Tonetti: «Il mio viaggio in Francia tra emozioni, fatica e… pois»

23.08.2024
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«Alle mie compagne ho detto subito che ero la Pimpa fatta e finita, ma in Spagna non esiste quel cartone animato. Mi hanno guardato felici e stranite». Se conosciamo un poco Cristina Tonetti ci avremmo scommesso forte su questa battuta quando alla fine della prima tappa del Tour Femmes ha indossato la maglia a pois.

Un’azione di alto coraggio per un basso “gpm” posizionato in… vetta al tunnel sulla Mosa. Ma se corri in Olanda quelle strade (in questo caso un sottopasso di venticinque metri sotto il livello del mare, anzi del fiume) diventano le salite di giornata e se sei in gara al Tour de France stai certo che nessuno ti regala nulla. Così Tonetti a Rotterdam ha azzardato il colpo portandolo a termine per la gioia della sua Laboral Kutxa. La nostra chiacchierata con la 22enne brianzola parte da qui, anche per fare un confronto su Vuelta, Giro Women e Tour Femmes, i tre grandi giri WorldTour che ha disputato.

A metà della prima frazione, Tonetti conquista il “gpm” sul Maasdeltatunnel dopo una fuga di 20 chilometri (foto tv Tour Femmes)
A metà della prima frazione, Tonetti conquista il “gpm” sul Maasdeltatunnel dopo una fuga di 20 chilometri (foto tv Tour Femmes)
Cristina ti stai godendo un po’ di riposo?

Dopo il rientro dalla Francia sto facendo qualche giorno senza bici. Ne avevo bisogno, sia fisicamente che mentalmente, e so che mi farà molto bene. Riprenderò a correre l’8 settembre a Fourmies quindi ho tutto il tempo per prepararmi a dovere. D’altronde quest’anno ho corso tanto. In realtà mi è mancata solo la parte delle classiche perché per il resto ho fatto sette corse a tappe. Vuelta, Giro e Tour come Kuss l’anno scorso, ma con risultati decisamente più bassi (dice ridendo, ndr).

Che differenza hai notato tra le tre corse?

La prima riguarda il livello medio e il ritmo in corsa. Vuelta, Giro e Tour questo è l’ordine crescente. In Spagna e in Italia se hai una giornata storta ti salvi, in Francia no, perché ci arriva il meglio del ciclismo femminile mondiale e nessuna vuole fare brutte figure. Al Tour si va molto forte, troppo (sorride, ndr). Sul piano organizzativo invece devo dire che non ho notato grandi diversità. Il Giro Women con l’avvento di Rcs è cresciuto tantissimo ed è totalmente un’altra gara rispetto a prima. Le differenze però più importanti sono altre due, se vogliamo anche legate fra loro.

Spiegaci pure.

Sono il pubblico e il riscontro mediatico. Al Giro c’è molta gente sia in partenza che in arrivo, ma non lungo il percorso. Al Tour invece le strade sono piene, poi figuratevi partendo dall’Olanda quante persone c’erano. Sono rimasta impressionata dalla tappa che partiva da Valkenburg. Dopo circa quindici chilometri affrontavamo il Cauberg. C’era così tanta gente che facevi fatica a sentire il tuo respiro. E naturalmente il richiamo internazionale è incredibile. Siamo riconosciute da tutti. La cassa di risonanza del Tour è tutta amplificata. Ed anche lo stress purtroppo.

Il tuo Tour però è iniziato bene, diremmo con lo stress positivo della maglia a pois. Te lo aspettavi?

Innanzitutto devo dire che già solo essere alla partenza è stato bellissimo. Ho capito che sono vere tutte le cose che si dicono sulla sua atmosfera, proprio per i motivi a cui mi riferivo prima. Andare a caccia della maglia a pois era stata una mossa studiata, anche se non eravamo l’unica squadra ad averci pensato. Era un interesse di tante ragazze. Infatti vincere il “gpm” della prima tappa ti garantiva di salire sul podio anche per le successive due che erano piatta e a cronometro. Però tra il dire e il fare lo sapete anche voi che non è così facile. Anzi…

Com’è nata quella tua fuga?

Prima che partissi io, ci aveva provato una mia compagna con a ruota Gaia Masetti, ma non il gruppo non gli ha lasciato spazio. Forse era troppo presto. Così dopo ci ho provato io da sola e probabilmente ho fatto male i conti perché mancavano più di venti chilometri. Significava un bello sforzo. Tuttavia sono riuscita a guadagnare subito un minuto e ho iniziato a gestirmi. Che poi non ti gestisci perché devi andare a tutta. Dall’ammiraglia mi incitavano costantemente dicendomi di resistere che il mio vero traguardo era il “gpm” e che poi avrei potuto rialzarmi. So che dietro l’inseguimento del gruppo ha subito un rallentamento a causa di una caduta. Non so se è stato quello o io che non ho mollato, ma alla fine ho vinto quel traguardo di metà tappa. E a quel punto ho fatto i restanti 60 chilometri col gruppo principale.

Immaginiamo che da quel momento in poi siano iniziate le emozioni.

Assolutamente sì. I miei diesse mi hanno fatto subito i complimenti, ma finché sei ancora in gruppo non te ne rendi conto perché c’è una corsa da finire e prestare attenzione. Ho veramente realizzato che avevo preso la maglia a pois quando sono salita sul podio del Tour. Quando ho visto tutto quel pubblico ero come pietrificata. Fortuna che dietro le quinte ho un po’ stemperato la tensione con qualche battuta e selfie assieme a Ahtosalo, la maglia bianca. Il mattino successivo alla partenza ancora imbarazzo.

Quest’anno Tonetti ha disputato Vuelta, Giro e Tour. Ora punta alla convocazione per l’europeo U23
Quest’anno Tonetti ha disputato Vuelta, Giro e Tour. Ora punta alla convocazione per l’europeo U23
Ovvero?

Prima di partire chiamano tutte le maglie davanti come tradizione ed io ero nuovamente pietrificata. Avevo di fianco a me Marianne Vos, che per me rappresenta il mito assoluto. Quindici anni fa quando ho iniziato a correre lei era già la più grande. Stare accanto a lei in partenza al Tour, nel rituale delle maglie, mi ha fatto tremare le gambe. Ma anche qualche giorno dopo con Vollering avevo una sorta di reverenza nei suoi confronti. Sono atlete fantastiche. Non ho avuto il coraggio di parlare con loro prima del via, non volevo disturbarle. Solo con Kool, che è più vicina a me come età, ho scambiato un po’ di parole. Sono stati comunque momenti bellissimi.

Poi è iniziato un altro Tour?

Direi proprio di sì. Dalla quarta tappa sapevo che sarebbe diventato tutto più duro. Partivamo da Valkenburg con le salite dell’Amstel e arrivavamo a Liegi dopo aver superato le varie côte. E lì, quando vuoi difendere la maglia a pois, scattano corridori come Puck Pieterse o Persico o Niewiadoma, sai che puoi fare veramente poco. In ogni caso ho fatto quello che potevo e non posso rimproverarmi nulla. Poi le tappe successive con tanto dislivello paradossalmente sono andate meglio. Cioè, il mio lavoro per le compagne scalatrici si esauriva ai piedi delle salite, ma almeno potevo impostare il mio ritmo e stare più rilassata mentalmente. Certo, c’è sempre da arrivare al traguardo entro il tempo massimo, però nel gruppetto ci concedevamo qualche battuta, aiutandoci.

La maglia a pois di Tonetti è stata una soddisfazione condivisa con le compagne di squadra (foto Markel Bazanbide)
La maglia a pois di Tonetti è stata una soddisfazione condivisa con le compagne di squadra (foto Markel Bazanbide)
Cos’ha dato il primo Tour Femmes a Cristina Tonetti?

Mi ha fatto capire diverse cose. Ti rendi conto di cosa sia veramente il ciclismo e di quanta professionalità ci sia dietro certe atlete. Ti rendi conto di quanta strada ci sia ancora da fare. Stare davanti in certe tappe è molto difficile. E a proposito di strada, personalmente credo di essere su quella giusta. Come squadra abbiamo fatto un salto di qualità ed anch’io voglio alzare ulteriormente il livello. Per quest’anno ho davanti a me ancora molte corse. La stagione potrebbe finire con le gare cinesi, ma prima vorrei provare a guadagnarmi una chiamata per l’europeo U23.

Una settimana di fuoco: con Paladin dietro le quinte del Tour

23.08.2024
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In partenza per Plouay, Soraya Paladin scherza sul fatto che alla prima uscita dopo il Tour de France Femmes al suo corpo sono servite due ore per provare nuovamente sensazioni da corridore. Quella che si è conclusa domenica scorsa sull’Alpe d’Huez è stata una settimana faticosa per tutte, per le ragazze della Canyon Sram Racing ha portato però la maglia gialla. La difesa di Kasia Niewiadoma dall’attacco frontale di Demi Vollering è ancora negli occhi, ma il duro lavoro che c’è stato per arrivare a quel momento magari non tutti lo hanno colto. A farlo ci aiuterà Soraya, atleta classe 1993 che della squadra è riferimento per gambe e carisma.

Niewiadoma era già stata terza al Tour de France Femmes dello scorso anno, in una carriera di qualche bella vittoria e tantissimi piazzamenti. Eppure nella stagione che l’ha vista vincere alla Freccia Vallone, la polacca si è presentata davanti alle compagne con lo sguardo alto e la sicurezza di essere pronta per la maglia gialla. E questo è bastato perché loro si siano messe totalmente a sua disposizione. Paladin racconta, le domande e le risposte si rincorrono ricordando il lungo viaggio.

Niewiadoma era partita per vincere il Tour e ci è riuscita
Niewiadoma era partita per vincere il Tour e ci è riuscita
Eravate davvero partite con l’idea che potesse vincere?

Con l’idea di provare a vincerlo, perché credevamo in Kasia. Ha dimostrato di andare a forte. Ha detto che lo aveva preparato bene, quindi perché no? Sapevamo che dall’altra parte c’era un’avversaria forte, però era giusto darle l’importanza che meritava. E’ arrivata con la consapevolezza di avere tra le mani una grande occasione, quindi anche noi come squadra ci siamo messi al suo fianco e siamo partite per provare a vincerlo.

Hai parlato di settimana molto dura: quanto è stato impegnativo?

Ogni anno il Tour, si sa, è una gara impegnativa perché il livello è altissimo. Quest’anno poi siamo partiti dall’Olanda, quindi gare piatte e tanto nervosismo in gruppo. Non voglio dire che fossero tappe pericolose, ma si sentiva la tensione. Le strade dell’Olanda non ti lasciano un attimo di respiro, devi sempre essere attento alla curva, alla strada pericolosa che si trova… Quindi siamo sempre andati forte, sempre tappe a tutta. Non c’è mai stato un giorno in cui si è arrivati all’arrivo dicendo che tutto sommato ce la fossimo cavata con poco. In più, dover proteggere Kasia tenendola davanti è stato uno stress mentale in più. Per cui siamo arrivate alla fine un po’ più stanche del solito. In più le ultime tappe erano quelle più pericolose per la generale, per cui sei sempre in tensione.

Quanto si è consumato in Olanda, anche se non c’erano grandi salite, per stare davanti?

Sapevamo che erano le tappe sulla carta più facili, dove però si poteva perdere tutto. Kasia inoltre è una cui piace correre davanti, quindi ha chiesto espressamente di avere le compagne attorno per passare indenni queste tappe, con meno rischi e meno stress possibili. Quando è così, c’è tanta tensione. E al netto della fatica fisica, ci sono le dinamiche di gara in cui può succedere di tutto. Tutti vogliono stare davanti, ma non c’è spazio. E quindi succede che pur nei limiti della correttezza, qualche gomito viene alzato.

Paladin sapeva dall’inizio che al Tour avrebbe lavorato per Niewiadoma
Paladin sapeva dall’inizio che al Tour avrebbe lavorato per Niewiadoma
Di questo Tour sin alla presentazione si disse che si sarebbe deciso sull’ultima salita. C’è mai stata l’idea di dargli una svolta prima del finale?

L’unico giorno in cui c’è stata l’idea di provare, ma dipendeva da come sarebbe andata la gara, è stato quello sul percorso della Liegi. Ad aprile su quelle strade Kasia aveva dimostrato di saper andare forte e di fatto è riuscita a guadagnare qualche secondo su alcune avversarie. Però fare qualcosa nelle altre era troppo difficile. Nel ciclismo di adesso, nel nostro ciclismo, anche per le donne è difficile fare differenza in una tappa non troppo dura, perché le squadre sono ben organizzate per aiutare il proprio leader. In più nessuna aveva mai fatto così tanti chilometri con così tanto dislivello negli ultimi giorni di un Tour così impegnativo, quindi si vedeva che erano tutte un po’ preoccupate dalle ultime due tappe.

Quanto si è sentito il fatto che il Tour abbia allungato mediamente tutte le tappe?

Si è sentito parecchio, perché poi c’erano anche dei trasferimenti abbastanza lunghi ed è stato difficile riposare. Eravamo sempre tirati.

Avevate fatto qualche recon sui vari percorsi?

Io ero andata a vedere la tappa della Liegi e quelle olandesi nei giorni fra l’Amstel e la Freccia Vallone. Invece Kasia, con Bradbury e Chabbey, aveva fatto la ricognizione delle ultime tre, quattro tappe. Per questo quando siamo arrivati alla partenza delle ultime, almeno loro sapevano cosa le aspettava. Io per fortuna ho fatto l’Alpe d’Huez solo una volta e mi è bastata. In realtà è una salita bellissima e molto pedalabile. Secondo me il Glandon, che abbiamo fatto prima, è molto più duro. Gli ultimi chilometri sono stati un inferno.

L’arrivo all’Alpe d’Huez: salita gestita con freddezza e grandi gambe
L’arrivo all’Alpe d’Huez: salita gestita con freddezza e grandi gambe
Sapevate che Vollering avrebbe attaccato…

Ne avevamo parlato in riunione e l’avevo immaginato. Un minuto e 15 da recuperare per Demi era tanto, ma anche poco. Ho detto a tutte che se voleva provare, visto che lei non aveva niente da perdere e conoscendo come ha sempre corso, secondo me non avrebbe aspettato l’Alpe d’Huez. Poi quando ho visto che avevano mandato delle compagne in fuga, a maggior ragione ho detto a Kasia che avrebbe provato ad attaccarla sulla prima salita. Sperava che quelle in fuga scollinassero davanti per ritrovarsele nella valle. Perciò la nostra tattica sarebbe stata rimanere con Kasia anche se fossero andate via fughe pericolose. E poi nella valle prima del Glandon avremmo cercato di chiudere più possibile il gap.

Ti aspettavi che Kasia riuscisse a fare una difesa del genere?

Lo speravo e penso che anche lei lo sperasse. Però sapevamo che dall’altra parte c’era una grande campionessa, che ha dimostrato di fare imprese grandiose. Quindi ci speri, ma sai anche che potrebbe non avverarsi. E’ stata brava, lucida mentalmente per tutta la gara. Non si è fatta prendere dalle emozioni e dal fatto che a un certo punto stava per perdere la maglia. Ha fatto quello che doveva fare e c’è riuscita.

Si è un po’ mormorato sul vostro tirare dritto del giorno di Ferragosto quando Vollering in maglia gialla è caduta a 6 chilometri dall’arrivo di Amneville, cosa si può dire? Vi siete accorti che era caduta?

Come ho detto prima, eravamo più che altro focalizzate sullo stare davanti nei momenti pericolosi. Sapevamo che quello era un finale complicato e insieme adatto per Kasia, quasi una classica. Per cui siamo partite per farle un leadout, sperando che riuscisse a fare il podio per prendere gli abbuoni (Niewiadoma è poi arrivata seconda dietro Vas, prendendo 6” di abbuono, ndr). Sapevamo che c’era questa strada grande in discesa e poi delle curve, che abbiamo preso davanti.

Non avete sentito nulla?

Ho sentito della confusione dietro, però in quei momenti fai fatica a girarti e capire cosa stia succedendo. In più davanti c’erano ancora due atlete della SD Worx che giravano a tutta e non mi sono neanche posta il problema che Demi fosse caduta, sennò immagino che si sarebbero rialzate. Quindi abbiamo continuato a fare il nostro treno e solo dopo abbiamo saputo che Demi era caduta e aveva perso secondi. Tanto che Kasia quando è arrivata non sapeva neanche di aver preso la maglia.

Come sono state le serate dopo le tappe?

Ci sono stati alti e bassi, perché abbiamo perduto Elise Chabbey nei primi giorni, che era un’atleta importante per noi sulle salite. Quello è stato un momento negativo. Poi Kasia è caduta, ma per fortuna non si è fatta niente. Anche Chloe (Dygert, ndr) è caduta e pensavamo si fosse fatta peggio di quello che poi è stato. Ci sono sempre quei momenti di tensione che devi saper gestire, però per il resto l’umore era alto. Sapevamo che avremmo dato tutto per arrivare in cima all’ultima tappa senza rimpianti.

E come è stata la sera in cima all’Alpe d’Huez?

Non avevamo programmi, la squadra non aveva voluto programmare niente per scaramanzia. Poi una volta che abbiamo vinto, prima abbiamo festeggiato in bus mentre aspettavamo Kasia, poi lo staff ha organizzato un’apericena in un hotel della zona e abbiamo brindato tutti insieme. E’ stato bello. Poi siccome avevamo l’hotel a Grenoble, dato che alcune ragazze avrebbero avuto il volo il mattino dopo, nel cuore della notte si è fatto anche quell’ultimo trasferimento.

La festa sul pullman e poi in strada quando Niewiadoma è tornata dal protocollo (foto Instagram)
La festa sul pullman e poi in strada quando Niewiadoma è tornata dal protocollo (foto Instagram)
Aiutare Kasia ha significato che tu sei partita sapendo di non avere possibilità personali?

Ce lo avevano detto dall’inizio. Non sarebbe stato impossibile trovare spazio, ma tutto dipendeva da come andava la gara. Però non mi è pesato. Kasia è una ragazza molto onesta e so che se lei dice che ha preparato bene un obiettivo, è davvero lì per vincerlo. Non mi sono neanche preoccupata del fatto che non avessi possibilità di fare del risultato e ne è valsa la pena.

Hai anche dimostrato di essere arrivata nei giorni delle Olimpiadi con la giusta condizione…

Diciamo che è andata così, dai. Non ho ancora sentito Sangalli a proposito di programmi futuri, però mi ha fatto i complimenti per il Tour. Adesso pensiamo a Plouay. Una corsa così una settimana dopo il Tour è un’incognita. Il fisico deve sbloccarsi, quindi può reagire molto bene come pure il contrario. Il percorso mi piace molto, magari riesco a farmi un bel regalo…

Niewiadoma-Vollering, il duello sull’Alpe vale la maglia gialla

18.08.2024
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E’ cominciato tutto sul Col du Glandon a 54 chilometri dall’arrivo, quando Demi Vollering ha sferrato l’attacco da lontano per riaprire il Tour de France Femmes. Il ritardo di 1’15” non le consentiva di aspettare troppo e anche per questo alla sua ruota si è incollata Pauliene Rooijakkers, staccata a sua volta di 1’13”. E’ stata una giornata eterna, a capo di un Tour di quasi mille chilometri. Eppure si decide tutto negli ultimi due chilometri dell’Alpe d’Huez, a capo di due scalate parallele. Davanti quella delle due olandesi, dietro quella di Kasia Niewiadoma in maglia gialla, con Gaia Realini ed Evita Muzic. Le due davanti, all’attacco della maglia gialla. Le due dietro, che involontariamente l’hanno aiutata a contenere il ritardo, all’attacco di un miglior piazzamento finale.

L’Alpe di colpo spoglia

L’Alpe senza i suoi tifosi è un luogo strano. Oppure forse si dovrebbe dire che è strano, in quell’unico giorno quando capita, vedere centinaia di migliaia di persone allegre ed alticce su una strada di montagna. L’Alpe delle donne è silenziosa e severa. Non si vuol dire con questo che non ci sia pubblico, perché gente c’era, soprattutto in cima. Ma la strada è larga e lo sforzo sembra scolpito con maggiore profondità sui volti delle ragazze. La moto riesce a inquadrarle da vicino e di lato, non solo da dietro o dal davanti come quando ci sono le ali di folla che fanno colore e soprattutto paura.

Vollering davanti dà la sensazione di poter capovolgere il discorso. Mangia un gel. Ha il respiro sincronizzato con la pedalata e lo sguardo fisso davanti, ma più probabilmente verso un riferimento dentro di sé. Eppure fra l’ottavo e il settimo chilometro al traguardo, Niewiadoma inverte la tendenza e si mette a salire con le mani sotto, nel gesto da cui solo Pantani e a volte Bartoli riuscivano a trarre velocità vincenti. E lentamente il vantaggio, che per un paio di chilometri ha vestito virtualmente di giallo le attaccanti, torna sotto il livello di guardia. L’anno scorso si decise tutto sul Tourmalet, quando Vollering sfilò la maglia alla compagna Kopecky. La sensazione è che Niewiadoma abbia trovato il modo per tenere lontani i demoni della paura e della sconfitta.

«E’ stata una vera montagna russa di emozioni – dice la polacca – da quando Demi ha attaccato sul Glandon e io ho temuto di essere arrivata al punto di rottura. Sentivo che le gambe non spingevano più, ho pensato che fosse tutto finto. Invece nella discesa sono riuscita a ricostruirmi, a rinfrescarmi e sono stata davvero fortunata ad avere Lucinda Brand nel mio stesso gruppo. Penso che dovrò anche ringraziare molto anche la Lidl-Trek perché hanno fatto un ottimo lavoro anche per me…».

Un colpo alla sfortuna

L’Alpe d’Huez sistemerà tutto, vedrai Demi. La vincitrice uscente del Tour continua a spingere davanti con quel suo andare composto e potente, che sembra non dare scampo alla polacca che là dietro si alza sì sui pedali, ma sembra andare più agile. In realtà Niewiadoma sta usando la testa più dell’olandese. Chiede cambi a Realini e Muzic, mentre Vollering davanti fa da sé. Ha presto capito che la connazionale Rooijakkers ha il suo stesso obiettivo (e due secondi di meno da recuperare in classifica) e non le darà certo una mano. Demi spinge potente e sicura, ma scava nel serbatoio delle sue riserve.

La sfortuna non l’ha risparmiata. Ai meno sei dall’arrivo del giorno di Ferragosto, la caduta l’ha tirata via dalle prime posizioni della classifica. Era rimasta da sola, le ammiraglie non c’erano e non ha potuto prendere la bici da una compagna.

Alle sue spalle, Niewiadoma invece ha sentito chiaramente di avere l’occasione per rifarsi dei tanti secondi posti e della sfortuna che negli anni non le ha risparmiato alcun colpo. Quando poi ai 2 chilometri dall’arrivo ha visto correre al suo fianco il marito Taylor Phinney – quello della BMC e dei tre mondiali su pista e i due della crono – le forze si sono moltiplicate.

«Sull’Alpe d’Huez – racconta – sapevo che dovevo solo dosare bene il mio ritmo, così da poter dare il massimo negli ultimi 5 chilometri e ridurre al minimo il distacco. A essere onesta ho perso di nuovo la fiducia. Negli ultimi 2 chilometri alla radio urlavano così tanto che non ho capito più niente. E’ stato folle. Ho attraversato un momento terribile in quest’ultima salita. Ho odiato tutto, fino ad arrivare al traguardo e scoprire di aver vinto il Tour de France, il che è pazzesco!».

Per quattro secondi

Demi Vollering ha conquistato l’Alpe d’Huez. Ha tagliato il traguardo con un ghigno e le dita alla testa, poi si è lasciata spingere avanti. Si è fatta sfilare la bici di sotto e si è distesa sulla strada per riprendere meglio fiato. Quando Niewiadoma è arrivata, il suo staff sul traguardo contava i secondi con le mani. E quando lei ha tagliato il traguardo, per sicurezza hanno contato ancora e si sono accorti che il Tour era vinto per 4 secondi. E quando lo hanno detto a Kasia, che era per terra attonita e all’oscuro di tutto, le lacrime hanno iniziato a scendere copiose sul suo viso.

Contemporaneamente, lacrime ben più amare hanno iniziato a scuotere il petto di Demi Vollering. Si può impazzire sapendo di aver perso un Tour de France per 4 secondi, come accadde al povero Fignon che perse quello del 1989 per 8. Ma si può anche impazzire per la gioia sapendo di averlo vinto con un margine così esiguo. Così accadde a Greg Lemond nello stesso anno e così accade a Kasia Niewiadoma, che solleva la bici al cielo e ride e non sta più nella pelle.

«E’ così incredibile – dice – perché ci sono così tante persone cui sono grata e riconoscente. A partire da mio marito, la mia famiglia, tutta la squadra. Il mio allenatore, che ha lavorato così tanto per prepararmi a questo. E i miei amici! Questa vittoria è dedicata a tutte le persone che hanno contribuito alla vittoria!».

In questo 2024 la fortuna è decisamente girata. Se ne era accorta lei e noi subito dietro quando ha spianato il Muro d’Huy, ma adesso è arrivata un’inequivocabile conferma. I secondi posti hanno continuato a inseguirla e anche la volatina persa sull’Alpe d’Huez conferma quello che storicamente è un suo punto debole. Ma questa volta non ne farà un dramma. Vestita della sua maglia gialla, troverà certamente il modo per farsene una ragione.

Al Tour Femmes la promessa di una Magnaldi più aggressiva

12.08.2024
5 min
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Al Giro d’Italia Women l’abbiamo vista un po’ diversa dal solito e fra poche ore riattaccherà il numero sulla schiena dopo un mese. A mezzogiorno di oggi scatta il Tour de France Femmes dove Erica Magnaldi cercherà di mettere in pratica un nuovo modo di approcciare le gare (in apertura con la nuova maglia).

La trentunenne dottoressa della UAE Team ADQ ha sempre disputato la Grande Boucle migliorando la propria classifica ed anche stavolta vorrà fare altrettanto. Magnaldi non è una sprovveduta, sa che non sarà semplice, però la versione di lei vista a luglio sulle strade italiane non pone limiti a buone prestazioni. Ecco cosa ci ha detto proprio alla vigilia del Tour.

Magnaldi, Swinkels, Harvey, Bertizzolo e Holden si sono preparate a Tignes. Al Tour ci saranno anche Persico e Kumiega (foto UAE Team ADQ)
Magnaldi, Swinkels, Harvey, Bertizzolo e Holden si sono preparate a Tignes. Al Tour ci saranno anche Persico e Kumiega (foto UAE Team ADQ)
Com’è stato l’avvicinamento?

E’ andato tutto bene. Dopo il Giro Women sono stata tre settimane in altura a Tignes assieme alle compagne con cui farò il Tour (Bertizzolo, Swinkels, Harvey e Holden, ndr) ed abbiamo fatto davvero un ritiro molto proficuo. Poi ho fatto qualche giorno a casa a Cuneo dove ho proseguito con gli allenamenti, nonostante il grande caldo.

Anche lo stesso Giro Women faceva parte della preparazione?

Diciamo di sì. Ad inizio stagione avevamo stabilito che il Tour sarebbe stato un obiettivo più concreto da perseguire, però poi bisognava vedere come andava al Giro. Infatti abbiamo dovuto rivedere in corsa i programmi. Dopo il quinto posto finale dell’anno scorso, mi sono resa conto che non avevo ancora la condizione per curare la generale. A quel punto ho preferito concentrarmi sulle tappe più adatte a me, alternandomi con Persico. E alla fine sono contenta perché ho trovato il modo di correre in maniera più aggressiva, abbastanza differente dal mio modo classico.

Giro Women. Magnaldi ha chiuso terza nella tappa di Chieti (dietro Lippert e Edwards), ma ne è uscita più consapevole dei propri mezzi
Giro Women. Magnaldi ha chiuso terza nella tappa di Chieti (dietro Lippert e Edwards), ma ne è uscita più consapevole dei propri mezzi
Nella frazione di Chieti sei stata protagonista chiudendo con un bel terzo posto che forse meritava qualcosa in più.

Quella è stata una bella giornata, nella quale mi sono sentita molto bene. Sì, forse ho un po’ di rammarico, ma riflettendoci sono soddisfatta. Nel finale ho capito che non potevamo guardarci troppo in faccia altrimenti saremmo state riprese. Così sull’ultima salita ho sempre tirato io con un’andatura alta. Poi sul viale d’arrivo hanno prevalso la freschezza e le caratteristiche veloci di Lippert che ha vinto. Ma l’ho detto subito, meglio arrivare terza che undicesima dopo essere stata tutto il giorno in fuga come era successo due giorni prima ad Urbino. Non volevo che si ripetesse.

Cosa hai appreso da quel giorno?

Sicuramente che sono capace di correre in modo diverso. Ho preso maggiore consapevolezza di tanti aspetti. Ad esempio che so vedere la corsa e centrare la fuga giusta. Poi vi confesso che mi è piaciuto molto correre in avanscoperta per giocarmi la tappa. E’ vero che è dispendioso, ma dipende da come ti approcci. Ho capito che devo provare a rischiare qualcosa in più del solito.

Quindi al Tour, tappe o classifica?

Se devo dare una risposta secca, dico classifica. L’obiettivo è quello di entrare nella top ten (diciottesima nel 2022, tredicesima e prima italiana l’anno scorso, ndr). Tuttavia con la squadra sono stata molto onesta. Vediamo quello che ragionevolmente posso fare. Curare la generale ti limita molto, però vorrei trovare il giusto compromesso di correre. Puntare alle tappe senza perdere di vista il piazzamento della classifica.

Il ritiro in altura a Tignes è stato molto proficuo per Magnaldi. La condizione è buona (foto UAE Team ADQ)
Il ritiro in altura a Tignes è stato molto proficuo per Magnaldi. La condizione è buona (foto UAE Team ADQ)
Ad oggi quanto ti senti vicina a questa soluzione?

Realisticamente so che non posso tenere in salita il passo di Vollering o Longo Borghini anche se non ci sarà, però mi sono resa conto che adesso posso anticipare i momenti decisivi nelle tappe più dure o più lunghe. Naturalmente poi dipende dalla condizione di ognuna di noi. Ora ci sono sempre più ragazze che possono competere per una top ten. Per farvi capire, al Giro Women sul primo passaggio sul Blockhaus, che abbiamo fatto forte, eravamo comunque in venticinque.

Chi possono essere le tue avversarie più dirette per la classifica?

A parte Vollering che è favorita, credo che molte di noi siano sullo stesso piano, come dicevo prima. Così, giusto per fare dei nomi, i primi che mi vengono in mente sono Niewiadoma, Muzic e Labous. Vedrete che loro saranno là davanti, ma la lista è certamente più lunga.

Come giudichi il tracciato del Tour Femmes?

Non è così semplice come qualcuno può pensare. E’ un percorso che presenta tanti ostacoli da non sottovalutare. Partiamo da Rotterdam e il vento che ci può essere a quelle latitudini non è proprio nelle mie corde. Le tappe olandesi e belghe sono sempre piene di insidie. Già in quelle non bisognerà perdere contatto.

Messa da parte la classifica, Magnaldi al Giro Women ha deciso di correre in modo aggressivo le tappe, anche divertendosi a stare in fuga
Messa da parte la classifica, Magnaldi al Giro Women ha deciso di correre in modo aggressivo le tappe, anche divertendosi a stare in fuga
Erica Magnaldi ha già messo un circolino su qualche tappa?

Guardando il percorso, devo dire che mi piace molto la settima, quella che arriva a Le Grand-Bornard. E’ una tappa di quasi 170 chilometri senza pianura che arriva dopo tanti giorni di fatica. Però anche il terzo giorno con la tappa di Liegi è particolarmente stuzzicante, anche se forse è ancora presto. E pure la sesta frazione è molto incline alle mie caratteristiche. Diciamo che le mie carte me le potrei giocare più verso la fine del Tour, ma è ovvio che se si presentasse un’occasione prima non mi tirerei certamente indietro.

A livello tattico che Tour potremmo vedere?

Sia il Giro Women che le Olimpiadi possono condizionare l’economia della gara. In realtà erano compatibili entrambi, ma le gare di Parigi potrebbero aver lasciato qualche scoria più mentale che fisica alle atlete che hanno partecipato. Vedremo come andrà, di sicura bisognerà stare molto attenti.

Tour Femmes, Borgato: «Distanze più pericolose delle salite»

11.08.2024
8 min
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«Per me è un bel percorso. Un percorso che accontenta un po’ tutte le atlete e la cui difficoltà va in costante crescendo, fino al gran finale sull’Alpe d’Huez». Giada Borgato ci presenta il tracciato del prossimo ed imminente Tour de France Femmes, che vedrà impegnate le atlete dal 12 al 18 agosto.

Anche se la Rai non trasmetterà la corsa francese, Giada si è preparata bene. Ha preso le carte e i suoi appunti della Grande Boucle. E infatti quando l’abbiamo sentita, era davvero sul pezzo.

Ex professionista su strada, oggi Giada Borgato è anche una commentatrice tecnica per la Rai
Ex professionista su strada, oggi Giada Borgato è anche una commentatrice tecnica per la Rai
Giada, sette giorni, otto tappe da Rotterdam all’Alpe d’Huez: su carta sembra più facile rispetto all’anno scorso. Cosa ne pensi?

Vero, a sensazione è meno duro dell’anno scorso. Ma attenzione, a me quel che colpisce parecchio è la lunghezza delle tappe. Le ultime quattro frazioni sono molto lunghe e lo abbiamo visto anche alle Olimpiadi cosa vuol dire per le ragazze affrontare certi chilometraggi. Non ci sono abituate. A Parigi man mano crollavano per la distanza e non perché il percorso fosse duro. Rispetto al Giro d’Italia Women ci sono anche 20-30 chilometri in più e questi si faranno sentire. Immagino che una Vollering che ha puntato tutto sul Tour abbia lavorato molto sul fondo e la distanza. Le altre magari hanno avuto meno occasione per farlo.

Si parte dall’Olanda: appena 200 metri di dislivello nelle prime tre tappe (e 9.000 nelle ultime tre)…

Le prime tappe in effetti sono dei veri piattoni. E’ l’Olanda! Immagino che le squadre delle velociste, su tutte la SD Worx con la Wiebes, controlleranno la corsa. La seconda frazione è una semitappa di 69 chilometri, ancora piatta, ancora per sprinter.

Ecco, cosa ti aspetti da questa tappa? Si riscalderanno? E le big si risparmieranno per la cronometro del pomeriggio?

Credo proprio che faranno i rulli prima di partire. Sarà una fiammata, una tappa strana in cui si andrà a blocco dall’inizio alla fine. Immagino che qualcuna proverà a scappare, ma credo anche che difficilmente ci riuscirà. Sarà un’ora o poco più di gara e non credo che le donne di classifica si risparmieranno, piuttosto penseranno a stare attente, a stare davanti.

La planimetria del Tour de France Femmes. Partenza da Rotterdam, arrivo all’Alpe d’Huez dopo 949,7 km e 12.926 metri di dislivello
La planimetria del Tour de France Femmes. Partenza da Rotterdam, arrivo all’Alpe d’Huez dopo 949,7 km e 12.926 metri di dislivello
E quindi al pomeriggio c’è questa crono di 6,3 chilometri. Non ti sembra un po’ corta?

In effetti è praticamente un prologo. E’ totalmente piatta senza neanche difficoltà planimetriche: lunghi rettilinei, sette curve e una rotatoria. Piuttosto una sfumatura interessante potrebbe essere quella degli orari di partenza. La prima ragazza scatta alle 15,10, l’ultima un bel po’ dopo, è interessante per valutare i tempi di recupero. In ogni caso, salvo un meteo particolare, immagino distacchi brevi, al massimo di 10”-15”, ovviamente parlo di chi fa classifica. Forse una Niewiadoma, potrebbe pagare qualcosina di più.

Hai parlato di tempi di recupero, ti aspetti che qualche big per poter partire dopo faccia lo sprint nella semitappa del mattino?

Non credo. Penseranno più a stare attente a non cadere, anche perché saranno tutte fresche e con la voglia di fare bene, quindi meglio togliersi dai guai.

Visto il tracciato così filante di questa crono e povero di curve, secondo te qualche ragazza prenderà spunto da Van Aert e correrà con la doppia lenticolare?

A mia memoria non ricordo donne che abbiano usato la doppia lenticolare. Le ragazze sono mediamente più leggere e la bici non è facile da guidare, quindi direi di no: niente doppia lenticolare. Poi magari qualcuna della Visma-Lease a Bike avrà provato questa soluzione e ci stupirà. Ovviamente meteo permettendo.

E arriviamo alla quarta tappa: Valkenburg-Leigi e qui le cose cambiano. In pratica si passa dall’Amstel Gold Race, alla Liegi appunto…

Questa è bella tosta e arriva dopo le due semitappe del giorno prima. Due semitappe che lasceranno il segno e che vedranno le ragazze impegnate dalla mattina alla sera. I tempi di recupero in questi casi si allungano. Questo sarà il primo vero banco di prova per le donne di classifica.

Chi fa le classiche è avvantaggiato?

Certo, poi però è anche vero che tra le donne è un po’ diverso rispetto agli uomini. Tutte, specie le più forti, fanno le classiche. Quindi conoscono le strade, il vento, le salite e quel che le aspetta. Tutte insomma hanno fatto una Liegi. E questo discorso vale anche per il possibile vento che potrebbero trovare nelle prime tappe olandesi. Tutte le ragazze hanno corso quelle classiche.

Quinta tappa: Bastogne-Anméville di 152 chilometri…

Qui le cose cambiano ancora. La distanza inizia ad essere importante. Il Tour Femmes la dà come tappa di pianura, ma è un continuo su e giù. Ci sono quasi 2.000 metri di dislivello. Anche in questo caso bisognerà tenere conto delle fatiche precedenti. Che dire? Una Wiebes su questi strappi non si stacca, però è anche vero che le squadre dovranno pensare anche alle donne di classifica, a non sprecare troppo. Dipenderà tutto da quanto terranno chiusa la corsa. Mentre è da fuga la tappa del giorno dopo

La sesta…

Quella di Morteau. In teoria potrebbero anche emergere le donne di classifica, però anche vero che grandi occasioni per fughe non ce ne sono e questa potrebbe essere la tappa ideale per le attaccanti. Certo che se in questa sesta tappa dovesse arrivare una fuga sarebbe una fuga di qualità. Comunque c’è anche qualche salita lunga, specie nella seconda metà della tappa. In più correranno sempre nelle ore più calde e se le cose saranno come al Giro Women anche questo sarà un fattore di cui tenere conto e che potrebbe fare la differenza.

La corsa percorrerà le strade delle classiche, tra cui la Liegi. Qui l’attacco di Longo Borghini a Liegi, ma Elisa non ci sarà
La corsa percorrerà le strade delle classiche, tra cui la Liegi. Qui l’attacco di Longo Borghini a Liegi, ma Elisa non ci sarà
Le ultime due frazioni sono sulle Alpi. S’inizia con Le Grand Bornand, il cui finale è dolce…

Qui si deciderà il Tour Femmes. Con la settima tappa avremo una classifica ben delineata. Magari qualche atleta, che era ancora ancora davanti perché era riuscita ad infilarsi, perché aveva preso qualche fuga e si era mossa bene sugli strappi, qui non si potrà nascondere. La tappa di Le Grand Bornand è lunghissima, 167 chilometri, e le ultime due scalate anche se sono di seconda categoria vanno quasi intese come una sola salita, visto che sono separate da una discesa brevissima. Vero, le pendenze non sono esagerate, ma nel complesso ci sono 3.000 metri di dislivello.

Gran finale, ottava tappa, sull’Alpe d’Huez. Che distacchi ti aspetti su una salita simile? Grandi oppure saranno tutte livellate dalla fatica?

Una salita iconica. Sarà un finale bellissimo. E sarà bello vederci le donne. Ancora una volta mi spaventano i chilometri di questa tappa, sommati a quelli effettuati tre giorni precedenti. Riguardo ai distacchi non è facile parlarne. Bisognerà vedere come arriveranno ai piedi dell’Alpe. Se staranno bene non saranno troppo distanti le une dalle altre, ma se qualcuna dovesse andare in crisi farà presto a perdere tanti minuti su quelle pendenze.

Anche per le donne ci si aspetta tanto pubblico lungo la scalata all’Alpe d’Huez
Anche per le donne ci si aspetta tanto pubblico lungo la scalata all’Alpe d’Huez
Che andamento tattico vedremo in questa frazione finale?

Chi non ha più nulla da perdere tenterà il tutto e per tutto… tanto il giorno dopo può restare a letto! Chi va bene in salita ci proverà. In fase di avvio ci sarà bagarre, mentre le big se ne resteranno tranquille fino al Glandon. Questa è una scalata di 20 chilometri, dura… Lì qualcosa succederà, fosse anche solo che qualcuna si stacca. Ma poi è interessante anche la discesa con quel muretto spaccagambe prima di arrivare in basso. Gambe fredde e sbam! Questo strappo… E poi sull’Alpe chi ne avrà andrà.

Si corre in sette, quanto è importante avere una squadra forte su questo percorso?

La squadra è sempre importante, ma in questo caso forse lo è quasi più per le velociste nella prima parte del Tour che non per le donne di classifica. Perché poi c’è tanta salita e tutta nel finale e lì contano le gambe soprattutto. La squadra conta soprattutto per chiudere. Potrebbe essere molto utile nella tappa di Liegi, se qualcuna dovesse andare un po’ in difficoltà o fosse un po’ distratta. Mentre in salita, tra le donne, non ci sono dei blocchi forti come tra gli uomini.

Cioè?

Se hai una compagna che tiene in certi momenti, vuol dire che è una capitana, più che una gregaria. Sì forse Fisher-Black e Vollering o Niewiadoma e Bradbury, ammesso che la giovane australiana ci sarà, ma sono solo in due compagne e solo in pochi casi.

Bertizzolo, calvario finito e pronta per ributtarsi nella mischia

08.08.2024
6 min
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Quando il 12 agosto riattaccherà il numero sulla schiena, saranno passati quasi novanta giorni dall’ultima gara disputata. Sofia Bertizzolo ha recuperato bene dal brutto infortunio patito alla Vuelta a Burgos ed ora è pronta per rientrare al Tour de France Femmes.

Riavvolgiamo il nastro per un attimo tornando al 17 maggio e a quegli ultimi centocinquanta metri della seconda frazione della corsa spagnola. Lo sprint è lanciato e la vicentina della UAE Team ADQ resta coinvolta nella caduta in cui c’è anche Balsamo. Vola contro le transenne e la sua bici le finisce addosso. Il dolore si sente subito, forse anche quello morale ed il referto medico non è leggero. Frattura della testa del radio sinistro e lesione del vasto mediale destro lunga dieci centimetri e profonda quasi la metà. Il fast forward ci riporta ad oggi e così prima della partenza per la Francia, abbiamo sentito Bertizzolo per sapere come sta e come ha affrontato il suo ritorno in bici.

Bertizzolo ha svolto il ritiro in altura a Tignes ritrovando una buona condizione. E per il Tour ci saranno nuove maglie per la UAE
Bertizzolo ha svolto il ritiro in altura a Tignes ritrovando una buona condizione. E per il Tour ci saranno nuove maglie per la UAE
Sofia sei stata costretta ad uno stop forzato per buona parte dell’estate. E’ tutto smaltito?

Fisicamente sono a posto, sento di avere un buon livello atletico e anche mentalmente sto bene. Non è stato semplice però perché non mi era mai successo di stare ferma per così tanto tempo. Ho dovuto fare quasi un mese senza toccare la bici. Un po’ per i venti giorni di gesso al polso e un po’ per la lesione alla gamba. Poi ho potuto riprendere a basso ritmo e senza forzare nulla.

Il periodo della riabilitazione pensavi potesse essere più breve o semplice?

Diciamo che non ci ho pensato molto e mi sono subito adeguata a quello che mi è stato detto. Il vero punto di domanda era legato al vasto mediale. Non si vedeva da fuori come un taglio, ma dentro era come esploso, probabilmente per l’impatto violento del manubrio sulla gamba. Pensate che subito pensavo fosse solo un grosso livido, tant’è che volevo pedalarci su per farlo sgonfiare. Invece mi hanno detto giustamente di aspettare un’ecografia per capire perché tanto non sarebbe cambiato nulla pedalare un paio di giorni dopo. In ogni caso ho recuperato progressivamente la piena mobilità della gamba.

Vuelta a Burgos, Lo sprint è lanciato, Bertizzolo vola sulle transenne. Il polso sinistro fa crac e la gamba destra si lesiona
Vuelta a Burgos, Lo sprint è lanciato, Bertizzolo vola sulle transenne. Il polso sinistro fa crac e la gamba destra si lesiona
Quando hai ricominciato ad intensificare gli allenamenti?

Ho sempre fatto ecografie di controllo, in pratica nel periodo dei campionato italiano ero quasi al 100 per cento. E infatti la squadra ha voluto che andassi sul Passo San Pellegrino assieme alle compagne che stavano preparando il Giro Women. Facevo meno di loro, ma almeno ero tornata a fare gruppo e anche dal punto di vista morale è meglio. Senza però l’enorme lavoro delle fisioterapiste Carla ed Anna non sarei mai potuta tornare così presto e bene in bici. Sono state le mie angeli custodi e non posso che ringraziarle di cuore per quello che hanno fatto.

Com’è andata sul piano mentale? Hai avuto momenti difficili?

Onestamente no. O meglio, ho cercato di viverla più serenamente. Per me è stato un piccolo deja-vu con la caduta alla Ride London dell’anno scorso. Solo un giorno l’ho davvero trascorso male. Mentre facevo fisioterapia, un dottore che non mi aveva mai visto e che non mi conosceva, mi ha detto che dovevo scordarmi di rientrare in bici nel giro di poco. Lui aveva solo valutato gli esami, io però l’ho presa male. Per fortuna è durato poco quel momento e non ci ho più pensato. Ho sfruttato lo stop per fare cose con gli amici che non faccio mai…

Ad esempio?

Beh, visto che ero ferma, sono riuscita ad andare a vedere la tappa del Monte Grappa del Giro d’Italia. Mi sono aggregata al Marco Frigo Fans Club e ho passato una bella giornata, sdrammatizzando un po’ sulle mie botte (dice sorridendo, ndr).

Durante il primo mese di totale inattività, Bertizzolo è andata al Giro d’Italia per vedere la tappa di casa, quella del Monte Grappa
Durante il primo mese di totale inattività, Bertizzolo è andata al Giro d’Italia per vedere la tappa di casa, quella del Monte Grappa
Ti abbiamo vista in ritiro per il Tour Femmes. Com’è andata la preparazione?

Eravamo in altura a Tignes, posto bellissimo in cui non ero mai stata, ma quanto dislivello che ho accumulato. Non ne posso più (sorride, ndr). Mi piacciono i percorsi misti, però facevamo salita o discesa e mi è mancata la pianura. Tuttavia abbiamo fatto un buon blocco di lavoro e sono soddisfatta. Sono pronta per correre.

Con che ruolo vai in Francia?

Al Tour non avremo la velocista pura, quindi toccherà a me fare le volate. E sapete cosa vi dico? Che ho voglia di ributtarmi nella mischia perché sento di avere nelle gambe quella volata che non sono riuscita a fare a Burgos. Per me sarà importante farlo e sono sicura che lo farò senza paura. In ogni caso le tappe centrali sono quelle più adatte a me e vedremo come affrontarle, mentre le ultime di montagna sarò completamente al servizio della squadra e delle compagne che cureranno la generale o che punteranno a quelle tappe.

Questa caduta quanto ha condizionato la stagione di Sofia Bertizzolo?

Non poco a dire il vero. Ho sofferto molto rinunciare al Giro Women, che io preferisco al Tour Femmes. E di conseguenza non essere a disposizione per la prova in linea delle Olimpiadi. Pensare che qualche giorno prima della mia caduta ero a Parigi con alcune mie compagne di nazionale per il sopralluogo del circuito. In realtà sapevo che avrei potuto correre il Giro per arrivare in condizione a Parigi, ma ho dovuto confrontarmi con la squadra prima e poi parlare col cittì Sangalli. Se fossi andata su non sarebbe stato giusto nei confronti delle compagne che avevano dimostrato di andare forte per più tempo del mio. E’ andata così, io penso ad esserci a Los Angeles 2028.

Bertizzolo correrà il Tour Femmes in appoggio alla squadra, però si butterà nella mischia nelle tappe veloci e ondulate
Bertizzolo correrà il Tour Femmes in appoggio alla squadra, però si butterà nella mischia nelle tappe veloci e ondulate
Resta il finale di stagione per fare bene come era stato l’avvio, giusto?

Sì, certo. Il mio calendario è bello fitto. Dopo il Tour correrò a Plouay, il Romandia, il GP Wallonie e tante altre gare fino al Giro dell’Emilia. Gli obiettivi e gli stimoli non mancano di certo. Guadagnarmi una maglia azzurra per europei e mondiali è uno di questi. Solo però dal Tour Femmes capirò qualcosa in più per le prossime settimane. Perché, ci tengo sempre a ricordarlo, anche se hai buoni valori dopo un infortunio, è solo confrontandoti con le avversarie in gara che sai veramente come stai.

Giro sul Blockhaus, Realini perfetta padrona di casa

14.01.2024
5 min
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Racconta Gaia Realini, 23 anni il prossimo 9 giugno, che quando fu finalmente in grado di scalare il Blockhaus in bicicletta, provò una gioia incontenibile. Per un ciclista nato e cresciuto sulle strade fra Pescara e Chieti, la sfida con quel monte è solo un fatto di tempo. Il 13 luglio lassù saliranno le ragazze del Giro d’Italia Women: edizione del debutto per RCS Sport, che ha pensato di proporre la doppia scalata del gigante d’Abruzzo. 

Curiosa coincidenza, la prima volta che il Giro d’Italia salì lassù fu nel 1967 e a vincere fu Eddy Merckx, anche lui 23 anni. Ci si chiedeva già allora per quale motivo quella vetta avesse un nome tedesco e si scoprì che glielo aveva dato un ufficiale austriaco. Sulla cima di quell’angolo della Maiella per contrastare il passaggio dei briganti, aveva disposto i suoi uomini in un fortino costruito nel 1863 con la tipica architettura tedesca, detta appunto Blockhaus: con le pietre sotto e sopra il legno.

Gaia Realini è nata il 19 giugno 2001: dopo la carriera nel cross, nel 2021-22 ha corso alla Isolmant, poi è passata alla Trek
Gaia Realini è nata il 19 giugno 2001: dopo la carriera nel cross, nel 2021-22 ha corso alla Isolmant, poi è passata alla Trek

Tra Francia e Italia

Quando il percorso del Giro d’Italia Women è stato presentato e avendo già visto quello del Tour de France Femmes (i francesi giustamente hanno usato il francese), anche un direttore sportivo esperto come Davide Arzeni si è chiesto se sia davvero più duro il finale sull’Alpe d’Huez o quello d’Abruzzo. E così abbiamo chiesto a Gaia che cosa ne pensi.

«Sinceramente non do torto ad Arzeni – dice sicura – la tappa italiana è molto più dura, perché parliamo della doppia ascesa del Blockhaus. La prima volta sarà una salita di 10 chilometri al 9 per cento di media. Con la seconda arriveremo ancora più su, quindi diventerà di 15 chilometri e saranno più duri. La seconda volta secondo me le pendenze si faranno sentire molto più che nella prima. E poi, a parte questo, arriveremo da una tappa completamente priva di pianura…».

Nel 2023 per l’abruzzese sono venute 3 vittorie, fra cui la tappa di Laredo alla Vuelta Feminina
Nel 2023 per l’abruzzese sono venute 3 vittorie, fra cui la tappa di Laredo alla Vuelta Feminina
Si ragionava nei giorni scorsi che il ciclismo delle donne sta affrontando salite mitiche molto più di un tempo. Un vantaggio per le scalatrici più forti?

Stiamo crescendo tanto a livello di visibilità, di spettacolo e di battaglia in ogni corsa. Gli organizzatori se ne sono resi conto e hanno fatto un grande passo avanti sui percorsi. Anche sono stupita di questo, perché vedere nei nostri percorsi queste doppie ascese e le grandi salite non è cosa di tutti i giorni. Sicuramente tutte queste novità fanno sì che ci siano cambiamenti anche a livello di preparazione e questo può fare solo bene, anche se non tutte saranno d’accordo.

In che senso?

Prendiamo questa grande salita da fare per due volte, okay? Sicuramente qualcuna si lamenterà, se fossi una velocista magari mi lamenterei anche io. Qualcuno potrebbe dire che facendola una sola volta, perderebbe meno terreno. Io invece parlo dalla mia parte, dal punto di vista dello scalatore ed è più che fantastico. Se perdo un po’ di tempo in pianura perché magari non prendo un ventaglio o qualche secondo di troppo nella crono, so che a fine Giro ci sarà due volte il Blockhaus in cui potrò recuperare tutto e magari fare la differenza.

All’Avenir 2023 Realini faceva il vuoto in salita e veniva ripresa e staccata in discesa: su questo sta lavorando
All’Avenir 2023 Realini faceva il vuoto in salita e veniva ripresa e staccata in discesa: su questo sta lavorando
Scusa la nota dolente, fra una salita e l’altra c’è la discesa che al Tour de l’Avenir è parsa il tuo punto debole…

Vero, è una nota dolente, però ci stiamo lavorando. E sicuramente spero che, se quel giorno mi dovranno staccare, lo faranno in salita perché non avrò gambe, ma non in discesa. Ce la metterò tutta, anche perché come conosco la salita, conosco bene anche la discesa. Sicuramente faranno di tutto per mettermi in difficoltà, però ci sto lavorando con la mia squadra e le mie compagne.

Ti ricordi la prima volta che hai scalato il Blockhaus?

Sinceramente non ero proprio piccola, perché il preparatore di prima (Francesco Masciarelli, ndr) con me è sempre andato con molta calma. E dato che non è una salita di poco conto e ha grandi pendenze, l’abbiamo sempre presa con le molle. La prima volta fu nel 2021 e fu indimenticabile. Gli chiedevo di andare già da prima, era una continuazione e lui ogni volta diceva di no, che era presto. Quindi la prima volta è impossibile da dimenticare, come per il bambino che aspetta il regalo di Natale. E in fondo ho lo stesso stupore ogni volta che vado su ad allenarmi.

Quanto spesso?

Diciamo che in questo periodo evito, perché la discesa è lunga ed è troppo freddo. Però quando la stagione è buona e me lo permette, vado su almeno 3-4 volte alla settimana. Praticamente un giorno sì e un giorno no.

Il programma 2024 prevede solo il Giro oppure anche il Tour?

Al momento prevede Vuelta, Giro e Tour, quindi farò anche l’Alpe d’Huez, così poi potremo dire quale sia la più dura. Lassù non ci sono mai andata, l’ho vista soltanto virtualmente durante la quarantena, ma non so se la realtà virtuale sia tanto fedele a quella vera, non sono così esperta. Per cui c’è da aspettare l’estate e poi potremo fare un confronto attendibile.

Aria nuova alla UAE Adq e il 2024 con gli occhi di Arzeni

03.01.2024
6 min
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Pochi giorni al via della nuova stagione. Fra due giorni il primo gruppo di ragazze del UAE Team Adq partirà per l’Australia, mentre le altre si ritroveranno da lunedì sulle strade spagnole. Davide Arzeni, il Capo che la squadra emiratina ha voluto sull’ammiraglia, ragiona sulle atlete a sua disposizione. Fra le novità dal nuovo anno, c’è che i direttori sportivi non saranno più coach delle loro atlete, per cui Arzeni ha smesso di allenare Persico, Consonni, Carbonari e Gasparrini. Niente di troppo strano, a dire il vero, anche nelle altre WorldTour funziona così. Semmai suona insolito il fatto che dopo i primi quattro giorni del ritiro di Oliva di dicembre, fatti i programmi, i direttori sportivi siano stati mandati a casa, lasciando le ragazze con gli allenatori. Se il ritiro serve per creare intesa fra atlete e chi le guiderà in corsa, questo è decisamente anomalo.

Davide Arzeni con Silvia Persico: da quest’anno il tecnico non prepara più la bergamasca, che punta su Fiandre e Giro
Arzeni con Persico: da quest’anno il tecnico non prepara più la bergamasca, che punta su Fiandre e Giro
Rispetto al primo anno, la struttura del team sembra più solida. Tutti i ruoli coperti, Cherie Pridham come general manager e i diesse a sua disposizione.

La divisione dei ruoli avviene anche in altre squadre, quindi mi sta anche bene, anche se io ho la passione per l’allenamento. La struttura è divisa in aree, quindi a livello di organigramma sembra tutto più strutturato. Ci sono l’head of performance, l’head of sport, il responsabile dell’area medica, quello della nutrizione e c’è il responsabile della comunicazione. E’ cominciato tutto da pochissimo, quindi dovremo capire bene come andranno le cose. Non c’è invece la suddivisione delle atlete per direttori sportivi, forse perché 16 ragazze sono ancora un numero gestibile trasversalmente. Semmai la divisione sarà per calendario e caratteristiche tencniche.

Sarebbe a dire?

Ci sono atlete che fanno le classiche delle Fiandre, chi quelle delle Ardenne e ci saranno dei direttori sportivi che faranno le une o le altre. Quindi inevitabilmente si ritroveranno a lavorare per periodi più lunghi con lo stesso gruppo di ragazze. Io ad esempio farò tutta la parte fiamminga fino alla Roubaix e sarò con le ragazze che le hanno nel programma. Siamo in cinque direttori, ognuno farà la sua parte. Per cui anche se tutti sanno che Arzeni per passione farebbe tutto il calendario, mi occuperò delle corse delle Fiandre, poi di gare come la Ride London, il Liberazione e poi del Giro d’Italia.

Punterete ancora su Persico e Magnaldi? Come dividerete le ragazze per la classifica dei Giri?

Salvo qualche sorpresa, i nomi sono quelli e anche la ragazza russa, Alena Ivanchenko, che secondo me è portata per le corse a tappe. Deve solo risolvere i problemi di visto con la Russia, perché non ha quello definitivo per lavorare in Europa e ogni tre mesi deve richiederne uno nuovo, ma stiamo lavorando perché presto lo abbia. L’idea sarebbe di proporre a Erica Magnaldi di ripetere il calendario 2023, dato che ha funzionato bene. Quindi Vuelta, Giro e Tour, però scegliendone uno su cui puntare forte e l’idea è che sia il Tour de France.

Per Arzeni, con la condizione dei mondiali di Glasgow, Consonni potrebbe fare un grande Fiandre (foto Instagram)
Per Arzeni, con la condizione di Glasgow, Consonni potrebbe fare un grande Fiandre (foto Instagram)
Come mai?

Non c’è una crono lunga e, anche se nelle prime tappe in Olanda ci sarà vento, lei è migliorata molto. Per cui con il suo coach abbiamo pensato che il Tour sia la corsa ideale per fare classifica, con il finale sull’Alpe d’Huez che la potrebbe favorire. Anche se mi resta il dubbio se sia più dura l’Alpe o la doppia scalata del Block Haus che faremo al Giro d’Italia. Sono 3.600 metri di dislivello in una sola tappa, va vista bene.

Prima del Giro ci saranno le corse fiamminghe, con chi andrete?

Lì secondo me abbiamo una squadra molto competitiva. C’è Silvia Persico con un anno in più. Farà anche qualcosa delle Ardenne, ma si dedicherà di più alle Fiandre, le corse che a lei piacciono di più. L’anno scorso ha fatto una super gara e secondo me avrebbe anche meritato il podio. Si è ritrovata in mezzo a tre della SD Worx e poi con Lotte Kopecky e alla fine abbiamo visto come è finita.

Un obiettivo potrebbe essere quello di ritrovarsi in finale quantomeno con due ragazze?

Questo è un obiettivo importante, sicuro, quello che ci è mancato l’anno scorso. Eravamo sempre presenti in tutti i finali, ma con una sola ragazza. L’obiettivo è quello di arrivarci con due o più atlete che possano giocarsi il podio, permettendo anche a chi è in ammiraglia di… divertirsi un po’ di più con qualche tattica. Se in un gruppetto di dieci, la SD Worx ne ha tre e tu solo una, hai poco da inventare. Ma l’obiettivo è questo, lo avete centrato.

Gasparrini ha corso spesso con Bastianelli, spiega Arzeni, per acquisirne il mestiere e l’esperienza. Qui a De Panne
Gasparrini ha corso spesso con Bastianelli, spiega Arzeni, per acquisirne mestiere ed esperienza
E chi vedi a giocarsi un Fiandre sino in fondo?

Per esempio per il Fiandre, oltre a Sivlia vedo Bertizzolo e se Chiara Consonni ritrova la condizione che aveva ai mondiali di Glasgow, ci metto anche lei. Se va a quel modo, nelle classiche di questo tipo non fa regali a nessuno. Certo, bisogna fare i conti con gli avversari che sono fortissimi.

Lei ha vinto Waregem, quanto è più duro il Fiandre per le ragazze?

Tanto. Forse a Waregem c’è più pavé, ma ad esempio non c’è il Vecchio Qwaremont. Quello per gli uomini è un punto importante, ma per le donne è una salita vera. E’ lungo 3 chilometri e mezzo al 4-5 per cento, se lo misuri da sotto, ma credo che Chiara possa fare bene. E poi c’è la Gasparrini, che deve confermare la sua crescita. Sarà all’ultimo anno da under 23, quindi l’ultimo anno da giovane, mi aspetto che anche lei venga fuori bene. Insomma, secondo me arriviamo con una squadra abbastanza solida e anche i nuovi acquisti non mi dispiacciono.

Ora che Marta Bastianelli ha smesso, chi potrà prendere il suo posto in squadra?

Credo che a livello atletico, possa essere proprio Gasparrini, che non per caso ha fatto tutta la scorsa stagione in camera con lei. A livello di personalità, invece in quel ruolo la leader naturale potrebbe essere Sofia Bertizzolo. Però di Bastianelli io ne ho conosciuta una sola, sono stato il direttore sportivo della sua ultima vittoria. Con Marta mi sono trovato benissimo, non avevo mai lavorato con un professionista di questo calibro, ma credo che al mondo ce ne siano veramente poche come lei, quindi per me è stata fonte di insegnamenti per il mio futuro. Un vero onore.

Anastasia Carbonari (al centro) è stata voluta nel team WorldTour dalla dirigenza (foto UAE Team Adq)
Anastasia Carbonari (al centro) è stata voluta nel team WorldTour dalla dirigenza (foto UAE Team Adq)
Avete fatto firmare in extremis Anastasia Carbonari.

E ne sono contento, anche perché il suo nome è venuto direttamente dal management della squadra. Ha 24 anni, però come carriera è ancora giovane, nel senso che ha cominciato a respirare un po’ di WorldTour con me alla Valcar. Intanto è una ragazza che farà le Olimpiadi, i mondiali e anche gli europei. E se il percorso non è durissimo, come agli europei di due anni fa, può fare la sua parte (a Monaco 2022, Anastasia fu 13ª nella volata del gruppo, ndr). Per lei questo è un anno veramente decisivo. Sta lavorando tanto con il suo preparatore e dicono che di solito il lavoro paga, quindi mi aspetto una buona stagione.

Programmi immediati?

Il primo gruppo parte a breve per l’Australia e oltre a Bertizzolo ci sarà Dominika Wlodarczyk, una giovane ragazza polacca che potrebbe essere la rivelazione dell’anno. Noi invece partiamo con un altro ritiro lunedì prossimo e saremo via fino al 23, due giorni prima dell’inizio delle gare di Mallorca. Faremo le tre prove della Challenge di Maiorca. Insomma, stiamo per cominciare. E abbiamo tanta carne al fuoco.

Lo sguardo di Giovine sui numeri di Erica Magnaldi

13.12.2023
5 min
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Erica Magnaldi è stata una delle piacevoli riscoperte del 2023. L’atleta del UAE Team ADQ si trova in Spagna insieme a compagne e staff, pronta per preparare l’assalto al 2024. La stagione scorsa ha avuto una sola parola d’ordine: ritorno. Dopo l’operazione all’arteria iliaca le domande erano tante, Magnaldi le ha spazzate via a suon di prestazioni. Con Dario Giovine, uno dei preparatori del team, parliamo dell’atleta e di come sia tornata a livelli super

«La stagione scorsa – attacca Giovine dal caldo della Spagna – era psicologicamente pesante. Magnaldi ripartiva da una doppia operazione all’arteria iliaca, sempre alla stessa gamba. Il periodo di degenza è stato di conseguenza molto più lungo. Si è ritrovata a metà novembre dal ripartire da zero. Da un lato eravamo preoccupati, mentre dall’altro avevamo molta fiducia. Un lungo periodo di stop per un’atleta di endurance può portare a un grosso boost».

Esattamente un anno fa Magnaldi ripartiva dopo l’operazione dell’arteria iliaca (foto Instagram)
Esattamente un anno fa Magnaldi ripartiva dopo l’operazione dell’arteria iliaca (foto Instagram)
Magnaldi ha un’età in cui non si è più giovani, ma comunque si hanno ancora anni avanti di carriera.

Non è giovane, ma lo è per il concetto di WorldTour. Per quello che si intende come anni totali di carriera ciclistica, vediamo un grande miglioramento nel suo power profile. All’inizio era quasi incapace di esprimere grossi picchi di potenza nel breve periodo. Su questo aspetto abbiamo lavorato tanto, anche alla luce dei cambiamenti avvenuti nel ciclismo femminile. 

In che modo?

Abbiamo inserito tanta palestra, lavorando molto con il metodo della scuola norvegese. Questo prevede un miglioramento nella potenza di picco e un guadagno nell’efficienza della pedalata. Ci siamo dedicati quindi ad un approccio diverso, lavorando tanto con esercizi multiarticolari.

Come mai questa scelta?

Il nuovo metodo prevede meno esercizi con utilizzo di macchinari e più esercizi che interessano diverse aree del corpo. Per intenderci: meno leg extension ma più stacchi da terra e squat. Come macchinario abbiamo usato molto la pressa, ma in maniera monopodalica. Questo per due motivi. Il primo legato al lavoro da fare sulle gambe in maniera singola. Nel post operazione non poteva caricare allo stesso modo le due gambe. Il secondo motivo, sempre legato al primo, era per assettare l’equilibrio

Prima gara del 2023 la Vuelta CV il 5 febbraio, chiusa con un sorprendente quarto posto
Prima gara del 2023 la Vuelta CV il 5 febbraio, chiusa con un sorprendente quarto posto
Un anno fa ripartiva dall’operazione all’arteria iliaca, in che modo lo avete fatto?

Bisogna dire che per questo tipo di operazione c’è letteratura, ma non solida. I protocolli sono soggettivi, la clinica fornisce un metodo di recupero generale. Tocca al preparatore capire come lavorare e nel farlo ci siamo confrontati tanto con Erica e con il chirurgo che l’ha operata. Io spesso sentivo il medico e chiedevo indicazioni sul carico da effettuare in palestra

Una volta in bici immaginiamo siate andati per step…

Il primo è stato ricostruire la base aerobica. Per dirla da preparatore: aveva più battiti che watt. Abbiamo lavorato tanto con un metodo “vecchia scuola” guardando tanto il cuore. Questo ci ha fornito ottime indicazioni sul carico interno e le reazioni in corso. Successivamente ci siamo curati dell’intensità, capitolo fondamentale per migliorare gradualmente. Anche attraverso diversi test: lattato, moxy monitor e lattato ematico. Preciso che è stato un lavoro giornaliero, con un picco di condizione previsto a maggio.

E invece a febbraio già andava forte…

Esattamente. Ci siamo sorpresi in positivo, ma nemmeno troppo. Magnaldi è una professionista incredibile, se deve fare un lavoro fa di tutto per portarlo a termine. Però sa anche ascoltare il proprio corpo e capisce quando non serve esagerare. Alla prima gara in Spagna, il 5 febbraio, è arrivata quarta. Insomma: bell’inizio.

L’obiettivo principale era il Giro Donne, nel quale la Magnaldi ha conquistato la top 5
L’obiettivo principale era il Giro Donne, nel quale la Magnaldi ha conquistato la top 5
Nella stessa stagione ha fatto Giro e Tour.

Erica a livello aerobico ha una grande forza, più ore passa in corsa e più va forte. Nella scorsa stagione il pallino rosso era sul Giro Donne e tutti ne siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Il Tour era più un appuntamento per capire quanta benzina fosse rimasta in corpo. La fatica è stata più mentale che fisica, psicologicamente ha mollato negli ultimi due giorni. 

Magnaldi poi ama particolarmente andare in altura, cosa che ha fatto tanto anche nel 2023

Vive ad un’ora e mezza da Sestriere e le piace andare in ritiro. Non le pesano i lunghi periodi in altura e sa lavorare molto bene. Questo porta dei grandi benefici a livello di prestazioni. 

Il 2024 vede uno stacco maggiore tra Giro e Tour, pensate ancora al doppio impegno?

Ci sono quattro settimane e questo rende molto più fattibile questa doppietta. Vero che ci sono le Olimpiadi, ma Parigi 2024 ha un percorso che si avvicina poco alle sue caratteristiche. Un’atleta come Erica ogni anno ha un calendario simile, non può variare molto. Però ci sono ancora dei dettagli da vedere, a breve avremo i programmi individuali completi. 

Durante il Tour de France Femmes le è mancato quel pizzico di brillantezza per rimanere con le prime
Durante il Tour de France Femmes le è mancato quel pizzico di brillantezza per rimanere con le prime
In questi giorni di ritiro cosa hai visto in ottica prossima stagione?

Una cosa che fa piacere sicuramente ad un preparatore. Ovvero che se un’atleta di livello finisce bene la stagione succede che anche dopo un periodo di riposo la condizione è sempre migliore. Già dai primi test abbiamo visto che la base è buona. Ora aspettiamo le ultime conferme dai calendari e poi toccherà a noi preparatori lavorare per farle arrivare pronte ai vari impegni. 

Con quali motivazioni parte quest’anno Erica?

Un anno fa voleva ritornare competitiva e aveva questa ambizione. Il suo obiettivo è alzare ancora il livello e dimostrare di essere forte. Si vede che la prestazione del Tour l’ha lasciata contenta a metà. Ha più fame di prima, per il tipo di atleta che è non è rimasta soddisfatta.