Nutella, thè, gel e tanta testa: la ricetta di Viviani per Monaco

16.08.2022
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«Oggi in bici ho avuto un giorno di down – dice Viviani – abbiamo fatto 50 minuti in pista per provare i rapporti della madison, ma non ne avrei avuto per fare di più».

E’ il pomeriggio dopo l’eccezionale accoppiata fra la prova su strada e l’oro europeo nell’eliminazione. Viviani parla con tono sereno e ancora rimugina sul settimo posto nella volata di Monaco. Il prossimo impegno è l’americana di oggi con Scartezzini, ma la curiosità sulla domenica di Elia è ancora tanta. Soprattutto in relazione a come abbia fatto per recuperare dopo le 4 ore e mezza su strada, prima di scendere finalmente in pista.

Viviani è stato schierato su strada per sostituire Nizzolo, dolorante per una caduta
Viviani è stato schierato su strada per sostituire Nizzolo, dolorante per una caduta

Pane, Nutella e thè

«Il giorno prima della corsa su strada – racconta Viviani – ho chiesto a Diego Bragato (responsabile azzurro della performance, ndr) se fosse fisiologicamente possibile sostenere il doppio impegno. Quando mi ha detto di sì, è scattato il piano. Perciò finita la corsa, abbiamo fatto il debriefing sul pullman e in quelle fasi, invece di mangiare come si fa dopo una corsa, ho bevuto acqua e zuccheri. Poi sono salito in macchina con Amadio e sono andato nell’hotel vicino alla pista. Siamo partiti alle 16 e arrivati alle 16,30. Massaggio alle 17, per cui in quella mezz’ora, ho mangiato quel che ho trovato. Un toast. Una fetta di pane e Nutella e due biscotti. E ho bevuto del thè».

Dopo l’allenamento alla vigilia, Viviani ha chiesto a Bragato se fosse possibile il doppio impegno strada-pista (foto FCI)
Dopo l’allenamento alla vigilia, Viviani ha chiesto a Bragato se fosse possibile il doppio impegno strada-pista (foto FCI)

Da Montichiari a Monaco

Bragato si aggancia al discorso e spiega perché abbia risposto di sì alla domanda di Elia sulla fattibilità del doppio impegno. Dimostrando che spesso al dato oggettivo si debba sommare la personalità dell’atleta.

«La settimana scorsa – dice – avendo saputo che Elia non avrebbe corso su strada, a Montichiari abbiamo lavorato per l’eliminazione. Abbiamo ricreato le situazioni di gara, lui in bici e io in moto. Soprattutto abbiamo simulato le dinamiche di corsa. L’eliminazione non è il computo dei watt medi, ma il modo in cui si ottengono. E’ molto particolare da allenare, per questo si studiano i dati. E devo dire che Elia stava molto bene. Tanto che quando mi ha chiamato Bennati, per chiedermi se fosse in condizione per correre su strada, io gli ho risposto che era pronto.

«Da quel momento, Viviani si è concentrato sulla strada, mettendo l’eliminazione nel cassetto. Solo il giorno prima, come ha detto, ha cominciato a pensare all’accoppiata. Gli ho detto che se la corsa su strada non fosse stata particolarmente dura, piena di scatti e di attacchi, allora avrebbe avuto il tempo per recuperare. Una situazione che in qualche modo mi ha ricordato quello che si fa nei turni fra un quartetto e l’altro. Fisiologicamente l’eliminazione non era da fare. Ma quando uno così si mette in testa di volerlo fare, tutto diventa possibile. Il campione è fatto così!».

La corsa di Monaco ha avuto un andamento regolare e questo ha reso possibile il recupero di Viviani
La corsa di Monaco ha avuto un andamento regolare e questo ha reso possibile il recupero di Viviani

Le cosce doloranti

Elia prosegue nel racconto, facendo sembrare appunto assolutamente normale quel che al pubblico e agli addetti ai lavori è parso davvero sorprendente.

«Aver fatto quella settimana in pista – racconta – è stato decisivo, ma sono certo che se non fosse stata l’eliminazione, ma ad esempio la madison, probabilmente non avrei corso. L’eliminazione è una gara breve, era forse l’ultima occasione di mettere la maglia iridata e sarebbe stata la prima maglia di campione europeo per l’Italia in questa edizione.

«Per cui, dopo aver mangiato, sono andato ai massaggi. Sentivo di avere in particolare le cosce affaticate, per cui ho chiesto che con il massaggio si lavorasse di più lì, confidando nel fatto che poi avrei avuto i rulli per sciogliere. E intanto ho riguardato per dieci volte la volata, massacrandomi per capire che cosa avremmo potuto fare di diverso. Alle 18,30-18,40 sono arrivato in pista».

Bragato gli ha confermato che il doppio impegno fosse fisiolgicamente possibile e Viviani ha deciso di provare
Bragato gli ha confermato che il doppio impegno fosse fisiolgicamente possibile e Viviani ha deciso di provare

L’incubo dei primi giri

Bragato lo ha lasciato in hotel mentre iniziava a reintegrare, con la raccomandazione di darci dentro con i carboidrati. Non era il pasto di uno che deve recuperare, ma la base di uno che doveva correre ancora.

«E’ arrivato in pista un’oretta prima di correre – spiega il tecnico veneto – anche per vedere la pista, che non aveva mai provato. Si è vestito, è salito sui rulli e a quel punto ha iniziato a fare mente locale sulla gara, perché fino a quel momento aveva continuato a parlare della corsa su strada. Di sicuro era stanco, le gambe erano provate. Gli ho detto che avrebbe dovuto tenere duro nei primi 10-15 giri. Ed ero convinto che se fosse riuscito a… scollinarli, avrebbe potuto vincere. I primi giri, anche quelli a vuoto, sono così veloci che possono diventare una trappola. Se Elia aveva la gamba, con quella motivazione non c’era nulla che in pista potesse fermarlo.

«Ma confermo che aver girato in pista la settimana prima lo abbia aiutato per abituarsi al colpo di pedale e al rapporto della pista. A parti invertite, cioè uno stradista messo in pista senza preparazione specifica, non avrebbe tirato insieme nulla. I lavori specifici hanno pagato. E anche se nei primi giri non ci ha capito molto, aver fatto il punto con Villa sugli avversari è stato utile. Senza contare che nell’eliminazione erano gli altri a doversi preoccupare di lui».

I primi giri velocissimi potevano essere il punto debole per Viviani, che invece ha stretto i denti
I primi giri velocissimi potevano essere il punto debole per Viviani, che invece ha stretto i denti

Le scale di corsa

Viviani completa il racconto. E’ ormai nel velodromo e ha indossato il body. Le gambe fanno ancora un po’ male e sono il grosso punto interrogativo.

«Prima di salire sui rulli – racconta – dovevo andare al bagno e c’erano le scale. Le ho fatte di corsa per capire le mie sensazioni. Poi sono salito sui rulli e ho fatto 30 minuti di riattivazione e lavoro sulla cadenza. Non ho mangiato niente di più. Trattandosi di uno sforzo di 10 minuti, ho preferito arrivarci leggermente vuoto. Così ho preso un gel prima di iniziare a girare sui rulli e uno 15 minuti prima di correre.

«Nei primi giri, più che la fatica, mi sono sentito confuso dallo stare in pista. Ho rischiato a girare in basso, ma ho risparmiato tante energie. Ho corso con il 60×16 e sicuramente sono riuscito ad adattarmi grazie ai lavori fatti prima a Montichiari. E alla fine è andata bene. Avrei preferito vincere su strada, ma siamo contenti lo stesso. Pronti per la madison e poi per Amburgo».

L’adattamento al 60×16 della bici da pista è stato possibile grazie ai lavori specifici della scorsa settimana
L’adattamento al 60×16 della bici da pista è stato possibile grazie ai lavori specifici della scorsa settimana

Un settembre caldissimo

La classica tedesca è saltata nelle ultime due edizioni a causa della pandemia e Viviani ne è stato il vincitore nelle tre stagioni precedenti.

«Mi piacerebbe che fosse la corsa del ritorno a un certo livello – sorride – poi andrò a Plouay, anche se è un po’ dura. E poi c’è da capire se andrò al Tour of Britain. Quello per noi della Ineos Grenadiers è come il Tour de France, il posto bisogna guadagnarselo. Per cui il programma di settembre sarà da vedere. Andrò là oppure farò le classiche italiane e magari anche il mondiale. E soprattutto farò ancora tanta pista. A ottobre ci sono i mondiali, un altro momento molto caldo della mia stagione…».

Villa costruisce il gruppo per Monaco (e Parigi 2024)

09.08.2022
5 min
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Marco Villa ha convocato 21 atleti (8 ragazze e 13 ragazzi) per gli imminenti campionati europei di Monaco di Baviera. La nazionale della pista da lui guidata ormai da anni si presenta mai come stavolta con la forza del gruppo e non delle sue stelle.

Gli azzurri e le azzurre sono reduci dalle buone uscite in Coppa del mondo, ai Giochi del Mediterraneo e agli europei giovanili. Ed è da qui che bisogna ripartire, osservare, sperimentare e puntare già da questo appuntamento continentale.

Intanto mentre scriviamo (e leggete) il gruppo di Villa è in prova sul velodromo allestito presso la fiera di Monaco.

La pista di Monaco è allestita nella fiera della città bavarese
La pista di Monaco è allestita nella fiera della città bavarese

Come ci arriviamo?

Vero, e lo abbiamo detto in apertura, mancano alcuni dei pesi massimi. A partire da Filippo Ganna ed Elisa Balsamo, un po’ i capitani di uomini e donne.

«Arriviamo a questo appuntamento continentale – dice Villa – con un gruppo buono che ha fatto vedere buone cose ai campionati giovanili e con un gruppo di esperti che si è ben comportato a Cali, in Coppa. Dico perciò che siamo ben messi e possiamo raccogliere delle buone prestazioni».

«Vero, mancano tre campioni olimpici su quattro (parlando degli uomini, ndr) e non è poco ma forse riesco a recuperare Simone Consonni. Aveva degli impegni con la sua squadra ma sembra abbia ottenuto il via libera. Per il resto l’anno dopo le Olimpiadi è un anno un po’ così: si fanno delle prove, si sperimenta. Vediamo anche le altre nazionali».

Quando Villa dice che guarderà anche alle altre nazionali è per capire se anche loro saranno poi realmente nella condizione dell’Italia. Vuole capire come sono messi, se anche loro hanno un cambio generazionale e come si preparano al biennio olimpico.

«Preferisco guardare queste cose che condividere i problemi! Noi il ricambio lo abbiamo ed è buono. Abbiamo vinto il quartetto agli europei under 23 per esempio».

Il quartetto degli U23 che ha vinto titolo europeo in Portogallo a fine luglio
Il quartetto degli U23 che ha vinto titolo europeo in Portogallo a fine luglio

Prima il gruppo

Impegni con i rispettivi team, infortuni vari, calendari serratissimi… sono problematiche che riguardano anche gli altri e mettere insieme tutti i pezzi non è facile. Per questo il tema del gruppo diventa ancora più importante. E Villa questa parola, appunto gruppo, la usa spesso.

Un buon gruppo di giovani, un buon gruppo di esperti, una certa intercambiabilità…

«Consonni – spiega Villa – se dovesse esserci sarebbe schierato nell’Omnium, che è un po’ più vicino alla strada e non nel quartetto, anche se è uno degli olimpionici. Questo perché un quartetto lo devi preparare e richiede un certo lavoro. Lui invece ha fatto il Giro, poi si è fermato ed ha fatto altro (e neanche è stato benissimo, aggiungiamo noi, ndr) è rientrato al Polonia. Sarei felice se ci fosse».

Scartezzini e Ganna nella madison di Fiorenzuola, un progetto per Parigi 2024
Scartezzini e Ganna nella madison di Fiorenzuola, un progetto per Parigi 2024

Madison non a caso

E la stessa cosa, gruppo e intercambiabilità, riguarda anche Ganna. Anche se Pippo è assente. L’aver fatto la madison con Michele Scartezzini a Fiorenzuola ha una sua ragione d’essere.

«Di quella prova – dice il cittì – mi porto via il fatto che gli allenamenti fatti quasi per scherzo a Montichiari non sono stati vani, che Pippo non è risultato essere un pericolo in pista e ha fatto vedere buone cose. La sua gamba non si discute, tanto che nel finale si è vista la sua netta superiorità. Una volta affinata la tecnica potrà fare bene».

«Questa prova non l’abbiamo fatta solo per divertirci, ma perché a Parigi 2024 le regole saranno ancora più ferree. Non potrò più portare cinque atleti più uno, ma quattro più uno, va da sé quindi che chi fa il quartetto deve essere in grado di fare anche altre specialità. Due che facciano la madison e uno l’omnium».

Barbieri Paternoster 2021
Barbieri e Paternoster agli ultimi Mondiali, saranno presenti anche a Monaco. Il gruppo femminile è netta crescita
Barbieri Paternoster 2021
Barbieri e Paternoster agli ultimi Mondiali, saranno presenti anche a Monaco. Il gruppo femminile è netta crescita

Pianeta donne

Anche su questo aspetto Villa riparte dal gruppo. Anche qui c’è ricambio, sia nel senso di “panchina lunga” sia generazionale.

«In Coppa le ragazze – dice Villa – si sono mostrate competitive e anche le giovani sono andate bene. Per me è importante conoscerle, per loro è importante fare esperienza. Non è come per i maschi che alcuni li ho con me da quando sono juniores e li conosco tecnicamente meglio».

«Non ho la Balsamo e mi dispiace che non ci sia Chiara Consonni. Purtroppo l’infortunio (proprio a Fiorenzuola, ndr) le impedisce di fare sia le gare su pista che quelle su strada. E dispiace perché lei, come le altre, è un elemento importante per il gruppo. 

«Voglio recuperarla per il mondiale, anche se per il mondiale potrò portare meno ragazze e dovrò fare delle scelte».

Miriam Vece è la “portabandiera” della velocità su pista italiana
Miriam Vece è la “portabandiera” della velocità su pista italiana

A tutta velocità

Infine con il cittì si parla di velocità. Per la prima volta da anni, avremmo la possibilità di ottenere dei buoni risultati in un evento tanto importante.

Più di qualcosa si muove. Si è mosso. Ivan Quaranta, a cui Villa ha dato le chiavi di questo settore sta lavorando sodo.

«Per noi – spiega Villa – in questo settore (e in questa fase, ndr) è importante il reclutamento, lo scouting. Dobbiamo cercare altrove e non solo nel ciclismo. Purtroppo abbiamo ancora la mentalità che da noi il velocista deve essere quello che vince la Sanremo e così sin da giovani, se mostra determinate caratteristiche lo si fa lavorare in quella direzione. Ma in realtà un velocista può fare anche altro. Si può anche crescere con il concetto di un velocista alla Maspes, tanto per fare un paragone amarcord».

E l’esempio di Matteo Tugnolo, reclutato dalla bmx calza a pennello.

«Non solo Bmx, dobbiamo cercare anche altrove. Nelle scuole, trovare gente con un certo fisico e certe doti di potenza. Prima avevamo il Centro Studi, oggi il Settore Perfomance, ma magari si può chiedere al Coni stesso. Se per esempio c’è un centometrista dell’atletica che non riesce ad emergere del tutto, però ha passione e voglia di provare, lo si può testare. Un reclutamento a 360 gradi».

Tante specialità, tanti successi. Federica Venturelli non si ferma

29.07.2022
5 min
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Sembra davvero strano sentire Federica Venturelli parlare di riposo. Lei che non si ferma mai, lei che gareggia d’inverno nel ciclocross, nelle altre stagioni su strada alternandola alla pista (e se le rimanesse il tempo, magari farebbe pure mountain bike…). Lei che pure è una ragazza di 18 anni, che si dedica alla scuola, tanto che verrebbe sempre da chiederle “ma dove lo trovi il tempo?”.

Eppure siamo riusciti a centrare il periodo di stacco: «Dopo la lunga trasferta portoghese dovevo staccare un po’ la spina, stare con la famiglia, ma solo per un paio di settimane, c’è tanto da fare e quindi sto per riprendere in mano la bici. Anzi, a dir la verità non vedo l’ora…».

Venturelli linea anadia 2022
L’epilogo della gara in linea di Anadia, con la francese Rayer a beffare Ciabocco e Venturelli, quarta la Pellegrini
Venturelli linea anadia 2022
L’epilogo della gara in linea di Anadia, con la francese Rayer a beffare Ciabocco e Venturelli, quarta la Pellegrini
La trasferta in Portogallo per te è stata lunga fra europei su strada e su pista…

Sì, con due gruppi diversi. Ho visto ripartire le ragazze della strada e sono rimasta lì ad aspettare quelle della pista. E’ stato stancante, ma alla fine sono soddisfatta: un bronzo e un quarto posto nella prima porzione, poi su pista tre titoli (inseguimento individuale e a squadre e omnium, finendo quarta nella madison. Ma alla fine non ne avevo più…

Partiamo dalla prima settimana, quella della strada. Il podio nella prova in linea ti ha sorpreso?

Per certi versi sì. La squadra era improntata su Eleonora (la Ciabocco, ndr), dovevamo lavorare per lei. Ci avevano detto che il percorso era molto duro, ma pensavo sicuramente peggio. Io non credevo di essere così brillante, considerando anche che quest’anno ho avuto il Covid a fine aprile, ero partita senza particolari ambizioni, poi alla fine è arrivato un bel bronzo.

Venturelli quartetto
Il quartetto azzurro, con la Venturelli a destra, che in finale ha battuto la Germania
Venturelli quartetto
Il quartetto azzurro, con la Venturelli a destra, che in finale ha battuto la Germania
Neanche il tempo di rifiatare e ti sei ritrovata a gareggiare su pista…

La difficoltà è stata soprattutto nei primi giorni, riadattarsi alla pista e soprattutto a un impianto diverso da quello di Montichiari. La scorrevolezza era inferiore a quella del nostro centro, ma con le prime uscite ci siamo tutti adattati.

Hai vinto in tre specialità: qual è quella che senti più nelle tue corde?

Sicuramente l’inseguimento individuale, perché non cambia nel suo sviluppo, sei sola contro te stessa, a confrontarti contro il cronometro badando a tanti piccoli fattori personali. Conta soprattutto la gestione dello sforzo come nel quartetto: lì in qualifica avevamo commesso alcuni errori, tanto è vero che poi siamo migliorate di ben 8”, un’eternità.

Venturelli inseguimento
Il podio dell’inseguimento individuale, con Federica fra la Sharp (GBR, seconda) e la Lallemand (FRA, terza)
Venturelli inseguimento
Il podio dell’inseguimento individuale, con Federica fra la Sharp (GBR, seconda) e la Lallemand (FRA, terza)
Nell’omnium come ti trovi?

Ho cercato di sfruttare al meglio le mie caratteristiche, sapevo che dovevo partire forte nello scratch che si adatta meglio alle mie caratteristiche, ho vinto lì andando in fuga e sono rimasta poi sempre in testa in classifica. Vedevo che alle mie spalle la situazione cambiava sempre e dovevo restare sempre concentrata. Quattro gare nella stessa giornata sono davvero pesanti, per questo mi piace meno.

Come mai la scelta poi di fermarti?

Perché la seconda parte di stagione sarà molto ricca: intanto ci sono da preparare i mondiali su pista di fine agosto in Israele, quindi per un mese sarò più concentrata sulla pista con qualche puntatina su strada pensando però sempre a questo obiettivo. Poi vorrei guadagnarmi la selezione per i mondiali su strada in Australia e a seguire inizierò subito con la stagione del ciclocross.

Venturelli Omnium 2022
Federica in fuga nello scratch, una tattica che ha pagato: prima piazza mantenuta fino all’ultimo
Venturelli Omnium 2022
Federica in fuga nello scratch, una tattica che ha pagato: prima piazza mantenuta fino all’ultimo
Conti quindi di continuare nell’attività invernale?

Certo, dà notevoli vantaggi e mi piace molto, poi non riuscirei a stare senza competizioni così a lungo. Per me le gare sono fondamentali per mantenere le motivazioni e la concentrazione in allenamento. Poi il ciclocross dà quelle doti di esplosività che per me sono fondamentali.

Che scuola fai e come ti trovi?

Credo sia una capacità innata. So ad esempio che i tecnici azzurri un po’ mi si contendono, ma a me non può far altro che piacere perché significa che sto facendo le cose giuste. Poi c’è la scuola, riesco sempre a organizzarmi e vado bene anche lì. Il prossimo anno ci sono gli esami di maturità, infatti per questo non penso di cambiare nulla nella prossima stagione.

Venturelli intervista
I suoi successi a ripetizione hanno attirato molte attenzioni in Portogallo
Venturelli intervista
I suoi successi a ripetizione hanno attirato molte attenzioni in Portogallo
Si avvicinano però formazioni WorldTour?

So che c’è interesse per me, ma non voglio neanche pensarci fino alla fine del prossimo anno, per ora c’è troppa carne al fuoco.

Un’ultima cosa: abbiamo già parlato della tua rivalità con la Ciabocco, ora questa rivalità si riverbera anche all’estero, con entrambe sul podio europeo…

Penso che sia un bene per il ciclismo italiano, d’altronde è una rivalità solo in gara, solo per chi segue il ciclismo, ma fra noi non parlerei di rivalità quanto di collaborazione. Se ad Anadia eravamo nella stessa camera è proprio perché andiamo molto d’accordo.

Plebani: «Più fiducia dopo Cali e ora penso agli europei»

16.07.2022
5 min
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A Cali, Colombia, è andata in scena l’ultima prova di Nations Cup su pista. Prova che ha incoronato Davide Plebani nella classifica finale dell’inseguimento individuale (foto Instagram di apertura). Il 25enne bresciano corre da quest’anno nella Work Service di Ilario Contessa e a inizio stagione aveva dichiarato di voler tornare in maniera costante e prepotente sul parquet. La medaglia d’oro conquistata dopo le tre prove disputate tra aprile e luglio dà morale e fiducia, con la speranza di ritagliarsi un posticino agli europei ad agosto. 

Plebani a sinistra insieme a Milan, il bresciano grazie al secondo posto conquistato a Cali ha vinto la Nations Cup (Photo RS)
Plebani (a sinistra di Milan)grazie al secondo posto di Cali ha vinto la Nations Cup (Photo RS)

Una Colombia dorata

Cali, nella terza ed ultima prova di Nations Cup, sorride a Plebani che raccoglie i frutti di una prima parte di stagione che non può lasciarlo indifferente. 

«Non mi fermo – ci dice Davide convinto – sono tornato il 12 dalla Colombia e sono andato direttamente in altura, dove starò fino al 20 luglio. Avevo fatto un po’ di altura prima ed ora ho deciso di dare un altro colpetto, così da tenere una buona condizione. L’obiettivo di inizio stagione era quello di tornare su pista con costanza e direi che ci sono riuscito, ho lavorato molto per questo. Sono stato anche l’unico a fare tutte e tre le prove di Nations Cup : Glasgow, Milton e Cali».

Il gruppo degli azzurri alla Nations Cup di Cali festeggia i successi ottenuti (foto Federciclismo)
Il gruppo degli azzurri alla Nations Cup di Cali festeggia i successi ottenuti (foto Federciclismo)

Viaggi molto lunghi

Ma come si è preparato Plebani per arrivare pronto a tutti e tre gli eventi? Quattro mesi sono lunghi e mantenere alto il livello di condizione non è facile, serve testa ed un programma di allenamento ben studiato.

«Le prove di Coppa iniziano il giovedì e finiscono la domenica- racconta Plebani – solitamente si andava nel luogo della corsa il lunedì, così si aveva il tempo giusto per adattarsi ai vari fusi orari e per far girare un po’ la gamba. Si facevano dei lavori ad alta intensità, con qualche richiamo sulla forza ma a bassa frequenza cardiaca, per non affaticare il corpo, che dopo viaggi così lunghi aveva bisogno di adattamento. Le settimane prima delle gare facevo dei lavori specifici su pista. Tranne per l’appuntamento di Cali, dove, in accordo con la squadra, ho fatto il Giro del Veneto, che è finito il 2 luglio ed il 3 siamo partiti per Cali».

Plebani a sinistra, è stato l’unico azzurro a correre tutte e tre le tappe di Nations Cup, qui a Milton (foto Federciclismo)
Plebani a sinistra, è stato l’unico azzurro a correre tutte e tre le tappe di Nations Cup, qui a Milton (foto Federciclismo)

Il rapporto con la Work

Alla luce del fatto che Davide sia andato a correre il Giro del Veneto prima della decisiva trasferta di Cali, ci si chiede come abbia lavorato per arrivare pronto alle tre prove di Nations Cup .

«Con Contessa – riprende – ho un rapporto trasparente e di assoluta fiducia, sia mia nei suoi confronti che viceversa. Sono sempre a disposizione della squadra, quando mi sento in condizione o penso di aver bisogno di lavorare un po’ su strada glielo dico e mi metto a sua completa disposizione. Per allenarmi e lavorare al meglio ho un preparatore personale con cui mi confronto tutti i giorni.

«Sono consapevole che, curando molto la pista, quando arrivo a correre su strada faccio un po’ più di fatica, però quando serve non mi tiro indietro. Ad esempio, prima del Giro del Veneto mi sentivo bene e ho chiesto a Contessa di poter fare qualche sprint. Poi però nella settimana precedente la corsa non mi sono allenato su strada perché ho lavorato per far bene a Cali e ho perso un po’ di condizione. Così ho rivisto i miei piani e sono stato di supporto a Lucca».

Il confronto con il suo diesse Contessa è costante, i due collaborano e si fidano l’uno dell’altro (foto Scanferla)
Il confronto con il suo diesse Contessa è costante, i due collaborano e si fidano l’uno dell’altro (foto Scanferla)

E con Villa?

«Marco – spiega Davide – non ci dice cosa dobbiamo fare, siamo noi che dobbiamo organizzare la nostra preparazione. Sei tu atleta che devi arrivare pronto agli appuntamenti o al ritiro su pista, non importa come. La cosa fondamentale è che quando gira, il cronometro dica che hai lavorato bene. Con Marco ho un livello di comunicazione migliore rispetto agli altri anni, mi confronto spesso con lui e gli dico tutte le mie sensazioni e i miei impegni. Per farvi un esempio: dopo Milton sono andato in down, le coppe erano vicine ed ero troppo “tirato”. Ho fatto esami del sangue e avevo tutti i valori al minimo. Ne ho parlato con lui e mi ha consigliato di andare in altura, di riprendermi e tornare poi per Cali».

Villa 2021
Villa non interviene nella preparazione dei corridori, con loro si confronta ma lascia libertà
Villa 2021
Villa non interviene nella preparazione dei corridori, con loro si confronta ma lascia libertà

Obiettivo europei

Dopo aver raccolto un bel risultato come quello della Nations Cup, è giusto anche guardare con speranza e fiducia al futuro. Davide ha voglia di guadagnarsi la fiducia di Villa e tornare a respirare aria di nazionale anche negli eventi più importanti.

«Ora il mio programma di lavoro – conclude Plebani – prevede qualche giorno in altura, scenderò il 20 luglio. Farò qualche giorno di adattamento e andrò probabilmente a correre alla “Sei giorni di Fiorenzuola” dall’1 al 6 agosto. In teoria andremo con qualcuno della nazionale e dovremmo fare la mattina allenamenti ed il pomeriggio le gare. Far parte della squadra degli europei nell’inseguimento individuale sarà tosta, visto che i posti saranno solamente due. Riuscire a far parte della squadra dell’inseguimento a squadre rimane l’obiettivo più concreto, anche se sarà molto difficile, vedremo cosa succederà».

Bianchi, a un passo da Aigle, poi la chiamata di Quaranta

27.05.2022
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Dalla nostra intervista con Ivan Quaranta, da quest’anno collaboratore tecnico del cittì Marco Villa per il settore velocità, è emerso come la Federazione stia iniziando a lavorare per far emergere anche queste discipline, finora un po’ trascurate. Uno dei ragazzi simbolo del movimento della velocità su pista è Matteo Bianchi, che aveva già le valigie pronte per andare al centro UCI di Aigle. Invece, con il progressivo aumento dell’interesse nel suo settore è rimasto, per lavorare fianco a fianco con Ivan Quaranta.

Intercettiamo Matteo appena rientrato da un allenamento, il gruppo velocità si trova in Germania, alle porte di Berlino per un weekend di gare. Matteo e compagni hanno appena concluso un lungo viaggio ed hanno fatto un’oretta per “sciogliere” le gambe.

Ai mondiali juniores del 2019, per Bianchi arriva il bronzo nel chilometro da fermo
Ai mondiali juniores del 2019, per Bianchi arriva il bronzo nel chilometro da fermo
Allora Matteo, mentalmente eri già a Aigle?

Praticamente. In Svizzera c’è il centro federale dove vengono accolti atleti da tutto il mondo, soprattutto di Nazioni minori. Non che l’Italia lo sia, ma nella disciplina della velocità il movimento scarseggiava, così per crescere e maturare ero pronto a partire con zaino e bici in spalla.

Cosa avresti fatto al centro UCI?

Per far fruttare al meglio il lavoro ed avere dei risultati il tempo da dedicare all’attività è molto, sarei rimasto lì dai sei mesi all’anno. Il centro mette a disposizione tutto quel che serve per allenarsi: pista, ovviamente, tecnici e palestre. Questo “erasmus” mi avrebbe permesso di avere stimoli diversi, confrontarmi con altri atleti e di crescere e maturare più velocemente. 

Sei giovane, del 2001, sarebbe stata anche un’esperienza di vita…

Sicuramente, a questa età prendere una decisione del genere sarebbe stato importante. Tuttavia non ci avrei pensato due volte, se si ha un obiettivo bisogna fare di tutto per raggiungerlo.

Il keirin è la seconda disciplina portata avanti da Matteo Bianchi
Il keirin è la seconda disciplina portata avanti da Matteo Bianchi
Invece è partito il gruppo della Nazionale, contento?

Sì, perché vuol dire che qualcosa si è mosso ed è importante. A livello di preparazione o di motivazioni andare in Svizzera non mi avrebbe frenato, come imparo qui avrei imparato anche lì. Sono uno che si adatta a quel che gli dicono di fare. Le esperienze alla fine le fai anche qui, vai in trasferta, impari a gestirti…

E’ un progetto appena partito, come sta andando?

Siamo da poco in movimento ma siamo motivati, con Quaranta lavoriamo bene, Villa rimane un punto di riferimento ma Ivan (Quaranta, ndr) sta facendo molto. Stiamo creando un bel gruppo, io sono il più grande, è un bel passo in avanti per tutti, anche perché riusciremo a fare tante gare e questo ci permetterà di maturare molto.

Per te che sei stato un po’ l’apripista tra gli atleti deve essere una bella soddisfazione…

Quella che la Federazione ci ha dato è una bella possibilità, fino a qualche anno fa non c’era questo movimento, ora grazie a Quaranta e Villa inizia ad esserci interesse verso la pista. Avere concorrenza tra atleti della stessa nazionale ed allenarsi tutti i giorni con un gruppo è molto accattivante ed è uno stimolo a lavorare ancora di più. Poi da poco si è unito anche qualche ragazzo dalla BMX, è un bel binomio quello che si sta venendo a creare.

Matteo e compagni negli allenamenti settimanali alternano pista e strada
Matteo e compagni negli allenamenti settimanali alternano pista e strada
I successi e le vittorie ottenute sono state uno stimolo nel far crescere il settore della pista in Italia?

Tutto quello che di positivo è arrivato ha contribuito a far sempre meglio, si pensi all’oro di Viviani a Rio e a quello del quartetto a Tokyo. Anno dopo anno si è cercato di ampliare il settore e migliorare tutte le discipline, ora è giunto il momento della velocità.

Hai accennato alle gare, quanto è importante confrontarsi con il resto del mondo?

Fa capire che c’è ancora tanto da fare e bisogna lavorare, ma direi che sicuramente è uno stimolo in più. Arrivare a competere con le Nazioni più attrezzate, come Francia, Germania, Inghilterra ce ne vuole.

Come lavori con Quaranta e tutto il gruppo?

Abbiamo due giorni a settimana dedicati all’attività su pista vera e propria e come tutti ci alleniamo a Montichiari. Poi a questo si unisce una buona parte di allenamenti si strada dove si allenano le partenze da fermo, volate, volate agili, la forza, la frequenza a la resistenza alla velocità. Un ruolo importante, di supporto e preparazione, lo giocano anche la mia squadra la Campana Imballaggi Geotex con Alessandro Coden ed il gruppo dell’esercito .

A che età arriva la maturazione in queste discipline?

Beh io ho visto che dalla categoria juniores a quella under 23 o elite cambia tutto: fisico, rapporti, e modo di correre. Quando cambi categoria e vedi quanto sono maturi gli altri atleti e che modo di correre hanno, via via più affinato. Secondo me intorno ai 25 anni hai il momento un po’ più prestante ma poi si rimane competitivi fino ai 30, anche di più.

Al momento, in partenza Bianchi usa il 63×13-14. I big spingono anche il 70
Al momento, in partenza Bianchi usa il 63×13-14. I big spingono anche il 70
Questo a testimoniare che sei, siete ancora molto giovani…

Sì, non ci facciamo prendere dalla fretta, il tempo è dalla nostra parte

I prossimi impegni quali saranno? 

Ne avremo ancora molti, il più importante sarà il campionato europeo U23. E’ un primo step per capire come siamo messi e che livello avremo raggiunto dopo quasi un anno di lavoro.

Ermenault 2017

Ermenault, un “nemico” di Ganna davvero unico

16.05.2022
5 min
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La storia dei fumetti insegna che un buon supereroe è tale se ha un avversario che lo rende tale. Non è detto che sia il cattivo di turno, ma deve essere alla sua altezza. Se proviamo a leggere la storia dei grandi sportivi, succede lo stesso e Filippo Ganna non è esente da questa regola. Anche perché il suo fiero avversario, Corentin Ermenault non ha solo varie sfaccettature come si conviene a un personaggio vero, ma è anche figlio di un altro avversario storico.

Bisogna tornare indietro alla fine del secolo scorso e alla parabola di Andrea Collinelli, colui che vinse le Olimpiadi di Atlanta 1996. Lo fece battendo proprio Philippe Ermenault, che veniva dalla conquista dell’oro nell’inseguimento a squadre. Rispetto ad oggi, dobbiamo però dire che le parti erano per certi versi inverse: Ermenault era il campione affermato, Collinelli quello che voleva scalzarlo dal trono. E ci riuscì nell’occasione più importante. Poi, soprattutto durante i mondiali, le loro storie si intrecciarono con vittorie e sconfitte da entrambe le parti. Come è giusto che sia quando si parla di supereroi e superavversari…

Ermenault Ganna 2016
Il francese vincitore agli europei 2016, battendo Ganna in finale, terzo Beukeboom (NED)
Ermenault Ganna 2016
Il francese vincitore agli europei 2016, battendo Ganna in finale, terzo Beukeboom (NED)

Calciatore per 10 anni

Philippe a dir la verità non avrebbe voluto che Corentin seguisse le sue orme: «Mi ha proibito di andare in bici prima dei 14 anni – racconta il 26enne di Amiens – per 10 anni mi ha fatto giocare al calcio per sfogare la mia passione sportiva. Diceva che ci si stanca presto di andare in bici, oppure che se da giovane vinci tanto, poi passi di categoria e puoi non vincere più, così ti demoralizzi e molli. Voleva che io evitassi tutte queste delusioni».

Corentin Ermenault ha però seguito la sua vocazione e ha fatto balzi da gigante, ma ha dovuto fare i conti anche con quelle stesse delusioni. Nel ciclismo di oggi è davvero difficile “vivere” solo di pista: Corentin ha fatto subito vedere che nelle sue vene scorre il sangue del campione predestinato e pur nell’epoca di Filippo Vincitutto si è guadagnato i suoi spazi, con un bronzo mondiale nel 2017 e soprattutto 4 ori europei di cui due nell’inseguimento individuale, nel 2016 e 2019. Si è dedicato alla strada, nel 2019 è approdato al Team Wiggins e l’anno dopo alla Vital Concept per due stagioni, ma non ha mai trovato la sua dimensione.

Ermenault padre 2016
Corentin con il padre Philippe, oro e argento olimpico e con 2 ori e 4 medaglie mondiali (foto DR)
Ermenault padre 2016
Corentin con il padre Philippe, oro e argento olimpico e con 2 ori e 4 medaglie mondiali (foto DR)

«I pro’ non fanno per me…»

«Nei pro’ non mi piaceva, non amavo quel mondo, quell’essere irregimentati in strategie, allenamenti e tabelle a catena di montaggio. Per me la bici è altro, deve avere sempre quella vena di sregolatezza che fa parte della mia vita, io sono un po’ fuori dagli schemi e non mi ritrovo in questo ciclismo, io sono fedele al mio motto: “Sii serio ma senza prenderti troppo sul serio”. Quel mondo mi venne a disgusto, tanto è vero che nel 2020, complice anche il lockdown, la bici non l’ho neanche voluta vedere».

La sua storia ciclistica sembrava conclusa, ma come in qualsiasi storia (anche fumettistica) c’è sempre il colpo di scena, che nel suo caso si concretizza in una telefonata. Dall’altra parte c’è la federazione ciclistica francese e a Corentin arriva una proposta davvero inaspettata: riprendere a correre per le Olimpiadi di Tokyo, ma non per quello che pensa. Gli chiedono infatti di provare a fare da guida ad Alexandre Lloveras, atleta ipovedente nell’inseguimento su tandem per i Giochi Paralimpici.

«All’inizio, di fronte a quella proposta mi sentii preso in contropiede – racconta Ermenault – e dissi di no, ma mi hanno dato le giuste motivazioni e così ci ho ripensato e mi sono rimesso a pedalare».

Ermenault Lloveras 2021
Corentin con Alexandre Lloveras, oro alle Paralimpiadi di Tokyo (foto C.Picout)
Ermenault Lloveras 2021
Corentin con Alexandre Lloveras, oro alle Paralimpiadi di Tokyo (foto C.Picout)

Timone verso Parigi 2024

Risultato finale: oro a Tokyo per entrambi. «Quella vittoria è stata per me qualcosa di fondamentale, di magico, da condividere con una grande persona. Mi è rivenuta voglia, probabilmente senza quell’idea non avrei mai ripreso, invece ora sono qui che sogno Parigi 2024».

Gareggiare a Parigi, portare il quartetto sul tetto olimpico come fece suo padre 28 anni prima. Si è visto subito che con lui in squadra il quartetto francese va che è un piacere e lo stesso cittì azzurro Marco Villa ha segnalato la squadra transalpina come una delle grandi novità del panorama mondiale, già ridisegnato dopo i successi azzurri dello scorso anno. Per Ermenault è una grande chance: «Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal coinvolgimento per Parigi 2024, trovo tutto ben strutturato e professionale, si lavora su un progetto ma all’insegna della libera espressione. Mi piace dove stiamo andando».

Ermenault clacson 2022
Ermenault con il suo buffo clacson sul manubrio (foto Jerome Dutac)
Ermenault clacson 2022
Ermenault con il suo buffo clacson sul manubrio (foto Jerome Dutac)

…Ma attenti al suo clacson!

Corentin ha così ripreso a pieno ritmo. A Glasgow, nella prima di Coppa del Mondo (dove Ganna per inciso ha fatto solo l’inseguimento a squadre) ha vinto sia la gara di quartetto che l’inseguimento individuale realizzando anche il nuovo record francese in 4’05”644. Per poter seguire il suo sogno, si è anche rimesso a gareggiare su strada.

Ora Ermenault fa parte dell’AVC Aix-en-Provence e compete soprattutto nelle gare nazionali valide per la Coupe de France. E’ tornato anche a competere nelle corse a tappe, in particolare il Tour du Loir et Cher cogliendo anche un terzo posto nella frazione finale. Ma a chi gli chiedeva che cosa avesse provato, Corentin ha dato una delle sue risposte spiazzanti: «200 chilometri non sono per me, col passare dei chilometri faccio sempre più schifo perché non riesco tanto a concentrarmi. Mi annoio…». Sulla sua bici faceva bella mostra uno strumento fuori dal tempo: un clacson a pompetta, con il quale ogni tanto dava una svegliata a compagni e avversari: ve lo immaginate Ganna in mezzo al gruppo del Tour a suonare il clacson?

Villa: dribbling con squadre e strada. Il 2022 sarà un “tetris”

12.04.2022
4 min
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Il calendario delle gare su strada è sempre più nel pieno e anche quello della pista ha iniziato a fare capolino. Urge dunque fare il punto con Marco Villa, il cittì padrone di casa del parquet. Dopo la sbornia dello scorso anno tra successi olimpici e iridati e allenamenti di squadra ponderati al millimetro, quest’anno le cose sembrano essere partite in sordina. E un po’ si sapeva.

Il 2022 è anno di grossi cambiamenti, anche tecnici. Cambiamenti che riguardano lo stesso Villa, il quale si ritrova a gestire anche la nazionale femminile.

Marco Villa (classe 1969) quest’anno avrà un bel da fare per avere gli atleti e le atlete a disposizione e in buone condizioni
Marco Villa (classe 1969) quest’anno avrà un bel da fare per avere gli atleti e le atlete a disposizione e in buone condizioni
Marco dopo l’anno olimpico e in attesa dei grandi appuntamenti, sembra una stagione più tranquilla…

Apparentemente sembra così. Tuttavia la prossima settimana a Glasgow inizia la Coppa del mondo. Ci andiamo un po’ guardando la prestazione e un po’ le esigenze di calendario. Non ci sono molti atleti, ma la Coppa bisogna farla se poi si vuol fare anche i mondiali, anche se non è certo questo il modo migliore per prepararla.

Cioè?

Bisogna che gli atleti partecipino, altrimenti per regolamento non possono fare i mondiali. Simone Consonni sta preparando il Giro e Ganna verrà nella settimana successiva alla Roubaix. Viviani, più o meno, la stessa cosa. Immagino che Pippo verrà in Scozia per attaccare il numero alla schiena. La interpreto come un lasciapassare per il mondiale.

E vale anche per le donne?

Vale anche per loro: sì. Loro sono quasi tutte su in Nord Europa per le classiche. Le ho viste poco e quasi sempre singolarmente. Non ne avevo 4 o 5 per provare un quartetto, per dire… Ma questo è stato il primo approccio e okay: avanti così.

Questa situazione riguarda anche le altre nazionali?

Questo non lo so, io guardo alla mia e dopo lo scorso anno credo che siano gli altri che guardano all’Italia. Se do un occhio alle ragazze che stanno correndo, sono le stesse che avrò a Glasgow. E’ un gruppo che conosco poco, ho poche indicazioni e alcune non hanno una grande esperienza.

Ganna e Viviani, andranno a Glasgow dal prossimo 21 aprile, ma l’avvicinamento non sarà dei migliori
Ganna e Viviani, andranno a Glasgow dal prossimo 21 aprile, ma l’avvicinamento non sarà dei migliori
Il lavoro ti si è raddoppiato da quando segui anche le donne?

Non del tutto perché non ho più gli junior che invece segue Salvoldi. E per questa categoria c’è alle spalle un grosso lavoro di scouting, di preparazione. Con Dino ci siamo confrontati e stiamo cercando di dare loro lo stesso metodo di lavoro, così che quando passeranno under 23 abbiano acquisito certi metodi. 

Però hai le donne junior…

Esatto, e faccio lo stesso lavoro, però va detto che loro sono meno in numero rispetto ai maschi della stessa categoria. Pertanto dai: non è del tutto raddoppiato il lavoro!

Secondo te quando potrai avere i tuoi atleti e le tue atlete veramente a disposizione?

Io credo che quest’anno sarà un po’ così. Bisognerà adattarsi. Soprattutto con le donne cercherò di far capire a loro e ai rispettivi team qual è il mio metodo di lavoro, così come ho fatto con gli uomini nel corso degli anni. Non pretendo di averle tutte per 15 giorni consecutivi, voglio e spero di guadagnarmi la fiducia e il rispetto dei loro team manager, dei loro diesse per concertare insieme il lavoro. Mi rendo conto che non sarà facile. Ci saranno Giro, Tour, europei su strada, Giochi del Mediterraneo… tanti impegni. Gli europei su strada sono quasi concomitanti con quelli su pista. Bisognerà trovare il giusto equilibrio.

Chiara Consonni e Vittoria Guazzini (rispettivamente a sinistra e destra della Norsgaard) sono impegnate nelle classiche del Nord
Chiara Consonni e Vittoria Guazzini (rispettivamente a sinistra e destra della Norsgaard) sono impegnate nelle classiche del Nord
Un vero “tetris”… Di fatto ormai con il WorldTour anche il calendario femminile è bello pieno…

Io sono contento per le donne. Sono contento che comincino ad avere un calendario che renda giustizia all’attività. Prima era ridotto e per poche elette. Quello che mi sembra di capire, piuttosto, è che non ci siano ancora abbastanza ragazze da poter fare la doppia (o tripla, ndr) attività. Gli organici sono ancora piccoli e va a finire che le più forti corrono sempre.

Marco, è questo l’anno per curare altri aspetti come magari far crescere dei giovani, sviluppare questo o quel materiale, perfezionare un cambio?

Il lato tecnico lo curiamo sempre. E sempre cerchiamo la perfezione. Sul fatto che i giovani possano crescere lo do per scontato: devono continuare a crescere, anche solo perché più vanno avanti e più maturano fisicamente.

E potrebbe essere anche l’anno buono per fare qualche cambio nel quartetto?

Come vedete sono gli impegni che lo impongono e i cambi li faccio ben volentieri. C’è più spazio per i giovani e per chi ha lavorato dietro le quinte. E poi come ho già dimostrato alle Olimpiadi di fronte alle prestazioni, di fronte al cronometro non discuto: va in squadra chi va più forte… a prescindere dal nome.

Il giro d’Italia di Salvoldi, alla scoperta degli juniores

02.03.2022
5 min
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Dino Salvoldi è nel bel mezzo di un vero e proprio Giro d’Italia. Inizialmente ha dovuto affrontarlo con qualche meeting online, come ormai d’abitudine negli anni della pandemia. Poi con il miglioramento della situazione sanitaria, ha potuto incontrare di persona responsabili tecnici dei comitati regionali e diesse delle principali realtà juniores del nostro Paese (in apertura con Alessandro Mansueto, tecnico del Comitato regionale siculo). Una presa di contatto necessaria, dovendo appropriarsi della “macchina” lasciatagli in eredità da De Candido all’indomani della rivoluzione tecnica decisa in Federazione.

Molto da fare

Il suo taccuino va riempiendosi di ora in ora di spunti, idee, nomi. La stagione è ormai al via e il lavoro da fare è tanto. L’ex tecnico della nazionale femminile è molto attento nelle parole, quasi uno studente di fronte a una nuova materia, ma parlando emerge sempre la sua conoscenza estrema di questo mondo.

«Ho trovato molti punti in comune fra tante squadre – dice – anche molto lontane fra loro geograficamente parlando. In generale va detto che le società sono nella stragrande maggioranza ben strutturate, al passo con i tempi per mettere i ragazzi nella miglior condizione per praticare l’attività ed emergere. Detto questo, è anche vero che c’è molto da fare».

Juniores strada 2021
Il calendario nazionale juniores su strada prevede quest’anno 36 gare
Juniores strada 2021
Il calendario nazionale juniores su strada prevede quest’anno 36 gare
Una delle principali lamentele che vengono dal settore è la disparità nell’attività in base alla provenienza geografica: pensi che questa si traduca in una diversa professionalità?

No, ho trovato realtà estremamente efficienti al Nord come al Sud, sia a livello di gestione regionale che di singole società. Il problema è che l’epicentro dell’attività è e resta nel Nord e questo costringe le realtà centro-meridionali a costosi viaggi, ma il confronto è fondamentale per permettere ai ragazzi di crescere. E’ un problema che esiste da sempre e non è facilmente gestibile. A ben guardare poi, lo stesso problema ce lo troviamo di fronte anche in ambito internazionale. L’attività principale si svolge nel Nord Europa e questo ci impone di programmare trasferte per affrontare il meglio della categoria.

Come hai strutturato i tuoi giri?

Ho cercato di visitare le società durante i loro ritiri prestagionali, soprattutto nel periodo delle vacanze natalizie, non dobbiamo dimenticare che abbiamo a che fare con una fascia d’età dove bisogna far coincidere lo sport con la scuola. Dopo un’ampia prima tornata di incontri abbiamo previsto 4 giorni di valutazione funzionale. Alla fine ho ricavato un elenco di una settantina di nomi sui quali lavorare per il settore della pista. Per loro prevederemo allenamenti e incontri con cadenza settimanale.

Tornando al discorso geografico, dal punto di vista dell’impegno hai notato qualche disparità?

No, anzi. L’impegno è massimo a qualsiasi latitudine, ma quel che mi ha favorevolmente colpito è che ho trovato competenze trasversali e disponibilità a mettersi in discussione, a trovare la via giusta per proporre ai ragazzi programmi di allenamento ben strutturati. Inoltre ho notato che dappertutto ormai si lavora attraverso non solo tabelle di allenamento, ma anche consulenze nutrizionali e biomeccaniche.

Juniores pista 2021
Il quartetto juniores su pista 2021: Belletta, Colosio, Romele e Violato arrivati al record di categoria (foto Sportphoto.nl)
Juniores pista 2021
Il quartetto juniores su pista 2021: Belletta, Colosio, Romele e Violato arrivati al record di categoria (foto Sportphoto.nl)
E’ pur vero però che in base alla provenienza, i ragazzi hanno un cammino diverso per emergere…

Il problema resta il confronto, senza il quale non si può crescere. Quando gareggi in prove con decine di partecipanti, è molto diverso se alla partenza ce ne sono 150 e più. Per questo è necessario che ci siano appuntamenti di riferimento, sfide realmente nazionali. Sarebbe davvero bello se ci fossero gare di livello nazionale al Sud con la partecipazione delle società di Nord e Centro. E’ un tema sul quale dovremo ragionare in Federazione.

Hai parlato di un gruppo molto ampio per la pista. E la strada?

Attendiamo le prime prove per avere un’idea precisa. Intanto ho condiviso l’idea di riunire gli specialisti della strada con quelli delle gare endurance su pista, in modo da rendere più facile programmare la stagione.

D’altronde è ormai voce comune che procuratori e squadre guardino soprattutto a questa categoria, più che agli under 23.

E’ indubbio che la categoria abbia assunto un’importanza enorme rispetto al passato e questo non passa inosservato in seno alle società. Da più parti sono state fatte proposte soprattutto di richiesta di modifica delle normative per la partecipazione alle gare.

Juniores Pasqualotto 2021
Enrico Pasqualotto vincitore del Trofeo La Colombera 2021. La gara aprirà il calendario il 27 marzo (foto Scanferla)
Juniores Pasqualotto 2021
Enrico Pasqualotto vincitore del Trofeo La Colombera 2021. La gara aprirà il calendario il 27 marzo (foto Scanferla)
Com’è stato l’approccio con i ragazzi? Avere a che fare con colui che ha creato il fenomeno del ciclismo femminile ricco di successi li ha messi in soggezione?

Inizialmente da parte di qualcuno c’era un po’ di timidezza nel comunicare le loro impressioni, ma nel complesso ho trovato molta disponibilità e voglia di farsi conoscere. Io ci metto il massimo impegno, so d’altro canto che sarò chiamato a delle scelte sempre difficili e so per esperienza che nella memoria restano solo quelle negative, di chi si è sentito escluso, mai quelle positive… Nessuno ricorda quante volte è stato chiamato in nazionale, ma rammenta benissimo quand’è stato escluso.

Parlavi di un ampio gruppo per la pista. E la strada?

Vedremo in base alla stagione. L’idea è sempre avere un’ampia base dalla quale tirar fuori un gruppo ristretto. I tempi sono un po’ tiranni, anche per l’attività su pista le prime due prove di Nations Cup mi impongono di riferirmi soprattutto a quanto fatto lo scorso anno. Non c’è il tempo materiale per un esame delle condizioni attuali dei ragazzi. Avremo molto da fare e molte trasferte da affrontare, perché è solo con quelle che si cresce.

Tormena 2022

Tormena, tra pista e Bmx passa la… strada per i Giochi

23.02.2022
5 min
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La notizia l’aveva data Tommaso Lupi: sta per nascere la nazionale femminile di Bmx e in squadra ci sarà Gaia Tormena, la “vincitutto” dell’Mtb Eliminator, la specialista della velocità su pista, la ragazza che si divide fra Mtb e strada. Una ciclista dalle mille vite a dispetto della giovanissima età, ma che sta ancora cercando la sua via e chissà che questa non passi per la bici che solitamente si usa agli inizi, ma che lei non conosceva ancora, prima che Lupi gliene parlasse.

«L’idea è nata parlando con lei al Giro d’Onore – ricorda Lupi – e la ragazza l’ha subito accettata con entusiasmo. La sua presenza ha due motivi fondanti: il suo livello tecnico di prim’ordine e la carenza assoluta di praticanti. Avevamo bisogno di un cardine per fondare un nuovo gruppo e lei potrebbe fare al caso nostro».

Tormena Mondiali 2021
Gaia, valdostana del 2002, vanta già 2 titoli mondiali e 3 europei nell’eliminator e un europeo junior nella velocità a squadre
Tormena Mondiali 2021
Gaia, valdostana del 2002, vanta 2 titoli mondiali e 3 europei nell’eliminator e un europeo junior nella velocità a squadre

Una bici mai vista prima

C’è solo un piccolo problema: Gaia prima del raduno di febbraio non era mai salita su una Bmx.

«E’ una bici difficile da gestire – è consapevole Lupi – servono ore di pratica per “addomesticarla”, ha una rigidità che non perdona nulla, ma lei lo sa e anzi questo la incuriosisce e motiva ancor di più. E’ chiaro che è un esperimento, non possiamo fare pronostici su come e quando potrà gareggiare, su dove potrà arrivare. Sarà un continuo work in progress, ma noi dobbiamo guardare a un progetto più ampio. Costruire un gruppo solido con il quale puntare alle Olimpiadi, presumibilmente quelle di Los Angeles 2028. Gaia potrebbe essere il riferimento, ma vorrei coinvolgere anche Camilla Zampese, grande talento da giovanissima, che non avendo avversarie era costretta a gareggiare con i maschi fino a perdere motivazione e ritirarsi anzitempo. E’ rimasta ad allenare, sarà utile al progetto».

Già, le Olimpiadi. Per certi versi sono il tormento di Gaia. Considerando la sua giovane età, stiamo parlando di una delle atlete più vincenti dello sport italiano, il problema è che l’eliminator non è disciplina olimpica e non lo sarà (almeno a breve) quindi per coronare il suo sogno bisogna intraprendere un’altra strada e da questo nasce l’idea di provare ogni disciplina.

«Dalle mie parti c’è una pista da Bmx – racconta la campionessa mondiale – ma io l’ho sempre affrontata con la Mtb da cross country. Era divertente, ma so che la Bmx è un’altra cosa».

Tormena Graz 2021
A Graz (AUT) la Tormena si è ripresa il titolo mondiale perso al fotofinish nel 2020 (foto Uci)
Tormena Graz 2021
A Graz (AUT) la Tormena si è ripresa il titolo mondiale perso al fotofinish nel 2020 (foto Uci)
Solitamente è una bici con la quale si acquisisce confidenza da bambini…

Infatti inizio molto tardi, ma a me piacciono le sfide impossibili, mi butto abbastanza. Dicono che bisogna vincere la paura nell’affrontare quelle piste, ma a me non spaventano. Dovrò prendere la mano con le fasi di volo. Servirà pratica, tanta pratica…

Hai mai visto le gare di Bmx?

In Tv, non dal vivo. Sono spettacolari, ma rispondono abbastanza alle mie caratteristiche, devi essere esplosivo, capace di rilanciare e guidare di continuo. Con l’eliminator i punti in comune non sono poi tantissimi, le gare di Bmx durano molto meno.

Quanto tempo ti sei riproposta di impiegare per prendere confidenza?

Difficile a dirsi, credo che un paio d’anni di pratica, crescendo passo passo, siano necessari, ma questo potrò saperlo solo provando.

Raduno Bmx 2022
Al primo raduno 2022 della Bmx a Vigevano, la Tormena ha fatto le sue prime esperienze (foto Fci)
Raduno Bmx 2022
Al primo raduno 2022 della Bmx a Vigevano, la Tormena ha fatto le sue prime esperienze (foto Fci)
E’ una strada nuova verso il tuo sogno olimpico…

Di Olimpiadi mi parlano almeno una volta a settimana… Sicuramente è un sogno, ma non è per questo che non ho ancora trovato la mia strada. Il fatto è che ottengo risultati in tante discipline e questo mi impedisce di scegliere. E’ come se fossi alla stazione, dove ci sono tanti treni in partenza e non so quale prendere…. Devo capire qual è quello giusto per il mio futuro. Quel che è certo è che io voglio correre in bici perché so di farlo bene.

C’è anche la pista…

Sì e non l’abbandono, sia perché mi piace moltissimo, sia perché in questo momento è una strada primaria per coronare il mio sogno olimpico. Ma se devo guardare più lontano, se voglio che il ciclismo sia un mestiere è chiaro che devo pensare alla strada.

Riesci a inserirla nella tua agenda così fitta d’impegni?

Sì, anzi penso che nel 2022 la praticherò di più. A lungo termine solo la strada può garantire un lavoro. Per continuare il mio percorso ho inserito qualche prova italiana, per capire come me la cavo. Su strada ho già corso fino alla categoria allieve 1° anno, dovrò rispolverare le mie reminiscenze su come si sta in gruppo. Penso che inizialmente affronterò qualche gara amatoriale per riprendere confidenza, a fine stagione mi butterò nelle competizioni vere e proprie.

Tormena Lupi 2022
La Tormena fra Lupi e, alla sua sinistra, i collaboratori Juan Diego Quintero e Sebastiano Costa (foto Instagram)
Tormena Lupi 2022
La Tormena fra Lupi e, alla sua sinistra, i collaboratori Juan Diego Quintero e Sebastiano Costa (foto Instagram)
Senza dimenticare la “tua” specialità, l’eliminator…

Non potrei mai, è quella che mi ha dato le maggiori soddisfazioni, mi ha fatto conoscere e permesso di girare il mondo. Devo difendere i miei titoli. La riconquista del titolo mondiale è stata una soddisfazione immensa, volevo riprendermi la maglia perché ha un sapore particolare indossarla, sai quanto è bella e quello che rappresenta. Quando ce l’ho indosso sento di contare qualcosa, di dare lustro al mio Paese.

Gaia cerca la sua strada, quella giusta che possa portarla verso i cinque cerchi olimpici. Servirà tempo e pazienza, anche se tutti già sognano di vederla protagonista a Parigi 2024. Il tempo però è tiranno e Lupi getta acqua sul fuoco.

«Alle Olimpiadi si corre nel Supercross, a un livello ancora più alto, con salti di 12 metri… Serve molto tempo per fare pratica e le qualificazioni olimpiche non aspettano. Le capacità tecniche di Gaia non si discutono, ma non dimentichiamo mai che si tratta di un esperimento. Diamole tempo…».