Tra uomini e donne, una differenza di 100 watt

18.02.2023
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Ora che il ciclismo femminile è sempre più al passo di quello maschile, iniziano ad esserci dei paragoni. Paragoni che in qualche caso riguardano anche le prestazioni e i numeri. A rilanciare questo dibattito è stata la prestazione super di Gaia Realini, ma anche di Elisa Longo Borghini, al UAE Tour Women. Le due portacolori della Trek-Segafredo, verso Jebel Hafeet hanno staccato tutte e lo hanno fatto con numeri importanti. Per la Realini si è parlato di 4,75 watt/chilo. Numeri che tra gli uomini e per giunta su una salita finale, non sarebbero degni di nota. A parità di durata di sforzo avrebbero fatto registrare oltre i 6 watt/chilo.

E proprio per questo vogliamo saperne di più. E lo facciamo con l’aiuto di Paolo Slongo, coach della Trek-Segafredo. Va precisato che non abbiamo scelto il coach veneto perché segue le due atlete in questione, ma perché è abituato a lavorare, da anni, sia con campioni di primissimo piano che con campionesse… di primissimo piano.

Paolo Slongo con Elisa Longo Borghini. Il coach veneto ha sempre lavorato con grandi campioni, uno su tutti: Nibali
Paolo Slongo con Elisa Longo Borghini. Il coach veneto ha sempre lavorato con grandi campioni, uno su tutti: Nibali
Paolo, una bella differenza si è notata tra uomini e donne, almeno ad una prima analisi…

Partiamo dal presupposto che i numeri tra uomini e donne sono poco confrontabili. Chiaro che in fisiologia la componente della forza per le donne è minore e certi valori sono distanti. Ma il ciclismo femminile è in evoluzione. Le atlete crescono grazie a staff sempre più importanti, con preparatori, nutrizionisti, materiali… Il livello femminile si sta alzando e così i suoi numeri.

Quindi non si può dire che i 4,5 watt/chilo delle donne corrispondano ai 7 watt/chilo degli uomini?

Non è un paragone corretto. Più che parlare di watt/chilo posso dire che tra i top rider di uomini e donne c’è una differenza di 100 watt. Un corridore che primeggia in una tappa del Giro d’Italia ha 410-420 watt alla soglia, una donna che fa le stesse cose al Giro Donne ne ha 310-320.

Hai parlato di soglia, staccandoci per un attimo dal discorso dei watt, sul piano fisiologico le capacità aerobiche tra uomini e donne sono le stesse?

La capacità aerobica è la stessa e idem le zone di riferimento: medio, soglia… semmai quel che è diverso è la capacità aerobica di base che nel ciclismo femminile è meno allenata. E questo è un errore a parer mio.

Uomini e donne a confronto. Per Slongo la differenza è di circa 100 watt (foto Sam Needham)
Uomini e donne a confronto. Per Slongo la differenza è di circa 100 watt (foto Sam Needham)
E perché è meno allenata?

Perché qualcuno sostiene che ce n’è meno bisogno, in quanto le donne fanno tappe e corse più corte, quasi mai superiori alle 4 ore. Però le cose stanno cambiando. Adesso iniziano ad esserci Giri di 10 giorni e corse come la Liegi, la Roubaix o la Strade Bianche che richiedono un consumo energetico molto importante. E in questo caso chi ci lavora ha qualcosa in più sul piano aerobico.

E invece parlando sempre di capacità fisiologiche, i valori di smaltimento e accumulo dell’acido lattico sono differenti?

Sarebbe un discorso molto ampio, ma da quel che ho visto io, posso dire che sono uguali o molto, molto simili. Poi ogni atleta, a prescindere dal genere, ha le sue caratteristiche, ma di base non ci si discosta molto. Alla fine che si spinga a tutta per 3′ o per 20′, la forbice resta di quei 100 watt che dicevamo prima. Questo margine cresce un po’ in volata. In uno sprint, al termine delle frazioni, una donna arriva a 1.150 watt e un uomo a 1.450-1.500.

Gaia Realini con Longo Borghini a ruota verso Jebel Hafeet. L’abruzzese viaggiava sul filo dei 210-220 watt
Gaia Realini con Longo Borghini a ruota verso Jebel Hafeet. L’abruzzese viaggiava sul filo dei 210-220 watt
Tornando ai 4,75 watt/chilo della Realini è un valore di livello assoluto tra le donne, un po’ come i 7,3 watt chilo di Geoghegan Hart alla Valenciana, oppure è un dato “normale”?

E’ sicuramente un ottimo valore, ma quando Van Vleuten ha staccato tutte in quella tappa dello scorso Tour de France, ha fatto 6 watt/chilo sui 10′-12′ di sforzo, mentre quel valore medio di Gaia era riferito ad una salita la cui durata è stata di circa 34′.

E’ chiaro, l’aspetto della durata va considerato. I numeri snocciolati vanno presi con le molle e solo voi avete quelli certi, tanto che secondo alcuni Gaia avrebbe superato i 5 watt/chilo…

Quella che ha fatto è comunque un’ottima prestazione.

Sei stato chiarissimo, Paolo. Chiudiamo con un giudizio proprio su questa giovane scalatrice.

Non la conosco ancora moltissimo. E’ stata una gran bella sorpresa. Ma se devo dirla tutta lo è stata non tanto per la salita, perché lo sapevamo che lì andava forte, ma per come si è comportata in pianura all’UAE Tour. Lei è davvero piccola (150 centimetri, ndr) ed è rimasta, e bene, davanti. Si è mostrata a suo agio con i ventagli. Ha dei bei margini e di certo è una scalatrice pura.

I lavori massimali di Rota: 12 fiammate da fermo…

17.02.2023
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Già la scorsa estate Lorenzo Rota ci aveva detto che avrebbe dovuto incrementare i lavori più esplosivi, quelli che migliorano lo spunto veloce. E’ passato un intero inverno di preparazione e il corridore della  Intermarché-Wanty-Gobert a quanto pare è stato di parola. L’obiettivo è essere più forte in volata e sulle sparate. Tipo quelle che possono esserci su una Redoute…

Il lombardo ci sta dando sotto e ci spiega dunque come sta lavorando. Dopo le prime vittorie da pro’ in estate e dopo essere stato il miglior italiano nel ranking UCI, la sua stagione è ripartita con dei buoni piazzamenti. L’ultimo dei quali ieri alla Vuelta a Andalucia, sesto dietro ad uno scatenato Pogacar.

Lorenzo Rota (classe 1995) quest’inverno ha incrementato i lavori su forza ed esplosività anche in bici (foto Instagram)
Lorenzo Rota (classe 1995) quest’inverno ha incrementato i lavori su forza ed esplosività anche in bici (foto Instagram)
Lorenzo, quanto hai incrementato questo genere di lavori in questa fase della tua carriera durante l’inverno?

Praticamente da 0 a 100. Scherzo, ma era un lavoro che sostanzialmente non avevo più fatto da due anni a questa parte. Ho iniziato un po’ già la scorsa estate e l’ho inserito stabilmente nella preparazione invernale. Anche se nella prima volata dell’anno i risultati non si sono visti! Eravamo cinque in fuga e ho fatto penultimo del gruppetto. Però è stata una volata anomala: più “di posizione” che di gambe. Abbiamo un po’ pasticciato io e il mio compagno, ho sbagliato l’ultima curva e ho preso un tombino durante lo sprint.

Però sesto al debutto nonostante non sia ancora al top e con tutti questi inconvenienti, non è male…

Sì, sì… infatti sono fiducioso.

Quante volte fai questo genere di lavoro in una settimana?

Viene inserito una volta ogni 7-8 giorni. In altura lo facevo almeno una volta a settimana. E’ un lavoro che ho fatto parecchio, anche in altura appunto, soprattutto per cercare di non perdere la forza. Mi sono confrontato a lungo col mio preparatore Luca Quinti e con quelli della squadra: anche loro mi hanno suggerito di incrementare questa tipologia di lavoro. Però vorrei anche aggiungere che il mio focus è, e resta, quello di non perdere efficacia in salita. Viste le corse a me adatte, devo tenere bene su salite mediamente lunghe.

La volata dell’italiano persa contro Zana è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da lì Lorenzo ha ripreso a fare certi specifici
La volata dell’italiano persa contro Zana è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da lì Lorenzo ha ripreso a fare certi specifici
Hai anche pubblicato sui tuoi social quella che è una partenza da fermo, o comunque da velocità super bassa…

Sì, era una partenza da fermo in salita con quasi il massimo rapporto. La pendenza della salita era del 4%-5%, quindi non durissima. Cercavo di stare al massimo per 15”-20” in quel caso ne avevo fatte 12 recuperando 3′, pedalando pianissimo. Anche perché ero in altura e recuperare non è facile. In realtà queste 12 ripetute le avevo suddivise in tre serie da quattro volate, con recupero completo tra una serie e l’altra. In questo modo mi concentro meglio sulla volata. Devo dire che è un lavoro molto a livello muscolare, veramente duro. Soprattutto per me che non sono un velocista e non ci sono abituato. 

Che wattaggi raggiungi?

Non è facile dare un numero preciso. Sul picco arrivo sui 900-950 watt, poi dipende molto anche dalla strada. Meno la pendenza è dura, più è facile far salire il picco. Si “libera” la potenza. Ma i watt sono relativi, quel che conta è la potenza.

Restando su questo genere di lavori di forza, di velocità, di esplosività… hai fatto anche altri specifici?

Ho inserito sempre delle volate, anche nella distanza. E le facevo soprattutto a fine allenamento. E’ un modo per adattarsi a questo tipo di sforzo, immaginando di doverle fare nei finali di corsa e così dopo cinque ore le faccio quasi sempre.

Quindi non c’è proprio un giorno specifico per le volate?

Nel giorno dello specifico, faccio le partenze da fermo che vi dicevo, mentre negli altri giorni faccio le volate “normali”. Lo specifico cerco di farlo col muscolo fresco e quindi dopo il giorno di scarico. Magari, non so, ho una tripletta, quindi faccio un giorno di volate, un giorno di forza e un giorno di distanza. 

Una delle partenze da fermo fatte in altura. Rota è stato a lungo in Colombia (immagine a video)
Una delle partenze da fermo fatte in altura. Rota è stato a lungo in Colombia (immagine a video)
In questo contesto di aumento di forza hai rivisto anche la parte di palestra?

Quest’inverno ne ho fatta un po’, ma non tanta, perché insieme al mio preparatore abbiamo visto  che tendevo a mettere troppo massa. Pertanto, abbiamo cercato di ridurre al minimo le ripetute. E sentivo di essere più esplosivo.

In un così breve lasso di tempo come l’inverno di un ciclista (un mese e mezzo), come si si fa a capire che si sta mettendo su massa?

E’ abbastanza semplice e si vede anche dalla bilancia. E comunque basta fare la plicometria: se la percentuale di massa grassa resta la stessa e il peso aumenta, vuol dire che stai mettendo su massa. Poi ci sarebbero anche degli esami specifici (una dexa, ndr). Con quella vedi praticamente tutta la composizione corporea. Però è una cosa che vedi anche a occhio nudo. Se mi rivedo in una foto a dicembre, noto che a livello muscolare ero molto più grosso.

E sul fronte alimentare, hai ritocchi da fare, qualcosa prima di questi allenamenti?

Avendo lavorato tendenzialmente in altura, la mia alimentazione era mirata soprattutto a non svuotarmi, anche perché si tratta di lavori con cui spendi molto. Quindi c’era sempre un buon apporto di glucosio, per il resto tutto molto standard.

Ciclone Welsford: dieci domande al suo coach

11.02.2023
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Sam Welsford ha stupito il mondo intero in queste prime battute di stagione. In Argentina ha messo in fila fior fior di velocisti. E la cosa che ha colpito, oltre alla sua potenza sono state le gambe. Gambe da vero pistard qual è l’australiano.

Ma certe gambe, certe muscolature se vanno benissimo sul parquet, in certi frangenti su strada, ad esempio in salita, sono un limite. Ma il corridore della Dsm e il suo coach Roy Curvers ci stanno lavorando.

Roy Curvers (classe 1979) è stato pro’ fino al 2019. Ora è uno dei tecnici della Dsm (foto Annemiek Mommers)
Roy Curvers (classe 1979) è stato pro’ fino al 2019. Ora è uno dei tecnici della Dsm (foto Annemiek Mommers)
Ciao Roy come siete andati a prendere questo pistard australiano l’anno scorso? Cosa avete visto in lui?

Sapevamo che era uno dei corridori di endurance più veloci in pista. Quindi lo abbiamo subito contattato all’inizio dell’anno olimpico, il 2021. Lo abbiamo avvicinato per chiedergli cosa ne avrebbe pensato di una sfida su strada dopo le Olimpiadi, una sfida per vedere se poteva diventare un velocista di successo anche su strada. Lui è rimasto coinvolto subito pienamente da questo progetto, tanto che questo piano è stato finalizzato già prima che Sam iniziasse i preparativi per le Olimpiadi.

Welsford è chiaramente molto potente, ma è anche pesante per via dei suoi molti muscoli: come hai lavorato per farlo “dimagrire” senza perdere potenza? E quanti chilogrammi ha perso?

Avere successo in un altro terreno ha richiesto molto adattamento per Sam sia fisicamente, sia tatticamente, ma anche mentalmente.

E come avete realizzato questo adattamento?

La chiave di questo processo è stata farlo passo dopo passo. Il primo di questi step è stato aumentare la sua capacità di resistenza e fargli provare com’è davvero correre su strada ai massimi livelli. Fino ad ora abbiamo lavorato fondamentalmente sulla sua resistenza e vediamo come potremo massimizzarla senza far soffrire il suo sprint. Questo è il nostro obiettivo principale, non intervenire sul peso corporeo.

L’australiano (classe 1996) sta lavorando molto sulla resistenza e di conseguenza sta perdendo massa muscolare
L’australiano (classe 1996) sta lavorando molto sulla resistenza e di conseguenza sta perdendo massa muscolare
Sam ha anche fatto più chilometri e meno qualità in allenamento? Ha aumentato il lavoro in salita?

Combiniamo qualità e quantità, quindi per lui il grande cambiamento è stato avere l’intensità combinata con molti chilometri durante una settimana di allenamento. Ha aumentato automaticamente il lavoro in salita trasferendosi nella zona di Girona e Andorra, ma cerchiamo di anche di evitare che si arrampichi troppo! Cioè che faccia molta salita.

Per un atleta di questo genere conta molto anche la parte a secco: palestra e sprint di allenamento: cosa è cambiato?

La sua palestra è cambiata. Ora Sam si concentra principalmente sulle sessioni di base e di mantenimento durante la stagione, invece di concentrarsi sull’aumento della massa muscolare o sull’acquisizione di esplosività verso un unico grande obiettivo.

Su pista Welsford vanta 4 titoli mondiali (qui lo scratch nel 2019), un bronzo e un argento olimpici
Su pista Welsford vanta 4 titoli mondiali (qui lo scratch nel 2019), un bronzo e un argento olimpici
Dopo San Juan abbiamo parlato spesso di sprint, rapporti, cadenze… Welsford che è un pistard, come si è trovato con i rapporti stradali? Proprio a San Juan è stato tra i velocisti con la cadenza più alta…

Una delle qualità che prende dalla pista è che può raggiungere numeri di potenza davvero elevati pur stando seduto. Altri velocisti perdono velocità quando la loro cadenza diventa troppo alta in piedi e sono costretti a sedersi. Sam invece perde meno in un momento simile: spinge più da seduto e tiene frequenze più alte quando è in piedi.

La sua bici da strada ha qualche “elemento da pistard”?

No, nessuna soluzione specifica dalla pista. Ma credo che con la nostra Scott Foil abbiamo le migliori bici da sprint del gruppo.

Continuerà con la pista?

L’attenzione con Sam è chiaramente sulla strada. Abbiamo grandi obiettivi da raggiungere insieme nelle gare su strada e stiamo lavorando sodo per raggiungerli. La priorità è vincere le gare e abbiamo già fatto buoni passi avanti nel primo anno.

Per Welsford posizione super raccolta, ma Curvers dice: «Nessuna derivazione dalla pista»
Per Welsford posizione super raccolta, ma Curvers dice: «Nessuna derivazione dalla pista»
Quali sono i suoi margini?

I suoi margini sono ancora da scoprire. A San Juan ha dimostrato di poter battere i ragazzi più veloci del gruppo. Questo ci ha motivato molto.

Sam parteciperà a un grande Giro nel 2023?

Con Sam e il resto del suo treno, come ho detto, vogliamo costruire passo dopo passo il cammino verso la vittoria ai massimi livelli. All’inizio della stagione abbiamo tenuto aperte le opzioni per la seconda parte dell’anno. Potremo aggiungere un grande Giro quando Sam e gli altri saranno pronti. Se invece per il loro processo di crescita sarà meglio continuare a puntare a gare più brevi o di livello inferiore, lo faremo. Io dico che potremo capire meglio dopo la campagna di primavera.

Sprint: parliamo ancora di cadenze e rapporti

03.02.2023
4 min
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Rapporti, cadenze, volate… dalla  Vuelta a San Juan ne è uscito un bel calderone. C’è chi arrivava troppo agile, chi non riusciva a girare il suo rapporto. Alla fine il discorso è meno scontato di quel che si possa immaginare e per questo Silvio Martinello ci aiuta a capire meglio.

Non è un caso che abbiamo scelto l’ex corridore veneto. Silvio è stato sia un grande della strada che un gigante della pista e poiché il tema emerso a San Juan riguardava sia gli stradisti che i pistard quale interlocutore meglio di lui?

Martinello Villa 1999
Marco Villa e Silvio Martinello durante una Sei Giorni utilizzavano il 52×16. Oggi sarebbe impensabile
Martinello Villa 1999
Marco Villa e Silvio Martinello durante una Sei Giorni utilizzavano il 52×16. Oggi sarebbe impensabile
Silvio, partiamo dall’articolo che riguardava appunto volate e rapporti. Si parlava addirittura di 58 denti all’anteriore…

Oggi si tende a spingere rapporti sempre più lunghi che ti consentono di fare maggiore velocità, ma al tempo stesso tutto ciò implica la capacità di poterlo spingere, vale a dire la forza necessaria. Il 53×11 o 54×11, rapporti che utilizzavo anche io, erano già piuttosto duri, tanto che molto spesso avevi la sensazione di non spingerli in modo efficace. Oggi invece si va verso un ciclismo che si confronta sempre di più con la forza, anche quella a secco.

La palestra è aumentata molto…

Si fa anche durante la stagione, quando invece ai miei tempi si faceva solo d’inverno quando iniziavi a fare la base. Questo ha portato all’evoluzione a cui stiamo assistendo. Una normale evoluzione direi. Certo, leggere di certi rapporti fa un po’ effetto. Io ho smesso 20 anni fa, ma a vedere certe cose sembra sia passato un secolo. Marco Villa ed io con il 51×15 vincevamo il mondiale nell’americana. Con il 52×16 primeggiavamo nelle sei giorni. E questo è il rapporto degli allievi. E’ tutto relazionato alle velocità maggiori che ci sono.

Sempre più forza. I richiami si fanno anche a ridosso delle gare. Qui, Attilio Viviani poche ore prima di partire per San Juan
Sempre più forza. I richiami si fanno anche a ridosso delle gare. Qui, Attilio Viviani poche ore prima di partire per San Juan
Chiaro: ho più forza, spingo un rapporto più lungo, vado più forte… Eppure non è tutto così scontato o lineare, perché proprio a San Juan abbiamo visto come in tanti abbiano avuto problemi di cadenza. C’è anche chi andava sopra le 130 rpm. Esiste dunque una cadenza ottimale?

Una cadenza ottimale non esiste. Almeno ragionando sulla base delle mie esperienze dico di no. Ci sono sensibilità che variano di continuo: come stai quel giorno, come arrivi allo sprint… Io ho sempre dato precedenza alla cadenza piuttosto che alla forza.

Da buon pistard…

Non ero super potente. Se prendevi i miei rivali: Cipollini, Abdujaparov, Zabel… avevano più forza pura rispetto a me. Io ero bravo a destreggiarmi in gruppo, a farmi trovare nel momento giusto nella posizione giusta… Ma se avessimo fatto uno sprint su quattro corsie distinte sarei arrivato quarto. Ma il ciclismo è diverso e non si corre ognuno sulla propria corsia. Quindi analizzando questa evoluzione è chiaro che si è lavorato più sulla forza e non sulla cadenza.

Eppure le differenze di rapporti viste in Argentina sono state piuttosto ampie. C’è chi aveva il classico 53×11, vedi proprio i pistard italiani, e chi il 58×11…

Ai miei tempi mettevi l’11 e l’istante dopo maledicevi quel momento… perché appunto era molto duro. In questa analisi va considerato il rapporto anteriore che ti permette di “giocare” dietro, perché sinceramente faccio fatica a pensare che abbiano fatto lo sprint con il 58×11. Lo devi spingere poi…

Nelle volate, come nelle crono, si vedono più rapporti monster, ma non significa che vengono utilizzati sempre. Anzi…
Nelle volate, come nelle crono, si vedono più rapporti monster, ma non significa che vengono utilizzati sempre. Anzi…
Quello che pensavamo anche noi. Magari hanno fatto lo sprint con il 58×12…

Con il 58×12 ma forse più con il 58×13. Alla fine è lo stesso concetto di quel che abbiamo visto nei “padelloni” delle crono. Utilizzano il 58 o il 60 per spingere poi il 14 o il 15 e avere la catena che lavora più dritta, quindi ha meno attriti e meno inerzia. Vai a limare qualcosa in questo modo.

Tornando alla cadenza, Silvio, si sono viste differenze marcate. Tu hai detto che quella perfetta non esiste, ma un range ottimale ci sarà…

Quando correvano mi avevano inculcato nella testa che le cadenze erano: 60 rpm per la salita e 100 per la pianura. Ma questi ritmi non sempre eri in grado di rispettarli. Specie se c’era una salitella nel finale. Provavi a tenere, ma per andare con quelle cadenze ti ritrovavi ad essere troppo duro e finivi presto in acido lattico. In volata, come detto, ci sono molto variabili…

Okay ma poniamo un sprint “lineare” in pianura…

Diciamo che con il “vecchio” 53×11 se andavi a 110-115 rpm lottavi per qualcosa di molto importante. Ma dovevi arrivare fresco allo sprint.

Fondo lungo: con Notari nei dettagli della famosa “base”

27.01.2023
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Quante volte sentiamo dire: «Quell’atleta sta facendo il fondo lungo». «E’ fondamentale avere una buona base». «In ritiro per costruire la base». Ma cosa significa veramente? Cosa succede al corpo? E perché è così importante?

Ne parliamo con Giacomo Notari, uno dei coach dell’Astana Qazaqstan (in apertura foto Instagram). Giacomo è in Argentina è sta seguendo i suoi ragazzi per la prima corsa della stagione. Anche loro laggiù, dopo aver fatto chilometri e chilometri di fondo lungo, inseriscono i primi fuori giri. Ma senza quel lavoro a monte sarebbe un problema farli. Anche se si fosse magri e con molta forza nelle gambe.

Giacomo Notari al rifornimento durante la Vuelta a San Juan. Il coach dell’Astana ci ha aiutato a scoprire i segreti del fondo lungo
Notari al rifornimento durante la Vuelta a San Juan
Giacomo, base o fondo lungo: cos’è? Cosa accade nel corpo?

E’ la famosa “Zona 2 o Z2” di Andy Coogan. E’ quell’intensità da tenere per tempi medi o lunghi con la quale si va ad aumentare il volume plasmatico, ad aumentare gli enzimi mitocondriali (che sono un po’ le “fabbriche” di energia del muscolo, ndr)… e si aumenta anche la riserva di glicogeno. In Z2, e in parte anche in Z3, s’insegna al corpo ad utilizzare di più i grassi per trarre energia. E un corpo abituato ad usare più grassi, si ritrova con più zuccheri nel finale. E sono questi, i carboidrati, la “benzina” migliore per le alte intensità. Nel corpo umano ci sono circa 700 grammi di zuccheri tra fegato e muscoli e meno ne usi e più ne hai a disposizione. I grassi, benché i corridori sono magri, sono invece “illimitati”.

Perché è così importante questo fondo lungo?

Perché il ciclismo è uno sport di endurance e bisogna lavorare sul fondo lungo per migliorare la capacità aerobica. Torniamo quindi al discorso dei grassi e dei mitocondri. Nella classifica delle zone di intensità dell’allenamento, la Z1 serve solo per lo scarico. E’ un’intensità talmente bassa per un atleta professionista che non apporta nessun beneficio. La Z2 è quella più “usata”: la puoi tenere a lungo, ma resta comunque un impegno non esagerato che invece i benefici li apporta… come abbiamo visto. E fa da base appunto per quelle azioni che servono per poter vincere. Poi ci sono le altre zone man mano ad intensità sempre maggiori.

Tenere sotto controllo i watt è fondamentale in allenamenti che prevedono precise zone d’intensità come la Z2
Tenere sotto controllo i watt è fondamentale in allenamenti che prevedono precise zone d’intensità come la Z2
Quali sono queste azioni?

I lavori intermittenti, la forza, il fuori soglia, gli scatti. E’ qui che si riporta il classico esempio che la preparazione è come la costruzione di una casa. Bisogna partire da fondamenta solide, cioè da una base, per tirare su i piani successivi (resistenza, soglia, fuori soglia, scatti…).

Per questo è importante anche per i pistard, anche velocisti, che fanno sforzi molto brevi?

Sì, anche per loro, anche se è un po’ diversa. Non fanno 5-6 ore con grandi dislivelli, ma negli ultimi anni tendono stare di più in bici, anche 3-4 ore. E questo è dovuto anche al fatto che è cambiato il format delle gare. Oggi con i tempi ristretti si fanno più prove ravvicinate, quindi per recuperare meglio ed esprimersi sempre al massimo serve una grande base aerobica. Non è un caso che la nazionale italiana è qui alla Vuelta a San Juan con i pistard.

Tim Wellens cerca di essere costante con i watt anche in discesa. C’è da giurare che la media oraria dei suoi allenamenti sia alta (foto Instagram)
Wellens è costante con i watt anche in discesa. La media oraria dei suoi allenamenti è alta (foto Instagram)
Facciamo un esempio relativo alla Z2: un atleta che ha 400 watt alla soglia a quanti watt deve allenarsi? E qual è il corrispettivo in frequenze cardiache?

La Z2 corrisponde al 55-75% della soglia (220-300 watt), quindi ha un range ampio. La frequenza cardiaca corrispondente alla Z2 è 70-80% della soglia (esempio: per chi ha una soglia di 180 battiti al minuto parliamo di 126-144 pulsazioni, ndr).

Un range ampio in effetti…

Diciamo che la parte più alta è per la salita, dove fare watt è un po’ più facile. Mentre si sta nella parte mediana o poco sotto in pianura. Poi c’è anche il caso, vedi Tim Wellens, di chi resta in Z2 anche in discesa.

Dovendo fare un lavoro di endurance sarebbe meglio in effetti?

E’ un po’ difficile e per questo in salita si spinge un po’ di più. Dopo sai che recuperi. Comunque sono sottigliezze. Alla fine i due sforzi si bilanciano. L’importante è che a fine allenamento la potenza media e la potenza media normalizzata siano in Z2.

Dombrowski, complice la sua formazione “made in Usa”, è molto attento al rispetto delle zone di allenamento
Dombrowski, complice la sua formazione “made in Usa”, è molto attento al rispetto delle zone di allenamento
Chi è uno dei tuoi atleti che è particolarmente bravo a rispettare questi parametri?

Direi Joe Dombrowski. Lui, statunitense, è più influenzato dalle tendenze USA. Cooganan fa parte di quei fisiologi americani che hanno studiato a fondo i misuratori di potenza e sdoganato determinate teorie. E Joe le segue. Riesce a stare bene in Z2 anche quando fa dislivelli importanti.

E non è così facile?

Un pro’ ci riesce anche perché parliamo di intensità tutto sommato basse. Comunque c’è un’altra cosa molto importante che ci dice la Z2.

Quale?

E’ un ottimo indicatore della capacità aerobica del corridore, un indice del suo stato di endurance. Se nelle prime due ore sta in Z2 con determinati battiti cardiaci e nelle successive due ore mantiene gli stessi battiti significa che sta già bene. Ad inizio stagione, nei primi ritiri, diversi corridori registrano un aumento dei battiti per mantenere la Z2 nella seconda parte di allenamento. Significa che la loro base non è ancora completa.

La preparazione per Glasgow? Una patata bollente

14.01.2023
4 min
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I prossimi campionati del mondo si terranno a Glasgow, dal 3 al 13 agosto. E stavolta sarà come una piccola olimpiade del ciclismo con tutte, ma proprio tutte, le discipline di questo sport. Ci saranno, tanto per intenderci, anche il ciclismo indoor (acrobazie) e i cicloamatori. 

Ma venendo a discorsi più concreti, dal punto di vista della preparazione quello iridato è davvero un bell’intrigo. La stessa Martina Alzini recentemente ha sollevato la questione. E sarà un bel problema soprattutto per i pistard e gli stradisti, che si ritroveranno eventi nello stesso giorno. In questi casi l’interlocutore più indicato è Diego Bragato, che guida lo staff performance della nazionale.

Gli europei 2022 sono stati un banco di prova per i calendari fitti tra pista e strada che si prospettano a Glasgow. Qui la volata femminile
Gli europei 2022 sono stati un banco di prova per i calendari fitti tra pista e strada che si prospettano a Glasgow. Qui la volata femminile
Diego, dicevamo che addirittura ci dovrebbero essere delle sovrapposizioni…

Sì, in un giorno ci saranno delle gare su pista e il team relay su strada.

A livello di preparazione è un bell’incastro. Come ti stai muovendo?

In realtà prima ancora è un discorso più di organizzazione fra i cittì delle varie nazionali e il team manager Roberto Amadio sulla gestione delle forze, perché fra un anno ci saranno le Olimpiadi e andranno fatte delle scelte. Di conseguenza bisogna capire su cosa andare a lavorare e su cosa puntare. E in effetti proprio in questo periodo sto aspettando le direttive da Villa e Sangalli per sapere chi farà cosa… Per ora siamo in attesa degli europei su pista.

Adiamo per passi…

Sì, dopo questo appuntamento sarà davvero importante sapere in tempo i piani per capire, organizzarsi e prepararsi. L’UCI ha fatto questa scelta di fare tutto insieme, una scelta che da una parte è carina per il ciclismo, ma dall’altra, per quanto riguarda organizzazione e programmazione, non ti permette di lavorare al meglio.

Il clan azzurro della pista. Molti di questi atleti sono anche stradisti
Il clan azzurro della pista. Molti di questi atleti sono anche stradisti. Bragato è il secondo da sinistra con la maglia bianca (fila in alto)
Quanto è stata importante o indicativa l’esperienza di questa estate di Viviani agli Europei, che la mattina-pomeriggio ha corso su strada e la sera era in pista?

Quella di Elia è stata un’esperienza per un atleta di un certo livello, che non va bene per tutti. E non è così facilmente replicabile. E poi un conto è farlo per un atleta e un conto per il quartetto. Bisognerà fare delle scelte e anche io, ripeto, aspetto le linee guida.

E’ chiaro…

Il nostro grande obiettivo sono le Olimpiadi di Parigi 2024 e quest’anno iniziano le qualificazioni. Siamo disposti anche a fare un passo indietro su strada per ottenere questo risultato: la prima cosa è la qualifica olimpica. Ed anche per questo agli Europei ci faremo trovare già pronti.

Avete già una stima degli atleti e delle atlete che a Glasgow saranno coinvolti nei calendari serrati tra le due discipline (strada e pista)?

Più o meno sono i soliti: Ganna, quantomeno per la crono, poi Viviani, Consonni. Forse Viviani ancora di più perché il percorso iridato non dovrebbe essere impossibile. E più o meno vale la stessa cosa per Consonni. Ma il vero problema è con le donne, perché tutte le migliori su strada, specie per quel tipo di percorso, sono le stesse della pista e non sarà affatto facile. 

In questo caso pensi ad una preparazione ad hoc che miri soprattuto a smaltire acido lattico e tossine in breve tempo?

Diciamo che in tal senso abbiamo la nostra esperienza, comunque sì: ci sarà da fare un lavoro di avvicinamento per abituare il corpo a passare dallo sforzo della strada a quello della pista. E lo abbiamo visto un po’ con Viviani. Pertanto servirà un grosso volume per la strada con continui richiami su pista ad alte intensità. Fare questi richiami anche se non si è al 100%. Servirà molta flessibilità da parte di tutti ed è quello che già ad inizio anno abbiamo chiesto… soprattutto alle ragazze.

Europei 2022, Viviani aveva corso su strada e poi su pista cinque ore dopo. Eccolo con Diego Bragato, regista di questo switch
Europei 2022, Viviani aveva corso su strada e poi su pista cinque ore dopo. Eccolo con Diego Bragato, regista di questo switch
La Alzini parlava del grosso rischio di arrivare stanche già in estate…

E il rischio è proprio quello. E per questo riguarda soprattutto le ragazze: perché anche se hanno calendari simili (ormai quasi uguali, ndr) a quelli degli uomini, non hanno rose dei team così ampie. Possono fare meno rotazione. Si prospettano per loro delle stagioni pesantissime. Dovremo essere bravi noi tecnici a farle arrivare bene ad agosto. E da lì ad un anno dopo, cioè alle Olimpiadi. Quindi dobbiamo dosare le forze, pensando già a ciò che avverrà l’anno successivo.

Insomma, Diego, la questione non è affatto banale…

Per nulla. Quel che stiamo facendo è mettere insieme le richieste dei ragazzi, quelle delle squadre e quelle della nazionale. E su questo tema Amadio e i cittì si dovranno muovere, e si stanno muovendo, con i “fili di piombo”. Servirà molta attenzione.

Un viaggio nella distanza, le sei ore con Oldani

06.01.2023
6 min
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Un professionista fa tanti allenamenti nell’arco dell’anno e li fa di tutti i tipi, oggi più che mai, grazie alle attività alternative e al forte implemento della palestra che si è registrato un po’ per tutti e a tutti i livelli. E tra questi allenamenti ce n’è uno che non cambia ed è al tempo stesso uno dei più affascinanti: la distanza. E la distanza al contrario della palestra si fa d’estate e d’inverno.

Stefano Oldani le sue belle distanze le macina ogni settimana. Nonostante alla Alpecin Deceuninck siano noti per non esagerare con i chilometri, ma per insistere parecchio con la qualità. Con il re della tappa di Genova al giro 2022 facciamo appunto un viaggio nella distanza. 

Per Oldani (classe 1998) la distanza è la base della performance, specie nel finale delle corse quando serve lo spunto, come a Genova (in foto)
Per Oldani (classe 1998) la distanza è la base della performance, specie nel finale delle corse
Stefano, sentendo parecchi dei tuoi colleghi ci si chiede se la cara vecchia distanza, quella da 5-6 ore si faccia ancora? Parecchi dicono che non fanno più abbuffate di chilometri come in passato…

Assolutamente c’è ancora. E’ fondamentale per la base. E anche per la prestazione. Se fai solo qualità, magari sei performante sulla prima salita, ma a fine gara ti manca la benzina.

Si fa in tutto l’arco dell’anno o soprattutto in questa fase?

Si fa all’inizio dell’anno sicuramente, quando si riprende dopo lo stop di fine stagione. Si ricomincia per gettare le basi che consistono in più ore e meno lavori specifici. Più ore a bassa intensità per rimettere le cosiddette basi di endurance. Queste ci permettono poi di lavorare sull’intensità con maggior solidità senza andare poi a “sbiellare il motore”, come si dice in gergo. Se s’iniziasse subito con lavori più spinti si alzerebbe subito la condizione, ma poi non si avrebbero le basi per mantenerla. Durerebbe poco.

E d’estate?

E poi sicuramente si fa nei periodi di altura d’estate. Nel mio caso penso a Livigno. Lassù in quota non puoi lavorare ad alta intensità, sennò ti finisci perché c’è scarsità d’ossigeno e tutte le dinamiche che ne conseguono. Quindi si punta più sull’endurance.

Tasche piene per la distanza, ma d’inverno si tende a preferire qualche proteina a scapito dei carboidrati
Tasche piene per la distanza, ma d’inverno si tende a preferire qualche proteina a scapito dei carboidrati
La distanza si richiama durante tutto l’anno, nonostante gare e ritiri?

Sì, di base cerchi di richiamarla un po’ tutto l’anno, poi ovviamente se hai dei periodi di corse molto ravvicinati dove comunque l’endurance lo alleni in gara, quando torni a casa non ti serve andare a lavorarci. Quindi magari tra le corse fai solo qualità. Recupero e qualità, recupero e qualità… Mentre quando hai dei periodi più lunghi senza gare, mentalmente sai che devi lavorare un pochino di più sulla distanza. Quindi fai più ore… e cerchi di trovare compagnia per fartele passare più velocemente! Penso a quando devi preparare una Sanremo e devi arrivare pronto ad affrontare un certo chilometraggio.

E cosa ti passa per la testa mentre fai la distanza?

Dipende parecchio da come le vivi tu. Io non sono un super amante del gran numero di ore. E’ molto soggettivo. C’è chi preferisce molto di più fare tante ore e meno lavori perché non ama soffrire troppo e magari preferisce stare in bici a “passeggiare”. E c’è chi preferisce fare le 2-3 ore a tutta e farsi del male con i lavori. Io quando non ho i lavori faccio più fatica a programmare il mio allenamento e il rischio è di perdere un po’ di brio.

Sei ore a gennaio e sei a luglio: cosa metti in tasca? Ci sono differenze?

Fondamentalmente si cerca sempre di tenere un “tot” di grammi di carboidrati per ora in base al peso e al tipo di corridore. L’obiettivo è tenere comunque un’integrazione di base per non finirsi. La grammatura di carbo dipende da persona a persona, dal peso e dal metabolismo… Poi c’è chi preferisce andare più sul proteico anche in uscite così lunghe e chi invece preferisce puntare sui carboidrati. Sono correnti di pensiero. 

La distanza d’estate richiede una grande accortezza in merito all’idratazione, specie se in altura
La distanza d’estate richiede una grande accortezza in merito all’idratazione, specie se in altura
In questo periodo si cerca di limitare gli zuccheri perché magari c’è da limare il peso?

Può capitare. Il periodo post stop è perfetto per tagliare sul cibo, perché alla fine si fanno più ore con poca intensità e non ti serve poi così tanta benzina per essere brillante nei lavori. Si tende a sbilanciare l’alimentazione sul proteico, ma senza esagerare nel togliere i carbo. 

E varia l’alimentazione nella distanza d’estate?

Sì, sicuramente. In altura per esempio devi stare attento a sbilanciarti sul proteico, perché solitamente il metabolismo va a bruciare di più. Non puoi togliere i carboidrati altrimenti rischi di finirti. 

Quindi tra estate e inverno, d’estate si mangia un po’ di più. E con i liquidi invece?

Solitamente si consiglia sempre di bere una borraccia all’ora, poi dipende chiaramente dalle condizioni climatiche. E anche dalla sudorazione. Per esempio quando si va in altura s’inizia a fare tanta pipì e di conseguenza espelli un sacco di liquidi. Quindi devi stare attento a reintegrare un po’ di più per non disidratarti. C’è chi fa più pipì, chi ne fa meno, chi suda molto, chi poco. Noi in Alpecin per esempio ad inizio stagione, nel ritiro di dicembre, facciamo sempre un test della sudorazione. Vediamo quanto pesiamo prima dell’allenamento, quante volte e quanta pipì facciamo, di che colore, quanto beviamo… Ed è molto soggettiva questa cosa.

Oldani preferisce fare la distanza d’inverno, perché è più facile trovare compagnia anche a casa
Oldani preferisce fare la distanza d’inverno, perché è più facile trovare compagnia anche a casa
C’è tanta differenza di rendimento tra il fare le 6 ore della distanza adesso che è inverno e d’estate? I 30 all’ora di media vengono facili sempre?

Ci sta che magari ora si vada un po’ più piano, però ci sono tante variabili… Magari ora vai più piano perché le strade in discesa sono umide o bagnate. O al contrario d’estate fa troppo caldo.

E i valori, c’è differenza?

Anche in questo caso ci sono molte variabili. Ci sono corridori che quando staccano dopo il finale di stagione perdono tanto, tipo me, ma poi riprendono in poco tempo. E quelli che invece calano poco. O quelli che calano tanto e ci mettono parecchio a riprendere la condizione.

E il recupero? Come reagisci dopo una distanza a gennaio e una a luglio?

Il freddo ti fa consumare più energie e la condizione è un pochino più bassa. Quindi magari fai un pelo più fatica. D’estate magari la condizione è migliore e recuperi meglio. Ma anche in quel caso se fa troppo caldo non è facile…

E Stefano Oldani preferisce fare la distanza d’inverno o d’estate?

D’inverno! Ci sono più colleghi e amici in zona, di solito. E in compagni è più bello. Anche per la sosta Coca Cola. La sosta al bar per la Coca e il toast non manca quasi mai. E a volte è meglio delle barrette!

Più intensità, la nuova preparazione di Vendrame

03.01.2023
5 min
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Nell’ultima intervista con Andrea Vendrame (in apertura foto Instagram), il corridore dell’AG2R Citroen ci aveva parlato del cambio di preparatore. Lui stesso aveva dichiarato che bisognava cambiare, che c’era questa necessità. A distanza di qualche giorno Vendrame ci spiega cosa ha cambiato e perché.

Perché un corridore che va forte dovrebbe modificare il suo allenamento? La risposta è una: ambizione. Cercare nuovi stimoli, mentali e fisici per fare ancora di più. E a certi livelli optare per certi cambi non è così facile, né così scontato.

Dopo un ottimo 2021, Vendrame vuol tornare alla vittoria. Qui il successo al Giro a Bagno di Romagna
Dopo un ottimo 2021, Vendrame vuol tornare alla vittoria. Qui il successo al Giro a Bagno di Romagna
Andrea, innanzitutto, come ci si rende conto che bisognava cambiare? 

Premetto che non mi ero trovato male con il mio preparatore precedente. Assolutamente no. Analizzando dei file con gli esperti del team, siamo arrivati alla conclusione che non arrivavo abbastanza pronto alle corse. Ero ad una una sorta di 70% per tutta la stagione senza mai avere un picco super al 100%. Il che al giorno d’oggi non va bene. Le corse richiedono di arrivare al 100%. Sì, stando al 70% sei competitivo quasi tutto l’anno, però non al tal punto da poter vincere.

Chiaro, bisogna rafforzare il picco…

Esatto, sono stati analizzati tanti aspetti, dai file di allenamento a quelli della corsa, il recupero… Erano necessari dei piccoli miglioramenti che quest’anno penso si possano fare.

Quando dici: «Ci siamo resi conto» cosa intendi nel concreto? Vi siete riuniti ad un tavolo?

A ottobre, dopo il Lombardia, abbiamo fatto una riunione. Ci siamo ritrovati per fare delle visite mediche e tracciare un bilancio della stagione. E da lì abbiamo intrapreso questa strada. C’è stato un incontro con tutti i direttori sportivi e tutti i preparatori. Mi hanno fatto notare cosa andava e cosa non andava. Attenzione però: questo non significa che stravolgerò la mia vita o che userò metodologie rivoluzionarie. Si tratta di aggiustamenti.

Più fatica in pianura, meno energie per la salita. Vendrame sta lavorando anche su questo aspetto
Più fatica in pianura, meno energie per la salita. Vendrame sta lavorando anche su questo aspetto
E quali sono questi aggiustamenti?

Usavo un metodo di allenamento vecchio. Come dicevo prima avevo una buona condizione tutto l’anno pur avendo un paio di picchi. Quest’anno vogliamo concentrarci di più sui picchi. Quindi anziché stare a quell’ipotetico 70%, magari scenderò al 50% ma sarò più performante quando dovrò essere al 100%. Sarà un po’ come un grafico del mercato azionario! Un esempio concreto: abbiamo visto che non arrivavo abbastanza pronto a prendere le salite, faticavo un po’ troppo e per questo non tenevo moltissimo.

Stai lavorando di più sul fuori soglia?

Abbiamo iniziato ad allenarlo, sì. Prima non ci passavo tanto tempo. Più intensità. Il tempo in bici rimane pressoché invariato. Prima magari stavo 5 ore in bici ed erano 5 ore al medio o medio-basso, al massimo con qualche esercizio di forza. Quest’anno in quelle cinque ore ci sono degli esercizi a soglia e fuori soglia. Non vado mai regolare per troppo tempo.

Ora che fai più intensità, hai inserito anche il giorno di riposo totale?

A me il riposo totale non è mai piaciuto e infatti in questa riunione di ottobre da una parte mi hanno ripreso sul fatto che non riesco mai a staccare la bici. Dall’altra, mi hanno detto: «Ah, se fossero tutti come te», in relazione alla precisione e puntualità sul programma. Preferisco fare un’uscita blanda piuttosto che stare fermo del tutto. Sono abbastanza un robot. Adesso questa nuova metodologia prevede anche degli scarichi di lavoro. Per esempio dopo il ritiro di dicembre, una volta rientrato a casa, ho fatto quattro giorni di palestra+bici. Palestra la mattina a digiuno e poi uscivo in bici per un’ora e mezza e molto tranquillamente. O se non facevo palestra facevo due ore e mezza, non di più.

Ciclismo sport di endurance, ma avere la “botta secca” è sempre più importante e Vendrame lo sa bene
Ciclismo sport di endurance, ma avere la “botta secca” è sempre più importante e Vendrame lo sa bene
Alla luce di tutto è ancora più importante la programmazione del calendario. Vanno individuati a monte i periodi di picco. E’ così?

Intanto abbiamo iniziato a tagliare la stagione in due: prima parte fino al campionato italiano, seconda parte dopo il tricolore. Con la squadra abbiamo progettato un programma che si adatti alle mie caratteristiche e soprattutto ai tempi di recupero.

E per un corridore come te, Andrea, abituato a lavorare come un “diesel”, ti piace fare queste sgasate? Come ti approcci a questi lavori mentalmente e fisicamente?

Alla sera guardo cosa devo fare il giorno dopo e vedo esercizi che non avevo mai fatto prima e penso che potrebbe essere “carino”, stimolante. E quindi sei lì che pensi a come andrà. Quando stai per uscire ricontrolli quel che devi fare… Ripeto, sono cose nuove, e la testa ha quel senso di curiosità.

E il fisico come sta reagendo?

Anche il fisico reagisce bene ed è invogliato. Ogni settimana, bene o male, hai sempre esercizi nuovi.

In virtù di queste maggiori intensità hai variato anche la tua alimentazione? Un gel in più in tasca c’è?

Ci stiamo ancora lavorando col mio nutrizionista. Fino al ritiro abbiamo cercato di non mangiare tantissimo perché le ore di allenamento non erano tante. Dal ritiro invece con il fatto che i chilometri iniziavano ad aumentare, anche se erano soprattutto di endurance (a “bassa” intensità, ndr) ci si alimentava di più. Zuccheri e carboidrati, anche durante l’allenamento, non sono mancati. Ci stiamo orientando su un ciclismo sempre più scientifico. Stiamo passando dai “risini” e le barrette ai gel e ai carboidrati sciolti in borraccia, quindi ad un’alimentazione liquida e io seguo questa tendenza già dal 2019. In corsa ormai utilizzerò una barretta… forse.

La salita, la forza, i sogni: a tu per tu con Erica Magnaldi

31.12.2022
5 min
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Erica Magnaldi è una delle scalatrici più forti del panorama internazionale e di sicuro una delle migliori in Italia. Quella del 2022 è stata una buona stagione, anche se forse le è mancato l’acuto. Però è cresciuta. E’ stata costante. Il primo anno di WorldTour non è così semplice alla fine.

L’ex sciatrice di fondo ci ha dedicato del tempo e con lei si è parlato, tra le altre cose, anche del ruolo della scalatrice. Figura tanto amata quanto coinvolta in un periodo storico particolare. Tra gli uomini gli scalatori puri iniziano a scarseggiare. E’ così anche tra le donne? Sentiamo cosa ci ha detto l’atleta della UAE Adq.

Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica, che stagione è stata quella appena finita?

E’ stata una stagione con degli ottimi risultati, sia individuali che di squadra e sicuramente una bella prima stagione con questa nuova squadra. Sono fiera di aver portato questi colori e di continuare a farlo anche nel 2023. Ma è stata anche una stagione conclusa con largo anticipo, perché ho deciso di affrontare un intervento chirurgico a fine agosto. Mi sono operata all’arteria iliaca per risolvere un problema. Ci ho dovuto convivere tutto quest’anno e molto probabilmente anche in passato. 

Cosa significa convivere?

Ho dovuto gestire questa situazione durante le gare, correre in maniera un po’ diversa. Spesso non potevo esagerare, fare dei grossi fuori giri in quanto sapevo che non avrei tenuto per via della gamba. Però, nonostante questo, sono riuscita comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. 

In ottica 2023, questo intervento potrà cambiare molto. Immaginiamo ti possa dare fiducia… 

Sicuramente. Aver deciso di fare l’operazione è stato proprio per questo. Volevo risolvere completamente questo problema per essere libera. Ero cosciente di quello che ero riuscita a fare, nonostante fossi parzialmente limitata. Poter fare le prossime stagioni al pieno delle mie forze magari mi farà fare un piccolo step. E’ stata un’operazione complessa e può recidivare. Io tra l’altro sono stata particolarmente sfortunata perché ho dovuto farla due volte: al primo tentativo non era stata risolutiva e quindi dopo un mese mi sono dovuta operare di nuovo. E’ stata dura mentalmente. Però sono contenta di esserne uscita e di aver ripreso ad allenarmi. 

Quanto sei stata ferma?

Due mesi e mezzo. Mi è mancata tanto la bici, però l’aspetto positivo è che non ho mai avuto così tanta voglia come quest’anno di allenarmi.

La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
Erica, sei una scalatrice con l’arrivo di un’atleta forte come Silvia Persico come vi gestirete in salita? Immaginiamo che lei avrà un ruolo importante visti i suoi risultati…

Intanto bisognerà vedere quanto tempo ci metterò a ritrovare una buona condizione e come risponderà il mio fisico allo stress importante a cui è stato sottoposto. Immagino che nella prima parte di stagione non potrò essere al 100%, pertanto sarò più che felice di mettermi a disposizione in qualsiasi ruolo la squadra voglia affidarmi, per Silvia e per le altre. Il livello medio della squadra si è alzato molto e abbiamo diverse carte che possiamo giocarci bene. Sono felice di essere una di queste pedine.

Cosa ti aspetti da te stessa?

Se le cose andranno come spero e arriverò bene agli appuntamenti a cui tengo di più, avrò dello spazio anche per me stessa. E gli appuntamenti a cui tengo sono le corse dure, quelle in salita…  quindi i grandi Giri.

Parlando con i tuoi colleghi uomini, si dice che la figura dello scalatore puro stia scomparendo: evoluzione delle preparazioni, dei materiali, dei rapporti… Lo scalatore da 55 chili è ormai una chimera. E’ così anche tra le donne, visto che il livello cresce come tra gli uomini?

Penso che in parte sia così anche tra le donne. Anzi, forse da noi questa cosa si avverte ancora di più. E’ sempre più difficile sperare di staccare tutte su una salita secca e arrivare da sole. E dipende anche dai percorsi. Le occasioni per farlo sono molto poche, si contano sulle dita di una mano. Alla fine sono quelle poche tappe al Giro o al Tour in cui effettivamente si riesce a fare una corsa di grande selezione, proprio perché il livello medio si è alzato molto. Solo nell’avvicinamento alla salita se sei una scalatrice pura e magrolina, se non hai i watt, la potenza per reggere in pianura… fai tanta fatica. Puoi essere la più forte al mondo in salita, ma se ci arrivi consumata dallo sforzo non puoi esprimerti al 100%.

E se ci fossero stati i vecchi rapporti, tu che sei una scalatrice saresti stata avvantaggiata? Prima il 34 non c’era e la passista-scalatrice riesce a difendersi con l’alta cadenza…

Probabilmente i rapporti più corti avvantaggiano più loro che noi scalatrici, però resto dell’idea che ormai comunque devi essere capace di difenderti su ogni terreno. Bisogna avere una certa potenza di base.

La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
A proposito di potenza, ci sembri più tonica, più muscolosa. E’ così effettivamente?

E’ vero, ho lavorato parecchio sulla forza. Io ho iniziato tardi con il ciclismo: quando sono diventata una pro’ avevo già 24 anni. Da quando ho iniziato, anno per anno, ho visto che il mio corpo è cambiato. Già soltanto aumentando la quantità di chilometri ho sviluppato dei muscoli differenti. In più negli ultimi due anni ho introdotto anche la preparazione in palestra e ne ho tratto un gran beneficio.

E’ fondamentale ormai…

E’ così. E’ necessario per poter rispondere agli attacchi, per poter tenere bene in gruppo e non essere al gancio già in pianura. Avere appunto un po’ di watt assoluti è vitale, non conta soltanto un buon rapporto potenza/peso.

Prima hai detto che le tappe per voi scalatrici si contano sulle dita di una mano: e allora qual è il sogno di Erica Magnaldi?

Se dovessi scegliere una corsa mi piacerebbe vincere una tappa. Una di quelle dure del Giro, del Tour. E perché no, magari centrare una top five in classifica generale.