EDITORIALE / In equilibrio fra la quota e il doping

24.10.2022
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La camera ipobarica è doping oppure no? E soprattutto che cos’è intendiamo con la parola doping? Mentre Evenepoel progetta di aggiungerne una alla nuova casa spagnola e tanti altri nel frattempo soggiornano negli hotel così attrezzati, agli italiani non resta che andare in altura. Per loro gli effetti sono limitati alla quota raggiunta e alla capacità di stare lontani dalle famiglie. Da noi infatti la camera ipobarica è doping.

Agli italiani resta l’altura. Questo è Battistella sul Teide prima dell’Amstel
Agli italiani resta l’altura. Questo è Battistella sul Teide prima dell’Amstel

La legge Melandri

La Legge 376 del 2000 e il DM del 30/12/2002, la ben nota Legge Melandri (eredità di anni che qualcuno ancora rimpiange), stabilisce infatti che in Italia i processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria sono considerati doping ematico e quindi proibiti. Ma siccome la Wada ha lasciato a ogni Paese la sovranità per questo tipo di scelte, è evidente che gli atleti italiani vivano una discriminazione.

Quando Victor Campenaerts raccontò di aver dormito per due settimane simulando quota 4.700, aggiunse di aver conseguito lo stesso innalzamento di valori che avrebbe raggiunto con la vecchia epo

C’è qualcosa che non va. Se l’epo è vietata in tutto il mondo e un metodo parallelo che ne riproduce gli effetti è consentito per alcuni e non per altri, succede come quando alcuni potevano usarne tanta e altri non potevano neppure guardarla. Certo non è come quando determinate pratiche si proseguivano durante i Giri e le prestazioni non decadevano: qua si tratta di fasi di preparazione, ma l’anomalia resta.

Nello spagnolo hotel Syncrosfera si può ricorrere alle funzioni ipossiche con un aumento di prezzo di circa 50 euro
Nello spagnolo hotel Syncrosfera si può ricorrere alle funzioni ipossiche con un aumento di prezzo di circa 50 euro

Quota 4.000

Il punto adesso è capire se siamo noi quelli sfortunati o se per una volta siamo dalla parte giusta. Voi cosa ne pensate? Di certo una legge come quella non si cambia con una riunione fra esperti: servono il Parlamento e un Governo che si applichino. Ma forse adesso hanno altro da fare…

Quale messaggio passa quindi ai corridori italiani? Basterebbe leggere le parole di Oldani durante l’ultimo Giro d’Italia, costretto a non andare in ritiro con i compagni della Alpecin, perché loro avevano scelto come base l’Hotel Syncrosfera costruito in Spagna da Alexander Kolobnev. In gruppo ci guardano come gli sfigati di turno? Probabilmente sì: quella legge ce l’abbiamo solo noi.

Si parla tanto di giovani fenomeni e non c’è dubbio che lo siano. Si parla tanto di giovani italiani che non riescono ad emergere. Sarebbe bello che si allenassero e corressero tutti nelle stesse condizioni e che qualcuno nel frattempo ci spiegasse che differenza c’è fra un soggiorno artificiale a 4.000 di quota e una terapia medicinale che porta agli stessi risultati (piuttosto, in che modo il passaporto biologico registra certe variazioni?).

Se però la filosofia di base deve essere la stessa, sarebbe necessario che la Wada varasse una normativa uguale per tutti, oppure che la politica italiana facesse un passo indietro. Consentita per tutti o per tutti vietata.

La differenza fra italiani e resto del mondo è stata sottolineata da Oldani dopo la vittoria di Genova al Giro
La differenza fra italiani e resto del mondo è stata sottolineata da Oldani dopo la vittoria di Genova al Giro

Lotta agli spray

Oggi la lotta al doping dell’UCI prevede che si diano 12 mesi di squalifica a Michele Gazzoli, colpevole di aver usato uno spray nasale non consentito. Mentre nulla si dice a chi si alza l’ematocrito in modo artificiale e magari ne approfitta per vincere grandi Giri e classiche.

Sia chiaro, chi è autorizzato a farne uso, coglie l’occasione e cerca il marginal gain anche nella quota artificiale. E’ nel giusto e, stando così le cose e a meno di non volerla buttare sulla vecchia e purtroppo sopravvalutata etica, nessuno può fargliene una colpa. Agli altri restano le cime delle montagne e un latente senso di fastidio.

Evenepoel blindato e Tour nel 2024: Lefevere sicuro

16.10.2022
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«Con la squadra – ha detto Remco Evenepoel – abbiamo un piano. E come è successo quest’anno, non lo abbiamo mai cambiato. Ho solo 22 anni e molte stagioni davanti a me. La Vuelta è stato un grande passo verso il mio grande sogno di vincere il Tour. Ma potrebbe volerci molto tempo per realizzarlo».

Il Tour nel 2024

Il campione del mondo ha scelto le Maldive e poi Dubai per la luna di miele con sua moglie Oumi, ma anche se assente, la sua presenza è palpabile. Le voci sull’interessamento della Ineos Grenadiers infatti non accennano a sopirsi, mentre la tentazione di vederlo al Tour contro Pogacar spinge a superare ogni cautela. E qui però Patrick Lefevere non si fa problemi nel prendere posizione.

«Se tocca a me decidere – ha detto a Het Nieuwsblad – Evenepoel non gareggerà al Tour prima del 2024».

Cinque anni blindati

Poi però il team manager della Quick Step-Alpha Vinyl è intervenuto anche nella disputa sul contratto del giovane belga che fa gola a tutti. E risponde per le rime alla Ineos.

«Ho un buon rapporto – dice Lefevere – e un contratto a lungo termine con Remco. Quindi non sono troppo preoccupato per i tentativi di Ineos Grenadiers di liberarlo da noi. Usano una tattica facile. Si avvicinano, chiedono quanto prenda e offrono il triplo. Se prende due, gliene offrono sei. Ma non è così che funziona. E’ normale che ci provino, perché sono anni che cercano Remco. Sono arrivati tardi quando era junior e sono in ritardo anche adesso. Alcuni corridori sono andati in quella squadra e non hanno portato ciò che ci si aspettava, quindi stanno cercando di salvare la loro casa».

Lefevere ha risposto una volta di più sui temi del Tour e dell’offerta Ineos
Lefevere ha risposto una volta di più sui temi del Tour e dell’offerta Ineos

Lo stile del ragioniere

Lefevere sa bene che certi richiami sono spesso irresistibili, ma appare anche abbastanza sicuro di avere il coltello dalla parte del manico.

«A febbraio del 2021 – dice – Evenepoel ha firmato un contratto fino al 2026. La gente a volte pensa che io sia stupido, ma quando firmo un contratto quinquennale, mi assicuro che ogni scenario sia incluso. C’è tutto, il mio compito è solo pagare quello che devo. Non sono come alcuni miei colleghi, che prima fanno firmare i corridori e poi cercano soldi con le sponsorizzazioni. Io sono un ragioniere: prima cerco sponsor e poi ingaggio corridori. Se fossi nel calcio, adesso sarei ricco. Prima ho avuto Pozzato e Cancellara, poi Mas, Alaphilippe e Cavagna. Con quel sistema di cartellini e contratti, avrei potuto venderli tutti e farci una fortuna».

Gambe più scolpite e qualche chilo in meno: il nuovo Remco Evenepoel è maturato
Gambe più scolpite e qualche chilo in meno: il nuovo Remco Evenepoel è maturato

Gli obiettivi 2023

E se sul fronte del contratto la situazione non appare problematica, sul fronte degli obiettivi lo stesso Evenepooel a volte sembra strizzare l’occhio alla Grande Boucle.

«So che dopo il mio successo in Spagna  – ha detto lunedì in una videoconferenza – ci sono stati molti commenti da parte di persone che vogliono vedermi molto presto al Tour de France. Ma al riguardo, rimango molto calmo. Dobbiamo andare avanti passo dopo passo. Vedremo i percorsi e in particolare le altimetrie e i chilometri contro il tempo. Quando avremo questi dati, potremo decidere quale gara fare. Non prima».

I giovani, i veterani, gli scatti… un martedì da leoni

04.10.2022
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Ma quanto è bello questo ciclismo? Nessuno lascia nulla a nessuno. Si combatte fieramente. Tutti “cagnacci sull’osso”. E che cagnacci! La Tre Valli Varesine ci ha regalato un martedì pomeriggio di ciclismo a dir poco entusiasmante. Quasi, quasi, neanche al mondiale c’erano questi nomi.

Pogacar che insegue Mas. Nibali che insegue e rilancia. Valverde che non cede mezzo passo. Ulissi che un po’ lavora e un po’ sembra poter dire la sua. Pozzovivo, Bardet, Yates…

Antipasto Lombardia

E sì che sabato si corre il Giro di Lombardia, l’ultima classica monumento della stagione ma, ragazzi, se questo è l’antipasto… chissà come sarà il primo! Però, e torniamo al bello di questo ciclismo, i corridori oggi a tutto sembravano pensare tranne che al Lombardia. Oggi c’era la Tre Valli Varesine e per la Tre Valli si è corso.

E forse il miglior riassunto lo ha fatto Vincenzo Nibali alla Gazzetta: «Siamo andati fortissimo dall’inizio alla fine e il fatto che si sia arrivati in volata vuol dire che in tanti stanno bene in vista di sabato».

E’ il ciclismo 2.0. Un ciclismo dove i “vecchietti”, quelli super, sgomitano con i ragazzini. Ragazzi che non hanno “rispetto”, anche se è decisamente meglio utilizzare il termine, riverenza per nessuno.

Magari nel ciclismo di qualche anno fa il buon Bax, l’altro giorno all’Agostoni non si sarebbe mai permesso di togliere la vittoria ad un Valverde che sta chiudendo la carriera. E oggi nessuno avrebbe chiuso con tanta insistenza su Nibali, alla penultima gara della vita da pro’. Ma questo è: duelli sinceri ed aperti. E un po’, va detto, i punti in ballo per la classifica UCI a squadre hanno il loro peso.

Valverde e Mas, coppia di classe e di forza per il Lombardia
Valverde e Mas, coppia di classe e di forza per il Lombardia

Mas sontuoso

Ma se la Tre Valli ha illuminato questo martedì e al tempo stesso ha brillato di luce propria, è innegabile che il piatto forte resta il Lombardia. E in tal senso i due nomi che svettano sono gli stessi dell’Emilia: Enric Mas e Tadej Pogacar.

Stavolta il corridore della UAE Emirates si è preso una rivincita sul rivale della Movistar. Una vittoria a testa.

In questo avvicinamento, il cammino dello sloveno con un secondo e un primo posto sembra migliore rispetto a quello dello spagnolo. Tuttavia l’analisi qualitativa delle corse lascia protendere leggermente l’ago della bilancia in favore del majorchino.

E’innegabile che Mas in salita abbia mostrato di avere qualcosa di più, almeno sino ad oggi. Riesce a spingere quel dente in più che a Tadej sembra mancare sin dal Tour. I suoi scatti non creano il vuoto come ci aveva abituato. E’ stato così per certi aspetti oggi (poco), ma soprattutto sul San Luca tre giorni fa.

Mas dal canto suo sembra in uno stato di grazia. Pedala sciolto. La sua azione è morbida. Insomma, si vede che ne ha.

Lo sprint: l’arma in più di Pogacar
Lo sprint: l’arma in più di Pogacar

Il morso di Pogacar 

Però Pogacar è Pogacar. E ci sta anche che dopo una stagione, anzi un’estate difficile, possa essere sulla via del recupero totale o semi-totale. E sappiamo che un Pogacar anche al 95% è devastante. E poi è veloce. Magari non farà il vuoto in salita, ma se poi non lo si stacca sono dolori. Valverde lo ha imparato a Liegi un anno fa. E lo ha ripassato oggi a Varese.

Di fatto il suo avvicinamento al Lombardia è migliore di quello dello scorso quando si fermò all’Emilia e fu terzo alla Tre Valli Varesine. Mas di Lombardia ne ha fatti due, uno in più di Pogacar, il suo miglior risultato è stato un 13° posto nel 2019. Dalla sua ha la resistenza della Vuelta che potrebbe agevolarlo in una corsa che misura oltre 250 chilometri e che presenta salite (e un dislivello) ben più duri di oggi.

E non va dimenticata l’incognita Vingegaard. Oggi il danese era assente, ma anche lui si presenta con un coltello ben affilato dopo il ritorno spumeggiante in Croazia. Magari tra i due litiganti il terzo gode.

Passerella Remco 

E sempre in questo assolato martedì pomeriggio, mentre in Italia ci si scornava di brutto, un migliaio di chilometri più a Nord, il Belgio s’inchinava e abbracciava Remco Evenepoel. Il loro beniamino vestiva per la prima volta la maglia iridata in corsa.

In più i belgi sapevano che sarebbe stata l’unica volta. Per rivederla dovranno attendere l’anno nuovo. Con la testa Remco ha già staccato. Ed è già sull’altare… si sposerà a giorni. E’ arrivato ultimo, per la precisione terzultimo. Erano in tre hanno chiuso la corsa ad oltre 6′. Anzi che l’ha conclusa.

All’arrivo è stato laconico: «Vi posso dire con il sorriso che la mia stagione è finita». Probabilmente era finita prima di partire, ma il bello è anche questo: concedersi ai tifosi. Concedersi ad una nazione che oggi era riversata a bordo strada tutta per lui. Neanche si fosse trattato di una Liegi.

Hinault non pone limiti: Evenepoel vale Giro e Tour

02.10.2022
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Bernard Hinault era in Australia per sostenere (trionfalmente) la candidatura del mondiale 2027 in Alta Savoia. Per cui la vittoria di Evenepoel (che nel frattempo è tornato a casa, foto Quick Step-Alpha Vinyl in apertura) se l’è goduta dal vivo e ha avuto modo di osservare bene l’azione del giovane belga, trascinato in mille paragoni. E quando lo ha visto partire da lontano e senza voltarsi per chiedere cambi, il bretone ha collegato i puntini. Ha ricordato l’azione con cui Remco ha vinto a San Sebastian. Poi ha pensato alla Vuelta. Ha ricordato le interviste pre-gara di Evenepoel e Van Aert. E ha concluso che chi prima si fosse mosso, sarebbe andato per la vittoria. Remco non stava giocando. E la reazione di Van Aert alla fine, che quell’abbraccio ha quasi dovuto darlo e poi s’è attaccato all’assenza di radio in corsa, ha fatto capire che questa volta nella trappola c’è caduto lui.

Secondo Hinault, il secondo posto di Laporte non è un risultato da buttar via
Secondo Hinault, il secondo posto di Laporte non è un risultato da buttar via

Laporte promosso

In Francia ancora non hanno capito come leggere il secondo posto di Laporte, se sia stata un’occasione mancata o il meglio che fosse possibile alle spalle del belga.

«C’era una strana dinamica – annota Hinault – nel gruppo in fuga con Evenepoel. Da un lato i corridori che avevano paura di lui e non avrebbero mai collaborato, dall’altro quelli che stavano già pensando al secondo posto ed erano già a tutta. Alla fine, penso che i francesi abbiano ottenuto tutto ciò che potevano ricavarne. Evenepoel era più forte. E un secondo posto con Laporte non è poi così male».

Liegi, Giro e mondiale: anche Hinault nel 1980 (qui a Sallanches con Panizza) fece come Evenepoel, ma si ritirò dal Tour
Liegi, Giro e mondiale: anche Hinault nel 1980 (qui a Sallanches con Panizza) fece come Evenepoel, ma si ritirò dal Tour

Fra Merckx e Hinault

Merckx ha celebrato l’impresa di Remco. Dopo averlo sempre bacchettato per alcuni atteggiamenti che non gli andavano giù, pare che alla fine anche il Cannibale abbia ceduto. Per cui adesso, soprattutto in Francia, i paragoni si vanno spostando proprio verso Hinault. Non è difficile infatti riconoscere la somiglianza atletica: 1,71 per 63 chili Evenepoel, 1,74 per 62 chili il francese.

«Un po’ forse ci somigliamo – ammette Hinault – non siamo molto distanti nel fisico. Ma ora, quello che conta non sono altezza e peso, ma la fisiologia: volume polmonare, consumo di ossigeno e tutto il resto. Per confrontarci davvero dovresti conoscerli e ai miei tempi certi dati non si raccoglievano. Però, se vogliamo, un’affinità c’è nel fatto che anche a me nel 1980 capitò di vincere una prova Monumento, un grande Giro e il mondiale nello stesso anno. Vinsi Liegi, Giro e mondiale, ma continuo a considerarlo un brutto anno, perché dovetti ritirarmi dal Tour per una tendinite…».

L’esame del Tour

Sul carattere, Hinault va cauto. Non conosce Remco e di certo non gli sfugge che la sua esuberanza non si allinei più di tanto con la discreta rocciosità dei suoi anni.

«E’ un corridore che osa – dice – ha attaccato senza paura quando mancavano ancora più di trenta chilometri. Ma non lo conosco, non ci siamo mai incontrati. Chiaramente adesso mancano altri confronti, ma certo uno che vince la Vuelta come ha fatto lui, può vincere anche il Giro o il Tour. Non c’è motivo di pensare che non possa. Va bene in salita, va forte a crono. C’è solo un modo per sapere se sia al livello di Vingegaard e Pogacar: vederli correre l’uno contro l’altro. E poi chi dice che anche loro due l’anno prossimo saranno altrettanto forti? Voi avreste previsto un anno fa che Pogacar avrebbe avuto così tanti problemi al Tour?».

Van Aert ha masticato amaro. E’ stato Remco a cercarlo per un abbraccio e lui ha fatto buon viso
Van Aert ha masticato amaro. E’ stato Remco a cercarlo per un abbraccio e lui ha fatto buon viso

Abbondanza belga

E così, mentre il Belgio si coccola il suo iridato che è stato anche capace di vincere un grande Giro, la Francia si guarda ancora intorno. Ha perso la maglia iridata di Alaphilippe e sul fronte delle classifiche, la situazione è piuttosto complessa.

«Difficile fare previsioni – chiosa Hinault – ma seguo bene il ciclismo giovanile e al momento non vedo nomi francesi. Le cose possono cambiare in fretta. Chi aveva sentito parlare di Evenepoel quattro anni fa? Il Belgio ha un altro talento in arrivo: Uijtdebroeks. L’ho visto al Tour de l’Avenir, è stato molto performante. Non credo che alla sua età ora sia molto inferiore rispetto a Evenepoel. Mentre, restando sempre da quelle parti, al Tour mi ha impressionato Van Aert. Ha fatto cose fantastiche. Credo che vincerà spesso la maglia verde nei prossimi anni, mentre non credo la gialla, ma può sempre provarci. Chapeau per quello che ha mostrato quest’anno: era molto tempo che non avevamo un campione del genere».

Colbrelli: «Vi dico io come si “cucina” Evenepoel»

30.09.2022
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Nel testa a testa c’è stato un solo uomo in grado di battere Remco Evenepoel. Il suo nome è Sonny Colbrelli. Il campione della Barhain Victorious ebbe la meglio sull’asso belga in occasione dei campionati europei di Trento.

Remco non ne fu felicissimo. Disse che Colbrelli non aveva tirato molto. Ma il bresciano decise di giocarsi le sue carte così e forse fu anche costretto. Però quel suo successo aveva aperto una breccia in Remco. Una breccia che oggi però sembra essersi fatta molto, molto più piccola.

Europeo 2021, Evenepoel affonda ancora il colpo, ma Colbrelli, contro ogni aspettativa, è ancora lì. Sarà volata
Europeo 2021, Evenepoel affonda ancora il colpo, ma Colbrelli, contro ogni aspettativa, è ancora lì. Sarà volata
E allora Sonny, come si “cucina” Evenepoel? Sei stato l’ultimo a batterlo…

Sono stato l’ultimo e me lo ricordo bene. Bisogna avere la condizione super, super, super… se non quella della vita, quella della stagione.

Come hai fatto ad avere la meglio su di lui?

Ho giocato più di astuzia che di gambe. Poi certo, le gambe le avevo e servivano. Se vediamo i suoi ultimi successi, lui ti macina con il suo passo e così ha fatto domenica scorsa al mondiale, cavandosi di ruota il povero Lutsenko.

Tu però ci sei riuscito…

Io sono stato bravo a sfruttare il momento nel suo insieme. A tenere il suo passo. E sono stato bravo perché non gli ho dato i cambi, anche perché a me che sono un velocista che cambi chiedi in salita? Io quel giorno ho sofferto tanto, tanto… Ho avuto il vantaggio che quella salita l’avevamo fatta tante volte e la conoscevo e questo significa tantissimo. Quando sei al gancio, ma sai che passato quel punto poi finisce, in quei 200-300 metri tiri fuori anche quello che non hai. Se invece non la conosci tendi a mollare prima. Io quel giorno alla sua ruota feci dei watt esorbitanti, roba da capogiro. Ma appunto avevo una super condizione.

Ma davvero va così forte? Eppure dalla tv non sembra che sia così mostruoso…

Come tante altre cose, la tv non rende. Tante volte ci vedete “appallati”, ma magari stiamo andando a 60 all’ora. Sì, sì, ve lo posso assicurare: Remco è mostruoso. Lui riesce a fare questo fuori giri costante, che poi fuori giri non è perché lo tiene a lungo. Alla Liegi è scattato. Ed è scattato in modo così violento che nessuno lo ha seguito, se poi ci metti che è forte in salita e che è anche un cronoman riesce a mantenere quel ritmo. Io ne ho visti pochi così.

E a Trento il più veloce, come da pronostico almeno su carta, è Sonny. Evenepoel non può che piegare la testa
E a Trento il più veloce, come da pronostico almeno su carta, è Sonny. Evenepoel non può che piegare la testa
Anche noi!

Non è un Contador, un Nibali che fanno la fiammata. Remco semmai te ne dà una di fiammata, ma poi la mantiene. Non cala ed è lì che ti distrugge, anche mentalmente.

Quindi bisogna giocare d’astuzia come hai fatto tu?

Non bisogna mai perderlo di vista, neanche se si è lontani dal traguardo. E quando scatta non gli devi lasciare neanche due metri. Mai. E non è semplice perché ha anche un bello scatto come, ripeto, si è visto alla Liegi. Al mondiale quando ho visto che era là davanti con quel gruppetto, ho pensato subito: «Qua si corre per il secondo posto». A meno che Lutsenko lo avesse tenuto, perché ci sta anche che ti porta all’arrivo. Ma anche sotto questo punto di vista Evenepoel è cambiato tanto.

Perché? Cosa intendi?

Adesso si gioca bene le sue carte. Si gestisce meglio. E’ meno emotivo. Ha più sangue freddo.

Uno dei segreti quindi è non dargli i cambi?

Semmai giusto in qualche momento strategico. Ma poi se uno è davvero più forte, c’è poco da fare ed è anche difficile dargli i cambi. Quel giorno a Trento mi ha distrutto e non so neanche io come ho fatto a tenerlo. Lo dico sempre: la corsa più dura non è stata la Roubaix, ma l’europeo. A quel punto ognuno gioca le sue carte. E uno dei trucchi è cercare di farlo tirare di più.

C’è qualche punto in cui Remco è vulnerabile? Per esempio in discesa?

Anni fa sì, potevi attaccarlo in discesa, ma anche sotto questo aspetto è migliorato. Dopo la famosa caduta del Lombardia ci ha sicuramente lavorato su. Proprio a Trento lo scorso anno decidemmo di attaccarlo in discesa. Matteo Trentin la fece alla morte ma in fondo era davanti e ci stava anche bene.

Dopo essere andati via in due, Lutsenko ha più volte dato i cambi a Evenepoel, salvo poi staccarsi sull’ultimo strappo
Dopo essere andati via in due, Lutsenko ha più volte dato i cambi a Evenepoel, salvo poi staccarsi sull’ultimo strappo
Nessun punto debole quindi?

Prendendo come spunto il mondiale, credo che se ci fossero stati un Rota o un Bettiol al posto di Lutsenko non si sarebbero staccati. Almeno del Lutsenko di quest’anno. Lui lo conosco molto bene, è un amico, e so che va più forte. Non si sarebbe staccato su uno strappo simile. Dico che non si sarebbero staccati perché si trattava di uno sforzo di due minuti e in quel caso tiri fuori tutto. Poi, ragazzi, io non conosco i wattaggi, non ho sentito Lutsenko… ma credo che l’Alexey dei tempi migliori non si sarebbe staccato e avrebbe vinto il mondiale in volata.

Allora c’è un punto debole: lo sprint…

Beh, almeno lì! Va forte in salita, va forte a crono… Di certo Remco stesso sa che per essere sicuro di vincere deve arrivare da solo, perché allo sprint non è super. Poi si sa, dopo 260 chilometri cambiano tante cose. Ricordiamoci il mondiale di Trentin: già ce lo sentivamo in tasca e invece …

E “girando la frittata”, guardandola dal punto di vista di Evenepoel: magari rivivendo una situazione simile a quella con te, avrebbe dato una menata?

Può darsi. Magari ha imparato dallo sbaglio dello scorso anno, perché diciamolo onestamente, io ho vinto, ma anche lui ha sbagliato. Se Remco si fosse fermato e si fosse messo a scattare dopo 3-4 affondi sarei rimasto lì. Perché io sì, tengo bene il fuorigiri, ma un fuorigiri regolare. Se al mondiale Remco si fosse ritrovato come lo scorso anno con me credo che questa volta avrebbe giocato d’astuzia.

EDITORIALE / Ha davvero senso vietare le radio così?

26.09.2022
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Scatenando il solito putiferio, rimettiamo mano al ben noto discorso delle radio in corsa, tema a questo punto di grande complessità e attualità, a giudicare dalle parole appena sentite da Samuele Battistella.

La base ideologica sulla quale siamo cresciuti vuole che se ne dovrebbe fare sempre a meno. Ma le ideologie si evolvono, il mondo ha preso questa strada e bisogna adattarsi per evitare di rimanere indietro. Il ciclismo è cambiato e cambierà ancora. Ci stiamo spingendo verso limiti di prestazione inimmaginabili, su strade per contro sempre meno accoglienti. Per cui anche sul tema delle radio, in termini di sicurezza e supporto alla performance, bisogna fare una bella riflessione.

Rota ha ammesso che non sapeva che il gruppo stava rientrando forte alle loro spalle
Rota ha ammesso che non sapeva che il gruppo stava rientrando forte alle loro spalle

Azzurri in gara

Se ieri al mondiale i nostri corridori le avessero avute, l’ammiraglia avrebbe potuto avvisare i tre leader che i francesi stavano spaccando il gruppo, portando con sé anche Evenepoel e magari uno di loro (in base alle decisioni della riunione pre-gara) avrebbe fatto la sua mossa. Oppure Rota si sarebbe sentito ripetere di restare per tutto il tempo attaccato ad Evenepoel e successivamente avrebbe saputo che da dietro stavano rientrando e, anziché fermarsi a fare melina, si sarebbe giocato il podio insieme agli altri tre.

Se ieri in gruppo ci fossero state le radio, la corsa avrebbe avuto un altro svolgimento. Evenepoel non avrebbe vinto? Uno dei nostri lo avrebbe imbrigliato? Non possiamo dirlo, ma siamo certi che non tutte le dinamiche viste si sarebbero verificate.

Se per i cronometraggi si è passati ai transponder, l’evoluzione deve riguardare anche le comunicazioni
Se per i cronometraggi si è passati ai transponder, l’evoluzione deve riguardare anche le comunicazioni

Gli altri sport

Il problema delle radio è che si usano tutto l’anno, tranne per europei, mondiali e Olimpiadi. Non trovate che sia un controsenso? E’ come far correre i velocisti con le moltipliche libere, costringendoli però al 53 nella corsa più importante. Oppure negare ai cronoman il manubrio speciale solo nel giorno del mondiale. Perché mai?

Allargando il discorso, è difficile trovare un’altra disciplina olimpica in cui il tecnico non possa comunicare con la squadra. Nel calcio è a bordo campo con vari analisti in tribuna che sviluppano sistemi complessi e riferiscono alla panchina. Nel volley e nel basket stessa cosa, con la facoltà di poter fermare il gioco. Nel tennis suggerisce cose a ogni cambio campo. Perché nel ciclismo questo viene proibito nei giorni più importanti? E perché privare gli atleti di un supporto per loro decisivo? 

L’uso della radio in corsa è di uso comune anche per le comunicazioni fra atleti. Ha senso negarla per un paio di giorni all’anno?
L’uso della radio in corsa è di uso comune anche per le comunicazioni fra atleti: ha senso negarla?

L’azione di Evenepoel

Occorre sgombrare il campo da vecchi retaggi. Il ciclismo è lo sport dell’uomo contro l’uomo, dell’uomo contro la natura, questo non cambia. Se si vogliono vietare le radio, lo si faccia fino alla categoria juniores, dove è necessario imparare a correre davanti e sperimentarsi anche nelle situazioni più inattese per imparare a conoscersi. Poi permettiamo a corridori e tecnici dei livelli più alti di fare quello per cui sono pagati. 

A questo punto il tecnico di Evenepoel (Sven Vanthourenhout, con lui in apertura, ndr) potrebbe dire che si tratta di chiacchiere vuote, perché Remco non ne ha avuto bisogno e che sarebbe bastato che gli altri leader fossero stati davanti per vederlo partire. Avrebbe ragione, ma aprirebbe la porta su un altro tema molto delicato. Perché Remco è riuscito a fare senza?

L’abilità di fare la corsa nel finale discende dalla pratica e non sempre i nostri talenti (qui Bagioli) ne hanno l’occasione
L’abilità di fare la corsa nel finale discende dalla pratica e non sempre i nostri talenti (qui Bagioli) ne hanno l’occasione

Abitudine a fare la corsa

E’ emerso nell’avvicinamento al mondiale che anche i nostri corridori più forti sono tenuti quasi quotidianamente a fare la corsa per altri leader. Pur essendo talenti assoluti, riescono a sperimentare solo raramente le loro capacità di leadership. Non devono studiare il modo per vincere la corsa, perché tocca ad altri. E casomai fosse il loro turno, hanno chi nell’auricolare gli spiega cosa fare.

Corridori così non sanno cosa fare se devono giocarsi una grande corsa senza qualcuno che li supporti. E’ un fatto di attitudine e consuetudine. Non hanno quasi più l’abitudine di guardare le lavagne sulle moto e comunque, abituati ai messaggi in tempo reale, le trovano inadeguate. E’ indubbio che lo siano: ieri al mondiale il servizio informazioni è parso piuttosto approssimativo, anche perché gli organizzatori, dando per scontata la presenza delle radio, neppure gli dedicano troppa attenzione. E’ come ritrovarsi per un giorno senza il cellulare in un mondo che ha eliminato quasi del tutto le cabine telefoniche e quelle che ci sono neppure funzionano bene.

L’apporto dei tecnici (qui Velo e Sangalli) è minimo: poco più dell’assistenza tecnica
L’apporto dei tecnici (qui Velo e Sangalli) è minimo: poco più dell’assistenza tecnica

Direttori spogliati

Vietare le radio per tre giorni all’anno è una delle scombinate regole dell’UCI, che non portano al miglioramento dello sport ma incrementano la confusione. Se proprio qualcosa si vuole vietare, si tolgano i misuratori di potenza in gara. In questo caso non si tratterebbe di fermare il progresso, perché se ne consentirebbe l’uso in allenamento, mantenendo al ciclismo le sue prerogative di uomo contro uomo e uomo contro la natura, non di uomo contro quei numeri.

Vietare le radio per tre giorni all’anno, oltre che incoerente, significa spogliare i tecnici delle loro prerogative. E ci chiediamo se in questa continua ricerca del meglio, si tratti di una cosa tanto intelligente.

Invece Bettiol non crede che Remco fosse alla nostra portata

25.09.2022
4 min
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Le cose dopo la corsa sono diverse da come appaiono dopo che se ne è parlato con la squadra. E sono diverse anche da come te le raccontano da casa basandosi su letture frettolose. Alberto Bettiol al momento sta passando più o meno su questo sentiero, senza rendersi conto che nella continua ricerca del miglior risultato, ipotizzare la sua presenza nella fuga di Evenepoel è il modo di riconoscergli una superiorità oggi lampante. Era il solo per l’Italia in grado di fronteggiare il fenomeno belga.

In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti
In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti

E’ chiaro che nessuno poteva saperlo prima, ma il Bettiol visto scattare in faccia a Van Aert avrebbe potuto reggere anche l’azione di Evenepoel. E a quel punto il belga avrebbe fatto come a Trento lo scorso anno davanti a Colbrelli. Avrebbe smesso di chiedere cambi e avrebbe rischiato di tirare a testa bassa verso il suicidio.

Sedici corridori

Ottavo all’arrivo, da chiedersi se sia poco oppure tanto. Senza sapere che cosa si sono detti gli azzurri nella riunione, è facile considerare che quando sei leader, si alzano le aspettative. E se poi viene fuori che gli altri chiamati a condividere con te il peso della responsabilità non hanno le gambe, come probabilmente è stato oggi per Bagioli, il peso aumenta. Al leader si chiedono i risultati. E quando Evenepoel è andato via non da solo, ma in quel gruppo di sedici corridori tirato fuori dai francesi, sarebbe bastato (forse) trovarsi in testa al gruppo per agganciarsi.

Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan
Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan

«E’ stato un mondiale strano – le parole di Bettiol dopo l’arrivo – tutti aspettavano la salita e un corridore come Remco ne ha approfittato. Noi non abbiamo un Remco in squadra, quindi non potevamo fare altro che essere presenti in ogni fuga ed evitare di ritrovarci a tirare e non abbiamo mai tirato. Nell’ultimo giro ho provato ad attaccare insieme a Van Aert e l’ho quasi staccato, anzi l’ho staccato. Siamo andati via con lui e Honoré, ma il percorso è molto veloce, da dietro rientravano.

L’attacco di Remco

Alberto è arrivato al mondiale con i gradi sulle spalle. Sappiamo tutti che nella giornata giusta avrebbe potuto tenere testa anche ai più forti e probabilmente quello di Wollongong è stato uno di quei giorni. Il fatto che Bennati abbia immaginato la sua presenza a ruota di Evenepoel deriva dalla stima che nutre nei suoi confronti, avendo capito che oggi il solo a poter far svoltare il mondiale azzurro fosse proprio lui.

Tornati al camper della FCI, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescata
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«Purtroppo quando Remco è partito – ha ammesso Alberto a fine corsa – noi dietro ci siamo un po’ riposati e lui ha preso subito tanti minuti e poi il percorso è venuto più facile del previsto. Non avevamo nessuna marcatura a uomo. Solo non ci dovevamo ridurre a tirare, mentre a 100 dall’arrivo si doveva muovere Lorenzo Rota. Il suo attacco è stato più che giusto e poi non ha tirato un metro. Io e “Bagiolino” invece dovevamo farci trovar pronti negli ultimi due giri, mentre Matteo (Trentin, ndr) in caso di volata. Quindi questo è stato, ma purtroppo di Evenepoel ce n’è uno ed è stato più bravo».

La domanda resta e non avrà mai una risposta. Che cosa sarebbe successo se uno dei corridori della nazionale preposti a fare la corsa avesse seguito il belga anziché lasciare che a farlo fossero solo Conci e Rota?

Evenepoel: impresa pazzesca e grande vittoria di squadra

25.09.2022
6 min
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Quando ha deciso che anche Lutsenko era di troppo mancavano 25,7 chilometri al traguardo. Quello che aveva fatto sino a quel punto aveva già dello straordinario e in qualche modo aveva messo in pratica quanto annunciato dai belgi alla vigilia. Remco Evenepoel da lontano, Wout Van Aert nel finale. Forse, volendo leggere fra le pieghe della corsa, Remco si è mosso un po’ prima di quanto si aspettasse il compagno di nazionale. Perché mano a mano che la testa della corsa si fosse avvicinata al traguardo, le azioni del gigante di Herentals sarebbero aumentate di valore.

Remco non si è neppure voltato, si è limitato ad alzarsi sui pedali e dare due colpi più energici degli altri. E per il kazako si sono spenti luce e sogni.

Il resto è stata la cavalcata eccezionale che tutti hanno visto. Con la stessa sicurezza che alla Vuelta gli ha permesso di divorare la crono di Alicante, lunga curiosamente quanto la sua fuga di oggi.

Mancano 27,5 chilometri all’arrivo: Remco lascia Lutsenko
Mancano 27,5 chilometri all’arrivo: remco lascia Lutsenko

Un anno da sogno

Remco Evenepoel arriva davanti ai giornalisti dopo aver abbracciato e ricevuto abbracci. Bello quello con Van Aert dopo l’arrivo e bello anche quello con Alaphilippe, suo fratello maggiore alla  Quick Step-Alpha Vinyl. La gente ai piedi del palco lo ha osannato, perché quel suo vincere sfrontato ha conquistato la gente accalcata nel parco in riva al mare.

«Penso che sia ancora incredibile – dice – questa stagione non ha niente di normale. E’ iniziata a febbraio con la Valenciana e alle mie spalle non c’erano grandi vittorie. Sono venute la prima Monumento, un grande Giro e il mondiale. Come faccio a crederci?».

Vittoria di squadra

Ha corso e vinto con la sfacciataggine di quando da junior conquistò allo stesso modo il mondiale di Innsbruck, ma rispetto a quel Remco, quello di oggi è più saggio e attento. Non celebra se stesso e la sua impresa solitaria, ma la inquadra al centro di una scena più ampia.

«Oggi il team è stato fortissimo – dice il neoiridato – sempre in testa e mai a inseguire. Si è creato davvero il perfetto scenario. E quando i francesi hanno aperto la corsa, ci siamo ritrovati in quattro davanti e quattro dietro. Non potevamo aspettarci niente di meglio. Quello che abbiamo fatto era nei piani. Avere due leader è stata la migliore decisione, ma è chiaro che queste scelte dipendono dal percorso. Fosse stato più veloce, nessun dubbio a puntare tutto su Van Aert, ma così era bene essere di più».

«Ho capito di aver vinto solo alla fine. Quando ero con Lutsenko pensavo di avere buone possibilità. Quando l’ho staccato, ho pensato di aver rischiato. L’ultimo giro da solo poteva essere un rischio, ma quando sono arrivato in cima all’ultima salita, ho iniziato a vedere l’arrivo.

«In discesa sono stato super veloce. E finalmente ai 3 chilometri dall’arrivo, ho capito che presto sarei stato il nuovo campione del mondo».

Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko
Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko

Svolta alla Tirreno

La svolta nella sua stagione e di riflesso nella sua carriera pare ci sia stata a marzo in Italia, dopo l’aspra lezione alla Tirreno-Adriatico. Tornò a casa con la coda fra le gambe, avendo capito che prepararsi per una corsa a tappe e seguire la giusta dieta non sono cose solo per gli altri.

«Perciò dopo aver vinto la Liegi – racconta – ho cominciato a preparare la Vuelta e a fare le cose nel modo giusto. Ho imparato a conoscere il mio corpo, a gestire l’allenamento e il recupero. La conoscenza e la pazienza, che portano i grandi risultati. E oggi è venuta la vittoria più bella di tutte. Ogni corridore inizia con dei sogni. I miei erano la Liegi, un grande Giro e il mondiale (alza lo sguardo e sorride, ndr), ma non avevo mai sognato di vincerli nello stesso anno. Però non parliamo delle mie vittorie solitarie, perché anche se sul traguardo ci sono io, dietro c’è un team di uomini e donne che mi aiutano e lavorano con me».

Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio
Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio

Evenepoel e la pressione

I giorni di Wollongong hanno avuto voci e colori diversi. Il jet-lag non gli ha fatto sconti e così nel giorno della crono, dove pure ha preso il terzo posto, ammette di non aver avuto la capacità di soffrire, semplicemente perché era ancora stanco.

«Ma la settimana in più di recupero e allenamenti con la squadra – annuisce Remco – hanno riportato nel mio corpo la freschezza giusta. Stamattina mi sentivo nuovamente fresco e con la testa libera. So che adesso qualcuno mi chiederà di vincere il Tour, ma finalmente posso dire che il problema della pressione è qualcosa che non mi disturba più.

«Ho un gruppo di lavoro e una famiglia che mi circondano e mi rendono forte. Non vinci mai da solo e non sei solo neppure quando perdi. Sono tutti concetti che ho imparato mentre mi rialzavo dall’incidente del Lombardia. La rieducazione mi ha reso quello che sono ora».

Tempo per la festa

Lo vedi che smania per andare. Dice che non ha ancora acceso il telefono perché non c’è un wifi e il roaming gli costerebbe troppo. Dice che Alaphilippe gli ha fatto i complimenti e lo ha salutato, sapendo che il mondiale sarà la sua ultima corsa di stagione. Dice di voler festeggiare finalmente la Vuelta e ora questo “cadeaux” aggiuntivo.

Poi sta un attimo zitto al pensiero delle vacanze e aggiunge che magari la prima uscita ufficiale con la maglia iridata potrebbe anche farla. Ma la lascia cadere nel vuoto. Lo stesso che resta nell’immensa sala stampa, quando se ne va. Wollongong 2022 finisce qui, le nostre storie andranno avanti ancora per un po’…

Belgio, la santa alleanza è una bella gatta da pelare

23.09.2022
4 min
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In Belgio hanno promesso di non farsi la guerra. E se sarà davvero così, per tutti gli altri sarà un bel guaio. Stiamo parlando di Wout Van Aert e Remco Evenepoel, che nella conferenza stampa hanno ricostruito il post gara di Leuven 2021, ammettendo di aver rilasciato entrambi qualche dichiarazione di troppo. Hanno giurato di averne parlato fra loro e che quest’anno le cose andranno diversamente. Il botta e risposta che hanno inscenato ha avuto effettivamente il sapore di un’alleanza stretta col sangue.

Van Aert Evenepoel 2021
I sorrisi dello scorso anno a Leuven fra i leader del Belgio nascondevano una tensione reciproca che poi fu pagata in gara
Van Aert Evenepoel 2021
I sorrisi di Leuven fra i leader del Belgio nascondevano una tensione che poi fu pagata in gara

La santa alleanza

«Vogliamo vincere come Belgio – ha spiegato Evenepoel – conosco le capacità di Wout, lui conosce le mie. Possiamo lavorare insieme perfettamente nel finale».

«Se corriamo insieme – ha fatto eco Van Aert – abbiamo solo maggiori possibilità di vincere. Normalmente ho uno sprint migliore di Remco, così lui potrà anticipare. Ma non troppo presto. Entrambi dovremo sfruttare la possibilità di arrivare in due nel finale. Dobbiamo tenerci entrambe le opzioni».

«Sono d’accordo con Wout – ha sottolineato Evenepoel – meglio restare insieme il più a lungo possibile e non sprecare le forze in modo stupido. Il percorso non è facile, sarà un continuo girare in cui la fatica sarà decisiva. Molti occhi saranno puntati su di noi, ma dobbiamo mantenere la calma e lavorare insieme come una squadra. Anche perché Italia, Olanda e Francia non faranno sconti. Dobbiamo evitare situazioni come l’anno scorso. Lo scenario ideale? Arrivare in finale con un gruppo di 7-8 corridori, con dentro due di noi».

Nella conferenza stampa di ieri nell’hotel del Belgio, Van Aert ed Evenepoel hanno siglato la santa alleanza (@Belga)
Nella conferenza stampa nell’hotel del Belgio, Van Aert ed Evenepoel hanno siglato la santa alleanza (@Belga)

«L’importante è non attaccare troppo presto – ha chiosato Van Aert – questo è un percorso su cui non bisogna sprecare energie. Ti svuota e ti ritrovi senza gambe quando la corsa si decide».

Due settimane insieme

Quel che più li ha segnati nella gara dello scorso anno furono l’affiatamento e la tattica dei francesi, che impressero alla corsa un ritmo subito elevatissimo. I belgi rimasero colpiti dall’unita degli uomini di Alaphilippe, che si contrappose alle tensioni fra loro che pure correvano in casa. Finì così che Van Aert, reduce dalla crono, si ritrovò con le gambe in croce a sostenere il ritmo che lo tagliò fuori nel finale. Per questo ha raccontato di aver lavorato sulle fasi di partenza già dall’inverno.

L’unità del blocco francese (qui tirato da Alaphilippe) è diventato il modello per il Belgio
L’unità del blocco francese (qui tirato da Alaphilippe) è diventato il modello per il Belgio

«Siamo arrivati in Australia – dice Van Aert – con largo anticipo e questo non è irrilevante per l’atmosfera in squadra. E’ diverso dallo stare insieme pochi giorni prima di una corsa. Quando fai gruppo per due settimane, riesci a recuperare bene dal jet-lag e a trovare il modo per andare d’accordo con tutti. Il viaggio dal Canada è stato duro, ma ora mi sento bene. Non rimpiango il fatto di non aver corso la crono. Lo avevo scelto in primavera, ne resto convinto e non si può dire che l’avrei vinta io. Mercoledì è stato il primo giorno di maltempo, prima mi sono sempre allenato bene. Mi sento pronto, la preparazione è andata come previsto».

Tre chili in meno

Evenepoel regge il gioco e si dice sicuro che, nonostante la Vuelta e il fuso da recuperare, nelle gambe ci sia ancora la benzina giusta per l’ultimo colpo.

«Mi sento meglio di una settimana fa – dice – ho più energia in corpo. Oggi è stato il primo giorno in cui mi sono svegliato dopo le 6,30 e questa è una buona notizia. Il corpo finalmente si è adattato. Difficile dire se ho le stesse gambe della Liegi. Siamo in una fase diversa della stagione, peso tre chili in meno. Quindi non ha senso fare paragoni. Quello che so è che Mount Pleasant potrà anche non essere la salita più dura del mondo, ma dopo una corsa così lunga e probabilmente tirata, per stare davanti bisognerà essere molto forti».