Parigi-Nizza, la fucilata di Martinez. E Kreuziger racconta

14.03.2025
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«E’ stato semplicemente incredibile – ha raccontato Lenny Martinez dopo l’arrivo della quinta tappa alla Parigi-Nizza – tutta la squadra ha fatto un lavoro davvero grandioso. E poi, nell’ultima salita volevo lanciare lo sprint ai 150 metri. Ho visto che eravamo rimasti solo in tre, mi sono detto: “Non posso sbagliare ora, devo dare il massimo”. E quando ho accelerato, mi sono girato e ho visto le grandi differenze, non potevo crederci. Quando ho alzato le braccia… è stato un momento grandioso».

Lenny Martinez è la gioia fatta persona. Ieri, sulla Côte-Saint-André, ha siglato il suo primo successo in maglia Bahrain Victorious. E che successo…

Ha messo in fila i più grandi. A parlarci di questa fucilata è anche Roman Kreuziger, il direttore sportivo che sta seguendo Lenny e il team asiatico in questa Parigi-Nizza, sempre ricca di colpi di scena. Anche ieri, per esempio, c’è stata la caduta di Jonas Vingegaard e il giorno prima lo stop momentaneo della tappa per neve e maltempo.

Vingegaard è caduto: ha sbattuto il volto e una mano che si temeva fratturata. Dopo gli esami, tutto è rientrato. Tra poche ore scopriremo se il danese sarà ancora al via
Vingegaard è caduto: ha sbattuto il volto e una mano che si temeva fratturata. Dopo gli esami, tutto è rientrato. Tra poche ore scopriremo se il danese sarà ancora al via

Dal quarto posto…

L’entusiasmo non manca nel team, ma neanche la lucidità di Kreuziger, al quale chiediamo di raccontare come è nato questo successo.

«Questa vittoria – dice il direttore sportivo – parte dal giorno prima in qualche modo. Abbiamo perso Santi (Santiago Buitrago, ndr), il nostro leader, e Lenny ha dovuto subito dimostrare un carattere forte. Sapevamo che, numeri alla mano, era tra i migliori tre scalatori di questa Parigi-Nizza e che poteva dunque fare bene, ma poi riuscirci non è facile.

Lo stesso Martinez aveva toccato questo tasto del quarto posto. «In effetti – ha detto ancora Lenny – ero un po’ deluso dal quarto posto del giorno prima alla Loge des Gardes. Pensavo di poter fare meglio dietro e di restare attaccato a Joao Almeida. Ma ora sapevo che dovevo mettere la palla in rete, che dovevo vincere. Ieri (due giorni fa per chi legge) però ho capito che era possibile».

Sapevano, dunque, che poteva arrivare davanti, ma da qui a vincere ce ne passava. Kreuziger racconta di una preparazione certosina del muro finale, con video, immagini e… «Un’ottima guida dalla macchina. Lenny ha eseguito le indicazioni al dettaglio… Solo che poi è questione di gambe. Tu puoi fare tutto quello che ti dicono, ma se non ne hai, puoi fare poco. Dal canto nostro abbiamo fatto di tutto per fargli conoscere bene questo strappo finale. Su quelle pendenze lui è riuscito a sfruttare al meglio le sue caratteristiche».

In effetti si saliva sempre in doppia cifra, molto spesso al di sopra del 15 per cento di pendenza. La velocità era “bassa” e la componente del peso incide moltissimo. Martinez è stato un cecchino nel gestirsi.

Jorgenson (al termine leader della generale) fa il forcing sul muro. Lenny c’è… ma non si vede. gestione esemplare dello sforzo da parte sua
Jorgenson (al termine leader della generale) fa il forcing sul muro. Lenny c’è… ma non si vede. gestione esemplare dello sforzo da parte sua

Leader in divenire

Kreuziger prosegue nel suo racconto e insiste sul tema della squadra e del rapporto tra questa e Martinez. Questa vittoria vuol dire moltissimo.

«Io credo che, tra il cambio di team, di coach, di compagni, Lenny si stia adattando e voleva farsi vedere dai compagni. Una cosa è certa: dopo questi due giorni la sua considerazione nella squadra è cresciuta. Oggi la squadra ha lavorato davvero bene per lui e Jack Haig è stato bravissimo negli ultimi 20 chilometri. Lenny è un ragazzo che vive di emozioni. Spesso si fa prendere da queste, ma oggi aveva l’istinto del killer e una squadra vicina.

La Bahrain Victorious ha corso benissimo, sempre nelle posizioni di testa, compatta. Martinez è rimasto tranquillo, almeno vista da fuori. Questa tappa, in effetti, era ideale per lui: tanto dislivello, percorso nervoso. Iniziare “a puntare” e riuscire nell’intento è cosa da grandi, specie se si vuol diventare un grande. E sappiamo che Martinez ha un’ambizione enorme.

Il muro poi è stato gestito alla perfezione, specie per le tempistiche e per le cadenze dello sprint finale. Cadenze alte di chi arriva in cima avendo speso meno, molto meno, degli altri in virtù di un’ottima condizione e di un peso (appena più di 50 chili) davvero favorevole su certe pendenze.

Lenny Martinez (classe 2003) sta diventando un leader. In classifica è ora 5° a 55″ da Jorgenson
Lenny Martinez (classe 2003) sta diventando un leader. In classifica è ora 5° a 55″ da Jorgenson

Il Dna del campione

E Martinez della sua squadra non si è affatto dimenticato dopo l’arrivo: «Sono molto contento di aver vinto con Bahrain Victorious. Sfortunatamente abbiamo perso Santiago Buitrago in una caduta. Ho preso la responsabilità di leader ed ero ansioso di fare bene per loro, di non perdere».

Ma quanto è leader Martinez? Noi lo abbiamo spesso visto con i gradi di capitano, specie quando era nella continental della Groupama-Fdj, ma da qui ad esserlo nel WorldTour, in una squadra nuova e per di più in una gara come la Parigi-Nizza ce ne passa.

«Bisogna vivere queste situazioni per diventarlo – dice Kreuziger – ed è qualcosa che viene giorno per giorno. Io credo che bisogna lasciarlo fare, lasciare spazio anche alla sua fantasia. Non sappiamo dove può arrivare Lenny, viviamolo giorno per giorno. Intanto una vittoria di tappa alla Parigi-Nizza era un nostro obiettivo e l’abbiamo raggiunto. Ora vediamo quel che viene e quel che raggiungerà. Questa, di certo, è una grande scuola per lui.

A queste parole di Kreuziger fanno eco quelle di Martinez: «Per il fine settimana a Nizza, cercheremo di dare tutto. Devo risalire nella classifica generale, ma una vittoria di tappa è già tanto. Preferisco una tappa a una top 10 nella classifica generale, è una bella casella da spuntare».

Parigi-Nizza, si parte. Chi fermerà Vingegaard?

09.03.2025
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«Ricordo la mia prima partecipazione nel 2023. Ho molti ricordi – ha detto ieri Vingegaard nella conferenza stampa di vigilia alla Parigi-Nizza – alcuni belli e alcuni brutti. Ero venuto per vincere, invece arrivai terzo, quindi rimasi un po’ deluso. Non si può sempre vincere, ma sono tornato per farlo. Dovrò stare al coperto nelle prime tappe, senza perdere tempo. Poi potremo guadagnare nella cronometro a squadre e pure il giorno dopo alla Loge des Gardes, cinque minuti di salita dura. Poi restano le ultime due tappe, che saranno davvero impegnative».

La Parigi-Nizza parte oggi e si concluderà domenica prossima: 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri
La Parigi-Nizza parte oggi e si concluderà domenica prossima: 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri

Il parco dei pretendenti

Parte oggi la corsa francese, con un giorno di vantaggio sulla Tirreno-Adriatico che scatterà domani. Nel complesso e singolare intreccio dei calendari, senza Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, chi potrà impedire a Jonas Vingegaard di portarla a casa?

Lo scorso anno il danese vinse la Tirreno-Adriatico, con disarmante superiorità. Al giorno d’oggi, sono solo quattro i corridori – fra classiche e Giri – in grado di staccare in modo significativo il resto del gruppo e produrre differenza evidenti. Uno è il danese, l’altro è Pogacar, poi ci sono Evenepoel e Van der Poel. Per questo, senza imprevisti, è immediato inserire Vingegaard tra i favoriti della corsa francese. Anche perché il vincitore 2024, Matteo Jorgenson, correrà al suo fianco ed è intuibile che sarà chiamato ad aiutarlo.

Contro di loro, il campo dei partenti è solido, ma non irresistibile. La Soudal-Quick Step schiera Schachmann che ha vinto la corsa per due volte. La UAE Emirates avrà Almeida e assieme a lui Sivakov e McNulty. La Red Bull-Bora si affida a Vlasov. La Jayco-AlUla schiera O’Connor, secondo nel 2024 alla Vuelta e al mondiale. Infine la Bahrain Victorious ripropone la coppia Buitrago-Martinez.

Mentre Vingegaard vinceva la Tirreno 2024, Jorgenson conquistava la Parigi-Nizza
Mentre Vingegaard vinceva la Tirreno 2024, Jorgenson conquistava la Parigi-Nizza

Il punto dopo l’Algarve

Vingegaard si presenta al via della Parigi-Nizza cercando di mettere a punto la condizione dopo il debutto a mezze tinte della Volta ao Algarve, vinta grazie alla crono, ma faticando più del previsto in salita.

«In Portogallo abbiamo imparato molte cose – ha proseguito Vingegaard – soprattutto riguardo al primo arrivo in salita, che per me non ha funzionato. Abbiamo provato a capire di cosa si trattasse per provare a fare di meglio. Qui avrò anche una squadra molto forte, mentre in Algarve ero da solo e per questo mi sono ritrovato in una posizione difficile. Da allora ho recuperato. Ho fatto buoni allenamenti a casa. La forma è abbastanza buona, non sono ancora stato in altura per cui non sono nella forma migliore, ma neanche male. Spero di aver guadagnato qualche punto percentuale rispetto all’Algarve».

Sull’arrivo di La Loge des Gardes nel 2023 il duello tra Pogacar e Vingegaard si risolse a favore dello sloveno
Sull’arrivo di La Loge des Gardes nel 2023 il duello tra Pogacar e Vingegaard si risolse a favore dello sloveno

Otto tappe impegnative

La Parigi-Nizza ha otto tappe, come ha accennato Vingegaard. Parte da Le Perray en Yvelines e si concluderà domenica prossima a Nizza. Dopo le prime due giornate destinate ai velocisti e la veloce cronosquadre della terza, il primo scossone alla classifica verrà il quarto giorno, con l’arrivo in salita di La Loge des Gardes. E’ il luogo in cui nel 2023 Pogacar piegò per la prima volta Vingegaard, vincendo la tappa.

L’indomani, la tappa di La Cote Saint André ripropone un profilo da classica delle Ardenne, che precede il sesto giorno (nervoso) di Berre l’Etang. C’è poi l’arrivo in salita ad Auron il settimo giorno, dopo aver scalato la Colmiane. Infine l’ottava tappa si conclude a Nizza dopo quattro salite e il Col de Quatre Chemins a 9 chilometri dall’arrivo.

Il computo totale parla di 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri e 28 gran premi della montagna.

Dopo l’Algarve, Vingegaard sarà alla Parigi-Nizza con un super squadrone
Dopo l’Algarve, Vingegaard sarà alla Parigi-Nizza con un super squadrone

Il calendario di Vingegaard

Dopo aver raccontato a Eurosport lo stato disastroso in cui si è ritrovato lo scorso anno dopo la caduta al Giro dei Paesi Baschi, il danese ha spiegato come il suo livello al Tour de France non potesse essere accettabile. Perciò da allora si è rimboccato le maniche, pensando alla rivincita contro Pogacar. Anche a costo di snobbare le classiche e le corse sulle quali lo sloveno sta costruendo invece la sua leggenda.

«Abbiamo visto che le corse a tappe mi si addicono molto bene – ha detto Vingegaard – quindi sono più propenso a quelle che alle gare di un giorno. L’anno scorso ho vinto la Tirreno-Adriatico, quindi la cosa più normale è puntare alla Parigi-Nizza, per fare qualcosa un po’ diverso dagli ultimi anni. Vorrei vincere quante più gare a tappe WorldTour possibili e la Parigi-Nizza è la più grande, al di fuori dei Grandi Giri.

«Qui correremo con due leader, Jorgenson e il sottoscritto. Con lui ho un ottimo rapporto, sarei felice se vincesse. Non sono così egoista da pensare soltanto a me stesso. Sarò felice di sacrificarmi se lui sarà nelle condizioni di vincere, oppure se sarà il più forte e avrà la possibilità di vincere. E sono certo che sarà lo stesso anche al contrario, se sarò io a meritare. Su questo siamo uguali».

Dall’Inferno alla Costa Azzurra: ecco le due collezioni di Santini

05.03.2025
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Santini celebra le prossime corse di categoria WorldTour del calendario francese: la Parigi-Nizza e la Parigi-Roubaix. Due appuntamenti iconici per gli appassionati di ciclismo che per questa stagione avranno due linee speciali realizzate dal maglificio bergamasco. Si tratta di kit composti da maglia, pantaloncini, maglietta intima e diversi accessori. I colori e la grafica sono ispirati agli elementi caratteristici di queste due corse. 

La realizzazione di queste due linee di abbigliamento sportivo sono inserite in quello che è l’accordo tra il Tour de France e Santini. L’azienda italiana infatti fornisce tutte le maglie distintive delle gare organizzate da A.S.O. 

La Course du Soleil

Per la collezione dedicata alla Parigi-Nizza Santini ha voluto rendere omaggio alle bellezze della Costa Azzurra e della città che ospita il finale. Il kit è caratterizzato da disegni esclusivi che si ispirano ai panorami di questa terra e ai suoi colori: l’azzurro, il bianco e il giallo. Ogni piccolo dettaglio richiama quella che è l’armonia e l’energia della Costa Azzurra, trasformando ogni capo in un tributo al fascino di una delle corse più iconiche del calendario ciclistico internazionale.

I pantaloncini del kit offrono una media compressione e hanno un fondello GITevo. Sono studiati per offrire il giusto supporto e comfort in sella. La maglietta ha dei dettagli che si ispirano a quelli che si trovano su quella dedicata al leader della corsa a tappe. Da quelle parti il clima inizia a diventare sempre più piacevole, ma è meglio munirsi di una sottomaglia. Quella proposta da Santini è altamente traspirante e rimarrà asciutta anche nelle performance più estreme. La collezione Paris-Nice include anche cappellino, guanti e calzini. 

Enfer du Nord

La seconda collezione proposta da Santini vuole celebrare uno dei protagonisti della Parigi-Roubaix: Gilbert Duclos-Lassalle. Soprannominato “Gibus” e vincitore della corsa nel 1992 e nel 1993. Uno dei più iconici settori in pavé della corsa, quello che porta da Waller a Hélesmes è stato ribattezzato “Pont Gibus” proprio in suo onore. 

Un kit che prende ispirazione da questo settore e dalle sue particolarità, come il passaggio ferroviario. Il tutto diventa un mix perfetto tra storia e modernità. Nelle Classiche del Nord il clima è diverso da quello che si trova sulla Costa Azzurra, per cui Santini ha previsto una giacca a maniche lunghe in grado di proteggere dall’aria fredda. La maglia, con tessuto elastico che dona grande libertà di movimento, ha un design aerodinamico e traspirante. Anche in questo caso la collezione si completa con cappellino, guanti e calzini.

Santini

Battistella: l’addio (amaro) all’Astana e il rilancio con la EF

08.11.2024
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La vita di Samuele Battistella sta per cambiare colore, passando dall’azzurro al rosa. Questo perché dopo quattro stagioni passerà dall’azzurro dell’Astana Qazaqstan Team al rosa della EF Education-EasyPost. E in secondo luogo perché tra poche settimane, un paio per la precisione, appenderà il fiocco rosa in casa. Il corridore veneto e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori, un passo importante che non può che occupare i pensieri di entrambi in questo inverno speciale e ricco di cambiamenti. 

«Proprio in questo momento – racconta Battistella – sono in auto che sto andando a prendere la mia fidanzata, mi fate un po’ di compagnia. Facciamo una piccola gita insieme di qualche giorno, di per sé è stato un inverno tranquillo visto che è al nono mese di gravidanza. Ci stiamo rilassando».

Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori
Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori

Fiocco rosa

In casa Battistella allora ci si appresta a festeggiare ed appendere un fiocco rosa. L’emozione aumenta, come la consapevolezza del grande passo che lui e Alessia stanno per fare.

«Pensare di diventare papà – ammette felice – è una sensazione strana, particolare. Me ne sto rendendo conto ora, visto che manca davvero poco. Prima ero immerso nella stagione di gare. E’ una bella emozione, non so bene a cosa andrò incontro, qualcosa di veramente grande probabilmente. Il piccolo problema è che la scadenza è prevista per il 20 novembre e io il 19 dovrei andare al primo ritiro con la EF, per poi ritornare il 25. La squadra mi ha già detto che mi aiuterà in tutto, quindi stiamo pronti a partire dopo o tornare prima. Ma il ritiro non si può saltare, ci sono le visite mediche, vedremo i materiali. In più sono nuovo».

Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Andiamo al ciclismo, che 2024 è stato?

Ero partito molto bene con due belle prestazioni alla Parigi-Nizza e al Giro dei Paesi Baschi che avevano fatto ben sperare. Poi mi sono fermato per preparare il Tour de France, al quale alla fine non ho partecipato. Inoltre a fine agosto mi sono rotto la clavicola. Non è stata una stagione buona, ma una via di mezzo. 

Mazzoleni a inizio anno ci aveva detto che non avresti dovuto fare un Grande Giro.

I programmi di dicembre non lo prevedevano. Poi dopo i risultati di Nizza e Paesi Baschi sono stato inserito nella squadra che avrebbe poi corso il Tour de France. Una decina di giorni prima, al Giro di Svizzera, mi sono ammalato e la squadra mi ha escluso. Insomma non ho praticamente fatto quanto avevo programmato. 

Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Quando è arrivata la proposta della EF?

Presto, ad aprile avevo già firmato. Ho avuto tutto il tempo di immagazzinarla e da fine stagione ho pensato già al futuro. Sono contento perché il team mi ha cercato per propormi un ruolo importante, vogliono un corridore come me e sono intenzionati a darmi spazio. 

Dopo quattro anni lascerai l’Astana, cosa ti porti dietro?

Mi dispiace andare via perché dopo tanto tempo mi sentivo come a casa. Quello che mi porterò in EF è la consapevolezza che nel WorldTour senza programmare bene l’attività non vai da nessuna parte. Non si possono fare le corse senza lavorarci bene ed è quello che sento di aver fatto nel 2023 e nel 2024. 

I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
Di te stesso, invece, cosa hai capito?

Che al di fuori di quei quattro o cinque mostri sacri, possono arrivare lì davanti e giocarmela. E con il supporto della squadra penso possa arrivare ancora un passo in più. 

Hai firmato per due stagioni con EF, a 26 anni diventa un passo importante per la tua carriera. 

Con il 2024 ho chiuso il mio quinto anno da professionista, anche se il primo è stato il 2020 e non me la sento di contarlo. Sono più che sicuro del mio sviluppo, non sono giovane ma nemmeno vecchio (ride, ndr) quindi posso dare il massimo. Mi conosco ormai bene e inizio due anni nei quali potrò avere le giuste occasioni per fare ottime cose. 

Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
L’Astana ha provato a trattenerti?

Quando abbiamo parlato, non ho nascosto di aver già firmato con il nuovo team, ho voluto essere onesto con loro. Sono rimasto professionale e un serio professionista fino in fondo. Anche quando mi sono rotto la clavicola a fine stagione non ho tirato i remi in barca. Anzi, mi sono allenato a fondo per recuperare. Dal lato del team invece non sento di aver avuto lo stesso trattamento. 

Perché?

Sentivo che non gli importasse più di avermi come corridore, il rapporto era cambiato. Posso capire, ma l’esclusione a una settimana o poco più dal Tour de France mi ha ferito. Al Giro di Svizzera mi sono ammalato e l’ultima tappa non l’ho corsa, anche con il parere del medico. Ho visto dalla squadra un atteggiamento che non mi è piaciuto, come se fossi inaffidabile dato che mi ammalo spesso, a loro modo di dire. 

Battistella ha cercato nuovamente la miglior condizione nel finale di stagione, ma senza riuscirci
Battistella ha poi cercato nuovamente la miglior condizione ma senza riuscirci
Forse la firma di un nuovo contratto da aprile ha raffreddato effettivamente il rapporto. 

Può essere, sicuramente non mi sono sentito aiutato e coinvolto come prima. A dicembre non dovevo fare il Tour, poi sì viste le prestazioni in primavera, e infine ancora nulla per una febbre al Giro di Svizzera. 

Tu saresti andato alla Grande Boucle?

Sì. Non sapremo mai come sarebbe andata. Magari la prima settimana avrei fatto più fatica, ma poi credo che sarei tornato sui miei livelli. Anche perché avevo lavorato tanto, sono stato con la squadra 23 giorni a Sierra Nevada. Non ero mai stato così tanti giorni in altura. Tutto il lavoro è stato perso, perché poi a luglio non ci sono corse. Quindi mi sono fermato perché non avrei mai tenuto la condizione fino a fine stagione. Nel momento in cui stavo tornando ai miei valori mi sono rotto la clavicola. 

Quindi, meglio rimboccarsi le maniche e ripartire verso il 2025.

Penso che tutte le fatiche fatte in una stagione siano oro colato per quella successiva. Non ho mai mollato e la voglia è di ripartire forte.

Remco studia il Tour, con un super Cattaneo al suo fianco

14.03.2024
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Quante volte lo abbiamo visto in testa. Per quanti chilometri ha preso aria per il suo capitano, Remco Evenepoel. Mattia Cattaneo è reduce da una Parigi-Nizza decisamente buona. Così come buona è stata anche per il suo leader appunto.

Il belga della Soudal-Quick Step in qualche modo è “condannato” a vincere, specie se in corsa non ci sono Vingegaard o Pogacar, ma bisogna ricordare che per lui si trattava della prima esperienza su certe strade della Francia.

Spesso lo abbiamo visto far tirare la squadra e poi non cogliere il lavoro fatto. E spesso, davanti c’era Mattia Cattaneo.

Cattaneo in testa al gruppo per Remco. Il bergamasco non ha mai avuto paura del vento in faccia
Cattaneo in testa al gruppo per Remco. Il bergamasco non ha mai avuto paura del vento in faccia
Mattia, prima di tutto: come stai?

Onestamente sto bene. Sono super contento della mia condizione e del lavoro che ho fatto. Un buon lavoro. Sto dove volevo essere e forse anche un po’ meglio.

Cosa significa un po’ meglio?

Per un corridore come me certi percorsi esplosivi e con salite brevi non sono il massimo, invece in questa Parigi-Nizza ero competitivo. Da questo dico che sto un po’ meglio di quanto mi aspettassi. Se uno come me non è in forma vera, certi percorsi li soffre.

Hai parlato di buon lavoro: a cosa ti riferivi?

Un po’ a tutto. Che si dovesse tirare per 100 metri o per 50 chilometri, quando serviva io ero sempre al vento. Ho sempre detto che per proteggere i capitani bisogna prendere tanta aria, bisogna esporsi. Se fai così, è la cosa più facile che c’è. Riesci a portarlo sempre nella posizione giusta…

Ma servono gambe…

Esatto, per questo sono contento. E dico di aver fatto bene il mio lavoro. O che l’ho fatto come penso… andasse fatto!

In certe corse anche prendere posizione prima di un ponticello è causa di stress
In certe corse anche prendere posizione prima di un ponticello è causa di stress
Veniamo a Remco. Spesso vi ha fatto tirare, ma poi ha raccolto poco. Posto che comunque ha sempre vinto una tappa e se l’è giocata fino alla fine. Cosa, tra virgolette, non ha funzionato?

Dire che qualcosa non ha funzionato è relativo. Era la prima volta che Remco faceva la Parigi-Nizza e certe corse sulle strade francesi (non ha mai fatto né il Tour, né il Delfinato). Si sa che il livello è altissimo in certe gare. Ci sono 3-4 corse che sono notoriamente più dure e complicate di altre e una di queste è la Parigi-Nizza. E un po’ di timore forse Remco lo aveva. In queste corse c’è più nervosismo, tutto è più estremizzato.

Quindi quanto è stato importante fare questa gara in vista del Tour de France?

Importantissimo. Fare otto tappe così ti fa rendere conto di ciò che troverai al Tour, anche se poi lì le cose saranno ancora diverse. E la stessa cosa vale per il Delfinato. Sono le due corse che più somigliano al Tour anche se di una settimana. Però è anche vero che quella davvero critica al Tour è la prima settimana, poi le forze iniziano a scemare, ognuno trova il suo posto in classifica e tutto diventa un pizzico meno nervoso.

Hai parlato di nervosismo, ma cambia qualcosa anche sul piano tattico?

Beh, il nervosismo è un fattore importante, che influisce anche sulle tattiche. Queste corse super importanti hanno una sorta di status di nervosismo acquisito in cui tutti vogliono stare davanti a prescindere, anche se c’è un ponticello a 100 chilometri dall’arrivo. Perché? Perché è così… In altre corse neanche te ne accorgeresti di quel ponticello. Tutto è dunque vissuto in modo esponenziale e diventa complicato.

Questo ha messo in difficoltà Remco?

In difficoltà no, ma si è reso conto che il gruppo si muove in modo un po’ diverso. Semmai è rimasto sorpreso che in quei frangenti si lottasse così tanto. Ma lì sta a me, al mio ruolo, intervenire. E se devo tirare un chilometro a tutta, anche se l’arrivo è lontano, lo faccio. Se devo spendere, spendo: non sto lì a pensare di risparmiare qualcosa.

Tanta attenzione mediatica. «Ma Remco – dice Cattaneo – ci è abituato»
Tanta attenzione mediatica. «Ma Remco – dice Cattaneo – ci è abituato»
E le strade? In Francia tutto sommato sono abbastanza larghe. Remco ha potuto saggiare anche queste…

No, quello è l’ultimo dei problemi. Non c’è niente di diverso rispetto ad altre corse. Quello che contava era la corsa nel suo insieme.

Riguardo all’impatto mediatico? La Parigi-Nizza è un piccolo Tour…

Credo che un po’ in effetti Remco si sia reso conto di cosa lo attenderà a luglio. Però è anche vero che uno come lui è abituato a stare sotto la lente d’ingrandimento, specie dei media belgi. Lo avrebbero criticato o esaltato anche se avesse fatto la Coppi e Bartali, con tutto il rispetto per questa gara.

Ti ha chiesto, Mattia, qualcosa ti particolare in questa settimana francese?

Qualche consiglio sulla cronosquadre, su come la pensassi riguardo a determinate scelte tecniche. In più spesso abbiamo analizzato insieme il pre e post gara. Diciamo che Remco si fida molto di me e mi segue. Poi quando io finisco le gambe, lui inizia la sua corsa!

Alla luce di quanto detto e dell’importanza dell’esperienza sulle strade francesi, Remco può vincere il Tour al debutto?

Secondo me sì. E’ una corsa strana, ma sempre una corsa. Tutto deve andare bene e serve anche un po’ di fortuna. Ma a livello di preparazione fisica ci può stare. E non è un caso che dopo la tappa di Nizza siamo rimasti in Francia altri due giorni. Abbiamo visionato due frazioni: la crono finale e la penultima tappa del Tour.

La Parigi-Nizza di Vergallito: «Una vera faticaccia…»

13.03.2024
5 min
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Per Luca Vergallito la prima stagione nel WorldTour diventa più impegnativa ogni giorno che passa. Prima la trasferta australiana, poi le altre corse a tappe fino alla Parigi-Nizza, dove con il suo 36° posto è stato il terzo degli italiani in classifica dopo Cattaneo e Battistella. Per il milanese l’impatto con la corsa francese è stato duro, perché non parliamo di una gara a tappe come le altre, è l’ideale spartitraffico fra le tante del calendario e i tre grandi Giri.

Tornato a casa e in attesa di rimettersi in viaggio tra qualche settimana (lo attende il Giro dei Paesi Baschi a inizio aprile per poi dirigersi verso le Classiche delle Ardenne), Vergallito traccia il bilancio non focalizzandosi sull’ultima gara.

«Ho iniziato subito con l’Australia cominciando ad assaggiare il massimo circuito – spiega il milanese – poi le prime gare a tappe europee, ma non sono la stessa cosa. Lì, anche agli antipodi, trovi sì le squadre del WorldTour ma anche quelle Professional e Continental. Alla Parigi-Nizza cambia tutto: ci sono i massimi team, solo qualche altra squadra a invito, si vede che il livello è più alto».

Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Da che cosa te ne sei accorto?

La startlist diceva sin dal via che tutti i team portavano i grossi calibri e in gara lo percepisci, lo vivi. C’è molto più nervosismo in gruppo, il ritmo è più alto, tutti cercano di mettersi in luce. Poi c’è un fattore che emerge: la lunghezza, sono ben 8 tappe, rispetto alle altre corse di più giorni è un’altra cosa. Finita la gara la senti nelle gambe che non è come tutte le altre.

Tu come l’hai vissuta?

E’ stata abbastanza tranquilla perché la squadra non mi ha messo pressione, né me la sono messa io. Sapevo che era un impegno diverso dal solito, una corsa più lunga e con una concorrenza della massima qualità. E’ chiaro che dentro senti sempre la voglia di arrivare davanti, fare risultato, ma non ci arrivi dall’oggi al domani.

La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
Quali erano i tuoi compiti?

Inizialmente tutta la squadra era votata al supporto di Kaden Groves per le volate, poi nella terza frazione, una cronosquadre, sapevamo di essere svantaggiati rispetto agli altri team, non siamo specializzati e potevamo solamente difenderci. La quarta tappa era forse la più dura: io ero nel primo gruppo, ma quando è caduto Gaudu ho perso l’aggancio con i primi e non sono più riuscito a recuperare. Poi sono andato avanti pressoché allo stesso livello. Non ho ottenuto risultati eccezionali, ma sono soddisfatto perché credo di aver imparato più in questa settimana che in tutte le altre gare dell’anno.

Che c’è che cambia in una corsa del massimo livello?

La tensione che si respira. L’aspetto tattico della corsa diventa essenziale, il posizionamento in gara per ogni singolo chilometro. Non puoi davvero sbagliare nulla. Il fatto di avere vissuto tutto ciò, di avere visto piccoli miglioramenti proprio nella condotta di gara lo reputo come una vittoria personale.

Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Questo è il tuo primo anno nella squadra maggiore. Anche alla Parigi-Nizza hai affrontato grossi calibri, anche corridori come Evenepoel e Roglic, due di quelli considerati fra i “magnifici 5” che stanno cambiando il ciclismo contemporaneo. Che cosa significa correrci contro?

In questo senso la Parigi-Nizza mi ha detto molto. Si capisce che hanno qualcosa in più sia dal punto di vista fisico che tattico. Vedi corridori del genere e vedi gli altri: il 95 per cento di loro cerca di stare al passo mettendoci tutto quel che ha, ma poi quelli fanno la differenza. Non vedi in loro alti e bassi, segni di chiaro cedimento. A prescindere dalla condizione, fanno risultato. Però ho anche capito che con il sacrificio, crescendo piano piano ci si può arrivare a competere: la vittoria di Jorgenson in questo senso è un messaggio di speranza per me perché anche chi non è baciato dal talento puro può farcela.

Ora ti attendono Paesi Baschi, le Classiche e il Romandia. L’impressione è che la squadra creda fortemente in te al punto di aver portato il tuo calendario quasi all’estremo…

E’ vero e so che in corse simili, fare risultato è molto difficile. Ma è solo così che si cresce, dando il massimo e analizzando i propri errori, per questo dico che l’esito della Parigi-Nizza è stato un’ispirazione. L’Alpecin Deceuninck non è una squadra di scalatori, quindi ho spazi nelle corse più difficili, spero piano piano di poterli sfruttare.

Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Tutti sanno che tu vieni dall’esperienza della Zwift Academy, dove poche settimane fa Mattia Gaffuri ha sfiorato l’ottenimento del contratto. Tu che ci sei passato che cosa ti senti di consigliargli?

Se vuole diventare professionista deve insistere, tenere i rapporti con l’ambiente e sperare nel colpo di fortuna. La logica vorrebbe che chi da una selezione di decine di migliaia in tutto il mondo è emerso fino alla finale, all’ideale podio, dovrebbe avere una chance in questo mondo, ma è difficile che gli altri team vengano a cercarti. La ragione è semplice: il mondo dei professionisti è ristretto, c’è un ricambio continuo, guardate quanti corridori in carovana lo scorso anno sono rimasti senza contratto… Anche se ha talento – e lui ne ha da vendere – questo non basta. Io lo so bene: con Chiara Doni sapevo che aveva perso la finale di pochissimo: ho contattato mari e monti, alla fine è saltato fuori solo un breve stage a fine stagione. Chissà, potrebbe capitare anche a lui, mai rassegnarsi.

EDITORIALE / La sfida di Roglic e il copiare che non funziona

11.03.2024
5 min
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La vera difficoltà per Roglic sarà ricreare attorno a sé i meccanismi che lo scorso anno, pur al rientro dall’infortunio, lo portarono a vincere la Tirreno-Adriatico, poi il Catalunya e il Giro. Ma si tratta davvero di una necessità?

La Visma-Lease a Bike, come la Quick Step degli anni migliori, è la squadra che rende forte chi vi arriva e priva di qualcosa chi ne esce. Alla Parigi-Nizza non deve essere stato facile per lo sloveno veder vincere Jorgenson, appena aggregato al team, e arrivargli davanti anche Kelderman che fino allo scorso anno tirava per lui. Il punto è capire se esista un modo diverso per raggiungere il successo. Oppure se il lavoro di Roglic e del suo staff, di cui fa parte anche l’allenatore Marc Lamberts, consista nel ricreare meccanismi che riconosce come vincenti.

Vingegaard, Kuss e Roglic: la concorrenza interna è di stimolo, ma può essere anche un freno (foto Jumbo-Visma 2023)
Vingegaard, Kuss e Roglic: la concorrenza interna è di stimolo, ma può essere anche un freno (foto Jumbo-Visma 2023)

La concorrenza interna

Conoscendolo, non servirà molto tempo perché il suo orgoglio torni a ruggire. In fondo ce lo auguriamo tutti, per la simpatia che Primoz ha saputo generare attorno a sé. Tuttavia il suo esempio ci porta a fare un passo indietro, tornando alle due tappe vinte da Vingegaard alla Tirreno.

Gli è stato chiesto per quale motivo abbia ritenuto di vincerle, avendo un obiettivo gigante come il Tour che lo attende. La risposta di Jonas è stata logica. Per dare un senso a tutto il lavoro, perché non si vive di solo Tour e non è detto che a luglio avrà la stessa condizione. Risposte ineccepibili, che tuttavia ne lasciano intravedere un’altra sullo sfondo: in quella squadra è meglio battere il ferro finché è caldo. Da un momento all’altro potrebbe emergere un giovane altrettanto formidabile, capace di portarti via lo scettro.

In quale altro team avrebbero lasciato andare via un capitano come Roglic, che nelle ultime 5 stagioni ha vinto tre Vuelta e un Giro? Neppure la Sky delle meraviglie si è mai privata dei suoi leader, arrivando a far convivere Wiggins, Froome, Thomas e Bernal. Quelli che sono andati via – Carapaz e Landa su tutti – non erano poi così formidabili.

Alla UAE Emirates verrà il momento in cui dovranno scegliere fra Pogacar e Ayuso?
Alla UAE Emirates verrà il momento in cui dovranno scegliere fra Pogacar e Ayuso?

Copiare non funziona

E’ lo sport dei cicli e ora dominano quello della Visma e della UAE Emirates . Chissà che anche in casa Pogacar non si debbano tenere gli occhi aperti per il crescere di Ayuso, che quanto a mordente e voglia di vincere non è certo inferiore a Tadej. In assoluto, la competizione interna fa parte dello sport ed è lo stimolo che spinge gli atleti a non sedersi sugli allori. Quello che con il suo modo sgangherato di esprimersi probabilmente Lefevere intendeva far notare ad Alaphilippe. Dalla vittoria di Imola 2020 ad oggi, il francese ha vinto appena 10 corse. Forse per il tempo che passa, certo per qualche infortunio di troppo, forse perché è venuta meno la spinta interiore.

Roglic non ha difetti di motivazione. Ha corse che vorrebbe ancora vincere e la voglia di dimostrare di non essere inferiore a nessuno. La differenza la farà con il metodo di lavoro, a patto di aver capito che i cicli altrui non sono replicabili, perché hanno dietro una storia e il pregio dell’originalità. Primoz ha portato con sé il suo coach, ma forse avrebbe potuto affidarsi a quelli della Bora-Hansgrohe. Il bello di cambiare sta anche nel provare strade nuove.

In anni non sospetti, lasciata la Quick Step per andare alla Cofidis, Elia Viviani ammise di aver perso troppo tempo per ricreare gli automatismi di un treno che non è mai stato all’altezza. Nei quattro anni successivi al 2019 (secondo e ultimo nel team belga, con 11 vittorie), il veronese ha messo insieme lo stesso numero di successi e su traguardi meno prestigiosi. I cicli altrui non sono replicabili e tutto sommato neppure le esperienze.

Cavendish ha voluto in Astana un piccolo spicchio di ambiente Quick Step: come vanno le cose?
Cavendish ha voluto in Astana un piccolo spicchio di ambiente Quick Step: come vanno le cose?

Il coraggio di cambiare

Abbiamo letto nell’intervista a Marcellusi, 23 anni e all’attivo la vittoria nel Trofeo Piva del 2023 (internazionale U23), che il suo 2024 per ora è stato più allenarsi che correre. Con la regia del team performance del VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè, il romano ha fatto tre giorni di corsa a Mallorca, poi è andato sull’Etna in ritiro e tornerà in gruppo il 13 marzo, mercoledì, alla Milano-Torino. Poi Sanremo, Coppi e Bartali e, nell’ipotesi del Giro, forse un altro ritiro in altura. Per ammissione del corridore, lo staff ha deciso questo percorso prendendo spunto dalla programmazione dei team WorldTour.

Ci sorge un dubbio: Marcellusi è in grado di fronteggiare una programmazione così simile a quella di Pogacar e Van der Poel? Che cosa avrebbe potuto fare, seguendo un cammino più tradizionale, nelle tante corse che si sono svolte finora?

I cicli e le esperienze possono servire come ispirazione, ma non si copiano e sono impossibili da replicare. Cavendish ha voluto il diesse Renshaw, l’allenatore Vasilis Anastopulos e il leadout Morkov: come Viviani, sta dedicando tempo a inseguire uno schema che nella squadra attuale non funziona? Per ora i risultati sono al di sotto delle attese. Dopo il ritiro in Colombia, i progressi sembrano essersi interrotti. Forse anche lui, come Alaphilippe, deve fare i conti con il tempo che passa e magari con una minore spinta interiore. Per Roglic non è così, non dovrebbe. Crediamo che Primoz arriverà a conquistare ancora qualcosa. Perché ha iniziato tardi, sa adattarsi e il tempo gli è amico. E soprattutto negli occhi ha ancora il sacro fuoco.

Vlasov-Roglic, alla Parigi-Nizza prime prove di convivenza

09.02.2024
4 min
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Ci sentiamo alle 10 e mezza, un’ora in meno sul Teide. Vlasov è già in altura dopo l’inizio scoppiettante, preparandosi per la Parigi-Nizza in cui per la prima volta correrà accanto a Roglic. Tre podi a Mallorca e il terzo finale alla Valenciana riportano la memoria al 2022, quando proprio in avvio vinse la corsa a tappe spagnola battendo Evenepoel. La traiettoria del russo della Bora-Hansgrohe continua nel segno della crescita, con un gradino all’anno e grande costanza. Quel che c’è da capire è se l’arrivo di Roglic sarà in qualche modo di ostacolo o disegnerà per lui un uovo ruolo. I due finora non si sono mai incrociati se non in ritiro, ma li hanno tenuti in due gruppi separati, quindi in bici non c’è ancora stato grande contatto.

«Ho fatto un bell’inverno – spiega – non mi sono mai ammalato, non ho mai saltato un allenamento e questo me lo ritrovo come un vantaggio. Ho lavorato bene e mi avvicino agli obiettivi. Fra un mese c’è la Parigi-Nizza, poi il Catalunya, che da soli sono molto interessanti. E poi arriverò fino alla Freccia e la Liegi. E a quel punto si guarderà verso il Tour, con un’altra altura. Nel programma in teoria avrei anche il Romandia, ma non credo sia funzionale alla preparazione del Tour. Lo vedremo più avanti».

Vlasov, russo classe 1996, è alto 1,86 per 68 chili. E’ pro’ dal 2018
Vlasov, russo classe 1996, è alto 1,86 per 68 chili. E’ pro’ dal 2018
Tutto sul Tour e niente Giro, dunque?

Così è stato deciso. A me sta bene, proseguo nel mio cammino di crescita guardando ai miei obiettivi, che non mancano. Cresco per gradi e credo che vada bene così, meglio che sfoderare un anno sensazionale e poi sparire. In realtà non conosco ancora i miei limiti e correre accanto a Roglic sarà un vantaggio. Vedere come si allena e come corre un atleta del genere sarà un’ispirazione, il Tour sarà un’ottima scuola. Nel frattempo potrò seguire i miei obiettivi. Il prossimo è la Parigi-Nizza. Il morale è cresciuto e gli obiettivi sono più alti, si ragiona da squadra top.

Volendo continuare a crescere, hai cambiato qualcosa nella preparazione?

No, più o meno ho fatto lo stesso. Mi sono concentrato sul migliorare in salita, perché alla Vuelta alla fine mi staccavo dai migliori e quando sei lì, rassegnarsi è difficile. Nella mia testa non ci sto a cedere. Dico: «Dove cavolo volete andare?». Non ti va di lasciarli andare, però succede e devo crescere. Invece a crono credo di essere migliorato tanto.

Parigi-Nizza 2022, Vlasov e Roglic rivali: quest’anno divideranno i gradi
Parigi-Nizza 2022, Vlasov e Roglic rivali: quest’anno divideranno i gradi
Negli ultimi tre anni hai fatto quarto al Giro, quinto al Tour e settimo alla Vuelta: che differenze vedi?

Quando ho fatto quarto al Giro del 2021, era la seconda volta in una gara di tre settimane e forse mi è mancata un po di esperienza. Ho fatto un paio di grossi errori e ho perso tanto. Al Tour 2022 invece sono caduto e non so neanche io come abbia fatto a tenere duro e arrivare quinto. Infine all’ultima Vuelta, c’erano corritori fortissimi. Ho provato a stare con loro, ma l’ultima non è stata la mia stagione migliore. Non stavo benissimo e anche se le salite lunghe mi piacciono, ho pagato qualcosa. 

Alla Parigi-Nizza non sarai leader unico, ci sarà anche Roglic che l’ha già vinta: come vi gestirete?

Vedremo chi sarà messo meglio e ci regoleremo di conseguenza.

L’arrivo di un leader così forte potrebbe causare scontento in qualcuno?

In qualche caso potrebbe succedere. Lui stesso è andato via da dove era prima, perché non trovava spazio per il Tour e voleva essere capitano unico. Anche noi quest’anno andremo al Tour con tutti i migliori, come la Jumbo e la UAE che addirittura porterà cinque capitani. Ma non è detto che inizierò a tirare per Roglic dal primo chilometro e che lasci subito la classifica. Prima dobbiamo vedere come si mette la corsa.

Al Lombardia è stato uno degli ultimi a cedere a Pogacar, piazzandosi quarto
Al Lombardia è stato uno degli ultimi a cedere a Pogacar, piazzandosi quarto
Alla Bora ci sono tre italiani, è vero che sei spesso in camera con loro?

Sì è vero, forse perché parlo la lingua. Ci sono Benedetti, Sobrero, che è appena arrivato e Aleotti. Giovanni è un ragazzo motivato. Un consiglio? Gli direi di credere un po’ di più in se stesso, nella sua capacità di vincere e non limitarsi solo a tirare.

Si rivede Schachmann, alla ricerca del tempo perduto

28.07.2023
5 min
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Al Tour non c’era e la cosa per certi versi poteva risultare sorprendente. D’altronde la stagione di Maximilian Schachmann procede un po’ così, a sobbalzi, lontana da quei picchi a cui il tedesco della Bora Hansgrohe aveva abituato. Non dimentichiamo che parliamo di un corridore protagonista assoluto nelle classiche e nelle brevi corse a tappe, due volte primo alla Parigi-Nizza, capace di lottare alla pari con i “mammasantissima” come Pogacar e Van Aert.

Il suo nome è rispuntato fuori proprio mentre si correva sulle strade francesi. Schachmann ha dovuto ripiegare sulla Romania, sul Sibiu Cycling Tour dove è tornato a svettare, cogliendo la vittoria che gli sfuggiva ormai da un paio d’anni. E che certamente influiva sul suo umore, sulla sua voglia di ripresa.

La vittoria solitaria nella terza tappa della corsa di Sibiu. Un successo atteso due anni (foto organizzatori)
La vittoria solitaria nella terza tappa della corsa di Sibiu. Un successo atteso due anni (foto organizzatori)

«Ovviamente – ammette il corridore di Berlino – non sono contento della mia stagione. A inizio primavera ho preso un virus che mi ha fatto stare fermo 6 settimane: ero in procinto di esordire e ho visto tutto cancellato. Davvero un pessimo inizio. Così sto ancora cercando di tornare al mio vecchio livello, ma non è facile viste le premesse».

Quanto è stata importante, soprattutto dal punto di vista morale, la vittoria di Sibiu?

E’ sempre bello vincere di nuovo una gara ciclistica. Non era certamente la più grande corsa dell’anno, ma tagliare il traguardo per primo non è mai facile. E’ stato bello per la sensazione, ma c’è ancora molto lavoro da fare, per tornare quello che voglio essere.

Per il tedesco due anni di grandi sofferenze, che hanno incrinato il suo sorriso
Per il tedesco due anni di grandi sofferenze, che hanno incrinato il suo sorriso
Nel 2019 avevi vinto 7 corse ed eri stato grande protagonista nelle classiche. Al di là dei tuoi risultati successivi, pensi che gli anni del Covid abbiano un po’ frenato la tua crescita?

Sì, questo è certo. Nel 2021 non ero certamente andato male, anche nelle classiche avevo fatto belle corse come il terzo posto all’Amstel. Poi nel 2022, in primavera ho avuto il Covid e poi ho avuto un altro virus e in estate di nuovo il Covid e quest’anno in primavera ancora un virus. Insomma, non è la maniera migliore per affrontare una carriera. Mi dispiace perché d’inverno sembrava che pian piano le cose stessero tornando a posto e prima della Parigi-Nizza mi sentivo bene, ma tutto è andato in fumo e stavo davvero molto male. E’ vero che sono incerti del nostro mestiere, ma mi pare di aver un po’ ecceduto nella sfortuna…

A proposito di Parigi-Nizza, qual è la tua dimensione ideale, nelle corse d’un giorno o nelle corse a tappe come quella transalpina?

E’ difficile da dire. Ovviamente ho vinto due volte la corsa francese, quindi è stato davvero bello, ma anche nelle classiche sono andato spesso bene e mi trovo a mio agio. Non saprei dare una risposta netta. Mi ritengo un corridore versatile.

La Parigi-Nizza era quasi diventata il suo regno: due vittorie di fila, nel 2020 e 2021
La Parigi-Nizza era quasi diventata il suo regno: due vittorie di fila, nel 2020 e 2021
Ti dispiace non essere stato al Tour de France? Visto il percorso pensi che avresti potuto essere protagonista al fianco di Hindley?

Non è mai bello perdere la più grande gara ciclistica del mondo, ma penso che sia stata la decisione giusta quest’anno. Penso che rimanere a casa sia stato importante, fare un passo indietro e provare ad essere più cauti e prudenti durante questa stagione per ritrovare la stabilità. Per certi versi, mi vedo già proiettato verso il 2024, anche se non mancheranno occasioni da qui a fine stagione, ma vorrei finalmente affrontare una stagione dall’inizio senza intoppi.

Tu hai 29 anni e sei nel WorldTour dal 2017, con un contratto già firmato per il prossimo anno. Pensi che questo ciclismo logori e sarà sempre più difficile superare i trent’anni ai massimi livelli?

Penso che prima di tutto quello che conta sia riuscire a fare grandi prestazioni in ogni gara, perché il ciclismo attuale non perdona nulla. Devi essere sempre al massimo e non puoi pensare di affrontare una corsa solo in preparazione, con una forma non brillante. Corridori che oltre i trent’anni sono ancora ai massimi livelli ci sono, Roglic tanto per fare un nome. Se i giovani di oggi, la generazione dei Pogacar e quella dei Rodriguez riusciranno a fare altrettanto è difficile da dire, forse sì o forse no. Penso che questo sia qualcosa che potremo capirlo solo con il tempo.

Nelle Ardenne, Schachmann è molto popolare, per le sue prestazioni a Freccia e Liegi
Nelle Ardenne, Schachmann è molto popolare, per le sue prestazioni a Freccia e Liegi
Tu sarai al mondiale di Glasgow: quel percorso ti piace?

Io resto dell’opinione che sia una gara nella quale emergeranno ruote veloci e resistenti: io ho buon fondo, ma la velocità non è una mia caratteristica. E’ comunque una gara lunga e difficile e penso che il clima possa giocare un ruolo importante. Sarà fondamentale vedere il percorso, poi potremo farci un’idea della strategia e dei ruoli di ognuno.

Tu hai avuto finora una carriera molto importante e vincente, ma c’è un sogno che vorresti ancora raggiungere?

Onestamente, a questo punto della mia carriera e visto quel che è successo, la cosa più importante per me è tornare al successo, a un successo di valore ossia in una categoria importante. Solo poi penserò ai grandi obiettivi. Ma in questo momento, per me, quel che conta è tornare a un livello molto alto e costante.