Incontro per caso ad Antalya: Greipel, pronto per correre

13.02.2022
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A volte pensi che non si accorgano di te, perciò quando Andrè Greipel fa un cenno di saluto e dice che finalmente ci si vede senza fretta, il primo istinto è di voltarsi per vedere se stia parlando con qualcun altro. Il tedesco invece si avvicina e si siede accanto per fare due chiacchiere, al sole del meraviglioso teatro romano di Aspendos. Quello conservato meglio di Turchia e probabilmente al mondo.

Tappa di ieri del Tour of Antalya, 110 chilometri con arrivo in salita a Termessos, città antichissima costruita a mille metri sul monte Solimo. Greipel lo avevamo avvistato il primo giorno, vicino alla macchina della nazionale tedesca, guidata da un altro ex di lusso come Ralph Grabsch. E Sergio Barbero, oggi meccanico della Drone Hopper-Androni accanto al quale ci trovavamo in quel momento, se ne era uscito con l’osservazione che si è sempre fatta davanti al tedesco: «Aveva due polpacci pazzeschi!».

I polpacci di Greipel

I celebri polpacci di Greipel, tedesco di Rostock che, quando nacque nel 1982, era ancora Germania dell’Est. Professionista dal 2005 al 2021, con un palmares di 156 vittorie, fra cui sette tappe al Giro, undici al Tour e quattro alla Vuelta. Modello di educazione e garbo anche nelle situazioni più tese, ragione per cui il suo addio, al pari di quello di Tony Martin, lo scorso anno è stato salutato con una bella punta di nostalgia.

Cosa fai qui in Antalya?

Prima di tutto sono stato invitato da Aydin (vecchio organizzatore del Presidential Tour of Turkey, ndr), lo conosco da tanto tempo e quando mi ha chiesto se volessi raggiungere la corsa, l’ho fatto. E poi aiuto una piccola squadra delle mie parti, la Saris Rouvy, in cui cerco di guidare un po’ i ragazzi.

La terza tappa del Tour of Antalya è partita dal teatro romano di Aspendos: un gioiello
La terza tappa del Tour of Antalya è partita dal teatro romano di Aspendos: un gioiello
Ti mancano le corse? In fondo hai smesso da 4 mesi…

Vado in bici ogni giorno. Non qui, ma a casa. Non mi mancano le corse, smettere è stata una mia decisione e non ho rimpianti per averla presa. Adesso guardo questo mondo dall’altro lato, spero un qualche modo di stare nel ciclismo riuscirò a trovarlo. Ma se ripenso a quell’ultima corsa, mi si strozza ancora la gola.

E quando ti ritrovi a guardare una volata come negli ultimi due giorni?

Cerco di dargli consigli (sorride, ndr), ma vederla da fuori non ti dà proprio l’idea di come sia dentro. Forse per questo, ora che lo vivo da un’altra prospettiva, quando ho tempo libero non guardo quasi mai le corse. Qui è capitato di farlo. E ammetto che è dura vederli correre e combattere per le posizioni. Ho ancora cuore di corridore.

Che effetto fa vedere che il tuo vecchio compagno di squadra Cavendish è ancora lì che lotta e vince?

Sono contento per lui (allarga le braccia, ndr). E’ stato uno dei migliori dell’ultimo secolo di ciclismo. Quando lavori duro e hai la testa per continuare a fare ciclismo, devi farlo.

Vai in bici tutti i giorni?

Non tutti i giorni, ora posso scegliere. Corro, nuoto e vado in bici. Guardo il tempo e decido, quando non piove cerco di uscire. Quello che voglio è restare attivo e almeno nell’aspetto sembrare in forma (in realtà è ancora tiratissimo, ndr).

Sei diventato un ciclista tranquillo?

Mi alleno tanto con Nils Politt e Rik Zabel (sorride, ndr) e loro sono pro’, per cui devo essere in grado di stare con loro. Diciamocelo, è difficile passare dalla testa del corridore agonista a una modalità normale, guardo ancora i dati. Penso che se mi attaccassi un numero oggi, potrei stare nel gruppo senza problemi, perché ho una buona forma. Ma non è più necessario.

Invitato dall’organizzazione, è stato accanto ai ragazzi del team tedesco Saris Rouvy
Invitato dall’organizzazione, è stato accanto ai ragazzi del team tedesco Saris Rouvy
Hai smesso tu, ha smesso Tony Martin, quale futuro per il ciclismo tedesco?

E’ sempre più dura. Di sicuro abbiamo dei talenti, ma credo che in ogni Paese sia molto difficile trovarne che durino. Le generazioni sono tanto cambiate, questo modo di impostare tutto sui ragazzini non è lo stesso di vent’anni fa. Forse per questo non rimpiango il fatto di aver smesso.

Adesso sfila la felpa e si appoggia dietro sui gomiti. La giornata sarebbe da prendere il sole a oltranza, ma fra mezz’ora parte la tappa: l’unica con l’arrivo in salita. Lo lasciamo a contemplare la meraviglia del posto, noi andiamo a mischiarci fra i corridori.

Il signor Morkov, angelo custode dei grandi velocisti

16.01.2022
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Preferisci che si parli di te come del campione olimpico della madison o del miglior ultimo uomo del gruppo? Morkov ha gli occhi laser al pari di Viviani. Impiega un secondo a farci la radiografia ed elaborare la risposta, come quando in pista o nei finali di corsa si deve scegliere il varco ed entrarci senza rallentare.

«Nessuna differenza – dice – mi piacciono entrambi i ruoli. Bello vincere con la squadra, bella la medaglia d’oro. Se ci pensate, la madison è simile a uno sprint su strada, devi essere capace di prendere tempo e misure. Trovare la via più breve fino alla riga».

Quarta tappa del Tour 2021, Cavendish torna a vincere. C’è lo zampino di Morkov
Tour 2021, Cavendish torna a vincere. C’è lo zampino di Morkov

Solo quattro per sé

Michael Morkov ha 36 anni ed è nato a Kokkedal, comune 30 chilometri a nord di Copenhagen. Pochi capelli rasati, le guance scavate. E dato che si presenta all’appuntamento in bermuda, saltano all’occhio le gambe svenate e i quadricipiti già tonici.

Passò professionista nel 2009 con la Saxo Bank, come accadeva in quegli anni ai danesi più forti, ed è rimasto nel gruppo di Riis fino al 2015. Poi si è sparato due anni alla Katusha e a partire dal 2018 è approdato alla Quick Step in cui quell’anno correvano Viviani e Gaviria.

Squadra di velocisti in cui il danese si è trasformato nel miglior leadout del mondo. Le vittorie di Morkov su strada sono rare come quadrifogli: appena quattro, fra cui la tappa di Caceres alla Vuelta del 2013, per niente facile, quando precedette Richeze, Cancellara e Farrar. Ma se si volessero contare le vittorie sommate dai velocisti che Morkov ha pilotato, allora i numeri sarebbero parecchio superiori: un numero imprecisato fra 40 e 50.

Cavendish vince la quarta tappa al Tour 2021, era stanco: grande lavoro di Morkov, che arriva secondo
Cavendish vince la 4ª tappa al Tour, Morkov arriva secondo
Si può fare una classifica dei velocisti più forti con cui hai lavorato?

Difficile (sorride, ndr), tutti hanno la loro personalità. Quello che cambia per me è la distanza cui devo lasciarli.

Quando Viviani è passato alla Cofidis ha provato a costruirsi un treno, poi si è arreso al fatto che non aveva te…

Sono stato triste quando Elia se ne è andato. Oltre al rapporto di lavoro, siamo diventati amici. Avrei continuato volentieri a lavorare con lui.

E’ facile adattarsi al nuovo velocista?

Serve del tempo, anche se in realtà ci si può adattare in fretta. La prima volata che feci con Jakobsen ad esempio fu a Scheldeprijs nel 2018 e la vincemmo subito. Era giovanissimo e mi seguiva. Ma di solito prima di potersi giocare una volata, servono più corse per adattarsi. Fabio e Cavendish sono molto diversi tra loro.

In cosa consiste la differenza?

Dipende dal tipo di sprint, da come si muove il gruppo e da come si muove il velocista nel gruppo. Jakobsen al top è uno dei migliori, Mark ha dimostrato di esserlo ancora.

Come è fatto l’ultimo uomo di un velocista.

Negli anni ho visto che i vecchi sprinter, quando sentono di non essere più vincenti, provano a cambiare pelle, ma non sanno come si fa. L’unico che si è convertito bene è stato Lombardi, che veniva anche lui dalla pista ed era molto furbo.

Qual è la dote principale che bisogna avere?

Bisogna leggere la corsa. Non mi fisso sulle distanze, dipende da come il velocista si sente quel giorno. Posso lasciarlo ai 200 metri o anche prima. E a volte, se lui non ha la percezione esatta, deve fidarsi del suo ultimo uomo e partire comunque quando io mi sposto.

Come hai fatto a ritrovare il colpo di pedale della pista dopo il Tour de France?

Per prima cosa ho riposato per una settimana. Poi ho lavorato tanto dietro il derny per ritrovare la velocità di gambe. Sono uscito dal Tour con una grande forma, la miglior preparazione possibile.

Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta: Morkov ultimo uomo super
Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta
Ricordi tutti gli sprint che hai pilotato?

Tutti, tranne quelli che ho perso (ride, ndr).

Sei più orgoglioso di qualcuno in particolare?

E’ difficile da dire, forse la prima che mi viene in mente è la 13ª dell’ultimo Tour a Carcassonne. Perché vincessimo, doveva andare tutto alla perfezione. Mark era stanco, nel lanciarlo dovevo essere super graduale. E alla fine abbiamo fatto primo e secondo. E poi una con Viviani…

Quale?

La Prudential Ride di Londra nel 2019. All’ultima curva eravamo indietro, poi ho trovato un varco ed Elia si è attaccato alla mia ruota, ha rimontato e ha saltato Bennett. 

La volata di Londra vinta nel 2019 da Viviani, che Morkov mette fra le più belle
La volata di Londra vinta nel 2019 da Viviani
C’è qualche vantaggio se l’ultimo uomo e il velocista vengono entrambi dalla pista?

Di sicuro con Elia e Mark ci si capisce al volo ed entrambi hanno l’esperienza della pista. Hanno una migliore tecnica per muoversi nel gruppo.

Il prossimo Tour partirà dalla Danimarca…

Il prologo si svolge a 5 chilometri da casa mia, sarà fantastico essere al Tour. La seconda tappa invece è speciale, perché si finisce dopo il Pont du Grand Belt, che è lungo 17 chilometri e un po’ sale. Se c’è vento, il finale diventa duro. L’arrivo c’è 3 chilometri dopo il ponte, difficile prevedere come finirà. Ho in testa la 10ª tappa del Tour 2020 che finiva ugualmente dopo un ponte a Ile de Re e che vincemmo con Bennett. Questi sono il genere di ragionamenti che mi piace fare quando ci si avvicina a una corsa. Una delle cose che mi piace di più…

E Lefevere a sorpresa riapre la porta sul Tour

12.01.2022
5 min
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Il capo ha la pelle abbronzata e la camicia bianca. Ha appena compiuto 66 anni, ma conserva la verve di quando correva e di ogni battaglia delle ultime 30 stagioni. Tanti sono gli anni della squadra di Patrick Lefevere, come si legge anche sulle tazzine personalizzate in cui i corridori stamattina hanno bevuto il caffè al Bar Velo, roulotte della Quick Step-Alpha Vinyl posizionata lungo la strada a uso dei fotografi e per finalità di marketing.

Nell’accogliere la stampa al raduno di Calpe, Patrick (in apertura nella foto di Sigrid Eggers) ha tracciato un rapido bilancio 2021 del team e poi, con un ruggito d’orgoglio, ha sottolineato che qualcuno se ne è andato, ma la struttura resta forte e non ci sono traguardi preclusi. E’ bastato guardarsi intorno e vedere nelle immediate vicinanze Alaphilippe, Evenepoel, Jakobsen, Cavendish, Morkov, Asgreen, Bagioli, Ballerini e Cattaneo per avere la sensazione del piatto ricco.

«Sono ottimista – conferma dopo averci raggiunto su un divanetto tondeggiante – abbiamo perso dei buoni corridori, ma abbiamo tirato a bordo dei giovani molto interessanti. Chi mi conosce sa che l’ho sempre fatto, da Pozzato e Cancellara alla Mapei, passando per Mas, Alaphilippe e Cavagna e anche quello là…».

Lefevere ha fatto gli onori di casa nell’hotel di Calpe, accogliendo 32 giornalisti da tutta Europa
Lefevere ha fatto gli onori di casa nell’hotel di Calpe, accogliendo 32 giornalisti da tutta Europa

Al Tour chi meriterà

Il gesto di sollevare il mento, orienta il nostro sguardo verso Remco Evenepoel, che sta seduto davanti alla telecamere di Sporza e si racconta come il reuccio nel giardino di corte. I temi sono tanti, Patrick ha voglia di parlare e il discorso parte da Cavendish, che mezz’ora fa si è trincerato dietro una sorta di mutismo selettivo per non dire quel che probabilmente pensa. Un ciclista professionista fa così, ha ripetuto più volte. E adesso le parole del manager del belga diventeranno benzina.

«La storia di Mark e la mia – dice Lefevere – è ben conosciuta. Andò via per un fatto di soldi, io non potevo tenerlo e lui giustamente accettò la proposta. Quello che mi disse quando venne a parlarmi alla fine del 2020 mi ha spezzato il cuore, così ho deciso di correre il rischio. Non sapevo come sarebbe stato riaccolto, ma la squadra lo ha assecondato, lui ha lavorato sodo e i risultati si sono visti. Non era nei piani che andasse al Tour, ma è stato bravo a sfruttare l’occasione. Per cui anche adesso è presto per dire cosa succederà a luglio, ma non mi va che tutti questi discorsi vengano strumentalizzati. Al Tour andrà chi meriterà di andarci».

La grinta del pitbull

Quando però si parla di Jakobsen e di tutto il baccano che si fece dopo la caduta al Polonia, il capo prova a fare una marcia indietro rispetto alle dichiarazioni che gli furono attribuite e che a suo dire venero mal tradotte.

«In alcuni casi le traduzioni non sono state oneste – dice – per cui è uscito che secondo me Groenewegen abbia voluto uccidere Fabio. Io non l’ho mai detto, posso aver detto che con certe condotte si rischia di uccidere qualcuno. Ma prima di scrivere una cosa del genere, non vuoi almeno chiamarmi? Mi hanno attaccato quasi fossi un criminale. E’ venuto fuori un profilo Facebook a mio nome, ma io non ho un profilo Facebook. Ho provato a farlo chiudere, ma sembra sia impossibile. Capisco che ci sia tanta pressione. I giornali non vendono più come prima, ormai si gioca tutto su titoloni e foto. Ma io sono un pitbull, se tocchi i miei corridori, io ti assalto. Sono corretto se lo sei nei miei confronti».

Con Alaphilippe sul podio del primo mondiale a Imola: Lefevere ha accolto il francese in squadra da neopro’
Lefevere ha accolto Alaphilippe in squadra da neopro’

Porte aperte

Con lo stesso carisma si è imposto sui dottori del team, pretendendo di aprire il ritiro alla stampa. Per farci entrare hanno richiesto due tamponi, ma per gli sponsor e per il pubblico (ovviamente soprattutto quello belga per cui il ciclismo è una religione) c’era bisogno che il team ci mettesse la faccia. E lo hanno fatto.

«La squadra non è più debole – dice – ma non è il tempo di fare esperimenti. Julian (Alaphilippe, ndr) metterà da parte l’idea del Fiandre. Ha provato, è caduto due volte e si è convinto di tornare al programma di prima. Tre anni fa ci potevamo permettere di giocare, ma ora ci sono Pogacar, Roglic e gli altri e bisogna concentrarsi bene sugli obiettivi. Lui c’è sempre e quando attacca la corsa prende la svolta decisiva. Adesso bisogna che troviamo il modo di vincere noi certe corse».

Lefevere si è prestato a tutte le interviste e ha parlato del team con grinta e grande determinazione
Lefevere si è prestato a tutte le interviste e ha parlato del team con grinta e grande determinazione

Il valore di Remco

Nel frattempo Remco si è alzato. I due si sono scambiati uno sguardo d’intesa. Le interviste si succedono, la pedalata del mattino è stata volutamente blanda.

«Nel 2021 – dice indicandolo – ha imparato tanto. Ha avuto finalmente un buon inverno, anche se hanno cancellato l’Argentina. Il rientro al Giro non è andato bene, ma parlarne dopo o dal divano è troppo facile. Davanti alla tivù, vincerei tutte le corse. Una volta presa la decisione, abbiamo fatto il nostro meglio. E tutto sommato, ha avuto un giorno storto a Montalcino e nonostante dicessero che non sia capace di guidare, lui è passato illeso nel punto in cui sono caduti Nibali e Ciccone, ma qualcuno lo ha tirato giù colpendolo da dietro. Per Remco sarà un anno importante. Può vincere classiche e corse a tappe, il punto con lui però sono quelle di tre settimane. La Vuelta servirà per capirlo. Per cui faremo prima una stagione normale, con la Tirreno e le Ardenne. Ci sarà uno stop dopo il Romandia, quindi Delfinato o Svizzera e poi altura durante il Tour. E quel punto Vuelta e finale di stagione. Se tutto andrà liscio, alla fine di un anno come questo, potremo capire che corridore sia Remco Evenepoel».

Fabio e Mark, due storie intrecciate attorno al Tour

11.01.2022
6 min
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I segni della sua storia li porta in faccia. Fabio Jakobsen sorride e parla con argomenti profondi come le cicatrici che gli ha lasciato quell’orrenda caduta al Giro di Polonia. La faccia di Cavendish al confronto è un letto di rose, ma se si guarda nel fondo dei suoi occhi si intravedono ferite ugualmente profonde. Da un lato ci sono lo scampato pericolo e la vita che spinge per uscire, dall’altro la luce in fondo al tunnel e di colpo la sensazione che il viaggio stia per finire.

Media day della Quick Step-Alpha Vinyl a Calpe. Siamo gli unici dall’Italia, qualche collega fa capolino dallo schermo di un computer che viene fatto girare di tavolo in tavolo. Potere della tecnologia.

Cavendish ha poca voglia di parlare, le domande sul Tour sono scomode
Cavendish ha poca voglia di parlare, le domande sul Tour sono scomode

Il Tour di mezzo

Il Tour li lega e li divide. A Fabio si può chiedere tutto, a Mark è meglio non chiedere del Tour. A un collega americano è stato detto chiaramente che se vuole intervistarlo non deve fare domande sulla corsa francese. Cavendish ha scritto il suo romanzo eccezionale nella scorsa edizione della Grande Boucle, ma il rinnovo del suo contratto sarebbe stato subordinato a una clausola ben chiara: al Tour ci va Jakobsen.

In realtà sarebbe stato così anche l’anno scorso, quando sarebbe toccato a Bennett e tutto sommato ai primi del 2021 il britannico aveva poco da avanzare pretese, grato per la maglia e la bici. Però quando entra nella stanza delle interviste ha la faccia di un funerale. E quando parla lui, tutto lo staff della comunicazione Quick Step si avvicina per sentire.

Le tre tappe e la maglia a punti della Vuelta sono stati la svolta per Jakobsen
Le tre tappe e la maglia a punti della Vuelta sono stati la svolta per Jakobsen

La svolta alla Vuelta

Jakobsen sorride spesso. Con le cicatrici ha imparato a conviverci e al confronto sembra più infastidito Cavendish se un obiettivo si sofferma troppo a lungo per scrutare le sue espressioni.

«Ho perso buona parte del 2020 – racconta Fabio – per il Covid. E poi, quando siamo tornati, ho perso il resto del tempo per quello che tutti sappiamo. La Vuelta mi ha dato la conferma che posso ancora vincere le volate. La domanda ha smesso di essere “se” ma è diventata “dove”. Il Tour è al centro del mio anno. Patrick Levefere (general manager della squadra, ndr) ha detto che sarò io il velocista designato, ma chiaramente dovrò stare bene, essere in forma, spingere i watt giusti. Questo è il primo anno normale. Sto facendo esperienza, ascolto quelli più esperti di me. Penso di essere nella giusta fase della carriera, posso vincere le volate e pensare alle classiche intermedie del Belgio. Proverò la Gand. La Vuelta e le vittorie mi hanno fatto fare lo step che mancava. Niente è sicuro. Il Tour è la corsa più importante del mondo, ma si tratta pur sempre di una corsa…».

Durante l’allenamento del mattino, sosta in un bar-roulotte, ecco Cavendish (foto Wout Beel)
Durante l’allenamento del mattino, sosta in un bar-roulotte, ecco Cavendish (foto Wout Beel)

Un ciclista professionista

Cavendish è accigliato e parla per monosillabi. Si capisce lontano un chilometro che eviterebbe volentieri le domande e che potrebbe dire ben altro. Ogni sua risposta inizia da una frase che ripete come un mantra.

«Sono un ciclista professionista – dice – l’anno scorso ero senza un lavoro, ora sono qui e sono contento. Proverò a vincere dovunque potrò. Ho iniziato ad allenarmi in ritardo dopo la mia caduta, perciò sto lavorando per recuperare la mia forma fisica. L’anno scorso cercavo soprattutto un’ispirazione e l’ho trovata nel Tour. Tutti i corridori vogliono andarci, ma io sono un ciclista professionista. Il mio obiettivo sarà essere forte in tutte le corse cui prenderò parte. Questo è il lavoro di un ciclista professionista. L’ho fatto l’anno scorso. Anche quando non conoscevo il mio programma, perciò continuerò a farlo perché è quello che ho fatto per tutta la mia carriera. Non guardo indietro. Non penso al record di tappe. Se guardi indietro, smetti di andare avanti. Questo è stato il motto di tutta la mia storia e lo è ancora adesso».

Fabio Jakobsen porta le sue cicatrici con apparente disinvoltura
Fabio Jakobsen porta le sue cicatrici con apparente disinvoltura

Una splendida rinascita

Jakobsen ha undici anni meno di Cavendish. Chi lo seguiva prima della caduta raccontava di numeri bestiali durante gli sprint, per cui c’è da capire che la squadra voglia investire su di lui. La stagione chiaramente è lunga, nessuno può dire in che modo i due si presenteranno a luglio. E non è sfuggito il fatto che al Tour 2021 Mark ha vinto quattro tappe senza confrontarsi con i velocisti più forti. E Jakobsen intanto racconta…

«Non c’è stato niente da dimenticare – dice – perché di quel giorno non ricordo nulla. Ho toccato il fondo e quando ho capito che cosa stavo per perdere, mi è scattato dentro qualcosa. Volevo tornare a vivere come un pro’, a fare la cosa più bella che ci sia. Rientrare però è stato difficile, ritrovare la fiducia. Ho capito di dover convivere con quello che mi è successo, facendo in modo che mi renda migliore anche come uomo. A volte penso a quando a 12-13 anni sognavo di correre il Tour. Quando penso a quel bambino, sono felice di avere questa chance e che la squadra creda in me. Se c’è uno sprint del Tour che ricordo? Ne parlavamo giusto ieri con Mark. Quello del 2009 quando mimò il gesto del telefono, dedicandolo allo sponsor che faceva telefonini…».

Quattro tappe nel 2021 e la squadra come una famiglia. Ci sarà un altro Tour per Cavendish?
Quattro tappe nel 2021 e la squadra come una famiglia. Ci sarà un altro Tour per Cavendish?

Amore per il ciclismo

Cavendish risponde e a un certo punto sembra di essere in una schermaglia, cercando un varco per entrare.

«Questa squadra è nota per essere una famiglia – dice parlando dei giovani – anche io ho impiegato poco per riambientarmi. Penso che sia importante che sia una famiglia oltre che una squadra. Se le persone si connettono a livello emotivo, le prestazioni saranno migliori. Non riguarda solo il ciclismo ed è quello che mi piacerebbe far capire ai più giovani. Spetta a ciascuno di noi. Ricordo come le persone mi hanno sostenuto quando ero un ragazzo e spero che loro domani possano fare lo stesso quando avranno la mia età. Sono un ciclista professionista, ho la fortuna di avere una bici da guidare. Non avrei mai pensato che il ciclismo sarebbe stato una scuola così grande quando ho iniziato. Oggi non è più uno sport di nicchia come quando ho iniziato. E’ super bello da testimoniare».

Quando il loro turno finisce, entrambi se ne vanno dalla stanza al primo piano del gigantesco Suitopia Sol y Mar di Calpe che da qualche anno ospita la squadra belga. Mark si ferma a parlare con Morkov, Fabio va a prendere un bicchiere d’acqua dopo aver parlato ininterrottamente per quasi 40 minuti. Il Tour li unisce e li divide. Uno è convinto di andarci, ma sa di doverselo meritare. L’altro non è per niente convinto di restarne fuori e sarà un diavolo su ogni traguardo. La loro sfida parallela meriterà di certo altri racconti.

Petacchi: «Cavendish ha accettato il compromesso»

10.12.2021
4 min
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Contratto rinnovato per un’altra stagione e la certezza che non correrà il Tour de France. Così Mark Cavendish si accinge a vivere quella che probabilmente sarà l’ultima stagione da professionista, con il brutto fuori programma della rapina subita nella casa dell’Essex che ha fruttato ai rapinatori un paio di orologi di immenso valore e portato nella famiglia britannica il seme della paura. Lasciando che la giustizia faccia il suo corso e che il tempo lenisca le ferite, ci siamo ritrovati con Alessandro Petacchi a ragionare del rinnovo di contratto firmato da Mark con la Quick Step-Alpha Vinyl: questo il nuovo nome della squadra di Lefevere.

Con lo spezzino si ragionò quando Cavendish firmò per la Deceuninck-Quick Step e lo vedemmo passare dalla perplessità iniziale alla certezza che, andando al Tour a causa dell’indisponibilità di Sam Bennett, Mark avrebbe fatto grandi cose.

Al Tour de France 2021, Mark Cavendish ha raggiunto Eddy Merckx a quota 34 tappe vinte
Al Tour 2021, Cavendish ha raggiunto Merckx a quota 34 tappe vinte

«Sapevamo più o meno tutti – dice lo spezzino – che per Lefevere il futuro è Jakobsen. Non so quanto gli costi, ma certo è nel suo interesse farlo crescere. Se non avesse avuto quel brutto infortunio, sarebbe già diventato il velocista più forte al mondo. Ha perso tempo, è tornato alla Vuelta e ha vinto. Andrà sempre più forte e tornerà al 100 per cento».

E Cavendish?

Rientrava da anni bui. Al Tour 2021 è andato perché ci sono stati quei problemi con Bennett, altrimenti non avrebbe dovuto farlo. I compagni hanno avuto il grande merito di stargli accanto e forse non c’erano avversari irresistibili, però è sempre Cavendish e va rispettato. Ha dimostrato di aver ritrovato un livello altissimo e sa che se resta lì, continuerà ad andare forte, mentre è lunghissimo l’elenco di quelli andati via da lì e che poi non hanno più vinto. Credo che in nome di questo, Mark abbia accettato il compromesso.

Vince e si commuove allo Sparkassen Munsterland Giro, nel giorno del ritiro di Greipel
Vince e si commuove allo Sparkassen Munsterland Giro, nel giorno del ritiro di Greipel
Pensi che Mark potrebbe convertirsi in gregario di Jakobsen come facesti tu per lui?

Non ha l’indole per tirare. Non puoi portare Mark Cavendish al Tour per tirare. Non ha la mentalità e neanche le caratteristiche per farlo. Per quel ruolo c’è Morkov, semmai cercherei di rafforzare il treno. La squadra del Tour è quasi fatta, con Jakobsen e Morkov, Alaphilippe e Asgreen e poi altra gente che dovrà lavorare.

Lo rivedremo al Giro?

E’ una possibilità. La sua motivazione per il Tour potrebbe essere battere il record di Merckx, ma credo che sia stato già tanto riuscire a eguagliarlo, considerato dov’era finito. Lo avevo visto aggressivo al Turchia, era super motivato e si fece trovare pronto. Magari sarà pronto anche la prossima estate, non si può mai dire.

Al Tour of Britain con Xander Graham, tifoso di 12 anni, che corse accanto al gruppo guadagnandosi una borraccia
Al Tour of Britain con Xander Graham, tifoso di 12 anni, che corse accanto al gruppo
Lasciare fuori uno che ha vinto 34 tappe al Tour, di cui 4 nel 2021, per puntare su un giovane che il Tour non l’ha mai fatto…

Lefevere per queste cose è molto bravo, non usa il cuore ma la testa. E forse battere il record di Merckx, per la squadra potrebbe non aggiungere niente. Ma lasciarlo a casa per portare Jakobsen potrebbe essere visto come un rischio e possiamo essere certi che il Mark del Tour è un’altra persona. Lo ricordo dal 2014. Lo avevo visto dieci giorni prima e quando lo ritrovai alla partenza da Leeds, mi chiesi se fosse lo stesso corridore. Cadde e andò a casa dopo la prima tappa, ma il Cavendish del Tour è davvero un’altra cosa. Non avrebbe vinto quattro tappe l’ultima volta, se così non fosse…

Cavendish caduta 2021

A Gand un weekend da incubo per Cavendish

24.11.2021
5 min
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Ci sono weekend che non vanno mai come vuoi. Per Mark Cavendish quello appena passato è stato davvero da incubo, fra un contratto con la Quick Step che non giunge a buon fine e una serata finale alla Sei Giorni di Gand finita in ospedale.

Andiamo con ordine. Il patron del team Patrick Lefevere era stato chiaro: «Voglio che si giunga a una soluzione entro la settimana, non possiamo continuare, la cosa mi sta dando sui nervi». Lefevere si era recato alla Sei Giorni proprio per parlare con il suo ragazzo: nessuno nell’ambiente ritiene che non si arriverà a un accordo, ma il tempo passa e gli animi si accalorano. Il problema? Cavendish vuole un aumento di stipendio, Lefevere vuole invece aumentare gli incentivi e non la base contrattuale: «Mi ha anche chiesto di lavorare con me per un futuro da dirigente in società: possibile che mi tocchi pagare per insegnare a qualcuno? Non ha senso…».

Tutto per colpa di una borraccia…

Evidentemente non era un Cavendish sereno quello che ha preso il via per l’ultima americana. La situazione era appassionante, con 4 coppie in lotta per il successo, davanti a tutti i due campionissimi danesi Morkov e Hansen, poi i belgi De Ketele e Ghys, Cavendish con l’altro belga Keisse, il tedesco Kluge con il padrone di casa De Buyst. Nel pieno della lotta è accaduto che qualcuno, prendendo il rifornimento, ha fatto cadere il liquido dalla borraccia: «Si è formata una pozza d’acqua, sulla quale è passato prima il mio compagno Thijssen – racconta Michele Scartezzini, l’unico italiano in gara – ma è rimasto in piedi, dietro De Ketele ha sbandato, Hansen è caduto e su di lui è piombato Cavendish franando sulla pista».

Il grande giorno di De Ketele

Una botta tremenda: «Ci sono voluti molti minuti perché tornasse in piedi, l’ho visto avvicinarsi al suo box da solo, non sembrava tanto claudicante, ma evidentemente non respirava bene”. In ospedale la diagnosi è stata due costole rotte e un lieve pneumotorace. Stop alla preparazione e tensione per il gallese sempre più alta.

Keisse ha continuato da solo, Hansen è tornato in gara ma non era più lui e e ha potuto dare uno scarso contributo alla coppia nella lotta per il successo, tanto che i danesi hanno perso 6 giri rispetto a De Ketele e Ghys, alla fine vincitori a pari giri con Kluge e De Buyst. Per De Ketele è stata un’apoteosi, nella sua ultima Sei Giorni di Gand, chiusa in un’atmosfera di festa dove miglior saluto non poteva avere.

Gand pubblico 2021
Parterre pieno a Gand, ma per i tifosi era vietato bere. Altrimenti doveva accomodarsi in tribuna
Gand pubblico 2021
Parterre pieno a Gand, ma per i tifosi era vietato bere. Altrimenti doveva accomodarsi in tribuna

Per Scartezzini anche una vittoria

Per Scartezzini non è stata la settimana che si aspettava: «Ho visto sin dal primo giorno che le cose non andavano, soprattutto che Gerben (il suo compagno Thijssen, ndr) non era in grande condizione, al contrario di quel che mi aveva detto i giorni prima e che lui stesso pensava. Nell’americana della prima sera a un certo punto mi sono ritrovato solo: si era fermato perché non ce la faceva… In una Sei Giorni vai avanti in classifica solo se si funziona in due».

Il vicecampione del mondo della madison ha quindi pensato soprattutto alle prove individuali, per testarsi in vista della ripresa della Champions League del prossimo fine settimana: «Ho anche vinto una corsa a punti, la condizione non è male, devo dire che questi giorni sono stati comunque utili».

Scartezzini Thijssen 2021
Scartezzini e Thijssen ai box: il belga è stato appena preso dall’Intermarché Wanty Gobert
Scartezzini Thijssen 2021
Scartezzini e Thijssen ai box: il belga è stato appena preso dall’Intermarché Wanty Gobert

Si riparte, destinazione Lituania…

Scartezzini, che per la cronaca ha chiuso al penultimo posto insieme al compagno di squadra belga a 57 giri ai vincitori, ha vissuto una Sei Giorni un po’ diversa dal solito: «A Gand eravamo abituati a vedere sempre il pienone, invece lo si è registrato solo nel weekend, inoltre devo dire che l’organizzazione è stata molto attenta nella gestione della sicurezza. Si poteva entrare solo con il Green Pass, la vendita di birra era permessa solo nelle zone attigue alle tribune ma non sul parterre, dove normalmente avveniva e questo ha un po’ cambiato le cose».

Appena tornato a casa, un paio di giorni di riposo e poi di nuovo in sella, pensando alla prossima tappa della Champions League che sabato lo vedrà impegnato a Panevezys in Lituania. L’azzurro è intenzionato a migliorare la sua dodicesima posizione in classifica: «Riparto con una maggiore consapevolezza, anche nella gestione dei rapporti a Gand la situazione è migliorata, segno che la gamba è più tonica. Sono curioso di vedere quel che succederà». Degli avversari, nessuno era a Gand, magari è un vantaggio…

Greipel 2021

Il “gorilla” Greipel chiude con un grande record

13.11.2021
5 min
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Di solito, quando un corridore chiude una carriera ultradecennale e cambia vita, dentro di sé sente quel magone che tante volte traspare, da uno sguardo o una parola. Quando André Greipel ha chiuso a Munster la sua ultima gara, finendo 10°, ha fermato la bici e fatto un grande sospiro: «Finalmente è finita» ha sussurrato a sua moglie Kristina (foto di apertura). Non si riferiva alla corsa in sé, ma a una porzione importante della sua vita, che sentiva però essere parte del passato.

Lo aveva detto già in aprile: «Non accetterò né un prolungamento del contratto con l’Israel Start-Up Nation, né un accordo con un’altra squadra. Quando senti che la fine è vicina devi solo prenderne atto». Odio verso la bici? Questo mai: «Qualche giro lo farò, senza impegno. La bici è sempre mia amica».

Greipel Cavendish 2021
Cavendish e Greipel: prima compagni e poi grandi nemici. Solo ora è tornato il rispetto
Greipel Cavendish 2021
Cavendish e Greipel: prima compagni e poi grandi nemici. Solo ora è tornato il rispetto

Una collezione raccolta nei 5 Continenti

Se ne va non un ciclista qualunque, ma un corridore che ha raccolto qualcosa come 159 successi in giro per il mondo, quinto nella classifica di ogni tempo (dietro l’inarrivabile Eddy Merckx, Mario Cipollini, Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck), ma Greipel ha un particolare primato, da Guinness: è il primo corridore capace di aver vinto in tutti e 5 i Continenti e questo non potrà portarglielo via nessuno…

D’altronde il tedesco ha sempre avuto un caratterino niente male: passato professionista nel 2005 in un team continental tedesco, si guadagna subito la stima dei dirigenti della Telekom, che lo portano “in grembo” alla squadra considerata l’emblema del ciclismo teutonico e Greipel ripaga con ottime prestazioni dimostrando che nelle volate ci sa fare, eccome. In squadra però c’è un altro grande velocista, Mark Cavendish e ad André tocca spesso il compito di fargli da ultimo uomo.

Il ruolo a lungo andare gli sta stretto e nel 2010 il dissidio esplode in maniera forte, tanto che a fine stagione Greipel lascia la squadra per approdare all’Omega Pharma-Lotto. Cavendish nei suoi confronti è durissimo: «Vincerà solo piccole gare di m…» sentenzia a denti stretti. D’altronde Mark si era sentito tradito: nel 2008, al Giro d’Italia dove aveva già vinto due tappe, decise di non saltare il compagno di squadra a Locarno, lasciandogli la vittoria. La loro inimicizia è durata nel tempo e solo da poco, con la saggezza dell’età matura, i due si sono riavvicinati.

Uno sprinter completo

La grande forza di Greipel? La sua duttilità, tipica di uno sprinter degli anni andati, forse del secolo scorso, ma abbastanza inconsueta nel ciclismo moderno. Quella duttilità che gli consentiva di potersi districare in ogni frangente: tenere la posizione senza essere spostato di un millimetro (e come lo sposti un “gorilla”? Era questo il suo soprannome nel gruppo), oppure saltare l’uomo davanti anche negli ultimi 30 metri o ancora lanciare la volata lunga senza temere la rimonta. Non sapevi mai come metterlo in difficoltà, ecco perché ha vinto tanto.

Questo ha fatto di lui il tipico velocista da grandi Giri: 7 vittorie al Giro d’Italia, 11 al Tour de France, 4 alla Vuelta dove ha vinto la classifica a punti nel 2009. Certo, non ci sono grandi classiche nel suo palmarés, non possono essere considerate tali una Parigi-Bourges o un paio di Brussels Classic, ma ogni anno garantiva un bel gruzzolo di vittorie alle sue squadre e tanto bastava per guadagnarsi onori, rispetto e contratti principeschi.

Greipel libro 2021
Ogni serata di presentazione del suo libro vede Greipel rimanere a lungo per le dediche ai tifosi
Greipel libro 2021
Ogni serata di presentazione del suo libro vede Greipel rimanere a lungo per le dediche ai tifosi

Un libro per raccontarsi

Quel rispetto che il gruppo non gli ha mai negato: nel 2020 si è fatto portavoce delle istanze del gruppo al Tour de France. Nel corso della prima tappa, con la pioggia che rendeva ancora più pericoloso un tracciato già ritenuto tale, nel gruppo iniziava a serpeggiare il malumore e Greipel, dall’alto del suo carisma, impose a tutti di “neutralizzare” la corsa per proprio conto, senza aspettare l’organizzazione, procedendo senza attacchi almeno fino ai meno 20 all’arrivo. Julian Alaphilippe non era molto d’accordo, avrebbe voluto attaccare, ma quando Greipel gli si avvicinò a brutto muso, cambiò subito idea.

In questi giorni Greipel sta girando la Germania per promuovere la sua autobiografia “Aus dem windschatten”, “dalla scia” nella quale racconta i suoi inizi a 7 anni nella Rostock a cavallo della Riunificazione fino alla conclusione della sua carriera. Un giorno, in queste sue presentazioni, al momento della firma della copia alzando gli occhi ha trovato davanti a sé Marcel Kittel, rivale di tante sfide sulle strade di mezzo mondo: «Ora non hai scuse, il tempo per un caffè con me ce l’avrai di sicuro…».

Da Cavendish a Pozzovivo, tutti quelli in attesa di contratto

29.10.2021
5 min
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Probabilmente a breve firmeranno, ma certo fa un certo effetto rendersi conto che certi corridori che (ciascuno nel suo ambito) hanno fatto la storia, non abbiano ancora firmato il contratto per la prossima stagione. Anche se lo hanno annunciato. Anche se la stretta di mano li ha mandati sereni in vacanza. L’Equipe di oggi si è messa a ragionare sui corridori in cerca di sistemazione, ma la verità è che il computo complessivo è ben più cospicuo. Quello che stupisce è appunto la caratura dei personaggi. I francesi a dire il vero hanno inserito nel mazzo anche Valverde, che tuttavia ha rinnovato con Movistar, annunciando anche che il 2022 sarà la sua ultima stagione in gruppo.

Cavendish in sospeso

E’ ancora in attesa di sapere qualcosa Mark Cavendish, con 156 vittorie da professionista e il record eguagliato di 34 tappe al Tour de France, con tanto di toccante abbraccio con Eddy Merckx. Lo scorso anno il suo arrivo alla Deceuninck-Quick Step fu coperto da uno sponsor portato in dote e probabilmente nessuno poteva aspettarsi che il velocista abulico delle ultime stagioni ritrovasse la verve per vincere 10 corse, fra qui 4 tappe al Tour. Ovviamente adesso gli è venuta voglia di continuare con lo squadrone belga, ma il prolungamento tarda a essere ufficializzato perché le nuove pretese di Mark avrebbero complicato le discussioni.

Thomas avrebbe lasciato la Ineos, ma finirà col restare a… casa
Thomas avrebbe lasciato la Ineos, ma finirà col restare a… casa

Si è ragionato parecchio, ad esempio, sul post carriera del corridore, che vorrebbe assicurarsi un posto nello staff della squadra.

«Vuole rimanere coinvolto con noi – ha detto Patrick Lefevere – e questo mi sembra abbastanza negoziabile».

Tuttavia il grande capo ha anche precisato che al Tour del 2022 il suo velocista di punta sarà Fabio Jakobsen e che Cavendish non lo accompagnerà. A Cavendish i conti tornano? Se è vero, come ci disse Petacchi salutandone il ritorno al top, che la vera differenza nelle motivazioni per Mark la fa proprio la Grande Boucle, sapere in partenza che non vi prenderà parte gli permetterà di lavorare bene? Forse sì. D’altra parte non doveva andare neppure quest’anno, poi i guai di Bennett e le relative tensioni con la squadra, gli hanno permesso di vivere il lieto fine che pochi si aspettavano. Forse neppure lui.

Thomas non si muove

Ancora oltre la Manica, ma questa volta con un gallese che il Tour de France l’ha vinto: Geraint Thomas. La sua situazione si dovrebbe definire a breve, dopo che lo stesso corridore aveva ventilato l’eventualità di cambiare maglia. E la Ineos, dato che “G” non ha concluso per infortuni e cadute il Giro del 2020 e l’ultimo Tour, aveva detto che non avrebbe contrastato le eventuali offerte che avesse ricevuto.

Alla Ineos Grenadiers approda anche Viviani, contratto da firmare e tante belle prospettive
Alla Ineos Grenadiers approda anche Viviani, contratto da firmare e tante belle prospettive

Thomas è stato così avvicinato dalla Cofidis, poi dalla Qhubeka NextHash sulla cui sopravvivenza in attività si nutre più di qualche dubbio. Finirà probabilmente che il vincitore del Tour 2018 rimarrà alla Ineos, ricordando che la sua vittoria al Romandia 2021 lo aveva segnalato nuovamente tra i più forti in gruppo.

La sensazione, parlando di lui con Adriano Malori nelle scorse settimane, è tuttavia che sia arrivato al limite della sopportazione della ferrea disciplina che ha consentito a tanti corridori di quel team di raggiungere i risultati più importanti. Probabilmente in quel gruppo tutti lo sanno, come sanno anche che potrebbe essere rischioso incentrare tutto su Bernal e Carapaz e sfidare apertamente Pogacar e Roglic: meglio avere qualche alternativa.

La rincorsa di Viviani

Poi c’è Viviani, anche se sappiamo che andrà alla Ineos Grenadiers e anche lui ce l’ha confermato qualche settimana fa prima del Giro del Veneto. Ma mai come questa volta il suo contratto è stato laborioso da siglare.

Dopo un anno e mezzo senza vincere, Elia ha vissuto una piccola rinascita dopo le Olimpiadi, con quattro vittorie in Francia e finalmente il mondiale dell’eliminazione di recente a Roubaix.

Mark Padun, rivelazione al Delfinato 2021, rimane al Team Bahrain Victorious?
Mark Padun, rivelazione al Delfinato 2021, rimane al Team Bahrain Victorious?

Le prime voci lo avevano visto all’Astana, ma in quella fase della stagione Vinokourov non aveva ancora riavuto il potere di firma. Poi alla Deceuninck-Quick Step, dove Lefevere non era però parso davvero convinto. Si era parlato persino di Eolo-Kometa, ricordate? Il contratto con la Ineos è quasi un ritorno a casa. Alla corte di Brailsford, Viviani ha vinto le Olimpiadi e se ne andò perché in quel Team Sky non c’era tanto posto per i velocisti, avendo in Froome e Thomas le star indiscusse del Tour. Bernal e Carapaz, come già detto per Thomas, non danno forse le stesse garanzie, per cui Viviani sarà il velocista di punta (fintanto che Ethan Hayter salirà un altro scalino) e avrà accesso a tutte le gare più importanti in calendario.

In ansia per Pozzo

Questi i più grandi, anche se rimangono per il momento senza contratto anche Omar Fraile, 31 anni, campione spagnolo e Mark Padun, 25 anni, rivelazione dell’ultimo Delfinato e poi interprete di una Vuelta abbastanza anonima.

Ha appena trovato… casa Davide Villella (team WorldTour, annuncio prossima settimana), mentre fa fatica a trovare sistemazione un veterano come Rojas. In cerca di sistemazione Liam Bertazzo, iridato del quartetto. E tornando sul fronte dei veterani, siamo un po’ in apprensione per Domenico Pozzovivo: anche lui probabilmente continuerebbe alla Qhubeka-Nexthash, ma è davvero difficile riuscire a capire se il team andrà avanti.

La scadenza, per loro come per tutti, era quella di fine ottobre, ma pagando una penale ogni giorno il termine si può far slittare. Anche se prima o poi l’Uci dovrà avere in mano tutta la documentazione necessaria…

Il corridore comincia dai denti: vi spieghiamo perché

04.09.2021
5 min
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Una frase buttata lì da Magrini durante una diretta della Vuelta. «C’è un direttore sportivo toscano, uno che ha tirato fuori Bettini e Nocentini, che si chiama Massini e la prima cosa che faceva con un nuovo corridore era vedere se avesse i denti a posto». Il tema è interessante, merita approfondimento.

La bocca è il fulcro del nostro apparato muscolare ed il centro nevralgico dell’equilibrio, agisce in modo inconscio manda dei chiari messaggi al nostro corpo. Nel ciclismo non è raro vedere atleti con i denti sistemati o rifatti, nell’ultimo ventennio il bite è diventato quasi un salvagente per i corridori.

Parliamo dunque con Marcello Massini e con il dottor Luigi Mineo, il suo dentista di fiducia, anche lui ormai con un’esperienza sconfinata. I due sono toscani e si conoscono da molto tempo e da altrettanto collaborano. Il primo è stato un grande diesse per i dilettanti, tra i molti nomi passati sotto il suo occhio vigile c’è appunto quello del pluricampione del mondo Paolo Bettini. Il secondo è un dentista, il quale grazie al continuo lavoro e alle specializzazioni è diventato un vate in campo sportivo. Sotto i fuori ferri e le sue mani sapienti sono passati atleti di ogni sport e categoria.

Massini, quando ha capito che i denti sono una parte fondamentale per capire le problematiche di un corridore?

Io ho iniziato molti anni fa a portare i miei corridori dal dentista per fare un controllo completo, li portavo dal dottor Mineo. Con lui si facevano prima dei controlli posturali con un osteopata o un chiropratico e poi si guardavano le varie problematiche a livello dei denti.

Quali potevano essere?

Ai miei tempi, si parla di metà anni Ottanta, lo studio dei denti e di conseguenza della postura, era molto scarso, capitava di trovare corridori senza denti o con delle chiusure completamente sballate. 

Si ricorda qualche esempio?

Nel 1987, mi ricordo Massimiliano Lelli. Aveva tolto dei denti da bambino e aveva dei problemi nella pedalata, non era efficace diciamo. Così lo portai dal dentista e lo facemmo controllare. Si facevano prove con del cotone che andava a tappare il buco lasciato dal dente. Si studiavano i movimenti ed i progressi dell’atleta, successivamente, se questi test avessero portato a risultati positivi si sarebbe inserito il dente nuovo.

Si svolgevano anche interventi meno invasivi?

Alberto Destro (velocista fortissimo fra i dilettanti, ndr) aveva un problema posturale in bici, non spingeva bene con entrambe le gambe, aveva uno scompenso muscolare. Lo si è portato dal dentista e con un piccolo intervento di correzione si è sistemata la postura ed ha corso per molti anni senza più problemi.

Il discorso è affascinante. Il dottor Mineo risponde e completa il discorso di Massini.

Dottore, in che modo, dal punto di vista medico, si trovano dei problemi ai denti e quanto è importante intervenire?

Per gli atleti, di qualsiasi sport, è fondamentale capire se ci sono delle problematiche a livello di occlusione, problemi che ci si porta dietro sin da bambini. Le occlusioni si dividono in tre classi, dalla meno evidente alla più complicata. E i metodi per intervenire sono due: il bite, oppure una piccola operazione. Ci tengo a precisare che parliamo di atleti, in questo caso di ciclisti. Le operazioni per sistemare eventuali problematiche vengono fatte per il miglioramento delle prestazioni atletiche e non a fini estetici.

Cambia molto?

Cambia tutto. Gli atleti portano il loro fisico all’estremo, un problema di denti e di conseguenza di postura, non permette loro di esprimere il massimo sforzo, perché il corpo lavora per compensare questi difetti.

Quindi le differenze sono minime, ma fondamentali. Nel ciclismo ha visto qualche episodio?

Giuseppe Di Grande (vincitore del Giro d’Italia dilettanti nel 1995), cadde e si spaccò gli incisivi. Quando glieli ho rifatti, ho badato a rimetterlo in sesto per poter praticare ciclismo, curando maggiormente l’occlusione ed il contatto con gli incisivi inferiori.

Il bite dentale è fra i principalòi rimedi contro un palato da correggere (foto Sudi Lama)
Il bite dentale è fra i principalòi rimedi contro un palato da correggere (foto Sudi Lama)
Quali esperienze ha avuto invece con il bite?

Nel ciclismo si tende ad utilizzarlo poco per i problemi nella masticazione. Un corridore che ho trattato e che non ne voleva sapere di utilizzarlo è Mark Cavendish (nella foto in apertura al secondo anno da pro’, ndr). Aveva un problema di occlusione, è venuto da me e gli abbiamo dato un bite di prova, ma il suo carattere effervescente non gli permetteva di utilizzarlo in maniera serena. Non voleva avere qualcosa in bocca mentre pedalava.

Come mai?

Non voleva toglierlo e rimetterlo quando era il momento di mangiare, non voleva compiere troppe azioni togliendo le mani dal manubrio.

E quindi cosa avete fatto?

Nel suo caso, è bastata una semplicissima operazione. Abbiamo sistemato alcuni denti per permettergli di superare il problema. E le cose sono andate a posto.