Un buon massaggio e Rota ci racconta il primo Tour

12.07.2021
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Non c’è niente di meglio di un buon massaggio per recuperare dalle fatiche di una dura tappa al Tour de France, specie se è il tuo primo Tour. Lorenzo Rota si concede alle mani del massaggiatore della Intermarché Wanty Gobert. Luis Manuel Fructuoso svolge a dovere il suo mestiere, mentre Lorenzo si concede ai nostri “microfoni”.

Certi debutti non si scordano mai. E questa è un’avventura che, più che mai, porta con sé emozioni ed esperienze.

Lorenzo Rota al massaggio (Cyclingmedia)
Lorenzo Rota al massaggio (Cyclingmedia)
Lorenzo, dicevamo: il primo Tour…

Primo Tour che è iniziato male. Nella prima tappa ho fatto una brutta, brutta caduta. Ho anche pensato che finisse lì. Ho avuto subito parecchi problemi e in qualche modo li ho ancora.

Come è avvenuta la caduta?

Quel giorno ce ne sono state due. La prima è stata quella dell’ormai famoso cartello e l’ho evitata. Io ero là davanti. Ero persino sulla destra, ma il caso ha voluto che in quel momento sia riuscito a spostarmi sulla sinistra. Non ho visto nulla se non che il gruppo è letteralmente esploso. La seconda invece l’ho presa in pieno. E dire che stavo davanti, intorno alla venticinquesima posizione. Sarò stato il decimo a cadere e quelli dietro mi sono saliti sopra. Ho subito avuto problemi alle costole e ho rotto quella cartilagine interposta appunto tra le costole. Un dolore tremendo che mi sta facendo penare. Non dormivo bene e ogni respiro profondo, ogni buchetta era un supplizio. Mi hanno detto che ci vogliono 40-50 giorni per recuperare.

Sì, 40 giorni senza un Tour di mezzo!

Eh sì! Infatti sin qui questo infortunio mi ha limitato parecchio. Devo ringraziare lo staff se non sono andato a casa. Adesso è un paio di giorni che sto meglio. Vedo la luce in fondo al tunnel.

La tua partecipazione al Tour era in programma?

No, dovevo fare la Vuelta. Il programma era Giro di Svizzera e campionato italiano. Poi è successo che in Svizzera ho fatto delle belle prestazioni e contestualmente c’è stato un caso di Covid in squadra. E da lì si sono innescate un po’ di situazioni.

Lorenzo Rota (26 anni) è pro’ dal 2016
Lorenzo Rota (26 anni) è pro’ dal 2016
Spiegaci “un po’ di situazioni”…

Dopo lo Svizzera, visto che stavo bene ho chiesto io di farmi correre in Francia in preparazione al campionato italiano. Avevo capito che la gamba era buona e poteva essere un’occasione per fare bene. Il percorso di Imola poi mi piaceva, non dico che avrei vinto però si poteva fare qualcosa. Così sono andato alla Paris-Camembert ed è andata “bene”: ho fatto undicesimo ma nel finale ho spaccato una ruota, rompendo un raggio. A quel punto il giorno dopo è arrivata la chiamata: vai al Tour.

E tu: eri felice o spaventato?

Sinceramente ero combattuto. Il Tour è la corsa più importante dell’anno e tutti lo preparano al 100% io invece no. Sì, avevo una buona condizione ma dallo Svizzera a Parigi ce ne passa di acqua sotto ai ponti. Poi il team mi ha convinto e tranquillizzato dicendomi che le prime tappe erano adatte a me, che potevo fare qualcosa. Inoltre, visto che quando sto bene in salita tengo, sarei dovuto stare vicino a Meintjes, il nostro uomo di classifica.

Sei soddisfatto di quel che hai fatto sin qui?

Adesso posso dire che è bellissimo. E’ un altro mondo rispetto a tutte le altre corse che ho fatto. Ed è un qualcosa che sono certo varrà per il futuro e credo che già nelle prossime corse post Tour mi sarà utile.

Un “altro mondo”…

Io non so se la tv rende bene l’idea, ma c’è un nervosismo pazzesco. Si corre sempre come se fosse una classica fiamminga. Stress totale. Ogni giorno devi essere concentrato, non hai mai un momento di relax. 

E’ un fatto di velocità?

Di tutto. Al Giro si va forte lo stesso, ma mi è capitato anche di fare tappe tranquille. Qui non esiste. Anche il giorno di Carcassonne sembrava una tappa facile, ma siamo arrivati in 60 corridori. Abbiamo fatto due ore e mezza pancia a terra. E’ dura restare concentrati per tre, quattro anche sei ore. Ma ripeto: sono sicuro che servirà.

Cosa ti ha colpito di più?

Non ho mai visto tanta gente sulle strade. Nella prima tappa c’era una salitella di un chilometro. Su un tornante c’era un maxi schermo. Ho buttato un occhio e credetemi se vi dico che ci saranno state 10.000 persone. Sono fuori di testa!

Rota scorta capitan Meintjes sulle salite alpine del Tour
Rota scorta capitan Meintjes sulle salite alpine del Tour
E in gruppo chi ti ha colpito di più?

Cavendish – risponde secco Rota – avevo già fatto delle gare con lui, ma sembra un altro corridore. Un’altra gamba. E poi, chiaramente, Pogacar: Tadej ha una marcia in più.

Eppure sul Ventoux anche lui ha “tremato”. Che si dice in gruppo?

Ha 5′ sul secondo anche se perde 3′ non avrà grandi problemi a gestirsi. Poi la giornata brutta succede a tutti, lui magari l’ha avuta proprio sul Ventoux ed è stato bravo a non farlo vedere.

In corsa parli con qualcuno?

Con gli italiani, soprattutto con Ballerini e Colbrelli, ma è veramente difficile. Non c’è tempo!

Qual è il tuo obiettivo in questo Tour?

Arrivare a Parigi e magari centrare una fuga. E poi aiutare Meintjes. La top ten è un po’ difficile perché ha un bel distacco ma ci sono ancora molte salite.

Però dai, tu sei al primo Tour, la tua squadra al primo anno nel WorldTour. Vi state facendo vedere, avete vinto una tappa al Giro: non è male…

Sì, sì… siamo contenti e siamo anche stati sfortunati. Perché sono caduto io ma anche i mei compagni e magari qualcosa è stato compromesso. Continueremo a lottare fino a Parigi e poi tireremo una riga per capire cosa ha funzionato e cosa no in prospettiva futura.