Un giorno nel vento con Nibali e Wilier studiando le crono

20.01.2022
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Un pomeriggio in galleria del vento, come non gli accadeva da tempo. Nei due anni scorsi, il lavoro sulla bici da crono si svolse in pista. Perciò venerdì scorso Vincenzo Nibali ha varcato i portoni del Newton Lab di Milano per dei test richiesti dalla squadra e da alcuni sponsor tecnici. Wilier Triestina con un prototipo. Limar per il casco. Giordana per i body. Nimbl per le scarpe. Con lui c’era anche De La Cruz, che ha cominciato di mattina e aveva di fronte interventi più importanti, tanto da aver sforato sui tempi.

«Sul fronte della posizione – conferma lo Squalo – sono messo bene, ho un bel Cx. Magari abbiamo anche ripetuto cose che per me direttamente non sarebbero state necessarie, ma se i feedback ti arrivano da un corridore esperto, per ricaduta sono utili a tutto il resto della squadra».

E allora andiamo a vedere con il campione siciliano su cosa si è lavorato nel pomeriggio contro il vento, con un collegamento dalla Spagna dove l’Astana Qazaqstan Team sta svolgendo il secondo ritiro e dove Vincenzo stesso resterà fino alla Vuelta Valenciana del 2 febbraio da cui partirà la sua stagione. La sensazione percepita è di ritrovato entusiasmo. Mentre parliamo Velasco è nel balcone della stanza a prendere il sole, si intuisce un pomeriggio molto luminoso.

La posizione delle mani è soggettiva, ma incide molto sul Cx (foto Astana Qazaqstan)
La posizione delle mani è soggettiva, ma incide molto sul Cx (foto Astana Qazaqstan)
Si è lavorato sulla bici da crono?

Su tutto il comparto, diciamo: dalla bici all’abbigliamento, passando per il casco. Abbiamo fatto due sessioni. In quella del mattino c’è stato De la Cruz, poi è toccato a me. Sono arrivato alle 13, ma ho cominciato leggermente più tardi per dar modo a David di concludere i suoi test.

Come è fatta la Wilier da crono?

E’ completamente nuova e non ho portato le misure dello scorso anno, perché non ho fatto prove in galleria del vento e non ho apportato variazioni alla mia posizione di sempre. La bici nuova è un prototipo da confermare, che a quanto dicono verrà fuori per il Giro d’Italia. Il telaio cambia e dovrebbe essere più leggero di 200 grammi. Il manubrio e le protesi saranno molto simile a quelli del 2021.

Durante il test sulla nuova Wilier, Nibali ha provato anche i copriscarpe (foto Astana Qazaqstan)
Durante il test, Nibali ha provato anche i copriscarpe (foto Astana Qazaqstan)
Come sono fatti?

Abbiamo montato delle protesi stampate che sono già nel catalogo di Wilier. Per usarle ho dovuto cambiare leggermente l’angolo di apertura delle braccia. Ci sono misure standard e volendo si possono personalizzare, ma io mi sono trovato benissimo con quelle che mi hanno proposto. La posizione delle mani è un punto cruciale…

Spiega…

Dipende da come ti trovi e da come impugni le protesi. Se ci fate caso, Ganna tiene le mani orizzontali, quasi aggrappato. Io le afferro dai lati, ma c’è stato un periodo in cui intrecciavo le mani sopra. Fra manubrio e casco si può lavorare tanto.

Come è fatto il casco Limar che hai provato?

Non è un casco a coda tronca, né lunga. Diciamo che è una via di mezzo. La coda corta, che va tanto di moda, è molto buona con il vento laterale. Quella lunga è veloce, ma ti costringe a una posizione perfetta, perché se abbassi la testa, la coda si solleva e ti frena. La soluzione di Limar per il 2022 è un casco di forma tondeggiante, che copre anche di più le spalle, riducendo le turbolenze di quella zona.

Parlando con Cattaneo e poi con Malori si è discusso della posizione da crono: se debba essere scomoda o confortevole…

La bici da crono non è mai comodissima. Quando si va in cerca della posizione migliore, si determina la migliore e quanto più riesci ad avvicinarti, maggiore sarà il guadagno. Per questo la differenza spesso la fa quanto usi la bici da crono. Oggi ad esempio (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto tutti tre ore solo con la bici da crono.

Sul fronte dei body che cosa hai provato?

Diversi tipi, io credo di averne provati quattro. Semiforato, con le righe, con le palline, plastificato… Varie prove per valutare la vestibilità e ad esempio il taglio del collo, dove rischiano di formarsi delle pieghe, soprattutto se uno non ha le spalle larghissime, in cui si infila l’aria offrendo resistenza. Anche Giordana ha raccolto tutti i dati, li elaboreranno e alla fine si determinerà la soluzione più redditizia.

Sul fronte delle scarpe avete provato qualcosa?

Sì, ho usato dei copriscarpe, ma con Nimbl c’è un progetto per realizzare delle scarpe da crono speciali in carbonio. Loro hanno già una bella esperienza vincente in pista e quando saranno pronte, potrei anche non usare il copriscarpe.

Come ti trovi ad avere le scarpe su misura?

Sono molto leggere e performanti. Hanno fatto un calco del mio piede e su quella base hanno costruito una scarpa che ne asseconda le forme, le eventuali irregolarità. Le mie scarpe sono comode solo per me insomma (ride, ndr), qualcun altro potrebbe trovarle scomode, ma solo perché il mio piede… ce l’ho solo io. Sono come un guanto che asseconda alla perfezione la forma. Vengono fatte completamente in Italia, il valore non si discute.

Quanto peserà la crono nel tuo 2022?

E’ molto importante, è sempre stata l’ago della bilancia. Oggi magari non sono più lunghe come prima e forse proprio per questo la cura dei materiali è ancora più importante. Se risparmi un secondo a chilometro, è già tanto. Alla fine di una corsa, 30 secondi possono fare la differenza.

Il flusso d’aria mette alla prova l’efficienza del casco (foto Astana Qazaqstan)
Il flusso d’aria mette alla prova l’efficienza del casco (foto Astana Qazaqstan)
Passiamo per un attimo alle bici da strada: al Bahrain usavi la Reacto per le classiche e la Scultura in montagna…

Qui la situazione è simile, nel senso che abbiamo la Filante che è la più veloce e la Wilier 0 Slr che si presta di più per la salita. Io penso che userò più spesso la Filante, ma siccome gli angoli dei telai sono pressoché identici, magari prima di un tappone di montagna la 0 Slr è più prestante.

Soddisfatto di questi test?

Molto. La prova serviva soprattutto per i materiali e il fatto che sia stata la squadra a richiederla e non una mia esigenza dimostra che ci tengono e stanno investendo. Un bel modo di cominciare.

Ghiaia Vintage e Ghiaia New, il gravel di Cicli Drali Milano

06.11.2021
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Da sempre Cicli Drali Milano racconta storie e trasmette esperienza attraverso i suoi telai d’epoca e attuali. Con i modelli Ghiaia dedicati al gravel il concetto non cambia. Vi abbiamo parlato della famiglia Drali e dell’innovazione che sta portando su prodotti interamente realizzati in Italia. Con questo approfondimento presentiamo nello specifico Ghiaia Vintage e Ghiaia New. L’indole di questa bici è viaggiatrice, ama i fuoristrada e non disdegna l’asfalto. Gli aggettivi che si possono carpire sono quelli di una gravel: robusta, affidabile e divertente. 

Le versioni

Ghiaia Vintage fa della robustezza e affidabilità le sue caratteristiche migliori. E’ adatta per affrontare i percorsi più difficili con il gusto vintage del marchio Drali. Ghiaia New è creata su misura per gli appassionati del fuoristrada che non rinunciano alla leggerezza sui percorsi stradali. 

Entrambi i modelli sono in acciaio saldato Tig, il telaio ha un’ottima elasticità ed è completato da montaggi con freni a disco e monocorona. Adatta anche per lunghe distanze è predisposta per tre borracce, portapacchi e attacchi borse da viaggio. 

Ghiaia Vintage e New, bici per scoprire i dintorni verdi di casa, con prestazioni brillanti
Ghiaia Vintage e New, bici per scoprire i dintorni verdi di casa, con prestazioni brillanti

Design e caratteristiche

Il design tra le due versioni è sicuramente differente e balza subito all’occhio. Il modello Ghiaia Vintage ha colori d’altri tempi che abbracciano le tecnologie attuali e una sella che ricorda quelle del passato. I copertoni e il nastro manubrio sono di colore cuoio marrone, sempre per rimandare allo stile rétro. La ghiaia New invece rispetta i canoni attuali con una palette di colori più accesi per chi vuole uno stile moderno e accattivante.

Entrambi i modelli hanno le stesse caratteristiche tecniche. Il telaio pesa 2.200 grammi, realizzato con tubi di Dedacciai. La forcella è configurabile in carbonio o alluminio. Il movimento centrale è a filetto BSA e il gruppo montato è lo Sram Rival. Le taglie selezionabili sono 3: S (48-50), M (53-57) e L (58-62).

Cicli Drali Milano

Bennati cittì: succede a Cassani. A Milano i nuovi tecnici azzurri

02.11.2021
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«Ballerini mi ha insegnato una cosa importante – dice Bennati mentre è in auto di ritorno verso casa – che l’amicizia per un corridore è una cosa e il lavoro di tecnico è un’altra. Io e lui eravamo super amici, è stato anche mio testimone di nozze. Eppure nei due mondiali vinti da Bettini, io sono stato il corridore escluso. C’era una ragione tattica superiore e Franco tirò dritto».

Bennati cittì dell’Italia

Daniele Bennati succede a Davide Cassani nel ruolo di commissario tecnico dei professionisti (i due sono insieme nella foto di apertura alla Vigilia di Ponferrada 2014, quando il toscano fu per la prima volta regista della nazionale del romagnolo). Lo hanno ufficializzato stamattina a Milano durante una conferenza stampa organizzata dalla Federazione, ma se ne parlava da un pezzo. Con lui poi se ne ragionava da almeno quattro anni, da quando tra il serio e il faceto si cominciò a parlare di un possibile passaggio di Cassani alla guida del Giro d’Italia e dell’ammiraglia azzurra da occupare con qualcun altro. Le cose sono andate come tutti sappiamo e il risultato è che il Benna, 41 anni lo scorso 24 settembre, dal 2022 avrà le chiavi di quell’auto e tutte le incombenze che il ruolo comporta.

La strada corre sotto le ruote. Il navigatore l’ha mandato verso Cesena e poi da lì affronterà l’Appennino sulla via per Arezzo, dato che a Sasso Marconi a causa di un incidente la coda sembrava proibitiva

Oggi a Milano sono stati annunciati i nuovi tecnici federali. Bennati ai pro’, Salvoldi agli juniores
Oggi a Milano sono stati annunciati i nuovi tecnici federali
Da quanto tempo ci pensavi a questo incarico?

In realtà mi sono sempre ispirato alla figura di Alfredo Martini, che pure è inavvicinabile. I suoi modi mi hanno sempre affascinato. Poi sono diventato amico di Franco (Ballerini, ndr) con cui è nato un bellissimo rapporto. Mi è sempre piaciuto il suo carisma, la capacità di confrontarsi con gli atleti guardandoli negli occhi. Poi quando a fine carriera ho cambiato ruolo, mettendomi a fare il regista in corsa, erano gli altri a dirmelo

Dirti cosa?

Che ero tagliato per quel ruolo, che potevo fare il tecnico della nazionale. E a forza di sentirmelo dire, ho cominciato a farmelo frullare per la testa. Nel frattempo durante il covid ho preso i tre livelli da direttore sportivo, ma non pensavo ancora a questo ruolo. Mi ero portato avanti, avevo parlato con Ineos e Movistar, ma non avevo la necessità impellente di salire su un’ammiraglia.

E allora come è successo?

Una mattina mi squilla il telefono e leggo il nome di Dagnoni. Avevo il numero perché durante le Olimpiadi, con Iuri Chechi s’era fatta una trasmissione dal Vigorelli e mi era servito il suo contatto. Non lo conoscevo, visto il risultato delle elezioni, ci avevo messo una pietra sopra. Invece mi chiama e dice che avrebbe piacere a incontrarmi. Non ci ho messo molto a capire il perché. Così c’è stato il primo incontro con lui. Al secondo c’era anche Roberto Amadio. E poi sono iniziate varie consultazioni.

Cassani, Dagnoni e Amadio: siamo alla Coppi e Bartali, non si sa ancora se Davide sarà riconfermato
Dagnoni e Amadio, foto dalla Coppi e Bartali: il rinnovamento è in fase di lancio
E ora ci ritroviamo con Bennati tecnico della nazionale…

Oggi ero in quella conferenza stampa con la maglia azzurra che non vestivo da Bergen 2017. Devo ancora metabolizzare la cosa. Sono sincero! Ho delle idee per la testa che mi piacerebbe mettere in atto, ma ancora devo ordinare i pensieri e incontrarmi con gli altri tecnici. Una cosa l’ho ben chiara e oggi l’ho detta. E’ bella questa cosa di far provare il professionismo ai giovani portandoli alle gare italiane con la maglia azzurra, ma quella maglia va assolutamente meritata. Forse perché ricordo bene quanto ho dovuto sudarla la prima volta per metterla in una gara internazionale in Italia nel 1997 da junior.

E’ un ruolo di scelte e decisioni da comunicare…

Bettini mi ha detto spesso che si tratta della fase più delicata e non stento a credergli. E’ un ruolo in cui si devono prendere decisioni e l’esempio di Ballero che mi lasciò fuori quelle due volte me lo porto dentro.

Obiettivo maglia iridata?

Per forza. Firmerei anche subito per i quattro campionati europei vinti da Cassani, ma la priorità è il mondiale che manca dal 2008. Lo vinci se hai il fuoriclasse, oppure se hai tanti buoni corridori, che in Italia non mancano. Nel 2019 Trentin ha perso un mondiale che sembrava già vinto contro Pedersen, che non è un fuoriclasse, ma un buon corridore. In Italia abbiamo almeno 5-6 corridori di quello spessore. Il ciclismo sta cambiando, ma possiamo dire la nostra. Per cui serviranno fortuna e lavorare bene, ma si può provare a vincerlo.

Marino Amadori con Gazzoli: il romagnolo è stato confermato alla guida degli under 23
Marino Amadori con Gazzoli: il romagnolo è stato confermato alla guida degli under 23
Nella tua storia ci sono stati due mondiali controversi. Nel 2011 eri capitano e la squadra ti ha voltato le spalle. Nel 2016 eri il più forte, ma ugualmente si è corso per altri…

Il 2011 è stato una brutta parentesi personale. Magari non avrei vinto, ma potevo giocarmi il podio o perlomeno provarci. Non andavo piano. Ero uscito bene dalla Vuelta e in allenamento ero arrivato a fare 1.700 watt. Quella nazionale però era troppo giovane e io evidentemente non fui abbastanza leader. A causa di quel mondiale si rovinarono i miei rapporti con Bettini e anche lui in seguito ammise di aver sbagliato qualcosa nei miei confronti. Ci è capitato di parlarne, perché col tempo il rapporto si è ristabilito e adesso siamo buoni amici.

E il 2016?

Il 2016 e quello che feci forse sono il motivo per cui sono qui a fare il tecnico azzurro.

In che senso?

Il mondiale di Doha fu il giorno in cui io sono andato più forte di sempre sulla bici. Tutti sapevano che ero il più in forma, ma io da parte mia non potevo tradire i compagni e il tecnico con cui mi ero impegnato a lavorare per arrivare in volata. Non mi pento di quello che ho fatto, né in corsa ho mai pensato di rimangiarmi la parola. Quel mondiale è un esempio che porterò ai miei ragazzi parlando dei ruoli. Anche se nei giorni successivi feci fatica a dormire, perché se fossi stato un altro uomo, avrei potuto sfruttare l’occasione.

Salvoldi non seguirà più le donne, ma gli juniores. Il ruolo è di assoluto rilievo, ma il colpo per lui è stato duro
Salvoldi non seguirà più le donne, ma gli juniores, ruolo di assoluto rilievo
Bennati sarà un tecnico capace di cambiare idea?

Nella vita normale sono capace di farlo. Ci deve essere la capacità di ripensare a un decisione presa, anche per avere un piano di riserva che non guasta. Certo al mondiale si complica tutto, perché non ci sono le radioline e ti devi fidare ciecamente dei tuoi compagni… Dei tuoi compagni, Benna… Non sei più un corridore (ride, ndr). Ti devi fidare dei tuoi uomini ed essere chiaro con loro prima del via.

Si parla di nazionale come un team, cosa vedi di diverso?

Ho corso quattro mondiali, non ho mai visto come venivano preparati dietro le quinte. Arrivavo in hotel che era tutto pronto. Vedo però che Amadio vuole dare il senso di una sola grande squadra, per cui ci troveremo a Milano la prossima settimana per impostare programmi che siano legati dallo stesso filo. Come idea mi è piaciuta dall’inizio, ma devo metabolizzare il tutto, conoscere le persone e il loro modo di lavorare.

E a casa Bennati come l’hanno presa?

Forse si sono abituati loro all’idea più di me. Dopo il secondo incontro erano sicuri, io mi ero preso del tempo per rifletterci ancora. Ma sono contenti, molto contenti…

La Pedalando per la Ricerca può contare su Nalini

28.08.2021
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Si chiama Pedalando per la Ricerca ed è una bellissima iniziativa a scopo benefico ideata e promossa da Alessandro Mucci con il supporto concreto di Nalini, azienda per la quale lo stesso Alessandro riveste il ruolo di Social Media Manager. Lo scopo dell’iniziativa, giunta alla sua seconda edizione, è quello di raccogliere fondi da destinare alla fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.

Alessandro Mucci, secondo da sinistra, con i suoi compagni di viaggio all’arrivo di Sanremo
Alessandro Mucci, secondo da sinistra, con i suoi compagni di viaggio all’arrivo di Sanremo

Da un’esperienza personale

La prima edizione della Pedalando per la Ricerca si è svolta nel 2020 e ha visto Alessandro attraversare in totale autonomia prima le zone dell’Italia centrale toccate dal terremoto e successivamente le Alpi occidentali. Alla fine del suo lungo viaggio la somma raccolta da destinare all’AIRC è stata di 10.000 euro. 

A raccontarci come è nato il progetto è lo stesso Alessandro. «Tutto è nato da un’esperienza personale che mi ha toccato profondamente. A gennaio dello scorso anno è stato diagnosticato un tumore al pancreas a mia mamma, da cui per fortuna ora è guarita. In quel periodo volevo fare qualcosa che mettesse al centro la mia passione per la bicicletta e aiutasse nel contempo la ricerca. Così ho deciso di trasformare il viaggio in bici che mi volevo regalare per la mia laurea in Economia e Commercio in qualcosa di utile per gli altri. Da lì è partito tutto. Il risultato finale in termini di soldi raccolti è andato oltre le mie aspettative, così come è stato bellissimo vedere tanta gente accompagnarmi spontaneamente ogni giorno lungo il mio viaggio».

La strada e il viaggio, la vera meta di Alessandro Mucci
La strada e il viaggio, la vera meta di Alessandro Mucci

Verso una nuova raccolta fondi

L’edizione 2021 della Pedalando per la Ricerca vivrà di tre differenti momenti. Il suo primo capitolo si è svolto nei giorni scorsi quando Alessandro, in una sola giornata, ha percorso i 300 chilometri che separano Milano da Sanremo. E lo ha fatto in compagnia di tre amici: Alberto Tonelli, Edoardo Gili e Ivan Balestrieri, che hanno voluto condividere con lui le fatiche e le emozioni di una pedalata partita all’alba e che li ha visti percorrere le strade della Classicissima.

Il prossimo appuntamento è previsto dal 15 al 18 settembre. Nell’occasione si pedalerà in Friuli Venezia Giulia, nelle stesse terre colpite dal terremoto del 1976. La partenza è prevista da Longarone, simbolo della tragedia del Vajont, e l’arrivo è previsto a Trieste dopo 615 chilometri e 13.500 metri di dislivello. Per questa nuova avventura Alessandro potrà contare sul supporto di Stefano La Mastra, ambassador Nalini. Stefano lo accompagnerà anche nella Maratona di Venezia, un evento che esula dal ciclismo ma che che ben si lega al triathlon, altra passione di Alessandro. Sarà questa la terza e ultima tappa dell’edizione 2021 della Pedalando per la Ricerca.

La Mastra, testimonial Nalini, accompagnerà Mucci anche alla Maratona di Venezia (evento podistico)
Stefano La Mastra, testimonial Nalini, accompagnerà Mucci anche alla Maratona di Venezia (evento podistico)

Il supporto di Nalini

Nella realizzazione del progetto di raccolta fondi promosso da Alessandro, un ruolo fondamentale lo ha avuto Nalini che fin dallo scorso anno ha seguito da vicino l’iniziativa. Per l’occasione è stata realizzata la maglia che Alessandro e i suoi compagni di viaggio hanno indossato durante la pedalata da Milano a Sanremo. Si tratta di una personalizzazione della linea Bas Speed Jersey, prodotto top di Nalini per traspirabilità ed elasticità.

L’azienda ha voluto esprimere la sua vicinanza al progetto. «L’iniziativa di Alex Mucci ha qualcosa di eccezionale che contagia per la sua originalità e autenticità – hanno detto in Nalini -. La crescente incidenza di questa malattia coinvolge tutti, chi più da vicino e chi meno. Ma la cosa particolare di questo tour è che approccia un tema così doloroso con il sorriso, testimoniando con la fatica dello sport la voglia di fare qualcosa di concreto. Il plauso va tutto ad Alex e a suoi compagni di avventura.

«Nalini è semplicemente e orgogliosamente accanto a loro per sostenere e promuovere l’iniziativa. Vogliamo usare tutti i nostri canali per dare il massimo della visibilità a questa iniziativa, coinvolgendo i nostri followers e tutti gli atleti che sappiamo essere sensibili e generosi su questi temi. Faremo la nostra piccola parte devolvendo alla raccolta fondi una percentuale delle vendite dal nostro sito dei mesi di settembre e ottobre. Ringraziamo Alex, Stefano e tutti i suoi compagni di viaggio e soprattutto ringraziamo AIRC e le persone che dedicano la loro vita alla ricerca che va a beneficio di tutti noi».

Per chi vuole contribuire alla raccolta fondi promossa dalla Pedalando per la Ricerca può cliccare qui. Mentre per restare aggiornati sull’edizione 2021 dell’evento è possibile seguire questo profilo Instagram.

Nalini

Ganna, la ruota bucata e il cambio bici da record

01.06.2021
7 min
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Ganna fila che è un piacere. Nell’ammiraglia che lo segue, Tosatto è alla guida, Cioni studia i dati. Sul sedile dietro viaggiano sir David Brailsford e Matteo Cornacchione, il meccanico. Ha la sua valigetta e una coppia di ruote. Sul tetto della Mercedes, due crono di scorta e anche la bici da strada. La coppia di ruote serve casomai il corridore buchi andando alla partenza, anche se il Team Ineos è solito piazzare un meccanico accanto alla rampa per coprire le evenienze di tutti. Ganna fila che è un piacere ed è già in vantaggio su tutti, quando con un gesto indica la ruota posteriore. La sua radio può solo ricevere, ma il gesto è inequivocabile. La ruota è bucata.

Queste le immagini dalla camera car della Ineos realizzate da Velon

Tosatto e Cioni

«Tosatto ha cominciato subito a dire che avremmo dovuto cambiare la bici – ricorda Matteo – mentre Cioni guardava la velocità, che non calava. Quasi non voleva accettare che la gomma potesse essere bucata. Probabilmente deve aver preso un vetrino e la gomma scendeva pianissimo. Pippo avrà fatto 4 chilometri con la ruota che si sgonfiava e intanto spingeva più forte perché non voleva perdere terreno e dondolava e dava di spalle. Tosatto era sicuro che nelle ultime curve sul lastricato non ce l’avrebbe fatta. Se la gomma si fosse sfilata, sarebbe caduto. Siamo andati avanti così per un po’, poi su un binario a 4-5 chilometri dall’arrivo, Pippo deve aver sentito che la ruota gli scappava e a quel punto Cioni si è convinto e gli ha detto di fermarsi».

Ganna è arrivato come un treno al miglior intermedio sulla sua Bolide azzurra, ma nel finale la ruota posteriore si è bucata
Ganna come un treno al miglior intermedio, ma nel finale la ruota posteriore si è bucata

Pit stop: cambio bici

Ganna si ferma. Solleva la gamba e ci fa passare sotto la bici, poi la appoggia. Fa due passi verso l’ammiraglia e già Cornacchione gli è addosso. Pippo sale sulla Bolide nera, Matteo lo spinge finché ha fiato in corpo e la crono riparte. Sembra tutto facile, immediato, banale, ma dietro c’è un mondo.

Cosa succede dal momento in cui l’ammiraglia si ferma?

Apro lo sportello. Scendo. Mollo il gancio. Prendo la bici. Potrei allentare il gancio mentre l’ammiraglia frena, ma rischio che quando apro lo sportello, la bici cada e sarebbe un danno ben peggiore.

E’ facile mettere giù la bici?

Quella da crono è più grande. E quando la prendi, non puoi sbatterla per terra per evitare problemi alle ruote. Pesa 700-800 grammi più della bici da strada e sul tetto è messa con il manubrio in avanti. Quindi l’ho presa per la forcella e per il fodero orizzontale e tenendola così, l’ho appoggiata per terra. Il tempo di farlo e Pippo ci era già sopra. Ha dovuto venirci incontro, perché Tosatto si è fermato un po’ indietro. Avesse guidato Cioni, gli sarebbe montato sopra. Dario quando guida è un diavolo.

La bici sul tetto ha la catena sul rapporto per ripartire?

Sempre. Scegliamo insieme il rapporto, di solito con la catena sul 58 per evitare che Pippo debba cambiare dopo essersi lanciato. Si potrebbe mettere sul 46×15 e lui potrebbe prendere subito velocità facendo una partenza come su pista. Ma poi sarebbe costretto a far salire la catena sul 58 e in quei frangenti e con tutti quei watt, rischierebbe di spaccare qualcosa. Per cui 58×19-21, Pippo si è lanciato e ha fatto subito scendere la catena.

Quanto pensi che abbia perso?

Non abbiamo quantificato, ma siamo nell’ordine di 12-13 secondi.

Verso il traguardo invece Ganna viaggia sulla Bolide nera, cambiata da poco
Verso il traguardo invece Ganna viaggia sulla Bolide nera, cambiata da poco
Rispetto al solito, non abbiamo visto Pippo spostare il Garmin.

Perché per lui, Bernal e pochi altri, sulla bici di scorta abbiamo un altro Garmin già tarato. Quell’apparecchio per loro è più importante della borraccia, tante volte più per un fatto psicologico.

Pippo è ripartito e tu a quel punto?

Io a quel punto sono corso indietro per rimettere a posto la bici. Caricarla è più complicato, perché devi infilare le ruote in quei piccoli binari. E poi, trattandosi della bici blu, non volevo graffiarla. Per cui ci ho messo 2 secondi in più, ma non l’ho danneggiata. Sono operazioni da fare comunque in fretta, perché sennò rischi che il direttore sportivo ti lasci lì.

Per quanto tempo Ganna è rimasto senza assistenza?

A dire tanto 500-600 metri, poi gli siamo tornati sotto per le ultime indicazioni. Al mattino aveva fatto la sua ricognizione e ricordava bene il finale dall’anno scorso, ma quando hai sotto delle gomme diverse, la tenuta della bici è sempre un po’ diversa, anche se non sono gomme nuove.

Sulla hot seat, Ganna assiste agli arrivi di tutti i corridori più pericolosi
Sulla hot seat, Ganna assiste agli arrivi di tutti i corridori più pericolosi
Sono ruote usate solo da lui oppure sono ruote del team?

Sono le sue gomme, montate sulle sue ruote. Non è facile, ma per Pippo e pochi altri si può fare. In magazzino determinati materiali vengono messi da parte. Così abbiano finito la crono e Pippo è riuscito a vincere. E a quel punto sono arrivati con lo scanner per controllare la bici.

Lo scanner?

Sì, non il solito tablet. Hanno uno scanner in cui però la bici non entrava per quanto è grande. Io ero già tornato in partenza per seguire Martinez, per cui gli ho detto di smontarla da sé e poi l’avrei rimessa a posto io. E così hanno controllato la bici di Pippo, quella di Martinez e alla fine anche quella di Bernal. Nessun barbatrucco e neanche cuscinetti speciali. E poi hanno controllato anche il peso.

La bici da crono di Ganna rischia davvero essere troppo leggera?

Proprio no. Un po’ perché ci teniamo circa 60-70 grammi di tolleranza e poi perché la stessa ruota anteriore che abbiamo scelto per quel giorno era più pesante. Quello che eventualmente abbiamo perso in grammi lo abbiamo conquistato in watt.

Il lavoro dei meccanici è decisivo per ottenere grandi risultati (foto Instagram)
Il lavoro dei meccanici è decisivo per ottenere grandi risultati (foto Instagram)

Tocco italiano

Dopo la crono e come abbiamo già raccontato, David Brailsford ha commentato che i suoi meccanici potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes in Formula Uno. Noi vi abbiamo raccontato in che modo tre italiani abbiano scortato e assistito il campione del mondo (italiano) alla vittoria della crono di Milano. Questa iniezione di italianità sta dissipando quel fastidioso alone che negli anni andati ha reso il Team Ineos poco simpatico. E Brailsford, che ci vede molto bene, si è accorto anche di questo.

Pello Bilbao: «Venite, vi racconto chi è Damiano»

30.05.2021
5 min
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Quella mano sulla spalla. Pello era lì senza più fiato in corpo e chissà se l’ha capito subito che Caruso gli stava dicendo grazie prima di spiccare il volo. Eppure oggi, poco meno di 24 ore dopo, lo spagnolo non lo trova così strano.

Perciò in questa serata che sa di pensieri dolci e abbracci, per dedicare un pensiero a Caruso nel giorno del secondo posto al Giro d’Italia e ascoltare qualcosa che vada oltre le parole che stasera e domani tutti scriveranno, abbiamo pensato di chiedere a Pello Bilbao. Corridore basco di 31 anni, venuto al Giro per aiutare il suo amico Mikel Landa e diventato l’angelo custode del grande gregario diventato capitano.

«E’ triste che ci si stupisca per un gesto come quello – dice – dovrebbe essere normale fra un capitano e il suo gregario. Il ritmo di corsa e la frenesia di ogni giorno ci fanno dimenticare la forma e lo stare al mondo, ma Damiano non l’ha dimenticato. E al traguardo mi ha anche aspettato…».

Si commuove ancora Pello, il suo cuore basco trasuda di amore per il ciclismo e quel compagno italiano, venuto come lui dal basso, lo coinvolge ancora.

Chi è Damiano Caruso?

Ho per lui un grandissimo rispetto professionale. Ammiro i corridori seri che si comportano correttamente in gruppo e sanno riconoscere ai compagni il valore del lavoro. E’ un grande corridore che ha dimostrato di sapersi prendere il ruolo di leader e tenerlo sino alla fine. E la squadra ha creduto in lui. Quello che abbiamo fatto ieri non sarebbe stato possibile se tutti non avessimo creduto in lui.

Che cosa è successo ieri?

Sul passo San Bernardino, mi ha detto che aveva grandi sensazioni. Ho visto che voleva di più e questo mi ha spinto a credere in quell’azione e correre in modo aggressivo. E’ stata una tappa di quelle che piacciono a me. Con Damiano mi sono divertito, mi ha dato la motivazione per rompere l’ordine prestabilito, sovvertire i piani che stavano bene a tutti. La verità è che in bici mi diverto molto. In giornate come ieri vale la pena essere ciclisti. Non credo che certe cose si possano vivere fuori dal ciclismo.

Pello è campione spagnolo della crono, ma l’ha presa con calma e ha chiuso a 3’40”
Pello è campione spagnolo della crono, ma l’ha presa con calma e ha chiuso a 3’40”
Eppure eri qui per il tuo amico Mikel Landa…

Era chiaro dall’inizio di stagione. Avrei voluto e potuto confermarmi, ma era chiaro che al Giro saremmo stati al 100 per cento per Mikel, per vincere il Giro d’Italia con lui. Avevamo un piano solido e una squadra forte, come si è visto nei giorni successivi, quando tutti i piani sono saltati e abbiamo dovuto inventarne di nuovi ogni giorno. L’uscita di Mikel è stata un duro colpo, ma non ci siamo lasciati prendere dalla disperazione.

Subito tutti per Caruso?

Il ciclismo è uno sport rischioso, dobbiamo godere di ogni giorno per come viene, al massimo come fosse l’ultimo. Abbiamo scelto un sogno e Caruso come nuovo capitano e lo abbiamo realizzato stupendamente. Il giorno dopo a caduta di Mikel, la vittoria di Gino Mader ci ha permesso di cambiare il chip e dimenticare lo scoramento.

Ti aspettavi di più dal tuo Giro?

Non è stato facile come negli ultimi due anni. Ho avuto ostacoli, problemi fisici. Alti e bassi. Fastidio a una gamba e a un ginocchio. Ho passato davvero tanto tempo con il fisioterapista e l’osteopata, per preparare la tappa successiva. E poi ci si è messa la tensione di dover abbandonare i piani in cui credevamo. E’ stato un Giro per certi versi pericoloso, molto tirato. E Damiano è stato il corridore più regolare di tutti. E la sua ambizione di podio è diventata motivazione anche per noi, cercando energie dove neanche c’erano più.

Quali sensazioni ti rimarranno addosso di questo Giro?

Quelle degli ultimi 3 chilometri di ieri. Li ho vissuti in modo molto intenso, sapendo che Damiano stava vincendo e aveva un margine di 20 secondi. E’ stato molto emozionante. Il modo migliore di giocarsi un Giro, attaccando e rischiando. Damiano è un grande corridore, ma gli dobbiamo più ammirazione per come si comporta in gruppo. E quel suo gesto… Bè, sarò onesto, da lui me lo aspettavo!

Bernal: «Grazie al Giro ho ritrovato la felicità»

30.05.2021
5 min
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C’è tanta Colombia stasera in piazza Duomo, per quella straordinaria capacità che hanno quelli di laggiù di sentirsi Paese e stringersi attorno ai loro eroi. E’ bastato seguire per tre volte il Tour Colombia per capire di quanto amore siano capaci. E oggi sono tutti qui per Egan Bernal. Il ragazzo in maglia rosa ha gli occhi buoni e quando dice che dentro è un ribollire di emozioni e felicità, bisogna credergli, perché in fondo al suo sguardo c’è tanta commozione.

A cena col capo

La storia di questo suo Giro d’Italia nasce dopo l’ultimo Tour da una cena a Monaco con David Brailsford, il grande capo della Ineos Grenadiers. Egan era a pezzi, niente di quello che sapeva fare sembrava più alla sua portata. A Brailsford bastò sentirlo parlare per indicargli la strada.

Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi
Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi

«Parlammo tantissimo – ricorda ora – e alla fine arrivammo a capire quello che serve per avere la versione migliore di Egan. Stare tranquillo e divertirmi. A me piace correre d’istinto e David è stato quello che più mi ha aiutato in questo processo. E alla partenza del Giro mi ha detto: “Vai e fai quello che senti di fare!”. Una parte molto importante di questa vittoria è sua».

L’indigestione

La vittoria è un piatto che devi saper mangiare. Se ti ci avventi sopra con la fame di sempre, ti riempie e può farti male. E in fondo nel commentare quella del Giro, Egan ha quasi paura di sbilanciarsi, ricordando il periodo nero vissuto dopo il Tour. Trovateci un calciatore che dopo la grande vittoria sia capace di andare così a fondo dentro se stesso.

«Il dopo Tour – dice – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio? Non è stato per niente facile ritrovare la grinta. Di alzarmi. Fare stretching. Fare colazione. Uscire in bici. Tutto con l’obiettivo del Tour. Mi allenavo, facevo dei buoni test, ma sentivo chiaramente che non era la stessa cosa. Poi sono successi dei cambiamenti non semplici nella vita, mentre in Colombia tutti mi aspettavano. E quando sono arrivato al Tour, dove avrei voluto dimostrare che non avevo vinto per caso, è venuto fuori il mal di schiena. In quel momento sono iniziati i dubbi. Riuscirò mai più ad andare forte? Riuscirò a trovare quella voglia? Bene, in questo Giro l’ho ritrovata. E per questo sono davvero felice».

Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»
Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»

Pogacar avvisato

Fu tutto troppo veloce e senza troppo pathos. Si arrivò a dire che la strada del Tour fosse ormai chiusa e per tanti anni a venire. Molto meglio questo Giro, vinto soffrendo. Lo disse giorni fa: nessuno è invincibile e sarebbe brutto vincere troppo facilmente.

«Ho vinto il Giro – dice – ma so già che là fuori ci sono campioni come Pogacar e Roglic che mi aspettano. Sono tornato nel gioco e devo dire grazie a loro per le motivazioni che mi daranno nei prossimi mesi. Il momento più difficile di questo Giro è stato ieri quando Caruso ha attaccato. Ero con sei compagni e dopo dieci chilometri erano rimasti in tre. E’ stata una fase difficile da gestire e in quella situazione mi ha aiutato tantissimo Castroviejo, un vero capitano di strada».

La vera felicità

Il nuovo Bernal si è scrollato di dosso ogni etichetta ed è semplicemente tornato ad essere Egan e per farlo ha scelto il suo gruppo, in quella Ineos che per anni è stata un modello un po’ troppo asettico di efficientismo. Saremmo quasi tentati di chiedergli, dopo il suo allontanare con le mani il Tour, se ci andrebbe potendo portare con sé gli uomini del Giro. Ci illudiamo che direbbe di sì, ma lasciamo stare.

«Nella vita – dice – ho avuto diversi sogni, ma ora credo che la cosa migliore come corridore sarebbe vincere anche la Vuelta e poi starmene nella mia casa, con i miei animali. La mia mucca, i tre cani, le galline e la mia ragazza. Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più, ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice».

Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa
Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa

Giro che passione

Le stesse parole pronunciate ieri da Caruso e la stessa voglia di sdebitarsi con Martinez che Damiano ha concretizzato ieri con la pacca sulla schiena di Pello Bilbao. Lo guardiamo e ci accorgiamo che è esausto. Una crono comunque ti svuota e ti mette pressione.

«Eppure è stata una bella giornata – dice – con il mio allenatore che alla radio. Mi segnalava le curve, i wattaggi, i distacchi. Mi ha dato tranquillità. Il Giro d’Italia è una corsa difficile per noi corridori, faticosa. Ma genera tanta passione. La gente nelle strade partecipa e spero che di questa vittoria continueranno a parlare anche in futuro».

Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello
Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello

Tour? No, grazie

Fuori lo aspettano per l’ultima fatica di giornata, nella forma di una festa per tutta la squadra. Lo scorso anno vinsero per caso e la tattica fu duttile e poco snervante. Quest’anno sono venuti per vincere e sono stati perfetti, pur in cambio di una fatica a volte pesante.

«Mi sono divertito – saluta – ho attaccato in salita, ho fatto le volate in pianura, a Montalcino mi sono esaltato e ho capito che potevo vincere. Adesso sono stanco, vado a riposarmi. Il Tour? Non lo vedete – ride e saluta – come sono conciato?».

La grinta di Egan, il motore di Pippo: domenica perfetta

30.05.2021
4 min
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Dice e molla una risata che la foratura è stata studiata per dare un po’ di pepe alla crono. Poi però Ganna torna serio e spiega che in quel momento gli si è un po’ stretto lo stomaco, perché non aveva i distacchi e sapeva di avere un piccolo vantaggio su Affini. Poi però, in questa domenica perfetta, la squadra è stata fantastica nel cambiargli la bici, tanto che David Braislford ha commentato dicendo che potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes su come si faccia un pit stop.

Serata di festa in casa Ineos, Milano ribolle di tifosi colombiani e come lo scorso anno il tripudio porta i colori del team britannico. Al posto delle lentiggini di Tao c’è il sorriso indio di Bernal, mentre quello grande e contagioso di Ganna è sempre lo stesso. Semmai con una punta di stanchezza in più ai lati della bocca.

«Rispetto all’anno scorso – dice – i chilometri in testa al gruppo sono stati quattro volte tanti. Abbiamo protetto Egan, siamo stati squadra e il Giro è stato bellissimo, anche con la presenza del pubblico, cui dobbiamo dire grazie. Qualcuno mi ha rimproverato perché sulle salite non sono stato troppo disponibile e sembravo imbronciato. Ne chiedo scusa, ma mettetevi nei nostri panni, se sulla salita finale della 19ª tappa non abbiamo voglia di scherzare…».

Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
E’ dall’inizio del Giro che parli di proteggere Egan. Puoi dire che rapporto si è creato con lui?

E’ piccolo, ma ha sotto due… attributi che a tanti altri mancano. Ci ha portato morale e ci dava tanta grinta, quando lo sentivamo dire alla radio «Toso, io sto bene!». Come il giorno dei ventagli in salita sui Sibillini. Uno di 84 chili come me su quelle salite non doveva neanche esserci, ma avevo dentro il fuoco. In quei giorni ho speso tanto, tanto che ieri mentre tiravo, mi è venuto accanto proprio lui e mi ha detto: «Capitano, pensa a domani, molla un po’».

Grande sensibilità…

In questa squadra si respira un bel clima, se non mi trovassi bene non avrei rinnovato per latri tre anni. Certo, correre come in questo Giro è logorante. Soprattutto nelle tappe di 200 chilometri, disegnate per i velocisti, quando i velocisti se ne stanno in coda al gruppo e non mettono la squadra. E’ sempre toccato alla maglia rosa, ma quando dopo 21 tappe vedi il tuo capitano sollevare quel trofeo, ti passa tutto. E sei pronto per il 2022. Qualche volta però sono andato anche io in camera sua…

Per dirgli cosa?

«Capitano, divertiti. Fai le cose che ti piace fare e che pensi siano utili per vincere. Corri come vuoi, non fasciarti la testa». Se Bernal riesce a correre libero di testa, ragazzi, non ce n’è per nessuno.

Siamo qua a parlare di Bernal, ma hai vinto un’altra crono. Come si fa a restare focalizzati e trovare ancora la voglia di migliorare?

Ci sono tanti aspetti su cui concentrarsi, atletici e tecnologici. Fausto Pinarello sta già mettendo delle novità in cantiere, ci sono continui progressi che permettono di ottenere risultati migliori. Io per parte mia posso e devo continuare ad allenarmi, avendo valori alti e tenendo il motore pulito e senza ruggine. Parliamo di Egan, ma giuro che sono contento per la maglia rosa e anche per la tappa.

Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Probabilmente gli europei cancellati in Bielorussia saranno ricollocati fra Lituania e Danimarca, ma se non ci fossero, come fareste ad arrivare bene alle Olimpiadi?

Dovremo focalizzarci sul fatto che anche gli allenamenti sono una fase importante e che i tempi che si fanno tra noi, cercando di batterci, hanno la stessa dignità di una gara. Mancherà l’apporto del pubblico, ma dovremo arrivare a Tokyo con la certezza di aver fatto il massimo.

Quale dunque il programma ora?

Finiamo la domenica facendo festa. Riposo. Poi altura. Dovrò sentirmi con Villa per la pista e quei lavori di intensità che su strada non si riescono a fare. Poi probabilmente correremo con la nazionale una corsa a tappe in Sardegna a luglio. Si comincia mercoledì con un ritiro, il resto verrà da sé.

Due mesi dopo l’elezione, il presidente cosa fa?

21.04.2021
5 min
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A due mesi dall’elezione, Cordiano Dagnoni non si tira indietro quando si tratta di raccontare il suo impegno, ma il dato oggettivo è che le cose da fare sono tante e il tempo è tiranno.

«Sono a tutta – dice – attacco la mattina alle 8 e non me ne vado dall’ufficio prima delle 20. Questa è la prima telefonata extra. C’è tanto da fare. Pensavo di trovare una situazione più a posto. Tante cose erano ferme, come in un’azienda in cui non hai investito sulle macchine e la produzione è calata. Per dare una scossa, ho messo mano al settore della comunicazione perché il mondo viaggia veloce e dobbiamo stare al passo coi tempi. Ho chiamato Roberto Amadio alla Struttura Tecnica. E assieme a Mannelli dei Revisori dei Conti e Castellano, abbiamo già lavorato alla semplificazione per gli aspetti amministrativi rispetto ai Comitati provinciali e regionali. Modifiche, devo dire, molto apprezzate».

Assieme ad Amadio e Cassani alla Coppi e Bartali
Assieme ad Amadio alla Coppi e Bartali
Andiamo con ordine, come sei arrivato al nome di Amadio?

Sono amico fraterno con Mario Scirea, ci allenavamo insieme. Abbiamo la stessa età. Mi ha fatto lui il nome. Ha detto, ricordandolo dagli anni alla Liquigas, che era la persona giusta per gestire il gruppo e il budget. Roberto si è dimostrato subito entusiasta. Ha seguito la campagna elettorale restando dietro le quinte e il suo nome è stato uno dei primi che ho portato avanti dopo l’elezione. E’ una figura che si integra bene con le altre, apprezzato da tutti: un vero valore aggiunto. E’ partito con molto entusiasmo.

La comunicazione?

E’ il modo per diventare visibili, appetibili, richiamare nuovi sponsor. Lavoriamo in stretta coordinazione. E poi sono molto fiero di Marcello Tolu, il Segretario Generale, come dire l’amministratore delegato dell’azienda, che da quattro anni era segretario della FitArco, la federazione del tiro con l’arco. Un romano a Roma, per me che sono a Milano è fondamentale, anche se martedì è stato tutto il giorno su con me.

Lo hai scelto tu?

Il Segretario viene nominato dal presidente, ma ha bisogno dell’avallo del Coni. Così qualche tempo dopo l’elezione sono andato a parlare con Malagò. Gli ho detto che avevo una richiesta e non poteva dirmi di no. Quando gli ho fatto il nome, si è buttato indietro sulla poltrona e mi ha chiesto come avrebbe fatto a portarlo via dal tiro con l’arco. Io ho ribadito che ne avevamo bisogno. E visto che in passato la Fci qualche grattacapo l’ha dato, Malagò mi ha chiesto di dargli 10 giorni e alla fine Tolu è venuto con noi.

Marcello Tolu è diventato Segretario Generale (foto Fci)
Marcello Tolu è diventato Segretario Generale (foto Fci)
Cosa dici del Consiglio federale che si è formato?

Mi piace, pur avendo all’interno eletti di altre fazioni. E’ un bel gruppo. Siamo coesi, tutti hanno voglia di fare bene e per questo ho deciso di dare delle deleghe vere, non per finta. Significa che mi fido. Ci siamo divisi in base alle competenze, senza stare a litigare. Io ho tenuto per me il paraciclismo (perché credo sia un settore da tenere su), i Giudici di gara, l’impiantistica (che è legata alla promozione) e la nazionale.

Si vede qualche frutto dopo due mesi?

E’ stimolante e ci sono tante cose da fare. Si comincia a vedere l’entusiasmo di aziende che si avvicinano. Già la mia elezione e il cambio di presidente aveva generato curiosità, ora si cominciano a vedere i progetti e per i manager è più facile avvicinarsi a cose concrete. Tanti contratti ce li siamo trovati già in essere, per ora vanno bene così e poi se ne riparlerà. 

Che cosa c’è da fare nell’immediato?

Le Commissioni, ma stiamo ragionando con calma per mettere le persone giuste nel ruolo giusto. Per fortuna non ho debiti elettorali, quindi posso scegliermi chi meglio ritengo e sulla base della competenza. Mi piace poter inserire qualcuno di cui mi fido. Ad esempio la Commissione dei Giudici di Gara si è fatta da sé. Ho chiesto al presidente Gianluca Crocetti di indicare lui i nomi con cui avrebbe voluto lavorare e guarda caso coincidevano con i miei. Non saranno nomine a buttar via, con due soli che lavorano e gli altri a non far nulla. Si deve creare un gruppo che funzioni.

Gianluca Crocetti è il presidente della Commission Giudici di gara
Gianluca Crocetti è il presidente della Commission Giudici di gara
Metterete mano al professionismo? Quello che è successo alla Vini Zabù non è il massimo…

Se ne è parlato. Il passaggio al professionismo merita una riflessione più serie di quanto fatto finora. Il metodo migliore a mio avviso era quello di quando correvo io, basato sui punti. Il sistema è andato in crisi quando si sono messe di mezzo le leggi sul lavoro, ma io credo che con il buon senso si possa gestire. Anche quello del pilota d’aereo è un lavoro, ma per arrivarci devi superare un esame e avere determinati requisiti fisici, non basta che il papà ti paghi il corso. Mi sembra assurdo che abbiamo speso così tante risorse per rifarci un’immagine e basta un caso così per rimettere tutto in discussione.

Com’è la vita del presidente federale?

Sono sempre a tutta, a dire tanto riesco a dedicare il 5 per cento del mio tempo all’azienda. Per fortuna ho due fratelli che sbrigano il lavoro e io posso dedicarmi alle rifiniture. Ieri c’era una riunione e ho mandato avanti loro. Io sono arrivato a riunione iniziata, loro hanno fatto il grosso e io sono arrivato per le ultime decisioni. Il prossimo appuntamento è venerdì a Riva del Garda all’ultima tappa del Tour of the Alps e poi domenica al Gp della Liberazione. Ma non mi lamento, sono contento di come stanno andando le cose.