Pogacar-Vingegaard, antipasto del Tour alla Parigi-Nizza

18.06.2023
5 min
Salva

Archiviato il Delfinato e da stasera anche il Tour de Suisse, non resta che attendere il Tour de France. Tra i grandi appuntamenti è il prossimo della lista e vedrà il grande duello fra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard.

Duello che quest’anno abbiamo visto solamente sulle strade di Francia, alla Parigi-Nizza. Uno ha saltato la Liegi e l’altro sempre alla Doyenne si è infortunato. Uno era ai Paesi Baschi e l’altro alle classiche del Nord. 

Dodici pari 

E quando dovevano incontrarsi, giusto al Delfinato, il corridore della UAE Emirates ha dovuto alzare bandiera bianca proprio a causa dell’incidente alla Liegi. Quindi sfida rimandata alla Grande Boucle.

Ma alla mano la sfida è già in essere se vogliamo. Ogni volta che Pogacar e Vingegaard hanno corso, in questa stagione, hanno sempre vinto o lottato per la vittoria. Impressionanti i rispettivi ruolini di marcia nelle prime gare. Tre vittorie in altrettanti giorni di gara disputati ad inizio 2023. E per entrambi. Dodici vittorie per Pogacar e dodici vittorie anche per Vingegaard. Nell’unico testa a testa a vincere è stato però lo sloveno. Tadej ha battuto Jonas alla Parigi-Nizza.

E allora Edoardo Affini, compagno di Vingegaard, e Matteo Trentin, compagno di Pogacar ci raccontano come hanno visto i loro capitani in quella corsa. Il marcamento a uomo. Il rapporto tra di loro…

Trentin scorta Pogacar alla Parigi-Nizza. Matteo non seguirà lo sloveno al Tour
Trentin scorta Pogacar alla Parigi-Nizza. Matteo non seguirà lo sloveno al Tour

Parla Trentin

Iniziamo da Pogacar, che la Parigi-Nizza l’ha vinta. E quindi parola a Matteo Trentin, che Tadej lo conosce bene e spesso gli è stato vicino.

Matteo, una grande sfida alla “corsa del sole”: come li hai visti?

Ah, quando loro due erano davanti io ero abbastanza indietro quindi ho visto poco! Sicuramente erano i due fari della corsa e lo hanno dimostrato in tutte le tappe di salita. Quella volta è stato Tadej, ma tra i due c’era un grande rispetto, nel senso che non sapevi mai come andava l’altro.

In gruppo cosa hai notato: Tadej aveva un occhio in corsa,verso Jonas? Lo studiava?

Non particolarmente direi. Semmai, ho visto che faceva parecchia attenzione magari ai traguardi volanti, altrimenti ognuno si faceva gli affari suoi.

Perché i traguardi volanti?

Più che altro nelle prime tappe, perché c’era la crono  a squadre, nella quale loro erano favoriti. Allora Pogacar voleva mettere da parte qualche secondo. Quindi se non c’era la fuga, o se c’era ancora un abbuono disponibile cercava di prenderlo. Voleva accumulare un piccolo tesoretto, anche se poi è andata meglio del previsto. Se ricordate era uno cronosquadre particolare: loro sono arrivati in tre, noi da soli e solamente con Tadej.

Invece fuori corsa? Pogacar faceva domande su Vingegaard, magari qualche tattica particolare in riunione…

No, molto tranquillo come sempre. Ovvio, prima del giorno della tappa in salita si parlava anche di Vingegaard e della Jumbo-Visma e penso che lo stesso discorso facevano dall’altra parte. Poi ad inizio stagione, la prima vera salita, si fa anche fatica a capire davvero i valori. Poi a noi è andata bene. Perché sulla prima salita ha attaccato per primo Vingegaard che poi è andato in difficoltà.

E ti è sembrato più concentrato del solito Tadej? In qualche modo c’era il conto aperto dal Tour scorso…

Fin lì entrambi avevano sempre vinto le corse fatte e questo già dice quanto entrambi fossero concentrati. Quel che ho notato io è che all’inizio, prima della tappa di montagna, Tadej ha corso più al risparmio. Voleva stare alla finestra, tastare il polso a Vingegaard. Anche nella prima tappa di salita: ha lasciato che facesse tutto lui… fino a che non si è accorto che poteva staccarlo. Ecco quel giorno sì ha giocato d’astuzia.

Cioè?

Lo ha guardato. Ha aspettato che Vingegaard fosse dall’altra parte della strada e a quel punto ha affondato il colpo… da furbastro. E’ stato un momento importante. Poi dopo quel giorno Tadej ha capito che forse era più forte e ha vinto ancora. Ha stravinto a Nizza. Comunque sia, quando si andava forte restavano loro due. Un po’ di più Tadej, ma  anche Jonas andava forte.

Affini in testa per Vingegaard alla Parigi-Nizza. anche lui non sarà al Tour
Affini in testa per Vingegaard alla Parigi-Nizza. anche lui non sarà al Tour

Parla Affini

E da Trentin ci spostiamo in casa Jumbo-Visma con Edoardo Affini. Il guardiano dei guardiani con la sua prestanza fisica e i suoi tantissimi watt. Il mantovano ci racconta la Parigi-Nizza di Vingegaard.

Edoardo, tu cosa ci dici?

Da Matteo a me! Sapete che lo chiamo ancora “capitano”? Quando sono passato pro’ era uno dei leader della Mitchelton-Scottt. Cosa dire? Anche io li ho visti poco perché o ero davanti a tirare in pianura oppure ero staccato dietro! Soprattutto nelle prime tappe, quando c’era più nervosismo, cercavamo di stare davanti e di fare la nostra corsa. Ma se li vedevamo muoversi, salire, anche noi cercavamo di fare la stessa cosa. Come loro nei nostri confronti.

Come ti è sembrato Vingegaard in gara?

In generale rilassato. Io sapevo come stava Jonas, ma non come stesse Tadej. Sapevamo che il nostro capitano non era al massimo. Nonostante il buon inizio aveva avuto qualche problemino prima della Parigi-Nizza e quindi non era proprio al 100 per cento. In ogni caso è stata una bella sfida ed entrambi sono stati fortissimi.

In corsa si parlavano mai?

Onestamente non ci ho fatto caso, ma non si ignoravano.

Vingegaard gli dava un occhio di riguardo?

Sì, ma non in maniera maniacale. Guardava anche gli altri avversari della classifica generale. La tappa che ha attaccato e poi è calato è servita anche per capire davvero a che livello fosse e per trovare dei punti di riferimento. Poi sì, in riunione lo guardavamo, anche nella tappe precedenti. Magari vedevamo come attaccava: magari faceva “X” secondi a tutta e poi recuperava un minuto. Uno studio dell’avversario anche per non farsi prendere dal panico nel momento in cui ci si sarebbe ritrovato.

E in generale come lo hai visto?

E’ chiaro che aveva un avversario più forte in quel momento e cercava di attaccarlo senza mettere poi in difficoltà me stesso… ma non era facile. Ma in generale, dopo la vittoria del Tour, come è normale che fosse, ho visto un Vingagaard più sicuro di sé. E più chiaro anche con noi gregari. Sapeva cosa voleva e come lo voleva. Per esempio in alcuni momenti di stress si è mosso più da leader. Si è fatto portare più avanti, proteggere… Più personalità.

E dalla Francia risponde Pogacar: Slovenia padrona

12.03.2023
5 min
Salva

No, non è Eddy Merckx è Tadej Pogacar. Lo sloveno alla Parigi-Nizza ha fatto il Cannibale. Ma lui è così: vuol divertirsi, correre e se si vince tanto meglio. In questa edizione di quella che in Francia chiamano la “Corsa del Sole”, l’asso della UAE Emirates ha vinto la generale, tre tappe, la maglia bianca di miglior giovane e quella a punti. Ha lasciato quella di miglior scalatore al danese Jonas Gregaard ma solo perché andava a caccia dei Gpm nelle fughe del mattino. Infatti è finito “solo” secondo.

Se in Italia il connazionale Roglic dominava la Tirreno, Pogacar non stava a guardare in Francia dunque. Dall’inizio della stagione, Tadej ha inanellato tredici giorni gare e sette vittorie sull’arrivo, più due classifiche generali, quindi nove vittorie. Incredibile. Qualcosa davvero degno dei tempi di Eddy Merckx. Tra lui e il Cannibale ormai ballano solo le volate che molto spesso il belga faceva.

Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates
Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates

La psicologia conta 

Tadej ha dato show nella crono a squadre e ha conquistato tre tappe, le tre frazioni più dure. E soprattutto ha sempre voluto domare il suo rivale numero uno: Jonas Vingegaard, colui che ha “osato” defraudarlo del Tour de France 2022. 

Se vogliamo c’era in ballo anche una sorta di rivincita. Di predominio psicologico.

«Questo è il modo di correre di Tadej – ci dice Andrea Agostini, uno dei dirigenti della UAE Emirates – Quando va alle corse vuole vincere e questo penso sia la parte bella, quella che amano anche i suoi fans.

«Poi è vero, anche dal punto di vista psicologico era una partita a scacchi, è inutile che ci nascondiamo. Era importante dal punto di vista mentale non andare alle corse con un senso di inferiorità. Questa è la cosa che sapevamo noi, che sapeva benissimo anche Tadej. Ed era anche rischioso, perché poi se ci fossimo trovati davanti Vingegaard di nuovo? Stavolta è andata bene a noi sicuramente e questo riporta la posizione in parità tra i due da un punto di vista psicologico».

Tadej e l’istinto

E Agostini ha ragione sia quando parla dell’aspetto psicologico, sia quando accenna ai fans. Un corridore così, che attacca, che va d’istinto piace. Gli italiani – e non solo loro – si ricordano di Chiappucci, figuriamoci se c’è un atleta che oltre ad attaccare vince anche.

«Pogacar – continua Agostini – è un ragazzo che si gestisce bene, nel senso che comunque ascolta, quando facciamo le riunioni. Poi è chiaro che la tattica la fai in base agli uomini che hai e con un corridore come Tadej diventa più facile perché sai che è un finalizzatore. Tu diesse puoi realizzare la miglior tattica del mondo, ma se non hai chi la porta a termine è difficile vincere».

«Se bisogna frenarlo? A volte sì – ride Agostini – ma questo è Pogacar. L’anno scorso, durante il Fiandre, c’era Baldato che lo teneva fermo perché voleva partire a non so quanti chilometri dall’arrivo. Tadej è così: è molto istintivo, dotato da madre natura, il che è bellissimo, ma a volte sbaglia anche. Come è successo al Tour de France 2022. Ha fatto errori lui, perché comunque ha sprecato tanto, e abbiamo fatto errori anche noi. Però è questo che ti fa innamorare del ciclismo».

«O ancora sul Poggio un anno fa. Tutti sapevano che doveva scattare più avanti, ma è partito lì. Cosa ci vogliamo fare? Non è una Playstation. La verità è che quando Tadej ha la gamba non ha paura di partire».

Però qualche calcolo andrebbe fatto, forse. In fin dei conti aveva già vinto due tappe. Aveva dominato il rivale numero uno e prendere dei rischi in discesa dal Col d’Eze poteva costare caro. Magari a mente fredda lo faranno ragionare.

«Se nel ciclismo dovessimo calcolare i rischi che corrono questi ragazzi, in ogni tappa, in ogni corsa troveremmo un motivo per non andare a tutta. Quindi direi di no: nessuno gli dirà che non sarebbe dovuto partire. E poi volete sapere una cosa? Tadej aveva cerchiato in rosso questa tappa prima ancora che partisse per la Parigi-Nizza. Questa era la frazione che voleva vincere perché lui vive lì, si allena lì».

Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard
Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard

Pogacar alle stelle

E Pogacar cosa dice? Con la sua solita naturalezza ha dimostrato la sua gioia. Se ieri sull’arrivo in salita era più contento per aver battuto Vingegaard e non tanto per la vittoria in sé, oggi si è proprio goduto la corsa. Non solo voleva vincere, ma voleva vincere in quel modo.

«Non avevo mai preso parte alla Parigi-Nizza – ha detto Pogacar – avevo fatto due volte la Tirreno-Adriatico. Mi sono sempre sentito in forma nelle prime gare di quest’anno pertanto era il mio obiettivo e il mio sogno vincere questa gara. Ed ora che ci sono riuscito posso dire che è fantastico».

E proprio lo sloveno in qualche modo ha parlato anche dei rischi nella planata verso Nizza.

«Conosco molto bene queste strade. Mi alleno qui spesso e quindi sapevo esattamente com’era la discesa e ancora prima come stavano le mie gambe sull’ultima salita, la potenza che avrei potuto sviluppare fino in cima. Ero bravo in matematica! E ho fatto bene i miei conti».

Guidi: come si corre la Tirreno senza il capitano?

12.03.2023
4 min
Salva

Nella tappa che ha portato al secondo squillo di Roglic alla Tirreno-Adriatico, sulle rampe di Sassotetto, la UAE Emirates ha portato tre corridori tra i primi quindici nella classifica generale. Nella Corsa dei due Mari, per la prima volta da due anni a questa parte, il team emiratino sta correndo senza Pogacar. Lo sloveno è volato in Francia alla Parigi-Nizza, dimostrando di avere già preso ottimamente le misure (ha già vinto due tappe ed è leader della generale, ndr). 

Quando il giovane fenomeno non c’è, in UAE Emirates cambiano gli equilibri o così sembra a chi guarda le corse da fuori. Con Fabrizio Guidi, diesse del team in ammiraglia in questi giorni, entriamo nel merito della Tirreno-Adriatico.

Il piano alla partenza della tappa di Sassotetto era di far attaccare Yates, tutto annullato causa maltempo
Il piano alla partenza della tappa di Sassotetto era di far attaccare Yates, tutto annullato causa maltempo
Come cambiano le scelte quando manca Pogacar?

Dipende dal percorso – replica Guidi – e dal tipo di gara: se in linea oppure a tappe. Generalmente è difficile presentarsi al via con un solo leader nel momento in cui manca Tadej. 

Non si corre più per uno che è già una grande differenza…

Certo, viene difficile correre per uno quando hai più corridori validi e tutti allo stesso livello di classifica. Noi qui alla Tirreno avevamo Almeida (in apertura, ndr), McNulty e Yates tutti davanti in classifica e pronti a giocarsi le proprie carte.

Il percorso gioca un ruolo chiave nella scelta del leader?

Da quello dipende praticamente tutto, ma non determina nulla. Le cose in corsa possono sempre cambiare, prima di sacrificare un uomo ci si pensa sempre due volte. Alla fine, anche se Yates è rimasto attardato già dalla cronometro iniziale di Camaiore, mica lo abbiamo messo a lavorare. Anzi, un corridore del genere in quella posizione di classifica può fare molto comodo.

Ieri, sui muri marchigiani, McNulty ha pagato dazio perdendo 52″ da primi e scivolando fuori dai dieci in classifica generale
Ieri, sui muri marchigiani, McNulty ha pagato dazio perdendo 52″ da primi
In che senso?

Prendete come esempio la frazione di Sassotetto. Nella riunione sul bus, prima della partenza, l’idea era quella di prendere la salita forte e mettere in difficoltà gli avversari. Volevamo provare a giocare la carta Yates, lui aveva voglia di muoversi da lontano per cercare di recuperare il distacco. 

Come sarebbe cambiata la corsa per voi?

Nel momento in cui hai un uomo davanti, dietro non tiri e se va da solo fa il suo ritmo e sta agli altri lavorare. Se qualcuno lo avesse seguito, ci saremmo trovati comunque in una situazione di vantaggio, perché Yates non avrebbe tirato perché dietro aveva il “leader”. Mentre, in gruppo non avremmo di certo incentivato la rincorsa ad un nostro corridore. 

Però, prima o poi ci si potrebbe trovare a rincorrere…

In quel caso il protocollo è chiaro, si inizia a tirare dal corridore più lontano in classifica. I ragazzi lo sanno come funziona, sono le corse. 

Le ottime qualità di Almeida a cronometro lo rendono un corridore più completo e competitivo rispetto agli altri compagni
Le ottime qualità di Almeida a cronometro lo rendono un corridore più completo e competitivo
Meglio un leader solo o più?

Quando c’è Pogacar è tutto più semplice, lui è talmente forte che non c’è mai il dubbio. La squadra è lì per lui e si usano tutte le forze per aiutarlo. Allo stesso modo, però, nelle corse dove c’è lui la squadra passa molto più tempo a gestire la corsa in testa al gruppo. Non sempre, certo, ma tendenzialmente è così. 

Quando non c’è si usa più tattica, giusto?

Sì, ci si ritrova in situazioni dove la comunicazione tra compagni diventa fondamentale. Per tornare all’arrivo di Sassotetto, il vento impediva un qualsiasi attacco da lontano. Chi usciva rimbalzava su raffiche di vento fortissime e tornava in gruppo, prendere in mano la corsa oggi avrebbe significato lavorare per gli altri. 

Tu con l’assenza di Pogacar preferiresti avere un leader solo lo stesso o meglio avere più frecce al proprio arco?

Più frecce, mi piacciono le cose quando si fanno complicate. La nostra fortuna è anche quella di avere tanti corridori forti su terreni diversi. Almeida, per esempio, a crono ha una marcia in più. In una corsa a tappe non potremmo metterlo a lavorare per uno dei suoi compagni il giorno prima di una cronometro importante, dove potrebbe fare la differenza. 

Una furia sul traguardo, ora Pogacar inizia la rimonta

08.03.2023
6 min
Salva

Con l’insolita cronosquadre alle spalle, in cui ha piazzato una stoccata finale terrificante, Tadej Pogacar entra nel vivo della Parigi-Nizza, che ha deciso di correre per la prima volta. Nei giorni di Siena alla Strade Bianche, si è parlato spesso della sua assenza e del fatto che il calendario internazionale non sia ben congegnato. Se la corsa francese fosse partita di lunedì come la Tirreno-Adriatico, Pogacar avrebbe corso sugli sterrati toscani e sfidato Pidcock. Ma evidentemente ASO ha voluto i due weekend di gara e l’UCI l’ha accontentata.

Wellens ha raggiunto Pogacar alla Parigi-Nizza dopo la Strade Bianche: per il belga un programma di classiche
Wellens ha raggiunto Pogacar alla Parigi-Nizza dopo la Strade Bianche: per il belga un programma di classiche
Perché non hai corso la Strade Bianche? Wellens l’ha fatto poi ti ha raggiunto in Francia…

Ho pensato che fosse una bella sfida farlo, ma alla fine la Parigi-Nizza è stata una scelta più sicura. Sarebbe stata davvero dura finire con un buon risultato in entrambe le corse. Non si sa in anticipo, ma se alle Strade ci fosse stato tempo cattivo, sarebbe servito qualche giorno per riprendersi da quel tipo di percorso e non avrei potuto permettermelo, dovendo correre la Parigi-Nizza. Wellens qui non deve preoccuparsi della classifica, c’è una bella differenza.

Perché fare la Parigi-Nizza e non la Tirreno?

Ho già fatto due volte la Tirreno e l’ho vinta. Era arrivato il momento di ravvivare il mio programma e cambiarlo un po’. Non avevo mai corso la Parigi-Nizza, non mi sembra tanto male. I primi giorni sono stati un po’ frenetici, la cronosquadra ha fatto un po’ ordine, ma sta venendo fuori una settimana veloce. Dopo la Ruta del Sol, mi sono allenato bene a Monaco, dove era più caldo che qui.

Pogacar ha vinto le ultime due edizioni della Tirreno-Adriatico (qui nel 2022 sul Carpegna), ma non aveva mai corso la Parigi-Nizza
Pogacar ha vinto le ultime due edizioni della Tirreno-Adriatico, ma non aveva mai corso la Parigi-Nizza
La Parigi-Nizza è anche il primo incontro/scontro con Vingegaard dai giorni del Tour…

E non nascondo che questo abbia messo del sale nella storia. Non vedo l’ora di sfidarlo in salita. Lui è in forma, penso di esserlo anch’io. Sarà una corsa divertente. Anche se non c’è solo lui.

Pensi che la sfida con Jonas sarà il sale della sfida?

Non credo. Mi avevano detto e mi sto rendendo conto che è una delle gare più dure della stagione. Tanti tifosi, maltempo, tante scalate, strade veloci e insidiose. Il vero test è con me stesso. Se vinco, è un bonus per la fiducia, ma non aggiungerà nulla sul Tour, che è ancora molto lontano. Sarebbe una grande gara che aggiungo al mio palmares.

Pogacar e Vingegaard si sono reincontrati per la prima in gara volta dopo il Tour: marcatura stretta fra squadre
Pogacar e Vingegaard si sono reincontrati per la prima in gara volta dopo il Tour: marcatura stretta fra squadre
Sono passate tre tappe, chi pensi sia il favorito?

Vingegaard in primis. Ha dimostrato al Gran Camino di essere davvero in forma. Poi c’è Simon Yates, che ha dimostrato più volte di poter vincere questa corsa. L’anno scorso fu davvero impressionante nell’ultima tappa, che si ripete identica quest’anno (il britannico arrivò a Nizza da solo, staccando Van Aert e Roglic, ndr). Quasi tutte le squadre hanno un corridore forte che punta alla classifica, sarà davvero imprevedibile.

Dove si decide la corsa?

Sulla carta, le ultime due tappe sono le più dure. La cronometro a squadre è stata importante. Ma tenendo conto anche del vento delle prime tappe, si deve essere concentrati ogni giorno.

Pogacar ha tenuto la maglia bianca dei giovani nelle prime due tappe: ora è passata a O’Brien
Pogacar ha tenuto la maglia bianca dei giovani nelle prime due tappe: ora è passata a O’Brien
Che cosa ti è sembrato di questa strana cronosquadre?

Le tattiche sono rimaste praticamente le stesse, con la differenza che gli ultimi chilometri sono stati un po’ diversi. Solo il finale mi è parso leggermente anomalo, ma in ogni caso per andare veloci serviva avere attorno i compagni.

Cosa sai dell’arrivo di oggi a La Loge des Gardes e quello di sabato al Col de la Couillole?

Conosco la tappa di domenica, perché vivendo a Monaco in qualche modo è una corsa di casa. So com’è la salita di sabato, ma perché l’ho vista su Google Earth e Veloviewer. Comunque, una salita è una salita. Che tu la conosca o meno, devi pedalare ed esprimere quanta più potenza possibile.

Pogacar ha debuttato al Fiandre lo scorso anno, tenendo subito testa a Van der Poel sui muri
Pogacar ha debuttato al Fiandre lo scorso anno, tenendo subito testa a Van der Poel sui muri
Pensi che la Parigi-Nizza ti servirà in vista delle classiche di primavera?

Penso che aiuterà. Se corri per vincere, devi essere al top della forma ogni giorno e io sono qui per la vittoria finale. Mi sento già bene, ma mi manca ancora un po’ di forma fisica. La Parigi-Nizza mi darà una spinta per i prossimi mesi.

Philippe Gilbert sostiene che puoi vincere tutti e cinque i monumenti. A lui manca la Milano-Sanremo. Vincerli tutti può essere un tuo obiettivo?

E’ una grande sfida. Ne ho già due, i due che meglio si adattano al mio profilo di corridore: la Liegi e il Lombardia. Ce ne sono altri tre che mi piacciono meno. Non è qualcosa per cui mi dannerò l’anima, vedremo dove andrò a finire. Prendiamo la Sanremo. Ogni anno ci arrivo più vicino, ma vincere è ancora molto difficile. Dopo 300 chilometri devi fare le cose alla perfezione sul Poggio, una salita molto corta. Proverò di nuovo, ho ancora molti anni davanti a me. Abito vicino a Sanremo, ci vado spesso in bicicletta. Ho già immaginato diversi scenari per quel giorno.

Pogacar è arrivato alla Parigi-Nizza per puntare alla generale e per questo ha saltato la Strade Bianche
La UAE Emirates ha chiuso la cronosquadre al 5° posto, a 23″ dalla Jumbo Visma
Vingegaard al confronto ha un programma più mirato sul Tour. Non pensi di correre troppo?

Penso che sarebbe noioso se ogni anno mi concentrassi solo sul Tour. Mi piace soprattutto scoprire altre cose di questo sport e vedere fin dove posso arrivare. Cerco nuove sfide e cerco di ricordarmi che il ciclismo, oltre ad essere il mio lavoro, è anche il mio hobby. Mi parlano di Merckx, paragone impossibile. Però anche a lui piaceva il suo sport e si poneva sempre nuove sfide.

Perché ti piace tanto il Fiandre?

Non lo so. Ce l’ho in testa dai mondiali di Leuven 2021. Sono rimasto sorpreso da quell’atmosfera speciale. E poi ho avuto la fortuna di partecipare ed è stato semplicemente spettacolare. Mi sono divertito come un bambino, dando tutto sino alla fine. Il Fiandre è stato una delle migliori gare che abbia mai fatto.

Alla Parigi-Nizza intanto “riscrivono” la cronosquadre

07.03.2023
5 min
Salva

Tra poche ore alla Parigi-Nizza si corre una cronosquadre che in qualche modo è già nella storia. Diversamente dalle solite volte, il tempo infatti sarà preso sul primo atleta e non sul quarto. Il che è una rivoluzione sostanziale. Come verrà affrontata? Ne abbiamo parlato con Simone Pedrazzini, direttore sportivo della UAE Emirates di Tadej Pogacar.

Simone Pedrazzini (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates. E’ in questo gruppo dal 2014
Simone Pedrazzini (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates. E’ in questo gruppo dal 2014

Cronosquadre vera?

La tappa in questione sarà la terza di questa Parigi-Nizza. E’ un anello di 32,2 chilometri con partenza e arrivo a Dampierre-en-Burly, nel cuore della Loira, ma sarebbe meglio dire della Francia (è quasi al centro geografico della Nazione). Il suo percorso è pianeggiate o leggermente vallonato.

In molti, tra cui un grande della specialità come Stefan Kung, hanno detto che non è una vera cronosquadre.

In realtà non è proprio così, secondo noi… e anche secondo quel che ci ha detto Pedrazzini. In primis perché il primo atleta che taglia il traguardo dà il tempo a tutta a la squadra, in una sorta di tutti per uno e uno per tutti, e poi perché comunque bisognerà correre compatti ugualmente. Magari cambierà un po’ la tattica, quello sì.

Simone, cosa vi sembra questa crono?

Noi abbiamo fatto la ricognizione venerdì scorso. Siamo partiti appositamente un giorno prima per venire a vederne il percorso. Abbiamo cercato di visionarlo al meglio che potevamo per non lasciare nulla al caso.

UAE Emirates sta cambiando marcia in quanto ai materiali. Anche ieri alla Tirreno in una crono per super specialisti ne avete piazzati due nei primi sette. La ricognizione è servita anche per scegliere i materiali?

Sì, ci stiamo lavorando parecchio, ma sono lavori che richiedono tempo per avere determinati risultati. Però vediamo che i ragazzi sono contenti, hanno fiducia in questi materiali. Vedono che sono buoni e quindi si sentono più sicuri e motivati. Poi per noi della UAE Emirates era importante migliorare in una specialità in cui fino ad oggi avevamo fatto fatica… Tadej a parte!

Veniamo al nocciolo della questione: il tempo sarà preso sul primo e non sul quarto. Quindi si corre apertamente solo per il leader?

In realtà con il fatto che il tempo si prende sul primo ci aspettavamo un arrivo ben più duro, ma così non è. Noi non crediamo che poi alla fine arriverà realmente un solo corridore. Immaginiamo ne possano arrivare anche tre. Si tratta di un percorso veloce, anche nel finale e non so quanto realmente potranno fare la differenza corridori da soli. 

La Jumbo-Visma è favorita. Magari Affini (qui in testa), a 14″ da Pedersen, nel finale potrebbe dare una “botta” e conquistare la leadership
La Jumbo-Visma è favorita. Magari Affini (qui in testa), a 14″ da Pedersen, nel finale potrebbe dare una “botta” e conquistare la leadership
La vostra tattica?

Per dire, Tadej non si risparmierà. Lui e i ragazzi, soprattutto, lavoreranno in base alle loro possibilità. Poi magari ci sta che nel finale Pogacar dia un’accelerate delle sue e che resti da solo. Ma questo avverrà non per una scelta tattica.

Voi oggi sapete tutto dei vostri atleti, specie prima di una crono. Sapete che quel corridore può stare a 400 watt per un tot di chilometri o a 500 watt per un tot secondi. Avete già un’idea di chi tirerà, di come sarà gestito lo sforzo?

I dati li abbiamo, ma non pensiamo ad una crono per uno solo. La prestazione arriverà restando compatti. Lo sforzo sarà molto intenso per tutti, poi negli ultimi 500 metri chi ne avrà di più andrà avanti. Occhio però anche ai dati. Siamo già al terzo giorno di corsa. Veniamo da due tappe non impossibili, ma molto combattute: è diverso da una cronosquadre al primo giorno. I ragazzi pedaleranno anche in base alle loro sensazioni del momento. Dovranno gestirsi.

La gestione è fondamentale, anche perché la crono non è così corta…

E anche se noi, in base ai dati che abbiamo, diciamo a uno che deve tirare per 30” ma può farlo per 15”, la sua crono durerà molto. Si squilibra tutto e cala la resa.

Dopo l’arrivo, ieri Pogacar ha fatto il defaticamento sui rulli con la bici da crono (foto Instagram)
Dopo l’arrivo, ieri Pogacar ha fatto il defaticamento sui rulli con la bici da crono (foto Instagram)
Hai detto che probabilmente arriverà più di un corridore, ma la gestione degli atleti come sarà? È ipotizzabile che chi deve arrivare davanti, ai -3 chilometri salti qualche cambio e quell’atleta o due che danno tutto prima possano staccarsi? O vedremo un’impostazione più tradizionale?

Come detto l’obiettivo è restare uniti e in tanti più a lungo possibile per fare più velocità. L’organizzazione ha previsto una media oraria di 54-55 all’ora e anche noi crediamo si viaggi su quelle velocità. In più non dovrebbe piovere e non dovrebbe esserci un grande vento. Quindi più si sta compatti e meglio è.

I corridori ti sembrano interessati a questa nuova formula?

Beh, quando c’è Tadej in corsa tutti danno il 200%. Lo vediamo sempre. Anche in questi primi due giorni si sono impegnati al massimo per gli sprint intermedi (Tadej ha guadagnato 12″ in tutto, ndr), andando a caccia di abbuoni che potrebbero essere decisivi per la corsa. Di certo vorranno dare tutto anche oggi. Non partiamo da favoriti, ma vogliamo fare una crono al meglio delle nostre possibilità.

Parigi-Nizza passaggio obbligato per chi punta al Tour?

06.03.2023
5 min
Salva

Con lo sprint vittorioso di Merlier, ieri si è aperta la Parigi-Nizza. “Sorella” della Tirreno-Adriatico, che invece scatta fra qualche ora. Questa gara è spesso, molto spesso, il primo banco di prova dei contendenti al Tour de France. Questo non significa che già la lotta sia tra i super protagonisti, ma chi aspira alla maglia gialla della Grande Boucle è al via. Quasi come fosse un dogma esserci. Anche se Pogacar nelle ultime stagioni ha smentito questa regola.

Oggi vediamo appunto Pogacar (nella foto di apertura) e Vingegaard, ma alla Parigi-Nizza prima di loro ci ha messo il naso anche Vincenzo Nibali, quando lo Squalo appunto mirava al podio del Tour. A scortarlo sulle strade di Francia c’era il suo direttore sportivo Giuseppe Martinelli.

Giuseppe Martinelli con Vincenzo Nibali. Nel 2014, quando lo Squalo vinse il Tour, alla Parigi-Nizza fece tanta fatica e fu 21° nella generale
Martinelli con Nibali. Nel 2014, quando lo Squalo vinse il Tour, alla Parigi-Nizza fece tanta fatica
Giuseppe, perché solitamente chi punta al Tour va alla Parigi-Nizza?

Perché alla Parigi-Nizza c’è sempre qualcosa che poi si troverà a luglio sulle strade del Tour. E’ un po’ come il Delfinato d’estate. Sono le stradine della Francia, un pezzo di percorso, un modo di correre, il vento… Insomma la Parigi-Nizza è già un piccolo Tour.

Una volta si diceva che si andava in Francia anche per trovare alleanze in vista dell’estate. Magari si aiutava una squadra più piccola a portarsi a casa una tappa in cambio di un favore d’estate. Oggi forse tutto ciò è impossibile.

No, non si va per le alleanze. Non succede più. Oggi ognuno ha la “testa nella sua mangiatoia”. Certe alleanze semmai nascono sul momento in base alle situazioni di corsa. E solo se ci sono obiettivi comuni. Ma non ci si va appositamente. Negli ultimi tempi non ho più sentito che questa o quella squadra la mattina in hotel magari si parlano.

Meteo avverso, vento, nervosismo, il vallonato francese… s’iniziano a prendere le misure col Tour. Qui il gruppo ieri verso La Verrière
Meteo avverso, vento, nervosismo, il vallonato francese… s’iniziano a prendere le misure col Tour. Qui il gruppo ieri verso La Verrière
Come dicevamo non è più quel ciclismo.

Ma sì, e poi oggi abbiamo mille strumenti che ci dicono come potrà andare la corsa, mille stratagemmi per capire come fare e se il percorso è più o meno adatto.

Hai detto che lungo il percorso della Parigi-Nizza capitava sempre qualcosa del Tour successivo: era anche un’occasione per fare dei sopralluoghi?

Assolutamente sì (l’Astana all’epoca ne approfittò per andare a vedere la tappa del pavé, che poi si rivelò decisiva per Nibali, ndr). Pensate come ragionano gli organizzatori del Tour: visto che questa estate si andrà sul Puy de Dome, alle squadre selezionate per la Grande Boucle la scorsa settimana è arrivata un’email in cui dicevano che avrebbero messo a disposizione un treno per andarlo a visionare durante il Delfinato, visto che non ci si può andare da soli in macchina.

Ieri nella prima tappa a La Verrière, Tim Merlier ha battuto Bennett, Pedersen e Kooij
Ieri nella prima tappa a La Verrière, Tim Merlier ha battuto Bennett, Pedersen e Kooij
Hai parlato di percorso, ma se c’è un tracciato che tra Parigi-Nizza e Tirreno ti favorisce nettamente vai comunque alla gara francese in ottica Tour?

Si valuta, ma se avevi battezzato il Tour andavi lì per assaporare le sue strade. Se invece parliamo del Pogacar della sua situazione vi dico che lui, per me, sta tentando di vincere un po’ tutto. La Tirreno l’ha vinta, ora nella sua bacheca vuol mettere anche la Parigi-Nizza. Ha vinto il UAE Tour ed è andato in Andalusia. Tadej ha bisogno di questo pizzico mentale, di questa inventiva stimolante.

Però pensando a Nibali soprattutto, ma non solo lui, a volte non si è in forma in quel periodo. E tutto si complica. C’è il rischio di non uscirne bene?

Alla Parigi-Nizza si è sempre fatto tanta fatica. Anche Vincenzo ne ha fatta e per questo non riuscivamo a trovare il bandolo della matassa e la fatica era amplificata. Le tappe nei primi giorni sono piatte, ma c’è un grande stress. Poi magari s’incontra anche il vento nelle zone del Nord. Le ultime tre, quattro tappe invece hanno delle salite. Salite che però non sono in stile Tirreno, come i muri o l’arrivo in quota. Sono salite veloci, più stressanti. Non era così raro che la sera Vincenzo ti mandasse a quel paese e ti diceva: «Martino, era meglio andare alla Tirreno». Tirreno che tra le altre cose ha anche meno trasferimenti. Il territorio della Parigi-Nizza è molto vasto, quello della Tirreno è più raccolto. 

La UAE Emirates di Pogacar e la Jumbo-Visma di Vingegaard (entrambi riconoscibili) già si sono marcati stretti nella prima tappa di ieri
Pogacar e Vingegaard (entrambi riconoscibili) già si sono marcati stretti nella prima tappa di ieri
Ieri è partita questa bellissima corsa, il Martinelli appassionato  più che il tecnico, come la vede? E’ già uno scontro totale tra Pogacar e Vingegaard o si nasconderanno un po’?

Sono due corridori diversi da tutti gli altri. Si rispettano ma se possono darsi le botte se lo danno! Per me ci arrivano senza volerlo, con una condizione molto buona, forse più di quello che si aspettavano. Pogacar lo abbiamo visto nelle prime gare. Vingegaard l’ho osservato al Gran Camino e va davvero forte. Forte come mai prima. Ha acquisito una fiducia in sé stesso unica. Ha fatto numeri in-cre-di-bi-li (lo dice scandendo le sillabe, ndr). Di contro si ritrova “tra le scatole” un Pogacar che non si aspettava. Io penso che sarà un bel duello.

Quindi non si nasconderanno. Secondo te ci può stare che Pogacar abbia detto all’ultimo della sua partecipazione per deviare un po’ l’attenzione? E magari Vingegaard e la Jumbo-Visma sapendo che lui non c’era si sarebbero preparati diversamente?

Non penso, questi due sono un bene del ciclismo. E lo dico da appassionato. Non credo di sbagliare se dico che Pogacar vuol vincere tutto. A lui piacere correre… E vincere!

Il ciclismo dei cannibali: Bruyneel critica, Magrini ribatte

04.03.2023
6 min
Salva

Di Pogacar e della sua magica settimana d’esordio in Spagna si è detto e scritto tanto. Vingegaard gli ha risposto da par suo: tre tappe a O Gran Camino e tre vittorie di seguito, dando di sé un’immagine per molti versi inedita, quella di un assoluto dominatore. Il nuovo ciclismo passa attraverso campioni quasi cannibali, che non si nascondono mai, ma che anzi dominano la scena con un fare che dà anche adito a discussioni.

A innescare la miccia è stato Johan Bruyneel, ex professionista di lungo corso e direttore sportivo che visse tutta la contraddittoria epopea di Lance Armstrong, uscendone con una squalifica pesantissima. Sebbene i suoi trascorsi siano così controversi e discutibili, le sue opinioni fanno spesso discutere. Infatti questa volta, attraverso il podcast The Move, Bruyneel ha criticato la condotta di Pogacar.

«Distruggere tutti alla prima uscita – ha detto – non è la scelta migliore. Sarebbe meglio mantenere certi equilibri con corridori e squadre diverse, lo dico anche nel suo interesse. Se si guarda bene come sono andate le cose, la squadra viene spremuta allo stremo per fargli vincere sempre corse nelle quali si potrebbe anche lasciar spazio, poi per recuperare non è così semplice e immediato».

Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte
Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte

Da Bruyneel a Magrini

Bruyneel dà colpe soprattutto a chi gestisce lo sloveno: «E’ bello vedere un proprio corridore che vince sempre, ma è l’ammiraglia che deve tenere il polso della situazione, saper miscelare la passione con la freddezza, il vantaggio immediato con quello a lungo termine. Così facendo, Pogacar si sente sempre più autorizzato a cannibalizzare le corse».

Parole certamente pesanti, quelle di Bruyneel, che abbiamo voluto approfondire parlando con un navigante di lungo corso nel mondo del ciclismo come Riccardo Magrini, popolare voce di Eurosport.

«Bruyneel – dice il toscano – parla di un ciclismo che non esiste più. Oggi non si fanno calcoli, chi vuole vincere lo fa, pensa all’immediato. Non sono nuove le sue polemiche, ricordiamoci che cosa si disse a proposito di Roglic alla Parigi-Nizza del 2021. Il corridore che può, cerca di vincere, sempre e comunque e secondo me fa bene, è questo che rende il ciclismo odierno sensazionale».

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Il belga punta il dito contro i dirigenti, ma in queste scelte quanto c’è del corridore e quanto di chi lo dirige?

E’ l’indole del corridore a prevalere. Molti sono rimasti stupiti da Vingegaard, ma la sua voglia di rispondere sul campo al rivale per poi affrontarlo alla pari alla Parigi-Nizza ha prevalso su tutto e l’attesa per la corsa francese ora è allo spasimo. Non si fanno sconti e come loro non li fanno i Van Aert, i Van Der Poel e compagnia. Quando c’è da vincere non ci si tira indietro. Ripeto, Bruyneel parla di un ciclismo che non c’è più, lui lo scorso anno avrebbe magari pensato di perdere il Giro dell’Emilia con Pogacar a favore di Mas per avere poi un ricambio al Lombardia, ma lo sloveno ha vinto ugualmente. Questi calcoli non hanno più ragion d’essere.

Che cosa ha portato questo cambiamento?

Sono i ragazzi stessi ad averlo portato, ci sono 7-8 campioni che non lasciano nulla d’intentato per vincere e non stanno tanto a guardare al livello della corsa, alla sua tradizione, partono e se le danno di santa ragione. Quei calcoli non ci sono più, non stanno tanto a pensare “oggi vinci tu che domani mi ricambi il favore”. Può capitare magari fra compagni della stessa squadra, lo scorso anno lo stesso Pogacar fece così con Majka e anche in Spagna, nell’ultima tappa lo sloveno ha lavorato per Covi che poi è stato beffato da Fraile. Per me è anche una forma di rispetto nei confronti del loro lavoro. Oggi non puoi più permetterti di correre per “fare la gamba”, devi essere già competitivo anche solo per lavorare per i compagni.

5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
Rivedendo le statistiche di Pogacar in questi tre anni, da quando ha iniziato a cogliere risultati di prestigio (quindi ben prima della sua prima vittoria al Tour) si scopre che le sue percentuali di vittorie e piazzamenti sono quelle più vicine da cinquant’anni a quelle di Merckx. Tu parlavi di 7-8 campioni: Merckx ne aveva altrettanti di quel livello?

Scherziamo? Eddy aveva Gimondi, De Vlaeminck, Ocana, l’elenco è lunghissimo. Fare paragoni fra tempi così lontani è però sbagliato. Pogacar va visto da un altro punto di vista: è uno che può vincere davvero dappertutto, il che significa che parte in ogni corsa fra i pretendenti al successo, si è visto al Fiandre interpretato per la prima volta, si vede alla Sanremo dove può vincere, non c’è una vera corsa, in linea o a tappe, nella quale non possa fare la differenza, per questo lo ritengo attualmente il più forte. Ma le epoche sono diverse.

Se da Pogacar un atteggiamento del genere ce lo si poteva aspettare, da Vingegaard un po’ meno. E’ cambiato qualcosa nel danese dopo la sua vittoria al Tour?

Sì, la qualità della corsa sicuramente non era la stessa trovata da Pogacar, ma l’atteggiamento mi è piaciuto perché ha risposto per le rime, accresce l’interesse per il ciclismo al punto che ci si entusiasma anche se sono corridori stranieri, con tutto che i nostri si sono fatti ben vedere fino ad ora. In chiave Tour queste schermaglie dicono poco, ma vincere in serie ha pur sempre un significato, Pogacar poi da quell’Emilia ha praticamente sempre vinto… Io cose del genere non le avevo mai viste.

Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Evenepoel però, che di carattere e per come l’avevamo visto era portato a fare le stesse cose, sembra un po’ più contenuto, diventato più ragionatore: all’Uae Tour ha vinto senza conquistare neanche una tappa…

Credo che sia molto maturato, dei campioni di cui sopra è forse quello più tattico, forse non conosce ancora tutti i suoi limiti ma mi pare che si gestisca anche meglio degli altri. Credo che abbia più difficoltà a vincere degli altri, non è velocissimo, anche sullo scatto in salita gli manca qualcosa ma quando esprime tutto il suo potenziale fa paura.

Per gli altri, quelli “normali” significa quindi che vincere è più difficile?

Bella domanda, secondo me sì, molto. Io vedo meno tatticismo e molta forza. Ciccone ad esempio ha commesso piccoli errori che alla fine gli hanno negato la vittoria alla Valenciana, lo stesso dicasi per la Ineos che tatticamente ha perso la corsa favorendo Rui Costa. E’ quello di oggi un ciclismo molto meno giocato sulla strategia e più prestazionale, per questo non puoi presentarti al via se non sei pressoché al massimo, non puoi giocare sulla furbizia. In questo senso mi è piaciuto Wellens quando ha vinto la terza tappa alla Vuelta a Andalucia perché ha interpretato perfettamente la corsa dal punto di vista tattico, ma sono casi rari.

Laporte 2022

La nuova vita di Laporte, promosso sul campo…

30.03.2022
5 min
Salva

Si ha un bel dire che quando finisci secondo in una classica come la Gand-Wevelgem, è un grande risultato. Christophe Laporte non ci ha dormito per tutta la notte e quello sprint l’ha rivissuto nella testa centinaia di volte. Il ciclismo non è come gli altri sport: se arrivi secondo sei solo stato battuto, senza storie (Olimpiadi a parte, è chiaro…). Sui giornali e in televisione, anche nei giorni dopo non si fa che parlare di Biniam Girmay e delle nuove frontiere del ciclismo, ma come sarebbero andate le cose se quella volata l’avesse condotta con un po’ più di giudizio?

«Mi sentivo in grado di vincere – raccontava al traguardo ai giornalisti del suo Paese – anche se sapevo che uno sprint a 4 è sempre rischioso. All’ultimo chilometro mi sono però ritrovato avanti, in testa e nessuno voleva passare. Impostare la volata così è molto difficile, soprattutto se devi controllare gli altri. Girmay è stato velocissimo, io con quel vento pensavo che partire ai 250 metri dal traguardo fosse un azzardo, pensavo di poterlo rimontare, ma andava troppo forte. Quel che soprattutto mi fa arrabbiare (ma il termine usato è stato un altro… ndr) è non aver onorato il grande lavoro del team».

Laporte famiglia 2022
La delusione del francese a Wevelgem, davanti a moglie e figlio
Laporte famiglia 2022
La delusione del francese a Wevelgem, davanti a moglie e figlio

Migliori risultati, maggiori delusioni…

A chi gli faceva notare che proprio alla Gand Laporte ha sempre ottenuto i suoi migliori risultati nella Campagna del Nord (è stato quarto nel 2018), il francese della regione del Var ha risposto un po’ stizzito: «Non è la gara più adatta a me se poi ai migliori risultati corrispondono anche le maggiori delusioni». A conferma che alla fine conta solo chi vince…

Parlava del team e non potrebbe essere altrimenti. La sua carriera, da quando è approdato nello scorso autunno alla Jumbo Visma è cambiata totalmente, anzi si potrebbe dire che Laporte sia finora il corridore che ha fatto vedere il maggior salto di qualità in questo periodo e considerando che parliamo di un ciclista di 29 anni non è poco. Probabilmente neanche lui stesso pensava che un simile cambio avrebbe rappresentato tanto, ma i prodromi c’erano tutti, sin dal suo approccio.

Laporte Jumbo 2022
Laporte è stato accolto con molto calore: Van Aert e Roglic gliel’hanno dimostrato alla Parigi-Nizza
Laporte Jumbo 2022
Laporte è stato accolto con molto calore: Van Aert e Roglic gliel’hanno dimostrato alla Parigi-Nizza

Un cambio alle radici

A dicembre, per la firma del contratto Laporte è stato chiamato nella sede della società e si è ritrovato in una stanza con un diesse e un preparatore. Pensava fosse un incontro di routine, invece si è trovato a parlare per tre ore e mezza. Un colloquio chiarificatore, nel quale Christophe si è messo a nudo, perché volevano conoscere le sue aspettative, i suoi timori, soprattutto quel che era disposto a sacrificare: «Noi possiamo cambiare tutto nella tua storia ciclistica, ma tu lo vuoi veramente?». Laporte ha detto sì, e lo hanno preso in parola.

Sin dal primo stage, un’occasione più per conoscersi che con reali aspettative tecniche. Viaggio a Tenerife, con l’obiettivo di fare gruppo. «E’ stata dura – ha raccontato in seguito Laporte – è stato un cambio brutale perché io sento molto la mancanza della mia famiglia, di Marion e del piccolo Marlo, quando sono tanti giorni mi deprimo, ma era questo che veniva inteso nel discorso iniziale, servono grandi sacrifici per arrivare al traguardo».

Laporte Nizza 2022
Laporte è nato a La Seyne sur Mer l’11-12-1992. Pro’ dal 2014, vanta 22 vittorie
Laporte Nizza 2022
Laporte è nato a La Seyne sur Mer l’11-12-1992. Pro’ dal 2014, vanta 22 vittorie

Che sofferenza i ritiri…

Figurarsi poi al ritiro prestagionale di 3 settimane. Quel che Laporte non aveva preventivato e che ha di fatto cambiato le sue prospettive è stato però da una parte l’atteggiamento della squadra, dall’altro le aspettative riposte su di lui: «E’ una squadra fortissima, dove nulla è lasciato al caso, ma dove ti chiedono di lavorare duro, sempre. Quel ritiro di 3 settimane in altura, e chi l’aveva mai fatto? Ma i frutti sono evidenti».

Si diceva delle aspettative. Quando lo hanno chiamato, Laporte pensava di entrare in una formazione talmente forte da essere uno dei tanti al servizio dei campioni: Roglic per le corse a tappe (anzi per “la” corsa, il Tour che per lo sloveno ha capito essere un chiodo fisso), Van Aert per le classiche e Vingegaard come talento rampante. Invece no, pian piano ha capito che arrivava in squadra con molte attese, quasi come un capitano, almeno in alcune gare, una vera alternativa ai leader.

Laporte Argentina 2020
Il francese alla Vuelta San Juan 2020, da cui è iniziato un anno molto sfortunato
Laporte Argentina 2020
Il francese alla Vuelta San Juan 2020, da cui è iniziato un anno molto sfortunato

L’importanza del divertirsi

Lo hanno accolto con grande entusiasmo e quell’arrivo in parata nella prima tappa della Parigi-Nizza, con Van Aert e Roglic a fargli da valletti, è stato il degno regalo di benvenuto: «Quando eravamo in prossimità dell’ultimo chilometro, mi hanno detto che sarei stato io a vincere. Non ci credevo, è stato davvero un bel gesto».

Chissà, forse anche una ricompensa dopo periodi difficili. Basti pensare al 2020: l’anno era iniziato in Argentina con una brutta caduta, polso rotto e avvio di stagione gettato via. Neanche il tempo di liberarsi del tutore ed ecco che scattava il lockdown. Praticamente impossibile raggiungere la miglior forma in quell’annata così strana. Aveva anche un po’ perso gli stimoli e per il transalpino la spinta psicologica è fondamentale.

«Io vinco solo quando mi diverto – ha spiegato – è fondamentale. Per me le classiche sono centrali nella stagione insieme al Tour, ma posso emergere solo se sento dentro di me il giusto feeling, se sento che sto facendo la cosa giusta nel giusto modo. E in questa squadra mi diverto molto. Salvo domenica scorsa…».

Roglic, i pensieri di un ciclista quasi casuale

22.03.2022
6 min
Salva

Forse è destino che la carriera di Primoz Roglic sia così legata alla Parigi-Nizza. Nella domenica della sua conquista, la prima gara del WorldTour vinta in quella Francia dove aveva vissuto cocenti delusioni (l’edizione precedente, senza tornare al terribile Tour de France 2020 perso all’ultima cronometro) una marea di pensieri sono passati nella sua mente, una serie di ricordi che per certi versi contraddistinguono la sua carriera e che abbiamo voluto mettere in fila, prendendo spunto da alcune sue dichiarazioni rilasciate ai giornali d’Oltralpe.

Roglic figlio 2022
Primoz con suo figlio Lev, che a giugno farà 3 anni, sul podio dell’ultima Parigi-Nizza
Roglic figlio 2022
Primoz con suo figlio Lev, che a giugno farà 3 anni, sul podio dell’ultima Parigi-Nizza

Le radici di famiglia

In fin dei conti, se guardo alla mia carriera non posso lamentarmi, ho messo a frutto quel che mi hanno inculcato in casa. Vengo da una famiglia di minatori: i miei nonni facevano lo stesso mestiere e hanno vissuto gran parte della loro vita sottoterra, almeno 12 ore al giorno, sempre. Mio padre stava seguendo la stessa strada, ma non è vissuto poi tanto a lungo. Io sognavo un futuro diverso, ho iniziato a cercarlo fin da bambino e volevo trovarlo nello sport.

Ho iniziato nel calcio, ma se devo dire la verità lo sport di squadra non è mai stato il mio preferito. Certo, sembra strano dirlo appartenendo a un team di ciclismo, ma questo è uno sport strano, che unisce aspetti individuali e collettivi. Il mio sogno era il salto con gli sci, che per noi in Slovenia è una religione, basta vedere il risalto che hanno avuto le nostre vittorie ai Giochi di Pechino: Ursa Bogataj e Nika Kriznar sono famose quanto me e Pogacar. Volevo salire io su quel podio olimpico e quando ho vinto la cronometro di Tokyo, salendoci ci ho pensato: «Veramente non era questo quello che davvero sognavo, ma va bene lo stesso…»

Roglic 2007
Roglic ai Mondiali Juniores di Tarvisio 2007, dove vinse l’oro a squadre nel salto con gli sci (screenshot Eurosport)
Roglic 2007
Roglic ai Mondiali Juniores di Tarvisio 2007, dove vinse l’oro a squadre nel salto con gli sci (screenshot Eurosport)

Lo sport di squadra

Dicevamo che il ciclismo è qualcosa di ben diverso. E’ vero, ma lo imparo ogni giorno e non sono ancora arrivato al termine di questo viaggio. Il rapporto con gli altri è ottimo, ma non è semplice, anche e soprattutto quando sei un leader e devi gestire le responsabilità Con i dirigenti della Jumbo Visma parliamo molto, il confronto è importante e tante meccaniche che potrebbero sembrare scontate per me non lo sono, le sto apprendendo, come nel giorno della vittoria di Laporte, della fuga con me e Van Aert. Era giusto vincesse lui, non c’è stato neanche bisogno di mettersi d’accordo, ma mi sono stupito di me stesso per questo, significa che ho fatto dei passi avanti e ne ero davvero felice.

In tanti mi hanno attaccato, lo scorso anno, per la vicenda del Col de la Colmiane, quando superai Gino Mader a 30 metri dal traguardo. Ci siamo ritrovati, poi, io e lo svizzero e ne abbiamo parlato a lungo. Non mi ha mai accusato, mi ha detto: «Se fossi andato più forte non mi avresti raggiunto». Perché Gino ha capito, conosce questo mondo, sa che ho fatto quel che andava fatto, anche se spesso ho pensato, in seguito, che in fondo potevo anche lasciargli la vittoria. Ma poi penso che no, ho fatto bene e vi spiego perché.

Roglic Mader 2021
Un sorpasso che ha fatto tanto discutere: Roglic passa Mader a 30 metri dal traguardo
Roglic Mader 2021
Un sorpasso che ha fatto tanto discutere: Roglic passa Mader a 30 metri dal traguardo

Gli obblighi verso il team

E’ sempre un discorso legato al team. Se dite che il ciclismo non è uno sport individuale, allora bisogna accettare anche simili epiloghi. Quel giorno tutta la squadra aveva lavorato alla grande per un unico obiettivo: la vittoria. Io dovevo finalizzare tutto quel lavoro, perché non fosse andato sprecato. Se non ci avessi provato, avrebbero potuto dirmi «E allora che abbiamo lavorato a fare? Ci chiedi di tirare e poi non ci provi…». Avevo la maglia di leader, forse quella vittoria avrebbe aggiunto poco, ma dovevo farlo per gli altri, prima ancora che per me stesso.

Il giorno dopo, forse per una sorta di karma, ho pagato, ho perso. Ma non voglio che si dica che sono un egoista. L’ultimo giorno del Giro dei Paesi Baschi 2021, ero con David Gaudu e non ho fatto la volata, era giusto che quel giorno vincesse lui, ma cambiava poco.

Roglic Tour 2020
Tutta la delusione sul suo volto dopo la crisi nella cronometro finale del Tour, che va a Pogacar
Roglic Tour 2020
Tutta la delusione sul suo volto dopo la crisi nella cronometro finale del Tour, che va a Pogacar

La maledizione del Tour

Sembrerà strano, ma il Tour dello scorso anno mi ha fatto più male di quello del 2020, da ogni punto di vista. Ci credevo, anche dopo la caduta, ma la tappa di Le Grand Bornand è stata un calvario vero e proprio. Io pensavo di riprendermi, non per la classifica ma almeno per lasciare un segno, ma poi mi sono accorto che faticavo come una bestia anche solo per rimanere nel gruppo dei velocisti… Molti dicono che sarebbe stato più saggio mollare, ma la gente mi incitava, lo dovevo a loro. Arrivato al traguardo ho preso coscienza della mia situazione e ho mollato, ma volevo andar via dal Tour con un bel ricordo, così il giorno dopo ho preso qualche cassa di birre e mi sono messo fuori dal camper e mi sono messo a distribuirle e condividerle con i passanti. In fin dei conti non ero finito in ospedale, era già qualcosa…

Dovevo partire per Tokyo e non ne avevo alcuna voglia. Con il cittì Andrei Hauptman abbiamo discusso a lungo, ha fatto una grande opera di convincimento, prima della gara in linea dove andavo pure bene, ma la schiena ha iniziato a farmi male. Figuriamoci l’umore dopo: la crono non volevo neanche farla, Andrei è stato ore a parlare, a convincermi che dovevo provarci, a dissipare i miei dubbi. Un bel po’ di quella medaglia d’oro è merito suo.

Roglic Tokyo 2021
Sofferente per la caduta al Tour, Roglic si esalta sul percorso olimpico di Tokyo e vince l’oro a cronometro
Roglic Tokyo 2021
Sofferente per la caduta al Tour, Roglic si esalta sul percorso olimpico di Tokyo e vince l’oro a cronometro

E ora un’altra avventura

Ora sono qui, a preparare altre avventure. Forse la maledizione delle gare francesi è sfatata ed è giusto che sia avvenuto rischiando fino all’ultimo metro, vincendo la Parigi-Nizza quasi come l’avevo persa l’anno prima. Soffrendo, come d’altronde è parte di questo mestiere. Tutta la mia carriera è così, ma devo dirmi fortunato: in quanti potrebbero iniziare la loro a 22 anni, senza quasi neanche saperlo? I miei sogni di bambino erano altri, ma è andata così, attraverso un cammino mai dritto, sempre tortuoso. Nel quale ogni giorno è una scoperta e io sono ancora tanto curioso…