Selle Syncros e Team DSM: collaborazione vincente

06.02.2023
2 min
Salva

Il Team DSM ha rinnovato ancora per due stagioni il proprio rapporto di sponsorizzazione e di collaborazione tecnica con Scott. In virtù di questo specifico accordo, Scott continuerà a supportare la stessa formazione WorldTour olandese in qualità di fornitore ufficiale sia per quanto riguarda le biciclette che per i caschi. Ma da quest’anno va registrata, ad integrazione di questa proficua collaborazione, una ulteriore novità. Syncros, brand facente parte del gruppo Scott Sports, amplierà difatti la propria partnership con la squadra diventando di fatto per il Team DSM anche il fornitore ufficiale delle selle.

Le varie squadre del Team DSM correranno con selle Syncros
Le varie squadre del Team DSM correranno con selle Syncros

Tecnologia per i corridori

Il binomio Team DSM e Scott si è attivato dall’inizio della stagione 2021, con la stessa formazione WorldTour che di fatto, nel corso di questo biennio, è stata parte integrante dello sviluppo del nuovissimo Foil RC: il nuovo telaio che i corridori della squadra hanno avuto modo di conoscere ed utilizzare per la prima volta nel 2022.

Per la corrente stagione, i Team DSM maschile, femminile, oltre a quello dei più giovani, si allenano e gareggiano pedalando i modelli Foil RC e Plasma. Oltre alle biciclette, i corridori della DSM indossano i caschi – sempre Scott – Cadence, Centric e Split, e le selle Tofino, Savona e Belcarra proposte da Syncros.

Una delle bici in dotazione alla squadra olandese è la Foil RC
Una delle bici in dotazione alla squadra olandese è la Foil RC

«Il Team DSM punta con ambizione a grandi successi nel novero delle squadre WorldTour – ha dichiarato il vicepresidente di Scott Sports Pascal Ducrot – e per noi di Scott questa formazione rappresenta un partner eccezionale. La squadra, con la sua distintiva filosofia Keep Challenging si adatta difatti perfettamente alla nostra passione per l’innovazione, per la tecnologia, per le alte prestazioni e per il design.

«Siamo davvero lieti che questa partnership possa continuare a crescere e ad estendersi con Syncros: i nostri ingegneri hanno utilizzato analisi approfondite per poter offrire una gamma di selle in grado di ottimizzare l’adattamento del corpo a seconda delle differenti condizioni del ciclista con l’obiettivo di garantire sempre il massimo in termini di livello di prestazione».

Scott

Bis di Welsford, corsa a Lopez, Jakobsen rischia grosso

30.01.2023
6 min
Salva

A San Juan, per l’ultima tappa della Vuelta, sono scese in strada centinaia di migliaia di persone. Qualcosa di impensabile, se non per palcoscenici come il Giro d’Italia oppure il Tour nelle loro terre più calde. Lungo il circuito di 16 chilometri, non un solo metro è parso scoperto di pubblico e alla fine la vittoria è andata nuovamente a Sam Welsford su Jakobsen e Nizzolo. E se nella prima tappa aveva avuto paura, questa volta all’olandese è andata bene. Per questo quando si dirigeva verso il podio aveva lo sguardo scosso.

«Era già stato super speciale – racconta Welsford – aver vinto ieri e mi aveva dato grande motivazione. Oggi avevo grande fiducia e questo secondo successo mi fa credere nel processo che ho iniziato qui e andrà avanti per il seguito della stagione. I risultati in pista sono stati un’esperienza importante per arrivare a questo livello. La squadra mi ha aiutato molto per tutta la settimana. Siamo stati circondati da una folla incredibile, non riuscivo ad ascoltare quello che dicevano i miei compagni.

«Spero di tornare qui il prossimo anno e che questa sia una delle tante vittorie che verranno ancora. In volata eravamo velocissimi, Fabio ha provato a inserirsi fra le barriere ed è stato colpito da un telefono. Ho visto il replay. Spero che stia bene, ha rischiato davvero di cadere. A volte bisogna capire da fuori che quando si arriva così vicini ai corridori, bisogna stare attenti alla loro incolumità».

Prima del via, un corridoio di applausi per Maxi Richeze, commosso all’addio
Prima del via, un corridoio di applausi per Maxi Richeze, commosso all’addio

Pericolo scampato

Jakobsen ha provato a infilarsi sulla destra dell’australiano, dimostrando di aver ben recuperato psicologicamente da quanto gli accadde al Polonia. Ma proprio nel momento in cui si è infilato nei pochi centimetri fra Nizzolo e la transenna, lo ha colpito al capo il telefonino di un tifoso che si sporgeva per fotografarlo.

Il telefono è volato via e con esso gli occhiali di Jakobsen, ma lo sbandamento della ruota anteriore dell’olandese stava per costargli caro. Se non avesse corretto la traiettoria con uno scarto, Jakobsen avrebbe sollevato con la ruota il pannello pubblicitario legato alla transenna e le conseguenze sarebbero potute essere gravissime.

Nizzolo, il rapporto giusto

Nuovamente terzo, come dopo la prima tappa, Nizzolo saluta il nuovo podio con più consapevolezza. Se il primo giorno infatti si trovò a sprintare con un rapporto troppo corto, pagando il cambio di ritmo di Bennett, questa volta il milanese ha provato ad anticipare la volata partendo lunghissimo.

«Ho avuto una sensazione buona – spiega – ma la volata è stata un po’ strana per me, nel senso che non sono le volate che mi piacciono. Non è stata molto tecnica. Però ho trovato il varco per uscire, anche se un po’ lontano dall’arrivo. Ci ho provato e comunque aver fatto una volata così lunga è sintomo che la condizione è abbastanza buona. Un podio che mi motiva, diverso dal primo. Col rapporto che avevo, la settimana scorsa avevo poche chance. Oggi invece ho fatto una volata di testa, che comunque è sempre bello. Poi, chiaro, venire rimontato sul più bello non è simpatico.

«Visto quanta gente? Dicevo ai miei compagni che nel 2018 vinsi questa tappa in uno scenario praticamente uguale e fu un’emozione incredibile. Perché insomma, avere questa gente non è consueto, quindi è bellissimo. Li ringrazio tutti».

Nizzolo ha provato la volata di testa, ma è stato rimontato da Welsford e Jakobsen
Nizzolo ha provato la volata di testa, ma è stato rimontato da Welsford e Jakobsen

Fra Lopez e Tarozzi

La Vuelta a San Juan 2023 se l’è presa Miguel Angel Lopez, grazie all’impresa all’Alto del Colorado, con il nostro Tarozzi che si è aggiudicato la maglia del Gran Premio della Montagna, grazie alla condotta sbarazzina e cocciuta.

«Sono molto contento di questa squadra – dice Lopez – ringrazio tutti per il loro lavoro ogni giorno, spero che questa vittoria sia una bella ricompensa. Voglio anche congratularmi con l’organizzazione per questa bellissima gara, penso che la gente si sia davvero divertita. Porto a casa questa vittoria e inizio l’anno molto motivato. Devo ringraziare Medellin per questa opportunità che mi hanno dato per mostrare le mie qualità, abbiamo dimostrato di essere la squadra migliore. Tutti hanno visto quanto siamo uniti. Questa vittoria mi rende molto felice e soprattutto la voglio dedicare alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei figli che sono la cosa più importante. Sono sempre lì, nel bene e nel male».

Sul podio finale, Lopez precede Higuita e Ganna, fortissimo in salita
Sul podio finale, Lopez precede Higuita e Ganna, fortissimo in salita

Per il colombiano e per il romagnolo della Green Project-Bardiani-Faizanè si tratta di una partita vinta. Il primo ha voluto dimostrare qualcosa a se stesso e all’Astana e ora bisognerà aspettare per capire come finirà la sua storia. Intanto il Team Medellin prepara le valigie per inviti già ricevuti in Europa. Invece Tarozzi deve riprendersi dall’infortunio del 2022 e aspetta solo di raccontare tutto il lavoro che gli è costato arrivare fin qui.

La serata si accende di luci, colori e fuochi di artificio. Sul maxischermo del palco scorrono i messaggi registrati nei giorni scorsi, con cui i corridori salutano Maximiliano Richeze. Stasera si farà festa all’Hotel Del Bono, su cui converranno tutte le squadre, poi sarà tempo di impacchettare bici, sogni e speranze e di far rotta verso l’inverno europeo. La Vuelta a San Juan chiude la parentesi delle prime corse al caldo, fra breve tutti i corridori torneranno a sfidarsi sulle rotte europee.

Freccia Welsford, la via più veloce dalla pista alla strada

29.01.2023
4 min
Salva

Tutti in attesa di Jakobsen, oppure Bennett e Gaviria, invece dal gruppo è schizzato fuori uno che di volate ne sa parecchio, ma su strada è poco più di un debuttante: Sam Welsford.

Il suo palmares parla di due medaglie olimpiche su pista (argento e bronzo a Rio e Tokyo nell’inseguimento a squadre) e di quattro titoli mondiali sempre su pista (tre volte nel quartetto e l’ultima nello scratch).

Sam Welsford ha 27 anni, è australiano e ha un grande palmares su pista
Sam Welsford ha 27 anni, è australiano e ha un grande palmares su pista

Cerotti e abrasioni

Qui alla Vuelta a San Juan lo avevamo visto tutto bendato nei primi giorni, finito sull’asfalto in malo modo, ma avendolo appena visto strecciare sul traguardo di San Juan davanti a Bennett e Gaviria, la sensazione è che abbia ben recuperato.

«Oggi ha funzionato tutto alla perfezione – racconta nella conferenza stampa subito dopo l’arrivo – la squadra ha lavorato bene ed è una coincidenza divertente il fatto che la tappa si sia conclusa davanti a un velodromo così bello, visto il mio palmares su pista. Avevo studiato il finale, sono molto contento, ma per arrivare allo sprint, la giornata è stata molto dura».

Salite e peso

Un metro e 82 per 79 chili, Welsford ha quadricipiti da chilometrista. Tanto che gli illustri sconfitti non hanno neppure accennato la minima protesta, consapevoli del fatto che se a uno così lasci strada aperta, c’è il rischio che ti infili.

«Ho battuto alcuni dei più forti – dice con un sorriso grosso così – che mi motiva molto. Detto questo, fare volate su pista è completamente diverso che farle su strada. Le velocità forse sono più basse, ma lo sprint in pista è più breve. Qui invece si comincia a sgomitare dai meno 3 chilometri dall’arrivo e per arrivarci devo comunque combattere con il peso, allenarmi sulle salite…».

La notizia del ritiro di Bernal arriva a sorpresa: dolore al ginocchio. Prima del via sembrava tutto normale
La notizia del ritiro di Bernal arriva a sorpresa: dolore al ginocchio. Prima del via sembrava tutto normale

E le classiche?

Le Olimpiadi di Tokyo sono state una parentesi chiusa sulla pista. Da quel momento, Welsford ha firmato il contratto con il Team DSM e ancora adesso ci si chiede quale potrebbe diventare il suo terreno di elezione. Le volate, certo, ma perché escludere le classiche?

L’anno scorso, Welsford ha infatti conquistato il podio alla Scheldeprijs vinta da Kristoff su Van Poppel e pochi giorni prima era stato quarto alla Bredene Koksijde Classic, dietro Ackermann, Hofstetter e Merlier.

«E’ forte – mormora il massaggiatore che lo aspetta – all’inizio aveva qualche problema nello stare in gruppo, ma sul motore non si discute».

Quadricipiti ipertrofici per Welsford che ha sorpreso i rivali in volata
Quadricipiti ipertrofici per Welsford che ha sorpreso i rivali in volata

Se ne sono accorti tutti, Bennett e Gaviria su tutti. Soprattutto il colombiano non se lo aspettava e dopo la riga sembrava contrariato. Eppure anche oggi si conferma la legge dichiarata nei giorni scorsi da Viviani: non c’è più un dominatore assoluto. Le volate si vincono sui dettagli e perché tutti si combinino nel modo giusto, occorre anche un po’ di fortuna…

Barale e Ciabocco, con Timmer nei piani del Team DSM

25.01.2023
6 min
Salva

Due italiane in Olanda: Francesca Barale (foto DSM in apertura) ed Eleonora Ciabocco. Si è tanto parlato degli juniores che hanno scelto l’estero per diventare grandi, quando in realtà il Team Dsm aveva inaugurato da un paio di anni questo nuovo corso. Prima con Gianmarco Garofoli e poi, appunto, con Ursella e le due azzurre.

Il team femminile è composto da 16 atlete da 7 Nazioni, per un’età media di 21 anni. Quel che ci ha incuriosito è però il meccanismo per cui si arriva a selezionare due ragazze così giovani. E se nel caso di Belletta e Mattio alla Jumbo Visma, ad esempio, a farsi avanti per primi sono stati i rispettivi procuratori, la sensazione è che qui si sia mossa direttamente la squadra.

Parola ad Albert Timmer

Lo abbiamo chiesto ad Albert Timmer, che ha 37 anni e ha smesso di correre nel 2017 quando indossava ancora la maglia del Team Sunweb, poi diventato DSM. Il suo ruolo è quello di coach nella formazione femminile.

«Per la selezione delle ragazze straniere – inizia – abbiamo Hans Timmermans come capo dello scouting, guardiamo all’atleta completo. Quindi non valutiamo solo il piano fisico, ma anche chi sia l’atleta come persona. E andiamo spesso alle gare per vederli correre».

Hans Timmermans è una figura chiave nella squadra. E’ arrivato alle donne dopo essere stato direttore sportivo negli juniores e negli U23 e dopo un incarico nella nazionale olandese. Ha iniziato al Team DSM otto anni fa e il suo ruolo è trasversale fra la squadra femminile e quella dei pro’, nell’interscambio che caratterizza il gruppo olandese. Timmer continua a spiegare, torniamo a parlare di Barale e Ciabocco.

Albert Timmer, qui al Giro del 2016, è stato pro’ dal 2007 al 2017
Albert Timmer, qui al Giro del 2016, è stato pro’ dal 2007 al 2017
Conosci Francesca dall’anno scorso: l’hai vista migliorare nella prima stagione?

Abbiamo visto un grande miglioramento nel suo sviluppo durante la stagione, in tutti gli aspetti come atleta e sul piano umano.

Qual era il suo livello di gara al suo arrivo?

Come ho detto, ha mostrato molto potenziale ed è stata importante per la squadra in molte gare. Ma a noi piace sviluppare i ciclisti soprattutto quando sono giovani in tutti gli aspetti del ciclismo, per cui l’abbiamo messa alla prova anche in gare che forse non erano le più adatte.

Come si è adattata allo stile della squadra?

Molto bene. I valori che abbiamo come squadra lei li ha anche come persona, in più porta un tocco italiano.

Quali sono i suoi possibili obiettivi nel 2023?

Avrà davvero un bel programma per questa stagione, dove inizieremo a guardare anche al suo sviluppo personale e alle sue ambizioni. Quindi ci sarà qualche cambiamento di calendario rispetto al 2022 e avrà un ruolo importante nel supportare Juliette Labous nelle gare più importanti.

A proposito di Eleonora Ciabocco, invece: dove l’avete vista brillare?

Era già entrata nel nostro radar nel 2021, grazie al suo titolo nazionale e al secondo posto ai campionati europei. Quello che le abbiamo visto fare nella scorsa stagione ha solo confermato i nostri pensieri su di lei.

Lei è un’atleta diversa da Francesca: che futuro vedi per lei?

E’ presto per dirlo davvero, ci piace sviluppare le nostre ragazze nei primi anni in tutti i tipi di gare. Quindi le lasceremo un primo anno più aperto.

Eleonora Ciabocco ha raggiunto il team olandese da quest’anno (foto Team DSM)
Eleonora Ciabocco ha raggiunto il team olandese da quest’anno (foto Team DSM)
Abbiamo visto Francesca Barale a Liegi nel suo primo anno di WorldTour, Eleonora proverà qualche grande gara nel 2023?

Con l’attuale programma WorldTour della squadra, anche Eleonora farà un mix di alcune grandi gare e altre più piccole. Pensiamo che sarà positivo per il suo sviluppo anche avere un assaggio delle grandi gare.

Vivrà a Sittard come i ragazzi del “devo team” o starà a casa?

Eleonora sarà al KCC (Keep Challenging Center, la cittadella nella città di Sittard in cui sorge il quartier generale della squadra, ndr) solo a volte, ma teniamo anche presente che deve ancora andare a scuola (ed essere promossa), quindi miriamo a trovare un buon equilibrio. Con la scuola e ciò che è importante anche per trovare un buon equilibrio tra vita privata e ciclismo.

Giro, Tour e Belgio: per Dainese un’estate di straordinari

18.01.2023
4 min
Salva

Alberto Dainese è un classe 1998 e lo scorso anno quando aveva 24 anni si è sciroppato Giro d’Italia e Tour de France. Ora si appresta ad iniziare la sua quarta stagione da pro’. Giovane quindi, ma già “esperto”.

Un grosso impegno, ma il corridore della Dsm i due Giri non solo li ha fatti, ma li ha conclusi bene e nelle 42 tappe complessive è anche riuscito ad alzare le braccia al cielo.

La vittoria al Giro di Dainese. Il veneto tra inizio Giro e fine Tour ha inanellato 47 giorni di gara su 85
La vittoria al Giro di Dainese. Il veneto tra inizio Giro e fine Tour ha inanellato 47 giorni di gara su 85
Alberto, il cittì Daniele Bennati ha detto che alla tua età fare due grandi Giri nella stessa stagione è un po’ troppo, tanto più ravvicinati come Giro e Tour, e alla fine sei arrivato stanco all’europeo. Cosa ne pensi?

L’ha detto prima o dopo del Tour?! In effetti è stato parecchio nel suo insieme, soprattutto perché tra Giro e Tour ho fatto anche il Giro del Belgio. E si è fatto sentire, ma è stata un’esperienza anche quella. Più dura di così non si poteva fare!

E come ti sei sentito?

E’ andata bene al Giro e un po’ meno al Tour, perché ero un po’ stanco e affaticato. Anche se devo dire che nell’ultima settimana le cose sono andate meglio. Ho colto un terzo posto. E tirando le somme posso dire che è stato giusto farle entrambe.

Andare bene alla “sesta” settimana, significa molto. Piuttosto, perché nel mezzo hai fatto anche il Belgio? Il Tour forse non era nei programmi?

Diciamo di no. Non me lo hanno comunicato proprio all’ultimo momento, ma inizialmente non dovevo fare il Tour. La decisione è arrivata nel mezzo. E quando me lo hanno detto sono rimasto un po’ così… L’ho presa come allenamento!

Alberto Dainese (a sinistra) con Milesi durante l’intervista via web
Alberto Dainese (a sinistra) con Milesi durante l’intervista via web
Si dice che i grandi Giri, specie ai giovani, facciano aumentare la cilindrata, a te questa immensa mole di lavoro ha lasciato qualcosa in più?

Ho fatto esperienza in tutti e tre i grandi Giri e ormai so più o meno cosa mi aspetta in quello successivo. Ora non so ancora i programmi di quest’anno, se ne farò uno, nessuno o tutti e tre, di certo è stato un bell’aiuto fisico e non solo. Ho acquisito un bel bagaglio di esperienza.

E rispetto al Dainese dell’anno scorso, in questi primi allenamenti ti senti più forte?

Un po’ sì, sento di stare meglio. Poi mi alleno con “l’individuo” qui a fianco (il riferimento è a Milesi, ndr) e in salita mi tira il collo. Sento più consapevolezza nei miei mezzi e poi è una maturazione naturale immagino, con l’età che va avanti. Ma credo conti anche l’esperienza in generale: il preparasi meglio, il saper mangiare… e in questo i grandi Giro ti aiutano un sacco. Anche perché devi organizzarti e capisci che non puoi sgarrare. 

Dopo la tua bella stagione ti hanno affidato un uomo di riferimento? Hai anche tu il Guarnieri della situazione?

In Dsm stanno investendo più sul creare un gruppo per la volata che su un uomo singolo, in questo modo quando si va alle corse e qualcuno non c’è, tutti sanno cosa devono fare… Però è arrivato Alex Edmondson dalla BikeExchange–Jayco e penso sia stato un buon acquisto perché lui tirava le volate a Gronewegen e sa bene come muoversi negli ultimi chilometri. Ha esperienza e questa serve soprattutto con noi che siamo giovani. Pensate che io sono il dodicesimo corridore più vecchio in squadra e non ho ancora 25 anni. 

In ritiro Dainese e compagni hanno provato diverse volate (immagine da Instagram)
In ritiro Dainese e compagni hanno provato diverse volate (immagine da Instagram)
State provando anche i treni?

Sì, abbiamo fatto delle prove, ma non solo per le posizioni, anche per tornare a stimolare le alte intensità, le alte velocità. Magari dopo l’inverno ti manca qualcosa… ma questa è anche la parte più divertente dei ritiri! C’è una valle in Spagna dove facciamo questi sprint… Certo, in gara è totalmente diverso, visto che ci sono 180 corridori che cercano di fare lo stesso, ma serve.

E sui materiali?

Già prima del Tour mi avevano dato la Scott Foil, che è la bici che adesso abbiamo tutti, e già quello era stato un netto miglioramento, soprattutto per le volate. Poi quest’inverno, come tutti, ho cambiato sella e manubrio grazie all’arrivo di Syncros. Sono riuscito ad allungarmi un bel po’, due centimetri, mentre ho mantenuto la piega da 42 centimetri: ho le spalle larghe.

Ecco Milesi, il terzo debuttante italiano nel WorldTour

17.01.2023
4 min
Salva

Sono tre i ragazzi italiani approdati nel WorldTour quest’anno. Due di loro – Lorenzo Germani (impegnato in Australia) e Gianmarco Garofoli – li avevamo già sentiti, mancava all’appello appunto il terzo: Lorenzo Milesi.

Il potente corridore lombardo è approdato al Team Dsm, o meglio, è salito di grado, visto che già vestiva questi colori, ma della squadra Development. Del resto è la stessa storia degli altri due. Segno che queste squadre avevano seminato e ora vogliono portarsi a casa il raccolto.

Lo scorso anno per Milesi tre vittorie: due strada (qui la seconda al Tour de l’Avenir) e una crono. Ricordiamo che lui va in bici da soli 5 anni
Nel 2022 per Milesi tre vittorie: due strada (qui la seconda al Tour de l’Avenir) e una crono. Ricordiamo che lui va in bici da soli 5 anni

E WorldTour sia…

Ma perché il raccolto sia buono non basta il supporto del team, servono anche l’impegno dell’atleta, la sua determinazione, i suoi risultati. Tutti ingredienti che non sono mancati a Milesi, tanto più che Lorenzo aveva avuto un brutto incidente ad inizio stagione.

«E’ andata bene direi… – racconta Milesi – nella passata stagione ho colto la prima vittoria su strada (aveva già vinto a crono da junior, ndr). Poi ne è arrivata un’altra ed è stato ancora meglio! Non sapevo cosa aspettarmi all’inizio dell’anno perché cambiava il livello. Perché è vero che era nel contratto che sarei passato, ma poi servono i fatti. Quindi non sono stato così colpito di questo arrivo in prima squadra. E anche l’incidente mi ha limitato poco, alla fine ho perso solo una gara di quelle che avevo in programma e due settimane di allenamento».

Dalle parole di Milesi si capisce quanto sia importante dare continuità al progetto. E quanto sia più “facile” passare di grado… ma restando di fatto nella stessa casa.

«Ora penso a fare bene la preparazione per questa stagione, dove ci sarà da fare un altro salto: l’obiettivo è migliorare. Tutto mi sembra abbastanza simile a quando ero in continental. Sì, cambia qualche persona, ma neanche tantissime, anche perché siamo passati in sei dalla Development. In più avevo già fatto delle gare con la WorldTour e avevo già avuto modo di saggiare l’ambiente.

«Quel che è cambiato è che sto facendo più ore di sella. Ho iniziato prima, ma è anche vero che inizio a correre un mese prima».

Il programma agonistico del bergamasco si aprirà a metà febbraio con Haut Var e proseguirà con l’Ardeche e man mano tutto il resto.

La Dsm in allenamento sulle strade del ritiro spagnolo. Lorenzo debutterà il 17 febbraio al Tour du Haut Var (immagine da Instagram)
La Dsm in allenamento sulle strade del ritiro spagnolo. Lorenzo debutterà il 17 febbraio al Tour du Haut Var (immagine da Instagram)

La gavetta serve

Vicino a Milesi c’è il suo amico e consigliere, “l’esperto” Alberto Dainese il quale dice: «Io “spargo” consigli a destra e manca!».

«E’ il vecchio saggio», ribatte scherzando Milesi.

Passare giovani però comporta anche qualche rischio, come quello di ritrovarsi a svolgere un mero lavoro di gregariato, col risultato di disabituarsi alla vittoria e di perdere certi istinti. Fortunatamente, passando in sei, forse questo rischio viene un po’ limato. E poi molto dipende anche dalla mentalità della squadra.

«Dover tirare all’inizio ci sta – dice Milesi – fa parte del gioco, credo sia normale fare un po’ di gavetta. Poi ovviamente spero di trovare i miei spazi, ma credo che me li daranno».

Milesi (qui con Miholjevic a ruota) nel 2022 ha preso parte sia al Giro U23 che all’Avenir. E ha disputato alcune gare con la prima squadra
Milesi (qui con Miholjevic a ruota) nel 2022 ha preso parte sia al Giro U23 che all’Avenir. E ha disputato alcune gare con la prima squadra

Tante novità

«Sono nel gruppo degli scalatori/grandi Giri – prosegue Lorenzo – e quando si esce per l’allenamento si parte subito belli andanti: 300-350 watt già al primo strappetto, specie se c’è Bardet. E tutto ciò, soprattutto a dicembre, si sentiva. Ora va meglio».

Milesi sembra prendere tutto alla leggera, come se diventare pro’ fosse una cosa normale. Ma tutto sommato è la forza dei veri talenti. Il suo approccio ricorda vagamente quello di Jonathan Milan che sornione, sornione… si affida a chi ne sa di più, agli esperti del team ed esegue con dedizione il suo compito. E’ così con gli allenamenti, ma anche con l’alimentazione e la dotazione tecnica.

«Abbiamo cambiato la bici, o meglio, il telaio. Siamo passati alla Scott Foil. E’ cambiata anche la sella, ora è Syncros (marchio di Scott, ndr), ma la posizione è più o meno simile. La stessa cosa vale per la bici da crono. Insomma quelle piccolissime differenze che ci sono quando si cambiano alcuni componenti, ma gli angoli restano gli stessi».

Barale macina chilometri in Spagna e fissa gli obiettivi

06.12.2022
6 min
Salva

Dai Pirenei alla Costa Blanca, è la rotta verso sud e verso il 2023 di Francesca Barale. La 19enne scalatrice del Team DSM ha trascorso le settimane scorse ad Andorra e in queste ore si è trasferita a Calpe in attesa di iniziare il primo training camp della prossima stagione.

Di chilometri ne ha fatti Barale in questo scorcio di autunno, adesso che può farli con continuità. Non ha avuto alcun problema a superare l’esame di maturità e nemmeno quello del primo anno elite. Sfruttiamo quindi un suo momento di relax di metà pomeriggio per sapere come potrebbe essere la prossima stagione.

Selfie rosa: Francesca assieme al fidanzato Leo Hayter, vincitore del Giro U23 nel 2022
Selfie rosa: Francesca assieme al fidanzato Leo Hayter, vincitore del Giro U23 nel 2022
Francesca raccontaci la tua campagna in terra iberica.

Sta andando bene. Dopo un periodo di vacanza sono venuta ad Andorra, a casa del mio fidanzato (Leo Hayter della Ineos Grenadiers, ndr) per allenarmi con lui. Anche se qui siamo a 1.200 metri di altitudine, abbiamo sempre avuto un clima molto mite. Qua la vallata è molto più aperta e soleggiata rispetto a quella in cui abito in Italia. Ho fatto quasi un mese con Leo ma, siccome ad Andorra iniziava a fare più freddo, adesso sono a Calpe con una compagna di squadra. Fino al 12 dicembre saremo solo in due, poi arriva tutta la squadra e staremo assieme fino al 20.

Com’è stata questa convivenza in altura con Leo tra allenamenti e tutto il resto?

Buona, perché ci siamo motivati a vicenda quando il meteo non era dei migliori. Tranne in qualche caso in cui usavamo l’auto, solitamente partivamo da casa in bici, scendevamo a valle, facevamo i nostri lavori e rientravamo. Praticamente ogni giorno un arrivo in salita visto che andavamo oltre La Vella, la capitale. Per la verità però abbiamo fatto pochi allenamenti assieme dall’inizio alla fine, perché spesso avevamo tabelle diverse. E poi perché quando lui va via normale, io sono quasi a tutta (ride, ndr). In ogni caso ci siamo scambiati consigli, Leo me ne dà molti e tendo ad ascoltarlo. Fatica invece ad applicarsi con l’italiano. Sono meglio io con l’inglese.

Podio WorldTour: con il Team DSM Francesca ha ottenuto il terzo posto nella cronosquadre di Vargarda in Svezia (foto Vos)
Podio WorldTour: con il Team DSM Francesca ha ottenuto il 3° posto nella cronosquadre di Vargarda (foto Vos)
L’ultima volta che ci siamo sentiti stavi per finire la stagione. Come sono andate le ultime gare?

Molto bene. Ho chiuso in crescendo, proprio come facevo le stagioni precedenti da junior. La Vuelta mi è piaciuta tanto, per come è stata disegnata. E’ andato bene anche il Tour de Romandie. Ma è nel mezzo, in Francia alla Binche che sono andata proprio forte. Anzi, ci voleva un pizzico di fortuna in più…

Spiegaci pure…

Ho seguito la tattica del nostro diesse e sono andata in fuga. Eravamo in sei, ognuna di una squadra diversa. Il finale era mosso e sono rimasta con una ragazza della Plantur-Pura e una del Team Coop-Hitec. Ci hanno ripreso a 700 metri dal traguardo. Da dietro alcune squadre avevano iniziato a tirare per chiudere. Quando ci hanno messo nel mirino anche la DSM ha iniziato a lavorare. Per fortuna che ha vinto Lorena (Wiebes, ndr) così ha sistemato tutto. Io alla peggio avrei fatto terza, che non mi sarebbe affatto dispiaciuto, ma sono contenta lo stesso. Mi sono sentita protagonista.

Francesca Barale è nata il 29 aprile 2003 ed è originaria di Domodossola
Francesca Barale è nata il 29 aprile 2003 ed è originaria di Domodossola
Che effetto ti ha fatto essere nel vivo della corsa da debuttante nella massima categoria?

Dopo l’arrivo ero stanca e consapevole di poter non solo finire bene le gare, ma aiutare la squadra come si deve. Nel finale di stagione ho capito di essere cresciuta tanto.

A proposito di Wiebes, com’è stato il tuo rapporto con lei e com’è avere una compagna così?

Nella seconda parte dell’anno abbiamo corso tanto assieme, nonostante le diverse caratteristiche fra di noi. Ci siamo conosciute molto meglio. Correre con una come lei ti dà leggerezza. In gara ti fai il mazzo ma sai che Lorena è una certezza, che vince. Quest’anno per noi è sempre stato così. Ora che è andata alla SD Worx, il suo posto è stato preso da Charlotte (Kool, ndr), che era la sua ultima ruota. E’ molto forte, può vincere tante gare, anche contro Lorena.

Barale con la coetanea Uijen. Nel 2023 il Team DSM avrà una età media di quasi 21 anni (foto instagram)
Barale con la coetanea Uijen. Nel 2023 il Team DSM avrà una età media di quasi 21 anni (foto instagram)
Quante possibilità ci sono di vederti nei grandi giri a tappe?

Non c’è nulla di ufficiale, visto che dobbiamo ancora parlare dei programmi, ma uno tra Giro Donne e Tour Femmes lo farò. Però bisogna stare con i piedi per terra, perché nelle elite ci vuole tanta esperienza, specie in queste gare.

Ci sono altri appuntamenti a cui guardi con interesse?

Ce ne sono alcuni con la nazionale. Al mondiale non ci penso perché sarà per ruote veloci. Invece vorrei guadagnarmi la convocazione per gli europei U23. Si correranno in Olanda attorno al Vam-berg (o Col du Vam, ndr). Il circuito potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche, anche se su quella collina artificiale ci vuole esplosività. Infatti io vorrei disputare la crono dove potrei sentirmi più portata. Poi, sempre con la maglia azzurra, mi piacerebbe correre la prima edizione del Tour de l’Avenir Feminin (in programma dal 29 agosto al 2 settembre, ndr), quasi in contemporanea con quello maschile. Mentre con la DSM ad inizio stagione vorrei riscattarmi a Cittiglio. Quest’anno ero abbacchiata (sorride, ndr) e ho dovuto ritirarmi. Non mi è andata giù questa cosa.

Francesca nel 2022 ha disputato 34 giorni di gara: i due terzi dopo la maturità
Francesca nel 2022 ha disputato 34 giorni di gara: i due terzi dopo la maturità
Francesca Barale come si presenta ai blocchi di partenza del 2023?

Sicuramente con qualche certezza in più. Adesso so cosa mi aspetta. Ho visto che lavorando sodo posso starci lì in mezzo al gruppo. Infatti mi sto allenando a fondo perché voglio essere pronta, fin dai primi ritiri. Spero di potermi giocare qualche carta in più. Siamo una squadra molto giovane, dove tutte avranno la propria possibilità. Cercherò di crearmele durante l’anno. Tuttavia so che devo avere molta pazienza perché devo migliorare in tante cose. Come sulla potenza o allo sprint. In allenamento Leo mi fa da riferimento nelle volate. Un po’ come ha fatto Elisa con Jacopo (ride mentre allude alla sua conterranea Longo Borghini col fidanzato Mosca, ndr).

Bardet: «Al Giro 2022 sensazioni mai provate prima»

28.10.2022
5 min
Salva

La Roc d’Azur, un mega festival della mountain bike che si tiene a Frejus, nel sud della Francia, è un’ottima occasione per mettere a posto le idee. E Romain Bardet della Roc è un vero habitué. Il corridore della Dsm infatti ha avuto un passato da biker e resta un super appassionato. La sua ultima gara su strada del 2022 è stato il Lombardia, ma la sua vera chiusura stagionale è avvenuta il giorno dopo alla Roc… come è ormai tradizione per lui.

Romain ha ripassato la sua stagione. Ha fatto ragionamenti a tutto tondo sul confronto generazionale e soprattutto, e non può che farci piacere, ha espresso un atto di amore verso il Giro d’Italia. Ecco dunque, dopo Pinot, un’altro “cugino” innamorarsi della corsa rosa. 

Bardet alla Roc d’Azur, disputatasi il giorno dopo il Lombardia. Il francese è un ottimo biker (foto Instagram)
Bardet alla Roc d’Azur, disputatasi il giorno dopo il Lombardia. Il francese è un ottimo biker (foto Instagram)

Giro mon amour

Magari Romain non è stato esplicito come ha fatto nel corso degli anni Pinot, ma le sue parole non sono state da poco.

«Quest’anno mi ero posto come obiettivo principale la classifica generale del Giro d’Italia – ha detto Bardet – Avevo in mente questa gara da dicembre 2021. E ci ero arrivato in condizioni ottimali». Durante la corsa inoltre aveva detto come fosse bello correre il Giro. Percorsi tecnici, salite durissime e meno stress rispetto al Tour. Emergeva più l’aspetto tecnico che il contorno.

Ed è vero. Noi stessi parlammo con lui all’arrivo di Villabassa, al Tour of the Alps, mentre girovagava per le viuzze del paesino altoatesino alla ricerca del suo hotel. Romain ci disse che pensava al Giro dal momento in cui lo avevano presentato e che certe salite lo facevano sognare. 

E sempre in quella corsa, appunto il TOTA, si mostrò così determinato che si portò a casa la classifica generale con una bella azione nell’ultima tappa in una giornata da tregenda.

«Penso che lo scorso Giro – ha proseguito Bardet – sia stato il grand Tour in cui mi sono sentito più sicuro in carriera. E non si è mai del tutto sicuri in una grande corsa a tappe. Invece avevo uno stato mentale che non avevo mai avuto prima. Uno stato mentale di conquista».

Prima di abbandonare il Giro, quest’anno Bardet non aveva perso un colpo. In salita aveva sempre lottato con i migliori
Prima di abbandonare il Giro, quest’anno Bardet non aveva perso un colpo. In salita aveva sempre lottato con i migliori

Doccia fredda

Ma ha ragione Bardet: non si può mai essere del tutto sicuri in un grande Giro. Era lì determinato, quarto nella generale a festeggiare la vittoria del compagno Dainese a Reggio Emilia, e due giorno dopo saliva mestamente in ammiraglia per forti problemi allo stomaco.

Chissà se tornerà ancora al Giro. Il percorso del Tour de France, presentato ieri, non può non piacergli. Primo perché è oggettivamente bello. Secondo perché ci sono solo 22 chilometri a crono. Terzo (forse il motivo più importante) perché la Grande Boucle passa a “casa sua”, sul Massiccio Centrale. Il corridore di Brioude avrà almeno quattro frazioni in un raggio di 70 chilometri da casa sua.

Però abbiamo visto che quando un corridore si focalizza su un determinato obiettivo, quando capisce che ha concrete possibilità di raccogliere qualcosa è disposto a rivedere le sue priorità. Pensate che lo scorso anno su 64 giorni di corsa, Bardet ne ha fatti solo 21 in Francia e sono stati quelli del Tour. Per il resto ha gareggiato soprattutto in Italia: Tirreno, Tour of the Alps, Giro, Tre valli Varesine, Giro di Lombardia. In più Romain ha “scoperto” il Giro solo nel 2021 e ci è voluto tornare l’anno dopo. Come si dice: non c’è due senza tre.

Bardet e la nuova generazione (Pogacar e Vingegaard) che morde alle spalle durante l’ultimo Tour, chiuso al 6° posto
Bardet e la nuova generazione (Pogacar e Vingegaard) che morde alle spalle durante l’ultimo Tour, chiuso al 6° posto

Pensieri profondi

«Durante questa stagione penso di essere stato presente ogni volta che mi aspettavo – ha detto ancora Bardet – C’erano sempre uno o due corridori fuori portata, tranne a maggio (cioè al Giro, ndr). Lì stavo davvero bene».

Quando parla di corridori sopra la media, Bardet si riferisce soprattutto a Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar ed Remco Evenepoel.

«Hanno qualcosa in più, sono dei geni in bicicletta. Quando sono al 100%, nessuno può competere con loro. Anzi si può dire che gareggino tra loro. Non si prendono cura di noi.

«Vediamo che andiamo tutti più forte che in passato. In salita il ritmo ormai è incredibile… eppure loro vanno ancora più forte. Io credo che ciò dipenda anche dalla struttura delle loro squadre. Quando vedi la Jumbo-Visma o la UAE Emirates, soprattutto nei grandi Giri, almeno 5-6 dei loro atleti potrebbero essere leader in altri team. E per noi si complica tutto. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di mantenere la calma e calibrare le forze per sopravvivere».

Infine Bardet fa una riflessione interessante sulla sua generazione. Il francese è un classe 1990, come Aru, Dumoulin, Pinot…

«Penso di essere incappato in una finestra generazionale che non è mai arrivata del tutto. Le mie non erano parole vuote quando cinque o sei anni fa dicevo che i miei anni migliori dovevano ancora venire.  E infatti i numeri sono chiari: io sono più forte di quegli anni. Il problema è che ci sono giovani ancora più forti».

Barale apre a Ciabocco le porte del Team DSM

07.09.2022
5 min
Salva

Onori di casa e consigli. In casa Team DSM dal prossimo autunno Francesca Barale sarà la guida di Eleonora Ciabocco che la raggiungerà alla formazione olandese a partire dal 2023. La 19enne di Domodossola farà da chioccia alla sua connazionale, più giovane di un anno. Sembra incredibile, quasi paradossale, ma questi sono gli effetti della migrazione delle nostre atlete verso il WorldTour.

Barale, impegnata alla Challenge by La Vuelta da oggi fino all’11 settembre, sta completando la sua prima stagione da elite e finora ha potuto appuntarsi una serie di spunti da passare alla junior azzurra. Ciò che ha vissuto Francesca in tutti questi mesi, presto lo vivrà Ciabocco. La passista-scalatrice piemontese la troviamo alla vigilia della corsa spagnola pronta sia a supportare le compagne che a dispensare suggerimenti. E con una aspirazione personale da realizzare legata ad una sua più famosa conterranea.

Anche se in una cronosquadre, per Barale quello di Vargarda è il primo podio in una gara WorldTour
Anche se in una cronosquadre, per Barale quello di Vargarda è il primo podio in una gara WorldTour
Francesca com’è andata la maturità e come sono andate le corse successive?

Chiaramente c’è stato un prima e un dopo. Finché sono andata a scuola ho dovuto fare di necessità virtù in relazione alle corse che potevo fare. Infatti la mia media si è un po’ abbassata ma sono riuscita a diplomarmi con 85/100. Un range che mi soddisfa considerando tutti gli impegni. Dopo l’esame mi sono potuta concentrare solo ed esclusivamente alle gare. Da due mesi sono entrata più nella parte del corridore. Faccio le cose con tranquillità, rispettando i giusti tempi per alimentazione, allenamento e recupero. Ora ho più ritmo. A Plouay, che era quasi 160 chilometri di gara, la più lunga che abbia mai fatto, sono riuscita a finirla qualche secondo dietro al gruppo principale nonostante fossi caduta. Ecco, lì è stata la maturità della bici…

Come mai?

Perché ho battuto un braccio e si era aperta una ferita. Ma mi sono alzata subito, mi sono fatta medicare restando attaccata all’auto del medico. Mi hanno dovuto applicare dei punti. Faceva male però non potevo certo ritirarmi. Da junior, se mi fosse capitata una cosa del genere, probabilmente mi sarei fermata o avrei chiuso a fine gruppo. Qui no. Qui c’è da aiutare la squadra e queste situazioni ti aiutano a crescere. In quel frangente ho capito che sono davvero una elite e la mia attitudine alle corse migliora sempre di più.

Barale, qui alla Freccia del Brabante, ha sofferto in primavera. Dopo la maturità il ritmo gara è migliorato
Barale, qui alla Freccia del Brabante, ha sofferto in primavera. Dopo la maturità il ritmo gara è migliorato
Intanto è arrivato il tuo primo risultato, seppur non individuale.

Esattamente. Abbiamo centrato il terzo posto nella cronosquadre di Vargarda in Svezia, una gara WorldTour sempre molto sentita. Abbiamo fatto una prestazione inaspettata. Eravamo su con una squadra molto giovane, avevamo provato poco questo tipo di gara e non sapevamo cosa avremmo combinato. Invece per un po’ abbiamo avuto il miglior tempo. Comunque arrivare dietro a due squadroni come Trek-Segafredo e SD Worx è tanta roba. Ed è stato bello condividere con le mie compagne sia la fatica che la gioia del risultato. Mi piace che La Vuelta parta proprio con una cronosquadre perché ci affiata ancora di più. Fa bene al gruppo.

Arriverà Ciabocco, come la accoglierai?

Intanto devo dire che se avessi dovuto scegliere una ragazza che mi raggiungesse, avrei detto proprio Eleonora. Sono molto contenta, con lei mi sono sempre trovata benissimo. Siamo sempre state avversarie nelle categorie giovanili, ma non mi dispiace se era lei a battermi. Inoltre grazie alla nazionale abbiamo rafforzato la nostra amicizia. Sarò ben felice di darle dei consigli e di introdurla in squadra.

Selfie pre-podio a Vargarda. Francesca Barale si è inserita bene nel Team DSM (foto instagram)
Selfie pre-podio a Vargarda. Francesca Barale si è inserita bene nel Team DSM (foto instagram)
Quali consigli le darai?

In primis di avere tanta pazienza. Anche se so che è una ragazza che sa gestire e comprendere circostanze del genere, in questo siamo simili. Fino alla maturità farà una vita, dopo ne inizierà un’altra. Non dovrà abbattersi se farà fatica in corsa, se si ritirerà o se non arriveranno i risultati o le prestazioni. La nostra squadra è l’ideale per giovani come noi. Io quest’anno non ho avuto pressioni e non ne avrà nemmeno lei. Anche col cibo non dovrà preoccuparsi quando farà i periodi nel nostro centro a Sittard. Viviamo in appartamenti e possiamo fare la spesa più indicata a noi oppure portarci la roba dall’Italia.

Tu sarai per lei ciò che non hai avuto quest’anno. Ad esempio con la lingua…

Sicuramente ci sarà quello scoglio. In squadra quella ufficiale è l’inglese. Onestamente mi avrebbe fatto comodo una compagna italiana già presente, ma non è andata male. Quindi deve stare tranquilla se farà fatica inizialmente. Anche se l’inglese lo abbiamo studiato tutti bene a scuola, qui lo devi imparare nuovamente. Parlare, ragionare, comprendere e farsi capire con le altre persone del team è una cosa che non hai mai fatto prima. Eleonora, così come ho fatto io, deve pensare che tutte noi siamo passate da queste iniziali difficoltà. Potrà contare su di me per ogni cosa.

Ti abbiamo vista alla festa di Longo Borghini. A lei invece hai mai chiesto consigli?

Sì e no. Diciamo che quando usciamo assieme in allenamento, parliamo davvero di tante cose, tra cui le storie del gruppo. Adesso che abbiamo entrambe spesso obiettivi e calendari comuni, riusciamo a confrontarci meglio e da Elisa posso trarre tanti insegnamenti.

Ciabocco e Barale sono già state compagne di nazionale: qui agli europei di Trento 2021
Ciabocco e Barale sono già state compagne di nazionale: qui agli europei di Trento 2021
Cosa rappresenta lei per te?

E’ sempre stata l’esempio da seguire, il mio idolo. Anche lei è cresciuta nel Pedale Ossolano prima che mio padre (l’ex pro’ Florido, ndr) ne diventasse il presidente, benché lui collaborasse con la società quando c’era lei. Non so se dove viviamo possiamo crescere tutti allo stesso modo, ma qualcuno dice che io somigli a lei nelle caratteristiche fisiche. Bene in salita, bene a crono, non velocissime (sorride, ndr).

Allora abbiamo trovato la sua erede.

Bè, qua in Val d’Ossola di sicuro perché ci sono solo io (ride, ndr). Magari potessi diventare come lei! Mi piacerebbe conquistare la metà, o anche meno, dei risultati che ha ottenuto. Però adesso non ci penso. Devo pensare a sopravvivere qui alla Vuelta…