Nei segreti del bike fitting di Quetri, biomeccanico dei campioni

25.08.2022
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Quando si mette in sella un corridore non ci sono solo numeri da rispettare, ma una vera e propria filosofia. Come quella di Niklas Quetri, il biomeccanico che segue molti campioni, tra cui Marta Cavalli. E’ stata lei ad indirizzarci sul tecnico di Rosà, nel vicentino.

Quetri ha un centro, il Niklas Bike Fitting, appunto a Rosà, il cui concetto di bike fitting nasce dalla sua formazione. Niklas è laureato in Scienze Motorie. Sono 13 anni che svolge questo mestiere: numeri, esperienza e ricerca (come vedremo) s’intrecciano sempre di più. L’esperienza conta: «Ma il bike fitting – dice – deve fondarsi su basi scientifiche». 

La Cavalli con i sensori Retul per individuare gli angoli. Mentre quelli esterni (Leomo) misurano la stabilità e la sostenibilità della posizione
La Cavalli con i sensori Retul per individuare gli angoli. Quelli esterni (Leomo) misurano la stabilità e la sostenibilità della posizione
Niklas, di biomeccanici ce ne sono molti. C’è chi si affida solo agli strumenti, chi all’esperienza: quale è la tua filosofia e di conseguenza il tuo metodo?

Avere una certa formazione ritengo sia fondamentale. Aver studiato Scienze Motorie mi ha permesso di conoscere l’importanza dell’anatomia, della fisiologia, della biomeccanica… e di conseguenza a imparare ad utilizzare in modo corretto gli strumenti del bike fitting che sono tantissimi. 

Da dove parti per mettere in sella un ragazzo o una ragazza?

Faccio una valutazione della persona, che sia l’ultimo degli amatori o il primo dei professionisti. E’ il punto da cui partire: serve a me per capire le sue esigenze. Poi sostanzialmente utilizzo un sistema di analisi cinematica in tre dimensioni. Questa mi consente di valutare l’allineamento, anche in tempo reale, a diverse intensità di sforzo.

Perché la posizione cambia a seconda della fatica…

Esatto. Con Marta (Cavalli, ndr) per esempio, ho utilizzato un sistema che mi permette di valutare la sua posizione su strada e registra fino a cinque ore di attività. Cinque ore nelle quali posso vedere come cambia la posizione all’aumentare della fatica, in base ai cambi di intensità, di pendenza…  In questo modo ho una sua posizione “solida”, concreta. Questo metodo si utilizza anche in pista se per esempio si fanno dei test per dei caschi. Tu provi cinque modelli differenti e il cx (coefficiente di penetrazione dell’aria) cambia, ma magari ti sei spostato anche tu con il busto. Metti un sensore sul casco e uno sul busto, così capisci se il cx è cambiato per via del casco o perché ti sei spostato.

Interessante…

Con Vittoria Bussi, con la quale stiamo lavorando per il record dell’Ora, abbiamo fatto dei test in pista e abbiamo notato che dopo 30′ di sforzo cambiava la sua posizione in bici. In questo modo hai dei feedback diretti.

Come funziona tecnicamente questo metodo? Come sono fatti questi sensori?

Si tratta di accelerometri che si collegano a delle unità tipo i Garmin e grazie ai quali si possono visualizzare in tempo reale o scaricando poi il file tutti i movimenti dell’atleta. Solitamente se ne applicano cinque: due sui piedi, uno sulla coscia, uno sul bacino e uno sul busto. Ma volendo si può decidere di posizionarli anche altrove, sul casco per esempio. Per vedere così se e quando si modifica la posizione della testa con il passare delle ore. Una volta per fare un test sull’idratazione e vedere veramente quanto quell’atleta bevesse in allenamento, ho messo un accelerometro su una borraccia.

Andiamo avanti.

C’è poi un altro strumento basilare per quel che riguarda il mio bike fitting che misura la pressione che si fa sulla sella. Uno strumento che tra l’altro sto sviluppando con un’azienda tedesca e che evidenzia la pressione sui punti critici. Perché una sella sul momento, quando si è freschi, magari va bene, ma con il passare delle ore cambiando la posizione cambia anche il punto di appoggio e quindi di pressione. Una volta si badava solo alle ossa ischiatiche e alla loro larghezza. Adesso non è più così. Adesso si sta uscendo da quei luoghi comuni che un pro’ dovesse usare per forza una sella piatta e messa in bolla. Poi ci sono altri test, ma sono davvero più di nicchia. Di base si parte appunto da un’analisi del soggetto, dal test degli accelerometri e dallo studio delle pressioni nei punti critici.

Un metodo davvero innovativo e dinamico, Niklas…

Il tema dell’analisi attiva e dinamica è sempre più diffuso. Una volta si faceva tutto in laboratorio con conseguenti grandi errori. Molti ciclisti, anche pro’, vengono da me per correggere errori divenuti molto importanti con il tempo (persino patologie, ndr). E con il diffondersi del ciclismo c’è più volume di questi servizi, ma anche una minor qualità generale. La cosa però che mi piace di questa evoluzione generale è che stanno saltando tanti falsi miti.

Tipo?

Come abbiamo detto prima per esempio la sella in bolla. O il ginocchio più avanti dell’asse del pedale. L’idea che per essere aerodinamici bisogna per forza essere schiacciati… E questo è merito delle nuove generazioni che accettano i cambiamenti. Anche alcuni pro’ di lungo corso se ne accorgono, ma cambiare non è facile. Per cambiare la posizione di un pro’ ci vogliono anni.

Perché?

Un professionista pedala minimo da 10 anni. Prendiamo un Nibali, per esempio. Sono almeno 20 anni che percorre 30.000 chilometri all’anno. Non puoi cambiargli la posizione adesso. Vincenzo stesso è consapevole che la sua posizione è sempre quella, ma cambiarla a 37 anni all’improvviso sarebbe un errore. E ha ragione. Se si vogliono ottenere risultati (salute e/o prestazione) a medio e lungo termine bisogna aggiornare il fitting regolarmente e non tenere le stesse misure per anni

Marta Cavalli durante i test della sella prototipo di Prologo, messa a punto anche con Niklas Quetri (foto Facebook)
Marta Cavalli durante i test della sella prototipo di Prologo, messa a punto anche con Niklas Quetri (foto Facebook)
E’ un’evoluzione lunga. Uno scoglio psicologico e culturale se vogliamo?

Esatto. Ci sono tre fasi: la ricerca scientifica, l’applicazione e l’accettazione da parte degli utenti finali. Altro esempio: le pedivelle corte. Il primo studio sull’efficacia di queste pedivelle risale al 2001, ma solo adesso inizia ad essere accettato. Quando lo proponevo mi prendevano per matto. Idem l’arretramento delle tacchette. Anche i produttori di scarpe, chiaramente entro certi limiti, iniziano a posizionare gli attacchi un po’ più dietro. Ma anche in questo caso gli studi risalgono a 15 anni fa.

Cosa chiedono i corridori quando vengono da te?

La prima cosa è: «Fammi stare comodo». Questo è fondamentale per loro. Stare comodi vuol dire rispettare anatomia del corpo. E se conosci l’anatomia, riesci a collegare i numeri degli strumenti ai componenti e ad individuare la posizione migliore e performante. Per questo è fondamentale conoscere l’anatomia del corpo umano, i componenti presenti sul mercato, la fisiologia.

Per loro comodità significa anche prestazione…

Chiaro che per loro la comodità è funzionale alla prestazione. Poi ci sono aspetti minori e individuali come gli accorgimenti per lo scalatore, per il velocista. Per esempio lo scalatore sacrificherà qualcosina per rendere in pianura per essere più performante in salita. E il velocista per essere al top nei 200 metri finali. Ma per questo si lavora sui dettagli.

Giro U23 e Avenir. Doppietta sul tavolo per Leo Hayter

20.08.2022
4 min
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Appena l’altro ieri è iniziato il Tour de l’Avenir. Al via tutti, o quasi, i più forti del panorama internazionale under 23. Tra loro anche Leo Hayter (in apertura foto Instagram – Gary Main), il formidabile ragazzo inglese che abbiamo conosciuto sulle strade del Giro d’Italia U23.

Giro che Leo ha vinto alla grande. A conti fatti ha rischiato un solo giorno, e tra l’altro non in salita. Il brivido per lui e la sua Hagen Bermans Axeon c’è stato verso Peveragno quando la Groupama-Fdj gli preparò un’imboscata. Per il resto la maglia rosa è sempre stata saldamente sua.

Adesso all’Avenir ha l’opportunità di ripetersi, ma forse per lui le cose saranno più complicate. Infatti, se al via del Giro poteva essere una “sorpresa”, in Francia sarà marcatissimo. Tuttavia può riuscire in ciò in cui anche Ayuso o Tobias Johannessen, che però ci è andato vicinissimo, e altri illustri predecessori hanno fallito: fare la doppietta.

Per ora dopo le prime due tappe è lì, insieme a tutti i favoriti.

Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo
Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo
Leo, come arrivi a questo Tour de l’Avenir? La preparazione è andata come volevi?

Bene. Dopo il mio stacco estivo sono andato in quota ad Andorra con la Ineos-Grenadiers (la sua prossima squadra, ndr) per prepararmi a l’Avenir. Della preparazione faceva parte anche il Tour d’Alsace e lì ho faticato un po’, ma penso che fosse solo un po’ di stanchezza per il lavoro fatto. Ho avuto ancora qualche settimana per recuperare un po’ prima di questa gara e quindi sono fiducioso di poter essere  in buona forma.

Perciò era previsto che non facessi il Valle d’Aosta?

Sì, in realtà ho deciso abbastanza presto che non avrei preso parte al Valle d’Aosta. Venivo da un periodo intenso con il blocco in Italia e a seguire i campionati nazionali. E così mi ero preso la piccola pausa estiva.

Giro U23 e Tour d l’Avenir: pensi a questa doppietta? E questo ti mette pressione o adrenalina?

No, a dire il vero non ci ho pensato per niente! A differenza della tappa di Santa Caterina del Giro, ci sono meno tappe che si adattano davvero alle mie caratteristiche qui in Francia. All’inizio non potrò lottare per le vittorie di tappa (come avvenne a Pinzolo, ndr), quindi vedremo come sarà la mia forma da scalatore negli ultimi giorni. Piuttosto è un peccato che non ci una cronometro individuale!

L’inglese oltre che fortissimo in salita è anche un ottimo cronoman: ha rivinto il titolo nazionale a giugno (foto Instagram)
L’inglese oltre che fortissimo in salita è anche un ottimo cronoman: ha rivinto il titolo nazionale a giugno (foto Instagram)
Giusto, sei anche campione nazionale contro il tempo! Quanto è cambiato il corridore Leo dopo aver vinto il Giro U23?

No, no: non sono cambiato! Ho continuato ad allenarmi e a pedalare come ho sempre fatto. Non ho cambiato il mio stile di corridore. Quella vittoria però mi ha dato una buona opportunità per migliorare la mia forma fisica prima di questo l’Avenir. Forse l’anno prossimo cercherò di diventare più uno specialista della salita. Se perderò peso diventerò ovviamente più scalatore, ma immagino anche che il mio motore e le mie capacità di cronoman potrebbero diminuire a causa di questo. Al momento sono felice di come sono e sento di poter vincere una gara in molti modi diversi.

Ti sei allenato anche con la Ineos Grenadiers: pensi che questo ti abbia dato qualcosa in più? Hai lavorato per la salita?

E’ più facile allenarsi bene quando tutto è pronto per te in un training camp. Non ho concentrato più tempo sulla salita. Penso di essere un ciclista completo al momento, il che è tanto positivo quanto negativo.

Hai lavorato anche sulla cronometro?

No in realtà non l’ho fatto! Almeno non di recente. Ma ho sempre guidato la mia bici da cronometro e sono abituato a stare in posizione. Mi concentrerò maggiormente su questa specialità dopo l’Avenir, poiché il mio prossimo obiettivo sarà la prova contro il tempo al mondiale in Australia.

Una vecchia foto di Leo Hayter con la maglia della Gran Bretagna, con la quale sta correndo l’Avenir
Una vecchia foto di Leo Hayter con la maglia della Gran Bretagna, con la quale sta correndo l’Avenir
Che gara ti aspetti all’Avenir?

Non ho ancora guardato troppo da vicino le tappe di montagna, meglio affrontarle giorno per giorno qui. Per me non c’è troppo bisogno di preoccuparsi del finale o di guardare troppo avanti, quando puoi perdere la classifica generale già all’inizio, magari in uno sprint disordinato all’inizio nelle prime tappe.

E chi sono i favoriti?

Penso che siano i nomi ovvi che tutti ci aspettiamo a partire dai due ragazzi che sono saliti con me me sul podio al Giro (Lennert Van Eetvelt e Lenny Martinez, ndr). C’è poi Cian Uijtdebroeks così come i danesi e i norvegesi, che stanno già correndo a livello professionistico.

Hai fatto qualche ricognizioni per questo Avenir?

No, non ne abbiamo fatte, ma mi sarebbe piaciuto farne. Possiamo comunque sfruttare al meglio strumenti come VeloViewer, con i quali possiamo vedere i percorsi in dettaglio ogni giorno.

Vuelta a sorpresa, ma con 25 giorni di altura Conca è pronto

18.08.2022
7 min
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Quello che è successo al Giro d’Italia, ma a parti inverse. Filippo Conca, si ritrova al via della Vuelta. Il corridore della Lotto Soudal sta per affrontare il suo primo grande Giro.

Lo ha saputo così, a sorpresa, prima del via di una corsa. Talmente a sorpresa che per raggiungere la squadra in Olanda in pratica si è dovuto sciroppare un “interrail” per mezza Europa.

«Ero – racconta Conca – alla Polynormande (corsa tra Bretagna e Normandia, ndr), da lì ho preso un treno per Parigi, viaggio di 4 ore e mezzo. Poi un altro treno per Bruxelles. Da Bruxelles ancora in treno fino ad Herentals dove abbiamo la logistica della squadra e da lì con loro sono arrivato ad Utrecht».

Con le valigie e la bici al seguito, Conca (24 anni a settembre) ha raggiunto il via della Vuelta
Con le valigie e la bici al seguito, Conca (24 anni a settembre) ha raggiunto il via della Vuelta
Come mai non hai viaggiato in aereo?

Perché di questi tempi con i voli è sempre un bel problema, come si è visto. Io avevo la bici al seguito e molte volte i bagagli non stanno arrivando. All’italiano per esempio mi hanno annullato il volo. Alla fine ne ho dovuti prendere due: Milano-Roma, Roma-Bari. Sono partito alle 7 e sono arrivato in hotel alle 21,30. Niente massaggi, sgambata… e infatti nel finale di corsa il giorno dopo non ero brillante.

Filippo, questa Vuelta dunque è stata davvero una sorpresa…

Ero riserva per la gara spagnola. L’altroieri mi hanno avvertito per dirmi che sarei stato della partita. Un altro ragazzo appena uscito dal Covid non dava garanzie e così hanno chiamato me. In pratica è accaduto, a parti inverse, quel che è successo a me al Giro.

Però Filippo qualcosa è mancato in questa stagione…

Direi che in generale sono mancati questi due anni. Non tanto le corse o gli allenamenti, ma non sono mai riuscito a trovare la condizione giusta. Un mese correvo e poi per un motivo o per un altro mi fermavo. In questo modo non prendi continuità e non trovi mai la giusta forma.

Ai Baschi grande fatica. Filippo ha preso il Covid, toccando il punto più basso e duro della sua stagione
Ai Baschi grande fatica. Filippo ha preso il Covid, toccando il punto più basso e duro della stagione
E adesso come stai? 

Dopo il Covid di aprile non ho avuto più problemi. Lo sento e lo vedo dalle prestazioni in bici. La ruota sta iniziando a girare per il verso giusto. L’avevo preso ai Baschi. Sono stato fermo per nove giorni, ho ripreso ma poco dopo avevo una stanchezza tremenda. Mi sono ripreso solo a fine maggio e solo da quel momento ho iniziato ad allenarmi con intensità.

Come arrivi allora a questa Vuelta?

Ho le sensazioni migliori da due anni a questa parte.

Ma i risultati non sono ancora arrivati, speriamo possano arrivare alla Vuelta…

Vero e non è facile tra la condizione che non c’era e il fatto che debba lavorare per la squadra. Con il discorso che servono punti si lavora soprattutto per i primi dieci. Se avessi avuto più spazio, magari avrei fatto meglio.

Che poi sei scadenza di contratto, giusto?

Esatto. E non è facile. Al Tour de l’Ain nonostante mi sia messo a disposizione, non ho mollato una volta finito il mio lavoro. Sono arrivato 14° ma serve a poco. Magari una top 10 mi avrebbe aiutato un po’. 

Ben 25 giorni in altura. Il lombardo si è allenato molto bene. E sente di andare forte
Ben 25 giorni in altura. Il lombardo si è allenato molto bene. E sente di andare forte
E sarai a disposizione anche in Spagna?

In Spagna andiamo per le fughe e tutti abbiamo carta bianca. Giusto Cras (Steff Cras, belga di 26 anni, ndr) proverà a tenere per la classifica, ma senza pressione.

Te lo auguriamo! Filippo, passiamo alla preparazione. Hai detto che finalmente vedi la prestazione. Come ti sei preparato a questo tuo primo grande Giro… senza saperlo?

Tutto sommato è stata una preparazione adatta ad un grande Giro, anche perché ci speravo: questa Vuelta volevo farla a tutti i costi. Alla fine sono stato in altura a Livigno ben 25 giorni: i primi dieci con la squadra a Trepalle (quota 2.300 metri, ndr) e poi in appartamento a Livigno (1.800 metri, ndr). Non avevo mai fatto un’altura così. Ho parlato con la squadra, avrei dovuto fare delle gare, ma volevo restare lassù per fare un grande volume. Se fossi sceso prima, magari sarei andato più forte all’Ain, ma non sarei stato “giusto” per la Vuelta. Ho fatto qualità proprio con il Tour de l’Ain e la Polynormande.

Cosa hai fatto dunque in altura?

Come detto, quantità. Ho fatto dei blocchi da due e tre giorni, intervallati da un giorno di scarico: un’uscita facile con pausa bar! Ho lavorato senza tirarmi il collo, solo nell’ultima settimana ho aumentato un po’ l’intensità, ma senza ancora fare dei fuori soglia. Se avessi tirato, sarei entrato in forma subito, ma mi sarei bruciato presto, vanificando i benefici della montagna. Quindi facevo delle uscite tra le 4 ore e mezzo e le 5 ore e mezzo e un paio da sei ore, ma sempre con molto dislivello: 3.500 e anche oltre i 4.000 metri. Ho inserito la palestra, una volta a settimana, per il sistema neuromuscolare.

Per il lecchese una bella fuga alla Sanremo, ma in queste due stagioni pochi risultati
Per Conca una bella fuga alla Sanremo, ma in queste due stagioni pochi risultati
Palestra: pesi o corpo libero?

Pesi, ma senza esagerare, anche perché io tendo a mettere su muscolo e non voglio appesantirmi. Sono a 75 chili che per la mia statura (190 centimetri) vanno bene. Magari potrei essere un filo più magro per andare più forte in salita, ma poi perderei forza. Per quel che mi riguarda, meglio cercare di aumentare i watt che dimagrire.

Prima hai parlato d’intensità, ma facevi anche dei lavori?

La forza l’ho sempre curata in bici. Facevo delle SFR di 2′-3′ ma con i watt alla soglia. Poi lavori al medio in salita con i 2′ finali a soglia. 

Hai lavorato anche con la bici da crono? Visto che ci sarà persino una cronosquadre. A proposito, ne hai mai fatte?

Da pro’ no, ma da under 23 sì, all’Avenir del 2019. Giusto l’altro ieri abbiamo fatto delle prove con il team nell’autodromo di Zolder. Non tanto perché puntiamo sulla crono, ma per cercare di non combinare guai e prendere rischi inutili. E poi ci sono team che sui materiali sono più avanti di noi.

Cioè?

Su strada siamo messi molto bene con ruote, bici e il resto. Siamo molto competitivi. A crono invece siamo un po’ indietro e stiamo aspettando la nuova bici per il prossimo anno.

E in altura ti sei allenato a crono?

Poco, anche perché come detto neanche conviene investirci troppo. Anche se sei al 100%, sei in svantaggio con i materiali. 

E ci lavorerai?

Mi piacerebbe farlo. Magari fra due-tre anni succederà che sono lì a giocarmi una breve corsa a tappe e dovrò fare la crono a tutta. Se non ci lavori dal puntare ad una top 5 ti ritrovi fuori dalla top 10.

Al Tour de l’Ain è tornato il sorriso sul volto di Conca. E ora sotto con la Vuelta
Al Tour de l’Ain è tornato il sorriso sul volto di Conca. E ora sotto con la Vuelta
Alla luce di quanto ci siamo detti, qual è la tappa ideale di Filippo Conca?

Una tappa non semplice, ma neanche durissima. Mi piacerebbe ci fossero salite lunghe, anche lunghissime, ma pedalabili. Per me non c’è una tipologia di corsa preferita. Su una salita secca ci sono 30 corridori più forti di me, quindi devo anticipare, devo puntare sulle fughe. Io poi ho notato che a inizio gara ci sono tanti corridori più forti di me, mentre nei finali vado meglio. Il divario diminuisce

Ti appresti ad affrontare il tuo primo grande Giro: cosa ti aspetti dunque?

Considerando quanto appena detto spero che possa emergere questo aspetto e fare bene man mano che si va avanti. Sono curioso di vedere come reagirà il mio fisico nella terza settimana. Sin qui la corsa a tappe più lunga che ho fatto è stata di 10 giorni: due volte il Giro da dilettante e due volte sono arrivato quinto nella generale. Sul piano delle prestazioni spero di andare forte perché sento di stare bene, so che con la preparazione fatta posso crescere e fare qualcosa di bello.

Hai già visto qualche tappa?

Non sapendo di andare in Spagna, no. Gli ultimi giorni sono stati super intensi, ma da stasera mi metterò a studiare quale può essere quella più adatta a me. Di certo non le prime tappe in Olanda. Lì i velocisti avendo poche possibilità non vorranno lasciarsi scappare le occasioni di volata.

Vendrame sul Pordoi, svela i perché del Tour sfumato

23.07.2022
4 min
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Andrea Vendrame sta ricaricando le pile sul Passo Pordoi. Il veneto sta ultimando il suo ritiro in quota. Ma questa fase intermedia tra Giro d’Italia e un possibile Tour de France è stata un po’ convulsa: Grande Boucle sì, Grande Boucle no.

Andrea ci aveva detto della sua volontà di disputare la corsa francese sin dalla primavera. Poi (quasi) all’ultimo è stato dirottato dalla Ag2R-Citroen al Giro. Ha cercato una tappa in più occasioni, arrivando a sfiorare la vittoria in Friuli. Quel giorno fu autore di una strenua tenuta verso la cima del Santuario di Castelmonte, prima della volata maledetta con Schmid e Bouwman. Finì quinto, ma volle riprovarci lo stesso il giorno dopo. Guarda caso ancora sulle Dolomiti, ancora sul Pordoi.

Andrea Vendrame all’ultima curva nella tappa di Castelmonte al Giro
Andrea Vendrame all’ultima curva nella tappa di Castelmonte al Giro
Andrea, come è andata, come mai non sei più andato al Tour?

Ero rimasto in contatto con il team per andare in Francia. Poi sono stato male prima del campionato italiano, che infatti ho saltato. Inoltre ero anche caduto in allenamento.

Cosa hai avuto?

Tosse, una tosse fortissima, ma non era Covid. Tossivo talmente tanto e forte che dormivo sul divano per non disturbare! In queste condizioni non me la sentivo di andare in Francia. Ho avuto un confronto con i medici del team, ai quali avevo comunicato che non ero al meglio. E se poi una volta in Danimarca fossi risultato positivo? Avrei creato più problemi che altro.

Ma dopo il Giro ti sei allenato per andare al Tour?

Diciamo che mi sono allenato per arrivare discretamente al Tour d’Occitaine, ma ero in fase calante. Senza troppo impegno proprio in previsione del Tour.

Nella penultima frazione del Giro, Vendrame ancora in fuga (nel giorno di Covi). E ancora sul Pordoi
Nella penultima frazione del Giro, Vendrame ancora in fuga (nel giorno di Covi). E ancora sul Pordoi
Senza questo problema saresti andato al Tour secondo te?

Guardate, la squadra aveva detto che avrebbe portato quattro francesi e quattro stranieri. Tra gli stranieri me la sarei giocata con Dewulf. O’Connor ci sarebbe stato perché avrebbe puntato alla classifica: Naesen sarebbe stato il suo gregario per il pavè e la pianura. Jungels veniva da un ottimo Giro di Svizzera. E Greg (Van Avermaet) non stava benissimo. Insomma ero in lista e me la sarei giocata.

E dopo che sei stato male hai cambiato i programmi?

A quel punto, sapendo che non sarei più partito, ho rivisto i piani. Ho fatto tre giorni di stop completi, proprio per recuperare bene dalla bronchite. Ho ripreso a pedalare a casa prima di venire in altura quassù sul Pordoi. Alla fine farò un ritiro di 17 giorni.

Che giri fai lassù?

Le Dolomiti le conosco bene. Diciamo che sono le montagne di casa. Vengo quassù sin da quando ero un allievo, con i primi mini-ritiri che facevamo con la squadra. E la stessa cosa da junior. Insomma ci sono sempre stato.

Il veneto pronto ad uno dei suoi giri sulle Dolomiti dal Giau al Pordoi, dal Campolongo al Sella ha scalato tutti i passi più noti
Il veneto pronto ad uno dei suoi giri sulle Dolomiti dal Giau al Pordoi, dal Campolongo al Sella ha scalato tutti i passi più noti
E hai anche una salita preferita?

Sembrerà un po’ “brutto” visto quanto accaduto (il riferimento è alla tragedia del seracco, ndr), ma dico la Marmolada, il Fedaia, da Canazei. Hai questa visuale particolare sul ghiacciaio e la montagna davvero suggestivi.

Quale sarà adesso il tuo programma? A Budapest ci parlasti anche di una sorta di “piano B” che prevedeva anche la Vuelta…

Farò il Giro di Polonia e poi la Vuelta. Dopo il Polonia tornerò a casa per 8-9 giorni, prima di andare in Olanda per visite, presentazione, foto e tutte le operazioni preliminari di un grande Giro.

Hai dato un’occhiata al percorso?

Sì dai, un’occhiata veloce l’ho data, ma non mi sono soffermato su una tappa in particolare. Piuttosto punto più sulla seconda e sulla terza settimana. Ci proverò quando anche gli altri iniziano a sentire la stanchezza. Mentre storicamente io ne esco bene e avverto meno la fatica col passare dei giorni.

Altura e U23 c’è chi dice sì: Delio Gallina “fissa” sul Maniva

19.07.2022
4 min
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Parlando con Piganzoli e anche con Martinez è emerso che non si allenano ancora in altura per tenersi dei margini, perché troppo giovani… Ma non è questa la “regola” che vince in questo momento del ciclismo. In altura ci vanno anche i giovani. La pensa così Cesare Turchetti direttore sportivo e dirigente della Delio Gallina Ecotek Lucchini Colosio.

Il tecnico bresciano già al Giro d’Italia U23 ci aveva detto che portava molto spesso in ritiro i suoi atleti, anche in quota. E allora cerchiamo di analizzare questo secondo punto di vista sull’altura proprio con lui.

Dopo il Giro d’Italia U23 Walter Calzoni è tornato alla vittoria alla Freccia dei Vini
Dopo il Giro d’Italia U23 Walter Calzoni è tornato alla vittoria alla Freccia dei Vini

Questione di recupero

Per Turchetti molto incide anche il momento della stagione in cui si va in quota. E in riferimento all’estate e alle temperature torride che stiamo vivendo, la sua teoria è decisamente netta.

«Qui da me – dice il direttore sportivo – in pianura ci sono 38 gradi all’ombra, credo che stare in montagna sia un beneficio, già solo per riposare bene di sera. Un beneficio che in questo momento di grande caldo si sente ancora di più. 

«Metto l’altura al pari di una buona integrazione. In passato parlai a Calpe, nel corso dei ritiri invernali, con Paolo Slongo e lui stesso mi disse che si va in quota per due motivi: recuperare o preparare un appuntamento.

«E se devi andare per recuperare, puoi fare anche 5-6 giorni senza bici. Puoi andare a fare qualche passeggiata con la fidanzata. E poi piano, piano riparti». Per dire che non sempre si spinge a tutta.

Allenandosi a bassa quota, in pianura possono spingere forte
Allenandosi a bassa quota, in pianura possono spingere forte

E sui margini?

Turchetti invece appare meno convinto sul discorso dei margini. Come ci dicevano Piganzoli e Basso è bene tenersi qualche step di miglioramento per quando si passerà pro’.

«Perché – continua Turchetti – non dovrei portare i miei ragazzi in quota? Oggi ci vanno anche gli juniores. Proprio qualche giorno fa ho visto i ragazzini di Di Fresco della Casano Matec. Oppure la camera ipobarica o le tende ipossiche oltreconfine, dove si può, ormai la fanno anche i più giovani. Sarà o no, meglio il mio metodo che è del tutto naturale? Ognuno la pensa come crede».

«Personalmente non sono d’accordo sul non andare per conservare dei margini, allora non dovrei neanche curare l’alimentazione. Io credo che l’altura faccia bene. E lo vedo anche dai risultati di Calzoni, Granados e Tsarenko che è andato forte anche in pista».

La risalita verso l’hotel (tra l’altro della famiglia Lucchini che è sponsor) dura oltre un’ora
La risalita verso l’hotel (tra l’altro della famiglia Lucchini che è sponsor) dura oltre un’ora

Nessun lavoro

Molto dipende chiaramente anche da come viene affrontata l’altura, come si lavora. I corridori della Delio Gallina Ecotek Lucchini Colosio sul Passo Maniva dormono a circa 1.700 metri di quota, ma si allenano a bassa quota.

«E poi risalgono in bici. Fanno un’ora e un quarto, un’ora e venti di salita. E anche per questo quando sono in ritiro in quota non gli faccio mai fare dei lavori troppo duri. Altri invece ne fanno. Ma che lavori vuoi aggiungere quando per un’ora e passa sei lì a spingere il 39×25-27? Già ne fai abbastanza di forza. Aumenti da solo la resistenza».

Turchetti è un sostenitore degli allenamenti di squadra e del ritiro
Turchetti è un sostenitore degli allenamenti di squadra e del ritiro

Ritiro permanente?

Turchetti per i suoi ragazzi utilizza da oltre venti anni l’altura, ma forse sarebbe meglio dire il ritiro. I suoi ragazzi quasi ci vivono! A rotazione i corridori della Delio Gallina-Lucchini salgono sul Maniva.

«Quest’anno – spiega Turchetti – abbiamo iniziato l’8 maggio, ma in passato anche qualche giorno prima. Cerco di portarli su tutti, tranne quelli che vanno ancora a scuola ovviamente. Di solito sono scaglioni di 5-6 atleti. In pratica d’estate è la nostra base. Si fa avanti e indietro con le gare.

«Andiamo presto in ritiro perché a me piace farli. Anche d’inverno li inizio presto, i primi di dicembre. Porto i ragazzi a Follonica (che è sul mare, ndr) per fare le uscite lunghe e lente, che servono per la base e perché magari sono due mesi che non toccano la bici». 

Come spiegava Paolo Alberati qualche giorno fa, allenandosi in basso si hanno i vantaggi del non doversi adattare all’arrivo e neanche al ritorno. 

«E infatti in passato quando li portavo a Trepalle che sono quasi 2.300 metri e anche per gli allenamenti si resta sempre in alto, nei primi giorni li lasciavo tranquilli. Per farli adattare, facevano avanti e indietro nella famose gallerie di Livigno che sono in pianura».

E Nibali? A Livigno lavora spianato in direzione della Vuelta

18.07.2022
4 min
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Non solo Tour de France. Sono molti i grandi campioni che si stanno preparando per affrontare al meglio la seconda parte di stagione. Tra questi spicca senza dubbio Vincenzo Nibali. Lo Squalo si trova in altura a Livigno.

Il lavoro da fare è tanto e il corridore dell’Astana Qazaqstan vuol chiudere in bellezza questo scorcio di carriera. E da quel che si vede dai social sembra affrontare con grande voglia questo (presumibile) ultimo stage in quota.

Nibali, al campionato italiano in Puglia, intervistato dallo speaker Ivan Cecchini
Nibali, al campionato italiano in Puglia, intervistato dallo speaker Ivan Cecchini

Santo Giro

Nibali ha avuto una primavera molto difficile. Anche per lui il Covid si è fatto sentire. La condizione stentava ad arrivare e per un momento il Giro d’Italia è quasi stato a rischio. Poi per fortuna non solo Vincenzo è volato a Budapest, ma ha anche disputato un’ottima corsa rosa tanto da essere quarto a Verona.

Aver corso il Giro è stato fondamentale per quel che riguarda la sua preparazione. Il lavoro fatto in quelle tre settimane gli è servito per rimettersi in linea con la tabella di marcia e iniziare l’estate con una condizione più che buona.

Adesso sì che la base è quella giusta per allenarsi potendo pensare ai risultati.

«In quel periodo prima del Giro – dice il suo coach, Maurizio Mazzoleni – abbiamo valutato molto attentamente con Martinelli il suo rientro post Covid. Ancora non si sapeva bene come avrebbe reagito il fisico. 

«E’ stato centrale il ritiro fatto sul Teide. Lassù abbiamo lavorato bene. Da lì Vincenzo è andato al Giro di Sicilia, che non era previsto, proprio per cercare di fare bene nelle Ardenne e al Giro stesso. E la cosa bella è che è andato in crescendo. Dal penultimo sabato di Torino a quello della Marmolada ha fatto delle prestazioni importanti.

«E infatti – continua Mazzoleni – al campionato italiano, nonostante lo stacco per il recupero post Giro non è andato male».

Nibali in azione sulla Marmolada. Nella settimana finale del Giro ha espresso ottime prestazioni… che danno fiducia
Nibali in azione sulla Marmolada. Nella settimana finale del Giro ha espresso ottime prestazioni… che danno fiducia

Dal Teide a Livigno

Da altura ad altura, dunque. Dalla primavera all’estate. Ancora una volta la quota potrebbe essere il momento chiave per dare una svolta alla stagione.

«Dopo il campionato italiano – spiega il preparatore lombardo – Nibali ha iniziato subito a lavorare per portare la condizione in crescita in vista del ritiro di Livigno, così da poter affrontare la quota subito in un certo modo, per la Vuelta… E per il Giro di Lombardia. La Vuelta è stata inserita soprattutto pensando al Lombardia».

E quando dovrebbe tornare in gara? Nibali, che ha recentemente aperto il suo canale “Squalo Tv”, vuol comunicare da quella fonte il suo calendario ufficiale.

Tuttavia dando una sbirciata alle starting list provvisorie delle gare, si può affermare con una certa sicurezza che lo Squalo ripartirà dalla Spagna.

Un giovane Vincenzo “a tutta” nella Vuelta 2010, il primo grande Giro messo nel sacco
Un giovane Vincenzo “a tutta” nella Vuelta 2010, il primo grande Giro messo nel sacco

A tutta Spagna?

L’opzione Giro di Polonia (30 luglio-5 agosto) sembra essere scartata dunque. Ma visto il caldo che imperversa su quella parte di Europa, le cose potrebbero anche cambiare all’ultimo minuto. Non tanto per preservare Nibali, che alla soglia dei 38 anni sa bene come gestirsi, ma per eventuali tagli o annullamenti delle corse in virtù del protocollo sugli eventi climatici estremi a tutela dei corridori.

E in tal senso un caso c’è stato nel Sud della Francia qualche settimana fa. La seconda tappa della Route dell’Occitanie è stata ridotta ad appena 33,6 chilometri.

Al termine del Tour infatti torna prepotente il calendario iberico. Si inizia con la Prueba Villafranca – Ordiziako Klasika (25 luglio), per proseguire poi con il Giro di Castiglia e León (27-28 luglio) e La Vuelta Burgos (2-6 agosto), per arrivare quindi alla Vuelta (19 agosto-11 settembre). Tra queste la più accreditata per il rientro dello Squalo sembra essere la Vuelta Burgos.

Ma come ci si va a questa Vuelta? La corsa spagnola è stata il suo primo grande Giro messo nel sacco. Era il 2010, da allora ne è passata di acqua sotto i ponti.

«E chiudere lì – spiega Mazzoleni – crediamo abbia anche un certo valore simbolico, crediamo sia un bel modo di concludere con i grandi Giri».

Ma conoscendo Nibali non sarà una passerella. 

«Per la classifica ci sarà Miguel Angel Lopez – spiega Mazzoleni – e Nibali potrà essere al suo supporto. Al supporto, ma senza dimenticare che lui e gli altri ragazzi avranno la libertà di puntare a qualche tappa. E questo sarebbe molto importante per noi, ma anche per i ragazzi stessi».

Il motore di Fiorelli ai raggi x: velocista o cacciatore?

15.07.2022
7 min
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Partiamo da una frase di Giovanni Visconti: «Filippo Fiorelli non è un velocista puro, deve puntare a corse più mosse e ad andare in fuga». Qualche giorno dopo il bravo corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vinto una corsa… in volata.

Vogliamo capire di più. Vogliamo capire quanto realmente Fiorelli sia uno sprinter, quanto sia grande il suo motore e come sta lavorando. E a dircelo è Paolo Alberati, il suo preparatore, non solo il suo manager.

Paolo Alberati con Filippo Fiorelli (classe 1994)
Paolo Alberati con Filippo Fiorelli (classe 1994)
Paolo, un tema che ti è caro: Filippo Fiorelli. Che corridore è?

Spesso mi prendono in giro perché l’ho sempre presentato come un corridore “alla Bettini” e non come un velocista. Ma come – mi dicevano – tu alleni uno scalatore e poi questo ragazzo vince le volate? E così, piano piano ho dovuto cambiare il tiro.

Quanto è grande il suo “motore”?

Il motore di Filippo è un bel motore, soprattutto è molto resistente. Lui dopo tante ore non cala. A volte ci siamo chiesti con Marcello Massini, che è il suo (e il mio) mentore, se il misuratore non fosse starato! Perché escono valori molto alti. 

Beh, che sia forte si vede…

Se si va ad osservare gli istogrammi che emergono da Trainingpeaks ci sono valori molto buoni, sia personali che rapportati ad altri corridori del WorldTour. Valori ottimi nei 5′, nei 6′, nei 10′ massimali… E diresti che come caratteristiche è appunto un Bettini. In più è molto forte sul picco dei 5”. Filippo tocca i 20-21 watt/chilo. I velocisti del Giro e del Tour, tanto per dare un parametro di riferimento, vincono gli sprint con 22-23 watt/chilo. Filippo ha un picco intorno ai 1.400 watt.

Fiorelli è un ottimo sprinter perché ha uno spunto veloce ed è abile nella guida, ma le sue caratteristiche naturali non sono da velocista
Fiorelli è un ottimo sprinter perché ha uno spunto veloce ed è abile nella guida, ma le sue caratteristiche naturali non sono da velocista
Una potenza massima molto buona, ma forse insufficiente per vincere una volata di gruppo?

Le volate di gruppo che ha vinto non sono state contro un Groenewegen, ma a capo di corse piuttosto lunghe. Filippo che siano tre, cinque o sette ore le ha vinte perché non serviva un super spunto di velocità. Perché, come detto, cala di meno. Bisogna capire come arriva alle volate.

Cioè?

Io osservo i suoi grafici. In un arrivo di gruppo di solito fa tre volate. Una ai -4 per portarsi nelle prime 20 posizioni. Una agli 800 metri per trovare la ruota giusta. E una, la volata finale, che il più delle volte fa a ruota. Perché sin qui di volate di “faccia” ancora non ne ha fatte, almeno a certi livelli. E quindi qual è il mio parere? 

Vai, spara!

Se Filippo pesasse come pesava da dilettante, vale a dire 66 chili, sarebbe un atleta che sugli strappi somiglierebbe davvero ad un Bettini e in volate da venti corridori vincerebbe facile. Chi lo batte con quello spunto? I venti atleti che restano davanti su uno strappo di 1,5 chilometri al 15% non sono i velocisti puri. Potresti avere forse un Sagan in condizione.

Filippo Fiorelli fa il ritiro sull’Etna, ma si allena il più delle volte in basso
Filippo Fiorelli fa il ritiro sull’Etna, ma si allena il più delle volte in basso
E allora perché non ci si è concentrati su questo aspetto? Perché è sembrato più uno sprinter che uno scattista da classiche?

Il problema è che da quando è passato professionista non ha mai avuto quel peso. E’ sempre stato sui 68,5-69 chili. Anzi, in un Giro è partito a 67,5 e lo ha finito ad oltre 70.

Un peso maggiore, non tanto nel caso del Giro che hai riportato, ma in generale è dovuto ad una questione di alimentazione o anche di preparazione? Per esempio più palestra, più muscoli…

E’ questione di alimentazione. E’ ragionevole pensare che da pro’ non possa correre e vincere corse dure come quando era dilettante.

Perché no?

Perché il suo peso forma è di 66,5 chili. Non renderebbe al di sotto… tra i pro’. Il problema, come detto, è che non ci ha mai corso con quel peso. Se ne rende conto. Lo sa. Quest’anno ha iniziato a lavorare con Iader Fabbri, il nutrizionista, ed in effetti si è visto più pimpante, anche in tappe più dure. Io credo che il vero motore di Filippo si possa vedere quando è a 66 chili.

E’ un peccato che non ci sia arrivato…

E’ un peccato. Non voglio neanche passare per il preparatore fissato col peso, ma ormai si lavora sui “millimetri” e tutto ciò conta. Faccio un esempio: avere nei 6′ di sforzo 6,7 watt/chilo o averne 6,95 (che sarebbe la differenza fra il suo peso attuale e il suo peso forma) cambia molto. Significa non arrivare in volata con 20 corridori, ma arrivarci con 60. E in quei 60 ci sono due velocisti che ti battono. 

I margini ci sono?

Sì, Fiorelli a 67,5 chili è all’8,5% di massa grassa e quindi può limare tranquillamente. Può arrivare al 7% e ci sta che poi non fai più le volate di gruppo. Ma quando in una stagione ha vinto tre corse, o tre sprint ristretti credo che abbia fatto il suo. Meglio che aver fatto dieci volte settimo in volate di gruppo. In più se si resta in venti e vince quelle corse si presuppone che batta corridori forti. Sia chiaro non lo sto rimproverando. Con Filippo viaggiamo sulla stessa linea d’onda. Stiamo capendo insieme come riuscire a risolvere questo problema.

Dalla Valle Sibiu 2022
Al Sibiu Cycling Tour Fiorelli ha vinto. La volata di gruppo, aprendo di nuovo i “dubbi” sulle sue caratteristiche (foto Max Schuz)
Dalla Valle Sibiu 2022
Al Sibiu Cycling Tour Fiorelli ha vinto. La volata di gruppo, aprendo di nuovo i “dubbi” sulle sue caratteristiche (foto Max Schuz)
Hai detto che è consapevole: questo è importante…

Lui ci ha anche provato prima del Giro del 2020 a perdere peso. In 14 giorni ha buttato giù cinque chili. Il problema è che poi aveva i crampi. Un calo di peso così rapido non va bene. Significa non mangiare e se non mangi non ti puoi allenare bene. Stavolta l’abbiamo presa più alla lunga.

E adesso?

Dopo il Sibiu ha staccato. Una settimana di fermo totale e una tranquilla. Poi andrà sull’Etna. Però ci arriva con un paio di chili in meno dello scorso rispetto allo stesso periodo. Partiamo meglio. Riprenderà a correre al Tour du Limousin a metà agosto. 

Hai parlato dell’Etna, Paolo: ma l’altura serve ad un velocista? O meglio, a questo tipo di corridore? Tanto più che lui risale in quota in bici…

Prima del Giro abbiamo cambiato la sua altura. Di questo ne ho ragionato anche con il cittì Bennati, che conosco benissimo visto che per dieci anni ci siamo allenati insieme. E tra le cose che abbiamo cambiato c’è stata proprio quella di non scendere e risalire in bici. Non gli serve. Filippo lo fa in macchina. Lavoriamo nella piana di Catania, anche dietro moto, facendo delle volate fuori scia o semplicemente tenendo la ruota quando la strada sale, volate che terminano su uno strappo. Simuliamo le condizioni che trova un velocista quando esce di ruota e incontra il muro d’aria. Usiamo la salita per rientrare solo quando deve fare delle sedute di forza, le SFR. E anche queste sono cambiate. Non sono più da 4′, ma molto più lunghe. Quindi non è più un’altura da scalatore.

Fiorelli sulla strada dell’Etna che porta ai 3.000 metri che fa con la mtb elettrica (immagine da video)
Fiorelli sulla strada dell’Etna che porta ai 3.000 metri che fa con la mtb elettrica (immagine da video)
Insomma bisogna tirare fuori lo scattista veloce?

Esatto, non voglio trasformarlo in scalatore! Fiorelli fa l’altura perché dormire a 2.000 metri ha i suoi vantaggi, tanto più sull’Etna che senza vegetazione è come stare a 2.400-2.500 metri sulle Dolomiti. La saturazione è leggermente più bassa. In più c’è il vantaggio che con una bici elettrica può salire fino a quota 3.000 metri. E quello è il vero beneficio. 

Perché con una bici elettrica?

Perché lo puoi fare senza eccessiva fatica. E poi serve la mtb perché è sterrato. Riesci a fare il giusto lavoro di ossigenazione. Serve infatti un’intensità bassa (sui 130-140 battiti), altrimenti a quelle quote intossichi solo il muscolo. Non a caso Filippo esegue queste sedute nei giorni di scarico oppure dopo le sedute di forza in pianura. Risale in macchina e completa l’allenamento con questa pedalata al altissima quota. E poi c’è un altro vantaggio dell’Etna, ma anche del Teide.

Quale?

Che puoi beneficiare della quota, ma ti puoi allenare in basso, a 300 metri di altezza. Quindi non hai problemi di adattamento prima e dopo: nei primi giorni di corsa sei subito competitivo. Senza contare che non passi da 15° a 35°.

La forza del Wolfpack, insieme anche a Livigno. Vero Vasilis?

10.07.2022
4 min
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La forza di una squadra sta nella squadra stessa. Può sembrare una frase fatta, ma questo è. Questo è quel che sta dimostrando la Quick Step-Alphavinyl in questi giorni a Livigno. E se il Wolfpack c’è ed è qualcosa di concreto, un motivo c’è.

Il super team belga è in ritiro in quota a Livigno. Nulla di speciale, se non fosse che non ci sono tre o quattro ragazzi, ma quasi una squadra “intera”. Sono in diciassette! Ritiri di tale entità di solito si vedono solo ad inizio stagione. 

Vasilis Anastopoulos, al centro con alcuni dei suoi ragazzi in questi giorni a Livigno
Vasilis Anastopoulos, al centro con i suoi ragazzi in questi giorni a Livigno

Anastopoulos per tutti!

Li dirige uno dei preparatori della Quick Step-Alpha Vinyl, Vasilis Anastopoulos. Il preparatore greco ci “apre le porte” del training camp e ci spiega più o meno come lavorano, con così tanti rider. Organizzare le uscite nel pieno della stagione, quando stati di forma ed obiettivi sono diversi da corridore a corridore, non deve essere semplice.

«Inizialmente – dice Vasilis – era previsto che in ritiro ci fossero due allenatori e un direttore sportivo, ma a causa dei casi Covid che la squadra ha avuto al Tour, Davide Bramati è dovuto andare in Francia. Presto arriverà a darmi una mano Koen Pelgrim, il capo allenatore della squadra. Arriverà per la seconda settimana.

«Così sono rimasto solo con 17 corridori, ma sono tutti professionisti! E tutti seguono il piano di allenamento quotidiano».

Un piano che è davvero ben cadenzato. Tutto avviene con un ordine quasi militare, si potrebbe dire. Ma è giusto così, altrimenti non sarebbe facile lavorare come squadra.

«Una nostra giornata tipo si presenta così: alle 8 colazione. Alle 9,20 esercizi di attivazione di base. Dieci minuti dopo partiamo per l’allenamento, che solitamente termina verso le 15. Alle 15,30 andiamo a pranzo. Un po’ di relax e alle 17 ci sono i massaggi. Alle 19,30 si cena e poi verso le 22 tutti in stanza per andare a letto».

Le gallerie di Livigno. La sicurezza è garantita non solo dall’ammiraglia, ma anche dai supporti di Garmin (foto Instagram)
Le gallerie di Livigno. La sicurezza è garantita anche dai supporti di Garmin (foto Instagram)

Preparatori interni

Si diceva del lavoro di squadra. Molto è legato anche al fatto che i corridori hanno dei preparatori interni. Non succede che l’atleta arriva con la sua tabella e poi si rivede con i compagni a sera.

Tante volte ci si lamenta delle differenze fra WorldTour e professional, ma spesso non si tratta solo di questioni economiche o di budget. Le squadre, tutte, siano esse WorldTour o professional, i coach li hanno e li mettono a disposizione. Sono i corridori che preferiscono altre strade.

Non solo. Tante volte i preparatori esterni vedono l’atleta a inizio anno e poi, tra gare, trasferte, impegni, periodi di stacco, non li vedono più. Lavorare solo sui file a certi livelli non basta. Per chi ha i preparatori interni questa problematica non sussiste.

Quali sono dunque i vantaggi di avere tutti i preparatori interni al team in un training camp? «Nella squadra ci sono quattro allenatori – spiega Anastopoulos – e i corridori sono divisi tra noi. Non permettiamo ai corridori di lavorare con preparatori esterni, quindi abbiamo il controllo di ciò che i corridori stanno facendo anche quando sono a casa.

«Prima dei ritiri ci incontriamo e disegniamo un piano per i corridori, pertanto siamo tutti sulla stessa linea. In questo modo noi, i preparatori, rimaniamo sempre connessi e sappiamo esattamente che tipo di allenamento deve fare ogni ciclista».

Ballerini su un tratto in ciottoli presso Andermatt. Il pavè per il Wolfpack non manca mai, neanche in quota!
Ballerini su un tratto in ciottoli presso Andermatt. Il pavè per il Wolfpack non manca mai, neanche in quota!

Crono, forza e pavè

Certo però che lavorare con 17 ragazzi tutti insieme non è facile. Ci sono atleti dalle diverse caratteristiche e con obiettivi agonistici differenti, per tipologia e distanza temporale da questa o quella gara.

«Tutti insieme hanno pedalato nei primi tre giorni (quelli dell’adattamento all’altura, ndr). Poi in alcuni giorni, i ragazzi vengono divisi in due o anche tre gruppi – dice Anastopoulos – poiché fanno diversi tipi di allenamento. Sedute per scalatori, per sprinter, per cacciatori di classiche».

Ciascuno lavora su qualità e obiettivi specifici. Davide Ballerini, per esempio, quando ha visto un pezzo di ciottolato in uno dei giri che passava anche per Andermatt, ne ha approfittato per “ripassare” un po’ di pavè nel centro storico di questa località in Svizzera!

«Nella prima settimana – conclude il tecnico greco del Wolfpack – il focus principale è stato sull’adattamento alla quota, sull’aumento del volume e sulla forza, principalmente SFR. Nella seconda settimana, invece, aumenteremo l’intensità, gli allenamenti di interval training e aggiungeremo anche un po’ di lavoro sulla crono a squadre».

E De Marchi cosa fa? E’ pronto a ripartire con cuore e testa

09.07.2022
5 min
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E mentre il gruppo è impegnato al Tour de France, c’è chi sta ricaricando le batterie, tra casa e famiglia. E’ Alessandro De Marchi. Il “Rosso di Buja” ha avuto una prima parte di stagione alquanto complicata.

Ciononostante ha portato a termine il Giro d’Italia e in qualche occasione il corridore della Israel-Premier Tech è anche stato protagonista.

Col Friuli nel cuore. Al Giro Alessandro (classe 1986) si è goduto l’abbraccio della sua terra (foto Instagram – Cauldphoto)
Col Friuli nel cuore. Al Giro Alessandro (classe 1986) si è goduto l’abbraccio della sua terra (foto Instagram – Cauldphoto)
Alessandro, abbiamo visto anche dai social che ti sei dedicato alla famiglia in questi giorni. E adesso?

Adesso è ora di riprendere. Andrò in altura per preparare quello che sarà il resto stagione. L’idea è quella di correre la Vuelta. Per questo dovrei fare un bel periodo in quota, due settimane piene. Poi rifinire la condizione passando per il Giro di Polonia. E da lì andare direttamente in Spagna.

Su carta, sembra un buon programma…

Sì, è abbastanza buono soprattutto dopo aver fatto il Giro. Almeno lì sono riuscito ad accumulare un bel po’ di chilometri e tutto sommato sono a buon punto.

Come dicevamo, non hai avuto una prima parte di stagione facile…

Dopo una primavera così balorda, era importante andare al Giro più che altro per mettere fieno cascina, fare volume di chilometri in gara e magari provare anche a fare qualcosa. Quest’ultimo aspetto non è stato possibile realizzarlo, ma oggettivamente era abbastanza difficile migliorare tanto da riuscire fare qualcosa. Però non è stata per nulla un’esperienza distruttiva, nonostante arrivassi al Giro con dieci corse in quattro mesi.

Quindi il Giro è stato un punto di ripartenza?

Mentalmente serviva ed è servito. Comunque era importante recuperare anche di testa. E per riuscirci sono stati utili anche questi giorni di riposo. Utili anche per la fase dell’altura che sta per iniziare.

Alessandro in fuga nel corso della decima tappa del Giro, quella che ha segnato una piccola svolta nella sua stagione
Alessandro in fuga nel corso della decima tappa del Giro, quella che ha segnato una piccola svolta nella sua stagione
Primavera balorda, ma c’è stato anche qualcosina che ti rimproveri?

Tra Covid, la prima altura subito dopo, l’ammalarmi ancora… tutto è stato fatto sin troppo di corsa, ma è facile dirlo adesso. Sul momento, quando abbiamo preso certe decisioni, ci sembrava giusto così. Sin qui diciamo che sono al 70 per cento. Adesso voglio colmare questa lacuna per arrivare al top e sfruttare le occasioni. E con la Vuelta in programma le opportunità ci sono.

Che poi non sarebbe la prima volta che “sistemi” la stagione alla Vuelta…

No, vero. Come mio solito non sono super all’inizio dell’anno e colgo i miei migliori risultati in questa fase. Fisiologicamente forse sono più portato a venir fuori da adesso in poi. Come detto, adesso l’importante è lavorare per ritornare al top.

Alessandro, c’è una cosa che ci ha colpito e risale al Giro. Un giorno sulle tue pagine social hai scritto: «Oggi ho fatto pace con me stesso»: cosa intendevi?

Quella cosa l’ho scritta dopo la tappa, l’unica, in cui sono stato fuga al Giro. Era la decima frazione credo, in ogni caso quella che passava per Filottrano. L’ho scritta perché era tanto che non mi ritrovavo davanti a fare la gara. E quando hai certe aspettative e certi riferimenti col tuo passato, con la testa “batti sempre lì”. E’ frustrante vedere che non vai, che non rendi come sai fare. Quel giorno anche se non ho vinto mi sono detto: “Se ho una buona giornata riesco ancora ad essere lì. Riesco ancora ad esprimermi”. Purtroppo visti anche i momenti che stiamo vivendo, si fa fatica ad essere perfetti. E’ difficile, ma ci sono anche questi passaggi da superare.

E al futuro De Marchi ci pensa?

Onestamente ho messo tutto in pausa. Mi sto concentrando ad essere al massimo fisicamente per questo finale di stagione e non solo. Ho lasciato da parte i pensieri di post carriera e voglio ritornare ad essere me stesso. Ho troppa voglia di avere ancora le vecchie sensazioni e fare una stagione completa senza fastidi, guai e noie varie. Il futuro adesso è trovare buone sensazioni. E in più devo trovare una squadra o rinnovare il mio contratto. Al “Dema” ritirato c’è ancora tempo per pensare!

De Marchi ha preso parte sia all’italiano su strada che quello a crono (in foto) nel suo Friuli
De Marchi ha preso parte sia all’italiano su strada che quello a crono (in foto) nel suo Friuli
E allora torniamo al presente. Dove andrai a fare l’altura?

Andrò a Livigno. In questo modo riesco ad avere con me anche la famiglia. Vado lì perché così non li porto in cima al niente e anche loro possono divertirsi.

Cosa prevede la tua tabella di allenamento?

Proprio in questi giorni devo fare il punto con Andrea Fusaz (il suo coach, ndr). Devo fare un test per capire dov’è la condizione da cui ripartire. Di certo i primi 4-5 giorni in quota mi serviranno per riprendere il filo con tutto.

Quanto sei stato fermo in tutto? 

Dopo il Giro ho dovuto tirare avanti. La squadra aveva bisogno di fare corse e quindi di uomini. Così ho preso parte al GP Gippingen e al Giro del Belgio, corse che cadevano nel mezzo tra il Giro e il campionato italiano. Per questo ad Alberobello non ero un granché e me ne dispiace. A maggior ragione mi è servita una settimana molto easy.

E cosa hai fatto in questa “settimana easy”? Stacco totale?

Sono uscito due volte, una delle quali con la gravel e poi mi sono fatto una nuotata in piscina.