Probabilmente non al livello di Baroncini, che è arrivato al professionismo dopo aver vinto il mondiale U23, ma anche Christian Scaroni si era presentato nel mondo dei grandi con le credenziali per lasciare il segno. La sua scelta, insolita per il periodo, era stata di andare a correre alla Groupama Continental: una decisione che il bresciano non rinnega, anche se la squadra francese, giunta al dunque, non gli diede la possibilità di salire nel WorldTour. E Scaroni dal 2020 è passato alla Gazprom.
«Negli ultimi 2-3 mesi – dice finalmente con un bel sorriso – ho dimostrato che le aspettative di partenza erano giuste. Il primo anno è stato faticoso, tra il Covid e la difficoltà di ambientarmi. Non me la sono passata benissimo. Non riuscivo a trovare più la personalità che avevo. Quasi non riuscivo a finire le corse e non sapevo come spiegarmelo. Poi finalmente ne sono venuto fuori e negli ultimi tempi mi sono ritrovato davanti nelle corse…».
L’hotel di Calpe ha la hall in penombra, con corridori misti a turisti del Nord che sorseggiano birre in continuazione. Fuori la temperatura si è abbassata, ma durante il giorno, si pedala a 18 gradi ed è proprio un bell’andare.
Come mai tanta fatica?
Serve pazienza. Non tutti si inseriscono bene, può servire un anno o anche due. C’è chi matura prima, chi dopo. Ma tornerei in Francia, perché mi hanno cresciuto come uomo. Mi hanno insegnato a essere un professionista e questo è stato decisivo per la mia maturazione. Ho imparato l’inglese e il francese. E’ stato un anno guadagnato.
Come hai fatto a sbloccarti?
E’ stato uno scatto mentale. Le persone intorno continuavano a ripetermi che ero sempre lo stesso, dovevo lavorare sull’aspetto mentale.
Ti sei rivolto a un mental coach?
Me l’hanno consigliato amici e compagni di squadra. Mi ha sorpreso, perché sono bastati due mesi di sedute. Adesso ho capito che la testa è la parte più importante del discorso, per cui spero di confermarmi e dimostrare che questo teorema è valido. Sono molto motivato.
Nel frattempo la squadra ha cambiato faccia…
Sedun ha portato la sua grandissima esperienza e sa quello che fa. Sembra che tutto stia migliorando e secondo me quando le cose iniziano a girare bene per tutti, arrivano anche i risultati.
Che impressione hai del nuovo capo?
Non lo conoscevo. Vuole coinvolgere i corridori e dare una bella spinta morale. Se prima rischiavo di sentirmi solo, ora capisco di fare parte di un progetto.
Che inverno è stato?
Ho staccato molto tardi, dopo la Veneto Classic, sono stato fermo circa tre settimane, con qualche giorno a Livigno con la ragazza. Un periodo di relax, poi ho ripreso piano piano con bici e relax. E qui in Spagna abbiamo cominciato a fare ore. Siamo arrivati il 4 dicembre, ce ne andiamo il 21.
Pensi di partire subito forte?
L’idea è quella, i primi tre mesi saranno importanti per confermare le sensazioni di fine stagione e puntare alla vittoria. Correre bene e ritrovarsi nelle prime posizioni. E’ tutto un fattore mentale. Rivedi la testa della corsa e ti viene anche più voglia di andare in bici. Comincerò alla Valenciana e poi a Murcia e tutto il blocco spagnolo. Poi penso che saremo a Laigueglia…
Non sono tanti 18 giorni di ritiro?
Probabilmente sì, ma si sta meglio qui che a casa. Con i compagni ti passa di più, conosci lo staff, si crea un ambiente bello. Anche se sei lontano da casa e anche se all’inizio non hai mai voglia di partire, una volta che ci sei, finisce che ti diverti…