La favola di Tivani riprende slancio con la Corratec

28.01.2023
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German Nicolas Tivani arrivò alla Unieuro Trevigiani di Mirko Rossato e Marco Milesi nel 2017, quando aveva 22 anni e della vita non sapeva poi molto. Con lui, in quell’avventura in terra italiana, c’era un gruppetto di gente molto forte, come Joao Almeida e Simone Ravanelli e dall’anno dopo anche Fedeli e Filippo Zana.

L’argentino, che da quest’anno corre con il Team Corratec, da queste parti lo chiamano “El Ardilla”, lo scoiattolo. In Europa vinse corse come il Giro di Serbia, mentre in altre si piazzò, tanto che la UAE Emirates lo volle per uno stage. Lui fece le sue prove, ma evidentemente non scattò l’amore. Nel frattempo la Trevigiani chiuse i battenti e a Tivani non restò che rimettere i sogni in valigia e tornarsene a casa. Vennero quattro anni e altre vittorie nella Agrupacion Virgen de Fatima, finché Giovanni Lombardi ha preso il telefono e contattato Serge Parsani. Il ragazzo è buono, anche se ormai ha 27 anni. Ha vinto corse. E alla fine la Corratec gli ha aperto le porte.

La valigia del corridore

Qualche giorno fa, parlando con la stampa locale, l’argentino ha raccontato che fra i suoi sogni c’è la partecipazione al Giro d’Italia e come accade quando un corridore di casa ha l’opportunità di fare grandi corse, attorno a lui si sono destati curiosità e vari entusiasmi.

«Credo di poter fare qualcosa di buono – dice lui, col suo sguardo gentile – finalmente ho trovato una squadra professional e adesso dovrò recuperare un po’ prima di arrivare in Europa. Il mio obiettivo è sempre stato tornare e adesso ci sono riuscito. In Argentina lascio gli affetti, è la cosa più difficile, ma parto con il sogno di fare cose belle e di continuare a crescere come atleta. Dopo il 2018 non ricevetti alcuna proposta. Avevo la testa al 100 per cento per continuare in Europa, anche se probabilmente fui mal consigliato».

Il ritorno in Europa con la Corratec ha fatto di Tivani il beniamino dei tifosi argentini
Il ritorno in Europa con la Corratec ha fatto di Tivani il beniamino dei tifosi argentini

Sogni di bambini

Sono posti lontani e particolari. Chilometri e chilometri di nulla, corse polverose e grandi sogni. Bambini piccolissimi che aspettano i campioni con le loro biciclettine e la ruota fissa, immaginando un giorno forse di essere come loro. E così i campioni, nel fermarsi con ciascuno di loro, chiudono idealmente il cerchio. Tivani è appena andato a salutare suo fratello, mentre un bambino lo guardava quasi fosse un gigante.

«Sono tanto diverso dal quel ragazzino che partì cinque anni fa – sorride, riparandosi dal sole – ho fatto tante esperienze. La testa è un’altra, sono più maturo. So quali sono le cose che fanno bene e quali quelle che fanno male. E’ stato giusto venire in Italia così presto, perché comunque dalla Trevigiani ho imparato tantissimo e adesso conto di crescere ancora nella Corratec. Da qui volerò al Tour of Antalya, in Turchia. Ne ho sentito parlare, ma non la conosco. Voglio sapere tutto, scoprire quello che posso. Ai ragazzi che corrono qui dico di continuare a provare. Le cose arrivano quando meno te lo aspetti. Devi fare tutto nella vita con professionalità, non rimanere con la voglia di provare».

Un Tivani sorridente assieme a Parsani, che lo sta guidando alla Vuelta a San Juan
Un Tivani sorridente assieme a Parsani, che lo sta guidando alla Vuelta a San Juan

Partenza sprint

La sua stagione Tivani l’aveva cominciata di nuovo nella Agrupacion Virgen de Fatima, con la Vuelta a San Juan come principale obiettivo di stagione. Era carico come una molla, ma in qualche misura aver firmato con la Corratec lo ha costretto a rivedere i piani.

«Abbiamo lavorato tanto – sorride – con tante ore e tanta palestra. Ma quando ho firmato con la nuova squadra, ho un po’ frenato l’allenamento. Stavo lavorando duro per arrivare qui al massimo e poi non so quali corse avrei fatto. Invece ora la stagione è lunga e tutta da venire, servirà non sprecare troppe forze. Loro, la vecchia squadra, un po’ sono rimasti male, ma dopo la delusione iniziale, ora sono contentissimi per me.

La nuova Corratec

La nuova bici lo aspetta per andare al foglio firma della quinta tappa, quella che si conclude all’Alto del Colorado, oltre i 2.000 metri, dove la Vuelta a San Juan si è poi inchinata a Superman Lopez.

«E’ una bicicletta bellissima – dice lui con un sorriso grosso così – mi è subito piaciuta tanto è rigida. Va bene. E’ leggera e anche queste ruote Ursus sono belle e rigide e questo mi è piaciuto tanto. E’ aerodinamica, ma anche una bici da scalatore, quindi leggera e rigida».

Se la mangia con gli occhi, ma adesso arrivano Konychev e Attilio Viviani e se lo portano a firmare. La sua stagione da pro’ è appena cominciata. Debutta a 27 anni, riallacciando il filo con il sorriso di quel ragazzino che sette anni fa lasciò Pocito per inseguire il suo sogno lontano.

Parsani: «Idea professional nata dopo il Lombardia»

20.01.2023
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Il Team Corratec è diventata una squadra professional. Non solo, ma parteciperà anche al Giro d’Italia e alla Tirreno-Adriatico. Serge Parsani è il direttore sportivo, ma soprattutto è il team manager di questo gruppo. Con l’ex Mapei avevamo già parlato di questo possibile salto dalla continental alla categoria superiore. Lo avevamo fatto in autunno, quando il progetto era un sogno… ben strutturato sì, ma ancora nell’aria c’erano solo parole.

Qualche giorno fa siamo stati nel clan del team toscano in quel di Montecatini, dove tra l’altro hanno la sede. E lì è stata presentata la squadra. Una press-conference per rivelarsi al mondo. In prima fila i tre diesse: Parsani appunto, Francesco Frassi e Fabiana Luperini.

Durante i giorni di Montecatini si sono svolti anche dei test in salita (foto Instagram)
Durante i giorni di Montecatini si sono svolti anche dei test in salita (foto Instagram)

Parola a Parsani

«Siamo partiti lo scorso anno – racconta Parsani – con l’idea di poter fare bene e di crescere. Il vero progetto della professional è iniziato dopo il Giro di Lombardia. C’era la squadra, serviva un manager. Io ci riflettuto una settimana e a quel punto ci siamo detti: okay facciamo la squadra professional».

«E questo è stato possibile grazie a Corratec, che ci ha permesso di migliorare e ha creduto in noi dopo la buona stagione 2022. Oggi siamo una vera squadra italiana, affiliata in Italia e con staff italiano. Non è facile reperire degli sponsor da noi e questo è un motivo in più per ringraziare Corratec.

«Lo vediamo con le WorldTour. Se loro sono su un altro pianeta è anche perché hanno la possibilità di creare, grazie a sponsorizzazioni valide, strutture che reggono nel tempo. E questo è il nostro obiettivo».

Parsani insiste parecchio sulla possibilità economica. E anche quando lo incalziamo sulle difficoltà nel divenire una professional lui taglia corto.

«Le difficoltà esistono dal momento che i soldi non ci sono – dice senza troppi giri di parole – una volta che Corratec ha creduto in noi, nel nostro progetto, siamo potuti partire con il discorso professional».

Siciliano d’origine, Amella (ottobre 2001) è il più giovane del team. Era alla Corratec anche lo scorso anno. Ha un contratto fino al 2024
Siciliano d’origine, Amella (ottobre 2001) è il più giovane del team. Era alla Corratec anche lo scorso anno. Ha un contratto fino al 2024

Avanti coi giovani

Per certi aspetti fu più difficile creare la squadra lo scorso anno quando si era continental che non quest’anno. Nel primo caso infatti per allestire una rosa bisogna dribblare molti parametri: numero di stranieri, numero di corridori al di sotto dei 23 anni, una parte con determinati punti, un’altra senza…

Quest’anno invece c’è stato il “problema” opposto, con tanti corridori, anche di un certo spessore che bussavano alla porta. Ma la linea principale è rimasta quella.

«Noi – dice Parsani – puntiamo molto sui giovani. Abbiamo preso Valerio Conti, che è il corridore più esperto e rappresentativo per quel che ha fatto nella sua carriera, ma ha solo 29 anni. Ed è il più vecchio della nostra rosa, pensate un po’…».

«L’età media è di 24,7 anni – interviene Frassi – Abbiamo deciso di tenere anche alcuni ragazzi che erano con noi lo scorso anno anche se non hanno raccolto grossi risultati, né li avevano ottenuti da under 23. Ma li abbiamo tenuti perché hanno dato buoni segnali. E allora perché non crederci? Perché non dargli una possibilità? Sono giovani, sono italiani, stanno maturando, erano già con noi: proviamo a portarli avanti».

Stefano Gandin (classe 1996) lo scorso anno ha ottenuto 3 vittorie e la maglia di miglior scalatore al Giro di Sicilia
Stefano Gandin (classe 1996) lo scorso anno ha ottenuto 3 vittorie e la maglia di miglior scalatore al Giro di Sicilia

E’ già futuro

La stagione della Corratec sta per partire. Scatterà fra circa 48 ore alla Vuelta a San Juan in Argentina, per proseguire poi al Saudi Tour, dove a guidare i ragazzi ci sarà anche Fabiana Luperini. Un segnale mica da ridere: una donna alla guida di un team maschile in un Paese arabo.

E poi si proseguirà con le altre corse a partire da quelle italiane.

«Se dovessimo fare il Giro – diceva Parsani appena quattro giorni fa – saremmo chiaramente contenti, altrimenti non sarà una tragedia. Sapremo farci trovare pronti e super impegnati anche con altre gare. Ma certo il Giro è tutta un’altra cosa. Il Giro cambia tutto».

E il Giro c’è. Nei giorni di Montecatini i diesse parlavano con orgoglio e anche un minimo di legittima preoccupazione di doppia e tripla attività in alcuni casi. In queste situazioni anche la logistica si complica. Servono mezzi, personale e un buon numerodi corridori. Corridori che ad oggi sono venti. Ad oggi…

Nairo sì, Nairo no

E sì, perché le voci di mercato dicono che Nairo Quintana si unirà alla squadra amaranto. Il colombiano, maglia rosa 2014, ha dichiarato in tempi non sospetti che avrebbe corso il Giro, e dalla Corratec non sono stati negati dei contatti.

Però è anche vero che Quintana esce dalla storia del tramadol e la Corratec ha firmato l’Mpcc proprio per poter guadagnare credibilità al primo anno di professional e poter accedere a gare importanti come quelle di Rcs ed Aso soprattutto.

In ogni caso si riparte dalle 12 vittorie dello scorso anno e dai tanti buoni piazzamenti.

«Siamo – conclude Parsani – un gruppo giovane, come detto. Affiatato. Affamato. E pieno di entusiasmo. Ed è su queste basi che abbiamo costruito la squadra.

«Ci sono corridori veloci come Attilio Viviani, Tivani, Dalla Valle e Konychev. Corridori scaltri e vincenti su percorsi misti come Conti, Karel Vacek, Stojnic e Gandin, forse il più scalatore del gruppo. E vere scommesse come Olivero, Iacchi e Amella. Da tutti quanti mi aspetto un grande impegno».

Gandin e la promozione (meritata) tra i pro’

25.11.2022
4 min
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Stefano Gandin ha già iniziato a preparare la seconda stagione in maglia Corratec. La differenza rispetto allo scorso anno è che dal 2023 la sua squadra sarà professional e il prolungamento di contratto per il ragazzo veneto significa professionismo. Un traguardo raggiunto dall’interno, ma non per questo meno prestigioso e sudato. La stagione scorsa non è finita nel migliore dei modi, ma ora è tempo di guardare avanti.

«Sono caduto ad agosto – esordisce Gandin al telefono – e mi sono fermato per qualche mese. Ho iniziato un po’ prima per lavorare qualche settimana in più e recuperare il tempo perduto. Ma tra lo stop di due mesi, la palestra e il riprendere la bici, mi si è leggermente infiammato il ginocchio. Ho deciso di fermarmi e non rischiare nulla».

Gandin si è messo in luce al Giro di Sicilia conquistando la maglia dei gpm
Gandin si è messo in luce al Giro di Sicilia conquistando la maglia dei gpm
Anche perché questa stagione sarà un po’ più importante…

Sì, già a gennaio ero partito con l’obiettivo di ottenere risultati e la Corratec mi ha dato questa occasione. Ripartirò dalla stessa squadra, ma da un altro mondo e un’altra qualità di corse. 

Quando hai capito che saresti rimasto?

Si sapeva fin dall’inizio che la Corratec aveva l’ambizione di fare la professional, questo mi ha dato tanta motivazione per impegnarmi al massimo. Durante l’anno ho tenuto spesso dei colloqui, sia con Frassi che con Parsani e mi hanno sempre tranquillizzato sulla mia permanenza nel team. 

Avevi già in mente di passare con la Corratec?

Un po’ sì, ma nel mondo del ciclismo fino a quando non firmi non puoi essere sicuro. Ho firmato a inizio ottobre, sono stato tra i  primi dieci contratti presentati non appena la squadra ha ottenuto la licenza come professional.

Al Sibiu Tour 2022, Gandin conquista così l’ultima tappa (foto Focus Photo Agency)
Al Sibiu Tour 2022, Gandin conquista così l’ultima tappa (foto Focus Photo Agency)
Diventi pro’ a 26 anni, che effetto fa?

Passo a questa età e una cosa vuol dire: non ho mai mollato, conservando sempre la speranza di diventare professionista. Rispetto al mondo di ora, dove anche gli junior passano subito, è strano ma non è detto che non possa andare bene. Quando ero dilettante c’era Fiorelli che è passato tardi, ma ora va forte ed ha appena fatto una bella stagione. Anche Lucca è passato professionista quest’anno, ce lo meritiamo. Se uno merita, è giusto che gli sia concessa l’occasione. 

Diventare professionista con la stessa squadra che ti ha accompagnato per un anno è un vantaggio?

Sicuramente conosco parte dello staff e dei direttori sportivi. I corridori un po’ cambieranno, rispetto al 2022 siamo rimasti in 5, questo vuol dire avere 15-16 compagni nuovi. Punteremo molto sui velocisti. D’altronde in una squadra che mira ai piazzamenti e alle fughe o comunque a cogliere sempre l’occasione, servono corridori così, non da classifica. 

Nel 2022 hai corso molto all’estero e fatto tante corse a tappe…

Era il primo anno che facevo corse a tappe con continuità, già da inizio stagione mi sentivo bene e sicuramente più passano i giorni più sto meglio. Mi piacciono molto come tipologia di gare, non da fare classifica, ma per cercare qualche vittoria di tappa.

Le corse a tappa sono il palcoscenico perfetto per Gandin e la sua indole da cacciatore di tappe (foto Anderson Bonilla)
Le corse a tappa sono il palcoscenico perfetto per Gandin (foto Anderson Bonilla)
Anche perché da elite non ce ne sono molte in Italia…

No, quando sei under 23 nei hai solo 3-4 durante l’anno, e una volta che sei elite scarseggiano. E poi per migliorare serve continuità, da gennaio ad ora ho imparato molto mettendomi alla prova in queste corse. Capisci cosa vuol dire lavorare per obiettivi o risparmiare energie, salvare la gamba, gestirti… Nella mia carriera sono sempre stato molto costante tutto l’anno, ma senza mai trovare il picco di forma. Nel 2022, invece, ne ho trovati 2 o 3 e infatti ho ottenuto qualche vittoria (oltre alla vittoria al Sibiu Tour, sono venute due tappe alla Vuelta a Venezuela, ndr) e dei bei risultati.

La prima cosa che hai pensato firmando il contratto?

Le persone che mi sono state vicine. All’impegno loro e mio, il supporto di chi mi vuole bene è stato fondamentale. Non è facile a 25 anni non avere un’indipendenza economica o non avere certezze nel futuro. Avere delle persone accanto che ti tranquillizzano è importante. Una volta ringraziati, però, l’attenzione va al futuro, perché nei professionisti bisogna restarci

Attilio Viviani torna in Italia. La Corratec punta su lui

18.11.2022
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Un contatto che può cambiare la vita. Un anno fa di questi tempi Attilio Viviani era alla ricerca di un nuovo approdo, tra mille dubbi e speranze. La sua caccia fu lunga e per lungo tempo vana, finché quasi improvvisamente trovò casa alla Bingoal Pauwels, a marzo, entrando nel circuito a cose fatte e quindi iniziando a inseguire. Quell’avventura è stata breve ma intensa, ora ne inizia un’altra, si spera ben più strutturata, al Team Corratec.

C’è un dato che ha fortemente incoraggiato Attilio nel prendere questa nuova strada: il fatto che si siano mossi verso di lui sin dalla costituzione del nuovo team in veste professional.

«Cercavano un velocista giovane sul quale fare affidamento e hanno pensato a me – racconta – questo mi dà molta fiducia perché significa che dietro il mio ingaggio c’è un progetto e ciò mi motiva fortemente».

Attilio con suo fratello Elia, decisivo per trovargli l’approdo alla Bingoal
Attilio con suo fratello Elia, decisivo per trovargli l’approdo alla Bingoal
Come ti sei lasciato con la Bingoal?

Nel complesso bene, anche considerando che non ho potuto fare una stagione piena. Sono arrivato tardi in una squadra che già aveva altri velocisti, trovare spazio non è stato facile. Mi sono però trovato bene e poi il calendario che facevano era tutto al Nord, dove mi piace gareggiare e so di poter emergere. Mi avevano anche proposto di restare, ma intanto era arrivata la proposta della Corratec e mi sono sentito più portato a correre per loro.

Quindi approdi nel team italiano con prospettive diverse…

Alla Bingoal in molte volate che mi sembravano adatte a me sono stato un po’ messo da parte. Qui ho più libertà. Se mi sentirò forte al punto giusto, la squadra lavorerà per me, altrimenti sarò io il primo a mettermi a disposizione degli altri. Diciamo che non mi sento di essere la punta principale della squadra nei percorsi a me più adatti, è un ruolo che voglio guadagnarmi sul campo.

Per Viviani l’inizio alla Cofidis non è stato facile, finché non ha imparato il francese
Per Viviani l’inizio alla Cofidis non è stato facile, finché non ha imparato il francese
A 26 anni questa per te è una prima assoluta: dal 2020, quando sei entrato ufficialmente nel mondo dei pro’, non eri mai stato in una squadra italiana.

Le cose cambiano un po’, questo è sicuro, anche se parlare di Nazioni nel ciclismo odierno è un po’ pleonastico. Ricordo che quando approdai alla Cofidis il francese inizialmente era un problema. Io parlo bene inglese, ma il francese dovetti impararlo e tanti pezzi di conversazioni, anche di informazioni via radio saltavano, ma sempre meno col passare del tempo. Quando entrai da stagista nel 2019 mi accorsi che le riunioni e tutte le comunicazioni erano in francese, poi entrarono altri stranieri e le riunioni cominciarono ad essere anche in inglese. E’ chiaro che essere in un team italiano rende il tutto molto più veloce, ma ho imparato sulla mia pelle che se vuoi fare questo mestiere non puoi prescindere dalle lingue.

Vero, ma è anche vero che i team hanno sempre un occhio di riguardo per i corridori del proprio Paese, per questo si dice che non avere un team WT italiano sia una delle cause della nostra crisi…

Io sono convinto che nel ciclismo moderno bisogna guardare sempre meno a questo aspetto e sentirsi un cittadino del mondo. Il discorso sull’apprendimento delle lingue è importante soprattutto per i giovani che vanno all’estero come ho fatto io. E’ importante mettersi al passo prima possibile. Faccio un esempio: i messaggi alla radio sono fondamentali da capire, se ti dicono che c’è uno spartitraffico a destra o sinistra devi capire e metterti dalla parte giusta per non perdere posizioni. E poi conta anche per il futuro: io ora parlo 3 lingue oltre l’italiano, serve in ottica professionale futura.

A.Viviani Grecia
L’ultimo podio, nella tappa 4 del Giro di Grecia, secondo dietro Nyborg Broge (DEN)
A.Viviani Grecia
L’ultimo podio, nella tappa 4 del Giro di Grecia, secondo dietro Nyborg Broge (DEN)
Che cosa ti aspetti da questa nuova avventura?

Non mi piace parlare di obiettivi specifici, diciamo che mi aspetto soprattutto di vivere in un ambiente sicuro, dove poter pensare con calma a fare il meglio possibile. Il team è professional ma ha davvero tutto per crescere e questo mi ha convinto nella scelta. Se non hai tutto al 100 per cento perdi solo tempo.

Sai che nel team entra anche la Luperini come diesse. Ti fa qualche effetto avere una donna alla guida?

No, non cambia nulla. Non la conosco ancora personalmente, ma so che sa il fatto suo, ha gareggiato per tanti anni e quindi ne sa più che abbastanza di ciclismo e di tattiche. Sa come farsi rispettare, avremo modo di conoscerci e di entrare in sintonia.

Nuova Corratec con tante ambizioni. Viviani sarà il velocista di punta
Nuova Corratec con tante ambizioni. Viviani sarà il velocista di punta
Conosci qualcuno dei tuoi compagni di squadra?

Con molti di loro ci siamo ritrovati qua e là, quando alla lunga fai questo mestiere alla fine ci si conosce tutti in maniera superficiale, ma presto ci sarà il primo ritiro e avremo modo di conoscerci più a fondo. Non vedo l’ora, anche per affrontare un dicembre al caldo. Devo dire grazie a Parsani, Frassi e gli altri per questa opportunità: non me la farò sfuggire…

Nuova Corratec fra le professional. Parsani, dicci tutto…

31.10.2022
5 min
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Il Team Corratec cambia faccia e dal prossimo anno entra a far parte delle professional. E’ un passaggio importante per la formazione guidata da Serge Parsani, che sta costruendo un’intelaiatura adatta alla nuova collocazione, perché passando di categoria molto cambia e soprattutto la crescita del livello degli impegni richiede una struttura adeguata.

Parsani nella sua vita, prima da corridore e poi da dirigente ne ha viste tante e sa bene che un minimo cambiamento (che poi tanto minimo non è…) provoca profonde mutazioni.

«Basti pensare – spiega – a quel che concerne l’aspetto economico. Per fare una continental di buon livello un milione di euro di budget è sufficiente, per una professional serve almeno il triplo. E non è facile, anche perché gli sponsor sono giustamente esigenti e vogliono di più, come visibilità attraverso i risultati. Dobbiamo presentare le fidejussioni, è un processo lungo e impegnativo che impegna molto le nostre giornate anche ora che le corse non ci sono».

Parsani con il suo team, in via di profondo cambiamento (foto Jorge Riera)
Parsani con il suo team, in via di profondo cambiamento (foto Jorge Riera)
La situazione cambia anche dal punto di vista numerico, ossia dei contratti da stipulare?

Sì, prima avevamo 16 corridori, ora dovremo superare la ventina. L’Uci ci ha dato il suo benestare, entro metà novembre dovremo presentare una base di 10 corridori e 6 componenti lo staff dirigenziale, entro la fine dell’anno completeremo il roster. Dobbiamo lavorare duramente per costruire una squadra all’altezza, considerando che cambierà molto il nostro calendario e ci confronteremo per la maggior parte delle occasioni con le formazioni WorldTour. Non sarà facile trovare spazi per emergere, ma vogliamo decisamente riuscirci.

Quanto cambierà nel nuovo team?

Contiamo di mantenere almeno 4-5 elementi del vecchio gruppo, pescando in particolare fra quegli under 23 che hanno mostrato voglia di lavorare e prospettive interessanti. Sicuramente rimangono nel nostro organico Stefano Gandin e il serbo Veljko Stojnic, come anche il giovane Matteo Amella. Per il resto siamo alla ricerca di corridori che ci diano garanzia di rendimento.

Come vi state muovendo?

Stiamo analizzando la situazione di svariate decine di corridori. Ci sono molti senza contratto, molti che vengono da un’annata difficile e cerchiamo di capire il perché e se possono attraverso di noi potersi riscattare. Dobbiamo però tenere conto che serve gente che sia all’altezza del calendario che andiamo ad affrontare. Non nascondo poi che siamo anche alla finestra per capire che evoluzione prenderà la squadra di Gianni Savio, nel caso non possa confermare molti dei suoi effettivi, vedremo di portarne alcuni da noi.

Stefano Gandin è stato il primo a essere confermato, grazie alla sua importante stagione 2022
Stefano Gandin è stato il primo a essere confermato, grazie alla sua importante stagione 2022
Quanti italiani contate di avere nelle vostre fila?

Almeno la metà del roster. Siamo una squadra italiana e ci teniamo a testimoniarlo anche con un nocciolo duro di corridori nostrani, considerando anche il difficile momento che il nostro ciclismo sta vivendo. A parità di rendimento preferiamo avere un corridore tricolore nelle nostre fila, è giusto cercare di fare quanto possiamo per dare sbocco alla passione di tanti ragazzi.

A tal proposito contate di avere una squadra giovane come età media?

Questo è sicuro, senza dimenticare che serve anche gente d’esperienza proprio visto il calendario che ci accingiamo ad affrontare. A noi preme prendere giovani e farli crescere fino ad arrivare a uno sbocco nel WorldTour, essere la chiave per realizzare i loro sogni. L’esempio di Rajovic (campione nazionale serbo, 7 volte vincitore quest’anno che approderà alla Bahrain Victorious, ndr) è un manifesto di quel che vogliamo e possiamo fare. Se un corridore passa di categoria, è una gratifica per il lavoro del team.

Tu hai una lunga esperienza nel ciclismo: raffrontando la situazione a quando eri tu dall’altra parte della barricata, come corridore, è più difficile oggi trovare spazio fra i professionisti?

Sì, per la semplice ragione che allora c’erano molte più squadre in Italia e trovare un team era più facile se avevi qualcosa da dare a livello di impegno, passione, voglia di dare tutto te stesso. Oggi è tutto più difficile, anche per gli stessi procuratori che vanno a prendere i corridori già da junior ma poi devono riuscire a piazzarli. E anche per noi non è facile, ma preferiamo muoverci cercando fra coloro che sono senza contratto se vediamo delle potenzialità inespresse.

Stojnic, qui vincitore di una tappa all’Uae Tour 2020, gode della fiducia del team
Stojnic, qui vincitore di una tappa all’Uae Tour 2020, gode della fiducia del team
La carta anagrafica è una discriminante?

Non in assoluto. Avremo un’età media bassa, ma questo non significa che non prenderemo anche atleti d’esperienza, anche corridori di 26-27 anni che non hanno ancora avuto la loro occasione. L’importante è che abbiamo “fame”, voglia di migliorarsi dando tutto loro stessi. Un giovane lo fai crescere, con un corridore già svezzato devi lavorare su quel che ha e può dare.

Che tipo di corridori cercate?

Gente come detto che ha voglia di mettersi in mostra. Non possiamo ad esempio cercare un giovane sprinter, perché non potremo mettergli un treno a disposizione. Dobbiamo prendere corridori che sappiano cercare il risultato in ogni situazione. Ci piacerebbe avere qualche corridore che ha già assaggiato l’alto livello, ma non possiamo permettercelo a meno che sia in cerca di rilancio e rientri nel nostro capitolo di spesa.

Sette delle 12 vittorie del Team Corratec nel 2022 sono opera di Dusan Rajovic, passato alla Bahrain
Sette delle 12 vittorie del Team Corratec nel 2022 sono opera di Dusan Rajovic, passato alla Bahrain
Seguirete il calendario italiano?

Sarebbe assurdo non farlo considerando che siamo una squadra italiana, ma guarderemo anche all’estero, stiamo selezionando gli inviti. Ad esempio esordiremo a gennaio con le gare sudamericane, la Vuelta al Tachira e la Vuelta a San Juan.

E se arrivasse un invito per il Giro d’Italia?

Non nascondo che ci speriamo, sappiamo che è difficile ma se l’Rcs ci aiuta… Noi però dobbiamo metterci del nostro, dimostrare che ne saremmo degni per prendervi parte non a solo titolo di presenza, ma per cercare di portare a casa soddisfazioni. Allora sì…

Da Museeuw a Remco, quanta pressione sui campioni belgi

15.09.2022
7 min
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Remco Evenepoel ha vinto la Vuelta e con questo successo è stato il primo corridore “di Bruxelles” a riportare un grande Giro in patria dopo 44 anni. L’ultimo fu il Giro d’Italia del 1978 di De Muynck. E se su Remco c’era già una grande attenzione mediatica, adesso tutto si è amplificato. La pressione è maggiore.

Le attenzioni (già alte) sono aumentate a dismisura su di lui. Appena un giorno dopo aver vestito la maglia rossa a Madrid sono apparsi titoli come “Si è fatta la storia”. O sono divampate le attese su cosa farà al mondiale: “Ieri è atterrato in Australia”. Ci si chiedeva quale grande Giro correrà il prossimo anno e se può vincere un Tour. Senza parlare della vita privata…

Fatto questo preambolo abbiamo chiesto a due personaggi che in Belgio non solo ci sono stati, ma hanno anche vinto. E ci sono stati in un periodo storico a dir poco florido, la metà degli anni ’90. Parliamo di Serge Parsani, direttore sportivo della Mapei, e di Gianluca Bortolami, che di quella super corazzata era un corridore. Entrambi sono stati al fianco di un certo Johan Museeuw, che prendiamo come esempio.

La stampa belga ha atteso l’arrivo di Evenepoel in Australia. Per la crono iridata già si chiedono chi possa batterlo (foto Instagram)
La stampa belga ha atteso l’arrivo di Evenepoel in Australia. Per la crono iridata già si chiedono chi possa batterlo (foto Instagram)

Parla Parsani

Certo da allora le cose sono cambiate un bel po’ e lo vedremo da quanto ci hanno detto. Decisiva è stata la spinta dei social e delle informazioni online, ma l’attenzione verso il ciclismo è sempre stata forte, fortissima in Belgio.

«Personalmente – dice Parsani – non è stato troppo difficile per me inserirmi in quel contesto. Io avevo iniziato a seguire i belgi già ai tempi della Gb-Mg e con me già c’era Museeuw. Eravamo una squadra italiana che aveva anche sponsor belgi e così mi sono ritrovato con corridori importanti e una struttura belga lassù: per questo è stato “facile”. Abbiamo raccolto molto con Mapei, Asics e poi con quello che è divenuto il gruppo della Quick-Step».

Parsani è rimasto nel gruppo di Lefevere e ha guidato campioni come Museeuw, Van Petegem, Boonen, Bettini
Parsani è rimasto nel gruppo di Lefevere e ha guidato campioni come Museeuw, Van Petegem, Boonen, Bettini

Primi addetti stampa

Da questa evoluzione si capisce anche il perché una squadra come la Quick Step sia così forte lassù.

«Come gestivamo la pressione intorno a Museeuw? Anche questo aspetto era facile. Prima di tutto siamo stati tra i primi ad avere un addetto stampa (Alessandro Tegner che ancora fa parte del gruppo di Lefevere, ndr), ma poi erano diversi i tempi.

«La stampa ci stava addosso, ma sempre con rispetto. In Belgio poi c’è un’altra mentalità e c’era riconoscenza per questo sport molto popolare. E non c’era solo Museeuw, avevamo anche gente come Peeters, Steels… i nostri corridori si alternavano sulle prime pagine. Non dovevamo proteggerli per così dire. E loro erano contenti  dell’interesse della stampa. E se individuavamo qualche giornalista che era più intento a cercare lo scandalo che a parlare di ciclismo… cercavamo di tenerlo lontano.

«Johan aveva la consapevolezza del leader, sapeva prendersi le sue responsabilità. Quando preparava la campagna del nord se non vinceva ci andava vicino e mi aiutava anche a gestire il gruppo in tutti gli aspetti.

«C’è poi un’altra cosa da considerare. In quei tempi i pretendenti alle grandi corse erano 5-6 e ci sta che alla fine si seguissero sempre gli stessi nomi. Non è come oggi che un “semi-sconosciuto” può vincere un monumento. Penso per esempio Van Baarle che vince la Roubaix o allo stesso Bettiol che ha conquistato un Fiandre senza essere tra i favoriti. Oggi sono tantissimi i corridori che possono vincere». Come a dire che la pressione è divisa su più atleti e in teoria incide meno sul singolo.

A Livigno Remco ha vissuto con la squadra solo in parte. Protezione e pressione al tempo stesso
A Livigno Remco ha vissuto con la squadra solo in parte. Protezione e pressione al tempo stesso

Modello Quick Step

Secondo Serge Parsani non sarà difficile gestire Remco anche dal punto di vista delle pressioni, specie quelle mediatiche. E ci spiega perché.

«Personalmente – riprende il tecnico – non conosco il ragazzo, ma parlando ogni tanto con Bramati, mi dice di un ragazzo con i piedi per terra, molto serio per la sua età.

«Certo, sicuramente sarà più difficile che allora ma è pur sempre in un team importante e poi Lefevere è una volpe e saprà come gestire la situazione. Fece così anche con Boonen. Di certo saprà proteggerlo dalle richieste di sponsor, feste, premiazioni… dovrebbe aiutarlo».

Roubaix 1996: il mitico arrivo in parata della Mapei con (nell’ordine): Museeuw, Bortolami e Tafi
Roubaix 1996: il mitico arrivo in parata della Mapei con (nell’ordine): Museeuw, Bortolami e Tafi

Il punto di Bortolami

E se questo è il punto di vista del direttore sportivo, sentiamo anche quello del corridore. Bortolami fece parte di quel mitico arrivo in parata nel velodromo di Roubaix proprio con Museeuw in testa.

«All’inizio – racconta Bortolami – eravamo solo Mapei Italia, poi Mapei Clas che era italo-spagnola e poi Mapei-Gb ed è lì che si è evoluta la situazione. Eravamo tre squadre, ma posso dire che mi sono trovato meglio con il gruppo belga, per così dire, con Museeuw e con il resto. C’era una buona affinità tra noi ragazzi e con lo staff dirigenziale.

«Facevo parte del terzetto entrato nel velodromo. Finimmo sui giornali e in tv per la questione del disaccordo. Un disaccordo sportivo perché tutti e tre volevamo vincere. Poi ci siamo accordati e per noi era finita lì. Tanto che negli anni a seguire mi sono trovato meglio quando avevo come compagni Museeuw, Ballerini, Tafi, Van Petegem… che quando ero capitano unico in un altra squadra».

Lo scorso anno al mondiale di Leuven fummo colpiti dalla gente che da ogni angolo del Belgio venne per tifare Van Aert sin dalla sera prima
Lo scorso anno a Leuven, folla ogni angolo del Belgio per tifare Van Aert sin dalla sera prima

Cultura ciclistica

Bortolami racconta che i giornalisti e i media già all’epoca erano molto presenti, ma conferma anche le parole di Parsani: i giornalisti c’erano ma con discrezione. E la stampa non era solo belga, ma anche italiana, spagnola e francese.

«Noi inoltre – riprende Bortolami – avevamo un addetto stampa che coordinava il tutto e riuscivamo a circoscrivere le richieste, come fanno oggi i team importanti. Il fatto che la stampa belga fosse accanita e partecipe è vero ma, ripeto, sempre con rispetto. E in Belgio oltre al calcio il ciclismo è sentito. 

«Non credo che rispetto al passato ci siano enormi differenze, almeno in Belgio. Anche perché loro rispetto a noi hanno sempre avuto squadre WorldTour o comunque importantissime. Vivono molto ancora le radici. Prima delle grandi corse si sente parlare e si vedono filmati di Merckx, Maertens, De Vlaemick… E questo per me aiuta a creare una certa cultura, una cultura che da noi non c’è. Noi invece viviamo solo il presente o quel che può essere il futuro».

Senza l’avvento totale di internet era più facile gestire la pressione. Ma quando si muoveva Museeuw c’era sempre una grande folla
Senza l’avvento di internet era più facile gestire la pressione. Ma quando si muoveva Museeuw c’era sempre una grande folla

Museeuw e la pressione

Bortolami poi cambiò squadra per delle controversie con lo staff, soprattutto la parte italiana. Passò alla Festina. Aveva anche richieste dall’Olanda, ma preferì la Francia per questioni di lingua.

«Mi ero ambientato bene in Francia – racconta Gianluca – avevo compagni bravi ma non all’altezza di quelli della Mapei, quindi la pressione era tutta su di me e in certi tratti di Gand, Roubaix o Fiandre ritrovarsi da solo contro otto corridori della Mapei non era facile. Se li guardavi in faccia ognuno di loro diventava forte, facevano gruppo (proprio come la Quick Step adesso, ndr). E così quando andava bene portavo a casa un quinto posto.

«Johan con la pressione era molto bravo. Sin da giovane andava forte. Ha sempre gestito le cose da grande corridore e grande uomo, sia con noi compagni che con tutti gli altri.

«Per noi era come essere a scuola: in hotel ci si divertiva. I momenti difficili erano dovuti alla stanchezza e non ad altro. L’unica volta che abbiamo commentato dei titoli di giornali è stato proprio in occasione della tripletta alla Roubaix. Dopo quei giorni c’è stata una certa pressione. Ma questo si è avvertito più in Italia che in Belgio, perché alla fine i danneggiati eravamo noi. Loro avevano vinto».

Team Corratec, la banda Parsani vuole diventare professional

27.07.2022
5 min
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Il Team Corratec era nato tra mille difficoltà lo scorso autunno. Quasi facevano fatica a trovare i corridori visto il periodo in cui è arrivato l’okay per allestire la squadra e invece… Questa continental italiana ha messo nel sacco ben otto vittorie e altri piazzamenti che danno speranza (in apertura foto @jorgerierafloresera).

Serge Parsani e Francesco Frassi, i diesse, hanno creato un buon gruppo. Hanno cercato di tirare fuori il meglio possibile dal materiale umano ed economico a disposizione. 

Serge Parsani (classe 1952) è stato un corridore negli ’70-’80 ed è stato diesse anche nella grande Mapei
Serge Parsani (classe 1952) è stato un corridore negli ’70-’80 ed è stato diesse anche nella grande Mapei
Dicevamo Serge, una squadra nata tra mille difficoltà che invece si sta comportando bene…

Direi una squadra nata all’ultimo minuto se non fuori tempo massimo! Alla fine siamo riusciti a mettere insieme un bel gruppetto, anche se i ragazzi non erano i migliori che c’erano sul campo visto che a novembre ormai i più bravi sono già tutti accasati.

E come è stato possibile tutto ciò?

Gli abbiamo dato fiducia e ci hanno ricambiato con impegno e senso del gruppo. Sono ragazzi volenterosi che si danno una mano in corsa. E grazie a questa sinergia è arrivato qualche buon risultato.

Dusan Rajovic: è il vostro mattatore con sei vittorie…

Dusan è colui che ha raccolto i risultati maggiori. Era anche il “più professionista”, veniva dalla Delko e si vedeva che aveva alle spalle un certo calendario e una certa esperienza. Ma penso anche a Stefano Gandin, un buon corridore: è “velocino” e tiene in salita. Al Giro di Sicilia ha vinto la maglia dei Gpm, ma non perché gliel’abbiano lasciata. No, l’ha vinta di forza, di tenacia e determinazione. Ha vinto al Sibiu e si è ripetuto in Venezuela. Sinceramente spero che lui possa raccogliere qualche buon risultato anche nelle prossime corse italiane di fine stagione.

Rajovic è campione di Serbia, quest’anno ha messo nel sacco ben sei vittorie (foto @Yucelcakiroglu)
Rajovic è campione di Serbia, quest’anno ha messo nel sacco ben sei vittorie (foto @Yucelcakiroglu)
Come lavorate? I vostri ragazzi vivono in ritiro?

C’è un gruppetto di 3-4 atleti che vive in zona Montecatini, gli altri sono a casa. Li seguiamo dai dati, telefonicamente… ma avendo fatto parecchie gare alla fine ci si vede spesso. Sotto questo punto di vista devo dire che Frassi è un ottimo organizzatore, li segue bene. Ma il merito è anche dei ragazzi stessi: sono umili, non pretendono, seguono e ascoltano…

In Corratec avete un vostro preparatore o ognuno ha il suo?

Ognuno ha il suo, però ci informiamo costantemente per avere uno status della loro condizione e cerchiamo di coordinarci con loro e gli impegni delle gare.

Hai parlato del gruppo, ma non vivono insieme: avete fatto dei ritiri? 

No, nessun ritiro. Anche perché con il Covid evitiamo di creare assembramenti e lavori di gruppo completo. Noi non abbiamo 30 corridori come una WorldTour, ne abbiamo 16-17 e se qualcuno si ammala e contagia gli altri sono problemi. Ci stiamo molto attenti, facciamo un sacco di tamponi prima delle gare e infatti negli ultimi sei mesi non abbiamo avuto nessun positivo al Covid.

Gandin, con la maglia dei Gpm al Giro di Sicilia. E’ arrivato alla Corratec dalla Zalf ed è un classe 1996
Gandin, con la maglia dei Gpm al Giro di Sicilia. E’ arrivato alla Corratec dalla Zalf ed è un classe 1996
C’è un leader, un uomo di riferimento?

Penso a Veljko Stojnic. Lavora bene, dispensa consigli, aiuta i giovani. Parla bene italiano e ha esperienza. Lui non eccelle in nessuna disciplina o terreno, e magari non passerà in una WorldTour, però c’è sempre. E’ un “duraccio”.

Da dove arriva la forza del Team Corratec?

Beh, alcuni di questi ragazzi già si conoscevano o correvano insieme tra gli under 23. E poi il gruppo solido è di 8-9 atleti. In Italia, e solo in Italia, la regola vuole che le continental abbiano in organico almeno il 50 per cento di under 23, ma la nostra idea di base era diversa. Era mettere su una squadra con più elite e poi eventualmente inserire dei giovani di tanto in tanto, tra i più esperti.

E quindi gli altri ragazzi?

I più giovani fanno principalmente attività con le gare in Toscana, con gli under 23. Come detto, volevamo privilegiare gli elite: fare con loro le gare internazionali che potevamo e disputare e gli eventi del più alto calendario italiano possibile. Anche perché il nostro obiettivo è quello di diventare una professional.

Veljko Stojnic conosce bene l’Italia ed è il leader carismatico del team (foto Federico Guasti)
Veljko Stojnic conosce bene l’Italia ed è il leader carismatico del team (foto Federico Guasti)
Sarebbe un bel salto. E a che punto siete?

Il nostro sponsor, Corratec, fra 15-20 giorni ci dovrebbe dare una risposta e decidere cosa fare. Poi inevitabilmente servirebbe anche un secondo sponsor per il budget. Chiaramente non penso ad una professional come quelle francesi, vedi Arkea-Samsic o Total Energies che hanno ben altre disponibilità e sono quasi delle WorldTour.

E a che tipo di squadra pensi?

A una squadra che faccia la sua bella attività internazionale (il calendario sarebbe più prestigioso) e che punta a far passare qualche corridore nel WorldTour. Ecco vorremo dare l’opportunità a qualche buon corridore. Io lo dico sempre ai miei ragazzi: i risultati sono importanti, ma prima ancora è importante fare le cose per bene. E se così fate, magari qualche WorldTour vi nota.

Gandin: sogni ed ambizioni con la Corratec

22.07.2022
5 min
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Per Stefano Gandin questa è una stagione da all-in, da dentro o fuori. Il suo anno alla Corratec lo sta vivendo così: sul filo del rasoio. Per il 26enne veneto le possibilità rimaste per dimostrare il proprio valore erano poche, anzi quasi nulle. La Zalf era diventata una squadra fin troppo “stretta” per un elite come lui, uno che ancora voleva dimostrare il suo potenziale. L’occasione ha bussato e sul biglietto da visita aveva scritto: Team Corratec, la neonata continental che sogna in grande. 

Stefano con la maglia amaranto della squadra guidata da Serge Parsani ha conquistato prima la maglia di miglior scalatore al Giro di Sicilia. Invece, poche settimane fa ha messo in saccoccia la prima vittoria, al Sibiu Tour (in apertura, foto Focus Photo Agency), sulle strade che hanno incoronato Aleotti per la seconda volta di fila. Nell’ultima tappa, divisa in due: al mattino cronoscalata, nel pomeriggio la frazione in linea.

La giornata era iniziata con un problema tecnico nella crono, ma nel pomeriggio si è preso la rivincita (foto Focus Photo Agency)
La giornata era iniziata con un problema tecnico nella crono, ma nel pomeriggio si è preso la rivincita (foto Focus Photo Agency)

La prima vittoria tra i grandi

Vincere è sempre un’emozione particolare, soprattutto se si tratta della prima vittoria nel ciclismo dei grandi. In particolar modo se non ci credevi, o per lo meno il destino sembrava avverso.

«L’ultimo giorno di corsa al Sibiu Tour – ci spiega Stefano – avevamo in programma due semitappe, prima una cronoscalata e nel pomeriggio l’ultima frazione in linea. Io partivo per la cronoscalata con delle buone sensazioni ed intenzioni, ma durante la prova mi si è rotta la bici e ho addirittura rischiato di finire oltre il tempo massimo. Il pomeriggio avevo voglia di riscattarmi e sono partito con il coltello fra i denti, ho cercato in tutti i modi di entrare a far parte della fuga, che è uscita di prepotenza.

«Una volta tagliata la linea del traguardo ero incredulo ma felicissimo, vincere una gara con sei squadre WorldTour e tante professional non me lo sarei mai aspettato. E’ stata una vittoria che mi ha dato consapevolezza dei miei mezzi, mi ha fatto capire che posso correre tra i professionisti. Alla fine quest’anno, al netto della maglia al Giro di Sicilia e questa vittoria, ho sempre corso davanti, sono andato spesso in fuga, diciamo che mi sono fatto vedere».

Ora Gandin si trova al Giro del Venezuela: aveva già corso laggiù a gennaio nella Vuelta al Tachira (foto Anderson Bonilla)
Ora Gandin è al Giro del Venezuela, dove aveva già corso a gennaio la Vuelta al Tachira (foto Anderson Bonilla)

Un’estate esotica

Ora Gandin si trova a Caracas, pronto per correre la Vuelta Ciclista a Venezuela. Domani mattina prenderà un altro aereo per arrivare a Puerto Ordaz, sede di partenza della prima tappa. 

«Siamo venuti a correre in Venezuela – ci racconta Gandin dall’altra parte del telefono, con la connessione che va e viene – perché uno dei nostri sponsor è di qui, di conseguenza la squadra ci tiene a far bene. Non è una corsa molto adatta alle mie caratteristiche, ha un percorso fin troppo semplice, ma serve anche per mettere chilometri nelle gambe. Una volta finito qui, il 31 luglio andremo a Guadalupe a fare un’altra corsa a tappe di una decina di giorni. Essendo un’isola francese ci saranno tante continental, quindi il livello sarà alto.

«Fare 20 giorni di corsa fra luglio e agosto non è da tutti, anche perché ora in Europa il calendario presenta solo gare WorldTour. Da un certo punto di vista devo ringraziare la Corratec e il ciclismo, senza di loro non avrei mai avuto modo di visitare luoghi come questi».

Gandin 2022
Gandin aveva già conquistato la prestigiosa maglia pistacchio per il leader della classifica dei GPM al Giro di Sicilia
Gandin 2022
Gandin aveva già conquistato la prestigiosa maglia pistacchio per il leader della classifica dei GPM al Giro di Sicilia

Tutto o niente

Quando a 25 anni ti trovi ancora nel limbo tra il dilettantismo ed il professionismo, non è facile prendere una decisione. Continuare diventa un rischio, ma smettere non è mai facile, anzi, fa male. Questa situazione ti porta a cogliere tutte le occasioni che ti si presentano davanti.

«Quando la Corratec mi ha contattato ero in Zalf – ci dice il corridore veneto – il motivo che mi ha spinto qui è stato quello di correre tanto all’estero e con i professionisti, ero al bivio. Non aveva senso correre con i dilettanti, la Zalf è una grande squadra ma ha più senso per un corridore giovane, un under 23, che ha la possibilità di mettersi in mostra fin da subito. La Corratec mi ha promesso un calendario più denso, impegnativo, l’obiettivo di questa squadra è ben figurare in mezzo a corridori più maturi.

«Mi sento di essere cresciuto, le prove con i professionisti, soprattutto quelle a tappe, ti permettono di alzare sempre più il livello. Gli anni scorsi disputavo una o due corse a tappe all’anno e le finivo stremato. Quest’anno sono alla sesta e sento di migliorare costantemente anche nel recupero. Dopo uno o due giorni sono pronto per rimettermi subito in gruppo».

La chiamata della Corratec è arrivata nel momento giusto, quello del riscatto (foto Jorge Riera Flores)
La chiamata della Corratec è arrivata nel momento giusto, quello del riscatto (foto Jorge Riera Flores)

Una futura professional?

A marzo, nell’intervista fatta a Serge Parsani, era emerso come la Corratec avesse intenzione di fare la squadra professional già nel 2022, per diversi motivi questo non è accaduto. Non è quindi da escludere che la prossima stagione il neo nato team possa fare il salto di categoria.

«Si parlava già dallo scorso anno che la Corratec avrebbe voluto fare la squadra professional – dice Gandin – e qualche voce di rimbalzo è arrivata anche a noi corridori. Queste voci ci danno maggior motivazione per continuare a far bene. Qui in Corratec la mentalità e il sostegno che la squadra offre ai corridori è da team professional. Anche queste trasferte fanno capire quanto gli investimenti e la voglia di crescere siano importanti. Il mio obiettivo è quello di passare professionista, non lo nego. E se dovessi farlo con la Corratec ne sarei ancor più felice».

Pogacar Tirreno 2022

Se Pogacar è come Merckx, gli altri corrono per il secondo posto?

17.03.2022
5 min
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Le parole rilasciate alla stampa qualche giorno fa da Lefevere hanno aperto una visione diversa sul clamoroso avvio di stagione di Pogacar. All’indomani del trionfo dello sloveno alla Tirreno-Adriatico, il patron della Quick Step aveva sentenziato non senza un pizzico di mestizia: «Quando è passato pro’, si diceva che Remco Evenepoel fosse il nuovo Merckx, ma la verità è che questi è Pogacar».

E’ chiaro che fare i paragoni fra corridori di epoche diverse è sempre improponibile, ma qualcosa che accomuna campioni così lontani nel tempo c’è, soprattutto quest’anno che il corridore del Uae Team Emirates sembra non lasciare che le briciole ai suoi avversari ed è dato proprio dall’atteggiamento di questi ultimi. Rispetto agli anni scorsi, sembra che essi si sentano battuti in partenza, che quando Tadej scatta non se la sentano di rispondere (foto di apertura alla Tirreno-Adriatico) e inizino già a pensare al secondo posto.

Parsani 2021
Serge Parsani ha vissuto l’epopea di Merckx e ora valuta Pogacar con l’esperienza del diesse
Serge Parsani ha vissuto l’epopea di Merckx e ora valuta Pogacar con l’esperienza del diesse

L’importanza della testa

Abbiamo preso quindi spunto da queste e altre considerazioni per confrontare i due campioni. Non per entrare nel merito di chi sia più forte, ma per capire come venivano e vengono affrontati. Serge Parsani ha condiviso i suoi primi anni in carovana da corridore con Merckx, correndo assieme a Felice Gimondi. Oggi guida il Team Corratec dopo oltre trent’anni in ammiraglia, quindi può fare un raffronto.

«Sono corridori con un talento naturale – spiega – che hanno una marcia in più, ma soprattutto sanno come farla fruttare. La forza di Pogacar non è solo nelle gambe, ma nella testa. Sa ragionare in corsa e questo gli permette di scattare al momento giusto».

Che cosa accomuna due esperienze così lontane nel tempo? «A mio parere è la consapevolezza di avere al fianco un grande team. Merckx non era solo estremamente superiore agli altri, ma aveva a disposizione una squadra fortissima. Almeno 6 corridori sarebbero stati capitani in ogni altro team. Questo gli consentiva di viaggiare al coperto e al sicuro fino al momento nel quale decideva di fare la differenza. Ora anche Pogacar ha un grande team alle sue spalle e alla Tirreno-Adriatico si è visto. Questa è una differenza fondamentale rispetto a qualche anno fa».

Merckx De Vlaeminck
Merckx inseguito da De Vlaeminck: quando il Cannibale scattava, era davvero dura tenergli dietro…
Merckx De Vlaeminck
Merckx inseguito da De Vlaeminck: quando il Cannibale scattava, era davvero dura tenergli dietro…

Tutto nasce dal Tour 2020

Parsani entra più nello specifico: «Io credo che allo sloveno sia servito molto il primo Tour – dice – quello vinto praticamente senza squadra. Lo ha aiutato a crescere mentalmente. Allora doveva togliersi le castagne dal fuoco da solo, ora ha compagni in grado di aiutarlo fino a quando serve e questo gli dà sicurezza. Ma non basterebbe se non avesse lui la capacità di ragionare e “leggere” la corsa in ogni momento».

Qual è però l’atteggiamento degli avversari? «Un po’ quella sensazione di impotenza c’è. C’era anche ai tempi di Merckx – ammette – ma non posso dire che Gimondi ad esempio partisse battuto, cercava sempre di lottare e infatti le sue grandi vittorie se le è prese. Il fatto è che quando Merckx scattava era come buttare un sasso in uno stagno con i pesci che fanno il vuoto. Si apriva gli spazi dietro di lui. Stringeva i cinghietti e capivamo che di lì a poco sarebbe finita…».

Pogacar Almeida 2022
Pogacar con Majka e Almeida, fondamentali ora nelle sue vittorie
Pogacar Almeida 2022
Pogacar complimentato da Almeida, un’altra pedina importante nello scacchiere Uae

Gli altri non vincono così…

Avviene lo stesso con Pogacar? «In questo momento sì – prosegue Parsani – perché collimano tante cose: la forma fisica e mentale, il morale, anche la fortuna. Tutto ciò gli dà la convinzione per tentare imprese come quella della Strade Bianche. Chi lo guardava pensava che fosse una pazzia, invece…

«Anche Roglic vince, ma non allo stesso modo. A Siena, ad esempio, Pogacar ha vinto anche di testa. Sapeva che nel gruppo ormai quasi tutti erano isolati, al massimo potevano avere un compagno e quindi trovare un accordo per l’inseguimento sarebbe stato difficile. E’ come con la Formula Uno: sai che la Mercedes ha il motore più potente e quindi le possibilità di vincere per gli altri scendono notevolmente».

L’idea di Adorni

Eppure… A ben pensarci, proprio la storia di Merckx insegna che anche contro lui che vinceva dalla grande classica alla corsetta in circuito, si poteva sperare. Una considerazione che fa parte dei ragionamenti di Vittorio Adorni, che ci ha corso insieme e lo ha poi guidato dall’ammiraglia.

«C’erano anche giorni che non era in condizione – dice – che in un grande Giro veniva da noi a dire che aveva mal di gambe e a chiederci di aiutarlo. Ricordo quando lo conobbi. Arrivò in squadra dopo il ritiro pre-stagionale perché si era sposato, ma vidi subito che, anche se non aveva le nostre ore di preparazione, aveva qualcosa in più. Al Giro lo misero in camera con me ed ebbi modo di parlarci: aveva una forza fisica soverchiante, ma doveva crescere come testa. Ogni mattina ci diceva “io attacco”: noi a frenarlo, a dirgli di aspettare e in corsa ce lo chiedeva di continuo se era il momento. Poi, quando andava via, faceva il vuoto».

Adorni Faema
Adorni alla Faema, dove accolse un giovanissimo Eddy Merckx
Adorni Faema
Adorni alla Faema, dove accolse un giovanissimo Eddy Merckx

Nessuno è imbattibile

L’aspetto mentale, già sottolineato da Parsani, è fondamentale anche per Adorni nel vedere le imprese di Pogacar.

«Ha una potenza fisica enorme – dice – ma si vede soprattutto che corre con tranquillità, divertendosi. Lui “sente” la corsa, percepisce sempre la situazione e la condizione degli avversari e questo gli permette di attaccare quando sa che può scaturirne qualcosa d’importante. Si conosce bene, sa che cosa il suo motore può dargli».

Fin qui Pogacar, ma gli altri? «Gli altri soffrono, perché non riescono a capire se e quando lo sloveno va in difficoltà. E bisogna considerare anche che, nel caso, adesso c’è un team che può supportarlo al meglio. E’ chiaro poi che vittoria dopo vittoria crescono la sua consapevolezza e il suo entusiasmo, mentre si affievoliscono quelli degli avversari, anche inconsciamente. Inoltre quest’anno Tadej ha dimostrato che può vincere in vari modi e fare la differenza sia in salita che in pianura, proprio come faceva Eddy».

Non c’è quindi spazio per cambiare lo spartito? «Al contrario – ribatte Adorni – come ho detto, non sempre tutto fila liscio. Per vincere deve collimare tutto. Ora è soverchiante, ma che cosa succederà quando di fronte a un avversario al top lui sarà non al meglio? Come si gestirà? Le cose possono cambiare da una corsa all’altra e questa è la bellezza del ciclismo».