Van Aert, un bel ceffone giallo alla vigilia del pavé

05.07.2022
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«Non potrei immaginare – dice Van Aert con la maglia gialla che lo illumina – di correre il Tour nascosto nel gruppo, a guardarmi intorno. Voglio avere un obiettivo ogni giorno. E noi a questa tappa pensavamo da parecchio tempo. Quando sul traguardo ho mimato il volo di un uccello, è stato per dimostrare che questa maglia mi ha fatto volare. E che quello degli ultimi dieci chilometri, è stato davvero un volo».

Tutto calcolato

Dopo tre secondi posti consecutivi, è arrivata la vittoria. Ed è stata una vittoria alla Van Aert, prepotente, arrogante come si conviene a chi attacca in maglia gialla. Persino eccessiva, almeno fino al momento in cui parleremo con lui scoprendone la freschezza, alla vigilia di una tappa cattiva come quella del pavé che agita il gruppo. Le persone normali dosano le energie, i supereroi se ne fanno un baffo. Al punto che nella diretta televisiva francese, persino un gigante altrettanto arrogante come Bernard Hinault ha detto che non si stupirebbe se a fine Tour Van Aert avesse una classifica molto buona.

Uno dei primi ad abbracciare il vincitore Van Aert è stato Roglic
Uno dei primi ad abbracciare il vincitore Van Aert è stato Roglic

«Era una tappa cerchiata di rosso – racconta Van Aert – un percorso severo, senza un metro di pianura. Da giorni ci dicevamo di provare qualcosa che fosse buono per la classifica con Vingegaard e Roglic e per la mia maglia verde. Sapevamo che facendo a tutta l’ultima salita, avremmo potuto centrare i due obiettivi e così è stato».

Strade più cattive

In quel momento, è sparito dall’interesse anche il “povero” Anthony Perez, coriaceo superstite della prima fuga, risucchiato dalla Jumbo Visma che ha corso come se il traguardo fosse in cima alla Cote du Cap Blanc-Nez, 900 metri al 7,5 per cento di pendenza media.

«Van Hooydonck – continua a spiegare Van Aert – è stato fortissimo. Lui è l’unico in gruppo a poter fare certe cose. Quindi è toccato a Benoot e poi sono partito io. Ci siamo detti di andare a tutta fino alla cima, poi di vedere. E quando gli uomini di classifica mi hanno dato luce verde e ho visto che gli inseguitori si guardavano, ho corso per vincere la tappa. Ma era ancora lunga. Sapevo che la vittoria sarebbe venuta. I secondi posti in Danimarca non sono mai stati un problema. E’ stato bello partire da lassù, ma quei percorsi erano troppo facili. E io per vincere ho bisogno di strade più impegnative».

I 5 secondi di Philipsen

La volata di Philipsen alle sue spalle è stata di una violenza unica, come la sua esultanza sulla riga, come quando raggiungi il grande sogno. E così dopo l’esultanza di Bettiol al Giro di Svizzera, che ha ricordato quella di Pozzato alla Roma Maxima, anche il velocista belga della Alpecin-Deceuninck, dovrà convivere per qualche giorno con gli sfottò.

«Per cinque secondi – sorride – ho creduto di aver vinto ed è stato bellissimo. Poi mi hanno detto di abbassare le braccia e ho capito. Temo che anche queste immagini rimarranno nel tempo (sorride con mestizia, ndr). Eravamo troppo ammucchiati in salita, non l’ho visto partire. Anche Kristoff a un certo punto ha fatto la volata per vincere, ma sono stato io a tagliare il traguardo per primo e ad esultare, quindi sarò io a dover gestire l’imbarazzo».

Un altro sguardo mesto dopo l’arrivo ce l’aveva anche Luca Mozzato, quinto nello sprint per il secondo posto, quindi sesto finale.

«Neppure io – dice – sapevo che ci fosse davanti Van Aert, me lo state dicendo adesso voi. Peccato, ero contento di aver centrato una top 5. Sono stanco, poteva essere la mia tappa e sono contento di essere arrivato davanti. Vediamo domani sul pavé…».

La danza sulle pietre

L’incubo è arrivato, anche se le previsioni del tempo non parlano di pioggia e sul pavé asciutto, viste le bici stratosferiche e le ruote più… comode a disposizione dei corridori, i problemi potrebbero essere meno e meno seri di quanto si sia prospettato per mesi.

«E’ difficile prevedere cosa succederà domani – dice Van Aert – per me sarà importante prima di tutto tenere fuori dai problemi Roglic e Vingegaard. Come oggi, si può provare per la tappa e per la classifica, perché abbiamo corridori molto forti per le classiche, che non vedono l’ora di ritrovare certe strade. Bisognerà aspettare e vedere cosa succede».

Inizia un altro Tour

E a chi sornione gli chiede che cosa avrebbe fatto se i suoi due compagni non gli avessero dato via libera sull’ultima salita, risponde con un ghigno ancor più sornione.

«Non è il mio ruolo averli dietro nella classifica generale – dice – per cui cercherò di combinare le reciproche esigenze. Se non mi avessero dato via libera? Mi sarei fermato, avrei girato e sarei tornato accanto a loro. Non c’è il minimo dubbio…».

Una risata chiude il giorno praticamente perfetto della Jumbo Visma. Van Aert sparisce sulla sua Cervélo gialla e già con la testa è sulle pietre della Roubaix. Da domani, in un modo o nell’altro, inizia un altro Tour.

Ewan: velocisti, non sempre gentiluomini

05.07.2022
3 min
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Nervi tesi tra i velocisti alla vigilia di un’altra tappa che a Calais si concluderà probabilmente in volata, prima del pavé che domani potrebbe dare il primo scossone al Tour. Il giorno di riposo è servito per raccogliere voci e capire che c’è una corsa nella corsa. Quella dei velocisti, da Jakobsen a Groenewegen, passando per Ewan. Gente dal sangue bollente e che non la manda a dire.

Nessun perdono

Nonostante si pensasse che quel primo incontro e poi le corse insieme avessero in qualche modo lenito il dolore, si è avuta la conferma che Jakobsen non ha ancora alcuna intenzione di riconciliarsi con Groenewegen.

«Un tempo lo ammiravo – ha detto – guardando il suo palmares quasi speravo di diventare come lui. Ma dopo l’errore al Giro di Polonia, tutto questo non c’è più, credo sia normale. Perciò sono contento per lui che sia tornato a vincere, ma non mi interessa molto».

La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?
La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?

Il disinteresse, per quello che si è raccolto nei giorni scorsi, deriva anche dal fatto che nel giorno di Groenewegen, la Quick Step-Alpha Vinyl si è disunita, in quella preparazione di volata caotica e resa ancor più folle dalla trenata di Van der Poel che ha fatto saltare i loro piani. Pare che sul pullman del team si siano confrontati a parole anche Lampaert e Cattaneo per qualche meccanismo saltato nel finale.

Né onesto né gentile

Un altro che vive giornate tese è Caleb Ewan, la cui estate era già cominciata male con il ritiro dal Giro d’Italia, lasciato senza neanche una vittoria, come d’abitudine in anni più recenti.

«Ovviamente avrei voluto iniziare bene – ha detto – perché una vittoria in apertura toglie molta pressione per il resto del Tour. E perché so che se non vinci, cominciano le critiche. Penso che sia solo una parte dell’essere uno sportivo, qualunque cosa tu faccia sarai sempre criticato. Le volate non sono un posto normale, non devi pensare a essere onesto o gentile. Sono qui solo per tentare di vincere e vedere cosa succede dopo. I gesti come quelli di Sagan ci saranno sempre».

Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa
Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa

Concorrenza interna

Il ricordo della caduta del 2021, in cui coinvolse proprio lo slovacco, deve essergli balenato davanti agli occhi. E se Jakobsen non ha perdonato Groenewegen, Ewan non riesce a farsi una ragione per il fatto che la stessa squadra abbia lasciato a casa il suo amico Cavendish. E forse in questa osservazione, il piccolo corridore della Lotto Soudal ha annusato un’anticipazione di quel che potrebbe accadere in casa sua con i progressi di Arnaud De Lie.

«Mark aveva dimostrato di meritare un posto – ha detto – ma è difficile quando sei in una squadra del genere con molti buoni velocisti. Per conto mio, preferirei fare uno sprint contro lui che contro Jakobsen. Con De Lie, la situazione è simile, ma non devo viverla come un problema, quanto uno stimolo. Se vuoi essere il miglior velocista del mondo devi prima esserlo prima di tutto nella tua squadra. Quindi se avrò in casa un altro velocista con cui gareggiare, non mi tirerò indietro. Per ora il numero uno sono io e oggi spero di vincere finalmente una tappa».

All4cycling ti porta al Tour de France

05.07.2022
4 min
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Per chi ama il ciclismo, luglio significa una sola cosa: Tour da France. La corsa a tappe francese è infatti un evento di portata planetaria in grado di catalizzare per tre settimane l’attenzione di tutti gli appassionati di ciclismo. Spesso scatta la voglia di emulare i propri campioni, protagonisti sulle strade di Francia, sognando magari di indossare la maglia gialla nelle pedalate con i propri amici. All4cycling, e-commerce di riferimento per tutti gli appassionati di ciclismo, può aiutare a realizzare questo sogno. L’azienda ha infatti definito un accordo con ASO in base al quale è rivenditore ufficiale per l’Italia di tutti i prodotti legati al Tour. Si tratta di un riconoscimento di grande prestigio in quanto riconosce a All4cycling il diritto di utilizzare in esclusiva il logo ufficiale della corsa a tappe francese.

All4cycling è diventato rivenditore ufficiale del merchandising del Tour de France e del Tour de France Femmes
All4cycling è diventato rivenditore ufficiale del merchandising del Tour de France e del Tour de France Femmes

Ecco la maglia gialla

Il prodotto che attrae maggiormente l’attenzione di tutti gli appassionati è naturalmente la maglia gialla che da quest’anno è realizzata da Santini e che rappresenta il “vero” trofeo destinato al vincitore. Non mancano poi la maglia verde per il leader della classifica a punti e quella bianca per il migliore giovane. Un posto particolare nel cuore di tutti gli appassionati lo occupa sicuramente la maglia a pois, un capo iconico, destinato a vestire il leader dei gran premi della montagna. Tutte le maglie possono essere abbinate alla relativa salopette per formare un kit completo.

Non mancano naturalmente le maglie “speciali” che Santini ha realizzato per celebrare le tappe più importanti dell’edizione 2022 del Tour de France.

Una delle maglie più iconiche e più amate dai tifosi è quella a pois, dedicata al miglior scalatore
Una delle maglie più iconiche e più amate dai tifosi è quella a pois, dedicata al miglior scalatore

Anche gli accessori

La passione per il Tour può essere soddisfatta non solo indossando la maglia gialla o una delle bellissime maglie riservate ai leader delle altre classifiche individuali. Su all4cycling.com è infatti possibile acquistare tutti gli accessori ufficiali “griffati” Tour de France. Oltre ai classici calzini, guanti e cappellino, troviamo anche il casco modello Valegro di Kask, con una livrea particolare di colore giallo a ricordare le sette vittorie al Tour ottenute da atleti con in testa un casco Kask. Al casco è possibile abbinare l’occhiale Jawbreaker firmato da Oakley con richiami gialli sulla montatura. Per chi desidera aggiungere un tocco di giallo alla propria bicicletta Selle Italia ha realizzato ben tre edizioni speciali della sella Boost Superflow.

La maglia bianca per il Tour de France Femmes sul fondo ha una sfumatura in color aubergine, lo stesso del marchio Liv
La maglia bianca per il Tour de France Femmes sul fondo ha una sfumatura in color aubergine, lo stesso del marchio Liv

Ecco i gadget

Per chi desidera avere un ricordo indelebile del Tour sul sito di all4cycling.com è possibile trovare di tutto: zaini, portachiavi, borse, magneti, borracce. Tutto naturalmente griffato Tour de France. Per i più attenti allo stile ecco l’orologio modello T-Race in edizione speciale con la lancetta dei secondi di colore giallo e con una bicicletta al centro.

Non solo sito

Tutti i prodotti dedicati al Tour de France sono disponibili sul sito di All4cycling nella pagina dedicata.

Chi desidera invece recarsi presso il punto vendita di Gazzada Schianno in provincia di Varese troverà ad attenderlo un corner dedicato al Tour con tutti i prodotti presenti sul sito.

Troverete tutte le maglie ed i gadget del Tour anche presso il negozio di All4cycling a Gazzada Schianno, provincia di Varese
Troverete tutte le maglie ed i gadget del Tour anche presso il negozio di All4cycling a Gazzada Schianno, provincia di Varese

Qui sarà possibile vedere da vicino anche le maglie di leader del Tour femminile che scatterà da Parigi il prossimo 24 luglio in concomitanza con la conclusione della corsa degli uomini. Una sorta di vero e proprio passaggio di testimone fra le due gare.

A livello di grafica le maglie sono identiche a quelle della corsa maschile ad eccezione di quella riservata alla migliore giovane che ha un richiamo nella parte inferiore al colore aubergine del marchio Liv, sponsor di questa particolare classifica.

All4cycling

Il Covid, l’esclusione, Pogacar: parla Trentin

04.07.2022
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«Quando ho saputo di essere positivo al Covid non sono cascato dal pero. Lo sarei stato molto più se i motivi fossero stati altri». Matteo Trentin è uno scrigno di filosofia nell’apprendere e metabolizzare la sua positività al Coronavirus e il conseguente abbandono anzitempo del Tour de France.

Il corridore della UAE Emirates doveva essere parte della squadra che avrebbe aiutato Tadej Pogacar alla conquista del terzo Tour e invece è rimasto casa. A guardare, neanche così tanto assiduamente (per ora), la Grande Boucle “dal divano”. Una volta saputo della sua positività al Covid, Matteo ha salutato tutti, ha fatto gli in bocca ai suoi compagni ed è uscito dalla chat.

«Neanche volevo disturbarli troppo. Vi assicuro che soprattutto i primi giorni sono molto frenetici e nervosi».

Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin e il suo sostituto Hirschi era in viaggio
Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin e il suo sostituto Hirschi era in viaggio

Matteo a casa

Mentre parliamo con Trentin, il Tour saluta la Danimarca.

E’ arrivato in Francia con dei voli charter. I corridori si sono “riposati” e hanno tirato un primo micro-bilancio.

Un bilancio che parla di stress, cadute e di volate.

«Come dicevo – racconta Trentin – non sono stato totalmente sorpreso dal mio Covid. Alla fine sono due anni che c’è questa situazione e siamo tutti appesi ad un filo. Ci può stare.

«Da parte mia non ho mai avuto assolutamente niente: totalmente asintomatico. La cosa buona è che per fortuna, avendo corso l’italiano in Puglia, sarei dovuto arrivare un giorno dopo e quindi di fatto non ho avuto contatti con i ragazzi, non ho creato scompiglio con il Covid».

Il morale di Matteo è buono, l’ha presa bene. Certo, quando gli diciamo che il suo spirito è positivo lui ribatte, scherzando: «Non dire positivo che porta sfortuna!».

«Chiaro che non è stato bello – riprende il trentino – Ovviamente mi è dispiaciuto tantissimo, sia per me che per la squadra. Anche per me sarebbe stata una bella esperienza andare al Tour con Tadej. E’ l’uomo che ne ha vinti due e punta al terzo. D’altra, parte purtroppo è andata così. Ma le regole sono queste. E alle regole dobbiamo sottostare in tempo di Covid. Sappiamo che sparando nel mucchio dei controlli può starci».

«E poi non mi è andata male se penso agli altri corridori che hanno preso questo “long Covid”, che sembrerebbe funzionare come una mononucleosi, piò o meno».

Grande intensità nelle prime tappe del Tour, anche se nella terza frazione gli stessi corridori hanno parlato di fasi tranquille
Grande intensità nelle prime tappe del Tour, anche se nella terza frazione gli stessi corridori hanno parlato di fasi tranquille

Trentin uomo in più

In queste prime fasi di Tour, come abbiamo accennato, abbiamo visto parecchie cadute. Persino nella crono inaugurale ce ne sono state. E poi nelle prime due frazioni in linea. Il solito nervosismo. Abbiamo visto blocchi per team compatti: se cade un corridore in un determinato spicchio di gruppo cade mezza squadra. E in tutto ciò Pogacar, stando in “semi-autonomia, si è già giocato due o tre jolly. Se l’è cavata da solo.

In queste condizioni Trentin ci sarebbe stato bene. Sarebbe stato oro.

«Quale sarebbe stato il mio ruolo? Aiutare! Stare vicino a Tadej nei momenti in cui si era nel “mio campo”: pianura, tappe mosse, vento, pavè… Avrei dovuto portare gli scalatori nella posizione consona prima delle salite».

«Sin qui ho dato uno sguardo al Tour, ma non è stato uno sguardo troppo assiduo. Ho visto bene la crono. Quel giorno Pogacar ha fatto una super prova. E per “azzurrità” ho tifato Pippo Ganna. E vi dirò che tutto sommato sono anche contento che abbia preso la maglia gialla Lampaert: se lo merita ed è un gran bel corridore».

«Nelle due tappe in linea ho visto che Tadej è incappato in una transenna e se l’è cavata».

«Insomma – aggiunge dopo una breve pausa – l’ho presa con filosofia okay, ma mi serve pur sempre una settimana per riprendere a guardare il Tour con serenità!».

In primavera Matteo era andato in avanscoperta anche dei tratti di pavè che avrebbe affrontato il Tour (foto Instagram – Fizza)
In primavera Matteo era andato in avanscoperta anche dei tratti di pavè che avrebbe affrontato il Tour (foto Instagram – Fizza)

Verso il pavè

Ma adesso si va verso quello che Trentin ha chiamato “il suo campo”: pianura e pavé. Un uomo come lui sarebbe stato super importante per lo sloveno. 

«Con Pogacar abbiamo corso abbastanza poco insieme – riprende Trentin – soprattutto per calendari diversi. Io ho fatto la Parigi-Nizza e lui la Tirreno. Quest’anno ci siamo incontrati al Fiandre e lo scorso anno allo Slovenia. E anche quando siamo a casa (Monaco, ndr) non ci vediamo così tanto. Primo, perché abbiamo altri orari. Io avendo i bambini esco prima. E secondo, perché lui è col gruppo degli scalatori e fa altri lavori».

«Da un punto di vista tecnico, ero andato a vedere la tappa del pavè. E posso dire che i primi cinque settori sono veramente brutti. A meno che non li abbiano sistemati. Magari li hanno sistemati in questi mesi. Non ho un aggiornamento dell’ultimo momento».

Al termine delle frazioni, Pogacar ha ringraziato i compagni che gli erano vicino. Segno che c’era tensione
Al termine delle frazioni, Pogacar ha ringraziato i compagni che gli erano vicino. Segno che c’era tensione

Ma quali consigli?

Insomma Trentin sarebbe stato a Pogacar, come Van Aert a Roglic. L’asso delle pietre al servizio dello scalatore.

«Tadej – dice Trentin – ha dimostrato però di essere uno scalatore atipico. E lo abbiamo visto anche al Fiandre, dove si è districato egregiamente. Ovvio, le pietre della Roubaix non sono le pietre del Fiandre, sono più cattive. Senza salite diventano più veloci. E’ un po’ diverso ed essendo anche leggero rimbalzerà un po’ di più».

 

La UAE ha sostituito Matteo con Hirschi. Ma sarà più Laengen, gigante norvegese da 1,95 metri, a stargli vicino in queste prime frazioni tra vento e pavè. E lo stesso vale per Bjerg (forse un po’ troppo poco esperto). Anche se Pogacar sembra più seguire i “consigli” di Garzelli in diretta tv, cioè accodarsi alle squadre più quotate.

«Però sin qui Tadej si è difeso talmente bene su ogni terreno che si fa fatica a dargli dei consigli. Sì, magari qualche dritta sulla posizione, su come mettere le mani sul manubrio, su come pedalare… ma probabilmente non ne ha neanche bisogno».

EDITORIALE / Per raccontare il ciclismo non bastano i social

04.07.2022
7 min
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Diciassette anni di differenza e in mezzo un mondo. Stefano Garzelli, nato nel 1973, Moreno Moser nel 1990. Entrambi professionisti, sia pure con carriere diverse. Entrambi opinionisti televisivi. Garzelli, da più anni, in questi giorni è in Francia con la Rai, assieme a Rizzato e Pancani. Moser, fresco di microfono, è negli studi di Eurosport con Gregorio e Magrini, pure loro impegnati a raccontare il Tour. Entrambi sono piuttosto attivi sui social.

«Ma proprio i social – diceva Garzelli qualche giorno fa – hanno isolato ancora di più i corridori. Mi rendo conto anche io quanto sia diventato difficile parlarci. Per averne qualcuno ospite al Processo alla Tappa, sia pure virtualmente, era ogni giorno un’impresa. Sembra che vivano il confronto col giornalista come una seccatura, preferiscono restare nel loro mondo. Io ero contento dopo la corsa di andarmi a raccontare e spiegare, oggi credono che bastino i social. Con alcuni di loro ne parlo. E gli dico: attenti, perché quando smetteranno di cercarvi, significa che la carriera sarà finita. E allora vi mangerete le mani».

Dopo aver fatto il Giro, Garzelli è al Tour accanto a Stefano Rizzato
Dopo aver fatto il Giro, Garzelli è al Tour accanto a Stefano Rizzato

Campioni e social

Del tema ieri hanno parlato anche gli amici di Eurosport, cercando di capire in che modo si possa rendere il ciclismo attrattivo per gli italiani più giovani. Si parlava della possibile Grand Depart di un Tour dall’Italia e ci si chiedeva se sulle strade vedremo mai la tanta gente che nei giorni scorsi ha orlato le strade danesi. Lassù infatti la popolarità del ciclismo non sembra tema da dibattere, da quando si è fatto della bici uno strumento di vita e benessere quotidiano.

«Una volta – ha detto Moser – avevamo sei canali tivù uguali per tutti. Avevamo tutti gli stessi accessi all’informazione. Oggi ci sono centinaia di app e siti e ciascuno segue quel che più gli piace. C’è il rischio che i più giovani neppure sappiano che cosa sia il Tour e che possa partire dall’Italia. Per cui il modo di rendere attrattivo un evento è che lo siano in primis i campioni. Vincere è importante, ma conta più il modo in cui si vince. Servono campioni in grado di coinvolgere i tifosi anche con i loro social. Il pubblico è tifoso. E per chi investe una delle prime discriminanti è se la persona in oggetto sia davvero forte sui social».

Con questa locandina dedicata ai suoi 4 Moschettieri, Eurosport celebra Magrini, Moser, Belli e Gregorio
Con questa locandina dedicata ai suoi 4 Moschettieri, Eurosport celebra Magrini, Moser, Belli e Gregorio

Il lavoro del giornalista

Il tema è chiaramente complesso e investe ogni ambito della società. Si può fare buona informazione, ma se non si è capaci di condividerla bene sui social, potrebbe restare lettera morta. Al contrario, si può essere forti sui social, ricorrendo a mille sistemi (titoli fake e notizie distorte) e ugualmente non avere niente da dire.

Chiedere a Mozzato, Dainese e con quale spirito si approcciano al Tour o a Fiorelli le motivazioni che lo spingeranno al Sibiu Tour fa sì che davanti ai risultati che seguiranno, il lettore capace di collegare i puntini, avrà un’idea completa e magari potrà capire lo sfogo, l’esultanza, le lacrime e le reazioni in genere.

Il lavoro del giornalista, se fatto bene, è più complesso del semplice mitragliare notizie. Perché se a questo si limita, va in rotta di collisione con il flusso di notizie che arriva dai social. Spesso stringate, al massimo colorite, ma prive di un punto di vista critico che possa inserirle nel contesto più ampio in cui si generi l’approfondimento e si stimoli la conoscenza.

Questione di punti di vista

Gli atleti sono influencer. Parlano di sé, a volte danno opinioni su altro, ma ciascuno col suo device in mano offre del mondo un punto di vista parziale. Il proprio, ovviamente. Alcuni sono particolarmente lucidi e le loro frasi meritano approfondimenti, altri sentenziano e non offrono margini.

Dopo la volata di ieri al Tour, Sagan non ha postato una sola riga sull’insulto gridato a Van Aert. Ha scritto di un’altra tappa veloce e dell’attesa della prossima. Van Aert, cui il terzo piazzamento avrà dato sui nervi, non ha proprio toccato l’argomento.

A farsela bastare, si potrebbe pensare che non sia successo niente, ma si perderebbe l’occasione di intercettare quel che magari succederà la prossima volta.

Nessun cenno sui social di Sagan di questo gesto: giusto stemperare le tensioni
Nessun cenno sui social di Sagan di questo gesto: giusto stemperare le tensioni

Tra fare ed essere

La differenza non la fa l’esplodere dei canali, ma la qualità dell’informazione. Quando i canali e i giornali erano pochi, si poteva sperare che anche la selezione degli addetti ai lavori fosse severa. Fare l’inviato al Tour era motivo di vanto, una cosa per pochi, quasi un punto di arrivo. Ti mandava il direttore, non decidevi di andarci da te. Oggi che basta registrare un dominio per definirsi giornalisti, c’è chi si prende le ferie dal suo lavoro vero e va a fare l’inviato in Francia. E’ la stessa cosa? Oggi che il gruppo è pieno di ragazzini fatti passare per necessità di numero, siamo certi che si possa davvero definirli professionisti?

E’ vero, come dice Garzelli, che i social hanno isolato i corridori. E’ lo stesso meccanismo per cui dopo il COVID milioni di ragazzi al mondo sono diventati isole. Vivono là dentro e pensano che sia tutto, ci sono psicologi che studiano e non se ne viene a capo. Ma è anche vero, tornando al ciclismo, che l’informazione polemica e faziosa li ha resi spesso diffidenti.

E’ molto cambiata anche la composizione della sala stampa del Tour
E’ molto cambiata anche la composizione della sala stampa del Tour

Fra social e media

Solo con i social dei campioni non si vince la battaglia. Certamente, se non ci fossero, mancherebbe comunque un pezzo. Ma il pubblico ha diritto all’approfondimento, che spieghi e renda più attrattivo quello che vede sui social, sulle strade o in televisione.

I corridori forti sui social sono quelli che prima di tutto sono forti sulla strada. Il resto, come certi titoli o l’abitudine di sparare notizie bomba (esponendosi a smentite dai diretti interessati sui social che si cerca di cavalcare), destabilizza il sistema e lo mina alla base. Spinge i corridori a non fidarsi e accentua la deriva di cui hanno parlato con diversi argomenti Garzelli e Moser. Il primo, avendo visto com’era prima. Il secondo, avendone sentito parlare ma senza averlo troppo sperimentato. Non esistono percorsi irreversibili, bisogna essere capaci di starci dentro, con onestà e bontà d’animo, cogliendone le possibilità.

Altre lacrime, altre spallate. E intanto arriva Dainese

03.07.2022
6 min
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Groenewegen, Van Aert, Philipsen e Sagan. Settimo Dainese. La terza tappa del Tour si è snodata in una cornice di pubblico pazzesca, ma già stasera i corridori hanno lasciato la Danimarca alla volta della Francia. In lacrime davanti ai giornalisti, il vincitore di giornata si racconta così.

«E’ stata una lunga strada – dice Groenewegen, il giorno dopo parole simili di Jakobsen – voglio ringraziare la mia squadra, la mia famiglia e i miei amici per avermi riportato al Tour in buona forma. Fisicamente il ritorno non è stato difficile, mentalmente potete immaginarlo. Questa vittoria è per mia moglie e mio figlio, con cui ho passato il tempo dopo tutto quello che è successo. Questo successo significa molto per me».

La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione
La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione

Il gruppo compressore

Fatto salvo Magnus Cort in fuga per tutto il giorno, il gruppo prima ha lasciato fare e poi si è messo a divorare chilometri, largo come un rullo compressore, occupando tutta la strada. Modo cervellotico e rischioso di avanzare. Basta una sbandata e si cade, cosa che puntualmente accade. Questa volta a 7 chilometri dall’arrivo ne hanno fatto le spese con 39 secondi di passivo Jack Haig, Guillaume Martin e Uran. Ma nessun leader vuole rimanere senza compagni attorno e così la testa del plotone si allarga e non molla un centimetro. Quello più smaliziato è Pogacar, che magari capisce l’inutilità di formare gruppi nel gruppo e finora se l’è sempre cavata da solo.

Lo show (inutile) di Van der Poel

Poi a circa tre chilometri dalla fine, fuoco e fiamme. Comincia Van der Poel, che mette in mostra i muscoli a fondo perduto. Nel senso che strina il gruppo per 700 metri e poi si sposta, lasciando i compagni a vedersela con la maggior solidità della Quick Step. Solo che questa volta Morkov è solo e deve spostarsi, lasciando via libera a Van Aert, Sagan, Groenewegen e Philipsen, bravo a rimanere a galla. E poi settimo, a margine degli… scambi di vedute fra Sagan a Van Aert, arriva Dainese, debuttante del Tour. E questa, dopo il nono posto di Mozzato nella tappa di ieri, è una notizia.

Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.
Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.

Dainese cresce

Ieri era caduto assieme a Mozzato sul ponte a 25 chilometri dall’arrivo, ma a lui era andata peggio rispetto al vicentino. Figurarsi, sono entrambi del 1998 e dopo una carriera spalla a spalla nelle categorie giovanili, ritrovarsi al Tour, a condividere il debutto e i rischi della corsa, è qualcosa di speciale.

«Di 200 chilometri ce ne saranno stati 20 senza pubblico – sorride – mentre lo stress per tenere le posizioni non è mai venuto meno. E’ stata una giornata un po’ più rilassata rispetto a ieri, ma in finale è tornato il caos. Eravamo insieme a tutta la squadra e i ragazzi hanno corso molto bene. Negli ultimi chilometri siamo stati sempre davanti ed abbiamo evitato le cadute, quindi è stato un buon lavoro. Bardet, Degenkolb ed Eekhoff mi hanno portato in una buona posizione nell’ultima curva.

Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen
Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen

«Poi ho aspettato un po’ troppo dietro Jakobsen – precisa – ma siamo rimasti chiusi a destra. Così non ho potuto realmente fare il mio sprint. Ma le sensazioni sono state buone, considerano le botte di ieri. Peccato per gli ultimi 200 metri, ma la prossima volta cercherò un risultato migliore. La volata davanti? Van Aert ha deviato un pochino, ma nei limiti…».

Sagan-Van Aert, déjà vu

Non è la prima volta che Sagan e Van Aert si scontrano al Tour de France. Nell’undicesima tappa del Tour 2020, a Poitiers, Van Aert fu toccato da Sagan, che poi venne declassato. La tappa andò a Caleb Ewan e quella volta fu il belga a… celebrare lo slovacco, ma con il dito medio.

«Ero in una posizione molto buona – dice questa volta Sagan – ma sono stato fermato. Quei movimenti di Van Aert sono stati brutti. Quel dito era destinato anche a lui, lo sa bene. Dopo non c’è stato tempo per parlargli. Alla fine sono arrivato quarto, per adesso va bene».

Van Aert, per la terza volta consecutiva secondo, dice di non essersi reso conto di aver danneggiato Sagan e delle sue rimostranze.

«No, non mi sono sentito – dice la maglia gialla – come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ho visto Peter superarmi dopo lo sprint. Ho visto che provava a dire qualcosa, ma a causa del rumore non sono riuscito a capirlo. Non mi ero accorto che si stesse lamentando. Non so cosa sia successo».

Qualcosa ci dice che la rivincita se la prenderanno nella tappa del pavé. Gli uomini del Nord ci stanno arrivando con il coltello fra i denti. Ma noi per oggi ci teniamo stretto il piazzamento di Dainese, come ieri quello di Mozzato. Le nuove leve avanzano. Magari un giorno diremo che bastava semplicemente aspettarli.

Il silenzio di Cavendish, i brividi di Jakobsen. Le Tour toujours

03.07.2022
4 min
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Ci si sarebbe potuti aspettare un post di complimenti da Cavendish a Jakobsen, che però non è ancora arrivato, almeno non su Twitter o Instagram. Mark non ha preso affatto bene l’esclusione dal Tour, venuta dopo la vittoria dei campionati britannici e sul suo profilo Instagram il giorno in cui partiva il Tour ha pubblicato una foto che lo ritrae al lavoro sul tetto di casa (immagine in apertura), con un breve testo: «Handyman for hire», tuttofare a noleggio.

«Non so amico – gli ha risposto Mark Renshaw, suo ultimo uomo dei primi tempi e ora fra gli organizzatori dei mondiali di Wollongong – penso che ci sarebbero squadre che vorrebbero assumere un velocista in grado di vincere».

Dopo tutto quello che ha fatto per tornare alla Quick Step, Cavendish valuterà di lasciarla di nuovo? Jakobsen non ci pensa e tira dritto. Aspettava quel traguardo da 15 anni. E come dice Lefevere, chi vince ha sempre ragione.

Debutto al Tour e vittoria al primo sprint: Jakobsen non vuole sentire note stonate
Debutto al Tour e vittoria al primo sprint: Jakobsen non vuole sentire note stonate

Una storia speciale

«E’ sicuramente una storia speciale – ha detto Jakobsen a bassa voce nella conferenza stampa – potete quasi chiamarla una favola. Forse questo è il tempo dei ringraziamenti. Non dimenticherò mai come la mia fidanzata e i miei familiari mi portavano ogni volta avanti e indietro dall’ospedale. Poi la squadra: sapevano che la strada del ritorno sarebbe stata lunga, ma non hanno mai perso la fiducia in me. Mio padre e mio suocero, per ogni volta che guidano lo scooter durante i miei allenamenti. E i miei compagni. Stasera passerò stanza per stanza per ringraziarli. Sono la mia seconda famiglia. Anche quando riuscivo a malapena a camminare, hanno creduto in me».

Prima del Tour, la vittoria nell’ultima tappa al Giro del Belgio ha fatto capire che Jakobsen fosse in forma
Prima del Tour, la vittoria nell’ultima tappa al Giro del Belgio ha fatto capire che Jakobsen fosse in forma

Il miracolo di Cor, 85 anni

Pensando alla storia si ha ancora la pelle d’oca. La storia di quel ragazzo pieno di talento che stava per morire nella volata più veloce del mondo, a causa di una manovra bandita e transenne posticce.

«Dopo quel terribile incidente – ha ricostruito parlando con la stampa – mi hanno trasformato in una persona che poteva nuovamente vivere normalmente. Poi mi hanno trasformato di nuovo in un ciclista e ora sono di nuovo un velocista. Per questo devo dire grazie a Cor, il mio osteopata a casa. Non è riuscito a restituirmi i denti (ridendo, ndr), ma ha reso il mio corpo di nuovo elastico. L’impatto dell’incidente è stato così grande che alcuni muscoli hanno smesso di funzionare. Si è assicurato che fossero riattivati. Cor ha giocato un ruolo importante nel mio ritorno, anche se ha 85 anni».

Le gambe sono tornate quelle vincenti di prima, ma sul volto ci sono ancora i segni della caduta
Le gambe sono tornate quelle vincenti di prima, ma sul volto ci sono ancora i segni della caduta

Il mago dei massaggi

Ci vengono in soccorso i colleghi del fiammingo Het Nieuwsblad. Cor è Cor Van Wanrooij e non è estraneo all’ambiente sportivo olandese. Dicono che sia l’angelo custode dei motocrossisti, poiché pare che chiunque lo visiti dopo una frattura alla clavicola, dopo due giorni può agitare di nuovo le braccia. E tutto senza pagare conti esorbitanti. Secondo quanto riferito, Van Wanrooij farebbe tutto per amore dello sport. Qualcuno facendo ironia afferma che faccia miracoli e non sarà certo Jakobsen a dire che non è vero. «Cor sa esattamente cosa fa – spiega – e io gli sarò eternamente grato».

«Peccato aver perso la gialla di Lampaert – dice Lefevere – ma sono contentissimo per Jakobsen»
«Peccato aver perso la gialla di Lampaert – dice Lefevere – ma sono contentissimo per Jakobsen»

Chi vince ha ragione

La volata di ieri è stata un capolavoro di squadra, come abbiamo raccontato. Ma il debutto vincente del giovane olandese ha davvero il sapore di una nuova nascita. Come il ritorno di Pantani. Come si aspetta che accada con Bernal. Tanti sono tornati, non tutti sono tornati vincenti.

«Questa vittoria – dice Patrick Lefevere – dimostra che abbiamo fatto la scelta giusta nel credere in lui. Sto ancora tremando. Penso alla sua strada dalla Polonia due anni fa a questa vittoria in Danimarca, sono molto felice per lui. Abbiamo cominciato il Tour benissimo, segno che abbiamo scelto gli uomini giusti. Il vincitore ha sempre ragione. Peccato solo che Lampaert abbia perso la maglia gialla, ma va bene così».

Il Tour dal divano con Ballero, nel giorno di Jakobsen

02.07.2022
5 min
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Treni e non ventagli. La seconda tappa del Tour de France si conclude con una “normale” volata. Una volata vinta da Fabio Jakobsen. E questo ci dice che ventagli o sprint, la Quick Step-Alpha Vinyl c’è sempre. 

Davide Ballerini, corridore dello squadrone belga, si è goduto il successo dal divano. Attento, se vogliamo anche emozionato, era come se stesse pedalando con i suoi compagni. E con lui analizziamo questa tappa, la Roskilde-Nyborg di 202 chilometri.

Immenso l’abbraccio del pubblico danese al Tour. Sembrava di essere tornati nelle tappe ungheresi del Giro
Immenso l’abbraccio del pubblico danese al Tour. Sembrava di essere tornati nelle tappe ungheresi del Giro

Vento nel Dna

Il pronti via è stile Giro d’Italia, con la fuga buona che prende subito il largo. Le squadre si schierano compatte e mantengono le posizioni per gran parte della corsa.

La Danimarca rivela un amore inaspettato per il Tour. Ma forse sarebbe meglio dire per il ciclismo.

La tensione sale man mano che passano i chilometri. Ineos-Grenadiers e Quick Step-Alpha Vinyl accelerano ogni volta che c’è un “traverso” e il vento può diventare un’insidia. 

«Fa parte della nostra tradizione correre in certe situazioni – spiega il Ballero – non che ci si facciano degli allenamenti specifici, ma il saper correre nel vento è qualcosa che si tramanda di corridore in corridore. E’ da come ti crescono che impari. Impari da chi è più esperto. E poi a forza di farlo in corsa e di trovarsi quasi sempre in superiorità numerica nei ventagli è più facile capire come funziona».

Vento non forte, strada larga e il lungo ponte (18 chilometri) sul Baltico passa indenne
Vento non forte, strada larga e il lungo ponte (18 chilometri) sul Baltico passa indenne

Strada troppo larga

«Avevo parlato con i preparatori lassù stamattina – riprende Ballerini – e mi avevano detto che sì il vento c’era, ma non era forte.

«La strada sul ponte era davvero larga. In questo modo ci si poteva coprire. Tante volte in Belgio si aprono i ventagli, ma la strada è di appena cinque metri!

«E poi quando tutti lo sanno è difficile aprire i ventagli e fare a selezione. Si sapeva sin da quando hanno presentato il Tour che questa tappa poteva essere soggetta al vento. Mancava l’effetto sorpresa».

Mancava l’effetto sorpresa e poi tutto sommato siamo ad inizio Tour e vedendo che era complicato fare la selezione, dopo una manciata di chilometri le squadre hanno “firmato il trattato di non belligeranza”. L’emblema di questa pace è Benoot che “fischia” e Thomas che gli ride al fianco.

Jakobsen sì, Cav no

E così è volata. E una volata tesa e velocissima. Con qualche caduta, ma tutte nei tre chilometri e quindi senza danni per i leader se non nei lividi.

Jakobsen esce di potenza negli ultimi 50 metri e rintuzza Van Aert. Questione di velocità. Non si tratta di essere usciti prima o dopo. Uno è un velocista puro, l’altro deve tirare anche in salita. La differenza è tutta lì.

«Finalmente – commenta Ballerini – le cose iniziano a girare per il meglio per noi dopo le sfortune d’inizio stagione. Fabio è stato un grande. Ho rivisto più volte la volata dall’alto e Jakobsen si è toccato con Sagan. Sagan non ha frenato e si è toccato con un altro ragazzo ancora. Sono rimasti tutti in piedi per fortuna. Ma queste sono le corse. Questo è il Tour e si sa che nella prima settimana soprattutto ci sono molte cadute».

«Come giudico i movimenti dei miei compagni? Beh, sono stati compatti per tutta la gara. Solo nel finale si sono un po’ persi. Ho riconosciuto, e mi aspettavo, Kasper Asgreen agli 800 metri. Sapevo che sarebbe uscito in quel momento. Quello è il suo movimento, quella menata. Solo che poi alla sua ruota non c’era Morkov (probabilmente perché aveva speso molto nel rientrare con Lampaert, ndr), ma Fabio è riuscito a cavarsela da solo.

«Ci è riuscito con una grande gamba e un grande occhio. Segno che ha un’ottima condizione».

E questa vittoria, se proprio non elimina, smorza le polemica sull’esclusione di Mark Cavendish dalla squadra per la Grande Boucle.

L’unico neo, se così si può dire, è che Van Aert secondo, con gli abbuoni, sfila la maglia proprio ad un “lupo del branco”, a Lampaert.

Il Wolfapack c’è

E a proposito di Wolfpack, oggi i ragazzi di Lefevere hanno messo sul campo tutte le migliori qualità che li distinguono. In due giorni di Tour due vittorie e un grande senso di unità.

Lo hanno fatto nei “quasi” ventagli. Lo hanno fatto in volata e persino dopo la caduta della maglia gialla. E lo ha fatto la maglia gialla stessa, in coda a prendere le borracce. «Domani si lavora per Jakobsen», aveva detto ieri appena sceso dal podio Yves Lampaert. E’ stato di parola.

«Cerchiamo di correre compatti ed uniti – conclude Ballerini – quei movimenti, questo modo modo di correre in parte è merito dei direttori sportivi e in parte di noi corridori. Ognuno di noi sa bene il lavoro che deve fare, si muove di conseguenza e cerca di dare il massimo.

«Ho in mente per esempio l’azione di Cattaneo nel finale. Mattia è stato nel treno per la volata. Significa mettersi a disposizione e che ha una grande condizione».

Pissei x Fantacycling: ma quanto è bella la nuova “capsule”?

02.07.2022
3 min
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Il Tour de France edizione 2022 è ufficialmente partito da Copenhagen e Pissei celebra alla grande la propria collaborazione in corso con Fantacycling.

Come? Disegnando e realizzando uno specifico kit, assolutamente speciale, composto da maglia e pantaloncino estivi. Caratterizzato da un design estremamente semplice, ma d’impatto per così potersi distinguere una volta in sella. Il completo in questione è composto da una maglia a manica corta e da una salopette Pissei: entrambi i capi sono realizzati in Italia mediante l’impiego di alcuni tra i migliori tessuti oggi in circolazione, in grado di donare una vestibilità appropriata a qualsiasi corporatura.

Collaborazione vincente!

La maglia Pissei personalizzata per Fantacycling (i fondatori del sito hanno partecipato attivamente alla progettazione di questo bellissimo cycling kit…) è il modello a manica corta LTD: un vero e proprio “best seller” proposto dal brand toscano e perfettamente in grado di assicurare un ottimale fit a qualsiasi tipologia di corporatura. Nonostante questa versatilità, la stessa maglia presenta un taglio aerodinamico, accentuato anche dalle maniche a taglio vivo. La costruzione in rete della schiena garantisce poi un’ottima traspirabilità, e i dettagli reflex applicati sull’elastico posteriore agevolano la visibilità su strada durante le uscite in condizioni di scarsa illuminazione.

Anche i pantaloncini proposti da Pissei per la realizzazione di questa “capsule” in collaborazione con Fantacycling sono quelli della collezione LTD. Realizzati in lycra tecnica, sono davvero perfetti per essere indossati nel corso di lunghe uscite oppure in allenamento, e grazie al nuovo elastico posto nella parte inferiore della gamba – unitamente al superlativo fondello Giotto che sfrutta la tecnologia Full Carving – garantiscono massima traspirabilità con un minimo ingombro.

Inoltre, proprio in coincidenza con la partenza della Grande Boucle, su Fantacycling sarà presente una lega Pissei attraverso la quale si potranno vincere fantastici premi. I primi tre classificati, potranno aggiudicarsi: un completo top di gamma Pissei Prima Pelle, un kit Sanremo e uno della linea Tempo. Quella tra Fantacycling e Pissei si rivela dunque una collaborazione che funziona, adesso “impreziosita” da questa lega speciale già visibile sull’app “fissata” in alto nel contesto delle leghe pubbliche.

Fantacycling in pochi anni è diventata l’applicazione di riferimento per gli appassionati di ciclismo
Fantacycling in pochi anni è diventata l’applicazione di riferimento per gli appassionati di ciclismo

Un gioco di successo

Fantacycling è nata nel 2020 dall’idea di quattro ragazzi italiani. Sono riusciti a realizzare e sviluppare una “start-up” che in brevissimo tempo è diventata l’app di fanta-ciclismo più utilizzata e amata in Italia. Creando una specifica lega, attraverso Fantacycling è possibile giocare assieme e contro i propri amici scegliendo i corridori preferiti, e schierando la propria squadra si potranno guadagnare punti in base al piazzamento dei corridori. Inoltre, grazie alla attiva collaborazione tra Pissei e Fantacycling, oggi è anche possibile scegliere il proprio “avatar” tra una selezione di design originali Pissei…

Pissei