21” in programma da venerdì 24 giugno a domenica 17 luglio. 25 amatori affronteranno tutte le tappe dell’edizione 2022 del Tour de France con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinare alle attività promosse da Cure Leukaemia.

“The Tour 21” a Brest, città di partenza del Tour de France 2021
Santini The Tour 21 edizione 2021

Un ex calciatore alla guida

A guidare il gruppo ci sarà Geoff Thomas, ex calciatore professionista di Crystal Palace e Nottingham Forest, con nove presenza nella nazionale maggiore dell’Inghilterra. Nel 2003 gli è stata diagnosticata una leucemia mieloide cronica. Thomas è riuscito a guarire attraverso un trapianto di cellule staminali da sua sorella Kay e grazie alle cure avute dal professor Charlie Craddock, co-fondatore di Cure Leukaemia.

Una volta guarito ha deciso di sostenere i medici e gli infermieri che hanno contribuito a salvargli la vita. Nel 2005 Thomas ha percorso, prima del passaggio dei professionisti, le 21 tappe del Tour de France di quell’anno con l’intento di raccogliere fondi. Nel 2017 ha pedalato tutte le tappe del Tour de France, del Giro d’Italia e della Vuelta di Spagna riuscendo a raccogliere un milione di sterline destinate all’ampliamento di uno dei più grandi centri europei per cure ematologiche presente in Inghilterra.

Il gruppo di “The Tour 21” che festeggia a Parigi la conclusione della loro attività benefica
Il gruppo di “The Tour 21” che festeggia a Parigi la conclusione della loro attività benefica

La sfida del 2022

Quest’anno, esattamente 17 anni dopo la prima volta, Thomas percorrerà nuovamente le strade del Tour in compagnia di altri 24 ciclisti amatori. L’obiettivo finale è raccogliere un milione di sterline da destinare a Cure Leukaemia per finanziare il Trials Acceleration Program (TAP). Composto da 12 centri dislocati in tutto il Regno Unito, il TAP permette ad un bacino potenziale di circa 20 milioni di pazienti di poter accedere a trattamenti potenzialmente salvavita per tutte le forme di cancro del sangue.

Monica Santini, amministratore delegato di Santini, ha commentato così l’iniziativa che vede parte attiva la sua azienda: «Siamo lieti di essere partner di “The Tour 21” e di unire le forze con Cure Leukaemia. I 25 ciclisti indosseranno uno speciale kit Santini dedicato all’evento. Speriamo che questa partnership aiuti ad aumentare la raccolta fondi e ad accelerare la ricerca sulla leucemia».

Da sinistra: James McLaughlin, Jonathan Sangan e Geoff Thomas
Da sinistra: James McLaughlin, Jonathan Sangan e Geoff Thomas

James McLaughlin, L’amministratore delegato di Cure Leukaemia, si è così espresso sulla nuova partnership con Santini.

«Siamo lieti di – ha detto – accogliere Santini nella famiglia di Cure Leukaemia. Hanno una storia leggendaria nello sport come uno dei marchi di ciclismo più prestigiosi al mondo. Con questa partnership speriamo che non solo aumenti la notorietà di Cure Leukaemia e dell’evento Tour 21 a livello globale, ma che si possa avere l’opportunità di garantire un maggiore potenziale di raccolta fondi e ampliare la nostra gamma di eventi ciclistici. Grazie a Geoff Thomas il ciclismo ha svolto un ruolo chiave nella crescita di Cure Leukaemia e siamo immensamente orgogliosi di essere ora ufficialmente associati a Santini».

Santini

Cure Leukaemia

The Tour

Marc Soler alla UAE per sposare il progetto Pogacar

24.01.2022
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Dopo sette stagioni corse nel Movistar Team si è chiusa l’esperienza di Marc Soler con la squadra spagnola. Il corridore catalano, nato ad una cinquantina di chilometri da Barcellona, inizia la sua nuova avventura nel UAE Team Emirates (foto apertura Fizza). Sarà il fido scudiero di Tadej Pogacar al Tour de France ed alla Vuelta di Spagna, i due grandi Giri su cui punterà il giovane talento sloveno.

L’ultima vittoria di Soler risale alla terza tappa del Giro di Romandia la scorsa stagione
L’ultima vittoria di Soler risale alla terza tappa del Giro di Romandia la scorsa stagione

Un’accoglienza calorosa

Marc Soler, 28 anni compiuti due mesi fa, si lancia in una nuova sfida in un team ambizioso, esigente e che vuole rimanere per molti anni al top. Marc prenderà il posto di gregario al Tour del nostro Davide Formolo, che si giocherà le sue carte al Giro d’Italia affiancando Joao Almeida

L’ex Movistar si è detto entusiasta e felice di questa nuova avventura. Anche se non ha mancato di sottolineare alla stampa presente al Media Day online del team di come voglia ritagliarsi le sue occasioni. Le corse per mettersi in mostra non mancheranno: partendo proprio dalla corsa di casa, la Volta Catalunya.

Negli anni alla Movistar Soler ha affiancato campioni del calibro di Valverde
Negli anni alla Movistar Soler ha affiancato campioni del calibro di Valverde

Trovare il feeling

Soler ha parlato più volte del voler uscire dalla “comfort zone”. «Era un cambio di cui avevo bisogno – ha dichiarato – per trovare nuovi stimoli ed una motivazione che mi facesse mantenere alto il livello».

A questa età è un buon momento per lanciarsi in nuove ed appassionanti sfide.

«Il mio debutto – continua Marc – sarà alla Volta a la Comunitat Valenciana, passando per Parigi-Nizza e Catalunya. Correrò anche Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Le prime gare serviranno per prendere le misure con le esigenze di Tadej. Quando l’ho visto correre la prima volta alla Vuelta del 2019 sono rimasto colpito dalle sue qualità. Il futuro è suo ed aiutarlo a raggiungere grandi traguardi è una motivazione in più per iniziare questo nuovo progetto».

Marc Soler, Enric Mas, Vuelta Espana 2020
Dal 2020, dopo l’addio di Quintana ha corso accanto a Enric Mas
Marc Soler, Enric Mas, Vuelta Espana 2020
Dal 2020, dopo l’addio di Quintana ha corso accanto a Enric Mas

Un carattere acceso

Marc Soler è uno di quei corridori che ha sempre fatto della costanza il suo punto di forza, un gregario “sempre presente” ma con la licenza di provare a vincere. La comfort zone di casa Movistar per lui si era fatta forse un po’ stretta.  Qualcosa si era già intuito alla Vuelta del 2019 quando alla nona tappa si rifiutò di aspettare i capitani Valverde e Quintana per cercare di vincere la tappa.

Quello fu il momento clou e nelle due stagioni successive, quando gli si è dato lo spazio che tanto desiderava, i risultati non sono arrivati. Davanti alle evidenti superiorità degli avversari Soler si è forse “rassegnato” a fare il gregario di uno di loro, sposando un progetto che potrebbe accompagnarlo per un altro pezzo della sua carriera.

Un Pinot tutto grinta in caccia della vittoria

21.01.2022
5 min
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Gaudu è cresciuto e anche Storer si sta facendo grande con i suoi 24 anni. Per questo, sentendo parlare Marc Madiot nella conferenza stampa in cui ha annunciato il 2022 della sua Groupama-Fdj la sensazione che Pinot non sia più il solo ad avere grandi responsabilità ha sollevato il diretto interessato e dato un sospiro di sollievo ai tifosi francesi. Madiot in sostanza ha detto che i suoi scalatori punteranno al podio del Tour, non ha detto quale di loro porterà la bandiera o la… croce.

Per Thibaut, che non vince una corsa dalla famosa tappa del Tourmalet al Tour del 2019, l’obiettivo sarà quello di farlo ancora. Ma la domanda che ormai affligge la Francia è solo una: avrà superato gli acciacchi derivanti dalla caduta in avvio di Tour 2020 che hanno vanificato anche tutto il suo 2021?

La squadra ha leader molto forti, ma per lasciare spazio agli scalatori, Demare verrà al Giro (foto Groupama Fdj)
La squadra ha leader molto forti, ma per lasciare spazio agli scalatori, Demare verrà al Giro (foto Groupama Fdj)

«E’ davvero una libertà e mette meno pressione – ha raccontato – condividere il ruolo di leader del Tour. Il mio inverno è stato un po’ più complicato del solito a causa del tempo. Mi sono allenato, ma faceva davvero freddo e ha piovuto spesso. Ogni tre giorni ero sui rulli, quindi le sessioni di allenamento non sono state necessariamente di buona qualità. Sono stato ben contento di andare a Calpe prima di Natale e poi a Gran Canaria all’inizio dell’anno. Il prossimo ritiro a Tenerife mi farà un gran bene. Il peggio è passato».

Schiena a posto?

Pinot è un tipo particolare, lo è sempre stato, sin da quando voltava le spalle al Tour per tentare di vincere il Giro d’Italia. Con i suoi modi schivi da montanaro, nato e cresciuto ai piedi dei Vosgi, amante più dei suoi animali che dei cliché social. E così mentre Instagram e le sue stories mostravano il gruppo ormai trapiantato stabilmente fra la Spagna, le Canarie e qualche spicchio alle Baleari, lui non si è mosso da casa.

Pinot e Bardet, classe 1990, sono stati per anni le bandiere francesi al Tour con risultati altalenanti
Pinot e Bardet, classe 1990, per anni bandiere francesi al Tour

«Non sono un grande fan dei rulli – ha ammesso – e di solito riuscivo a compensare facendo jogging, ma questa volta sono venuti fuori dei piccoli dolori, una periostite (infiammazione vicino alla tibia, ndr), quindi ho smesso alla svelta. Ma non sono particolarmente preoccupato, vivo senza grossi allarmi. Anche per la schiena. Quando il mio corpo è stanco, spesso mi fa male. Ma era mal di schiena per la fatica, non per la mia caduta al Tour. Per quella ho fatto molto lavoro con il fisioterapista e l’osteopata per recuperare tono muscolare alle catene della schiena e in genere la parte superiore del corpo. Il periodo sui rulli e il fatto di non poter uscire così spesso mi ha consentito di continuare questo lavoro».

Rinascita in Spagna

Come dire che aver cominciato a rivedere il sole e la sensazione di aver ultimato il recupero gli hanno restituito anche un approccio positivo. E non è detto, fanno sapere i suoi preparatori, che un inverno leggermente più blando sul fronte dei lavori specifici non gli permetta di arrivare più fresco alle sfide d’estate.

La squadra è dalla nascita in mano a Marc Madiot, che qui parla al team in avvio di ritiro (foto Groupama Fdj)
La squadra è dalla nascita in mano a Marc Madiot, che qui parla al team in avvio di ritiro (foto Groupama Fdj)

«L’inverno è stato lungo – ha confermato anche a L’Equipe – non ho avuto il tempo che speravo e quindi nemmeno la condizione giusta. Novembre e dicembre non mi sono mai piaciuti. Manca la luce, il sole, tutto il resto. Divento più scontroso del solito e non va bene in un momento in cui voglio solo voltare pagina sugli ultimi due anni, smettere di parlarne. Le persone che incontro, non tutte ma quasi mi parlano del mal di schiena. Per me è diventato faticoso, ecco perché voglio andare forte. In Spagna sono migliorato ogni giorno. Quando fai 34-35 ore di allenamento alla settimana e ti senti bene dopo uscite di 5-6 ore, sei felice.  L’unica cosa (ride, ndr) è che mi piace essere il più forte di tutti in ritiro e chiaramente non ho potuto esserlo…».

Il Giro è meglio

Poi finalmente, a margine delle parole del capo e confermando che la sua isola è differente, Pinot ha lasciato capire che il suo programma sarà incentrato sul Tour, ma se fosse per lui sarebbe differente.

Una lavagnetta per raccontarsi. Pinot è nato nel 1990 e vuole tornare a vincere (foto Groupama Fdj)
Una lavagnetta per raccontarsi. Pinot è nato nel 1990 e vuole tornare a vincere (foto Groupama Fdj)

«Il percorso del Giro è stato davvero disegnato per gli scalatori – ha ammesso – quindi mi ha fatto venire voglia di andarci. Ci sono delle scelte che devono essere fatte e la squadra quest’anno ha deciso di portarmi al Tour, con argomenti altrettanto sensati. Abbiamo discusso, come è giusto che sia, lo stiamo ancora facendo. E’ normale che gli sponsor vogliano la squadra migliore in Francia e quest’anno la avremo. Anzi, secondo me in montagna avremo la migliore squadra che abbiamo mai schierato. Eppure se potessi scegliere, farei Giro e Tour ogni anno. L’obiettivo è tornare a vincere. La prossima estate saranno due anni dall’ultima vittoria. Non è la fine del mondo, ma ero abituato a lasciare il segno ogni anno e mi manca il gusto di alzare le braccia. Va bene tutto, ma la vittoria è la medicina migliore».

Guillaume Martin prepara la “campagna d’Italia”

15.01.2022
4 min
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Quando parla Guillaume Martin, non sono mai risposte casuali o scontate. Il “ciclista filosofo” non è solito a proclami, per questo l’annuncio della sua volontà di doppiare Giro e Tour ha stupito gli addetti ai lavori, considerando come negli ultimi tempi i big siano più orientati ad accoppiare la Grande Boucle con la Vuelta e si continui a disquisire sul fascino annacquato della corsa rosa. Non tutti la pensano così…

In Martin la Cofidis crede molto, tanto è vero che ha cambiato un po’ l’assetto del team per pensare un po’ più alla classifica nei grandi giri e meno alla conquista delle tappe. Alla soglia dei 29 anni il corridore parigino è pronto a scalare un altro gradino nelle gerarchie internazionali, conscio delle proprie possibilità e di dove ci sia ancora spazio per migliorare e proprio sulla base di queste valutazioni, con la squadra si è deciso di provarci.

«Il percorso del Giro – dice il francese – è molto adatto alle mie possibilità, più della Vuelta, ci sono pochi chilometri a cronometro e tanta montagna, penso che ci sia la possibilità di fare molto bene».

Martin Vuelta 2021
Guillaume Martin è pro’ dal 2016, finora ha conquistato in carriera 9 vittorie
Martin Vuelta 2021
Guillaume Martin è pro’ dal 2016, finora ha conquistato in carriera 9 vittorie
Eppure la doppietta Giro-Tour sembra essere un po’ caduta nel dimenticatoio. Pensi che ci sia abbastanza tempo per recuperare per chi punta alla classifica in entrambe le corse?

Partiamo dalla premessa che per affrontare due gare simili ci vuole molto rispetto, perché si tratta di un impegno considerevole. Io sono un corridore che solitamente corre molto, ma considerando il calendario bisognerà sicuramente prendere le giuste contromisure. Il tempo per recuperare c’è sicuramente, credo che con una buona preparazione e condotta di gara si possa cercare di curare la classifica generale in entrambe le occasioni. Saranno però importanti la squadra e la strategia di corsa, la più adatta per utilizzare al meglio le energie.

La tua carriera dice che sei sempre andato migliorando nei grandi Giri, fino all’8° posto dello scorso anno al Tour e al 9° della Vuelta (unico a finire nella Top 10 di due grandi giri come Bernal e Mas). Dove pensi di dover migliorare per scalare finalmente il podio?

Sicuramente sarà importante non perdere molto nelle cronometro e proprio per questo il Giro si adatta meglio alle mie caratteristiche. Il che non significa che mi senta battuto quando si gareggia contro il tempo, ci stiamo lavorando soprattutto in questo periodo dell’anno. Le stagioni ed esperienze scorse mi dicono che ho una buona resistenza e costanza di rendimento e su questa devo fare affidamento. Io sono pronto alla battaglia, ho fiducia di per fare bene, poi vedremo se sarà sufficiente per il podio.

Martin crono 2021
Le cronometro sono il suo punto debole, ma in quest’inverno ci sta lavorando molto
Martin crono 2021
Le cronometro sono il suo punto debole, ma in quest’inverno ci sta lavorando molto
L’assenza di Pogacar, Roglic Bernal potrebbe far pensare che il Giro abbia meno fascino. Tu che cosa ne pensi e che risalto ha il Giro in Francia?

Il Giro è sempre molto popolare e seguito, ancor più nelle ultime stagioni e a ben guardare è stato sempre ben frequentato. Se guardiamo a quella che potrebbe essere la starting list, è vero che mancano i grandissimi, ma è altrettanto vero che sono arrivati propositi di partecipazione da molti nomi importanti, come Dumoulin e Pinot. Io sono sicuro che verrà fuori un Giro spettacolare, non credo che in Italia ci si debba preoccupare troppo…

Per fare bene nelle due grandi corse a tappe, come strutturerai la tua preparazione?

Come detto, devo rivedere un po’ il mio programma abituale, abbiamo quindi pensato di affrontare le prime gare come un cammino di avvicinamento e affrontare un primo vero test in marzo, con il Giro di Catalogna per verificare il lavoro svolto. A seguire vedremo in base a quale sarà stato il mio rendimento le ulteriori prove prima di partire per il Giro.

Martin Sicilia 2019
In Italia Martin ha già vinto, qui alla tappa del Giro di Sicilia 2019 sull’Etna
Martin Sicilia 2019
In Italia Martin ha già vinto, qui alla tappa del Giro di Sicilia 2019 sull’Etna
Il vostro manager Vasseur ha specificato che c’è bisogno di risultati importanti per confermare la squadra nel WorldTour. Questo rappresenta un carico di pressione ulteriore per voi?

Non c’è pressione perché sappiamo di avere un buon team con molta gente che può far bene. L’arrivo di Ion Izagirre rappresenta un progresso del quale beneficeremo tutti. Non tutto nella passata stagione è andato perfettamente, ma in quale squadra questo succede al 100 per cento? Si cresce anno dopo anno, me compreso. La pressione fa parte del lavoro di un corridore, non è certamente qualcosa che deve spaventare.

Che cosa chiedi al tuo 2022?

Non ci sono risultati o traguardi particolari, a me interessa soprattutto non avere infortuni, stop improvvisi di natura fisica alla mia preparazione e alla stagione delle gare, voglio poter lavorare bene e raggiungere la miglior forma. L’anno scorso ho avuto un problema al ginocchio che mi ha bloccato e sappiamo bene che l’inverno è il periodo fondamentale per lavorare in vista della stagione agonistica. Se tutto procede come si deve, i risultati arriveranno, sono molto fiducioso.

Cattaneo, storia di una dura risalita

13.01.2022
7 min
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«Il Tour mi ha portato a un livello altissimo – dice Cattaneo nel pomeriggio spagnolo – ho passato i dieci giorni successivi a rispondere al telefono. Se avessi fatto 12° al Giro, mi avreste chiamato forse voi. Per questo, quando me l’hanno chiesto, ho detto che avrei preferito tornare in Francia. E poi in Danimarca si comincia con una crono, un piazzamento nei primi 10 ci starebbe. Sognare non costa nulla, anche se ci saranno tutti i migliori del mondo».

Un anno importante

Lui l’ultima crono della stagione l’ha vinta, al Tour of Luxembourg. E al Tour de France ha aiutato la squadra, favorendo le vittorie di Cavendish e Alaphilippe e ritagliandosi però anche un bello spazio, nella forma di fughe che l’hanno portato al secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e due top 10 nelle crono. Alla Quick Step-Alpha Vinyl se ne sono accorti e hanno deciso di investire su di lui. 

«E’ stato un anno importante – conferma – e nel 2022 vorrei fare uno step ulteriore nelle crono, prendendo poi tutto quello che verrà nelle corse a tappe. La parte più difficile di questa risalita è stata ritrovare la testa per pensare di essere all’altezza. Nei primi anni da professionista ho commesso i miei errori e anche la squadra non è stata in grado di aiutarmi. Quando però sono arrivato all’Androni, sono riuscito a riprendere il controllo e devo a quegli anni il fatto di essere qui».

Cade il velo

Ci sono cose che si sanno. Guai scriverle, perché attengono alla sfera privata e i corridori meritano rispetto. A parte qualche caduta di troppo, si diceva che fra i problemi di Mattia ci fosse un rapporto complicato con l’alimentazione. Ne abbiamo scritto tanto, altri corridori da Aru a Cimolai ci hanno raccontato la loro storia, e ora per la prima volta affrontiamo con lui il delicato argomento.

«E’ vero – ammette – ed erano problemi che venivano da lontano. Li avevo anche da junior. Cominciarono a dirmi che per vincere dovevo essere magro. Leggevo sulle riviste articoli che parlavano della magrezza e alla fine mi convinsi che fosse l’unico modo per diventare professionista. Ti alleni e mangi poco, me lo portai dietro anche da dilettante.

«Facevo fatica, arrivavo già stanco alle salite. Da pro’ lo step successivo. Vedevo quelli che mangiavano di tutto ed erano sempre tirati. Non pensavo che magari avessero 10 anni più di me e fossero semplicemente più definiti. Io non mangiavo e loro andavano più forte. Entri in un circolo e non capisci più se il segreto sia nell’allenamento o nell’alimentazione, così mi focalizzai sull’essere sempre più magro.

«Poi passai all’opposto e mi ritrovai a correre con 3-4 chili di più. Era cambiata la prospettiva, ma il problema era lo stesso. In Androni finalmente ho trovato l’equilibrio. L’alimentazione non è più un problema, ma in certi giorni mi viene ancora da pensare a come andrei in salita se pesassi 2 chili di meno. La risposta l’ho avuta al Tour. Ci sono arrivato al peso forma e nell’ultima settimana mi mancava un po’ di forza. Quello è il mio peso limite, so che mi avrebbe fatto comodo mezzo chilo di più».

Operazione crono

La pagina è voltata. La maturità nell’affrontare il discorso fa capire tanto e aiuterà i ragazzi alle prese con gli stessi ragionamenti. Il nuovo Mattia, il ragazzo che da U23 vinse nello stesso 2011 il Giro delle Pesche Nettarine e poi quello d’Italia, è rinato nei due anni alla Androni, grazie al consiglio di Massimiliano Mori e all’umanità di Giovanni Ellena.

«Quello che c’è adesso – sorride – il riconoscimento da parte della squadra è davvero gratificante. Ho passato un bell’inverno, tranne una settimana di vacanza ho lavorato tantissimo sulla bici da crono e sul vestiario. Quando vedi che ti portano in America e ti fanno le protesi in carbonio su misura, capisci che ci credono e ti dà fiducia. Quando ti metti a sviluppare il nuovo abbigliamento, è lo stesso. Con Castelli abbiamo fatto un grosso step in avanti. Lo vedo soprattutto con i body da crono con cui avevamo qualche problemino e con i capi per quando piove. Stiamo parlando di una delle aziende più evolute al mondo, non voglio fare confronti con quello che c’era prima. Ma se devo andare da Calpe all’aeroporto di Valencia, posso farlo su una Panda o su una Ferrari. Sono entrambe auto, ma non sono uguali…».

Programma importante

Il riconoscimento della squadra porta anche a un calendario che Mattia definisce con modestia abbastanza importante.

«Partirò alla Valenciana – spiega – poi Algarve, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, due corse nelle Ardenne e poi vediamo come proseguire. Non mi posso sbilanciare, ma sono nella lista lunga per il Tour e poi della Vuelta. Quello che mi dicono, io lo faccio. Mi conoscete da anni, non ho grosse pretese. L’obiettivo è tornare a vincere, ma ho il mio spazio e il mio ruolo. Sono consapevole che in squadra c’è chi va più forte e sono pronto a mettere il mio potenziale a sua disposizione.

La stagione di Cattaneo inizierà ugualmente dalla Spagna, con la Valenciana (foto Wout Beel)
La sua stagione inizierà con la Valenciana (foto Wout Beel)

«L’ultimo Tour è stato emblematico. Prima gli altri e poi me stesso. Qualcuno mi ha detto che se avessi fatto classifica dall’inizio, sarei arrivato più avanti, ma io non ci credo. Se fossi stato già davanti, non mi avrebbero permesso di andare in fuga e magari alla fine sarebbe venuto un decimo posto, che non avrebbe fatto troppa differenza.

«Mi piacerebbe vincere, ma bisogna essere onesti. E poi il mio sacrificio non è stato vano. Ho diviso la stanza con Mark (Cavendish, ndr) e l’ho aiutato a vincere. Stessa cosa con Julian (Alaphilippe, ndr). I direttori si sono resi conto che ho esperienza e che in certi momenti posso essere utile per trovare la posizione giusta. Già essere negli 8 della Deceunick-Quick Step per il Tour era una gran cosa, quello che è venuto dopo è stato ancora più grande. E alla fine davvero, il telefono non la smetteva più di squillare…».

Fabio e Mark, due storie intrecciate attorno al Tour

11.01.2022
6 min
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I segni della sua storia li porta in faccia. Fabio Jakobsen sorride e parla con argomenti profondi come le cicatrici che gli ha lasciato quell’orrenda caduta al Giro di Polonia. La faccia di Cavendish al confronto è un letto di rose, ma se si guarda nel fondo dei suoi occhi si intravedono ferite ugualmente profonde. Da un lato ci sono lo scampato pericolo e la vita che spinge per uscire, dall’altro la luce in fondo al tunnel e di colpo la sensazione che il viaggio stia per finire.

Media day della Quick Step-Alpha Vinyl a Calpe. Siamo gli unici dall’Italia, qualche collega fa capolino dallo schermo di un computer che viene fatto girare di tavolo in tavolo. Potere della tecnologia.

Cavendish ha poca voglia di parlare, le domande sul Tour sono scomode
Cavendish ha poca voglia di parlare, le domande sul Tour sono scomode

Il Tour di mezzo

Il Tour li lega e li divide. A Fabio si può chiedere tutto, a Mark è meglio non chiedere del Tour. A un collega americano è stato detto chiaramente che se vuole intervistarlo non deve fare domande sulla corsa francese. Cavendish ha scritto il suo romanzo eccezionale nella scorsa edizione della Grande Boucle, ma il rinnovo del suo contratto sarebbe stato subordinato a una clausola ben chiara: al Tour ci va Jakobsen.

In realtà sarebbe stato così anche l’anno scorso, quando sarebbe toccato a Bennett e tutto sommato ai primi del 2021 il britannico aveva poco da avanzare pretese, grato per la maglia e la bici. Però quando entra nella stanza delle interviste ha la faccia di un funerale. E quando parla lui, tutto lo staff della comunicazione Quick Step si avvicina per sentire.

Le tre tappe e la maglia a punti della Vuelta sono stati la svolta per Jakobsen
Le tre tappe e la maglia a punti della Vuelta sono stati la svolta per Jakobsen

La svolta alla Vuelta

Jakobsen sorride spesso. Con le cicatrici ha imparato a conviverci e al confronto sembra più infastidito Cavendish se un obiettivo si sofferma troppo a lungo per scrutare le sue espressioni.

«Ho perso buona parte del 2020 – racconta Fabio – per il Covid. E poi, quando siamo tornati, ho perso il resto del tempo per quello che tutti sappiamo. La Vuelta mi ha dato la conferma che posso ancora vincere le volate. La domanda ha smesso di essere “se” ma è diventata “dove”. Il Tour è al centro del mio anno. Patrick Levefere (general manager della squadra, ndr) ha detto che sarò io il velocista designato, ma chiaramente dovrò stare bene, essere in forma, spingere i watt giusti. Questo è il primo anno normale. Sto facendo esperienza, ascolto quelli più esperti di me. Penso di essere nella giusta fase della carriera, posso vincere le volate e pensare alle classiche intermedie del Belgio. Proverò la Gand. La Vuelta e le vittorie mi hanno fatto fare lo step che mancava. Niente è sicuro. Il Tour è la corsa più importante del mondo, ma si tratta pur sempre di una corsa…».

Durante l’allenamento del mattino, sosta in un bar-roulotte, ecco Cavendish (foto Wout Beel)
Durante l’allenamento del mattino, sosta in un bar-roulotte, ecco Cavendish (foto Wout Beel)

Un ciclista professionista

Cavendish è accigliato e parla per monosillabi. Si capisce lontano un chilometro che eviterebbe volentieri le domande e che potrebbe dire ben altro. Ogni sua risposta inizia da una frase che ripete come un mantra.

«Sono un ciclista professionista – dice – l’anno scorso ero senza un lavoro, ora sono qui e sono contento. Proverò a vincere dovunque potrò. Ho iniziato ad allenarmi in ritardo dopo la mia caduta, perciò sto lavorando per recuperare la mia forma fisica. L’anno scorso cercavo soprattutto un’ispirazione e l’ho trovata nel Tour. Tutti i corridori vogliono andarci, ma io sono un ciclista professionista. Il mio obiettivo sarà essere forte in tutte le corse cui prenderò parte. Questo è il lavoro di un ciclista professionista. L’ho fatto l’anno scorso. Anche quando non conoscevo il mio programma, perciò continuerò a farlo perché è quello che ho fatto per tutta la mia carriera. Non guardo indietro. Non penso al record di tappe. Se guardi indietro, smetti di andare avanti. Questo è stato il motto di tutta la mia storia e lo è ancora adesso».

Fabio Jakobsen porta le sue cicatrici con apparente disinvoltura
Fabio Jakobsen porta le sue cicatrici con apparente disinvoltura

Una splendida rinascita

Jakobsen ha undici anni meno di Cavendish. Chi lo seguiva prima della caduta raccontava di numeri bestiali durante gli sprint, per cui c’è da capire che la squadra voglia investire su di lui. La stagione chiaramente è lunga, nessuno può dire in che modo i due si presenteranno a luglio. E non è sfuggito il fatto che al Tour 2021 Mark ha vinto quattro tappe senza confrontarsi con i velocisti più forti. E Jakobsen intanto racconta…

«Non c’è stato niente da dimenticare – dice – perché di quel giorno non ricordo nulla. Ho toccato il fondo e quando ho capito che cosa stavo per perdere, mi è scattato dentro qualcosa. Volevo tornare a vivere come un pro’, a fare la cosa più bella che ci sia. Rientrare però è stato difficile, ritrovare la fiducia. Ho capito di dover convivere con quello che mi è successo, facendo in modo che mi renda migliore anche come uomo. A volte penso a quando a 12-13 anni sognavo di correre il Tour. Quando penso a quel bambino, sono felice di avere questa chance e che la squadra creda in me. Se c’è uno sprint del Tour che ricordo? Ne parlavamo giusto ieri con Mark. Quello del 2009 quando mimò il gesto del telefono, dedicandolo allo sponsor che faceva telefonini…».

Quattro tappe nel 2021 e la squadra come una famiglia. Ci sarà un altro Tour per Cavendish?
Quattro tappe nel 2021 e la squadra come una famiglia. Ci sarà un altro Tour per Cavendish?

Amore per il ciclismo

Cavendish risponde e a un certo punto sembra di essere in una schermaglia, cercando un varco per entrare.

«Questa squadra è nota per essere una famiglia – dice parlando dei giovani – anche io ho impiegato poco per riambientarmi. Penso che sia importante che sia una famiglia oltre che una squadra. Se le persone si connettono a livello emotivo, le prestazioni saranno migliori. Non riguarda solo il ciclismo ed è quello che mi piacerebbe far capire ai più giovani. Spetta a ciascuno di noi. Ricordo come le persone mi hanno sostenuto quando ero un ragazzo e spero che loro domani possano fare lo stesso quando avranno la mia età. Sono un ciclista professionista, ho la fortuna di avere una bici da guidare. Non avrei mai pensato che il ciclismo sarebbe stato una scuola così grande quando ho iniziato. Oggi non è più uno sport di nicchia come quando ho iniziato. E’ super bello da testimoniare».

Quando il loro turno finisce, entrambi se ne vanno dalla stanza al primo piano del gigantesco Suitopia Sol y Mar di Calpe che da qualche anno ospita la squadra belga. Mark si ferma a parlare con Morkov, Fabio va a prendere un bicchiere d’acqua dopo aver parlato ininterrottamente per quasi 40 minuti. Il Tour li unisce e li divide. Uno è convinto di andarci, ma sa di doverselo meritare. L’altro non è per niente convinto di restarne fuori e sarà un diavolo su ogni traguardo. La loro sfida parallela meriterà di certo altri racconti.

Bugno 2021

Bugno, ci racconti quando disertasti il Giro?

09.01.2022
5 min
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Ci sono cose che nel ciclismo, pur in evoluzione, non cambiano mai. Le dichiarazioni di Javier Guillen a proposito del prestigio storico del Giro ma della maggior qualità che ormai la Vuelta (senza parlare del Tour) hanno nei confronti della corsa rosa continuano a far discutere e certamente scelte come quella della Bahrain Victorious, che ha già deciso la partecipazione di Damiano Caruso e Sonny Colbrelli al Tour disertando il Giro, attizzano il fuoco. Quando un italiano rinuncia al Giro per la Grande Boucle, si scatena sempre un putiferio e lo sa bene Gianni Bugno: nel 1992 la sua scelta riempì le pagine dei giornali per giorni.

Bugno, campione del mondo in carica, era stato vincitore al Giro nel 1990 e 4° nel 1991, ma dopo la corsa rosa fu protagonista di un eccezionale Tour de France, dove insieme a Claudio Chiappucci diede battaglia fino all’ultimo all’imperatore di allora, Miguel Indurain. Nel 1992 decise così di concentrare tutte le proprie energie per la prova francese: «Avevamo pensato che dovevo arrivare al Tour con più energie. Fra Giro e Tour non c’è mai stato grande spazio anche perché di mezzo c’erano altri impegni, al Giro della Svizzera come al Campionato Italiano. Allora la nostra stagione partiva con la Sanremo e finiva col Lombardia, eri sempre in gara, non ti focalizzavi su un appuntamento».

Bugno scelse di saltare il Giro per correre il Tour: finì 3° dietro Indurain e Chiappucci
Bugno scelse di saltare il Giro per correre il Tour: finì 3° dietro Indurain e Chiappucci
Venisti criticato per quella scelta?

Altroché, me lo ricordo ancora… Rinunciare al Giro era un sacrificio enorme, si scatenarono tante polemiche, molti lo videro come un tradimento, anche perché Indurain aveva fatto la scelta inversa, doppiare Giro e Tour, ma lui non puntava alle classiche… Era un modo per provare a ribaltare la situazione, ma le cose andarono diversamente, vinse ancora lui e io finii terzo. Era il più forte, non potevamo farci niente.

Ti sei mai pentito?

No, al tempo era quello che andava fatto proprio per provare a invertire la tendenza, avevamo fatto una preparazione puntata sul Tour. Ribadisco il concetto, io e lo spagnolo eravamo corridori diversi, lui puntava tutte le sue fiche sulle corse a tappe, io ero sulla graticola dall’inizio alla fine…

Bugno Gatorade 1992
Bugno e il suo team Gatorade in parata agli Champs Elysées (foto Flickr)
Bugno Gatorade 1992
Bugno e il suo team Gatorade in parata agli Champs Elysées (foto Flickr)
Secondo te dire che oggi il Giro ha più storia ma la Vuelta ha più importanza è vero?

Sì, perché il Giro è molto più compresso nel calendario, schiacciato tra le classiche e il Tour, col risultato che chi punta alle classiche del nord poi va al Tour. Su una cosa però dissento: la Vuelta conta di più non tanto perché è la rivincita del Tour, quanto perché è il trampolino di lancio per i mondiali, anche se rispetto ai miei tempi la corsa iridata ha perso molto del suo fascino e tanti non la pongono più come un obiettivo. Indossare quella maglia valeva un’intera carriera, caratterizzava ogni giorno di corsa, oggi non è più così.

Dal punto di vista tecnico il Giro ha perso peso?

Il Giro d’Italia è sempre stato impegnativo e la sua struttura non è cambiata, tecnicamente ha un grande valore. Allora chi andava al Giro voleva essere protagonista, c’era una partecipazione importante e si lottava per vincere, oggi coloro che realmente possono ambire al successo sono davvero pochi e vanno al Tour, così la corsa rosa perde parte del suo appeal.

Colbrelli Caruso 2021
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Colbrelli Caruso 2021
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Hai letto delle polemiche attorno alla scelta della Bahrain?

Certamente non parliamo di corridori che andranno per puntare al successo: Colbrelli può ambire alla conquista di qualche tappa, Caruso ha 36 anni, è stato secondo al Giro, può sicuramente far bene, ma quel che conta è la scelta della squadra che logicamente punta le sue maggiori forze sul Tour, perché è una vetrina planetaria, dà un’immagine unica. Io sono convinto che sia Sonny che Damiano avrebbero avuto piacere di correre in Italia, ma devono sottostare alle regole del team.

Cambierà questa situazione?

Non con il calendario attuale, con il Giro schiacciato in maniera tale da rendere pressoché impossibile la caccia alla doppietta che ha caratterizzato la storia di grandi campioni. Il Giro d’Italia non si può inventare, va preparato per tempo e con costanza e questo significa che bisogna sacrificare qualcosa della prima parte della stagione. Il Giro sconta un ciclismo più specialistico di quello che vivevamo ai miei tempi.

Vegni Giro 2021
Mauro Vegni, direttore del Giro, ha aspramente criticato la decisione della Bahrain
Vegni Giro 2021
Mauro Vegni, direttore del Giro, ha aspramente criticato la decisione della Bahrain
Bartali diceva «l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare…»

Tutto proprio no, perché a ben guardare quel calendario premia l’Italia a inizio stagione. Dalla Strade Bianche alla Sanremo, il meglio del ciclismo mondiale è qui, vediamo tutti i grandi campioni che poi caratterizzeranno la stagione e questa è una vetrina importantissima. E’ chiaro comunque che sul Giro bisogna fare riflessioni importanti per riportarlo ai fasti di un tempo.

Van Garderen 2021

Van Garderen ha chiuso con tanti rammarichi

03.01.2022
5 min
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Il 2021 da poco concluso è stato segnato da un numero importante di ritiri, 34 nel WorldTour e 32 fra le professional. Fra loro anche qualche nome importante e uno non poteva passare inosservato, per quanto ha fatto ma soprattutto per quanto poteva fare: Tejay Van Garderen.

Americano di Tacoma, classe 1988, Van Garderen ha navigato nel mondo professionistico per 13 anni. Nel complesso ha portato a casa 16 vittorie, qualcuna anche di un certo peso, ma la sensazione è che sia rimasto un talento inespresso, un coacervo di occasioni perdute e ora che il corridore a stelle e strisce è passato dall’altra parte della… barricata (è diesse alla EF Education First) c’è da chiedersi che cosa gli sia mancato.

Valerio Piva
Valerio Piva ha guidato in due riprese Van Garderen e lo conosce bene
Valerio Piva
Valerio Piva ha guidato in due riprese Van Garderen

Valerio Piva lo conosce bene: «Ho condiviso con lui il suo approdo al professionismo alla HTC High Road. Proveniva dalla Rabobank Continental e poi ben 5 anni alla Bmc. Quando è passato professionista si è visto subito che aveva del talento. Nel 2010, al primo anno nel WorldTour, fu 2° al Giro di Turchia e soprattutto 3° al Delfinato e questo fece pensare che potesse essere un corridore ideale per dare la caccia al Tour de France. Per questo la Bmc lo ingaggiò per cifre molto importanti, volevano puntare su di lui».

Quando lo ritrovasti dopo qualche anno, era un Van Garderen diverso?

Chiaramente sì, quando l’avevo lasciato era un giovane inesperto, lo ritrovai maturo, affermato, ma alcune cose non erano cambiate. Tejay è sempre stato un ragazzo introverso, un po’ timido e credo che questo abbia influenzato per tutta la sua carriera. Magari ora come diesse riuscirà a tirar fuori alcuni lati inespressi, quando l’ho incontrato all’ultima Vuelta ho visto un uomo pronto al nuovo incarico. Tornando a quando lo ritrovai, era un corridore sul quale c’erano aspettative elevate. Praticamente la squadra poggiava su di lui…

Van Garderen Delfinato 2010
Van Garderen si mise in luce al Delfinato 2010, finendo terzo dietro Brajkovic (al centro) e Contador
Van Garderen Delfinato 2010
Van Garderen si mise in luce al Delfinato 2010: 3° dietro Brajkovic e Contador
Questo alla fine è pesato su di lui?

Credo di sì. Ogni anno si lavorava per portarlo al massimo della forma per il Tour nella convinzione che fosse uomo da podio. Otteneva buoni risultati, ma mancava sempre qualcosa. Io sono convinto che, se dal punto di vista tecnico era molto talentuoso, caratterialmente non reggeva l’urto, né della squadra né dei media.

Analizzando la sua carriera emerge in particolare come nei grandi Giri abbia sempre avuto un rendimento in calo, soprattutto nell’ultima settimana…

E’ vero, conferma quel che ho detto. Jim Ochowitz aveva creduto molto in lui identificandolo come l’americano che poteva risollevare il ciclismo a stelle e strisce dopo Armstrong e questa responsabilità lo ha schiacciato. Preparava il Tour con scrupolo, la squadra lo supportava al meglio, venivano studiati i percorsi, ma poi il meccanismo s’inceppava e questo avveniva ogni anno. Ho provato anche a consigliargli di non puntare sempre e solo sul Tour, di guardare al Giro o alla Vuelta, ma poi le cose hanno dimostrato che anche lì non andava.

Van Garderen crono 2012
Ottimo cronoman, al Tour 2012 l’americano si è aggiudicato la classifica dei giovani
Van Garderen crono 2012
Ottimo cronoman, al Tour 2012 l’americano si è aggiudicato la classifica dei giovani
Van Garderen era un passista, ma sapeva emergere anche in salita. Il calo era solo psicologico?

In gran parte, non del tutto. Van Garderen è sempre stato molto attento all’alimentazione, sapeva che rispetto ai migliori scalatori aveva qualche chilogrammo in più ed era ossessionato dal perderli. Questo alla fine gli presentava il conto in termini di energie a disposizione. Avrebbe dovuto capire che doveva privilegiare le sue qualità. Io credo ad esempio che sul passo sia stato un grande, come cronoman era davvero uno dei migliori al mondo.

Secondo te non sarebbe stato meglio, viste le sue caratteristiche, puntare più su corse a tappe medio-brevi?

Sì, a conti fatti. Nei primi anni in BMC ad esempio faceva bene perché Cadel Evans convogliava su di sé tutte le attenzioni e lui poteva esprimersi al meglio. Era un corridore che in giornata poteva staccare in salita anche grandi scalatori, a dispetto di quella presunta “zavorra”. Io penso infatti che il Van Garderen dei primi anni non lo abbiamo visto più. Negli ultimi anni provammo a ricreare la situazione degli inizi affiancandogli Porte, ma non funzionò.

Van Garderen Giro 2017
Lo sprint vincente su Mikel Landa a Ortisei nel 2017. Van Garderen finì quel Giro al 20° posto
Van Garderen Giro 2017
Lo sprint vincente su Mikel Landa a Ortisei nel 2017. Van Garderen finì quel Giro al 20° posto
Qual è stata la giornata più bella che avete condiviso?

Per me la tappa al Giro d’Italia del 2017, con arrivo a Ortisei, dove batté Landa nello sprint a due. Era partito per far classifica, ma era saltato per aria. Era molto demoralizzato, ma noi tutti cercammo di sostenerlo, ricordo in particolare Quinziato e Ventoso che lo incitavano, gli dicevano di tirarsi su, magari anche con un bicchiere di vino a tavola alla sera, per motivarlo e lo stesso fece Sciandri come diesse. Quel giorno rinacque, si capì che il suo problema era più di testa che fisico.

Che diesse può essere?

Competente innanzitutto, molto professionale, posato e intelligente. Gli auguro tutto il meglio, magari con la sua esperienza riesce a tirare fuori dagli altri quello che non ha potuto fare per sé. Ci ritroveremo sulle strade del mondo.