Joseph Pidcock 2022

Dalla Francia arriva “l’altro” Pidcock, talento da scoprire

21.04.2022
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Dopo le vittorie in serie di Romain Gregoire, la Groupama FDJ Continental è sulla bocca di tutti. Nel suo roster c’è anche un corridore dal cognome importante, forse anche pesante da sostenere. Joseph Pidcock è il fratello minore di Tom, il campione olimpico della Mtb e punta di diamante della Ineos Grenadiers. Più giovane di un paio d’anni, Joseph ha scelto di trasferirsi in Francia per seguire la sua strada, convinto di poter emergere, ma solo se usciva dall’ombra del fratello e dei suoi successi.

Un carattere molto diverso, quello di Joe come lo chiamano in gruppo. Estremamente introverso, sensibile, con delicati equilibri. Nel team francese ha trovato l’ambiente giusto per poter crescere, legando con tutti ma soprattutto con Lorenzo Germani, suo compagno di stanza: «Con lui riesco a parlare molto più che con chiunque altro, gli sono molto affezionato, è davvero un buon amico oltre che compagno di lavoro».

Pidcock Kelly
I due giovanissimi Pidcock con un grande del ciclismo irlandese: Sean Kelly (foto Red Bull)
Pidcock Kelly
I due giovanissimi Pidcock con un grande del ciclismo irlandese: Sean Kelly (foto Red Bull)
Come hai iniziato a fare ciclismo?

Con un padre come il nostro, il ciclismo è stato parte della nostra vita sin da bambini. Avevo meno di 8 anni quando ho iniziato ad andare in bici, proprio per seguire lui e mio fratello. La prima cosa che ci ha insegnato è che il ciclismo non è solo quello su strada. Lui faceva anche ciclocross e ci ha spinto a fare altrettanto.

Prima del Covid, avevi ottenuto ottimi risultati nel ciclocross, poi da due anni non ti si è più visto d’inverno, pensi di riprenderlo?

Sinceramente no. Il ciclocross non mi attira, non amo gareggiare d’inverno, con il freddo e la pioggia che ti bagna da capo a piedi. In questo sono molto diverso da mio fratello, lui vince d’inverno perché ama quella specialità e se non ami qualcosa fino in fondo non puoi emergere. Mi piace di più la mountain bike, l’ho praticata e penso di riprovarci, ma solo come aiuto per il ciclismo su strada.

Pidcock famiglia 2017
La famiglia Pidcock: Giles, Joe, Tom, vincitore del titolo britannico 2017 e mamma Sonia (foto Allan McKenzie)
Pidcock famiglia 2017
La famiglia Pidcock: Giles, Joe e Tom, vincitore del titolo britannico 2017 (foto Allan McKenzie)
Perché invece di rimanere in Inghilterra come tuo fratello sei andato a correre in una squadra francese?

E’ stata una buona opportunità quella che mi si è presentata e l’ho colta al volo. Potevo rimanere alla Trinity, dove aveva corso anche Tom, ma avevo bisogno di liberarmi dalla pressione che sentivo ogni volta che gareggiavo. E’ chiaro che tutti mi guardano e pensano a mio fratello, si aspettano che faccia lo stesso ma siamo diversi. Ero arrivato al punto di sentirmi schiacciato e desiderare di non gareggiare più. Io avevo bisogno di trovare la mia strada e alla Groupama ho trovato l’ambiente giusto. Ora posso gareggiare senza tutta quell’ansia. Alla Trinity ero il fratello di Tom, ora sono solo Joe.

Come corridore che caratteristiche hai?

Sono un attaccante nato, mi piacciono le corse con sforzi breve e ripetuti, dove poter fare selezione. Non sono prettamente un velocista, ma negli sprint ristretti me la cavo bene. Per ora il mio tallone d’achille sono le crono e le salite lunghe, ma sono ancora molto giovane e posso migliorare.

Mondiali Pidcock 2022
Tom Pidcock e il suo originale arrivo all’ultimo mondiale di ciclocross, per la sua sesta maglia iridata in 3 discipline
Mondiali Pidcock 2022
Tom Pidcock e il suo originale arrivo all’ultimo mondiale di ciclocross, per la sua sesta maglia iridata in 3 discipline
Quanto è stato importante per te e Tom l’esperienza di vostro padre?

Nostro padre è stato un riferimento, ma sa bene che avevo bisogno di staccarmi da lui e dall’aura del nostro cognome. Quando Tom vince, sono subissato anch’io dai messaggi e mi fa piacere, sono e sarò sempre il suo primo tifoso, ma io sono diverso. Sapevo che trasferirmi in Francia comportava una presa di responsabilità, ho dovuto anche imparare una nuova lingua, ma era importante per comunicare e mettermi io a disposizione degli altri, l’ho fatto con piacere.

Con loro sei in contatto, ti consigliano nella tua attività?

Certo, sono un riferimento continuo. Chiaramente in squadra ci sono dirigenti e preparatori e seguo i loro dettami, ma l’esperienza di mio padre è sempre importante, lo stesso per mio fratello, ci confrontiamo spesso.

Pidcock Mirabelle 2021
Pidcock secondo nella prima tappa del Tour de la Mirabelle 2021 dietro l’irlandese Townsend (foto Alexis Dangerelle)
Pidcock Mirabelle 2021
Pidcock secondo nella prima tappa del Tour de la Mirabelle 2021 dietro l’irlandese Townsend (foto Alexis Dangerelle)
Quale gara vorresti vincere?

E’ difficile da dire. Io sono un altro tipo di ciclista, forse più portato per le corse a tappe, anche se molto dipende da come crescerò e dalle mie doti di resistenza. Le gare di un giorno sono molto legate alla sorte. Se però devo citare una gara specifica, è una gara in linea: il mondiale, perché poi se la vinci ti riconoscono tutti…

C’è un corridore al quale ti ispiri?

La risposta è facile: Tom. E’ un grande ciclista, non pensi?

Wiggins Pidcock 2022

Papà Pidcock, figlio Wiggins: che incontri in Belgio…

05.04.2022
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Nel gran bailamme delle classiche belghe, soprattutto in quelle medio-piccole dove non c’è la calca che le squadre WorldTour riescono sempre a destare, possono anche saltar fuori incontri particolari, addirittura abbinamenti inconsueti. Ecco così che alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne di qualche domenica fa è capitato di vedere insieme due “parenti famosi”. I loro cognomi riassumono la grandezza passata e presente del ciclismo britannico. Il papà è Giles Pidcock, il figlio Ben Wiggins, il primo team manager della Fensham Howes-Mas Design, l’altro suo allievo prediletto. Papà Sir Bradley, al seguito delle classiche in veste di commentatore tivù, si fida molto del suo connazionale. La gara in sé non ha portato risultati, complice una caduta di Ben, ma a quei livelli non è poi così importante.

Pidcock team 2022
Giles Pidcock è molto amato dai suoi ragazzi, lasciati liberi di esprimersi in gara (foto NB)
Pidcock team 2022
Giles Pidcock è molto amato dai suoi ragazzi, lasciati liberi di esprimersi in gara (foto NB)

Nel team dal 2019

Papà Pidcock gestisce il team dal 2019, un’iniziativa presa sull’onda dell’entusiasmo destato, anche nel suo animo, dalle imprese del figlio. «Ma non c’è solo Tom – ha tenuto a sottolineare in una lunga intervista concessa al giornalista olandese Werner Bourlez – l’altro figlio Joe sta correndo nel team Development della Groupama FDJ e spero che anche lui approdi in una WorldTour. Stanno mettendo in pratica gli insegnamenti appresi in età giovanile, hanno precorso quello che mi aspetto dai ragazzi presenti in Belgio (alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne erano in sei, ndr)».

Il manager britannico ha un’idea molto particolare del modo di correre a quell’età – stiamo parlando di juniores – prescindendo da ogni dettame tattico: «Non voglio sentir parlare di squadre, strategie, men che meno di capitani e gregari. Non prendiamoci in giro, è a quest’età che i talent scout vengono a vederti e ti prendono per i grandi team. Se aiuti qualcun altro non ti notano. Devi correre per te stesso, pensando prima di tutto a divertirti e, certo, senza danneggiare il compagno di squadra. Do loro molti consigli su come interpretare ogni gara, poi però se la devono vedere da soli, imparando volta per volta. Per questo, anche quando le cose vanno male come qui, non sono mai esperienze negative, perché serviranno in futuro».

Joe Pidcock 2022
Joe Pidcock, anni 20, quest’anno ha già corso tra i pro’ a Le Samyn (foto Groupama FDJ)
Joe Pidcock 2022
Joe Pidcock, anni 20, quest’anno ha già corso tra i pro’ a Le Samyn (foto Groupama FDJ)

Un passato da buon dilettante

Pidcock, appena approdato alla leadership del team britannico, si è messo subito alla ricerca di uno sponsor. Lo ha trovato in uno studio di architettura e ora ha a disposizione un budget di 24 mila euro. Può sembrare tanto, ma bisogna considerare che l’attività viene svolta prevalentemente all’estero: «I ragazzi, per imparare, hanno bisogno di correre e in Gran Bretagna ci sono poche gare e di livello troppo basso. Per questo cerco sempre ingaggi all’estero, soprattutto nel Nord Europa e devo dire che il mio cognome aiuta. Certamente non per mio merito…» afferma con un sorriso beffardo.

In realtà anche Giles Pidcock è stato corridore, arrivando in nazionale da dilettante: «Ero a un buon livello, vincevo spesso ma non ho mai trovato spazio in una squadra professionistica. Avevo iniziato a 15 anni, poi dopo aver conseguito la laurea ho smesso, per riprendere a livello amatoriale dopo 15 anni. E il vizio di vincere non l’avevo perso, sono sempre stato un buon velocista… Guardandomi, a Tom e Joe è venuta la voglia di provarci, si sono innamorati della bici e il resto è lì, sulle cronache.

«Per loro è stato fondamentale quel che hanno imparato nelle categorie giovanili. Hanno appreso che cosa significa fare questo mestiere, che cosa comporta, dove si può arrivare. E quel che hanno fatto loro, potranno fare anche altri. Anche Ben, in fin dei conti in lui scorre sangue di un vincitore del Tour de France e pluricampione olimpico. Le occasioni per mettersi in mostra verranno. Potreste pensare che dipenda tutto dal nome: beh, lo scorso anno Max Poole si è messo in evidenza vincendo anche una tappa a La Philippe Gilbert, ora corre nel Team Development DSM».

Pidcock famiglia 2017
La famiglia Pidcock: Giles, Joe, Tom, vincitore del titolo britannico 2017 e mamma Sonia (foto Allan McKenzie)
Pidcock famiglia 2017
La famiglia Pidcock: Giles, Joe e Tom, vincitore del titolo britannico 2017 (foto Allan McKenzie)

In cerca di casa in Belgio

Quando non è impegnato con i suoi ragazzi, Giles spesso si unisce allo staff dell’Ineos Grenadiers per stare vicino a suo figlio Tom. Non è tanto e solo un discorso legato all’aspetto tecnico. L’iridato di ciclocross spesso ha lamentato le difficoltà che l’attività comporta dal punto di vista umano, stare tanto lontano dalla famiglia è per lui un handicap come anche quello dalla ragazza: nel periodo della gara in questione, era stata costretta in ospedale per un piccolo intervento chirurgico e per quanto volesse, Tom non era molto concentrato sulla corsa.

A tutto ciò Giles Pidcock pensa spesso e sta considerando l’idea di acquistare una casa nelle Fiandre, in modo da rimanere vicino al figlio anche d’inverno, durante la stagione del ciclocross: «Non sarebbe un gran sacrificio per me e mia moglie Sonia, che mi dà una grande mano anche nella gestione del team. Amiamo il Belgio, amiamo la sua gente e la sua cucina. Ci sentiremmo sempre a casa, questo è certo…».

Ganna, Viviani e Pidcock: le loro bici per la Sanremo

19.03.2022
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Abbiamo assistito alle operazioni preliminari per il set-up delle bici Pinarello Dogma F Disc del Team Ineos-Grenadiers, in vista della Milano-Sanremo 2022. Matteo Cornacchione e lo staff dei meccanici puliscono le bici, montano i componenti richiesti dai corridori ed eseguono gli ultimi controlli. Tutto deve essere perfetto.

Lavaggio, controllo e set-up dopo la sgambata del mattino
Lavaggio, controllo e set-up dopo la sgambata del mattino

Soluzioni in comune

Tutti gli atleti sono partiti con pneumatici tubeless Continental e la sezione scelta è quella da 28. La variabile è legata alle pressioni di esercizio, che dipende principalmente dal peso del corridore e dalle preferenze soggettive. Tutti gli atleti Ineos usano i manettini in linea alla piega manubrio, non curvati all’interno. Tutte le Pinarello Dogma F Disc hanno un chain-catcher per evitare la caduta della catena tra le corone e la scatola del movimento centrale. A questo si aggiunge una sorta di spessore nella parte bassa del telaio, una sorta di salva fodero basso, lato catena. Tutti gli atleti utilizzano la medesima scala pignoni, ovvero 11-30.

La Dogma F di Ganna

Ganna utilizza una taglia 59,5 e la bici configurata per la Milano-Sanremo 2022 è la numero 1 (tra quelle di TopGanna). Il campione del mondo a cronometro utilizza una sella Fizik Arione R1, con rails in carbonio. Il manubrio è full carbon Most, con stem da 130 millimetri e largo 40 centimetri. L’attacco manubrio è in battuta sullo sterzo

Ganna ha optato per le ruote C60 Shimano Dura-Ace, con cerchio tubeless. Gli pneumatici sono i Continental GrandPrix 5000S TR, con sezione da 28. La pressione di gonfiaggio varia tra le 5 e 5,5 atmosfere. Il doppio plateau anteriore 54-39, mentre i pignoni hanno la scala 11/30. La guarnitura è Shimano Dura-Ace, ma della versione ad 11v e comprende il power meter (vecchio modello). Le pedivelle sono lunghe 175 millimetri. Nel complesso la trasmissione è Shimano Dura-Ace 12v.

La bici di Viviani

Anche Elia Viviani usa una Dogma F Disc, nella misura 53. Un set-up molto simile a quello di Ganna, per cockpit, ruote e coperture. Il manubrio integrato è in battuta sullo sterzo, senza spessori. La sella è una Fizik Arione, ma nella versione 00, la più leggera e con un’imbottitura risicata.

E’ molto interessante la scelta dei rapporti, perché il corridore veneto userà i pignoni con scala 11-30 e le corone 52-36. Una scelta non usuale per un velocista e considerando le tendenze attuali. La lunghezza delle pedivelle è di 172,5 e la guarnitura, misuratore incluso, si riferisce all’ultima release Dura-Ace.

Il setting di Pidcock

Il corridore britannico utilizza una taglia 46,5, con la trasmissione Shimano Dura-Ace 12v (53-39 e 11-30). Le pedivelle sono lunghe 170 millimetri, con la guarnitura e il power meter della versione Dura-Ace precedente a quella 2022. Il manubrio integrato ed in carbonio è il Most Talon Ultra (110×40). La sella è una Antares R1 di Fizik ed è piuttosto scaricata verso il retrotreno, un setting che ricorda quello usato nel cross. Tra lo stem e lo sterzo, Pidcock preferisce far inserire uno spessore di 1 centimetro. Passando al comparto ruote, ci sono le nuove Dura-Ace C50 tubeless. Anche in questo caso abbiamo le coperture Continetal da 28 millimetri di sezione.

EDITORIALE / Crono, esiste davvero un problema sicurezza?

31.01.2022
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Lo ha detto un paio di giorni fa Tom Pidcock a Kit Nicholson, prima dei mondiali di cross, vinti planando come Superman sul traguardo. «Penso che siano accaduti molti incidenti con le bici da crono e penso che sia qualcosa su cui dobbiamo riflettere. Sono caduto io. E’ caduto Ben Turner al Tour de l’Avenir. Adesso è caduto Egan (Bernal, ndr). Le posizioni stanno diventando estreme e passiamo sempre più tempo a cercare di mantenerle piuttosto che a guardare dove stiamo andando. Penso sia evidente che ora il discorso stia diventando piuttosto pericoloso. Non credo che dobbiamo fermare il progresso, ma dobbiamo pensare a come allenarci in modo più sicuro».

Bernal in azione nella crono di Milano: su strade chiuse, la testa bassa non è un problema
Bernal in azione nella crono di Milano: su strade chiuse, la testa bassa non è un problema

Da Froome a Bernal

A ben vedere, partendo proprio dalla caduta che ha chiuso la carriera di Froome durante una ricognizione nella crono del Delfinato 2019, passando per l’investimento dello stesso Pidcock nello scorso giugno mentre si allenava sui Pirenei e terminando con il più recente caso di Bernal, viene da pensare che, soprattutto in allenamento, quella posizione non sia affatto sicura. Per muoversi nel traffico e anche in gara, dove non perdona distrazioni. Secondo voi Cavagna avrebbe mai sbagliato quella curva nella crono di Milano, se solo avesse avuto la testa più alta?

Le squadre stanno investendo somme importanti nello sviluppo delle posizioni: un tema che negli ultimi due mesi abbiamo affrontato con Mattia Cattaneo, Vincenzo Nibali e Matteo Sobrero. Ma è innegabile che quel tipo di posizione, con la testa bassa per essere aerodinamici al top e le mani sulle appendici (quindi lontane dai freni e dalla possibilità di correzioni repentine), sia precaria e tutti i soldi spesi rischino di finire in polvere.

Anche Pidcock è stato investito nello scorso giugno, preparando il Giro di Svizzera (foto Instagram)
Pidcock è stato investito a giugno, preparando il Giro di Svizzera (foto Instagram)

Lo ha ipotizzato bene Andrea Bianco, parlando della caduta del “suo” Bernal: «Magari l’autista ha superato senza rendersi conto della velocità di Egan – ha spiegato – e poi si è fermato. E lui evidentemente aveva la testa giù, sennò in bici è un gatto e lo avrebbe schivato».

Leggerezza o fatalità?

E’ corretto non voler fermare il progresso, visto soprattutto che proprio grazie alla crono si decidono i destini di corse molto importanti, ma occorre che le squadre facciano un salto di qualità nell’assistere i corridori.

Se non è possibile allenarsi in autodromo, è buona norma tenere un’auto davanti ai corridori
Se non è possibile allenarsi in autodromo, è buona norma tenere un’auto davanti ai corridori

In alcuni casi, la Quick Step di qualche anno fa e poi la Jumbo Visma si sono servite di autodromi chiusi. Stesso discorso fece lo scorso anno la nazionale di Cassani nell’Autodromo di Misano, preparando il Team Relay poi vinto agli europei di Trento. Ma se si deve andare su strada, è necessario che i corridori abbiano un’ammiraglia davanti ogni volta che intendono allenarsi in modo sostenuto, oppure che vengano individuati percorsi effettivamente privi di auto. La bici da crono è come un’auto di Formula Uno e non si è mai visto che quei piloti le portino fuori da piste sicure.

Mentre appare sempre più chiaro che la stagione di Bernal (e non voglia Dio la sua carriera) sia finita anzitempo a causa di una distrazione da parte sua e del conducente dell’autobus, probabilmente, ma anche per una leggerezza della squadra che non lo ha assistito adeguatamente.

Mondiali Persico 2022

Il mondiale di Pidcock e dell’Italia col segno più

31.01.2022
6 min
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La prima regola, nel correre un mondiale, è che devi essere pronto, innanzitutto mentalmente a saper cogliere l’occasione che ti si può proporre. In questo Silvia Persico è stata esemplare. Il suo clamoroso bronzo conquistato a Fayetteville, nei Mondiali illuminati dall’impresa di Pidcock, è figlio soprattutto di quanto successo nella seconda tornata. La gara era ancora lunga, ma Vos e Brand erano stanche di giochicchiare e hanno fatto esplodere la corsa. Da questa esplosione che ha favorito la loro fuga è nata anche una seconda coppia con l’ex iridata Alvarado e l’azzurra, bravissima a cogliere l’occasione mentre le altre, prese di sorpresa, vedevano crescere il divario. Poi l’azzurra ha saputo tenere, anzi l’olandese non le dava neanche cambi. Ma alla fine è stata punita dal destino tramite un problema meccanico che ha lanciato la campionessa tricolore verso un podio insperato.

Mondiali staffetta 2022
Il gruppo azzurro vincitore del Team Relay con Pontoni: da lui in senso orario Persico, Toneatti, Leone e Bramati (foto FCI)
Mondiali staffetta 2022
Il gruppo azzurro vincitore del Team Relay con Pontoni: da lui in senso orario Persico, Toneatti, Leone e Bramati (foto FCI)

Team Relay, una vittoria che conta

L’Italia del ciclocross torna da Fayetteville riaffacciandosi nel medagliere dopo anni. Portando a casa anche la vittoria nel Team Relay che, anche se non valeva come gara iridata, ha pur sempre un peso specifico come ogni evento di squadra, perché testimonia la bontà del movimento (e il fatto che l’Olanda non ci fosse non sminuisce di nulla la prestazione dei nostri). Pontoni chiude come meglio non poteva la sua prima stagione da cittì: «E’ una trasferta nata tra mille difficoltà ma che chiudiamo con un gigantesco segno positivo. Devo dire grazie alla federazione che ci ha supportato sempre al massimo e anche a tutti i ragazzi, quelli che c’erano e quelli che sono rimasti a casa perché tutti hanno contribuito a creare un gruppo fantastico che darà altri frutti, ne sono certo».

Tornando un attimo indietro, mentre la Vos andava a conquistare il suo ottavo titolo mondiale nel ciclocross e 13° complessivo privando la Brand del suo secondo Grande Slam consecutivo, la Persico andava a interrompere l’attesa lunga sequela di nomi olandesi occupando un posto sul podio a testimonianza di quella crescita che dovrebbe produrre risultati anche su strada come si attendono alla Valcar: «E’ un bronzo che mi ripaga di tanti sacrifici, quelli che mi hanno dato la forza di resistere e di andare a caccia di un risultato che alla vigilia sembrava un’utopia. Il mio approccio alle gare ora è più tranquillo, credo che anche questo serva».

Arriva l’acuto del “terzo tenore” Pidcock…

Si ha un bel dire che il mondiale americano era quello degli assenti e delle delegazioni ridotte. Lo spettacolo non è mancato, come anche le sorprese: chi avrebbe mai immaginato uno svizzero conquistare la gara junior maschile, dove Paletti ha retto nel gruppo di testa finché le forze lo hanno sorretto pagando poi dazio al jet lag? In fin dei conti anche la gara Elite maschile, anche se priva di Van Der Poel e Van Aert, ha dato molti spunti, premiando il terzo tenore rimasto, quel Tom Pidcock che continua a collezionare medaglie d’oro in qualsiasi disciplina, basta che ci siano due ruote…

Nel ciclocross il gioco di squadra funziona fino a un certo punto. Il Belgio (unica formazione europea al completo) ha messo Vanthourenhout addosso al britannico per proteggere Iserbyt. Sweeck e Aerts hanno svolto all’inizio un grande lavoro rintuzzando i due scatenati francesi Dubau e Venturelli per mettere i bastoni fra le ruote all’inglese. Nel 4° dei 9 giri in programma, Pidcock ha forzato su un piccolo strappo. Iserbyt si è fatto prendere di sorpresa soprattutto mentalmente, ha messo il piede a terra e la gara è finita lì. Vanthourenhout e Sweeck hanno provato a chiudere ma il ritmo era troppo alto.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Iserbyt, sconfitta che fa male

Una settimana prima Iserbyt faceva la voce grossa a Hoogerheide, in America è sembrato invece timoroso, troppo timido nell’affrontare la gara, anche il giro finale con l’olandese Van Der Haar, provando a staccarlo senza poi insistere e venendo infilato allo sprint. Una gara titolata è qualcosa di davvero diverso, il peso che viene dalla posta in palio rischia di schiacciarti: c’è chi riesce a gestirlo e si esalta, chi no…

Certamente Pidcock fa parte della prima categoria. Il fatto che “quei due” non ci fossero poteva accrescere il suo carico di responsabilità: «Paradossalmente ha reso tutto più difficile – ha affermato nelle interviste dopo l’arrivo – tutti si aspettavano che la gara sarebbe stata più gestibile, invece è diventato qualcosa di tattico sul quale bisognava ragionare e l’ho fatto per tutta la settimana. Siamo arrivati qui con un piano e io l’ho messo in pratica alla lettera, avendo la meglio sullo stress. Sapevo che in quel preciso momento dovevo attaccare e l’ho fatto».

Due titoli per Olanda e Gran Bretagna

La Gran Bretagna porta così a casa due titoli esattamente come l’Olanda, grazie a Pidcock (primo britannico a vincere la prova elite) e alla Backstedt, davvero imbattibile fra le juniores dove c’è stata la bellissima prova della Venturelli quinta (e chissà che cosa avrebbe potuto fare la Corvi se non fosse arrivata a Fayetteville solo poche ore prima della partenza). Il Belgio paga ancora dazio, com’era avvenuto lo scorso anno a Ostenda: evidentemente la rassegna iridata non porta molta fortuna alla nazione più forte del movimento, che ha pagato oltremisura la rinuncia di Van Aert: «Abbiamo corso la nostra migliore gara possibile e sono stati gli altri ad essere migliori – ha detto Iserbyt dopo il bronzo conquistato – Non dobbiamo essere felici ma accontentarci, gli altri erano più forti». Ma quando piazzi 6 uomini fra i primi 11, è forse un po’ poco per una nazione che aveva puntato tutto su Fayetteville…

La Pinarello Crossista F di Tom Pidcock

29.01.2022
4 min
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L’abbiamo fotografata e analizzata durante la tappa di Coppa del mondo di Vermiglio, ma ora la bicicletta del campione britannico assume delle “connotazioni ufficiali”. La Pinarello Crossista F sancisce il grande ritorno nel ciclocross e ad altissimi livelli della maison trevigiana. Carbonio hors categorie e forme che sono il DNA di una piattaforma unica nel suo genere. Il processo di sviluppo è iniziato nella primavera 2021 e a distanza di neppure un anno, la Crossista F è una delle biciclette più ambite.

Thomas Pidcock ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo del progetto Crossista F
Pidcock ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo del progetto Crossista F

Forme che fanno storia

Le curve, le muscolosità e i volumi abbondanti delle tubazioni sono un marchio di fabbrica. Lo sono per le biciclette da strada e lo sono anche per la Crossista F con la quale Tom Pidcock affronterà la gara iridata di Fayetteville.

La Pinarello Crossista F nasce vincente, grazie ad una vittoria e 5 podi. Tecnicamente si tratta di una bicicletta in carbonio e monoscocca. La forcella ricorda quelle in dotazione alla Dogma F, con delle variabili sviluppate in modo specifico per il ciclocross. Così come il frame, caratterizzato da una scatola del movimento centrale voluminosa (che ovviamente è più alta da terra, per il passaggio sugli ostacoli). Essa ha l’obiettivo di garantire rigidità senza influire in modo negativo sul grip del retrotreno, che a sua volta ha i foderi orizzontali curvati verso l’alto (zona del cambio e del perno passante). I foderi obliqui del carro sono sagomati, armoniosi e hanno un’inserzione ribassata al piantone.

Nodo sella per il ciclocross

E poi c’è quella tubazione orizzontale svasata, creata appositamente per agevolare la presa della bicicletta quando è necessario scendere di sella e mettere la bici in spalla. Non un semplice dettaglio. Anche il reggisella, dedicato a questa bicicletta, non è un componente a caso. E’ una sorta di aero seat-post, in carbonio e con un arretramento voluto. Ha un duplice obiettivo: quello di fornire una posizione perfetta all’atleta e di scaricare parte del peso sulla ruota posteriore, per un grip ottimale.

Una bicicletta leggera

Le ruote e la trasmissione fanno parte del pacchetto Shimano Dura Ace (11v). I tubolari sono Challenge, mentre la sella è Fizik. Altro dettaglio interessante è il manubrio Most Talos (Pinarello), un monoblocco in carbonio, una sorta di compact che ricorda da vicino il modello aerodinamico utilizzato per le bici road. La sezione superiore è piatta. La base dello stem si integra con la testa del profilato dello sterzo, con il caratteristico shape tipico delle Pinarello. La bicicletta di Pidcock ha un valore alla bilancia dichiarato di 7 chili e 390 grammi, inclusi i pedali, un valore eccellente in considerazione della categoria.

Pinarello

Pidcock Coppa 2021

Van Aert stecca l’ottava sinfonia, Pidcock ringrazia

04.01.2022
5 min
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La storia del ciclocross insegna ancor più che altre discipline sportive che non c’è alcun corridore che possa davvero considerarsi imbattibile. In 24 ore Wout Van Aert ha imparato la lezione sulla propria pelle: il giorno prima, nel tradizionale appuntamento di Capodanno intitolato a Sven Nys, il campione della Jumbo Visma aveva colto la sua settima vittoria consecutiva nella stagione, staccando di 10” Tom Pidcock e sembrava quasi che quella vittoria, l’ennesima, avesse scavato un solco ben più profondo delle 10 tacche di orologio, fra sé e i suoi avversari.

Sono passate 24 ore, ma è come se il mondo si fosse messo a testa in giù. A Hulst, tappa olandese di Coppa del Mondo, l’ex iridato ha capito ben presto che tirava brutt’aria. Nel primo giro, mentre stava battagliando per guadagnare la testa della corsa e imporre il suo ritmo come ormai aveva abituato a fare nelle ultime settimane, la sua bici si è inceppata: la catena non voleva saperne di riagganciarsi alle corone e i box erano troppo lontani. Il belga si è messo d’impegno, è anche stato un meccanico veloce (ha impiegato una quarantina di secondi) ma ormai i primi erano lontani e si è ritrovato a partire dalla 32esima posizione.

Van Aert Hulst 2021
Van Aert alle prese con la catena, un problema che lo ha condizionato (foto cyclingmagazine.ca)
Van Aert Hulst 2021
Van Aert alle prese con la catena, un problema che lo ha condizionato (foto cyclingmagazine.ca)

Messaggio per Van der Poel

A quel punto la gara era andata: «Penso che la mia dose di fortuna si sia esaurita, non c’era alcun modo di correre per la vittoria – ha dichiarato al traguardo, neanche troppo deluso in verità – ho guardato qual era la situazione e ho capito che il 4° posto era il massimo a cui potevo puntare. Questo è l’altro lato delle corse, quello talvolta un po’ amaro, ma non volevo arrendermi».

Una frecciatina a Van der Poel? Forse, considerando quello che era successo meno di una settimana prima a Heusden-Zolder con il ritiro dell’olandese e la sua precipitosa fuga verso casa, ma può anche essere una considerazione maliziosa. L’infortunio alla schiena del campione del mondo è reale, soprattutto comincia a essere datato e cronico: difficilmente lo vedremo in gara prima dei mondiali e non è neanche detto che a Fayetteville Van Der Poel ci vada, considerando quel che c’è in ballo poche settimane dopo, ossia tutta la stagione su strada.

Van Aert Baal 2021
A Baal, nella gara intitolata a Sven Nys, Van Aert aveva colto la settima vittoria dell’anno
Van Aert Baal 2021
A Baal, nella gara intitolata a Sven Nys, Van Aert aveva colto la settima vittoria dell’anno

Si parte per l’Arkansas? Forse no…

Dal canto suo Van Aert non ha cambiato la sua strategia. Di mondiali non si parla fino a dopo i campionati nazionali di domenica prossima, le “regole d’ingaggio” considerando la diffusione del Covid negli Usa non cambieranno e si dovrà partire per l’Arkansas con corposo anticipo. La decisione sta a lui e anche nel suo caso la rinuncia sarebbe in funzione di tutto quel che ci sarà in seguito.

Resta così il terzo tenore e va detto che Tom Pidcock (nella foto di apertura) esce da Hulst rinfrancato nello spirito da una vittoria che ha un sapore speciale. Dopo le piazze d’onore di Heusden-Zolder e di Baal, il britannico ha colto la sua seconda vittoria al termine di una gara strana, un confronto quasi a distanza con Eli Iserbyt. Parlando con i giornalisti, lo stesso Pidcock ha chiarito i termini del suo successo: «Iserbyt mi è sempre rimasto vicino e alla lunga ciò mi ha portato anche a fare qualche errore nella seconda parte di gara. Credo che se avesse veramente voluto, avrebbe anche potuto agganciarmi. D’altronde avevo visto che cosa era successo a Van Aert e alla sua catena, non volevo accadesse anche a me, così nei passaggi tecnici l’ho presa più calma».

Pidcock Hulst 2021
Per Pidcock seconda vittoria in stagione. Con Iserbyt ormai c’è un conto aperto…
Pidcock Hulst 2021
Per Pidcock seconda vittoria in stagione. Con Iserbyt ormai c’è un conto aperto…

Pidcock fa la lepre…

La vittoria gli ha dato nuovo slancio: «Su questo percorso mi sono sentito abbastanza in palla. E’ diverso correre sempre all’inseguimento e mettersi davanti a fare la lepre, per molti versi è meglio perché hai più libertà nello scegliere le traiettorie. E’ stato un buon risultato».

Ancora una volta l‘esito della corsa lascia molte perplessità sulle scelte di gara di Iserbyt, ma a ben guardare il suo evitare di spremersi al massimo questa volta è stato giustificato: il secondo posto infatti gli ha consentito di mettere in ghiaccio la Coppa del mondo, con due gare di anticipo e questo trionfo ha per lui un sapore speciale. Non va dimenticato infatti quanto avvenne nel dicembre 2020, il terribile incidente occorsogli a Heusden-Zolder che in pratica gli costò ogni ulteriore obiettivo stagionale e che gli aveva lasciato tanto rammarico. Questa vittoria mette un punto nella sua ancor giovane carriera.

Iserbyt Hulst 2021
Iserbyt porta a casa la Coppa del Mondo, soprattutto grazie ai risultati d’inizio stagione
Iserbyt Hulst 2021
Iserbyt porta a casa la Coppa del Mondo, soprattutto grazie ai risultati d’inizio stagione

E Iserbyt mette il sigillo

Iserbyt non ha nascosto, nel corso della stagione, un senso di inferiorità nei confronti dei tre campioni provenienti dalla strada, ma a suo modo di vedere conquistare la Coppa del mondo nonostante loro ha un valore in più: «Erano tre anni che puntavo a questo traguardo, stavolta è andata bene. Mi piace averla vinta nel nuovo format, con 16 gare difficili e tutte diverse fra loro. Ho 28 gare nelle gambe, ma è servito a portare a casa qualcosa di grosso. Lo scorso anno l’infortunio mi tolse questa possibilità, stavolta no».

Le sfide fra il piccolo belga e Pidcock stanno diventando una costante e chissà che se i due grandi protagonisti delle ultime edizioni mondiali (dominatori incontrastati dal 2015) diserteranno la rassegna americana, non toccherà proprio a loro dare spettacolo sul percorso americano. Per ora il portacolori della Ineos Grenadiers l’ha sempre avuta vinta, ma il mondiale, come si sa, è un’altra storia…

Vdp Heusden Zolder

VDP affonda a Heusden-Zolder: giornataccia o peggio?

28.12.2021
4 min
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Se la vittoria a Dendermonde aveva esaltato i tifosi di Van Aert, quella di Heusden-Zolder nella tappa del Superprestige li ha estasiati. In Coppa del mondo Van der Poel aveva incassato 49” di ritardo, ma almeno per oltre metà gara era rimasto al suo livello. Nella sfida dell’autodromo (dove lo scorso anno l’olandese aveva rifilato al rivale una sonora sconfitta), il confronto è durato appena due giri, poi Van Aert ha aperto il gas e la gara è diventata per lui una cronometro, per l’acerrimo rivale un calvario.

Le telecamere (la gara era senza pubblico per le disposizioni anti-Covid, quindi l’apporto televisivo era essenziale) si sono soffermate più sull’olandese, che nel finale del terzo giro ha impostato male una salita perdendo di colpo il treno dei principali inseguitori, da Pidcock a Iserbyt, da Van Kessel a Hermans. Da lì in poi Van der Poel è andato alla deriva, perdendo manciate di secondi a ogni tornata, finché alla fine del 6° dei 9 giri previsti ha deciso di averne abbastanza. Un rapido dietrofront, veloce cambio di abiti al camper e via verso casa, non parlando con nessuno, neanche della sua squadra.

Zolder Van der Poel 2021
Van der Poel con la maglia sporcata dal fango: una scivolata frutto della stanchezza fisica e mentale?
Zolder Van der Poel 2021
Van der Poel con la maglia sporcata dal fango: una scivolata frutto della stanchezza fisica e mentale?

Il mistero della (eventuale) caduta

L’Alpecin Fenix ha naturalmente cercato di gettare acqua sul fuoco: «Semplicemente una giornata storta» hanno scritto sui social e parlando con chi gli è più vicino si è avuta la sensazione di dichiarazioni più di circostanza che altro: «Mathieu era partito con tutta la voglia di far bene – ha spiegato il suo manager Christoph Roodhooft – forse è caduto in quella salita, ma era già lontano da Van Aert, ha ripreso ma poi non l’ho visto più».

Dal padre Adrie si è saputo qualcosa in più: «Non credo sia caduto, almeno guardando la maglia non sembrava che quelle macchie fossero frutto di uno scivolone. Il ginocchio sta meglio, la schiena si fa ancora sentire, io credo che vista la situazione non abbia voluto correre rischi. Mancano 5 settimane al mondiale, c’è tutto il tempo per raddrizzare il timone e arrivare in porto, intanto giovedì a Loenhout sarà un’altra gara e un’altra storia».

Van Aert Zolder 2021
Quinta vittoria stagionale per Van Aert, che ha preceduto Pidcock e Iserbyt di 1’04”
Van Aert Zolder 2021
Quinta vittoria stagionale per Van Aert, che ha preceduto Pidcock e Iserbyt di 1’04”

VDP e le difficoltà nella corsa

Una giornata storta ci sta, ma guardando la gara qualcosa emerge. Van der Poel continua a soffrire soprattutto nei tratti a piedi, sulle salite con gradoni (che saranno un elemento importantissimo a Fayetteville) non perde solo da Van Aert ma anche dagli altri, segno di una pesantezza figlia di una condizione ancora approssimativa. Questo lo porta anche a sbagliare, come avvenuto sulla salita che gli è costata il treno degli inseguitori. Dopo Dendermonde VDP aveva detto di aver bisogno di gareggiare, forse dopo tre giorni di reset fisico ma soprattutto mentale ne sapremo di più.

Finora non abbiamo parlato del dominatore di giornata, Wout Van Aert alla sua quinta vittoria in 5 gare disputate sui prati. A fine gara il belga era davvero soddisfatto.

«Dopo il successo in Val di Sole ho continuato a lavorare bene – ha dichiarato a Het Laatste Nieuws – e questi sono gli effetti. Miglior livello di sempre? Difficile fare paragoni, anche perché prima ero più focalizzato sul ciclocross, poi ho saltato una stagione intera (il 2019, ndr) e lo scorso anno non avevo ancora ben recuperato. Credo di andar meglio ora, credo che la scelta di tirare avanti sulla linea della strada sia stata quella giusta, mettendo però di mezzo un fondamentale momento di stacco».

Pidcock Zolder 2021
Al contrario di VDP, Pidcock è sembrato rigenerato rispetto a Dendermonde, finendo secondo
Pidcock Zolder 2021
Al contrario di VDP, Pidcock è sembrato rigenerato rispetto a Dendermonde, finendo secondo

Van Aert ai mondiali, sì o no?

Sul suo rivale, Van Aert ha preferito non esprimersi: «Non posso dire che cosa gli è successo, non l’ho visto. Credo comunque che abbia bisogno di qualche altra gara per raggiungere il top».

Intanto però anche a Heusden Zolder si è continuato a parlare della sua ventilata possibilità di disertare i mondiali. «Non ho ancora deciso niente, dopo i campionati nazionali faremo il punto della situazione», ha tagliato corto il campione della Jumbo Visma. Chiaramente con una condizione simile sarebbe il favorito, con la possibilità di tornare a impattare il suo grande rivale VDP come numero di titoli Elite vinti (attualmente 4-3 per l’arancione), ma i suoi timori legati alle difficoltà di spostamento sono molto alti. A Fayetteville si dovrebbe gareggiare in presenza di pubblico, ma c’è il rischio concreto che si debba anticipare notevolmente la trasferta per esigenze sanitarie, affrontare una breve quarantena appena toccato il suolo statunitense e questo a Van Aert decisamente non va. Visto il Van Aert attuale, sarebbe davvero una beffa.

Pidcock Boom 2021

Aspettando i mondiali, Pidcock ha già scritto la storia

21.12.2021
4 min
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Certe volte le vittorie arrivano quando meno te le aspetti. Tom Pidcock a Rucphen era alla sua terza uscita stagionale: settimo nel Superprestige a Boom (foto di apertura), terzo sulla neve della Val di Sole, in terra olandese il britannico ha scritto una pagina storica, non solo perché è stata la sua prima vittoria in Coppa del mondo, ma soprattutto perché ha infranto quel duopolio Belgio-Olanda che durava ormai dal dicembre 2013.

Allora Tom era ancora un ragazzino, quando il francese Mourey coglieva una vittoria della quale solo in seguito si sarebbe compresa la portata. Il britannico dell’Ineos Grenadiers non ha mai nascosto che il ciclocross, in paragone a strada e Mtb, è la disciplina che meno gli si confà, troppe le variabili che fatica a digerire (ultima la neve, in Val di Sole quel podio non è stato compreso fino in fondo come valore in base alle sue caratteristiche) ma a compensare la bilancia c’è una determinazione senza pari.

Pidcock Rucphen 2021
Pidcock vittorioso a Rucphen, con 3″ su Iserbyt e 8″ su Vanthourenhout
Pidcock Rucphen 2021
Pidcock vittorioso a Rucphen, con 3″ su Iserbyt e 8″ su Vanthourenhout

Un guanto di sfida per “quei due”…

«Può sembrare strano, ma io preferisco le gare dove ci sono Van der Poel e Van Aert – affermava alla vigilia del suo impegno olandese, considerando il fatto che Mathieu Van der Poel aveva scelto di rinunciare al suo esordio in casa rinviandolo direttamente alla supersfida del 26 a Dendermonde fra i “tre tenori” – So benissimo che sono stati migliori di me, ma questo è il passato, io guardo avanti. Van Aert è più avanti nella preparazione, ma questo era prevedibile, io devo essere al massimo a fine gennaio, per i mondiali, questo solo conta».

E’ vero, ma a differenza dei suoi due celeberrimi avversari, Tom ha ancora qualche difficoltà in più, legata ai terreni di gara. Abbiamo detto della neve, ma anche la sabbia gli è indigesta. Domenica a Namur, nella prova immediatamente successiva a quella vittoriosa in Olanda, ha sofferto in particolare le contropendenze e quei tratti di fango dove bisognava saper saltare le radici, incanalarsi quando serviva, magari anche “surfare” su alcuni passaggi. La sfida con Vanthourenhout l’ha persa proprio sul piano della guida, confermando che manca ancora qualcosa per raggiungere il vertice.

Pidcock Namur 2021
Iserbyt a terra davanti a Pidcock: «In certi tratti va meglio lui, in altri io» ha sentenziato il belga
Pidcock Namur 2021
Iserbyt a terra davanti a Pidcock: «In certi tratti va meglio lui, in altri io» ha sentenziato il belga

In Olanda una rimonta clamorosa

Ciò però non deve far passare in secondo piano quanto Pidcock ha fatto in Olanda. In quel caso era partito addirittura col numero 44, molto dietro i primi. Il britannico ha impiegato un giro per entrare nella Top 10, poi si è messo tranquillo, è risalito più piano, lasciando sempre l’iniziativa agli altri, fino a beffarli solo nel finale, con una condotta di gara che ha sorpreso il suo stesso preparatore Kurt Bogaert: «Tom deve essere al top a fine gennaio, in queste gare sapevamo che doveva far fatica, essere già al vertice significa essere molto avanti rispetto ai nostri piani».

Una vittoria, quella olandese, frutto del suo carattere coriaceo: «Nel finale ho pensato: diavolo, posso farcela, Iserbyt e Vanthourenhout erano lì. Mi sono detto che dovevo dare tutto e non sbagliare, essere concentrato al massimo. Se non commettevo errori potevo vincere e così è stato».

Pidcock Coppa 2021
A Namur il britannico ha sofferto alcuni tratti, non trovando le giuste scelte di guida
Pidcock Coppa 2021
A Namur il britannico ha sofferto alcuni tratti, non trovando le giuste scelte di guida

Ancora quel maledetto ginocchio…

A Namur non è stato lo stesso e Pidcock lo ha ammesso: «Non ho ancora il livello necessario per impegni così ravvicinati – ha dichiarato a DirectVélo – a un certo punto mi sono trovato in debito di energie. Il primo giro è stato il migliore, poi ho iniziato a commettere errori e avere chiuso comunque secondo ha molto valore. Nei due giri finali ero vicino a Vanthourenhout, ma per raggiungerlo ho spinto oltre i miei limiti. Mi sono sentito svuotato e ho commesso errori gravi, scivolando due volte.

«Certe volte però perdere ha un valore perché mi fa rimanere con i piedi per terra – ha continuato Pidcock – Di più non potevo fare, ma significa anche che c’è del margine e questo è un fattore per me importante».

Non bisogna poi dimenticare che Pidcock viene da una situazione fisica non ideale, con problemi al ginocchio che hanno ostacolato la sua preparazione e continuano a mettergli i bastoni fra le ruote: «Devo ancora sottopormi a esercizi di riabilitazione perché i fastidi non sono passati e questo non ti aiuta quando vorresti invece concentrarti solamente sull’allenamento». Per sua fortuna c’è ancora un mese abbondante prima del volo verso gli States e i mondiali. A Fayetteville non ci saranno né sabbia né neve: i rivali sono avvisati…