Specialized in Francia con la TotalEnergies: due mondi a confronto

04.11.2021
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TotalEnergies, Specialized e Sagan: una delle nuove avventure 2022 più attese. Innanzi tutto per lo spirito con cui è nato questo progetto. Un progetto nel quale la parola divertimento è emersa a più riprese. 

Ma se del rapporto tra il campione slovacco e il team manager Bernaudeau ne abbiamo già parlato, anche recentemente, ci incuriosisce invece l’approccio di lavoro che potrà esserci tra la squadra e il principale sponsor tecnico, Specialized. Ne parliamo con Giampaolo Mondini, da anni referente per il brand americano con i team.

Una rara foto che si è vista sui social della nuova livrea delle Specialized che userà la TotalEnergies
Una rara foto che si è vista sui social della nuova livrea delle Specialized che userà la TotalEnergies

Assegnate scarpe e bici 

“Mondo” ci risponde dagli Stati Uniti dove con alcuni atleti sta eseguendo dei test in galleria del vento nella sede Specialized di Morgan Hill, in California.

«Con la TotalEnergies abbiamo già avuto un primo meeting – racconta Mondini – in cui abbiamo lavorato sulla meccanica di base con il nostro sistema Retul e contestualmente abbiamo consegnato agli atleti una bici e le scarpe per allenarsi. Le due cose di maggior importanza per prendere confidenza con il materiale.

«E poi abbiamo raccolto molti dati. Abbiamo parlato con i corridori e con i fisioterapisti di problemi fisici, cadute che hanno generato conseguenze, vecchie fratture… E’ un qualcosa che facciamo anche con gli altri nostri due team, Bora-Hansgrohe e Deceuninck-Quick Step. Solo che qui siamo partiti da zero».

Ed è proprio questa la differenza maggiore: essendo una prima collaborazione i corridori con cui hanno a che fare sono tutti nuovi e per assurdo gli atleti con cui hanno lavorato meno in questa fase iniziale sono proprio i tre acquisti per eccellenza della TotalEnrgies: Sagan, Oss e Bodnar, dei quali Specialized sapeva già vita, morte e miracoli.

«Anche se Bodnar, per esempio, ci ha chiesto di intervenire su alcuni dettagli. Per noi è molto importante il primo vero ritiro che il team farà a Calpe (Spagna) a dicembre. Lì verificheremo le posizioni di tutti e con coloro che puntano alle classifiche generali come Pierre Latour o che sono chiamati ad andare forte a crono faremo anche dei test ulteriori in velodromo».

Specialized collaborò con la Festina, squadra francese
Specialized collaborò con la Festina, squadra francese

Si “torna” in Francia

Specialized e TotalEnergies, due entità forti, due filosofie a confronto e due approcci differenti spesso ben “arroccati” sulle proprie posizioni. Specialized cura ogni dettaglio, la squadra di Bernadeau è molto tradizionalista, a partire dalla lingua e dai costumi molto francesi.

«In realtà – riprende Mondini – non è una prima assoluta questa collaborazione fra Specialized e una squadra francese. Ci fu già con la Festina. Ma era un altro ciclismo e un’altra Specialized. La nostra era una piccola azienda in cerca di gloria. Io ricordo un po’ quelle bici anche perché ancora correvo all’epoca. Fino a che non ci pedalai nel 2003, il mio ultimo anno da pro’, alla Domina Vacanze».

«Un po’ eravamo preoccupati per questa collaborazione, soprattutto per il discorso della lingua. Loro parlano (e vogliono parlare, ndr) francese. Io lo parlo e per fortuna uno dei nostri, Leo Menville, è francese e questo ci ha aiutato moltissimo. Poi però è bastato il primo training camp e ci siamo accorti che in squadra in tanti parlano inglese. Si sono dimostrati disponibili.

«No, no… abbiamo trovato un team ben organizzato. La cosa che mi ha colpito di più è che non hanno l’assillo del risultato. Per loro questo sembra essere un’entità astratta. In primis vogliono lavorare bene, senza stress. E devo dire che anche noi siamo contenti di questo approccio».

I raduni di dicembre e gennaio in cui gli atleti usciranno insieme per tante ore saranno importantissimi per Specialized
I raduni di dicembre e gennaio in cui gli atleti usciranno insieme per tante ore saranno importantissimi per Specialized

No stress

Il risultato un’entità astratta: un qualcosa di più unico che raro di questi tempi. Però ci fa porre una domanda. Come si potrà conciliare la grande ambizione di Specialized, sempre all’avanguardia, sempre pronta ad alzare l’asticella, specie con i pro’, con questa filosofia “no stress”?

«Dobbiamo trovare un punto in comune tra il nostro modo di lavorare e il loro. Sono sfide nuove. E’ successo anche con la Bora nel 2015. Anche loro non erano nel WorldTour e poi tutto andò bene. Non siamo preoccupati. Sei anni fa ci dicevano che lavorare coi tedeschi non sarebbe stato facile perché erano “chiusi”. Poi non fu così. Loro volevano crescere e fu un apprendere nuovi metodi da entrambe le parti. Loro per esempio adesso hanno deciso per una svolta netta verso le classifiche generali, all’epoca non ci pensavano. Anche alla TotalEnergies c’è voglia di lavorare».

«Scuola francese? Io direi più scuola internazionale, soprattutto a certi livelli. Già il fatto che ci sia il meccanico di Peter non è poco. In più c’è Kevin Desmedt con il quale già avevamo lavorato in Quick Step. Due elementi nel reparto tecnico sono un bel supporto per gli altri. E poi per ora abbiamo avuto, come detto, un solo approccio sul campo. Nei due ritiri, quello di dicembre e quello di gennaio, contiamo di fare il grosso del lavoro. Lì i ragazzi faranno tante ore di sella e verificheremo eventuali problemi sui materiali, sulle posizioni e raccoglieremo i loro feedback per farli lavorare senza stress».

Sagan che passerà alla TotalEnergies, si diverte sulla nuova gravel Crux
Sagan che passerà alla TotalEnergies, si diverte sulla nuova gravel Crux

Capitolo gravel

C’è poi la questione gravel, legata al divertimento. Noi stessi scrivemmo di un approccio diverso di Sagan al suo ciclismo prossimo futuro. Non solo gare ma anche altre esperienze. Saranno fornite anche le bici gravel?

«Certo. Noi abbiamo lanciato la Crux – dice Mondini – e proprio qualche giorno fa eravamo nel Kansas per quell’evento gravel con Remco Evenepoel e Mattia Cattaneo. La tendenza è quella di fare sempre più queste gare, visto che anche l’UCI vuol farci i mondiali. E non nascondo che Sagan mediti un ritorno anche ad altre specialità come la Mtb. Lui vuol divertirsi e portare altra gente al ciclismo».

E a proposito di altra gente nel ciclismo. Chiudiamo con una curiosità. Quanto incide sul mercato interno, in questo caso quello francese, la collaborazione con un team?

«Complicato da dire. So che ci sono dei dati, delle previsioni. Posso però riportare quel che avvenne in Germania quando iniziammo la collaborazione con la Bora. In quel caso registrammo un +40%. Tuttavia va detto che dopo anni bui il ciclismo ”era sceso” in quel momento in Germania. Però da lì è tornato a crescere, soprattutto negli ultimi due anni. Un incremento che poi abbiamo registrato un po’ ovunque. Diciamo che se dovessimo arrivare a quel +40% per noi sarebbe un buon dato».

Torna Nibali e Tosello riprende la scheda con le misure

29.10.2021
6 min
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Il ritorno, ormai imminente, di Vincenzo Nibali all’Astana-Premier Tech riporta alla luce tutti i suoi più grandi successi vissuti con la maglia del team kazako. Oltre ai colori che tornerà vestire dal 2022, lo Squalo ritroverà gran parte dello staff, salutato nel 2016 con un addio che si è poi rivelato un arrivederci. Tra questi c’è il meccanico della squadra, Gabriele Tosello, nonché il sarto che cucirà la Wilier Triestina su misura addosso a Vincenzo.

“Toso” ha vissuto vittorie e sconfitte dal 2013 al 2016 (in apertura durante l’ultima tappa del Tour vinto nel 2014), per poi ritrovarsi alla vigilia della prossima stagione a rispolverare le misure che conservava dentro il cassetto e rimettere in sella il campione siciliano. Un déjà vu che Gabriele ci racconta con professionalità ed entusiasmo, nel ritrovare il fuoriclasse Nibali di nuovo da assistere tra richieste, consigli e aneddoti.

Sei in Astana dal 2010, Vincenzo lo conosci già?

Certamente. Ero presente al suo arrivo dalla Liquigas nel 2013 e alla sua partenza nel 2016 per la Bahrain-Merida. Nei quattro anni con noi allora la bici utilizzata era Specialized. 

Ora il vostro partner tecnico è Wilier Triestina. 

Sì, il prossimo anno sarà il terzo insieme. La transizione da Argon è stata naturale senza traumi. Wilier è una ditta italiana che sta investendo davvero tanto in ricerca e in materiali, una delle poche se posso dire. Si lavora molto bene perché è condotta a livello familiare, se hai qualche richiesta ti ascoltano, sai con chi parlare. E’ una qualità che si percepisce quando ce l’hai tra le mani, non solo a parole come a volte capita in questo settore. 

Torniamo a Vincenzo, che rapporto ha con la bici?

Lui è uno che ci capisce, è un corridore che saprebbe fare benissimo il meccanico. E’ abbastanza pignolo, se avesse gli tutti attrezzi del mestiere si potrebbe smontare e rimontare la bici. Le piccole riparazioni, le  registrazioni se le fa in totale autonomia. Montarla da zero no, perché non ha l’attrezzatura ma sarebbe in grado. Tranquillamente. 

Che bici gli fornirete?

Quest’anno abbiamo usato due modelli la Wilier Zero SLR per le salite e la Filante SLR, quella un più aerodinamica per le corse veloci. Lui per caratteristiche tecniche sarebbe adatto alla prima, ma conoscendolo vorrà sicuramente anche la Filante. Abbiamo già calcolato per lui, come per altri corridori, di mettere a disposizione entrambi i modelli. Poi c’è chi invece avrà solo uno o l’altro. Ma ad un leader come Vincenzo preferiamo dare tutte le possibilità per coccolarlo e stimolarlo. 

C’è già stato il primo incontro fra Tosello e Nibali?

Ci vedremo verso metà novembre per la consegna della bici, poi ci confronteremo giorno per giorno. Per il momento per contratto non può utilizzare la nostra attrezzatura. Ne approfittiamo per aspettare i gruppi nuovi. Non sappiamo ancora se la prima che riceverà sarà la Filante o la Zero SLR.

Le misure le avete già?

Sì, abbiamo quelle che aveva nel 2016 nel suo ultimo anno in Astana (nella foto sotto, ndr) e abbiamo anche quelle che ha usato ultimamente alla Trek-Segafredo. Saranno da adattare alle geometrie della Wilier, ma si parla di pochi aggiustamenti. E’ rimasto sempre lui. E’ un corridore all’antica, ha le sue misure può giocare con qualche millimetro, ma non si allontana. Naturalmente qualcosina dovremo cambiare passando a un modello nuovo, ma i suoi riferimenti sono quelli da sempre. Poi sarà Vincenzo che ci aiuterà a cucirgli addosso la bici. Tra arretramenti, avanzamenti e spostamenti di sella vari.

Ecco le misure della sua bici del 2016, ripescate da Tosello dal suo archivio. A metà mese, avremo le misure 2022
Ecco le misure della sua bici del 2016, ripescate da Tosello dal suo archivio. A metà mese, avremo le misure 2022
Che taglia ha?

A lui non piacciono i classici fuori taglia. Con un giusto fuori sella lui è sempre stato una taglia L, una 56. Non ha bisogno di aver misure piccole per guidare meglio. Anche perché a lui diciamo che nessuno gli può insegnare qualcosa in termini di confidenza con la bici.

E’ pignolo su qualche componente in particolare?

Sulla sella è molto pignolo. Quando passa a una sella nuova di un’altra marca, ci mette sempre un po’ ad adattarsi. Passa un paio di mesi prima che si trovi a suo agio. A meno che non sia cambiato in questi anni con l’età (scherza, ndr). All’inizio giocherà un po’ con i millimetri, poi se l’aggiusterà da solo come posizione

Per quanto riguarda freni e ruote cosa gli proporrete?

Siamo completamente su freno a disco. Nel bene e nel male. Nel bene per l’innovazione, nel male perché c’è più da lavorare per i meccanici (ride, ndr). In Astana fino al 2016 preferiva una ruota a basso profilo, con profili da 32 millimetri. Con la transizione al freno a disco si è passati a montare ruote con profili più alti da 47/50 millimetri. Ho visto che quest’anno anche lui montava ruote di queste misure, quindi credo che la scelta sarà la stessa. Ovviamente poi la decisione si adatterà in base alle esigenze delle corse, di salita o pianura.

Nel 2016, Tosello prepara per Nibali una Specialized rosa con cui sfilare a Milano
Nel 2016, Tosello prepara per Nibali una Specialized rosa con cui sfilare a Milano
La vostra scelta tra copertoni, tubolari o tubeless quale sarà?

Noi montiamo tubolari Vittoria. Probabilmente l’anno prossimo useremo in qualche gara il tubeless che quest’anno con Corima non abbiamo provato. Abbiamo testato il copertoncino nelle cronometro. Approfondiremo nel corso della stagione il discorso tubeless e copertonicini, perché qualche miglioramento in termini di watt sembrerebbe esserci. Poi si vedrà anche in base anche al tipo di corridore e alla tipologia di corsa, perché magari non tutti si adatteranno. Vincenzo sarà un riferimento anche per queste decisioni

Per la cronometro che bici avrà?

La Wilier Turbine. Quando si parla di cronometro la sua attenzione per i dettagli è totale. Per la bici da strada si riesce a mediare a volte. Sulla crono ogni sua parola va ascoltata con il calibro in mano. Sempre nel senso buono. Non è uno che ti chiede la luna. Le migliorie e gli accorgimenti che indica si rivelano utili anche per capire i materiali. Ha una sensibilità unica. Quello che dice ha dei riscontri effettivi, non dice mai cose a vanvera. Il bello di Vincenzo è che parli con un corridore che si intende di meccanica. Se ti dice una cosa che potrebbe portare ad un miglioramento, bisogna ascoltarlo. Sempre.

Vi aiuta anche nel vostro lavoro?

Sì, quando c’è del materiale nuovo o da testare, è uno dei pochi su cui fare affidamento. Ed è un riferimento per il team e per i compagni anche sotto questo aspetto. 

Alaphilippe a Leuven, Specialized dalla testa ai piedi

01.10.2021
3 min
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Un vecchio detto pronunciava “a buon cavallo non manca il cavaliere”. A domare la Tarmac SL7 a dir la verità c’era più un moschettiere, il suo nome Julian Alphilippe. Una doppietta centrata in simbiosi con Specialized ed il suo modello di punta che anche quest’anno ha supportato il francese nella sua prestigiosa vittoria. Sulle strade belghe di Leuven, esclusivamente per la gara, Loulou ha abbandonato l’iride sia nel vestiario sia nei colori della bici che lo hanno accompagnato per un anno. Completamente nera la sua Sl7 era li pronta a sostenere il campione nei suoi attacchi violenti all’insegna dei watt. Un bianco e nero durato per 6 ore, fino a quando il transalpino non ha deciso che fosse il momento di rimettere i colori dell’arcobaleno indosso e sul proprio gioiello a due ruote a suon di scatti e colpi di pedale. 

In controtendenza, Alaphilippe ha usato a Leuven copertoncini Turbo Cotton da 26mm
In controtendenza, Alaphilippe ha usato a Leuven copertoncini Turbo Cotton da 26mm

Tarmac SL7

Difficile trovare un modello più vincente di questo, se poi la vittoria al mondiale è consecutiva di certo non si può affidare al caso. La casa californiana con la Sl7 ha realizzato il modello più veloce e reattivo di sempre di sua produzione. Con un profilo aero e un peso ai limiti del regolamento è riuscita a creare un prodotto che rasenta la perfezione sotto ogni aspetto. Una bici senza compromessi che ottimizza le performance su ogni ambito, salita o discesa che sia. Un vero e proprio missile con una guidabilità definibile telepatica, così reattiva da sembrare che legga la mente. Caratteristiche che messe al servizio del campione del mondo non hanno lasciato speranze agli avversari. 

Le vittorie di Specialized 

Specialized rivendica un’altra piccola vittoria parallela a quella di Alaphilippe, cioè l’utilizzo dei copertoncini Turbo Cotton da 26 mm. Dimostrando che nell’era recente dove il tubolare la fa da padrona gli pneumatici lanciati dalla casa americana sono i più veloci al mondo per la gara. Un altro vanto sono le ruote Roval Rapide in carbonio, veloci rapide e resistenti combinate con i copertoncini contengono di molto il peso e sono garanzia di reattività e scorrevolezza. 

La bici ha mostrato grande guidabilità e precisione anche nei rilanci sul percorso di Leuven
La bici ha mostrato grande guidabilità e precisione anche nei rilanci sul percorso di Leuven

Ergononomia assoluta 

Ad accompagnare la conquista dell’iride, oltre al casco S-works Evade, Julian si è affidato all’attrezzatura Body Geometry. La sella S-Works Romin EVO la più performante della gamma, ideata per proteggere le parti vitali e la pressione sui tessuti molli, da indolenzimento e problemi posturali. Le scarpe S-Works Ares in grado di supportare la massima potenza espressa e trasferirla sulla trasmissione. Il tutto a creare un mix perfetto tra tecnologia, innovazione e performance firmato Specialized che ha permesso il bis mondiale a Julian Alaphilippe. 

Specialized sceglie il futuro presentato da Shimano

14.09.2021
3 min
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La casa statunitense ha lanciato sul mercato i due modelli già affermati top di gamma, Tarmac SL7 e Aethos con il nuovo Dura-Ace di2 9200 12 velocità. Specialized e Shimano riconfermano la loro partnership, valorizzando le caratteristiche d’elite della propria gamma per fornire il massimo che si possa desiderare da entrambe le aziende. Un equipaggiamento che più che nel presente sembra proiettare nel futuro con componenti esclusivi, diventati ancora più preziosi a causa della carenza di materiale tecnico dovuta ai motivi ridondanti conseguenti alla pandemia.

Specialized Aethos,leggera e versatile, equipaggiata con il nuovo Shimano Dura-Ace 9200
Specialized Aethos,leggera e versatile, equipaggiata con il nuovo Shimano Dura-Ace 9200

Prestazioni e innovazione

Il nuovo gruppo Dura Ace appena presentato è una vera e propria novità nel mercato dei componenti. Le 12 velocità combinate con le innovazioni principali: leggerezza, miglioramento dell’ergonomia dei comandi e freni ancora più potenti, sono una vera e propria rivoluzione. Le due bici selezionate da Specialized sono Tarmac Sl7 e Aethos. La prima studiata per la performance con la quale vengono equipaggiate le squadre professionistiche potrà essere il meglio che il professionista desidera attualmente dalla casa californiana. La seconda è il prodotto ultraleggero studiato per il puro piacere di utilizzo.

Tarmac S7, per non rinunciare a nulla

La Tarmac SL7 è il modello presentato da Specialized come “la bici senza compromessi”, assemblata con il Dura Ace, diventa la miglior scelta per il ciclista in cerca del non plus ultra. La SL7 fa della sue prestazioni il cavallo di battaglia, velocità e leggerezza senza dover rinunciare a nulla. Con il nuovo gruppo montato riesce e lavorare in simbiosi in quanto le novità presentate da Shimano come una velocità di cambiata migliorata del 45% e una frenata più potente e modulabile si sposano al meglio con il concetto di performance del telaio S-Works.

Aethos e il piacere dell’essenziale

Il nuovo Shimano Dura Ace, esclusivamente elettronico, fa della leggerezza uno dei punti forti, proprio come il modello Aethos su cui è montato. Una bici che è considerata “illegale” per il suo peso sotto le soglie limite UCI (6,8 chili). Vanta un telaio da 545 grammi con configurazioni che abbinate al 12v, della casa di Osaka, sono quello che un utilizzatore attento alla leggerezza pretende. Il pacco pignoni configurabile fino ad un 11-34, concorde con l’idea con cui è stato concepito il prodotto Specialized, può essere qualcosa di unico nel mercato mondiale. Un’unione di
intenti volti al godersi ogni uscita, che si traducono in affidabilità e precisione, frutto dello studio dei tecnici delle due case costruttrici.

Misure e prezzo

Il modello S-Works Tarmac SL7 Shimano Dura-Ace è disponibile in 6 taglie: 49, 52, 54, 56, 58, 61. Il prezzo consultabile ufficiale è di 13200€. Non cambiano le taglie disponibili per quanto riguarda S-Works Aethos Dura-Ace Di2, che ha un prezzo di 13400€.


specialized.com

Light oppure aero? La complicata scelta dei pro’

06.08.2021
5 min
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L’evoluzione e gli studi sui telai offrono ai pro’ dei modelli di bici sempre più performanti, stagione dopo stagione. Le esigenze dei corridori crescono con l’aumentare delle performance e la loro scelta va di pari passo. Ormai lo sviluppo del telaio ha raggiunto degli standard sempre più vicini alla perfezione. Si sa, ogni atleta è fatto a modo suo, sia per esigenze tecniche ma ancor di più per le caratteristiche fisiche. Le case costruttrici sono arrivate perciò al punto di dividere i telai a seconda di queste esigenze.

Non è raro vedere i team professionisti avere a disposizione più telai durante la stagione: uno aerodinamico, per le gare in pianura, l’altro light, ovvero leggero, usato nelle gare con tanto dislivello. In controtendenza, rispetto alle altre squadre, c’è Pinarello, che offre al team Ineos una sola bici, la Dogma F, vincitrice, tra l’altro dell’oro olimpico di Tokyo con Richard Carapaz.

Nell’analizzare questa situazione ci siamo soffermati sulla suddivisione dei telai, andando a chiedere a vari corridori come si trovano e se abbia veramente senso avere questa doppia scelta.

Diamo parola, quindi, a coloro che fanno sfrecciare questi telai sugli asfalti di tutto il mondo. Salvatore Puccio (Ineos Grenadiers, Pinarello Dogma F), Edoardo Affini (Jumbo-Visma, Cervélo S5 Aero e Cervélo R5 light), Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe, Specialized Venge e Specialized Tarmac), infine Emanuele Boaro (Astana-Premier Tech, Willier Zero Slr e Willier Filante).

Scelta di squadra

Avere a disposizione due telai crea una difficoltà logistica per le squadre, nel momento in cui si va a correre. La difficoltà principale è anche capire se agli atleti vengano fornite due bici per gli allenamenti di tutti i giorni.

«La scelta del team è legata alle caratteristiche dei corridori – esordisce Salvatore Puccionon abbiamo velocisti, quindi non è stato sviluppato il telaio per le gare di pianura. La Pinarello Dogma F è una bici ibrida, ideata per essere performante in tutte le situazioni di corsa, come abbiamo visto anche al Giro nella tappa delle strade bianche. 

«Quella di avere due telai la ritengo una scelta inutile, cambiare bici da una tappa ad un’altra crea una scomodità non indifferente per il posizionamento in sella, noi professionisti sentiamo la differenza se un telaio viene modificato leggermente, figuriamoci se cambia completamente mezzo».

Venge ai box

Quella della Ineos non è però l’unica scelta in questo senso, Specialized ha deciso di fermare ai box il modello Venge, quello dedicato alla pianura o alle volate. Ce lo spiega meglio Matteo Fabbro, atleta del team Bora-Hansgrohe.

«Fino a metà della stagione 2020 – dice – usavamo due bici, ora con il nuovo sviluppo della Tarmac, la Venge è stata abbandonata. Una scelta fatta dalla casa madre, noi atleti non siamo stati chiamati in causa, anzi io preferivo avere la doppia bici. Per un corridore leggero come me, avere un vantaggio in pianura, seppur minimo, è fondamentale. Poi, fin quando non è arrivato il Covid, avevamo entrambe le bici a casa per allenarci. Se si aggiungono i periodi di ritiro nei quali provavi entrambe, si arrivava ad un numero simile di chilometri percorsi con l’una e con l’altra».

La Ineos ha corso il Giro con la F12, poi dal Tour è arrivata la Dogma F
La Ineos ha corso il Giro con la F12, poi dal Tour è arrivata la Dogma F

Scelta fissa

Edoardo Affini, un metro e 92 per 80 chili, ha delle caratteristiche atletiche completamente differenti da Fabbro, ed una visione altrettanto opposta.

«Sebbene Cervélo metta a disposizione due telai, S5 per la pianura e R5 per la montagna – spiega il mantovano – io non ho mai utilizzato quest’ultimo. Anche nelle tappe con un dislivello importante scelgo l’S5, perché anche in questo caso il mio lavoro principale è in pianura. Di conseguenza preferisco usare una bici che mi dia la massima prestazione sul terreno di mia competenza».

Sintesi finale

Infine, Emanuele Boaro, trova il riassunto definitivo: «Si parla di bici veloci e di bici leggere – inizia così il corridore dell’Astana – ma la differenza di peso è minima, si parla di grammi, neanche di etti. La grande differenza è nella guidabilità, la bici aero è più rigida e quindi adatta a corridori potenti o per chi deve disputare delle volate. Io stesso, al campionato italiano ho adoperato la Filante, ovvero la bici veloce, poiché, nonostante il dislivello elevato si pensava ad un arrivo in volata.

«La Willier Zero la usano molto i nostri scalatori, ma per un discorso più mentale. Quel che fa maggiormente la differenza sono le componentistiche, mettere delle ruote a profilo alto o basso su una bici la cambia completamente, in guidabilità e scorrevolezza. La scelta è condizionata molto anche dal fattore psicologico, molti ciclisti preferiscono usare una bici che considerano più performante, anche se poi le caratteristiche differenziano di poco. In un grande Giro la doppia bici la uso sempre, anche se preferisco non cambiarla da una tappa all’altra, ma di settimana in settimana, utilizzando quella che ritengo migliore a seconda delle strade percorse».

Cattaneo, l’amore per le crono è un ritorno alle origini

30.07.2021
7 min
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La seconda vita di Mattia Cattaneo, s’è già detto, è iniziata con l’approdo alla Deceuninck-Quick Step. E se il 2020 ha avuto come per tutti il freno del Covid, la stagione in corso sta mostrando il bergamasco sotto una luce finalmente limpida. Il Tour de France concluso in dodicesima posizione, con il secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e le due crono in crescendo – 8° a Laval, poi 6° a Saint Emilion – lo hanno riproposto all’attenzione del grande gruppo come fu alle origini quando ci mise piede. Il terzo posto al tricolore di Faenza unito agli altri bei risultati di stagione nella specialità hanno detto chiaramente che il rapporto fra Mattia e il cronometro sta tornando quello di un tempo. E la cosa genera interesse. Perché abbiamo fatto l’occhio con Ganna e Affini (al lusso ci si abitua presto), ma ritrovare fra i migliori un atleta che sa anche difendersi sulle grandi montagne suona decisamente insolito. L’ultimo a ben vedere è stato Nibali.

Passione crono

Mattia è in partenza per San Sebastian, nell’ennesima sostituzione che gli è stata chiesta quest’anno. E così riempiendo la valigia, ci racconta il suo rapporto con le sfide al tempo.

«Penso di aver sempre avuto una predisposizione per la crono – racconta – sin da quando ero allievo, ma con Rossato al tempo della Trevigiani ho iniziato a lavorarci bene. Mi piace tutto. Sia lo sforzo solitario, sia tutto il lavoro che c’è dietro su posizione e materiali. La bici da crono la uso regolarmente un paio di volte a settimana, anche tre se c’è da preparare un appuntamento. Non la mollo neppure a dicembre, ci lavoro molto. Faccio esercizi per la posizione, anche a secco…».

La usi due volte a settimana, facendo cosa?

Se esco due volte, il primo faccio lavori specifici per tre ore, tre ore e mezza. La seconda volta faccio un’ora e mezza sulla bici normale e un’ora e mezza su quella da crono. Sono fortunato perché ho una buona posizione di base, anche se arrivato in Deceuninck ho cambiato parecchio per trovare la miglior aerodinamica.

Specialized ci lavora parecchio.

C’è tanto lavoro che non si vede, giornate intere a fare aggiustamenti della posizione e prova di materiali. La nostra è una delle bici più veloci, per cui anche noi dobbiamo imparare ad assecondarla.

Sei uno che il salita tira il rapporto, si dice invece che a crono si debba puntare sulla frequenza…

Ma io pedalo allo stesso modo, mai super agile. E poi la crono dura al massimo un’ora, in cui devi dare tutto. Su strada non metterei mai il 58, a crono ormai è la regola.

E’ una bici comoda?

Dipende da cosa intendiamo per comodo, ma direi che non lo è particolarmente. Stare in posizione è difficile, però dipende anche da quanto sia estrema. Per questo faccio tanti lavori giù dalla bici, allenandomi per stare stretto con le spalle. La mia posizione comporta tanto stress, ma se ti alleni, starci sopra diventa più facile.

Si dice che se sei scomodo non rendi al massimo.

Dipende da quale obiettivo hai. Se sei Cavendish e dalla crono non hai niente da pretendere, ci sta che cerchi una posizione comoda. Se parti per stare davanti, difficile che tu possa essere anche comodo. Puoi cercare una via di mezzo, ma dipende dai corridori. E’ molto soggettivo. Gente come Kung o Roglic va fortissimo, ma non credo siano comodi.

Al Giro di Svizzera 2014, 10° in entrambe le crono. Posizione più lunga dell’attuale e di quella alle origini da U23
Al Giro di Svizzera 2014, 10° in entrambe le crono. Posizione più lunga dell’attuale e di quella alle origini da U23
Se è così estrema, come si fa a cambiare posizione durante un Giro?

E’ il motivo per cui durante la settimana passo spesso da una bici all’altra. Dipende da quanto ti alleni. Mi cambia poco. Sento che ho una posizione diversa, ma non mi stravolge. Per fortuna sono piuttosto flessibile, perché a parte la lunghezza delle pedivelle che resta quella, le altre misure e gli angoli sono tutti diversi.

Hai raggiunto il top della posizione o ci lavorerai ancora?

Sono previsti dei lavori e degli studi per migliorare ancora. Penso che cambierò ancora qualcosa. Lavorerò sui materiali, ci sono interventi da fare.

Vai meglio nelle crono secche o in quelle nelle corse a tappe?

Sembrerà strano, ma vado meglio nei giri, forse grazie al fatto che recupero bene. Nella crono secca sono meno performante, ma sono migliorato tanto. Al prologo dello Svizzera, ad esempio, sono arrivato terzo ed era come fosse una crono secca.

Nel 2017 arriva quinto al tricolore crono di Moscon. La posizione è più raccolta, le braccia più inclinate verso l’alto
Nel 2017 arriva quinto al tricolore crono di Moscon. La posizione è più raccolta, le braccia più inclinate verso l’alto
Ci sono dei rituali prima di una crono?

Certo, sempre uguali. La mattina provo il percorso il più lentamente possibile. Memorizzo le curve, cerco di capire quali si possono fare forte e quali sono pericolose, quelle da fare in posizione e quelle in cui frenare. Poi mangio sempre le stesse cose e mi scaldo allo stesso modo.

Come ti scaldi?

E’ sempre uguale e in base alla lunghezza della crono metto o tolgo qualcosa. Faccio ripetute, qualcuna in più se la crono è breve, di più se è lunga. La base è identica e mentre mi scaldo bevo soltanto acqua, niente sali. E cerco di mangiare poco. Nelle crono voglio essere vuoto.

Perché?

Perché faccio fatica a digerire, per questo mangio poco, sennò sto male. Né gel né sali, solo acqua. All’italiano, Bramati mi diceva di prendere la borraccia, ma ho finito la gara senza bere un sorso.

Non c’è rischio di calare restando così vuoto?

Forse un minimo calo l’ho avuto all’italiano, ma impercettibile e perché era caldo a quel modo. 

Quando ti scaldi ascolti musica?

Sempre la stessa, di solito musica dance o comunque ben ritmata. Non riuscirei a scaldarmi con la lirica, però magari qualcuno lo fa. 

Ruote?

Sempre le stesse, ma mi rendo conto di essere particolare anche in questo. All’inizio del Tour sono venuti a chiedermi che ruote e che copertoni volessi per la prima tappa, gli ho risposto che avrei usato le stesse cose per tutto il Tour. A crono è lo stesso. Lenticolare dietro e alto profilo davanti, a meno che non ci sia tanta salita e allora si può valutare l’alto profilo anche dietro, per un fatto di peso.

Ti sarebbe piaciuto andare alla crono di Tokyo.

Mi sarebbe piaciuto molto, ma i tempi della convocazione probabilmente lo hanno impedito.

Ti piacerebbe andare al mondiale?

Mi piacerebbe riuscire a guadagnarmi la convocazione per una cronometro. E’ un’aspirazione che ho da un po’, ma adesso è supportata da qualche bella prestazione. Sarei quasi più contento di arrivare in azzurro per la crono che per la gara su strada

Niente da dire. Dopo il bel Tour a Tokyo ci sarebbe stato bene davvero, ma la tagliola olimpica che prevedeva la consegna dei nomi entro il 5 luglio lo ha tagliato fuori. Ha davanti Ganna e Affini. Eppure su un percorso duro come gli ultimi, anche Cattaneo avrebbe potuto dire la sua. Rivederlo forte e motivato come ai bei tempi fa pensare che crescerà ancora. E allora il ritorno alle origini sarà davvero completo.

Bagioli e la sua Tarmac, storia di un rapporto speciale

06.07.2021
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Livigno è là in basso e brulica di turisti e biciclette. Ci sono stradisti e biker da tutte le parti e un senso di ripresa del turismo che sta riportando il sorriso sul volto degli albergatori e dei gestori dei locali. Anche se, ad onor del vero, quassù d’estate si è sempre lavorato. L’inverno invece è stato un pianto, con gli impianti chiusi e le attività fortemente limitate. La Deceuninck-Quick Step ha preso parecchie stanze all’Alpen Village, che sorge al secondo tornante della strada che sale al Foscagno. E mentre fuori lavorano alla terrazza, nel retro della grande struttura in legno e cemento, in un container chiuso con la combinazione, le Tarmac della squadra belga vengono tenute in ordine da un meccanico. Bagioli è uno dei primi a scendere.

Voglia di ripresa

Il valtellinese, che vive a un’oretta e mezza d’auto da qui, è stato anche il primo ad arrivare in zona. E’ salito in quota una settimana circa prima degli altri, con l’obiettivo di recuperare le lunghe settimane senza corse. Lo avevamo raccontato nelle scorse settimane. Andrea è fermo dal Trofeo Laigueglia. Da quella caduta che gli ha presentato il conto nei giorni successivi, nella forma di un dolore al ginocchio che ha richiesto l’intervento. Ora le cose vanno bene e il rientro dovrebbe avvenire a fine luglio fra il Tour de l’Ain e il Wallonie, ma vedendo tanto armeggiare attorno alle bici, ci è venuta la curiosità di chiedergli che rapporto ci sia fra un corridore e la sua bici. La compagna di viaggio e fatica. 

«Sicuramente un rapporto speciale – sorride – perché si usa ogni giorno, ogni giorno è con noi, quindi il rapporto deve essere speciale per forza. Bisogna trovarsi bene e secondo me avere un buon mezzo può fare la differenza in tante situazioni. Sicuramente deve essere rigida e reattiva e la Tarmac è proprio così. Quando faccio uno scatto o uno sprint, devo sentire che risponde bene. Inoltre deve essere facile da guidare in discesa, quindi in modo che possa cambiare traiettoria e facilmente da destra a sinistra».

Il tema c’è, andiamo avanti. Ci hai messo tanto ad abituarti?

Io sono passato da Cinelli quando ero in Colpack a Specialized e devo dire che ci ho messo veramente poco. Nel giro di una settimana, massimo due mi ero abituato del tutto. Poi ci sono i meccanici che la mettono a misura perfettamente e quindi ci si adatta subito. Adesso mi affido a Specialized, prima invece lavoravo con Aldo Vedovati, che adesso metto a posto le tacchette. Però per le misure del telaio mi affido a Specialized.

Contento dei freni a disco?

Molto, mi trovo molto bene. Soprattutto sul bagnato si può sentire tanta differenza. Anche prima delle curve si riesce staccare in extremis e in questo modo si riesce a tenere una velocità più alta.

Che rapporto con la tua bici, ti capita mai di… parlarci?

Parlarci no (guarda e ride, ndr), però cerco sempre di tenerla in ordine, voglio che sia perfetta. La pulisco sempre, se c’è un problema cerco di sistemarlo subito. Poi è chiaro che un problema meccanico possa capitare in qualsiasi momento. Ad esempio in gara qualcuno può toccarti la ruota o il cambio posteriore e a quel punto puoi farci poco.

Drome Ardeche, Bagioli aveva iniziato il 2021 con una vittoria, poi a Laigueglia una caduta lo ha fermato
Drome Ardeche, Bagioli aveva iniziato il 2021 con una vittoria, poi a Laigueglia una caduta lo ha fermato
Sembri in forma, quando riprendi?

Probabilmente a fine luglio con il Tour de l’Ain o il Tour de Wallonie. Dobbiamo ancora vedere bene con la squadra, dopodiché varie gare ad agosto. Il Polonia oppure il Giro di Germania e poi invece a fine stagione farò tutte le classiche in Italia.

Niente Vuelta?

La Vuelta devo ancora decidere, per ora sono riserva, però non è mai detto che non la faccio.

Come cambia la bici fra classiche e Giri?

La Tarmac è sempre quella, però è diversa da gara in gara, soprattutto cambiamo le ruote. Per esempio in una gara come il Lombardia o la Liegi, molto meglio ruote a basso profilo. Sono più leggere in salita, sono molto più reattive, quindi perfette. Invece per una tappa piatta, di quelle facili, usiamo quelle ad alto profilo. Anche se sono un po’ più pesanti, sono molto più scorrevoli.

Ti trovi bene con questa bici?

Mi piace tutto, fino dal primo momento che l’ho provata. Mi piace perché è leggera, ma al tempo stesso scorrevole. Poi con le ruote ad alto profilo in discesa, nelle discese veramente veloci dove si va a 80-90 all’ora, si sente la differenza. Oppure anche in pianura, quando si va a 50 all’ora, si sente che scorre veramente bene.

Nella cronometro, Bagioli ammette qualche limite: di prestazione e di pratica
Nella cronometro, Bagioli ammette qualche limite: di prestazione e di pratica
E la bici da crono?

Il rapporto è un po’ diverso rispetto a questa. Devo dire che mi piace usarla anche per fare lavori durante la settimana. Mi piace, però dovrei fare molte più crono perché ne ho fatte veramente poche nella mia carriera.

I compagni lo chiamano. Masnada racconta di un episodio al campionato italiano, in cui la radio avrebbe cambiato le cose. Honoré chiede da che parte si vada. La giornata è splendida. La fila delle Tarmac dello squadrone belga prende la via della montagna.

Cavendish, la sua bici e la telefonata che rimise tutto in moto

30.06.2021
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Quel 30 sul numero di gara da stamattina sarà un 31, come le vittorie di Cavendish al Tour. La storia o forse la leggenda dice che nell’agosto dello scorso anno, tracciando un bilancio semidefinitivo dlla sua carriera e avviandosi a un mesto ritiro, Mark Cavendish abbia fatto una telefonata a Giampaolo Mondini, uomo Specialized in gruppo, con il quale aveva avuto a che fare ai tempi in cui correva con la Etixx-Quick Step.

Questa immagine, già pubblicata nei giorni scorsi, ritrae Mark con il suo meccanico (foto Wout Beel)
Questa immagine, già pubblicata nei giorni scorsi, ritrae Mark con il suo meccanico (foto Wout Beel)

«Era disperato – racconta Mondini, ricordando quella telefonata – non riusciva a rendere, non aveva più gli stessi watt e si era convinto che tra i fattori possibili ci fosse la bicicletta. Mi chiese di mandargli una delle nostre perché potesse allenarsi e avere la prova definitiva. Poi si sarebbe rassegnato. Avevamo lì una Venge con misure simili alle sue e gliela mandammo. Richiamò dopo qualche settimana. Era entusiasta. E alla fine si convinse a fare il passo e parlare con Lefevere. E piuttosto… quella Venge non l’ho più vista».

Tarmac SL7 misura 52

Risalito sulla Specialized, Cavendish ha lavorato sodo per rimettere a posto tutto il resto. Il peso e soprattutto l’adattamento alla fatica, ma alla fine – suggestione o altro – ha vinto sei corse e l’ultima in ordine di tempo è stata la tappa di ieri a Fougeres.

Lo ha fatto su una Tarmac SL7 misura 52. Il britannico è passato a questa taglia dopo aver provato anche la 48 con la quale però non è riuscito a ricreare i giusti angoli e l’ha messa da parte. Rispetto al 2016, ultimo anno nel team belga, le sue misure sono rimaste sostanzialmente le stesse.

Perciò utilizza pedivelle da 170 e guarnitura da 54 denti: ieri ha sprintato appunto con il 54×11 e riguardando le immagini televisive, si nota come Philipsen (più agile) abbia preso subito margine, ma non abbia potuto opporsi al ritorno di Cavendish.

Attacco da 13

Il suo assetto in bici è molto avanzato. Da sempre la sua posizione in volata, simile a quelle di Caleb Ewan e di Jakub Mareczko, vede il corpo tutto proiettato in avanti, con la testa ad abbassarsi oltre il manubrio.

«E’ davvero molto in avanti – conferma Mondini – tanto che a causa di quell’assetto, se prendesse una buca, rischierebbe di rompere l’attacco manubrio».

Proprio su questo fronte, va segnalato che Cavendish sta correndo il Tour con il manubrio Rapide Roval da 42 c/c mentre nelle corse prima del Tour ha utilizzato un 40. L’attacco, proprio per assecondare questa sua tendenza a… spararsi in avanti è da 13 centimetri.

Partecipa a questo suo assetto piuttosto sbilanciato, anche l’arretramento della sella di 4,6 centimetri, che si ottiene anche grazie al fatto che Mark utilizza la Power Mirror realizzata con tecnologia 3D: quella bucherellata e più corta, per intenderci.

Due ruote diverse

Sul fronte delle ruote, Ieri Cavendish ha ha corso e vinto con un set Roval Rapide con profilo da 50 all’anteriore e 55 al posteriore, montate con copertoncini Turbo Cotton da 26 con la spalla in cotone. La scelta, di cui parlammo quando venne adottata alla Omloop Het Nieuwsblad, risolve il problema della scorrevolezza, ma non impedisce le forature. Tanto che anche Cavendish nella seconda parte di corsa ha bucato e i meccanici sono stati lesti a cambiargli la bici.

Fra le curiosità spicca il conteggio delle vittorie sul numero di gara (foto di apertura) che da oggi nella crono cambierà in 31 e il fatto che il nastro manubrio della bici sarà verde per celebrare la conquista della maglia della classifica a punti. Da quella telefonata sembra passato un secolo. E la famosa Venge chissà se Mondini la rivedrà mai più…

Remco a Torino: posizione a tartaruga e una super Shiv

04.05.2021
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Quest’anno non ha mai corso, esce da un terribile infortunio, eppure Remco Evenepoel fa paura. E la fa soprattutto pensando alla cronometro inaugurale del Giro d’Italia di Torino. Il fenomeno belga potrebbe conquistare la maglia rosa. Contro il tempo Remco è formidabile. Ma se delle sue reali condizioni si sa poco o niente, del suo destriero, la Specialized Shiv TT invece qualcosa di più possiamo dirvi.

Per scoprirne i dettagli abbiamo sentito Gian Paolo Mondini, responsabile tecnico di Specialized, colui che fa da “ponte” tra il marchio californiano e i team. E tra quelli che utilizzano Specialized c’è anche la Deceuninck-Quick Step di Evenepoel.

Gian Paolo Mondini
Il responsabile Specialized area racing strada, Gian Paolo Mondini
Gian Paolo Mondini
Il responsabile Specialized area racing strada, Gian Paolo Mondini
Gian Paolo, aiutaci a scoprire la Specialized Shiv TT che userà Remco a Torino.

Remco ultimamente non ha cambiato molto sulla sua bici da crono. Utilizzerà una ruota Roval 321 dietro, che è la nostra lenticolare, e la Rapide da 64 millimetri all’anteriore. E questa è una buona ruota, molto versatile. Abbiamo visto che riusciamo a farci un po’ tutte le crono. Per quel che riguarda le coperture, avrà dei copertoncini in cotone da 26 millimetri con camera d’aria in butile.

Cosa significa nello specifico che la Rapide è una ruota versatile?

Che si adatta bene alle diverse angolazioni del vento. Le condizioni della galleria del vento nella realtà non esistono praticamente mai, perché il vento non è mai perfettamente dritto rispetto all’avanzamento del corridore e più il vento è laterale e più la nostra ruota apporta dei vantaggi.

La Roval da 64 millimetri che vedremo all’anteriore sulla Shiv del belga
La Roval da 64 millimetri che vedremo all’anteriore sulla Shiv del belga
Manubrio: Remco ha cambiato qualcosa? Magari sulla scia dei 3D che utilizzano gli Ineos…

Si è fatto fare il calco delle protesi da un artigiano olandese. E’ lo stesso manubrio che ha utilizzato pochi giorni fa Cavagna (compagno di Evenepoel e campione francese contro il tempo, ndr). E’ un manubrio totalmente personalizzato che costa sui 5.000 euro.

Dopo l’infortunio Evenepoel ha cambiato qualcosa? Si è dovuto riadattare in qualche modo?

Difficile saperlo con precisione. Posso dire che mentre si disputava la Freccia Vallone lui e Asgreen erano a fare dei test in Germania e qualcosa sicuramente hanno provato. Ma di solito Remco non è uno che cambia molto, che ritocca. Ha la fortuna di essere abbastanza basso e quindi di non avere problemi con le misure imposte dall’Uci per quel che riguarda avanzamento e arretramento. Posso dire che sta svolgendo un grosso lavoro sulla sua posizione in bici.

Cioè?

Sul mettere la testa ben incassata tra le scapole per renderla un tutt’uno col resto del corpo. Noi la chiamiamo posizione “a tartaruga”. Dai test fatti abbiamo visto che si guadagnano 5-6 watt. Li facemmo già con Boonen certi test. Pensate che la posizione con i gomiti appoggiati sul manubrio, quella che l’Uci ha recentemente bandito, con la testa bassa, portava ad un guadagno dai 20 ai 30 watt a seconda della statura del corridore.

Le protesi stampate che ha utilizzato Cavagna al Romandia, le stesse che avrà Remco
Le protesi stampate che ha utilizzato Cavagna al Romandia, le stesse che avrà Remco
Ma è un guadagno enorme!

E infatti è un lavoro che curiamo particolarmente d’inverno con i nostri test metabolici. Sulla base di determinate posizioni cerchiamo d’individuare il punto estremo in cui si perde l’efficienza della respirazione. In quel momento si abbassa la perfomance e in accordo con il preparatore cerchiamo di rinforzare l’atleta affinché possa tenere al meglio quella posizione. E in tal senso Evenepoel è molto preciso. Già da juniores aveva capito quanto fosse importante tutto ciò, che vantaggi desse e ci teneva tantissimo a rispettare la posizione che gli veniva “data”. Poi lui, piccolo com’è, ha un Cx, coefficiente aerodinamico, notevole. Se ci mettiamo anche che riesce a stare basso e che ha tanta potenza si capisce perché vada forte a crono. E più sono dure e meglio è per lui. Per questo punta molto su quella olimpica che si dice sia durissima. E infatti dopo il Giro andrà a Morgan Hill nella nostra sede in California per fare altri test in galleria del vento.

Però! Torniamo alla bici di Torino: cuscinetti, catena… prevedono lubrificazioni particolari?

No, tutto nella norma, ma i prodotti CeramicSpeed hanno già dei trattamenti speciali di loro.

L’ultima crono fatta in gara da Evenepoel è quella dell’Algarve, datata 20 febbraio 2020
L’ultima crono in gara di Evenepoel è datata 20 febbraio 2020 (all’Algarve)
Che rapporti userà?

Di solito usa il 56, all’anteriore e la scaletta con l’11 dietro. Avrei anche ipotizzato un 58 per il Prologo di Torino visto che è pianeggiante e breve, ma il suo meccanico mi ha confermato che userà il 56. Avrà pedivelle da 172,5 millimetri.

Nonostante sia alto solo 1,71 metri? Ma le usa solo a crono, su strada monterà quelle da 170…

No, no, anche su strada.

Bello chiamarsi Evenepoel ed avere tanta potenza! Monterà il portaborraccia?

No, dai test fatti comunque abbiamo visto che praticamente non incide, né quello aero, né quello tradizionale perché resta nel “cono” d’aria della bici.

E i freni?

Chiaramente a disco: 140 millimetri all’anteriore e 120 al posteriore, come su strada.

Remco utilizza spesso la bici da crono?

Sì, una o due volte a settimana. Ha tre bici da crono: una a casa, una sul camion delle corse e una di scorta.