Di Rocco aveva deciso che non si sarebbe ricandidato alla presidenza già ai mondiali di Imola (in apertura è con Bach, Presidente del Cio). Però dice che avrebbe aspettato volentieri il 6 dicembre per annunciarlo, in occasione del 135° compleanno della Federazione Ciclistica Italiana. Stamattina pare non sia riuscito a fare colazione dalle telefonate che ha ricevuto. Tutto sommato era prevedibile, dato che la sua presenza copre più di un terzo di quei 135 anni.
A questo punto, dunque, la contesa elettorale di febbraio vedrà tre candidati di cui abbiamo già esposto le idee: Daniela Isetti, Silvio Martinello e Cordiano Dagnoni.
Al fianco di Isetti
Siccome è prassi che il presidente uscente conceda una sorta di investitura, la prima cosa da chiedere a Renato è se abbia intenzione di schierarsi al fianco di uno dei tre.
«Di sicuro non con Silvio – dice senza esitare – perché ha portato il discorso su polemiche che non si vedevano da tempo. Non entro nel merito della sua squadra, mi limito a dire che al momento quello che più mi preme è che venga ultimata la palestra del centro di Bmx a Verona, in cui proprio oggi stanno scaricando gli attrezzi. E che Montichiari torni al massimo delle sue potenzialità. Mentre una parola voglio spenderla per Daniela Isetti. Sarebbe potuta salire già quattro anni fa, se a me non avessero concesso un altro mandato. Ha ottime competenze e le donne spesso hanno più determinazione degli uomini. L’attività del Centro Studi durante il lockdown e tutti quei corsi che i ragazzi hanno apprezzato sono stati farina del suo sacco ed è giusto che se ne goda il merito».
Una scelta astuta?
Chiaramente ogni mossa in politica ha la doppia lettura e così c’è già chi agita il più classico dei “te l’avevo detto” ragionando sul fatto che Di Rocco, dirigente super esperto, avendo capito la difficoltà di essere rieletto, abbia preferito fare un passo indietro che incassare la sconfitta.
«Quello che ho sempre detto agli atleti – dice Di Rocco sornione – è ritirarsi quando sono ancora in buona forma e per me è arrivato questo momento. Voglio prendermi cura di me stesso e della mia salute. Lo stress dei primi quattro anni non li auguro a nessuno. E forse, se avessi saputo di trovare quella situazione, non avrei accettato di tornare. Ma grazie al ciclismo ho vissuto una carriera che mi ha divertito, per la quale devo essere grato. Sono entrato negli anni peggiori del doping, con Petrucci che dalla presidenza del Coni proponeva di fermare il ciclismo. Invece ci abbiamo messo la faccia e ne siamo usciti meglio di prima. Nei cassetti di Roma c’erano anche 28 vertenze legali, appalti assegnati senza criteri trasparenti. Una situazione che abbiamo risanato e di questo vado fiero. Certo non sarò a Tokyo, ma fino a settembre sarò presente tramite la Commissione dei giudici di gara a vegliare sulle nostre squadre».
Futuro Direttore?
L’ultima domanda riguarda un’altra delle voci o leggende che circolavano, secondo cui Di Rocco stesse cercando di ricavarsi un posto di Direttore Generale della Fci e avesse bisogno di un candidato presidente che glielo permettesse.
«Quello che mi preme dire adesso – prosegue Di Rocco – è che ai candidati lascio strada bianca. E’ giusto che facciano la loro campagna in autonomia, senza che io mi metta di mezzo. Un ruolo dopo l’elezione? Di certo non è un mistero che io abbia delle conoscenze a Roma, in sede sportiva e politica. Come è vero che rispetto ad altri presidenti di federazioni, che hanno costanza di rapporti con certe strutture, io sia stato parecchio lontano dalla Capitale. Se può servire una figura di raccordo fra il palazzo e i nostri uffici, sono ovviamente a disposizione. Direttore Generale? Non l’ho mai fatto, mi manca. Ma non mi dispiacerebbe».