campionati del mondo pista 2025, Santiago del Cile, Martina Alzini, Chiara Consonni

Il viaggio di Alzini verso l’oro, un anno sulle montagne russe

31.10.2025
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Il giorno dopo essere tornata dal mondiale di Santiago del Cile, in cui ha conquistato l’oro nel quartetto, Martina Alzini ha preparato un’altra valigia ed è partita per Barcellona. E’ qui che la raggiungiamo, in un momento di pausa in cui parlare della fresca vittoria è un bel modo per farsi qualche risata. C’era anche lei nel 2022 a Parigi, quando per la prima volta nella loro storia le azzurre conquistarono il titolo dell’inseguimento a squadre. Quella volta uscivano dal sesto posto alle Olimpiadi di Tokyo, questa volta dal quarto di Parigi, che in proporzione ha bruciato molto di più. Non è stato per caso infatti che le italiane si siano guardate in faccia e a Santiago del Cile abbiano voluto esserci a tutti i costi. C’era una delusione da lavare con la vittoria e così è stato.

Anche in Cile, sul gradino più alto del podio l’espressione di Alzini è fra il rabbioso e il commosso, mentre le altre hanno facce da cartone animato e tutte a ridere come nel giorno più bello della loro vita. Però questa volta Martina ha uno scatto d’orgoglio e sottolinea ridendo la differenza.

«In parte è vero – ride – ma ci tengo a precisare che nel 2022 ero io quella che piangeva più di tutte, invece a questo giro il primato è della Ventu (Federica Venturelli, ndr). Infatti il video che più è diventato virale è quello in cui le dico: “Ma cosa piangi?” e ridendo la strattono. Ci tengo a precisare che è un video di affetto, uno scherzo. Nel 2022 mi sono ritrovata io nella stessa situazione di incredulità al mio primo mondiale elite. Per cui mi sono rivista tantissimo nella sua commozione ed è bello vedere come ogni ragazza reagisce a certe emozioni…».

Il debutto di Venturelli è stato baciato dalla vittoria: l'emozione è palpabile
Venturelli piange per il primo mondiale conquistato fra le elite e Alzini scherza: «Ma che cosa piangi?!»
Non è un caso che Federica abbia detto che nel quartetto sei quella che l’ha presa sotto la sua ala, la sua mamma sportiva…

E’ vero, secondo me perché le ho raccontato che in squadra (la Cofidis, ndr) ho lo stesso ruolo con Julie Bego, che ha vent’anni come lei. Sono due giovani rivali, ma si ammirano molto e in certi atteggiamenti di Federica rivedo Julie. Mi rendo anche conto che in certe situazioni mi scatta l’istinto della sorella maggiore. Non diciamo della mamma, perché poi mi sento vecchia (ride, ndr). Però sì, ormai per lei sono “mamma Marti”.

E’ facile per una ragazza tanto giovane entrare in un quartetto che si conosce da così tanto tempo?

No, di facile non c’è niente. Non è facile neppure per noi rimanerci. Il livello e la qualità sono altissime e secondo me i risultati e le varie conferme sono frutto di un lavoro scrupoloso. Penso che quest’anno sia stata una delle edizioni del mondiale che abbiamo preparato con più costanza e regolarità: non sono io a dirlo, ma tutte le volte che ci siamo trovati insieme a Montichiari. Federica ha avuto tanti impegni. E’ stata via tanto tra i mondiali in Rwanda e gli europei su strada. Però mi ha stupito che quando ha girato con noi, l’ho vista quasi senza timore, fiduciosa di quello che può fare. La sua strada è ancora molto lunga, ma non sta a me a raccontare il talento che ha. Lo dimostra da sola.

Hai dichiarato che in questo gruppo nessuno è indispensabile, per cui chi corre è davvero al massimo della forma.

E’ una cosa che mi piace tantissimo. Io stessa mi sono ritrovata in questa situazione all’Olimpiade un anno fa. Pensare 4-5 anni fa di vincere un mondiale del quartetto sembrava un sogno, invece con questo gruppo abbiamo dimostrato che dove non arriva una, arriva un’altra e ci si completa. Secondo me il bello di dire che tutte sono utili e nessuna è indispensabile è che siamo tutte utili alla causa. Sappiamo anche noi che dobbiamo tenere sempre i piedi per terra. Per me questo è fondamentale. Ho l’onore di lavorare con delle campionesse olimpiche, con cui tra l’altro siamo amiche anche al di fuori dell’ambiente. L’anno scorso siamo andate in vacanze insieme, però quando si lavora, si lavora. E tutte con i piedi ben piantati a terra: ogni volta che inizia un quartetto, riparti da zero. I titoli restano, ma al primo posto deve esserci sempre l’umiltà.

Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Una mentalità che c’è sempre stata?

Ad eccezione di Federica, abbiamo la fortuna di avere più o meno tutte la stessa età. E’ un gruppo di lavoro nato tanto tempo fa e questo per me è una grande forza. Se anche qualcuno si è trovato in difficoltà, il gruppo lo ha trascinato. Per cui mi sento di dire che è un progetto partito tantissimo tempo fa, che sta continuando. Ed è una grande fortuna che ci si voglia bene e che non abbiamo mai avuto particolari problemi tra di noi.

Dopo il quarto posto di Parigi, c’era davvero la voglia di rifarsi?

Penso di parlare a nome di tutte: sul piano del risultato, il quartetto di Parigi è stato una delusione, ciascuno per ragioni diverse. C’è chi si è riscattato subito, come Vittoria e Chiara (Guazzini e Cosonni, ndr), che alla fine hanno concluso l’esperienza olimpica con un oro. C’è chi come Martina (Fidanza, ndr) ha detto di avere passato un periodo negativo e la capisco bene. Per quanto mi riguarda, credo che il 2024 sia stato una stagione no e giuro che ho passato tutto l’inverno cercando di azzerare tutto e tirare fuori la cattiveria agonistica che all’Olimpiade non c’è stata. Volevo reagire a quella brutta esperienza, questo era chiaro. Tutti dicono che questo mondiale è il primo tassello verso Los Angeles. Io penso che sia una via di mezzo. Da un lato, è un cerchio che si chiude, per dire: «Cavolo, ecco, questo è il nostro valore, quindi punto e a capo». Dall’altro, è uno sguardo verso il futuro, per dire: «Ci sono delle novità, c’è una nuova giovane, ma ci siamo anche noi». E’ bello e motivante.

Di quali novità parli?

Nel mio caso, la novità è il ruolo che ho ricoperto in questo quartetto. Ho fatto la seconda frazionista, mentre di solito partivo oppure ero la terza. Mi diverte cambiare, non lo vedo come un motivo di stress, bensì come proprio una motivazione.

Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022
Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022. Alzini seconda da destra
Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022
Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022. Alzini seconda da destra
Per cui il mondiale è stato la ciliegina su una stagione che sei riuscita a raddrizzare?

Il 2025 mi è piaciuto, ma è stato una stagione roller coaster (le montagne russe, ndr). Siamo partite vincendo il quartetto all’europeo di Zolder. Poi mi sono fermata perché avevo due costole rotte a causa della caduta al UAE Tour. E’ stata una stagione condizionata da infortuni di cui non avevo mai sofferto prima. La frattura della scapola a metà anno, che mi ha tenuto per due mesi e mezzo fuori dalle gare. Però tirando ora una linea, ammetto che forse stare ferma per tutto quel tempo e aver ripreso da zero ha portato anche qualcosa di positivo. A ottobre, non mi sono sentita super affaticata o particolarmente stanca, quindi mi piace sempre trovare il positivo nelle cose.

Nel frattempo la Cofidis ha sostituito Cedric Vasseur nel ruolo di team manager, come l’avete vissuta?

Ci hanno mandato una mail. Abbiamo partecipato a una call su Zoom dove hanno annunciato il nuovo capo, Raphael Jeune, che già conoscevo perché era responsabile del marketing di Look. Forse ora è presto per parlare, ma le prime impressioni sono state positive. E’ venuto a trovarci nelle gare in Italia, ha passato molto tempo con ognuno di noi a parlarne, cercare di conoscerci. Mi piace il suo approccio, il suo modo di fare che sicuramente l’anno prossimo ripartirà da zero per tutti quanti. E come dicevo, ripartire da zero spesso è il modo migliore per fare bene.

Campionati del mondo pista, Santiago del Cile 2025, inseguimento a squadre femminile, oro Italia: Federica Venturelli, Vittoria Guazzini, Martina Alzini, Martina Fidanza, Chiara Consonni

Rileggiamo con la più piccola (Venturelli) l’oro del quartetto

27.10.2025
6 min
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Non succedeva da Parigi 2022, quando il quartetto delle ragazze rifilò 2”112 alla Gran Bretagna e conquistò uno storico oro mondiale. Uscivano dalla delusione del quarto posto alle Olimpiadi di Tokyo e quel risultato confermò la sensazione di Villa che il gruppo avesse l’oro nel destino. Venerdì scorso a Santiago del Cile le azzurre l’hanno fatto ancora e ancora una volta dopo il quarto posto di Parigi. La sola differenza era l’assenza di Elisa Balsamo, sostituita dalla debuttante Federica Venturelli. Facile immaginare che il loro traguardo ora siano le Olimpiadi di Los Angeles, messe nel mirino in una sorta di patto d’onore fra guerriere.

«La pista ha veramente il mio cuore – ha detto Vittoria Guazzini – poi so che la strada ha il suo fascino e spero un giorno di togliermi le soddisfazioni anche lì. Infatti devo ringraziare la squadra perché non ha mai detto di no alla pista, sanno che mi fa bene anche mentalmente».

«Secondo me è il bello di questa nazionale – le ha fatto eco Martina Alzini – e ciò che ci fa crescere sempre di più è che tutte siamo utili, ma nessuno è indispensabile. Magari per alcuni suona un po’ triste, ma in verità ha tanto significato. Vuol dire che ognuno di noi al massimo della forma è veramente un componente importante di questo gruppo».

Il debutto di Venturelli

Prima di Parigi, Venturelli si era già allenata con il quartetto: una sorta di sparring partner mandata fra le grandi per conoscerle e apprenderne i segreti. Vista la sua crescita, Bragato e Villa si erano messi in mente di inserirla fra le quattro per gli europei di Zolder a febbraio, ma la ripresa dall’ennesimo infortunio era stata più lunga del previsto. Al punto che quest’anno Federica ha ripreso a correre a fine maggio, e l’esperimento era stato rimandato. Che cosa ha rappresentato per lei vincere questo mondiale al primo assaggio con le grandi, in un finale di stagione impegnativo che l’aveva già vista primeggiare fra le under 23 anche a cronometro?

«E’ stato un finale di stagione bello intenso – sorride – anche da prima dei mondiali di Kigali, perché ho fatto l’Avenir a fine agosto, poi ho fatto l’Ardeche, quindi il mondiale strada, gli europei strada e adesso questi su pista. In pratica non sono a casa da metà agosto e pensare che un tempo ora avrei cominciato col ciclocross. Ora si stacca (ieri sera Federica ha chiuso al settimo posto la corsa a punti, ndr).

«Sabato non ero contenta di come ho corso l’inseguimento. Non tanto per il risultato, perché sapevo che avevo davanti tre giganti della disciplina e andavano il doppio di me. La delusione è stata personale, non tanto per il risultato, quanto perché ho gestito davvero male la qualifica e ho fatto un tempo non molto soddisfacente per me. Un secondo peggio del tempo che avevo fatto in qualifica all’Europeo U23 di Anadia, dove andavo la metà di adesso. In finale avrei voluto fare un tempo migliore, per cui mi è dispiaciuto essere ripresa così presto e non aver finito la prova».

Vittoria Guazzini, ancora in piedi, è la quarta a entrare in azione: una trascinatrice come Ganna fra gli uomini
Vittoria Guazzini, ancora in piedi, è la quarta a entrare in azione: una trascinatrice come Ganna fra gli uomini
Vittoria Guazzini, ancora in piedi, è la quarta a entrare in azione: una trascinatrice come Ganna fra gli uomini
Vittoria Guazzini, ancora in piedi, è la quarta a entrare in azione: una trascinatrice come Ganna fra gli uomini
Era un po’ che giravi attorno al quartetto, che effetto fa vincere l’oro al debutto?

Dal punto di vista personale è stata una sorpresa, perché ovviamente non mi immaginavo di vincere un oro già alla prima partecipazione. Potevo sperare in una medaglia, ma sapevo anche di avere intorno a me un gruppo fantastico. Ragazze che vanno tutte fortissimo e quindi avevo la fiducia che mi avrebbero trascinato verso un buon risultato.

Ecco, parliamo proprio di questo gruppo fantastico. Che cosa ci puoi dire per descrivere le tue compagne di mondiale? Iniziamo da Vittoria Guazzini, ad esempio…

Sicuramente lei nel quartetto, visto il ruolo che ha come quarta, è la leader che ci trascina tutte all’arrivo, anche quando siamo tutte senza forza.

Diciamo Guazzini e subito pensiamo a Chiara Consonni, visto che sono campionesse olimpiche della madison e a Santiago hanno preso il bronzo.

Chiara ha corso un turno di qualificazione, di lei possiamo dire che è la più pazzerella, però aiuta sempre a tenere il morale alto in tutte le situazioni.

Nella foto del podio, voi sorridete, invece Martina Alzini ha quasi un ruggito sul volto…

Per me Martina è forse il principale riferimento, quella da cui mi sono sentita accolta meglio. Umanamente, come consigli, mi ha sempre aiutato e quindi mi sento particolarmente vicina a lei. Mi fa un po’ da mamma e mi aiuta in tutti i momenti difficili.

Federica Venturelli si era già allenata col quartetto: il debutto con l'oro mondiale era al di sopra delle sue attese
Federica Venturelli si era già allenata col quartetto, ma il debutto con l’oro mondiale era al di sopra delle sue attese
Federica Venturelli si era già allenata col quartetto: il debutto con l'oro mondiale era al di sopra delle sue attese
Federica Venturelli si era già allenata col quartetto, ma il debutto con l’oro mondiale era al di sopra delle sue attese
E poi c’è l’altra Martina, la Fidanza…

E’ difficile trovare sempre aggettivi diversi per tutte, però anche Martina è super determinata, super disponibile per tutto. Mi trovo bene con tutte queste ragazze del quartetto.

Loro di te hanno detto di aver apprezzato la serenità che hai saputo trasmettere.

Sono contenta di aver dato questa impressione. Tante volte sono in ansia, però sorprendentemente per questo quartetto ero più tranquilla. Probabilmente perché sapevo di poter contare sulle altre ragazze, per cui sapevo di dover solo fare il mio e che potevo stare tranquilla al loro fianco.

E’ stato difficile entrare nei meccanismi di un quartetto già collaudato?

Sicuramente ci vuole tempo, però in questi due anni il tempo l’ho avuto. E quindi sono felice finalmente di essere riuscita a fare una gara insieme a loro e di essere stata accolta bene.

Si può fare una classifica fra le tente medaglie di questa stagione?

Sicuramente la prima maglia iridata del quartetto fra le elite è quella più emozionante, sicuramente molto speciale. Le altre medaglie sono molto belle, però comunque quelle delle crono individuali erano sempre a livello under 23. Mentre quella del Team Relay era comunque un europeo e non un mondiale. E soprattutto non era un oro, quindi sicuramente l’oro del quartetto è stata la medaglia più preziosa e il modo per chiudere bene la stagione.

Marco Villa, tornato in pista dopo mondiali ed europei su strada, conferma il tocco vincente
Marco Villa, tornato in pista dopo mondiali ed europei su strada, conferma il tocco vincente
Marco Villa, tornato in pista dopo mondiali ed europei su strada, conferma il tocco vincente
Marco Villa, tornato in pista dopo mondiali ed europei su strada, conferma il tocco vincente

La chiusura per Villa

La chiusura spetta a Marco Villa, tornato in pista dopo il debutto su strada, mentre Diego Bragato è rimasto a casa per accogliere sua figlia Azzurra nata proprio in questi giorni.

«Vincere il quartetto, specialità olimpica – dice – con un gruppo giovane e l’inserimento di Venturelli è un bel segnale per i prossimi tre anni, in vista della qualifica olimpica e poi delle Olimpiadi. Non dimentichiamo anche le ragazze che non sono venute qua, perché quest’anno hanno dedicato l’annata alla strada, come Balsamo e Paternoster. Abbiamo anche delle junior che hanno fatto risultati e cercheremo di inserirle. Nelle gare di gruppo dobbiamo migliorare, ma il potenziale c’è. Venturelli in primis ha dimostrato di avere qualità, dobbiamo migliorare un po’ la gestione dello sforzo, ma ci arriveremo.

«Nella madison ormai abbiamo una buona scuola, un buon livello. Stiamo confermando il titolo olimpico. In alcune prove si poteva correre meglio, ma non tutte sono giudicabili per una serie di motivi. Sono contento di questo mondiale, che resterà indimenticabile per l’addio di Elia (Viviani, ndr). E stato emozionante e ha confermato quale professionista sia, quale cecchino di risultati, come il suo palmares dimostra».

Caro Lamon: cosa hai visto nei giovani talenti del quartetto?

25.02.2025
5 min
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Francesco Lamon è il filo conduttore dell’inseguimento a squadre azzurro su pista, la sua presenza al campionato europeo di Zolder è la conferma della sua importanza nel progetto. Il veneto è uscito dall’impegno continentale su pista con una buona gamba, tanto da sfruttarla per vincere lo Spinners Dubai. Un appuntamento su strada negli Emirati da quale è rientrato proprio ieri. 

«Avevo già corso a Dubai a gennaio – racconta mentre si dirige in palestra per allenarsi – ma l’impegno dell’altro giorno era più semplice. Ho corso con la maglia della Dubai Police. Ho deciso di fare questa gara dopo l’europeo su pista per sfruttare la condizione, visto che sul parquet la stagione non sarà così impegnativa».

Francesco Lamon ha sfruttato la condizione dell’europeo per correre e vincere lo Spinneys Dubai 92 Cycle Challenge
Francesco Lamon ha sfruttato la condizione dell’europeo per correre e vincere lo Spinneys Dubai 92 Cycle Challenge

Il nuovo ciclo

Il campionato europeo di Zolder ha acceso i riflettori sul quadriennio olimpico di Los Angeles 2028. I lavori sono ufficialmente iniziati. Francesco Lamon lo ha iniziato accanto a un’ondata di giovani talenti azzurri, ragazzi di vent’anni che si sono subito messi in mostra. 

«Iniziare questo 2025 insieme ai giovani – prosegue – è stato bello, mi sarebbe piaciuto riuscire a conquistare una medaglia. Ci è mancato davvero poco, ma penso che abbiano dato il massimo. Avendo girato poco insieme, visti gli impegni su strada e i vari ritiri, credo che il tempo fatto sia da considerarsi molto buono (il giovane quartetto ha fatto registrare 3’54″169, ndr). E’ un gruppo con dell’ottimo materiale sul quale lavorare e investire. Esserci giocati la medaglia di bronzo fino all’ultimo è stato un bel segnale e un ottimo punto di partenza».

Il quartetto che ha conquistato il quarto posto agli europei di Zolder era formato da: Lamon, Favero, Grimod e Boscaro
Il quartetto che ha conquistato il quarto posto agli europei di Zolder era formato da: Lamon, Favero, Grimod e Boscaro
Pensi possano seguire le orme di Ganna, Consonni e Milan?

Quando ho visto arrivare Ganna e Milan si vedeva che avessero qualcosa di fuori dal comune, un talento incredibile. Paragonarli ai giovani di ora è un azzardo, ma a livello di caratteristiche li vedo simili. Di “Jonny” e “Pippo” ce ne sono solo due al mondo. E’ difficile sovrapporli, ma questi giovani hanno talento, lo si è visto.

Da cosa?

I tempi fatti registrare da Favero e Grimod nell’inseguimento individuale non sono banali. Favero, che ha già corso il mondiale su pista dello scorso anno con noi, ha conquistato il quarto posto e ha girato in 4’08”. Un tempo di tutto rispetto considerando che è all’inizio della sua avventura, e l’inseguimento individuale è uno sforzo che più lo si fa più si capisce come affrontarlo. 

Francesco Lamon, a destra, è stato il punto di riferimento per i giovani in questa rassegna continentale
Francesco Lamon, a destra, è stato il punto di riferimento per i giovani in questa rassegna continentale
Su che aspetti hai lavorato maggiormente con loro?

Più che sulle prestazioni, quelle ci sono, c’era da essere bravi nel tenerli tranquilli. A loro giustamente manca l’esperienza e gestire la tensione non è facile. Hanno vent’anni, anche io alla loro età vivevo così le gare. Ho cercato di non far pesare questo aspetto e penso di esserci riuscito, rispetto al mondiale è andata molto meglio. Soprattutto con Favero. 

Come mai?

Dopo la caduta al mondiale dello scorso anno partiva più titubante ma sono riuscito a tenerlo sereno, anche con qualche battuta. Alla fine con un sorriso gli ho detto: «Peggio del mondiale non può andare». Credo che la forza del gruppo sia importante e anche sdrammatizzare aiuta i giovani. Cadere e sbagliare è normale e fa parte della maturazione. Favero a questo europeo ha fatto vedere ottime cose. 

I valori in campo sono ottimi, Favero (20 anni domani) ha conquistato il quarto posto nell’inseguimento individuale
I valori in campo sono ottimi, Favero (20 anni domani) ha conquistato il quarto posto nell’inseguimento individuale
Rispetto a quando arrivarono Ganna e Milan il quartetto è il riferimento della pista azzurra, per i giovani c’è più apprensione?

Quando loro due entrarono nell’orbita della pista, non eravamo una delle nazionali di riferimento. Ora la pressione è più alta, i giovani come Grimod e Favero arrivano in un contesto maggiormente incanalato. 

A livello di caratteristiche fare dei paragoni è difficile, ma come atteggiamento?

In questi ragazzi vedo la stessa determinazione che c’era negli occhi di Milan e Ganna. Questa cosa serve per aiutarli a sconfiggere l’ansia, abituarsi a far parte di un progetto grande e ambizioso. Bisogna prendere dimestichezza con il rappresentare una nazionale importante. 

Favero aveva già corso tra gli elite al mondiale del 2024, esordio sfortunato vista la caduta (in foto è consolato da Milan)
Favero aveva già corso tra gli elite al mondiale del 2024, esordio sfortunato vista la caduta (in foto è consolato da Milan)
Come lo si fa?

Rimanere presenti nell’ambiente. Quest’anno gli appuntamenti sono pochi, ci sarà una sola Coppa del mondo. Creare un gruppo non sarà facile visto che si correrà di meno, però questi ragazzi devono mantenere l’abitudine di venire in pista a girare. Se spariscono per sei mesi non va bene, serve continuità. 

Il fatto che sia arrivato Salvodi che li ha avuti da juniores è un vantaggio…

Sicuramente lui li conosce e loro conoscono il suo metodo di lavoro e sanno cosa vuole dagli atleti. 

Grimod: l’europeo tra i grandi e l’onda verde della pista

24.02.2025
5 min
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PONTE SAN MARCO – Il camper della Biesse Carrera Premac è a pochi passi dal foglio firma della Coppa San Geo, prova elite e under 23 che apre il calendario italiano insieme alla Firenze-Empoli. Pochi passi fuori dal camper si intravedono le teste dei ragazzi del team continental bresciano, chiediamo di parlare con Etienne Grimod e in pochi secondi lo vediamo sbucare fuori. Il valdostano supera di pochi i 190 centimetri e quando vediamo la sua testa uscire ci viene naturale chiederci come facesse a stare comodo dentro a quel van. Lui sorride e con fare accogliente ci segue per l’intervista

Etienne Grimod è uno dei volti nuovi che abbiamo visto sfrecciare sul parquet del velodromo di Zolder ai recenti campionati europei su pista. Ha 19 anni compiuti da poco e pochi giorni fa si è affacciato nel mondo degli elite nelle discipline del quartetto e dell’inseguimento individuale. Da junior è stato uno dei volti della pista azzurra, guidato da Dino Salvoldi ha conquistato un mondiale e un europeo. Nel 2023 ad Anadia ha fatto parte del quartetto che ha fatto registrare il record del mondo nell’inseguimento di categoria, al suo fianco c’erano Juan David Sierra, Renato Favero e Luca Giaimi. I primi due sono stati anch’essi protagonisti all’europeo elite. 

Dopo l’europeo su pista è il momento di iniziare la seconda stagione da U23 con la Biesse Carrera Premac
Dopo l’europeo su pista è il momento di iniziare la seconda stagione da U23 con la Biesse Carrera Premac

Tra i grandi

Lo aveva anticipato il cittì della pista Marco Villa, ora ex visto che dal recente Consiglio federale sono arrivati dei cambiamenti per quanto riguarda il quadriennio 2025-2028, che questo appuntamento continentale avrebbe aperto le porte a tanti giovani. Un modo per lanciare il prossimo grande appuntamento: Los Angeles 2028. Etienne Grimod è uno dei ragazzi della nuova leva portati a Zolder per prendere le misure e i ritmi dei grandi della pista.

«L’Europeo è andato bene – ci racconta – non me l’aspettavo ma eravamo in forma. E’ mancato qualcosa per salire sul podio nell’inseguimento a squadre, ma in quello individuale sono andato forte, segnale che stavo bene. Il primo appuntamento con i grandi è stata prima di tutto una bellissima esperienza. Ho imparato molto da chi questo ambiente lo vive da anni, come Francesco Lamon. Lui è uno dei riferimenti per le mie discipline».

Il quartetto che ha ottenuto il quarto posto a Zolder era composto da: Francesco Lamon, Davide Boscaro, Renato Favero e Etienne Grimod
Il quartetto che ha ottenuto il quarto posto a Zolder era composto da: Lamon, Boscaro, Favero e Grimod
Cosa vi ha detto?

Di non preoccuparci, che siamo giovani e di fare quello che saremmo riusciti come se fosse un allenamento. Tutte parole utili, anche perché non siamo mai stati così tranquilli prima di una finale di un quartetto.

Com’è stato entrare nel quartetto sapendo che cos’è il quartetto per la pista italiana?

Diciamo che è stata una grande emozione correre nella categoria maggiore. Entrare nel quartetto sapendo che a Tokyo hanno vinto l’oro e che a Parigi sono riusciti a conquistare il bronzo è un onore. 

E qual è il momento che ti è rimasto?

Direi il gruppo. Non mi aspettavo di trovare un così grande affiatamento. Eravamo tanti atleti di differenti età ma siamo stati benissimo insieme. Poi devo dire che mi è piaciuta anche la mia prestazione nell’inseguimento individuale (il valdostano è arrivato sesto, ndr).

Etienne Grimod ha corso anche nell’inseguimento individuale, per lui il sesto posto con il tempo di 4’09” e 838
Etienne Grimod ha corso anche nell’inseguimento individuale, per lui il sesto posto con il tempo di 4’09” e 838
Ci racconti i passi di avvicinamento a questo primo europeo?

A novembre e dicembre ero spesso a Montichiari a girare. Poi sono stato in ritiro con la squadra in Spagna e infine c’è stata la settimana prima dell’europeo che abbiamo fatto interamente lì a Montichiari. E’ stato bello vivere così tanto il velodromo e girare con tanti ragazzi con i quali non avevo mai lavorato prima. Nella settimana di lavoro prima di partire per Zolder ho lavorato insieme agli altri del quartetto: Lamon, Boscaro, Galli e Favero (Grimod è subentrato per la finale che è valsa il bronzo al posto di Galli, ndr). 

Cosa avete fatto?

Abbiamo testato le varie combinazioni. Alla fine serviva avere un certo feeling in vista dell’Europeo. 

Quando ti è arrivata la comunicazione che avresti fatto l’europeo come ti sei sentito?

Mi trovavo a Sanremo, dove ho una casa, per allenarmi su strada. L’ho presa benissimo, sinceramente non me l’aspettavo.

Con i suoi 192 centimetri Grimod spicca per doti atletiche e fisiche fuori dal comune
Con i suoi 192 centimetri Grimod spicca per doti atletiche e fisiche fuori dal comune
Ma sull’emozione che ti porti di questa esperienza?

E’ che si tratta solo del primo europeo elite. Penso a quanti ce ne potranno essere e fare già parte di questa squadra con un livello abbastanza alto mi fa dire: «Cavoli, sono andato abbastanza bene e si può ancora migliorare tanto».

Una volta lì con Sierra e Favero, voi che siete stati i pilastri del quartetto juniores, cosa vi siete detti?

Ci conosciamo da tre anni, siamo come fratelli: andiamo in vacanza assieme e facciamo tutto insieme. Da un lato questo è stato un vantaggio perché parlavamo di tutto, senza problemi. Grazie al nostro rapporto non ho sentito la tensione nell’avvicinamento alla gara. A fine europeo ero in viaggio con Favero in aereo, e pensavo al nostro percorso. Da juniores siamo passati alla categoria elite, non è che ce ne siano stati tanti come noi. Ho pensato a Consonni, Milan e Ganna che sono amici da una vita, così ho guardato Favero e gli ho detto: «Mi sa che siamo sulla buona strada».

Grimod, Favero e Sierra torneranno a lavorare su pista con Salvoldi che da poco è stato nominato cittì della disciplina (foto Federciclismo)
Grimod, Favero e Sierra torneranno a lavorare su pista con Salvoldi che da poco è stato nominato cittì della disciplina (foto Federciclismo)
Ora il cittì della pista sarà Salvoldi, con il quale avete lavorato da juniores, un modo per proseguire un cammino in vista di obiettivi più grandi?

Il suo arrivo può essere un vantaggio, sicuramente ci conosce molto bene. Ma alla fine abbiamo lavorato con Villa un anno, quindi anche lui ci stava iniziando a conoscere. Sono due tecnici completi, non penso sia un cambiamento così grande. Con Salvoldi ci troveremo bene, visto che conosciamo già il metodo di lavoro. Vedremo come andrà.

Quartetto, Lamon è la certezza. Gli europei per ripartire

30.01.2025
7 min
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Nell’anno in cui, conquistato a Parigi il bronzo del quartetto, Ganna, Milan e Consonni daranno la precedenza alla strada, Francesco Lamon rimarrà il custode di quel fantastico trenino che in precedenza si era portato a casa l’oro di Tokyo e il mondiale di Roubaix.

La sua stagione è iniziata su strada nell’Al Salam Championship di Dubai e con lui c’erano anche Viviani e Scartezzini, ma adesso tornerà in velodromo con i campionati europei che dal 12 al 16 febbraio raduneranno a Zolder il circus della pista. Francesco è un ragazzo solido, riservato, capace di una grinta sconfinata. Ama ragionare e lo fa sempre con grande concretezza.

«Di sicuro farò il quartetto – dice il veneziano delle Fiamme Azzurre – altre specialità non so ancora, dipenderà anche da quali giovani ci saranno e come vorrà lavorare Marco (Villa, ndr). La mia disponibilità è come sempre al massimo. Sto vivendo questo periodo in maniera super tranquilla. Penso che anche io, se fossi stato Ganna o Milan e non avendo più niente da dimostrare, avrei ragionato allo stesso modo. E penso anche che sia il momento migliore. Quale migliore occasione dei due anni post olimpici, che sono relativamente tranquilli?».

La bravura di Lamon è sempre stata farsi trovare al livello di Ganna e gli altri che corrono su strada nel WorldTour
La bravura di Lamon è sempre stata farsi trovare al livello di Ganna e gli altri che corrono su strada nel WorldTour
E così adesso sta a te essere il riferimento per i giovani che di volta in volta si affacceranno in pista. Ti senti uno che può dare consigli, come ti vedono secondo te?

Lo vedo come un modo di trasmettere quello che a mia volta ho imparato nel corso degli anni. I giovani che vengono su adesso e che entrano nel nostro gruppo sono molto più avvantaggiati rispetto a quando ero giovane io anni fa. In quel periodo, l’attività su pista non era così sviluppata, ma soprattutto non aveva un seguito così grande. Quindi ovviamente anche grazie al lavoro che ha fatto Elia, mi sono trovato a vivere sia il periodo più difficile degli inizi, sia quello splendente che stiamo vivendo oggi.

In cosa sono avvantaggiati quindi i giovani che arrivano ora in nazionale?

Non dico che abbiano già la strada spianata, però partono da un livello più alto, anche solo per i materiali. Poi ci sono i metodi di preparazione sviluppati al 100 per cento dal settore performance. Quindi se un atleta ha le doti, emergerà più facilmente rispetto a quando debuttammo noi.

Possiamo dire che Milan sia stato l’esempio di questo?

Esatto, l’esempio più recente e più chiaro. Quando Jonathan è arrivato quattro anni fa, era un giovane super emergente. E abbiamo visto che, con tutti i materiali a disposizione e la giusta preparazione, ha fatto subito la differenza. Detto questo, penso che Johnny sarebbe emerso anche se fosse stato nell’ultima delle nazioni del mondo, però comunque un giovane che oggi voglia intraprendere l’attività su pista in Italia, è molto avvantaggiato.

Parigi 2024, parte la finale per il bronzo: occhi negli occhi fra Villa e Lamon
Parigi 2024, parte la finale per il bronzo: occhi negli occhi fra Villa e Lamon
Parliamo allora di Francesco Lamon, l’unico di quel quartetto a non essere professionista su strada. Quanto è stato faticoso, dal punto di vista fisico e mentale, tenere quel livello altissimo e non mollare un metro?

Ovviamente nel quadriennio scorso, ho passato anche io i miei momenti di alti e bassi e sono contento di come sono arrivato a Parigi. Sinceramente, come ho sempre detto, non vivo un gap mentale o in termini di pressione, correndo con altri ragazzi che sono professionisti su strada. Quando siamo lì insieme, nessuno chiede o va a guardare cosa abbia vinto o fatto su strada uno o l’altro. Siamo quattro, tutti per uno in quei quattro chilometri, quindi il resto si azzera. Ovviamente in termini di preparazione ho dovuto forzare un po’ di più e fare i salti mortali per colmare le differenze o avvicinarmi alle prestazioni che non posso raggiungere con la mia attività su strada.

E come hai fatto?

Ho iniziato a lavorare molto prima, facendo più ritiri su strada. E quando loro erano al Giro d’Italia, io chiedevo alla Arvedi e alle Fiamme Azzurre che mi schierassero nel maggior numero di corse possibili. In più ho aumentato i blocchi di volume in quota, per cui quando loro hanno staccato dal Giro, io ero in altura già da un mese. Ho fatto tutto il possibile per avvicinarmi al loro livello, affinché fossimo il più omogenei possibile in pista.

E’ comunque un impegno che richiede studio e applicazione…

Se dovessi dire quale sia il gap più evidente, dovrei parlare della loro maggiore resistenza dovuta all’attività su strada. Il lavoro specifico invece è uguale per tutti e la nostra fortuna è che riusciamo ad arrivare agli appuntamenti importanti allo stesso livello. Quello del quartetto è uno sforzo breve ma intenso, quindi è abbastanza nelle mie corde, mentre sarei stato più in difficoltà se avessi dovuto preparare una madison, per esempio, non correndo tanto su strada.

Lamon, classe 1994, è un atleta delle Fiamme Azzurre che fa attività su strada con la Arvedi Cycling
Lamon, classe 1994, è un atleta delle Fiamme Azzurre che fa attività su strada con la Arvedi Cycling
Ovviamente ciascuno di questi passaggi viene studiato con Bragato e Villa?

Certo e anche quando sono andato per tutto quel tempo in altura, si è trovato il compromesso per non mollare l’attività su pista. Per cui una volta a settimana/dieci giorni, scendevo da Livigno e andavo a Montichiari. L’altura mi dà molti benefici, quindi nell’anno olimpico ho cercato di sfruttarla il più possibile.

Europei in vista, con quale motivazione si va, sapendo che non ci sarà il dream team azzurro?

Quando si va a correre, la testa è la stessa, che si vada a fare un campionato regionale oppure le Olimpiadi. Se vedessi che non ho la grinta o la giusta motivazione, sarei il primo a tirarmi indietro. Uno stimolo in più potrebbe essere quello di riuscire a portare sul podio altri tre giovani, in modo che anche per loro il quadriennio possa partire nel migliore dei modi. Ovviamente quattro anni sono lunghi e di certo, che vada bene o male, non sarà questo europeo a decidere le cose. Però può essere un buon punto di partenza da sfruttare.

Fantini, Magagnotti, Stella, Sporzon, Costa: c’è grande attesa il quartetto iridato juniores (foto FCI)
Fantini, Magagnotti, Stella, Sporzon, Costa: c’è grande attesa il quartetto iridato juniores (foto FCI)
A livello tuo di sensazioni, vedi questi ragazzi intimiditi nell’avvicinarsi ad atleti più esperti e vittoriosi come te?

Oddio, dipende dal carattere che hanno. Ne abbiamo visti anche alcuni un po’ più sfrontati, anche se poi la cosa gli si è ritorta anche contro, ovviamente in senso buono. Altri invece sono un po’ più timidi, hanno più bisogno di crescere. Ma ripeto: lo faccio molto volentieri, perché hanno bisogno della mia esperienza.

Per cosa, ad esempio?

Allo scorso mondiale, ho notato il loro modo di avvicinarsi alla gara. Non sanno bene come gestire la tensione e questo è un tipo di esperienza che inevitabilmente manca. Essendo così giovani, non hanno avuto tante occasioni di rompere il ghiaccio. Sono molto forti, ma se non acquisisci la freddezza che serve, sono più gli errori che rischi di commettere dei risultati che porti a casa, quindi bisogna trovare un giusto compromesso tra le cose.

Sei nato nel 1994, quindi a febbraio compirai 31 anni, che saranno 34 a Los Angeles. Ci stai già pensando oppure si vive di mese in mese?

Non so dire dove sarò nel 2028, la domanda è sul tavolo. Però io non sono uno che vive un mese alla volta. Se vedo che la voglia c’è ancora, come c’è adesso, allora vivrò la rincorsa come se avessi vent’anni. Ma sarei anche il primo, vedendo che mi intestardisco e che il livello non è all’altezza, a tirarmi indietro. Prima o poi il ciclo si chiuderà, ma non mi sento di dire sin da adesso che ci sarò oppure no. Per ora sono ancora qui che mi sto impegnando con la grinta e la volontà al 100 per cento, di questo sono sicuro.

Milan, Lamon, Ganna, Consonni: il quartetto d’oro di Tokyo che a Parigi ha preso il bronzo
Milan, Lamon, Ganna, Consonni: il quartetto d’oro di Tokyo che a Parigi ha preso il bronzo
A Tokyo arrivò l’oro senza pubblico a causa del Covid, a Parigi c’era una baraonda…

Ma io preferisco aver vinto un oro senza pubblico (ride, ndr), che un bronzo davanti a 50.000 persone. La differenza di ambiente però si è sentita, ma sinceramente non è una cosa che mi influenza più di tanto. Poteva esserci anche un miliardo di persone, ma la prestazione non sarebbe cambiata.

Qual è il programma della tua primavera?

Correrò a Grenchen nei prossimi giorni perché vorrei fare lo sforzo di una gara prima degli europei. Poi faremo un ritiro pre-europeo e partiremo per il Belgio. Poi non so ancora quale sarà il programma delle Coppe del mondo. Per cui adesso vediamo di passare bene gli europei e poi con Marco faremo il punto per quello che si potrà ancora fare.

Selva, il Natale in Danimarca come “coach” da velodromo

28.12.2024
6 min
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Forse nel suo immaginario Francesca Selva non poteva desiderare un Natale migliore di questo. L’idoneità sportiva arrivata qualche settimana fa dopo un inaspettato allarme fisico. Il soggiorno in Danimarca a Roskilde a casa del fidanzato. Il velodromo iridato di Ballerup a venti minuti. E la famosa madison di 100 chilometri in mezzo agli amici-colleghi nel doppio ruolo di atleta e coach.

Il legame col Paese nordico è sempre stato profondo per Selva, ma nell’ultimo anno si è rafforzato ulteriormente da quando ha conosciuto il velocista Oskar Winkler poco prima della Champions League della pista nel 2023. Nonostante i suoi soli 25 anni, la veneziana ha maturato una grande esperienza in pista, intravedendo nel suo compagno potenzialità da esprimere in modo più completo. Francesca si è messa al servizio di Oskar come allenatrice o, come dice lei, consulente e pianificatrice, tanto che sono arrivati subito un paio di risultati importanti, col beneplacito dello staff della nazionale danese. E siccome proprio in questi istanti Selva sta correndo sull’anello di Ballerup, l’abbiamo sentita alla vigilia della gara per farci spiegare come sta vivendo questa fase della sua vita.

Winkler ha vinto i titoli nazionali nell’inseguimento a squadre e nel keirin. Nel 2025 correrà anche su strada (foto Skovbolle)
Winkler ha vinto i titoli nazionali nell’inseguimento a squadre e nel keirin. Nel 2025 correrà anche su strada (foto Skovbolle)
Francesca sei una presenza fissa nel velodromo danese in questo periodo, giusto?

Sì, è vero. E’ un evento incredibile questa gara di Capodanno, come la chiamano loro. Gli uomini corrono questa madison di 100 chilometri, mentre per noi donne è più corta, e il pubblico si gode lo spettacolo. Poi alla fine si festeggia in anticipo l’arrivo del nuovo anno. Per loro è una grande tradizione. E quest’anno ha un sapore particolare…

Come mai?

Perché è l’ultima gara da pro’ di Morkov, che correrà il coppia con Mads Pedersen. Ma è l’ultima gara anche per Julie Norman Leth (un argento olimpico, due ori europei e due mondiali proprio quest’anno tra madison e corsa a punti, ndr) e per la mia storica compagna di Sei Giorni e meeting Amalie Winther Olsen (nove titoli nazionali, ndr). Insomma, stavolta non potevo proprio mancare.

Naturalmente in gara ci sarà anche il tuo fidanzato Winkler. Che tipo di corridore è?

Oskar ha un anno in meno di me. Alto, fisico potente da passista, ha ricominciato a correre circa cinque anni fa. In Danimarca c’è un regolamento diverso dall’Italia con tre categorie, dove un elite sale in base ai punteggi ottenuti anziché per età. Lui è come se fosse ripartito dagli amatori e tra strada e pista è tornato nella categoria in cui possono aprirsi porte importanti. Avendo corso quando era più giovane, ha dovuto solo togliersi un po’ di ruggine di dosso. I risultati infatti si sono visti.

Quali sono stati?

Lui nasce come velocista, tant’è che da U23 aveva corso un europeo in pista facendo il chilometro da fermo. Contemporaneamente faceva anche lo scratch, ma ha voluto dedicarsi maggiormente alle discipline endurance. Così in un anno e mezzo di lavoro è riuscito ad andare alla prova di Nations Cup a Il Cairo nel 2023. Ora Oskar è entrato nel gruppo della nazionale danese, specialmente quello del quartetto. E sapete meglio di me quanta concorrenza ci possa essere in una nazionale di così alto livello. Pochi giorni fa, ha vinto il titolo danese del keirin e dell’inseguimento a squadre. Nel frattempo la sua formazione Team Give Steel-2M Cycling è diventata continental e nel 2025 potrà fare maggiore attività su strada.

Donegà ha corso in coppia con Winkler, notando le sue potenzialità e gli aspetti da migliorare
Donegà ha corso in coppia con Winkler, notando le sue potenzialità e gli aspetti da migliorare
Tu ti sei definita sua “coach”. Come mai?

Non pensate alla preparazione atletica perché lui ha già il suo allenatore, che è uno dei cittì della nazionale. Sto seguendo Oskar più dal punto di vista della gestione psicofisica della gara e degli altri eventi. Gli ho visto vincere degli scratch con tre giri di anticipo, poi però non aveva la stessa energia per primeggiare nelle altre specialità dell’omnium. Ha corso la Quattro Giorni di Ginevra in coppia con Donegà. Anche lui mi ha detto che saper dosare la potenza, sincronizzando gambe e testa. E quando lo farà potrebbero essere dolori per tutti (dice sorridendo, ndr). Ma gli curo anche altri aspetti.

Quali?

Si sa che noi pistard facciamo una vita un po’ nomade e dobbiamo quindi sempre organizzarci da soli facendo incastrare tante cose. Ho proposto ad Oskar una serie di gare in Europa per fargli fare esperienza non solo in pista, ma anche a livello organizzativo. Così gli ho pianificato le gare e i relativi spostamenti. Avevamo un planning preciso (ride, ndr). Ad esempio l’ho voluto portare alla Sei Giorni di Fiorenzuola, anche perché era in concomitanza con la partenza del Tour de France da Piacenza. Il suo cittì mi ha detto che ho fatto bene a farlo girare. Più si confronta, più cresce.

E come ti trovi in questo ruolo?

Mi sono sempre reputata un buon corridore senza aver il talento di altre atlete. Tuttavia penso di conoscere bene questo mondo e di sapermi destreggiare in tutto, facendo pure la meccanica. Vorrei insegnargli i trucchi del mestiere e come la testa può colmare il gap con le gambe. Oppure come ci si sposta finché non fai parte di una squadra in modo stabile. Questa estate ho fatto quasi 11.000 chilometri in 40 giorni con l’auto piena di quattro bici. Da Marcon, casa mia, a Praga, poi in Belgio nella casetta della Torelli per andare in traghetto alla Ride London. Quindi rientro in Belgio e ripartenza per la Danimarca. Infine ritorno in Italia. Per queste pianificazioni mi sento molto preparata e mi piacerebbe un domani fare questo di mestiere, magari anche in un team pro’ seguendo la logistica.

Che annata è stata per te invece?

Devo dire che questi ultimi mesi, seguendo i progressi di Oskar, sono stati la mia rivincita. Lui è stato la mia motivazione per tante cose. Ho avuto una stagione difficile, dove non mi sono mai sentita bene. Prima della Tre Giorni di Londra a fine ottobre ho preso il Covid. Le gare successive le ho sofferte tutte, finché non ho fatto dei controlli. A novembre sono andato dal dottor Moretti che mi ha trovato una miocardite da Covid. Lui è il medico che aveva curato Colbrelli dopo il suo malore e per un attivo ho rivisto in me lo stesso problema di Sonny. Ho curato la miocardite facendo due settimane di riposo assoluto, poi il 7 dicembre ho avuto l’idoneità sportiva dopo tante visite.

Francesca sorride. L’idoneità sportiva è arrivata dopo una miocardite e i suoi consigli hanno portato il fidanzato in nazionale
Francesca sorride. L’idoneità sportiva è arrivata dopo una miocardite e i suoi consigli hanno portato il fidanzato in nazionale
Cosa chiedi al 2025?

Onestamente non saprei, però sicuramente di non avere più noie fisiche o di salute. Per il resto vorrei continuare come sto finendo quest’anno. Nuovi stimoli e nuove obiettivi da raggiungere. Per la prossima stagione ho deciso di tesserarmi con la società del mio paese. Si chiama ASD Velodrome Marcon e per me non poteva esserci soluzione migliore.

Moro: «Il 2024 come anno zero, ora voglio specializzarmi»

30.11.2024
6 min
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La prima stagione nel mondo del WorldTour, in maglia Movistar Team, per Manlio Moro non è stata facile. Il ventiduenne di Pordenone si è scontrato con il ciclismo dei grandi dopo le tre stagioni corse in maglia Zalf Euromobil. Un fisico imponente per il friulano, alto 190 centimetri e con peso di 81 chilogrammi. Numeri che lo inseriscono di diritto tra gli uomini dotati di grande potenza, ma che devono trovare il loro modo di correre. La giusta dimensione per poter performare al meglio. 

Moro dopo tre anni corsi in maglia Zalf è passato professionista con la Movistar
Moro dopo tre anni corsi in maglia Zalf è passato professionista con la Movistar

Subito nel mezzo

Il team spagnolo in Moro ha creduto fin da subito, nonostante fosse al suo primo anno nella massima categoria non gli è stata preclusa alcuna esperienza. Era partito dall’Australia, con Tour Down Under e Coppa del mondo su pista, per poi volare in Belgio e affrontare le pietre per la prima volta. Manlio Moro infatti ha anche le gambe e il fisico di uno che può fare bene su pista, lo ha dimostrato e Marco Villa punta molto su di lui. Nonostante i pochi giorni di gara messi insieme, appena 31, parlando con il friulano emerge che il 2024 non è stato un anno semplice. 

«Per ora mi sto godendo gli ultimi giorni a casa – racconta Moro – in compagnia della mia ragazza. E’ un periodo un po’ più tranquillo, nel quale ci alleniamo ma riusciamo anche a fare altro e stare insieme prima dell’inizio della stagione. Sono ormai due settimane che ho ripreso ad allenarmi, e pian piano ho iniziato ad aumentare i carichi di lavoro. Ripartire non è mai facile, anche fare due ore di uscita risulta faticoso (dice con una risata, ndr)».

Con il team spagnolo ha siglato un contratto triennale con scadenza nel 2026 (foto Instagram/GettyImages)
Con il team spagnolo ha siglato un contratto triennale con scadenza nel 2026 (foto Instagram/GettyImages)
Hai già avuto modo di parlare con il team?

Sì. Partirò dall’Australia, come fatto lo scorso anno, poi andrò a correre al UAE Tour e infine in Belgio, ma non so ancora bene quali corse farò lassù. Rispetto al 2024 mi è stata aggiunta la corsa a tappe emiratina, la squadra ha deciso così e va benissimo. Sarà un modo per aiutare i compagni e fare esperienza. 

Facciamo un salto indietro al 2024, che anno è stato?

Il salto nel WorldTour si è fatto sentire, è stato impegnativo. Direi che se devo fare un riassunto di questa stagione la etichetterei come un’annata in cui ho fatto esperienza. Mi è servita a capire come funziona il mondo del ciclismo professionistico. E’ stato comunque un anno ricco di appuntamenti, perché oltre alla strada c’erano le Olimpiadi di Parigi su pista. Uno dei miei obiettivi era partecipare e ci sono riuscito.

Al primo anno nel WT Moro ha messo insieme esperienze di alto livello, qui alla Omloop Het Nieuwsblad
Al primo anno nel WT Moro ha messo insieme esperienze di alto livello, qui alla Omloop Het Nieuwsblad
Com’è stato cercare l’equilibrio tra strada e pista al primo anno nel WorldTour?

Non facile. Parigi era un obiettivo molto grande, per raggiungerlo ho fatto diversi cambi di programma e in questo la squadra mi è stata di grande supporto. Ho saltato alcune gare per andare ad allenarmi su pista o fare qualche ritiro con la nazionale e loro non mi hanno mai detto nulla. 

Nelle esperienze che hai fatto su strada hai capito che corridore puoi diventare?

Non ancora in realtà. Il 2025 sarà il primo vero anno da professionista, nel quale riuscirò a concentrarmi al massimo sulla strada. Voglio andare alle corse e scoprire in quale parte del gruppo posso collocarmi. Questa stagione è servita per fare gare e fare esperienza. Dal prossimo anno vorrei specializzarmi. 

Non sono mancate nemmeno le Classiche Monumento, eccolo nella Foresta di Arenberg (foto Instragam/Team Movistar)
Non sono mancate nemmeno le Classiche Monumento, eccolo nella Foresta di Arenberg (foto Instragam/Team Movistar)
Hai però un’idea di cosa ti piace?

Le Classiche sicuramente. Poi per il mio fisico e le mie caratteristiche penso mi serva una stagione solida per costruire e fare un gradino in più. 

Passiamo alla pista, che effetto ha fatto andare a Parigi?

Bellissimo. Era il mio obiettivo e sono felice di averlo raggiunto. Ho dato tutto per arrivare al 100 per cento ed ero consapevole di essere al massimo del mio potenziale. Sono stato selezionato come riserva e non ho corso, ma posso dire con certezza che se fossi stato chiamato in causa sarei stato pronto. 

Moro al suo primo anno da professionista ha messo insieme 31 giorni di corsa, per il resto si è dedicato alla pista
Moro al suo primo anno da professionista ha messo insieme 31 giorni di corsa, per il resto si è dedicato alla pista
Come vedi il rapporto con la pista per il 2025?

Ci sono un po’ di cose da capire. Molta gente la lascerà da parte e anche io farò qualche gara in meno. Sicuramente non sarò agli europei, visto che cadono nello stesso periodo del UAE Tour. Nel prossimo anno voglio concentrarmi sulla strada, anche perché dal 2026 ci sarà da costruire l’appuntamento di Los Angeles 2028

Sembra lontano, ma non lo è affatto.

Non è un appuntamento che si prepara in un mese, ma come minimo in due anni, se non qualcosa in più. Devi abituare il fisico a un determinato sforzo. Quello che ho detto prima non significa che lascerò la pista, anzi. Continuerò comunque a curarla e ad allenarmi. Anche perché determinati lavori in strada non li può fare. Ci sarà da organizzare bene il tutto. 

Il friulano, classe 2002, è uno dei papabili uomini per il quartetto in vista di Los Angeles 2028
Il friulano, classe 2002, è uno dei papabili uomini per il quartetto in vista di Los Angeles 2028
Anche perché sei uno dei più papabili per il quartetto in vista di Los Angeles…

Da qui a quattro anni possono succedere tante cose, non è un periodo di tempo breve, ma passa in fretta. E’ presto per parlare della composizione del prossimo quartetto, è certo che io voglio provare a esserci. 

Intanto tra poco si parte per il primo ritiro, e la macchina ripartirà a girare.

L’8 dicembre andremo in Spagna, fino al 18. Poi si ritorna a casa, si passa il Natale in famiglia e sarà già tempo di volare in Australia. Penso di partire poco dopo il 25, ho degli zii che vivono lì e approfitterò dell’appoggio per andare e allenarmi. Servirà un po’ di tempo per abituarsi alle temperature australiane. 

Fantini, gli ori juniores in pista e la Solme-Olmo che lo aspetta

11.11.2024
7 min
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Un primo assaggio da U23 lo ha fatto quarantotto ore fa nel trevigiano a San Biagio di Callalta per conoscere la Solme-Olmo, sua prossima formazione. Cristian Fantini lascia gli juniores per saltare nella nuova categoria portandosi in dote le medaglie d’oro europea e mondiale nell’inseguimento a squadre.

I due titoli internazionali dell’estate si sono aggiunti alle due affermazioni su strada ottenute in primavera con la maglia del Pedale Casalese Armofer. Il diciottenne reggiano si è attirato le attenzioni di tanti osservatori senza avere gli stessi riflettori sotto cui erano finiti altri suoi colleghi. E probabilmente è stato un bene per Fantini perché ha potuto correre con meno pressioni, anche se comunque una proposta importante per il 2025 era arrivata dai “vicini di casa” di Cavriago. Infatti la VF Group Bardiani CSF Faizanè lo avrebbe voluto far passare pro’ integrandolo al suo gruppo dei giovani, però alla fine non se n’è fatto nulla. Un’operazione solo rimandata che solo il tempo dirà e che tuttavia lo stesso Cristian dovrà guadagnarsi attraverso la Solme-Olmo.

Fantini con Gian Pietro Forcolin, presidente della Solme-Olmo. La carriera U23 del giovane reggiano inizia dal team trevigiano (foto Photors.it)
Fantini con Gian Pietro Forcolin, presidente della Solme-Olmo. La carriera U23 del giovane reggiano inizia dal team trevigiano (foto Photors.it)

Il suo compagno

Il nome di Fantini è sempre stato uno di quelli da seguire fin dagli esordienti. Almeno un sigillo a stagione lo ha sempre piazzato e quest’anno ha fatto un grande step in avanti. Assieme a Magagnotti, Costa, Sporzon e Stella ha conquistato l’europeo a Cottbus e il mondiale a Luoyang col quartetto facendo fermare il cronometro, proprio nel velodromo cinese, a 3’51”199 per uno straordinario record del mondo. Il suo compagno Stella, il più duttile in pista, dopo quel trionfo ha speso parole gratificanti nei suoi confronti.

«Posso dire che Cristian è stata la nostra sorpresa. A inizio stagione so che c’era qualche dubbio sui suoi requisiti. Era meno performante degli altri, ma il cittì Salvoldi ha continuato a crederci e lui è venuto fuori al momento giusto. O lui o Magagnotti erano quelli deputati a chiudere le nostre prove».

Il suo mentore

Se il cittì azzurro ha continuato a crederci lo deve anche ai riscontri avuti da Luca Colombo, diesse di Fantini. L’ex iridato della cronosquadre ha instaurato un rapporto sincero e profondo con i suoi atleti, specialmente se questi pensavano di aver già dimostrato qualcosa oppure non si applicavano al meglio delle loro potenzialità.

«Con Cristian – spiega Colombo – ammetto che non sono stato tenero a volte, ma l’ho sempre fatto per il suo bene. L’ho sempre reputato un corridore con ampi margini di crescita e ho sempre creduto in lui, tant’è che lo seguivo da tanti anni. Fisicamente c’è, però deve maturare ancora come atleta e come persona. Come è giusto che facciano con pazienza quelli della sua età. Personalmente per il 2025 non lo ritenevo ancora pronto per il salto tra i pro’ (curiosamente sarebbe stato il secondo reggiano della VF Group dopo Biagini, altro ex juniores del Pedale Casalese, ndr). Credo che nella Solme-Olmo troverà l’ambiente e le persone giuste per crescere in modo più graduale. Poi ovvio che spero di vederlo passare nel giro di poco».

Tra Fantini e Colombo c’è un rapporto forte e sincero. La crescita del ragazzo è passata attraverso i consigli del diesse piacentino
Tra Fantini e Colombo c’è un rapporto forte e sincero. La crescita del ragazzo è passata attraverso i consigli del diesse piacentino

Parola a Cristian

Nei due anni al Pedale Casalese, Fantini ha imparato a correre grazie a Colombo, soprattutto in proiezione futura. Gliene è riconoscente e guarda avanti senza rimpianti.

«Il contatto con la VF Group – racconta Fantini – c’è stato a cavallo dell’europeo in pista. Ovviamente ero contento e mi ha fatto piacere, anche perché conosco abbastanza bene la famiglia Reverberi da tempo, dato che abitiamo vicini. Non si è concretizzato nulla e non so se sarebbe stata la scelta più giusta per me. Alla fine riflettendoci bene, sono d’accordo con Luca. E’ meglio essere andato con la Solme-Olmo e guardo volentieri a quello che dovrò fare con loro nel 2025.

La perla del 2023 arriva quando Fantini finalizza il perfetto lavoro dei compagni battendo Mellano (foto italiaciclismo.net)
La perla del 2023 arriva quando Fantini finalizza il perfetto lavoro dei compagni battendo Mellano (foto italiaciclismo.net)

«So che cambierà l’ambiente, sarà un’esperienza nuova in tutto. Abbiamo già fatto il primo incontro e sono sereno. Anzi sono curioso di sapere cosa mi aspetta. Al momento non sono troppo spaventato, perché so che se si fanno i lavori fatti bene, non devi temere nulla. Ecco, forse al momento ho solo il timore di come starò in gruppo durante le gare. Anche quello comunque sarà un modo per crescere, che è l’obiettivo primario».

Il biennio juniores

Le due stagioni da juniores con tre successi complessivi sono già storia per Fantini. Le rivive in velocità come quando si lancia in volata o in pista.

«Abbiamo sempre lavorato il giusto – prosegue Cristian – ovvero poco rispetto a certi altri juniores per non bruciare le tappe. Mi sono sempre fidato di Luca, fra di noi c’è un bel rapporto, anche di amicizia, non solo atleta-diesse. Già l’anno scorso avrei dovuto fare la pista, ma lui mi diceva che erano carichi di lavoro pesanti che io in quel momento non avrei saputo gestire. Aveva ragione.

«Ho fatto il 2023 di ambientamento alla categoria. Ho aiutato la squadra e spesso mi sono trovato a lavorare per Omati, però quando potevo avere un po’ di spazio mi sono giocato le mie carte. E una vittoria l’ho centrata. Quest’anno invece sono partito molto bene con due vittorie in quindici giorni poi ho calato l’attività su strada per curare la pista. Con i miei compagni di nazionale inizialmente non ci aspettavamo di vincere, ma sapevamo che stavamo andando forte. Agli europei in Germania abbiamo preso coscienza dei nostri mezzi e di quelli degli avversari. Siamo andati al mondiale convinti di vincere e di poter realizzare il record. E così è stato».

Allenamenti in vallata

Fantini si ispira a Van Aert ed abita in una porzione della provincia di Reggio Emilia perfetta per la bici e per inseguire i propri sogni. Dalla sua Ciano d’Enza (dove nel 2021 passò la quarta tappa del Giro d’Italia) la strada inizia ad inerpicarsi verso le colline e il più alto Appennino. Quelle strade sono state la palestra d’allenamento di Malori, che abita dall’altra parte del fiume. A Castelnuovo ne’ Monti, circa 30 chilometri da casa, ci sarà un arrivo della Corsa Rosa di quest’anno e Cristian sicuramente non mancherà all’appuntamento. Intanto sa su cosa vuole migliorare.

Fantini (in terza posizione) si è concentrato all’attività in pista dopo il buon inizio su strada (foto FCI)
Fantini (in terza posizione) si è concentrato all’attività in pista dopo il buon inizio su strada (foto FCI)

«Attorno a casa mia – conclude – ci sono belle strade e tanti percorsi per qualsiasi tipo di allenamento. La settimana scorsa sfruttando il sole e gli ultimi caldi, ho fatto anche tre ore e mezza con alcune salite. Sono un passista-veloce e sugli strappi sono sempre andato forte, ma è proprio su salite un più lunghe che io voglio crescere. So che ne dovrò fare tanta senza esagerare se vorrò completarmi come corridore».

Magagnotti, sguardo al 2025 rivivendo una stagione d’oro

08.11.2024
6 min
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Novembre è tempo di bilanci e, nel caso di Alessio Magagnotti, anche di bilancia per misurare il peso di vittorie e medaglie conquistate. La sua prima stagione da juniores con le maglie della Autozai-Contri e della nazionale ha avuto un crescendo strepitoso.

Il trentino di Avio – che farà diciotto anni il prossimo 27 gennaio – non sembra patire quasi mai il salto di categoria, mantenendo una media “realizzativa” molto alta. Da esordiente ad oggi, con le otto di quest’anno, sono 51 le vittorie totali ottenute su strada. Numeri importanti da prendere sempre con le pinze quando si parla di giovani, soprattutto per non creare aspettative spropositate, però è conclamato l’interesse già piombato su Magagnotti da parte di formazioni pro’. Con lui ci eravamo lasciati prima che iniziasse ad inanellare ori continentali e mondiali in pista col quartetto con tanto di record del mondo, conditi dal bronzo nell’inseguimento individuale.

Giusto il tempo di riprendere il ritmo di casa dopo le vacanze a Tenerife con la fidanzata Linda Sanarini – altra junior azzurra plurimedagliata – dove hanno incontrato tanti amici-colleghi, che Alessio è pronto a guardare al 2025. Poche parole, pragmatiche e spazio ai fatti.

Magagnotti è rientrato dai mondiali in pista a Luoyang in Cina con un bel bottino e il record del mondo col quartetto (foto Autozai)
Magagnotti è rientrato dai mondiali in pista a Luoyang in Cina con un bel bottino e il record del mondo col quartetto (foto Autozai)
Alessio riavvolgendo il nastro, che annata è stata in generale?

Sono partito in sordina, anzi direi non benissimo. Mi sentivo gli occhi puntati addosso per le stagioni precedenti, però col passare del tempo non ci ho fatto più caso. Sono caduto in qualche gara, poi ad inizio aprile al GP del Perdono mi sono sbloccato cogliendo il secondo posto. Da lì in avanti è andata sempre meglio su strada, lavorando anche per i compagni. Anche in pista è andata bene. All’europeo di Cottbus abbiamo vinto l’oro col quartetto, ci siamo ripetuti ai mondiali in Cina dopo un bel lavoro in altura a Livigno. Alla fine direi che è stata una stagione buona, a parte qualche passaggio a vuoto e che non l’ho finita al meglio.

Per quale motivo?

Sicuramente ho del rammarico per alcune gare. Al campionato italiano a crono speravo di fare meglio dell’ottavo tempo, ma arrivavo da un periodo di stop per recuperare dopo essermi ammalato al Saarland con la nazionale. Anche all’europeo su strada in Limburgo avremmo potuto fare di più. Personalmente la condizione era buona, ma non abbiamo corso al meglio delle nostre possibilità. Infine ho dovuto chiudere la stagione forzatamente a metà settembre dopo una gara nel mantovano in cui si è riacutizzato forte un dolore alla schiena. In pratica ho la zona lombare scalibrata.

A cosa è dovuto?

In una delle prime gare dell’anno nella zona di Vicenza, sono caduto male picchiando la faccia. Da quel giorno in avanti ho sentito subito di non essere più a posto e forse non mi sono mai ripreso del tutto. Forse non ci ho dato troppa importanza perché non tutti i giorni mi faceva male, ho sempre corso sopportando il dolore. Verso la fine della stagione però era troppo forte e non riuscivo più ad esprimermi come volevo. Nei giorni scorsi sono stato in uno studio dentistico per prendere l’impronta per un bite. Portando quello dovrei sistemarmi e ritrovare il giusto bilanciamento.

Come ti sei trovato con gruppo azzurro?

Molto bene. Abbiamo ottenuti grandi risultati, ma altrettanti ci sono sfuggiti. In pista l’anno prossimo praticamente cambierà tutto il gruppo perché ero l’unico del primo anno. Su strada spero che sapremo correre meglio di squadra ed essere quindi più forti. Quando ci ritroveremo vedremo chi ci sarà, ma sono certo che non ci saranno problemi a trovare la giusta amalgama.

L’anno scorso avevi vinto l’argento al Festival Olimpico della Gioventù Europea, ma quest’anno com’è stato l’impatto con una vera esperienza internazionale?

Mi è servita per prendere ancora meglio le misure alla categoria. Tra gli juniores all’estero corrono davvero col coltello fra i denti come dicono tutti. Ho capito subito che gli avversari ti fanno la volata anche per il trentesimo posto.

Da questo primo anno da junior hai tratto altri insegnamenti?

Assolutamente sì. Ho capito che la gara non finisce finché non si taglia il traguardo. Prima davo certe cose per scontate, ma l’ho capito in prima persona. A fine aprile alla gara di San Leolino in Toscana ho ribaltato il risultato. In un tratto di sterrato mi ero staccato, pagando la mia ancora poca destrezza su quel fondo stradale. Ero demoralizzato e forse rassegnato ad un piazzamento, ma grazie agli incitamenti dei miei tecnici e anche un po’ a me stesso, sono riuscito a recuperare le posizioni e vincere la corsa.

Le voci di mercato parlato di te già in orbita WorldTour. Come gestisci questa situazione?

Ho imparato anche a controllare meglio certe pressioni, come ad inizio anno che avevo foga di fare e farmi vedere. E’ vero che ho avuto tante proposte da devo team dei WorldTour, ma non ho ancora firmato nulla e soprattutto devo ancora dimostrare tanto. Quindi sto con i piedi per terra.

Che obiettivi ha Alessio Magagnotti per il 2025?

La speranza è sempre quella di continuare a crescere e vincere. Mi piacerebbe mettere il sigillo alle corse più importanti, ma vorrei anche correre meglio sia individualmente che con la squadra, Autozai e nazionale. Ad oggi sono un passista-veloce che si trova a suo agio su falsopiani o strappi di un chilometro, però vorrei andare più forte su pendenze più dure. La mia volontà è anche quella di andare bene nelle gare del Nord.