Giornata amara per Viviani. «Ciao Nord, testa al Giro»

07.04.2021
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L’espressione di Elia Viviani quando passa nella zona mista dice tutto. La sua Scheledeprijs non è andata come sperava. «Oggi era una giornata da bianco o nero. E’ stata da nero», commenta il veronese.

Se il vento che soffiava dal Mare del Nord in qualche modo aveva risparmiato la gara femminile, nel senso che non era stato fortissimo, non è stato così per quella maschile. La Scheldeprijs degli uomini infatti partiva proprio da uno di quei bracci di terra rubati al mare, addirittura in territorio olandese. Pale eoliche, prati infiniti, canali e navi portacontainer grandi come quella che si è incagliata recentemente nel canale di Suez, erano il contorno. E i pesi massimi del gruppo si fregavano le mani: tutto ciò era pane per i loro denti e per quelli dei velocisti.

Gruppo nel tunnel della Schelda Occidentale (6,6 chilometri, il più lungo d’Olanda)
Gruppo nel tunnel della Schelda Occidentale (6,6 chilometri, il più lungo d’Olanda)

Voglia sì, gambe no

Elia Viviani al mattino aveva detto chiaramente che era qui perché credeva nella vittoria, altrimenti neanche sarebbe partito da casa. Un ragionamento corretto, degno del campione qual è. Ma la sua determinazione non “ha fatto scopa” con le sue gambe.

Subito dopo il via il gruppo doveva affrontare il tunnel sotto il mare per raggiungere la penisola di Zuid-Beveland e da lì pedalare in direzione di Schoten. Il vento a quel punto sarebbe stato laterale. E presto è scoppiata la bagarre dei ventagli.

«Dopo 15 chilometri – racconta Elia – ero nel primo gruppo, ma quando poi si è rotto per una caduta ero nel secondo con Cavendish. Da lì sono saltato sul terzo. Non avevo una posizione buonissima. Ho preso una “frustata”, poi un’altra e alla terza sono saltato. Abbiamo inseguito tutto il giorno. Niente da fare. Peccato perché alla fine è andata anche bene con il meteo. E’ stata una gara asciutta, non ha piovuto, né nevicato. Il vento ha caratterizzato la corsa e i più forti erano davanti con diversi uomini. Soprattutto quelli del secondo gruppo, che sono poi riusciti ad agganciarsi».

In queste terre il vento è quasi sempre presente. Avere un team capace è fondamentale
In queste terre il vento è quasi sempre presente. Avere un team capace è fondamentale

Ventagli fatali

Elia ha il volto gonfio dal freddo, così come i suoi colleghi che sfilano alle sue spalle nella zona mista.

«Sensazioni? Bene, ma non benissimo altrimenti sarei rimasto con quelli davanti. Ero determinato però, ripeto, dal secondo ventaglio sono saltato sul terzo. La chiave è tutta lì. Quando succede così è perché le gambe non sono quelle che dovrebbero essere. La vittoria è arrivata, manca confermarsi: vincere, fare secondo o terzo. Quello che sta facendo Bennett, quello che ho fatto io nel 2018, 2019».

In queste situazioni il team conta moltissimo e saper correre con il vento ancora di più. E’ incredibile però. Si sa che certe gare e certe situazioni nascondono determinati trabocchetti, quello che ci si aspetta si verifica, eppure ogni volta ne esce una bolgia. E’ il fascino di queste gare.

«Quando poi davanti – riprende Viviani – ci sono cinque corridori della Bora-Hansgrohe e cinque della Deceuninck-Quick Step è ovvio che il nostro inseguimento è stato lungo. Una vera agonia. Alla fine ci abbiamo creduto gli ultimi tre giri, perché abbiamo visto che guadagnavamo, dai 2’30, siamo passati a 1’20”, però era tardi. E probabilmente con un gap i primi così stavano gestendo».

Scheldeprijs decisa nelle prime fasi. I tanti ventagli hanno respinto anche Viviani (31°)
Scheldeprijs decisa nelle prime fasi. I tanti ventagli hanno respinto anche Viviani (31°)

Viviani e il Giro

Ma come ogni campione che si rispetti, il corridore della Cofidis, già guarda avanti. Gli obiettivi futuri sono la benzina per rimettersi sotto. Il suo biennio con il team francese, almeno sin qui, non è stato fortunatissimo tra cadute e covid. E fa pensare che Elia dica che il Giro è il grande obiettivo della stagione.

«Adesso – conclude Viviani – riposo qualche giorno e poi inizio a pensare al Giro che sarà probabilmente l’appuntamento clou della stagione. La prossima settimana tornerò in pista, comincerò con dei blocchi di lavoro che serviranno per il Giro, ma anche per Tokyo. Il recupero mi servirà più la testa che per il fisico. E poi sotto a lavorare. In primis per il Giro».

Parigi-Nizza 2021, 5a tappa, Sam Bennett

Sabatini: «La forza di Bennett? All’80% è il treno»

11.03.2021
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Parliamo di sprint e sprinter. Ieri, un po’ a sorpresa, alla Tirreno ha vinto Van Aert che è veloce, ma non è un velocista puro, mentre alla Parigi-Nizza continua a far faville Sam Bennett, anche oggi sul traguardo di Bollene (foto di apertura). Dopo la maglia verde vinta lo scorso anno al Tour de France, l’irlandese sembra aver trovato grande sicurezza. Quest’anno ha già messo nel sacco tre vittorie. Come mai questa supremazia? Cerchiamo di fare il punto con chi le volate le vive da dentro, Fabio Sabatini (foto in apertura).

Fabio Sabatini, uomo cruciale nel treno di Viviani alla Cofidis
Fabio Sabatini, uomo cruciale nel treno di Viviani alla Cofidis

Morkov eccezionale

«In effetti – spiega Sabatini – Sam è impressionante. Perché? Perché ha il treno e finché ha questo credo sarà dura per tutti. Bennet ha Morkov che lo porta sempre lì e… non c’è niente da fare per gli altri. Non è una questione di potenza del corridore, che comunque è potente, ma del treno appunto. L’80% delle sue vittorie dipendono dalla squadra».

Alla fine passano gli anni, cambiano gli interpreti e se vogliamo anche i treni, ma l’apripista resta fondamentale. Morkov, Richeze, Guarnieri, sono importantissimi ed è quel che forse manca a Caleb Ewan, lo sprinter più puro insieme a Demare. Ieri il folletto australiano non era messo male, ma il suo compagno si è spostato quasi senza dirglielo e per di più mentre la sua velocità non era in fase ascendente. Come si è spostato, Ewan ha preso aria e dall’elicottero si è visto come abbia perso due metri presa stante. A quel punto Caleb si è schiacciato sulla bici, ha rimontato, ma ormai era tardi.

Tour de France 2020, POitiers, Peter Sagan (SVK - Bora - Hansgrohe) - Wout Van Aert (BEL - Team Jumbo - Visma) - Sam Bennett (IRL - Deceuninck - Quick Step) - Caleb Ewan (AUS - Lotto Soudal)
Ewan (Lotto) è il velocista con lo spunto veloce più alto
Tour de France 2020, POitiers, Peter Sagan (SVK - Bora - Hansgrohe) - Wout Van Aert (BEL - Team Jumbo - Visma) - Sam Bennett (IRL - Deceuninck - Quick Step) - Caleb Ewan (AUS - Lotto Soudal)
Ewan (Lotto) è il velocista con lo spunto veloce più alto

E il treno Cofidis?

Parlando di treno, Sabatini lancia indirettamente un altro spunto di riflessione: la Cofidis a che punto è? Come è messa con Viviani, tanto più se si considera che Consonni è out per infortunio e che il suo rientro non è previsto a breve?

«Noi – riprende il toscano – dobbiamo ancora correggere tante cose del nostro treno e speriamo di riuscirci presto. Riguardo all’assenza di Consonni che dire… Noi gli uomini li abbiamo, semmai come ho detto c’è da correggere alcuni, tanti, errori che possono essere piccoli ma nel finale in volata possono diventare enormi. Un esempio? Non si può partire con il treno ai meno 9 chilometri, come ieri. Dovevamo partire ai meno tre… questo era il programma».

Quando si sentono commenti del genere si può capire quanto sia complicato gestire certe situazioni in corsa. Sembra facile dire che si inizia ai meno tre. Poi la realtà, la frenesia del gruppo, la tensione sono tutt’altra cosa. E per questo motivo quando Sabatini dice che il treno conta per l’80% ha ragione.

Viviani secondo nella sesta tappa dell’UAE Tour, primo Bennett (e dietro Morkov esulta)
Sesta tappa dell’UAE Tour, primo Bennett (dietro Morkov esulta)

Sabatini apripista 

Sabatini l’ultimo uomo lo sa fare. E’ un ruolo che ha svolto per anni. Adesso è un po’ che non lo fa più, ma è qualcosa che si ha dentro oppure serve del tempo per rispolverare certe attitudini?

«Sono automatismi che si hanno dentro – conclude Sabatini – poi io ed Elia che facciamo le volate da tanti anni. Eravamo abituati ad avere il nostro treno. Ora c’è da buttarsi un po’ nella mischia e non è facile».

Il toscano però non si perde d’animo. Sa cosa deve fare e dove andare a parare: ha la personalità e l’esperienza per riordinare le cose in Cofidis. Gli serve solo qualche corsa per prendere le misure e, chiaramente, anche un Viviani che batta un colpo forte. Sin qui Elia ha colto un secondo posto all’UAE Tour proprio dietro a Bennet.

Viviani convinto: ricomincia tutto da Montichiari

17.02.2021
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Ricomincia tutto da qui, da Montichiari, dal legno levigato di questo auditorium del ciclismo, in cui le ruote frusciano e le voci rimbalzano. Viviani si muove come il padrone che torna dopo un lungo viaggio e in effetti il veronese è appena arrivato da Almeria, dove ha visto i compagni della Cofidis correre, aspettando il suo momento. Lo scherzetto del cuore gli è costato un bel ritardo nell’inizio della stagione, ma adesso che tutto è a posto, si può pensare alla ripartenza dallo Uae Tour, ormai fra pochi giorni.

Elia Viviani, Francesco Lamon
Due battute con Lamon, appena arrivato a Montichiari, l’uomo che lancia il quartetto
Elia Viviani, Francesco Lamon
Due battute con Lamon, l’uomo che lancia il quartetto

Test in 3D

Le cose da fare sono tante. Ci sono gli uomini di Pinarello che aspettano con lo scanner 3D per verificare che il manubrio vada bene. Oggi il test è toccato a tutti gli azzurri e anche alle ragazze di Salvoldi. Viviani è l’ultimo. La perfezione del quartetto passa anche per l’ottimizzazione dei flussi e la miglior penetrazione aerodinamica. La scansione prevede in primis che attorno al manubrio venga messa della carta gommata per impedire i riflessi della lega. Poi che l’atleta, con la bici sul rullo, si metta nella posizione più aerodinamica e così rimanga per due minuti, durante i quali l’addetto allo scanner gli gira intorno operando tutti i rilevamenti necessari. La sagoma in 3D che se ne ricava, dopo qualche minuto compare progressivamente nel display del computer, mano a mano che i dati vengono elaborati.

Mentre tutti gli azzurri sono saliti in bici e si sono subito messi nella posizione richiesta, Elia ha iniziato a pedalare per ottenere la perfetta simbiosi con la bici e si è fermato dopo una decina di minuti, dando il via al rilevamento.

Il suo rifugio

Quando la sagoma 3D si è materializzata nello schermo, Elia ha firmato la liberatoria poi è andato a prepararsi per l’allenamento in pista. Quello che gli era mancato lo scorso anno e per il quale è volato direttamente fin qui dalla Spagna, rinunciando a passare per Verona in visita ai suoi genitori. Elena Cecchini, la compagna, è in Spagna in ritiro con la squadra.

«La pista è come un rifugio – dice Viviani – e ho provato a tornarci lo scorso anno fra Tour e Giro, ma era tardi e non avere continuità mi aveva tolto lo spunto. Al mondiale di Berlino mi sono accorto che ero lontano dai primi e su strada era evidente che in volata mancasse qualcosa. Sul piano fisico e anche mentale. Qui lavoriamo duro ed essere con questo gruppo così forte mi motiva a impegnarmi di più. Una volta ero io a fare la differenza, adesso devo rimboccarmi le maniche. Sono stato qui prima di Natale, poi a gennaio e il prossimo ritiro sarà a marzo».

Prima la strada

Si fa fatica a capire se in questo momento nella sua testa venga prima la strada oppure le Olimpiadi, anche se poi approfondendo il discorso, si capisce che davvero i due discorsi sono complementari al 100 per cento.

«C’è obiettivamente un riscontro di gambe – spiega – al tanto lavoro fatto per tornare ad avere il picco di watt vincente. L’anno scorso avevo dei valori medi molto alti, ma era come se avessi il limitatore. Se nella tappa di Parigi mi lasciano al quarto posto, io lotto per vincere, non finisco quinto. Per questo abbiamo lavorato e lavoreremo nei prossimi giorni sulle partenze da fermo e le volate lanciate con il quartetto. E’ bello vedere i ragazzi che lavorano per me. Riusciamo a simulare le situazioni delle gara su strada, usando i rapporti della pista. Per cui quando mi troverò a sprintare con il 54×11 non mi sembrerà così duro. Da qui in avanti sarà tutta una questione di gestione, dando continuità alla pista e prendendo il buono per la strada. Poi, come nel 2016, verrà il momento in cui sarà tirata una riga e da lì ci sarà solo la pista. Ma prima c’è da iniziare bene la strada. Una vittoria darebbe un surplus di serenità».

Il pranzo di Montichiari: una piadina al volo, poi Viviani sale in pista
Il pranzo a Montichiari, una piadina e via

Razionalità addio

Nel frattempo il ciclismo è cambiato e con il ciclismo sono cambiati i velocisti. Lo hanno detto tutti gli sprinter con cui abbiamo parlato, i percorsi veloci sono ormai un ricordo.

«Siamo felici – ammette Viviani – se troviamo una corsa con 2.000 metri di dislivello. Di velocisti alla Kittel, sono rimasti Groenewegen e Jakobsen. Gli altri sono tutti corridori di 73-75 chili, che saltano le salite e possono arrivare in fondo a un grande Giro. Ce ne sono tanti in ogni corsa. Il mio obiettivo è tornare l’Elia che nel 2018-19 vinceva il campionato italiano, Amburgo, Plouay, ma prima voglio ricominciare a vincere tanto. E’ una catena, se imbocchi la prima maglia, poi le altre vengono da sole. Invece non vincere è logorante, ti metti ad analizzare l’impossibile. Provi a cambiare mille cose. Mi sono messo a fare le volate da solo, pur sapendo di aver fatto le cose migliori col treno. La razionalità, che è sempre stata il mio punto forte, è andata a farsi benedire».

Viviani e Scartezzini, due veronesi a Montichiari
Viviani e Scartezzini, due veronesi a Montichiari

Modello Deceuninck

E allora, mentre Elia cerca un magnete da applicare sulla lenticolare posteriore e far funzionare finalmente il Garmin, il discorso va ad un vecchio adagio che circola nel ciclismo: come mai chiunque vada via dalla Deceuninck poi non vince più?

«Perché è difficile ricreare l’ambiente che c’è là – dice – ma francamente non pensavo fosse così evidente. Quando andò via Kittel, pensai che uno da solo non potesse andare in un’altra squadra e fare la differenza. Sembrava semplice, bastava ricreare le stesse dinamiche. Ci ho provato. Morkov era ancora sotto contratto, ma Sabatini è ugualmente fortissimo. Solo che non basta. Là hai corridori che tirano tutto il giorno, qua fai fatica a chiederlo, dato che non vinci. Chissà, magari se mi fossi sbloccato subito in Australia, anziché cadere, sarebbe stato tutto diverso. Ma in ogni caso non è soltanto Elia che non è andato, è stata la squadra a non brillare. Il primo anno nel WorldTour e il fatto che le corse più piccole siano state cancellate ha fatto sì che abbiamo dovuto sempre affrontare sfide altissime».

Viviani meccanico a Montichiari, cercando di fissare il magnete
Fa il meccanico a Montichiari, cercando di fissare il magnete

Numeri e sensazioni

Adesso tutto sembra a posto. Il chip che gli hanno inserito sotto pelle proprio sopra al cuore controlla che i battiti siano in ordine e così gradualmente l’attività è ripresa al pieno regime.

«Nel ciclismo moderno – spiega Elia – le vere spie della condizione sono i numeri, ma le giornate che ti fanno pensare che le cose vanno bene sono quelle lunghe in cui torni a casa che stai ancora bene. Sabato scorso ho fatto l’ultima distanza ad Almeria. Le prime due ore con i compagni che il giorno dopo avrebbero corso, quindi 5 ore e mezza da solo, con volate dietro macchina e sono rientrato avendo ancora buone sensazioni. In una settimana sono migliorato tanto. Per questo vado in Uae. E anche perché non sarebbe giusto mandare il mio team senza di me. E’ la gara perfetta per riprendere. Ci sono tappe piatte. Si può provare il treno. Una settimana giusta per lavorare. Sarò contento di arrivare quinto o sesto. Ma se dovessi essere lì davanti, farei la volata per vincere e non sarei felice di finire quarto…».

Fabio Sabatini, Volta ao Algarve 2020

“Saba” rimette sui binari il treno Cofidis

04.01.2021
5 min
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A Saba girano le scatole, non ci vuole poi molto per capirlo. Aveva quasi pronta la valigia per l’Argentina invece San Juan non si farà e questo significa restare ad allenarsi a casa. I ciclisti sono cavalli da corsa, hanno bisogno dell’avversario accanto per dare il meglio. Soprattutto se hai passato i 30 e l’allenamento porta sicuramente qualità, ma poca gioia.

A Saba – Sabatini Fabio da Pescia, classe 1985 – in realtà le scatole hanno cominciato a girare quando quelli della Cofidis lo hanno lasciato a casa dal Tour. Prendi Viviani pagandolo caro e poi nella corsa per te più importante lasci a casa l’ultimo uomo? Come una chitarra senza due corde, non può suonare bene…

Fabio Sabatini, Elia Viviani, Vuelta Espana 2018
L’amicizia con Viviani è iniziata dalla Liquigas. Qui Saba con la Quick Step alla Vuelta 2018: 3 vittorie per Viviani
Fabio Sabatini, Elia Viviani, Vuelta Espana 2018
Vuelta Espana 2018, tre vittorie per Viviani

Galeotta la Cipressa

«Ma bada che non lo sto dicendo a Enzo Vicennati perché così lo scrive – spiega – prima l’ho detto a loro. Vado diretto, non ho peli sulla lingua. Quello che ho da dire lo dico. Ho parlato con Damiani, con Vasseur non ancora. Non vado a chiedere nulla, non voglio scuse. Durante il Tour si sono accorti di aver commesso un errore e tanto basta. Il perché? Mi hanno detto perché alla Sanremo, seconda corsa dopo la ripresa, mi sono staccato sulla Cipressa. Già, vero. Peccato che avessi dovuto fare avanti e indietro per tre volte assistendo Elia che aveva avuto problemi. Di sicuro con me nella squadra del Tour, non sarebbe andata peggio. Se anche avessi iniziato all’80 per cento, avrei fatto certamente la mia parte. Mi conosco, forse loro non ancora…».

Un altro ritiro

Gennaio è cominciato nel segno della pioggia e di strade asciutte da inseguire a qualsiasi ora del giorno. La Cofidis ha svolto dei mini ritiri prima di Natale, durante i quali si sono fatte le foto e sistemati i dettagli medici e amministrativi. Poi, come ci aveva già spiegato Roberto Damiani, la squadra si sarebbe divisa in tre: una parte a Benidorm, una a Sierra Nevada e il gruppo Viviani in Argentina.

Fabio Sabatini, Tour Down Under 2019
Tour Down Under del 2019, si segnala lo spartitraffico
Fabio Sabatini, Tour Down Under 2019
Tour Down Under 2019, vigile in gruppo
E adesso?

Adesso si va in ritiro dall’11 al 21 gennaio e si comincerà probabilmente dalla Vuelta Valenciana il 3 di febbraio. Speriamo che nel ritiro il gruppo di Elia sia tutto insieme e poi che si parta. Non mi era mai capitato di fare solo 28 giorni di corsa e stare a casa ad allenarmi, soprattutto dopo un anno come l’ultimo, è davvero pesante. Quest’anno ne faccio 16 di professionismo e vedere tanti ragazzini montare in bici e andare subito forte non è passato inosservato.

Non sembri troppo gasato…

L’esclusione dal Tour mi ha segnato, è stata difficile da accettare. Sono un diesel, mi ci vuole un po’ per partire e il 2020 ha fatto vedere che a tutti quelli della mia età c’è voluto di più. Voglio ricominciare per pareggiare i conti.

Fabio Sabatini, Fernando Gaviria, Giro d'Italia 2019
Giro 2019, Gaviria ha da poco lasciato la Quick Step: Saba è stato a lungo il suo ultimo uomo
Fabio Sabatini, Fernando Gaviria, Giro d'Italia 2019
Giro 2019, con Gaviria per cui ha lavorato fino all’anno prima
Non credi che si sia chiusa un’epoca?

Ma vi pare? Ne ho parlato pochi giorni fa con Bartoli, che mi segue nella preparazione. Come valori sono migliorato, sia pure di poco. Ma i tre mesi di sosta l’anno scorso hanno scombussolato tutto, non solo a me. Viviani ha sempre vinto, con o senza treno. Dateci un anno normale e alla fine tireremo la riga.

Visto che sei la figura chiave del treno, è tutto pronto?

Pare che adesso abbiano preso anche Drucker dalla Bora, vedremo quando si faranno le prime prove. Sarà che vengo da una squadra come la Deceuninck-Quick Step in cui era tutto chiaro e schematico…

Fabio Sabatini, Tour Down Under 2020
Fabio Sabatini, al Tour Down Under le prime prove del treno Cofidis
Fabio Sabatini, Tour Down Under 2020
Al Tour Down Under il debutto in Cofidis
In gruppo di dice che il velocista che va via da lì poi non vince più…

Perché non è semplice ricreare quell’organizzazione e quella mentalità.

Per capire, Saba… Sei venuto alla Cofidis perché ti hanno coperto di euro, per seguire Elia o perché di là non ti tenevano?

Ho seguito Elia. Ci credo tanto, perché è davvero forte. Fra noi c’è un’amicizia molto profonda, questo è stato il motivo principale. Di là sarei potuto rimanere un altro anno. Ma certo va detto che, avendo questi ragazzini fortissimi da tenersi stretti, Lefevere con i più maturi ha cambiato politica e fa firmare un anno per volta. Qui mi hanno fatto un biennale, anche questo conta. Sono francesi, hanno il loro modo di ragionare.

Come ti vedi nella parte dell’atleta… maturo?

Non mi sento ancora vecchio, smetterò quando farò perdere le volate invece di farle vincere. Il mio lavoro è arrivare al finale e tenere alta la velocità fino ai 200 metri, problemi zero. Solo che nel 2020 non c’è stato modo di farlo, perché prima del Giro mi sono preso il Covid ed è morta lì. Perciò adesso vediamo di ricominciare e di farlo subito col passo giusto.

Chiara Consonni, Simone Consonni, montaggio

Chiara e Simone, fratelli Consonni: pianeti diversi

Giada Gambino
01.01.2021
8 min
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Simone è a Montichiari per allenarsi con la nazionale su pista. Mentre aspettiamo che partecipi alla videochiamata, Chiara, che invece si trova a casa con la madre, racconta quanta neve sia caduta a Ponte San Pietro; ha fatto anche qualche storia divertente sul suo profilo Instagram mentre ci gioca, mostrandosi «sempre senza filtri, io al 100%». Nel ciclismo che conta ci sono spesso fratelli e fratelli, raramente fratello e sorella. I due Consonni sono completamente diversi: uno è un po’ più saggio, l’altra è più “pazza”; entrambi, però, sono avvolti da tanta simpatia. Andiamo a conoscerli…

Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Elia Viviani, Simone Consonni, madison ai mondiali Berlino 2020
Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Viviani, Consonni, madison ai mondiali Berlino 2020

Cosa invidi dell’altro?

Chiara: «L’essere attento al minimo dettaglio per raggiungere i suoi obiettivi. In bici gli invidio tanto la costanza, una qualità che un po’ mi manca».

Simone: «La stessa caratteristica, sopra e giù dalla bici, è la sua spensieratezza nell’affrontare le cose. Prende tutto come viene, alla leggera, cosa che io non riesco mai a fare. Qualche volta bisognerebbe buttarsi come fa lei».

Chiara Consonni, Bergamo 2020 (foto Instagram)
Quanta neve a Ponte San Pietro, l’ideale per giocare un po’ (foto Instagram)
Chiara Consonni, Bergamo 2020 (foto Instagram)
Neve a Ponte San Pietro, tempo di giocare (foto Instagram)

Cosa non sopporti?

Chiara: «Il fatto che sia un po’ troppo permaloso» (cerca lo sguardo del fratello poi scoppia a ridere).

Simone: «Beh…».

Chiara: «Prepariamoci alla lista!» (ride).

Simone: «Non ha regole. O meglio, se c’è una regola fa di tutto per infrangerla. E’ troppo ribelle!».

Chiara sorella di Simone o viceversa?

Chiara: «No… Io la sorella di Simone. Da lui ho imparato tanto, è il mio fratello maggiore ed è un punto di riferimento, la persona più importante della mia vita. Quindi sono io sua sorella: non per i risultati, però per tutto il resto sì».

Simone: «In tutti questi anni sia come persone che come atleti ci siamo ritagliati il nostro spazio, la nostra personalità. La figura di nessuno dei due è succube dell’altra: lei è Chiara e io sono Simone. Nessuno è il fratello dell’altro».

Simone Consonni, Hamilton 2015
Simone secondo a Hamilton 2015: rimpianto per uno scatto fatto troppo tardi?
Simone Consonni, Hamilton 2015
Simone a Hamilton 2015, argento che fa ancora male

Se dovessi scegliere tra pista e strada?

Chiara: «Mamma mia…».

Simone: «Dai rispondo prima io. Pista, completamente pista. Sono innamorato di questa specialità. Ho iniziato da junior e la marcia in più è sicuramente il gruppo. Sembra una frase fatta, ma non lo è: siamo una famiglia! Andiamo in vacanza insieme, andiamo a far serata insieme. E quando si va a correre con ragazzi che sono veri amici, si nota la differenza. Io voglio davvero bene ai miei compagni di nazionale e questo è difficile da trasportare in strada. L’emozione, ad esempio, nel vedere Pippo vincere le medaglie in pista è unica, noi siamo sempre lì a tifare lui. Quando io faccio l’omnium sono tutti lì a fare il tifo per me, quando Liam Bertazzo fa la corsa a punti siamo tutti lì a tifare lui. L’affiatamento che c’è in pista è qualcosa di unico. E quindi, il cuore mi fa e mi farà sempre scegliere la pista».

Chiara: «Devo rispondere io? Non ci ho pensato ancora – ride – quello che dice Simo è vero, però anche con le mie compagne della Valcar sono molto legata. Siamo amiche, condividiamo tante cose, ci conosciamo fin da quando eravamo piccoline e questo è, senza dubbio, un punto a favore per rendere anche in gara. Scegliere è dura! Se scelgo la pista, ci sarà sempre qualcosa che la strada mi dà in più e viceversa».

Chiara Consonni, Martina Fidanza, europei U23 madison, 2020
Chiara Consonni, Martina Fidanza, oro nella madison agli europei U23 2020
Chiara Consonni, Martina Fidanza, europei U23 madison, 2020
Consonni-Fidanza, oro europeo 2020 madison U23

Da piccoli litigavate spesso?

Simone: «Abbiamo sempre avuto alti e bassi, ci siamo scontrati più volte e ci scontriamo ancora parecchio. Probabilmente la colpa è della nostra personalità completamente opposta».

Chiara: «Sì, la penso come lui».

Simone: «Eh no! Avevamo detto che doveva rispondere prima lei, lo sapevo che andava a finire così: dice che ho ragione io e non parla…» ( un sorriso iniziale, si trasforma in una burrascosa risata generale).

Se l’altro non facesse il ciclista…

Simone: «Pam pam pam…» ( in sottofondo, cerca di creare suspense, ndr).

Chiara: «Il geometra! No, no! Non riesco ad immaginarlo come geometra. Sinceramente non ci avevo mai pensato, forse… il panettiere! (ride, ndr). Perché i genitori della sua ragazza hanno un panificio».
Simone: «Lei sicuramente farebbe un lavoro che si sta espandendo molto: la fashion blogger. Cosa che, in parte, fa già!» ( ride ).

Simone Consonni, compagna Alice, Monselice, Giro d'Italia 2020
Simone Consonni con la compagna Alice, al traguardo di Monselice al Giro 2020 (foto Instagram)
Simone Consonni, compagna Alice, Monselice, Giro d'Italia 2020
Simone con la compagna Alice (Monselice), Giro 2020 (foto Instagram)

Tokyo 2021 su pista…

Chiara: «Per me è un sogno. Prima era un’utopia, adesso pian piano sta diventando sempre più una realtà vicina a me».

Simone: «Tokyo 20-21 è una novità! Doveva essere Tokyo 20-20, quindi spero innanzitutto che si possa concretizzare. Detto ciò… sarebbe l’atto finale di un libro che abbiamo iniziato a scrivere tanti anni fa (la voce e gli occhi si colmano d’emozione, ndr). E’ da quando sono junior che faccio quartetti, che do l’anima per questo gruppo, per questa nazionale, per questa specialità e spero di poterlo far diventare la pagina più importante della mia vita e della mia carriera d’atleta».

In casa seguivano più Chiara o Simone?

Chiara: «Tutte le cose che io dovevo ancora fare, lui le aveva già fatte e le aveva fatte bene. E’ stato un punto di riferimento ma, a volte, non nascondo che ero un po’ gelosa. Se c’era da scegliere chi andare a vedere quando gareggiavamo lo stesso giorno in posti diversi… molto spesso sceglievano di andare da lui. Forse perché le sue gare erano sempre più vicine (ride, ndr). Però, naturalmente, mi hanno sempre aiutata a fare tutti i sacrifici e devo molto anche a loro».

Simone: «Ho sempre avuto chiaro il fatto che il ciclismo potesse essere il mio lavoro; quindi, anche grazie al mio carattere, sono sempre stato più concentrato sulla bici. I miei genitori mi hanno spronato di meno, perché ero già convinto di diventare un professionista. Mia sorella è sempre stata un po’ titubante. Se c’era da uscire una volta in più e allenarsi una volta in meno, andava bene. Cosa anche giusta, quando si è giovani è meglio dedicare una giornata in più agli amici piuttosto che all’allenamento. La mia famiglia, però, guardando questi atteggiamenti, si è preoccupata di più per lei. Perché, comunque sia, lo sport arricchisce sempre una ragazzina. La differenza sta anche nel fatto che fino a qualche anno fa erano davvero poche le ragazze che riuscivano a vivere di ciclismo. Ora fortunatamente, le cose stanno cambiando. Sicuramente siamo stati fortunati, dal momento che fin dalle categorie giovanili non ci hanno mai assillato con il ciclismo. Ci hanno lasciato i nostri spazi e questo ci ha fatto bene. Mentre adesso vedo padri che rovinano i propri figli».

Chiara Consonni, Livigno 2020 (foto Instagram)
Novembre 2020, Chiara a Livigno: champagne… (foto Instagram)
Chiara Consonni, Livigno 2020 (foto Instagram)
Novembre 2020, Chiara e champagne… (foto Instagram)

Come vivono a casa il vostro successo?

Simone: «Rispondo prima io, questa è difficile – ride – e la metti in difficoltà. Nella nostra famiglia non c’è mai stato un ciclista, per tutti era il nostro hobby. Vedere che nel nostro piccolo siamo riusciti a crearci il nostro personaggio da atleta, ha fatto contenti anche loro. Li vedo sempre molto orgogliosi ed è bello sapere che apprezzino ciò che siamo riusciti a fare».

Chiara: «Entrare nel mondo del ciclismo e spiegarlo agli zii o alla nonna, che non avevano completamente idea, è stato bello. Vedere soprattutto che, poi, hanno iniziato ad interessarsi a ciò che facevamo è qualcosa di unico”.

Cosa vedi nel suo futuro?

Chiara: «Mio fratello può diventare davvero qualcuno e glielo auguro con tutto il cuore. Spero che un giorno diventi un grande campione perché ha la testa, le qualità e le caratteristiche per esserlo. E’ un punto di riferimento per me; si è fatto da solo ed è quello che sto cercando di fare anch’io. E’ importantissimo diventare qualcuno solo per merito delle proprie forze, senza essere ricordato come il “figlio di..”. Costruire da zero quello che si sta facendo è essenziale».

Simone: «Un bivio, che è semplicemente nelle sue mani. Come dicono a scuola “Suo figlio ha le capacità, ma non si applica” (ridiamo, ndr). Lei è padrona del suo futuro, se decide di fare una cosa e di impegnarsi… allora riesce. E’ tutto solo nelle sue mani».

Tifosi Simone Consonni, tricolore crono 2017, Asti
I tifosi di Simone lo seguono ogni volta che si può. Qui al tricolore crono 2017 ad Asti
Tifosi Simone Consonni, tricolore crono 2017, Asti
Per Simone, tifosi speciali. Qui al tricolore crono 2017, Asti

Un momento divertente passato insieme?

Simone: «Visto che io sono il maggiore e che abbiamo un fratello più piccolo, quando eravamo ragazzini, mi piaceva farli, come dire… “Litigare” (suggerisce la madre, ndr). Mi divertiva. Io facevo l’arbitro e loro la lotta» (ridiamo).

Il suo risultato più bello?

Chiara: «Anche se so che mi ammazzerà perché non se lo vuole ricordare, il secondo posto al mondial U23 di Richmond. Mi ricordo ancora che io e mia madre eravamo incollate alla televisione, urlavamo come delle pazze e piangevamo. E’ stato un momento davvero emozionante. E’ un ricordo che ho sempre impresso nella mia mente».

Simone: «Le tante vittorie in pista, ma forse un po’ di più la quinta tappa della Boels Ladies Tour. Ha fatto più show rispondendo all’intervista in inglese, che in corsa stessa» (ride).

Chiara Consonni 2020 (foto Instagram)
Chiara, ultimo sole 2020, prima della zona rossa e dell’inverno (foto Instagram)
Chiara Consonni 2020 (foto Instagram)
Ultimo sole 2020, prima della zona rossa (foto Instagram)

Chi è il tuo idolo?

Simone: «Non ne ho uno, da piccolo non sono mai stato appassionato di ciclismo. Però se penso ad un ciclista sensazionale, che spero un giorno di riuscire ad eguagliare… è un po’ imbarazzante (ride e il suo viso diventa leggermente rosso, ndr). E’ una persona che spesso nomino, ma adesso l’ho come compagno di squadra alla Cofidis e in questo momento è proprio accanto a me… Beh, se ti devo proprio dire il nome: Elia Viviani (si gira a guardarlo, ndr). L’ho sempre visto correre in pista, vincere tante medaglie; dopo la vittoria a Rio e i tanti altri successi, penso sia lui la persona a cui mi ispiro».

Chiara: «Anch’io non ho seguito il ciclismo da piccolina. Potrei dire quindi… mio fratello (ride, ndr). No dai… un’atleta che davvero ammiro è la Bastianelli. Negli ultimi anni è come se fosse stata un po’ una mamma; avendo una bambina è più sensibile per certe cose e cerca sempre di aiutarti. Vorrei diventare come lei, perché non è semplice riuscire ad avere una bella famiglia e continuare ad avere una carriera sportiva di un certo livello, senza trascurare né l’uno né l’altro».

Ekoi Qhubeka

Caschi Ekoi per Aru, Nizzolo e Pozzovivo

28.12.2020
3 min
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Il brand francese Ekoi, produttore di caschi, occhiali, scarpe, abbigliamento ed accessori per il ciclismo, anche per la prossima stagione non farà mancare il proprio apporto, e di conseguenza la propria importante visibilità, nel gruppo del ciclismo professionistico di primissimo livello.

Anche Viviani e Quintana

I “racing team” Ekoi 2021, come amano chiamarli i responsabili del reparto marketing dell’azienda transalpina, saranno la Lotto-Soudal (con gli occhiali e i caschi), la Cofidis di Elia Viviani (caschi e occhiali), la Arkea Samsic di Nairo Quintana (caschi e abbigliamento), l‘Euskaltel Euskadi (caschi), la St Michel Auber93 (abbigliamento e occhiali) e – grandissima novità – il Team Qhubeka Assos di Aru, Pozzovivo e Nizzolo, al quale Ekoi fornirà i caschi.

Il casco Corsa Evo con gli occhiali Premium per il Team Cofidis
Il Team Cofidis avrà in dotazione il casco Corsa Evo e il casco AR14 con gli occhiali Premium

Dal 2008 solo online

Creata nel 2001, Ekoi è vorticosamente cresciuta sul mercato divenendo velocemente leader in Francia: uno dei territori più importanti per tradizione e fatturato a livello europeo. Dal 2008 l’azienda vende solo ed esclusivamente online – una delle prime a prendere radicalmente questa decisione – dunque senza intermediari commerciali poter offrire al pubblico prodotti con un rapporto qualità/prezzo davvero molto, molto competitivo.

Anche il Team Arkea Samsic correrà nel 2021 con occhiali e caschi Ekoi
Anche il Team Arkea Samsic correrà nel 2021 con occhiali e caschi Ekoi

R&D interno e feedback dai pro

Tutti i prodotti Ekoi Racing sono sviluppati dal reparto interno di Ricerca & Sviluppo in stretta collaborazione con gli atleti professionisti partner del brand. Questa collaborazione ha l’obiettivo di fornire sempre una collezione affidabile, durevole e soprattutto performante. Molti di questi prodotti possono poi essere personalizzati online, con il design e i colori che si preferiscono, mediante i configuratori presenti sul sito.

Il casco Corsa Evo e gli occhiali Premium 70 in colorazione Lotto Soudal
Il casco Corsa Evo e AR14 con gli occhiali Premium 70 in colorazione Lotto Soudal

“Cycling with Style”: è questo lo slogan che caratterizza Ekoi, in quanto illustra perfettamente il desiderio di unire simultaneamente stile, performance e confort… L’obiettivo di tutte le collezioni è difatti quello di stupire e sfidare i trend tradizionali del mondo del ciclismo.

ekoi.it

Elia Viviani, ritiro dicembre 2020 (foto mathildelazou)

Cofidis, Viviani, Villa: prove di equilibrismo

23.12.2020
3 min
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C’è un anno da riscattare e un’Olimpiade da conquistare, che cosa farà Viviani per centrarli entrambi? Prima di parlarne direttamente con lui (in apertura durante il ritiro di dicembre, foto di Mathilde L’Azou), abbiamo affrontato il discorso con Roberto Damiani. Il tecnico lombardo ha iniziato a lavorare con Elia nel 2020, anno in cui il veronese è passato alla Cofidis portando con sé una dote di 11 vittorie 2019. Ci stava che il cambio di squadra e la mancanza di un treno forte come quello della Deceuninck-Quick Step si facessero sentire e ci sta anche la sfortuna di qualche caduta di troppo, ma nessuno poteva prevedere che Viviani uscisse dal 2020 con zero vittorie. Il treno. Le cadute. Il programma delle gare. Aver mollato la pista… Le ipotesi sono state fatte e ora c’è da lavorare per rimettere ogni tassello al suo posto. Con la sensazione, magari sbagliata, che il team francese avrebbe preferito svegliarsi e scoprire che le Olimpiadi si fossero già svolte. In modo da avere il velocista solo per sé e non doverlo condividere con la nazionale.

La Cofidis ha appena finito una serie di ritiri in piccoli gruppi e ugualmente suddivisa inizierà il 2021.

Team Cofidis, ritiro dicembre 2020 (foto Cofidis)
La squadra ha svolto tre ritiri nell’area di Cannes con gruppi limitati (foto Cofidis)
Team Cofidis, ritiro dicembre 2020 (foto Cofidis)
Tre mini ritiri nell’area di Cannes (foto Cofidis)
Tre gruppi, giusto?

Il primo che ripartirà da Benidorm, il secondo da Sierra Nevada e il terzo, quello di Viviani, dall’Argentina. Cercheremo di tenere questo gruppo sempre unito. Ne fanno parte, oltre ad Elia, suo fratello Attilio, Sabatini, Consonni e Van Bilsen. Loro inizieranno a correre alla Vuelta San Juan, poi proseguiranno con Abu Dhabi Tour, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo e Giro d’Italia. Ma dipende dal percorso…

Che cosa vuol dire?

Che se faranno la prima settimana con sole salite, forse non ha troppo senso andarci con una squadra di velocisti. Aspetteremo la presentazione per varare definitivamente il piano.

Avendo le Olimpiadi davanti, il programma è stato concordato con il cittì Villa?

In realtà non ci ho ancora parlato, ma so che lo ha fatto Elia e hanno concordato assieme l’ipotesi Giro per avere poi luglio e agosto a disposizione per la preparazione specifica. E come lui Consonni, che ha bisogno di lavoro in pista.

Si è detto che proprio la mancanza di certi sforzi in pista sia stata alla base del calo di rendimento di Elia.

E infatti quest’inverno ha aumentato e aumenterà la presenza a Montichiari. Farà quello che non ha fatto l’anno scorso, ma poi fino al Giro sarà totalmente dedicato alla squadra. Con la nazionale dovremo essere bravi a non tirarci per la maglietta. Se deve allenarsi in velodromo, carta bianca. Ma ad esempio non abbiamo un calendario della Coppa del mondo e direi che Elia non parteciperà ad altri eventi in pista.

Elia Viviani, Giacomo Nizzolo, Tour de France 2020
Per Viviani il Tour è stato un eccessivo carico di salite
Elia Viviani, Giacomo Nizzolo, Tour de France 2020
Per Viviani, un Tour con troppe salite
Non sarebbe il caso di iniziare la stagione avendo contatti più diretti con Villa?

Lui sa che quando vuole, siamo a sua disposizione. Per ora ci siamo sentiti al telefono, ma so che Elia ha tutto chiaro.

Guarnieri dice che secondo lui il Viviani del Giro era forte, ma è stato penalizzato dalla mancanza di un treno, visto che per un motivo o per l’altro Elia non l’ha avuto quasi mai.

Capisco quello che dice Jacopo e di certo non avevamo un treno all’altezza di quello della Groupama. Però il vero problema del Giro è stato che Elia era sfinito dopo il Tour. Se costringi un velocista a fare tutte quelle salite, il rischio è che perda esplosività. E ora stiamo lavorando proprio su quello, per arrivare in Argentina già pronti per vincere.

Obiettivo sbloccarsi presto?

Non presto, subito. Serve al morale e alla squadra. Andremo col treno e giusto un corridore per la salita, che però tolta la tappa del Colorado, sarà a disposizione. E poi speriamo che siano finite le moto che ti investono nei finale e la maledetta sfortuna del 2020.

VIDEO/In De Rosa, per scoprire la bici di Viviani

11.12.2020
5 min
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Un caffè nella sede dell'azienda milanese con il signor Ugo De Rosa e i figli Cristiano e Danilo. Giusto al mattino erano partite le ultime bici per la Cofidis. E bici.PRO si è fatto spiegare perché la bicicletta di Elia Viviani in realtà non è uguale alle altre.

Tutte le mattine alle 7,45 Cristiano De Rosa apre i cancelli dell’azienda e aspetta l’arrivo degli operai. Cusano Milanino è sospesa tra un filo di paura e la necessità di lavorare. Il signor Ugo, fondatore nel 1953 della Cicli De Rosa, si affaccia quando capita e sempre avendo cura di proteggersi al meglio. Sua moglie Mariuccia invece esce come se nulla fosse, va in ufficio e si fa carico come sempre delle fatture.

Stamattina sono partiti gli ultimi furgoni della Cofidis, con le bici per i dieci nuovi arrivati. E la curiosità di questa immersione in azienda è proprio capire in che modo l’esperienza di un team si traduca in vantaggi tecnologici per chi le bici le produce. Partiamo da qui, ma il discorso prenderà le direzioni più disparate.

«Oggi i rapporti con le squadre – dice Cristiano – sono diversi da una volta. Ci sono i direttori sportivi e i capi meccanici. Alcuni lasciamoli stare, per fortuna ci sono quelli che studiano le caratteristiche dei prodotti e si documentano. E poi ci sono i corridori come Elia Viviani, cui potrei chiedere tranquillamente consulenze sui materiali, certo che me le darebbe. Lavoriamo quotidianamente per corridori come lui, per cercare l’evoluzione e la performance del carbonio ad alto modulo e delle resine. La bici di un professionista, che poi è la bici che va in produzione, deve essere sicura, guidabile e leggera. Una volta non era così».

De Rosa, 2020
Cristiano De Rosa, nel suo ufficio al primo piano di via Bellini
De Rosa, 2020
Cristiano De Rosa nell’ufficio al primo piano
Perché, com’era una volta?

C’è stata una fase storica da cui tutti noi siamo nati in cui, grazie all’immensa sapienza di alcuni artigiani fra cui mio papà, si puntava unicamente alla leggerezza. Oggi abbiamo parametri che ci consentono di valutare la flessione e la deformazione di ogni parte del telaio. Un po’ come le Superbike, che sono le stesse moto di produzione. Noi qui produciamo soltanto biciclette del servizio corse, con un approccio diverso rispetto ad allora. Le bici di oggi vanno forte e non è un caso che i terreni in cui si decidono tante corse siano la discesa e le crono, cioè le fasi in cui le bici sono spinte al limite.

Un atleta come Viviani entra anche nel discorso delle geometrie della sua bici?

Il discorso non è legato tanto ad angoli e misure, quanto piuttosto al bilanciamento del telaio e al fatto che non disperda potenza. Elia fa 1.500 watt, ha bisogno che la sua bici vada dritta anche quando lui dà il massimo. Ci sono software che permettono di capire come rinforzare le scatole del movimento centrale. Una volta mio padre per la bici di un velocista metteva un tubo più grande. Noi oggi ragioniamo sull’aumento della quantità di carbonio e di conseguenza della resina, che fa aumentare il peso.

Rigidità contro leggerezza?

Per uno come Viviani serve qualcosa di più nella scatola. Quindi qualche pezza in più di carbonio ad alto modulo e resina leggera. Abbiamo uno stampo solo per lui, anche se una bici così me la sono fatta anch’io. Certe cose sarebbe quasi meglio non dirle in squadra, per evitare che si creino gelosie. Abbiamo scoperto grazie a Pininfarina che differenza ci sia fra una bici bella e una bici performante.

Qual è?

Ci sono dei software ideati per altri contesti che permettono di valutare in modo completo l’efficienza di una bici. Veniamo da abitudini sanissime, dettate dall’esperienza, ma quando si punta sulla performance serve conoscenza. Fra la prima SK e la seconda, io preferivo la prima, perché mi piaceva di più la sezione del tubo orizzontale. Eppure, dati alla mano, ci hanno dimostrato che per prestazioni vince la seconda. E a quel punto non c’è stato più nulla di cui parlare.

Hai detto: veniamo da abitudini dettate dall’esperienza…

Per fare le bici oggi devi avere un background da… metallaro. L’acciaio, l’alluminio e il titanio. Costruire telai con i tubi e con i vari materiali ci ha permesso di capire tante cose, arrendendoci davanti al fatto che soltanto il carbonio ha permesso di cambiare il disegno dei tubi.

De Rosa Sk, Elia Viviani, Cofidis 2021
Sul lato destro, il ricordo del campionato europeo
De Rosa Sk, Elia Viviani, Cofidis 2021
A destra, il ricordo del titolo europeo
De Rosa Sk, Elia Viviani, Cofidis 2021
Sul fianco sinistro il richiamo alla vittoria del tricolore
De Rosa Sk, Elia Viviani, Cofidis 2021
A sinistra il ricordo del tricolore
Il peso ha smesso di essere l’unica bussola in De Rosa?

Il peso va ragionato e dipende da come viene ripartito. Possiamo fare un telaio da 300 grammi e arrivare a 6,8 chili soltanto con i componenti. Oppure un telaio da 3 chili e arrivare al peso con tutto il resto. Abbiamo la fortuna di lavorare con aziende molto preparate. In Campagnolo sono maniacali per l’affidabilità di ogni parte che producono, per cui sappiamo che quello è il peso necessario perché il componente non si rompa. Detto questo, non è scritto da nessuna parte che 6,8 sia il peso giusto. Una bici può andare bene anche a 7-7,1 chili, ma trovi corridori e manager fissati che per prima cosa la sollevano. Preferirei atleti consapevoli dei vantaggi che una bici può dargli. Non è nemmeno bello avere la bici leggera e doverci mettere dentro i pesi. Di sicuro la bici di Pozzovivo non dovrebbe pesare come la bici di Ganna, giusto per fare due nomi a caso.

Quante bici date alla Cofidis?

Lo scorso anno 212. E se si pensa che i produttori di componenti faticano a consegnare e che le bici di scorta non le hanno mai toccate, per alcuni il 2021 comincerà con le bici intatte del 2020. Di fatto la prossima stagione durerà 15 mesi. Questi ultimi tre del 2020 e i 12 del 2021. Piuttosto, avete visto che bella annata è venuta fuori? Okay che il lockdown ha stravolto la preparazione degli atleti più esperti, ma Tour, Giro e Vuelta sono stati spettacolari come non succedeva da un po’. Belli tutti questi giovani. C’è chi dice che potrebbero durare di meno, ma è così importante che arrivino a 40 anni?

Si è anticipato un po’ tutto. Basta che non si scateni la caccia ai ragazzini, che per arrivare prima al top, magari smettono di studiare…

Sono d’accordo. Le squadre satelliti dei team WorldTour dovrebbero investire sulla formazione dei giovani. Perché se non studiano, non sono neanche in grado di svolgere la loro funzione di personaggi pubblici e testimonial. Lo fanno in altri sport, dovremmo farlo anche noi.

Avete vantaggi dalla presenza nel WorldTour?

Non esiste uno strumento che possa dirlo esattamente. Era stato fatto uno studio secondo cui soltanto due o tre squadre garantivano un ritorno. Noi siamo contenti di Cofidis e della collaborazione con un tecnico come Damiani. Abbiamo aumentato le vendite in Francia, ma anche in Indonesia. Questo per dire che in alcuni mercati il messaggio del professionismo non arriva e neppure serve. In Giappone, ad esempio, in cui vendiamo da 50 anni, conta il modo in cui ti sei comportato. Dovrebbe essere sempre così, in fondo…

Attilio Viviani

Attilio Viviani, scaltrezza e sprint nel Dna

10.12.2020
5 min
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Se la lucidità in corsa e la scaltrezza si misurassero in watt, Attilio Viviani avrebbe vinto maglia rosa, maglia gialla e maglia verde in una sola stagione! Il giovane corridore della Cofidis, fratello di Elia, è una ruota veloce, ma forse un po’ più completo: 63 chili, quasi un peso da scalatore, ma parecchia potenza. Quando lo “pizzichiamo” sta giusto andando in palestra.

Attilio, certo non potevi “scegliere anno migliore” per debuttare nel WorldTour…

Eh sì! Un anno strano, ma non l’ho scelto io, così come non lo ha scelto che so, Sabatini che ha 35 anni. Prendiamola così e portiamo a casa quello che di buono c’è stato e cioè che il protocollo anticovid ha funzionato e si sono disputati i tre grandi Giri e molte altre corse. 

Attilio Viviani
Attilio Viviani al campionato italiano 2020
Attilio Viviani
Attilio Viviani al campionato italiano 2020
Che impressioni hai avuto del grande ciclismo?

Un po’ quello che mi aspettavo e che già avevo visto l’anno scorso da stagista: si va molto forte. Il mio obiettivo era crescere nelle corse di prima fascia e fare risultato in quelle di seconda. Un obiettivo che ho raggiunto già prima del lockdown. Infatti ho vinto in Gabon (Tropicale Amissa Bongo), gare certamente meno importanti ma comunque con gente che arrivava nei dieci alla Vuelta o che faceva 2° al Laigueglia ed ho ottenuto buoni piazzamenti in gare più grandi, come al UAE Tour. Lì in volata c’erano tutti, poteva essere un Tour. E sono soddisfatto della mia Tirreno-Adriatico. Nella prima tappa sono caduto, ho tenuto duro e ho fatto un 12° posto nella frazione che veniva dopo un giorno con oltre 5.000 metri di dislivello. Per molti non sarà una gran cosa, ma per è importante.

Il tuo direttore sportivo, Roberto Damiani, dice che sei molto furbo, molto attento in gara, che vedi la corsa. E’ così?

Vero. Credo venga dall’esperienza degli anni passati tra le categorie giovanili e la pista. E poi perché mi piace molto guardare il ciclismo in tv e lì impari a vedere le tattiche. Non dico che oggi so già come finisce una corsa, ma posso immaginare il suo svolgimento. Per esempio, alla Vuelta ho detto subito che la Movistar avrebbe corso contro Carapaz

Non è da tutti alla tua età…

Quando ho fatto 8° all’UAE Tour tutti volevano stare dietro al treno di Groenewegen, c’era un gran movimento dietro la sua ruota. Quando invece Gaviria, che aveva Richeze, era praticamente solo. E uno come Richeze ce lo porta allo sprint Gaviria. Se lo prendi ai 400 metri sei a cavallo. E così ho fatto. Risparmi energie e corri meno rischi.

In effetti, Attilio, sembri molto lucido…

Questa cosa me l’ha detta anche Chavanel che a fine carriera è stato l’ultimo uomo di Demare. Gli descrissi per filo e per segno di una caduta: dove accadde, chi c’era alla mia destra, chi alla mia sinistra, la dinamica del ruzzolone… La sera venne in camera e mi disse: ho rivisto il video ed è andata esattamente come hai detto te!

Attilio Viviani
Lo scorso anno Attilio (stagista) ha vinto la Museeuw Classic, prima vittoria da pro’
Attilio Viviani
Alla Museeuw Classic 2019, prima vittoria da pro’ per Attilio (stagista)
Ma che corridori sei? 

Peso 63 chili, sono un po’ più basso rispetto ad Elia, ma le fibre sono quelle del velocista. Che poi questo peso mi avvantaggi un po’ in salita tanto meglio. Esco un po’ meglio di altri dalle tappe con dislivelli maggiori. Ho fatto una top ten in una tappa con oltre 2.500 metri di dislivello. E se in futuro i percorsi continueranno ad essere questi va bene. I Petacchi o i Cipollini non ci sono più. Loro vincevano 5-6 tappe in un Giro anche perché c’erano 10-12 volate. Oggi è diverso. Guardate la tappa di Monselice. Davanti c’erano gli scalatori e dietro c’era il gruppo con Elia, Demare e Sagan. O Kristoff che ha preso la prima maglia gialla. Noi con la squadra eravamo andati a fare la ricognizione di quella tappa ed era impegnativa. Si è arrivati in volata, ma Kristoff è uno che ha vinto il Fiandre.

Cosa ti aspetti dal tuo 2021?

Non abbiamo ancora parlato di calendari con la squadra, ma credo partirò dalle gare spagnole e dall’Argentina. Cosa voglio? Voglio continuare a crescere e a fare risultato in qualche corsa, tipo quelle in Francia come Poitou Charentes, per esempio. Quest’anno lì vinse Demare e io feci quarto. Vorrei fare più corse di prima fascia, come le chiamo io. So che Demare non lo batto, sono realista, ma prendo attitudine a fare certi sprint. L’obiettivo di batterlo è da qui a due anni.

E al Giro ci pensi? Dovevi esserci ma avevi il covid…

Eh sì, dovevo farlo, ma ero positivo al virus. Nessuno se lo aspettava e ho preferito non dirlo e lasciar passare la cosa. Sono rimasto a casa, ma non ho avuto problemi. Ero totalmente asintomatico e questo vuol dire che in teoria potrei riprenderlo. Mi è dispiaciuto molto non averlo fatto. Avrei potuto aiutare Elia nel limite delle mie possibilità. Non credo che avrei potuto fare l’ultimo uomo, però sarebbe stata una bella esperienza. Speriamo si ripresenti la possibilità. Per me va bene uno qualsiasi dei tre grandi Giri. Anche se fosse la Vuelta: tanti giovani iniziano da lì. Il mio sogno è fare il Giro o il Tour. In ogni caso voglio fare un grande Giro perché sono quelli che formano il corridore, che lo fanno crescere nel fisico e nell’esperienza.

Attilio, stai andando in palestra, ma di solito con chi ti alleni? Non con tuo fratello, immaginiamo, lui sta a Montecarlo…

Con il mio “cuginetto”, Enrico Zanoncello. Anche lui è una ruota veloce (da quest’anno alla Bardiani CSF, ndr). Ha fatto anche lo stagista con noi. Qui a Verona abbiamo percorsi ideali. Per attraversare la città impieghiamo 15-20′ ma alla fine va bene per scaldarsi e poi iniziamo le salite di zona, mentre se dobbiamo fare quelle lunghe, da un’ora, andiamo verso il lago di Garda o sulla Peri-Fosse.

Quali sono gli allenamenti che ti piacciono di più?

Il giorno della forza. Oggi si tende a fare più cose nello stesso giorno, ma quando si fa la forza tra quella resistente, esplosiva, dinamica… le 3-4 ore mi passano da Dio!