E’ solamente un anno, ma sembra un’altra vita. Tornando indietro con la memoria riemerge la storia di Ben O’Connor, approdato quasi per caso all’AG2R Citroen più per una scommessa personale del suo team manager Vincent Lavenu, quando l’australiano faticava trovare un ingaggio e cominciava anche a pensare di dedicarsi ad altro. Oggi O’Connor è considerato una delle grandi alternative al duopolio Pogacar-Roglic (con Vingegaard a supporto di quest’ultimo) per il prossimo Tour de France.
E’ cambiato tutto. O’Connor si è trasformato da bruco in farfalla alla scorsa Grande Boucle, risalendo prepotentemente la classifica con una lunga fuga e poi lottando da pari a pari con i grandi fino al quarto posto finale. Ma quello che poteva essere un approdo è solo un passaggio, perché proprio da quel risultato è nato un O’Connor nuovo, che non si accontenta più.
La carica grazie a Hindley
All’ultimo Giro del Delfinato si è avuta chiara la sensazione che l’australiano mira in alto. E’ stato l’unico a dare realmente battaglia alla coppia della Jumbo Visma, a cedere nel finale contro Roglic e Vingegaard portando comunque a casa un prezioso terzo posto finale e questo podio ha un valore molto importante per lui.
«Ho cambiato la mia visione delle cose e voglio puntare in alto – ha dichiarato dopo la corsa francese – vedere Hindley in rosa, il mio connazionale e amico tante volte compagno di uscite a Perth mi ha dato una gran carica. E’ ora di raccogliere nel WorldTour i frutti del grande lavoro svolto».
Che fosse un O’Connor nuovo, degno esponente di quel ciclismo australiano sempre più forte nelle corse a tappe con lui, Hindley e anche Jack Haig pronti a prendersi tutto, si era capito alla Volta a Catalunya, dove aveva conquistato la maglia di leader. La prima per lui, ma anche la prima per il team dal 2014, il che la dice lunga del valore dell’impresa. Poi le cose non sono finite bene e alla fine O’Connor è retrocesso al 6° posto finale.
«E’ stato per un mio errore nell’ultima tappa e mi dispiace molto aver vanificato tutto in una frazione di salita. Ma era la prima volta che indossavo una maglia di leader, né io né i miei compagni sapevamo bene come muoverci. E’ un errore che non commetteremo più».
A disposizione degli altri
Che sia un O’Connor completamente nuovo lo testimonia anche chi sta imparando a conoscerlo bene e a condividerne le gesta, il suo compagno di colori Andrea Vendrame.
«Di corse insieme ne abbiamo fatte ancora poche – ammette – magari condivideremo l’avventura del prossimo Tour dove sono prima riserva dopo aver corso il Giro. E’ un ragazzo molto tranquillo e gentile, ma questo non deve ingannare perché è molto ambizioso e concentrato su quel che vuole. Dopo il 4° posto al Tour è cambiato e ragiona da vero leader in squadra, ma ciò non toglie che non abbia perso la sua umiltà. Vi racconto un aneddoto: io ho corso con lui al Giro del Lussemburgo e nella prima tappa lui puntava alla classifica, ma si è messo a mia disposizione nelle fasi finali».
In che cosa si vede il suo cambiamento? «Pur essendo ancora giovane, visto che ha solo 25 anni, guida la squadra con fare molto deciso. Soprattutto ha un occhio vigile su tutto quel che avviene in corsa e muove i compagni di conseguenza. Guarda quello che fanno le altre squadre, gli altri capitani, impara e prepara le contromosse. Tecnicamente sta migliorando molto, va molto forte in salita ma tiene in pianura e se cresce a cronometro diventerà davvero un big per i grandi giri».
O’Connor più forte del 2021
Vendrame è convinto che l’O’Connor attuale sia superiore a quello del quarto posto 2021: «Non ho alcun dubbio, lo sa lui e lo sanno anche gli avversari. Lo sanno anche i dirigenti dell’AG2R Citroen, infatti hanno costruito una squadra per il Tour che sarà completamente dedita alla sua causa, non ci saranno altre punte né obiettivi se non quello di supportarlo per un grande risultato. Poi comunque sarà la corsa a decidere i target e come ottenerli».
In caso venisse chiamato in causa, Vendrame si farà trovare pronto, altrimenti fari puntati sulla Vuelta, ma chiaramente ogni tanto il pensiero va ancora a quella maledetta tappa di Castelmonte del Giro d’Italia, dove poteva giocarsi la vittoria ma all’ultima curva è partito per la tangente per la sbandata di un avversario.
«Ma non crediate che sia rammaricato più di tanto, anzi sono felice che le cose non siano andate peggio, perché ho corso davvero un grave pericolo in quella situazione. So che Bouwman non lo ha fatto apposta, ma potevamo davvero farci male. Comunque è stato un buon Giro, io a riguardare il tutto sono soddisfatto, ora vediamo che cosa mi attende».