A Bergamo trionfa la Vos, ma Persico sfiora il colpaccio in casa

06.07.2022
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Passa il tempo, però Marianne Vos non passa mai di moda. La fuoriclasse della Jumbo-Visma mette il sigillo nella Sarnico-Bergamo, sesta tappa del Giro d’Italia Donne battendo Kopecky e la bergamasca Persico in un gruppetto ristretto di undici atlete. E a distanza di dieci anni la 35enne olandese va a migliorare il secondo posto ottenuto dietro Emma Johansson nella stessa identica frazione di quell’edizione della corsa rosa.

«Sto ancora cercando di riprendere fiato – spiega Vos, al trentaduesimo successo nel Giro Donne – perché ho fatto diversi sprint nel finale. Prima per andare in testa al gruppo, poi per prendere davanti l’ultima salita ed infine la volata conclusiva. E’ stata una tappa abbastanza difficile, ma è stato davvero bello prendermi questa vittoria. Il team si è comportato molto bene, cercando di aiutarmi. Non mi aspettavo due vittorie in questo Giro, ma quando si vince ci si pone sempre un nuovo obiettivo. Posso dire di essere molto soddisfatta».

Proprio sull’ultima difficoltà altimetrica di giornata – la Boccola, ovvero Bergamo Alta – c’è l’allungo deciso di Longo Borghini. Sulla ruota dell’ossolana della Trek-Segafredo si incollano la Vos e Mavi Garcia e sembra l’azione giusta. Invece no. Le tre non trovano l’accordo. I loro 12” di vantaggio ai -2 dalla fine crollano in un baleno e le più immediate inseguitrici rientrano. La Faulkner parte secca sul lato sinistro della strada (che tende a scendere), ma si ritrova a tirare lo sprint a tutte le altre, anziché alla sua compagna Spratt. Persico intuisce che c’è spazio per fare il colpaccio in casa, ma figuratevi se una come la Vos si lascia sfuggire situazioni del genere.

Silvia profeta in patria

Il boato che il pubblico di Bergamo ha tributato alla Persico quando è salita sul terzo gradino del podio è di quelli da pelle d’oca. Lei ci teneva nonostante al mattino mascherasse più o meno bene un po’ di tensione.

«Conoscevo ogni buca di queste strade – racconta la 25enne della Valcar-Travel&Servicema sulla Boccola ero un po’ attardata. Sull’ultima discesa ne ho approfittato prendendo la scia della Van Vleuten (sempre in maglia rosa, ndr) che stava rientrando. Sentivo la gara perché questa tappa la volevo dal primo giorno. Sono contenta di come è andata. Voglio ringraziare tutte le persone che sono venute a fare il tifo per me e la squadra.

«Dopo questo bel podio – prosegue – vorrei prendermi qualcosa di più. C’è ancora tempo per una vittoria in questo Giro, sperando comunque che arrivi il prima possibile. Domani c’è l’arrivo in quota sul Maniva. Avevo fatto una ricognizione, è una salita lunga e dura. In ogni caso ci proverò. La nazionale? Finché non vestirò la maglia, non do nulla per sicuro e quindi continuerò a lavorare come sempre».

Kopecky fiduciosa

In seconda posizione ha chiuso Kopecky, che ristabilisce parzialmente il bilancio fin qui opaco del suo Giro. Prima di sentirla mentre è sui rulli a defaticare, Elena Cecchini ci anticipa che il morale della sua compagna è salito un po’ di più e che ora con questo piazzamento in squadra c’è una maggiore serenità.

«Penso che tutti fossero al limite sull’ultima salita – ci dice la 27enne belga della SD Worx – poi allo sprint una della BikeExchange è partita a sinistra lanciando praticamente Marianne. Io però non avevo una velocità abbastanza alta per prenderla e passarla. Ci riproverò ancora al prossimo sprint. Il traguardo di Padova e quelli del Tour de France Femmes sono adesso i miei principali obiettivi. Oggi ho avuto buoni riferimenti riguardo la mia condizione. Rispetto al primo giorno sento di stare meglio. Ho fiducia nei prossimi giorni»-

Kopecky si è infilata il gilet refrigerante per defaticare nel post tappa
Kopecky si è infilata il gilet refrigerante per defaticare nel post tappa

Longo show

A giudicare dalla grinta con cui ha attaccato lo strappo di Bergamo Alta, Elisa Longo Borghini non ha risentito minimamente della caduta patita il giorno prima a Reggio Emilia. Anzi, sembra quasi che avesse voglia di scaricare sui pedali quel tipo di frustrazione.

«Ci tenevo tanto a questa tappa perché questo è il finale del Lombardia – commenta la trentenne della Trek-Segafredo – e personalmente spero che un giorno si possa correre l’edizione femminile di questa classica. E magari staccarle tutte senza portarmi dietro la Vos (dice sorridendo, ndr). Oggi la squadra ha lavorato alla grande per me, ho avuto un treno di campionesse al mio servizio. Avrei voluto davvero vincere ma c’è sempre qualcuno che mi rovina i piani.

«Eravamo in tre ad un certo punto ,ma ognuno ha le proprie tattiche e il suo modo di correre. Credo che Marianne abbia pensato a qualcosa di diverso rispetto a me e Mavi Garcia. Magari se non ci fosse stata la spagnola, non avrebbero chiuso visto che lei poteva prendere la maglia rosa. Queste però sono le corse e bisogna prenderle così come sono. Peccato».

Elisa Longo Borghini ha infiammato il finale di tappa sulla Boccola. Meritava qualcosa in più
Elisa Longo Borghini ha infiammato il finale di tappa sulla Boccola. Meritava qualcosa in più

Partita ancora aperta

Se conosciamo un minimo Elisa sappiamo che nelle prossime tre tappe di montagna, lei ci riproverà. Tenterà di sicuro di andarsi a ritagliare il suo spazio.

«Noi abbiamo sempre detto che avremmo puntato alle tappe – conclude Longo Borghini, sempre quarta a 5′ nella generale – e questa l’avevamo cerchiata in rosso. Non è finita qua però. Spero di aver dato spettacolo oggi, probabilmente anche verso quello spettatore col quale ho preso il mio rischio per non perdere le ruote nelle curve in discesa (scherza, ndr).

«A Cesena ho avuto una battuta d’arresto per un colpo di caldo. Sono stata male ma sono ugualmente contenta di come ho combattuto e reagito in quel frangente, memore anche di quello che avevo avuto nel 2020 (seconda tappa, ndr). Stavolta sono rimasta e sono arrivata al traguardo meglio».

Domani il menu della settima tappa prevede l’arrivo in quota la Passa Maniva al termine di una scalata ufficialmente lunga 10 chilometri (al 7,8% e punte al 13%) anche se la strada inizia a salire molto prima. In cima sapremo se il Giro Donne si è riaperto o meno.

Olbia parla olandese. Vos vince e Kool si conferma sorpresa

02.07.2022
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E’ stato il giorno della rivincita. Ad Olbia, traguardo della terza tappa del Giro Donne, il podio rispecchia quello di ieri, ma con posizioni rimescolate. Marianne Vos stavolta gioca d’esperienza ed astuzia centrando il 31° successo parziale alla corsa rosa. Charlotte Kool risale una posizione chiudendo dietro la sua connazionale ed Elisa Balsamo finisce terza in una volata che la Trek-Segafredo aveva apparecchiato per lei tirando negli ultimi chilometri.

Il canovaccio della giornata è quello di ventiquattro ore prima. Dodici attaccanti di una fuga durata una sessantina di chilometri abbondanti con Ragusa e Vigilia le ultime ad essere riprese a 9 dalla fine. I vari treni lavorano, la velocità si alza e la frenesia pure. La Vos decide di anticipare lo sprint sorprendendo la campionessa del mondo che, sedendosi negli ultimi metri in leggera ascesa, viene passata anche dalla olandese del Team DSM, brava a trovare un varco giusto per confermarsi ai primi posti.

Vos non sbaglia due volte

«Quella di oggi – racconta Marianne in mixed zone – è stata una volata molto più corta rispetto a ieri. Sapevo che c’era una piccola pendenza, sono partita forte e ho continuato più che potevo, fino alla fine. E’ stato grande vincere. Prima dello sprint sapevo che dovevo stare nella giusta posizione poiché il finale era molto tecnico.

«Non è stata la rivincita di ieri – riprende la 35enne della Jumbo Visma – lo sapete anche voi, no?! Quell’arrivo è già dimenticato anche se avrei voluto vincere naturalmente. Questo è lo sport. Oggi mi sentivo bene e ci ho riprovato ancora. A Cesena non ho l’obiettivo di prendere la maglia rosa (in classifica ora è a 6” da Balsamo, ndr). Siamo qui con l’intento di centrare successi di tappa. La Balsamo non è solo una sprinter, ma una fantastica atleta. Pensavo che la maglia arcobaleno le mettesse pressione ed invece no. Lei è davvero forte e oggi ho battuto una delle migliori al mondo».

Elisa a confronto

Appena dopo l’arrivo una Balsamo delusa viene avvicinata da una Longo Borghini interrogativa. La prima Elisa tranquillizza la seconda e poi più tardi spiegherà: «Ogni volata è a sé. Come dicevo ieri, Marianne è fortissima ed è sempre bello correre contro di lei. Oggi era un arrivo completamente diverso. Gli ultimi dieci chilometri erano veramente difficili e stressanti. Oggi è stata semplicemente più forte. Mi spiace non aver vinto in maglia rosa ma l’importante era conservarla. Siamo contente così. La tappa di Cesena è dura e noi non terremo la gara chiusa. Le ragazze che vanno più forte in salita si potranno giocare le proprie carte e io vedrò come starò».

Balsamo e Longo Borghini parlano del finale della terza tappa. Si aspettavano qualcosa di più
Balsamo e Longo Borghini si aspettavano qualcosa di più

Novità Kool

La rivelazione di questo inizio Giro Donne, se così possiamo definirla, è senza dubbio Charlotte Kool. Lo scorso dicembre ci aveva parlato di lei Lorena Wiebes, sua coetanea e capitana al Team DSM, quando avevamo fatto una panoramica sulle migliori sprinter in circolazione.

«Ero lì ieri, ero lì oggi – ci confida la classe ’99 nata a Blaricum, un paesino di novemila anime – Spero che la vittoria arrivi presto, alla prossima volata. Cosa mi è mancato per vincere? Ho aspettato forse un po’ troppo a partire. Abbiamo perso le altre compagne abbastanza presto. Eravamo un po’ tristi perché è come se avessi mostrato uno spirito vulnerabile. Le ragazze vogliono aiutarmi ed io voglio fare del mio meglio. Ora abbiamo la possibilità di sfruttare la sosta per impostare la tattica delle prossime tappe. Abbiamo tanto da migliorare ma siamo certi che conquisteremo presto la vittoria»

Charlotte Kool quest’anno ha vinto il Gp Eco-Struct davanti a Rachele Barbieri e alla sua compagna Wiebes
Charlotte Kool quest’anno ha vinto il Gp Eco-Struct davanti a Barbieri e Wiebes

Alla corsa rosa la Kool si sta facendo conoscere meglio. Noi l’avevamo avvicinata all’ombra del suo bus prima del via della terza frazione. La voglia di restare sul podio di giornata si leggeva nei suoi occhi e si intuiva dal suo sorriso.

«Il rapporto col Giro Donne al momento è davvero ottimo – continua la ricciola olandese – e l’atmosfera emozionante. Finora i percorsi sono stati bellissimi e la Sardegna è un’isola eccellente. Anche il livello della corsa è davvero alto.

«Io il nome nuovo per le volate? – risponde Kool – Penso di averlo già un po’ saputo facendo buone corse in primavera anche se il mio ruolo è cambiato rispetto al passato. Qui devo lavorare per Lorena cercando di pilotarla nel finale degli sprint però so che posso avere delle opportunità in cui posso mostrare le mie doti veloci. Con Lorena ho un rapporto buonissimo, abitiamo assieme nel nostro centro di squadra in Limburgo, ci alleniamo tanto assieme e in tutte le gare siamo sempre compagne di stanza. Abbiamo la stessa età, ci conosciamo bene dai tempi delle junior dove eravamo rivali. Ora è meglio essere nella stessa squadra. Da lei posso imparare molto ma credo che possiamo imparare molto l’una dall’altra»

Charlotte Kool prepara il computerino alla partenza di Cala Gonone
Charlotte Kool prepara il computerino alla partenza di Cala Gonone

Parigi è nei suoi sogni non dal punto di vista turistico quanto più da quello agonistico.

«Vincere in futuro sui Campi Elisi – conclude Charlotte Kool – sarebbe fantastico. Quest’anno non credo che capiterà (non correrà il Tour de France Femmes e la prima maglia gialla è l’obiettivo dichiarato di Wiebes come ci aveva detto qualche mese fa, ndr). Avrò tempo per farlo nei prossimi anni. La Parigi-Roubaix è invece la classica dei sogni. Intanto la voglio provare a fare poi capire come poterla vincere»

Balsamo su Vos. A Tortolì come a Leuven, ma per la maglia rosa

01.07.2022
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La regina delle volate è lei, soltanto lei, Elisa Balsamo. Attualmente non ce n’è per nessuna, nemmeno se sei “sua maestà” Marianne Vos. A Tortolì, nella seconda tappa del Giro Donne, va in scena un replay del mondiale di Leuven col medesimo risultato con l’aggiunta del fotofinish. Balsamo rimonta e brucia Vos conquistando la prima vittoria da campionessa italiana e soprattutto la maglia rosa. Terza la promettente olandese Charlotte Kook del Team DSM in una top ten molto italiana grazie ai piazzamenti di Chiara Consonni, Rachele Barbieri, Marta Bastianelli e Silvia Zanardi.

Ventiquattro ore prima la 24enne della Trek Segafredo (esordiente al Giro Donne) ce lo aveva detto: «Se si arriva allo sprint ci proviamo». Tradotto: vinco e prendo la rosa. E così è stato malgrado l’olandese, la Vos avesse fatto tutto in modo perfetto. Volata lunga alle transenne dalla parte destra della sede stradale, nessuno dietro di lei. Solo una come l’iridata in carica (che oggi indossava la maglia verde dei gpm nonostante ieri non fossero stati assegnati) poteva passarla all’ultimo centimetro.

La volatona al fotofinish di Tortolì. Balsamo batte Vos e Kool
La volatona al fotofinish di Tortolì. Balsamo batte Vos e Kool

Il lavoro della Trek-Segafredo

Per settanta chilometri restano in testa in sei. Vitillo, Tonetti, Cesuliene, Rossato, Jaskulska e Pisciali raggiungono fino 3’20” come massimo vantaggio a circa trenta dalla fine. Davanti ci credono mentre dietro nessuno si scompone. Le squadre delle velociste tirano, il finale sembra segnato.

«Abbiamo lavorato dal primo all’ultimo chilometro – commenta Balsamo dopo il traguardo prima di essere travolta dagli abbracci delle sue compagne di squadra – Abbiamo preso in mano la situazione, soprattutto ai 10 chilometri dall’arrivo quando abbiamo ripreso la fuga. Gli arrivi in volata non sono mai semplici. Non so nemmeno cosa dire. Sono davvero contenta».

La maglia rosa della Balsamo è anche figlia della scelta di partire tra le prime nella crono di apertura prima che si alzasse il vento a condizionare la prova delle atlete del secondo blocco.

«Siamo arrivati al Giro Donne – prosegue la piemontese – con l’obiettivo di non prendere troppi secondi nel prologo. Sapevamo che con gli abbuoni potevamo puntare alla maglia rosa anche se non è mai semplice. E’ una grande emozione indossarla».

Un altro capitolo

Il testa a testa Balsamo-Vos ormai gode di tanti capitoli. Gli ultimi sono stati a favore dell’italiana che, ad esempio, Giorgia Bronzini che conosce benissimo entrambe, aveva battezzato come erede dell’olandese della Jumbo-Visma.

«Io la nuova Vos? – continua la nuova maglia rosa – Magari, ma non so. Per me correre con lei è sempre un onore. So che è un punto di riferimento, un modello. Salire sul podio con lei per me è sempre una cosa bellissima».

Ora questa maglia rosa può distogliere l’attenzione da Longo Borghini che potrà correre ancora più a fari spenti?

«Sicuramente – conclude Balsamo – l’obiettivo era quello di ottenere una vittoria per poi correre più serenamente perché, si sa, quando non si vince c’è sempre più tensione. Ci siamo riuscite già alla seconda tappa ed ora in avanti possiamo davvero divertirci».

La rivincita di Marianne

Dietro al palco delle premiazioni c’è Vos. E’ seduta al sole perché dentro le tende-spogliatoio c’è ancora più caldo. Parla alla radio con i suoi diesse per capire se ha fatto seconda o meno. Glielo confermano in linea e lei prende la notizia come se nulla fosse. La grandezza della 35enne fuoriclasse olandese è sempre stata anche quella di saper accettare in maniera impeccabile tutti i secondi posti della carriera (come quello di oggi). La sua sportività in questo senso sarebbe da insegnare ai ragazzini che accampano scuse e lamentele quando perdono in qualsiasi disciplina.

«Tutto il giorno abbiamo corso su grandi strade dove era difficile fare la differenza – racconta Vos – Nel finale ci sono stati tanti team che si sono organizzati per la volata. Siamo entrati in paese in testa, ma all’ultima curva ho perso qualche compagna perché ogni altra avversaria voleva stare davanti. A quel punto è partito lo sprint. Ho aperto e tenuto alta la velocità. Sapevo che Balsamo stava risalendo ed è andata come avete visto. Al momento è molto molto molto veloce (lo rimarca come se stesse riguardando gli ultimi loro arrivi gomito a gomito, ndr) e non c’è nulla da recriminare. No, non credo che sia la mia erede. Siamo due atlete diverse. Lei è un grande corridore, con grandi doti e potenzialità. Ognuna di noi è diversa dall’altra. Sta già facendo una grandissima carriera».

«Ci riproverò ancora, sia ad Olbia che fino alla fine del Giro Donne» La Vos ha già lanciato la volata per i prossimi giorni, a cominciare dalla terza frazione di domani, con partenza da Cala Gonone ed arrivo ad Olbia.

Pensieri e parole di Elisa Balsamo da Gand a Wevelgem

28.03.2022
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Le donne iniziano nel pomeriggio. E mentre Hailu Girmay ha già messo Wevelgem nel mirino, una coppia russo-olandese – Gulnaz Khatuntseva e Anne van Rooijen – cerca visibilità e improbabile gloria con un vantaggio massimo di tre minuti. A De Moeren è la Jumbo-Visma a suonare l’allarme, ma non c’è vento: primo errore. E se Marianne Vos inizia a capire di aver perso troppo presto alcune compagne di squadra, nella testa di Elisa Balsamo e sull’ammiraglia della Trek-Segafredo, il piano inizia a prendere forma. La coppia di testa lotta ancora a lungo, ma a 65 chilometri dalla fine è riassorbita. E la corsa inizia…

«Oggi ho vinto la mia gara preferita – esclama Elisa Balsamo dopo l’arrivo – è un sogno che si avvera. Sono molto, molto felice».

Riavvolgiamo il nastro però. Non è mai bello svelare il finale, la storia merita un racconto meno frettoloso. Fuga ripresa, Gand sul punto di esplodere.

Kopecky all’attacco

Lotte Kopecky mette fuori la testa per la prima volta sul Baneberg e fiuta l’aria. La fuoriclasse belga attacca con Katarzyna Niewiadoma (Canyon), Anna Henderson (Jumbo-Visma), Marta Lach (Ceratizit) e Liane Lippert (Team DSM). La gente le aspetta, seguendo un po’ la gara degli uomini dai telefoni e bevendo birra.

Al primo passaggio sul Kemmelberg, Kopecky forza ancora, mentre dal gruppo sono arrivate anche Marta Cavalli (FDJ), Labecki (Jumbo-Visma) e Olivia Baril (Valcar). Lorena Wiebes, la velocista terribile, è uscita anche lei dal gruppo di testa, ma presto si arrenderà.

«Il Kemmelberg è stato duro e ripido – dice Elisa Balsamo, al settimo cielo – ma giro dopo giro le mie compagne di squadra mi hanno aiutato a rimanere in una buona posizione. Ed essere in una buona posizione su queste strade è molto importante. Dopo l’ultimo passaggio lassù, abbiamo deciso di arrivare allo sprint».

In pezzi sul Kemmel

Ancora un passo indietro, riavvolgiamo la pellicola. Fuga ripresa, ma corsa non ancora chiusa. Sul Banenberg ci riprova infatti la giovanissima De Wilde rispondendo a un attacco di Chantal Van den Broek-Blaak. Nel tratto più ripido del muro simbolo della Gand, il gruppo va nuovamente in pezzi, con Grace Brown (FDJ) che cerca l’assolo. Gruppo ancora compatto.

Altro tentativo di Van den Broek-Blaak, Mackaij e Van Anrooij, ma questa volta è la Jumbo-Visma a chiudere per la Vos. La corsa è da mal di testa, spettacolo nello spettacolo delle Fiandre. A 3,5 chilometri dalla fine, ancora Brown che prova il colpo a sorpresa.

«Ci siamo un po’ fatte prendere dal panico – racconta ancora Balsamo – ma Ina (Teutenberg, diesse della Trek-Segafredo, ndr) è stata bravissima dall’ammiraglia e ci ha tenute calme. Poi Ellen Van Dijk è passata in testa e ha colmato il divario. E’ stata incredibile».

Finale furibondo

La campionessa europea Ellen Van Dijk e Rianne Markus, gregaria di Marianne Vos, fanno un capolavoro per riprendere l’ultima attaccante. Ce la fanno, ma a quel punto Elisa Balsamo deve mettere sulla strada tutta l’arte della pista per giocarsi lo sprint.

Festeggiamenti fiamminghi per Balsamo padre e figlia: il Belgio porta bene
Festeggiamenti fiamminghi per Balsamo padre e figlia: il Belgio porta bene

Marlene Reusser infatti pilota in modo eccellente l’inarrestabile Kopecky e Lotte prova ad anticipare, ma Elisa riesce nella rimonta ancora aiutata da una grande Van Dijk. E nello sprint arriva il terzo capolavoro in una settimana. Vos seconda, come a Leuven, 130 chilometri da Wevelgem. Confalonieri terza. Per Kopecky alla fine è arrivato il quarto posto.

«Dopo il Kemmelberg eravamo fiduciose – racconta finalmente Balsamo – ma non è stato facile. Negli ultimi chilometri ci sono stati tanti attacchi, ma il mio team è stato perfetto e ha chiuso tutto, hanno fatto un ottimo lavoro! Sono state tutte forti. Van Dijk, Elisa (Longo Borghini, ndr) e Shirin (Van Anrooij), soprattutto nel finale. Ho avvertito un po’ di pressione con una squadra così forte che lavora per me, ma mi sento bene. Sembra che il lavoro che ho fatto quest’inverno stia dando i suoi frutti. Abbiamo vinto perché eravamo la squadra migliore e abbiamo mostrato il miglior spirito di squadra».

Due su tre come a Leuven: prima Balsamo, seconda Vos. Terza questa volta Confalonieri
Due su tre come a Leuven: prima Balsamo, seconda Vos. Terza questa volta Confalonieri

Appuntamento ad Anversa

Con la maglia iridata sulle spalle e un buon vantaggio nella classifica del Women’s WorldTour, Elisa ora fa rotta verso il Giro delle Fiandre, mentre la stampa belga si interessa e le chiede quale sia la corretta pronuncia del suo cognome: se Balsàmo, come dicono quassù, oppure Bàlsamo. Ora l’attende il Fiandre, altro percorso e altra storia da scrivere. La sensazione è che il viaggio sia appena cominciato. La certezza è che una così ce l’abbiamo solo noi!

Marianne Vos, una Cervélo R5 per la Strade Bianche

05.03.2022
4 min
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La giornata del venerdì è frenetica, perché gli atleti provano una parte del tracciato e i tratti più significativi dello sterrato e i meccanici rimettono mano ai mezzi alla luce delle loro indicazioni. Siamo riusciti ad accedere al parco chiuso della corazzata Jumbo-Visma (cosa per nulla scontata) e abbiamo sbirciato il setting della Cervélo R5 che oggi Marianne Vos utilizzerà nella Strade Bianche.

Marianne Vos, una professionista meticolosa in tutto
Marianne Vos, una professionista meticolosa in tutto

Tubeless e ruote nere da 38

Non solo Marianne Vos, ma tutte le ragazze Jumbo-Visma hanno fatto montare dai meccanici i tubeless con la sezione da 28. Il modello di pneumatico è il Vittoria Graphene 2.0. I meccanici del team ci hanno detto che la pressione in occasione della gara varierà in base al peso dell’atleta e comunque compresa tra le 4,5 e 5 atmosfere, con lattice all’interno della gomma. Le ruote sono una sorta di “nobrand”. Sul cerchio compare una decal RESERVE e/o TEAMJUMBO e ricordano quanto già si vide al Tour 2021. I cerchi sono carbonio da 38 millimetri, nipples esterni e raggiature in acciaio con incroci in seconda. I mozzi hanno tutta l’aria di essere dei DTSwiss su base Spline.

Trasmissione mix Shimano

La trasmissione è a 11 rapporti con due corone per l’anteriore ed è Di2. I pignoni sono Ultegra 11-32, mentre il doppio plateau è 53-39 Dura Ace, “vecchia versione”. Le pedivelle sono da 170. Il bilanciare posteriore è Ultegra, per supportare il pignone da 32 denti. Gli shifters sono Dura Ace, come pure il deragliatore e i pedali.

Manubrio da 38

La piega è una FSA serie SL-K in carbonio da 38 centimetri di larghezza, con i manettini Shimano ruotati verso l’interno. Lo stem è sempre FSA da 100 millimetri di lunghezza, in battuta sullo sterzo e compatibile con le serie sterzo ACR. Questa soluzione permette di integrare completamente il passaggio di cavi e guaine, senza il rischio di strozzature e fermi per lo sterzo in fase di rotazione. La sella è la nuova Fizik Vento Argo 00. Il seat-post è quello full carbon di Cervélo.

La lubrificazione, curata e particolare
La lubrificazione, curata e particolare

Gli ultimi ritocchi

La Vos ha passato alcuni minuti al fianco del proprio meccanico e accanto alla bicicletta. Successivamente è stato sostituito il disco anteriore del freno, che rimane con un diametro da 160 millimetri, mentre sul posteriore è da 140. Tutta la viteria è stata ricontrollata con la chiave dinamometrica e sulle parti rotanti (catena compresa) sono stati applicati tre differenti tipologie di lubrificante, con differenti tempistiche e di viscosità diverse.

Mondiali Persico 2022

Il mondiale di Pidcock e dell’Italia col segno più

31.01.2022
6 min
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La prima regola, nel correre un mondiale, è che devi essere pronto, innanzitutto mentalmente a saper cogliere l’occasione che ti si può proporre. In questo Silvia Persico è stata esemplare. Il suo clamoroso bronzo conquistato a Fayetteville, nei Mondiali illuminati dall’impresa di Pidcock, è figlio soprattutto di quanto successo nella seconda tornata. La gara era ancora lunga, ma Vos e Brand erano stanche di giochicchiare e hanno fatto esplodere la corsa. Da questa esplosione che ha favorito la loro fuga è nata anche una seconda coppia con l’ex iridata Alvarado e l’azzurra, bravissima a cogliere l’occasione mentre le altre, prese di sorpresa, vedevano crescere il divario. Poi l’azzurra ha saputo tenere, anzi l’olandese non le dava neanche cambi. Ma alla fine è stata punita dal destino tramite un problema meccanico che ha lanciato la campionessa tricolore verso un podio insperato.

Mondiali staffetta 2022
Il gruppo azzurro vincitore del Team Relay con Pontoni: da lui in senso orario Persico, Toneatti, Leone e Bramati (foto FCI)
Mondiali staffetta 2022
Il gruppo azzurro vincitore del Team Relay con Pontoni: da lui in senso orario Persico, Toneatti, Leone e Bramati (foto FCI)

Team Relay, una vittoria che conta

L’Italia del ciclocross torna da Fayetteville riaffacciandosi nel medagliere dopo anni. Portando a casa anche la vittoria nel Team Relay che, anche se non valeva come gara iridata, ha pur sempre un peso specifico come ogni evento di squadra, perché testimonia la bontà del movimento (e il fatto che l’Olanda non ci fosse non sminuisce di nulla la prestazione dei nostri). Pontoni chiude come meglio non poteva la sua prima stagione da cittì: «E’ una trasferta nata tra mille difficoltà ma che chiudiamo con un gigantesco segno positivo. Devo dire grazie alla federazione che ci ha supportato sempre al massimo e anche a tutti i ragazzi, quelli che c’erano e quelli che sono rimasti a casa perché tutti hanno contribuito a creare un gruppo fantastico che darà altri frutti, ne sono certo».

Tornando un attimo indietro, mentre la Vos andava a conquistare il suo ottavo titolo mondiale nel ciclocross e 13° complessivo privando la Brand del suo secondo Grande Slam consecutivo, la Persico andava a interrompere l’attesa lunga sequela di nomi olandesi occupando un posto sul podio a testimonianza di quella crescita che dovrebbe produrre risultati anche su strada come si attendono alla Valcar: «E’ un bronzo che mi ripaga di tanti sacrifici, quelli che mi hanno dato la forza di resistere e di andare a caccia di un risultato che alla vigilia sembrava un’utopia. Il mio approccio alle gare ora è più tranquillo, credo che anche questo serva».

Arriva l’acuto del “terzo tenore” Pidcock…

Si ha un bel dire che il mondiale americano era quello degli assenti e delle delegazioni ridotte. Lo spettacolo non è mancato, come anche le sorprese: chi avrebbe mai immaginato uno svizzero conquistare la gara junior maschile, dove Paletti ha retto nel gruppo di testa finché le forze lo hanno sorretto pagando poi dazio al jet lag? In fin dei conti anche la gara Elite maschile, anche se priva di Van Der Poel e Van Aert, ha dato molti spunti, premiando il terzo tenore rimasto, quel Tom Pidcock che continua a collezionare medaglie d’oro in qualsiasi disciplina, basta che ci siano due ruote…

Nel ciclocross il gioco di squadra funziona fino a un certo punto. Il Belgio (unica formazione europea al completo) ha messo Vanthourenhout addosso al britannico per proteggere Iserbyt. Sweeck e Aerts hanno svolto all’inizio un grande lavoro rintuzzando i due scatenati francesi Dubau e Venturelli per mettere i bastoni fra le ruote all’inglese. Nel 4° dei 9 giri in programma, Pidcock ha forzato su un piccolo strappo. Iserbyt si è fatto prendere di sorpresa soprattutto mentalmente, ha messo il piede a terra e la gara è finita lì. Vanthourenhout e Sweeck hanno provato a chiudere ma il ritmo era troppo alto.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
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Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Iserbyt, sconfitta che fa male

Una settimana prima Iserbyt faceva la voce grossa a Hoogerheide, in America è sembrato invece timoroso, troppo timido nell’affrontare la gara, anche il giro finale con l’olandese Van Der Haar, provando a staccarlo senza poi insistere e venendo infilato allo sprint. Una gara titolata è qualcosa di davvero diverso, il peso che viene dalla posta in palio rischia di schiacciarti: c’è chi riesce a gestirlo e si esalta, chi no…

Certamente Pidcock fa parte della prima categoria. Il fatto che “quei due” non ci fossero poteva accrescere il suo carico di responsabilità: «Paradossalmente ha reso tutto più difficile – ha affermato nelle interviste dopo l’arrivo – tutti si aspettavano che la gara sarebbe stata più gestibile, invece è diventato qualcosa di tattico sul quale bisognava ragionare e l’ho fatto per tutta la settimana. Siamo arrivati qui con un piano e io l’ho messo in pratica alla lettera, avendo la meglio sullo stress. Sapevo che in quel preciso momento dovevo attaccare e l’ho fatto».

Due titoli per Olanda e Gran Bretagna

La Gran Bretagna porta così a casa due titoli esattamente come l’Olanda, grazie a Pidcock (primo britannico a vincere la prova elite) e alla Backstedt, davvero imbattibile fra le juniores dove c’è stata la bellissima prova della Venturelli quinta (e chissà che cosa avrebbe potuto fare la Corvi se non fosse arrivata a Fayetteville solo poche ore prima della partenza). Il Belgio paga ancora dazio, com’era avvenuto lo scorso anno a Ostenda: evidentemente la rassegna iridata non porta molta fortuna alla nazione più forte del movimento, che ha pagato oltremisura la rinuncia di Van Aert: «Abbiamo corso la nostra migliore gara possibile e sono stati gli altri ad essere migliori – ha detto Iserbyt dopo il bronzo conquistato – Non dobbiamo essere felici ma accontentarci, gli altri erano più forti». Ma quando piazzi 6 uomini fra i primi 11, è forse un po’ poco per una nazione che aveva puntato tutto su Fayetteville…

Van Empel vola, la Vos si suicida. Super show fra le donne

12.12.2021
5 min
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Un palo di legno, il braccio e l’ultima curva. Tutto finito, come la caduta di Nibali a Rio o il rigore di Baggio nel 1994. Il pathos della prova femminile a Vermiglio è un crescendo rossiniano. Van Empel è stata in testa dall’inizio, disegnando le sue linee. Alle sue spalle sembravano tutte piantate nella neve. Anche Marianne Vos che per un piccolo inconveniente sembrava aver perso posizioni e speranze. Poi la svolta. Le ragazze davanti continuavano a darci dentro, ma alle loro spalle l’olandese della Jumbo Visma ha iniziato a guadagnare un secondo dietro l’altro. La sua è stata una danza potente e inesorabile che dopo l’ultima salita l’ha scaraventata nella scia di Van Empel.

Il sole è tornato sulle vette, quaggiù l’ombra è di nuovo padrona. E mentre i maschi scaldano i muscoli per la loro partenza, alle spalle del podio sfilano le ragazze. Prima Van Empel, seconda Vos, terza Rochette. E quarta, ad appena 12 secondi dal podio, Eva Lechner. Peccato!

Marianne Vos è stata protagonista di una super rimonta e di un finale incauto
Marianne Vos è stata protagonista di una super rimonta e di un finale incauto

Sempre in testa

Un palo di legno, il braccio e l’ultima curva. Marianne Vos piomba sulla connazionale come un’aquila. La aggancia e quando mancano due curve alla fine, pensa di aver trovato il varco per passarla. I campioni amano anche il gesto ad effetto. La Vos potrebbe benissimo restarle a ruota e aspettare la volata, dove ne farebbe un sol boccone. Ma l’arrivo solitario la tenta e così si infila all’interno della curva. C’è quel dannato palo, il braccio lo aggancia e Marianne cade. Van Empel è incredula, l’aspetta come si fa con un mito caduto al tappeto. Ma quando Vos riparte, Van Empel accelera secca e si presenta sul traguardo con il vantaggio che basta per roteare il pugno e celebrare il successo.

Nel tratto di salita era obbligatorio salire a piedi, la neve era già… rotta
Nel tratto di salita era obbligatorio salire a piedi, la neve era già… rotta

«Ieri ho trovato il percorso difficile – dice la vincitrice, anche lei olandese, 19 anni – invece stamattina ho subito trovato il feeling giusto e sono entrata in gara molto rilassata. Dall’inizio alla fine in prima posizione, la cosa migliore. Ogni settimana quest’anno è andata meglio. L’obiettivo era conquistare un podio, non vincere, ma ho vinto la prima prova sulla neve ed è bellissimo. La neve è molto fredda, non è la mia temperatura ideale. Marianne è arrivata sotto. Io avevo ancora energie per lo sprint, ma lei è caduta nell’ultima curva. Era difficile passare.

«Non era nei piani restare sola in testa, solo volevo avere il mio passo. E’ stato difficile su questo terreno scegliere la traiettoria. E’ stato molto diverso dal correre sulla sabbia. La neve è bianca e non vedi le linee. E’ difficile tenere la tua e vedere se finisci in un’altra. Sulla sabbia, riesci a vedere dove passi».

Disappunto Vos

Marianne Vos è la solita signora, modello di stile e sportività. E se ai mondiali di Leuven poteva avere motivo di avercela con le connazionali, stavolta si rende conto di aver fatto tutto da sola e non fa polemiche.

«Non sapevo cosa aspettarmi – dice – come tutti. Avevo già corso nella neve, ma non così. Mi sono mancati due giri, ma nella seconda parte della corsa ho ritrovato il ritmo, pur non pensando che avrei potuto lottare per la vittoria. Sono stata goffa. Ero tutto o niente, ho chiuso la linea. Per un istante ero convinta di esserci riuscita, poi ho preso il palo. Succede. Ero un po’ contrariata, ma sapevo che non avrei potuto vincere per come si era messa. Hai una linea e appena pensi di averla trovata e un secondo dopo la bici va dovunque. E’ necessario essere concentrati e stare calmi».

Bandiera Lechner

E poi c’è la prima italiana, Eva Lechner, cui un po’ la neve e un po’ l’aria di casa hanno dato forza e coraggio. Lei poi ha grande manico e nella neve ha saputo muoversi alla grande e ancora una volta è stata la bandiera italiana.

Eva Lechner ha chiuso al quarto posto, ad appena 12 secondi dal podio
Eva Lechner ha chiuso al quarto posto, ad appena 12 secondi dal podio

«Mi sono sentita molto bene – dice – ho sbagliato un po’ all’inizio quando ho perso la scia delle prime, poi mi sono ripresa. Il tifo italiano, soprattutto nel punto più in alto è stato spettacolare. Solo in Italia ci sono tifosi così. Sono un po’ dispiaciuta per il podio, che ci voleva proprio. Sono andata veramente vicina, ma sono contenta di aver fatto un posto nei primi cinque. Mi sono divertita con questa neve. E’ un punto di forza mia saper guidare. Sono contenta che la prima prova sulla neve si sia svolta in Italia. La cosa che oggi era difficile erano le traiettorie un po’ ghiacciate. Bisognava avere la sensibilità di tenere la bici e la calma. Se si sbagliava, ti innervosivi e perdevi il controllo. Serviva tenere l’equilibrio, stare in piedi o in bici…».

Cervélo R5-CX, la bici di Wout Van Aert

02.12.2021
4 min
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Questa di Cervélo non è la prima bicicletta specifica per il ciclocross, perché già nel 2007 l’azienda ha prodotto due modelli R3 Cross. Da quel periodo molto è cambiato, tecnologie, tendenze e gli stessi atleti con le loro richieste. La R5-CX nasce dalla collaborazione con gli atleti del Team Jumbo-Visma, Wout Van Aert e Marianne Vos. C’é un fil rouge con la versione R5 road utilizzata da WVA, ma la piattaforma CX ha dei concept di sviluppo tutti suoi. Ma vediamo insieme i dettagli principali.

La nuova Cervélo R5-CX (immagini Cervélo)
La nuova Cervélo R5-CX (immagini Cervélo)

Cervélo R5-CX, ora solo per il team

L’ufficializzazione di questa versione della Cervélo R5, anticipa l’esordio di WVA nel ciclocross e per ora sarà utilizzata solo da alcuni corridori del sodalizio olandese. Ci piace definirlo come una sorta di ultimo banco di prova per la piattaforma da cross, in vista della disponibilità effettiva, prevista a fine agosto 2022.

Marianne Vos con la Cervélo R5-CX (immagini Cervélo)
Marianne Vos con la Cervélo R5-CX (immagini Cervélo)

Una bici compatta

Partiamo dal presupposto che la Cervélo R5-CX ha un framekit full carbon monoscocca. Il suo sviluppo si basa sul modello della R5 road (disc brakes), ma con alcune differenze molto importanti. Concettualmente non si tratta “solo” di una bici in carbonio molto leggera, ma di uno “strumento racing” che trova nel segmento R5 la sua massima espressione. L’avantreno ha una forcella con steli dritti, arrotondati frontalmente e con un ampio arco nella sezione superiore e con una luce abbondante per il passaggio della ruota. Qui c’è anche una sorta di protuberanza che s’innesta nella tubazione obliqua. La ricerca aerodinamica è presente, pur non ricoprendo un ruolo primario. Sempre in merito alla forcella, essa ha un rake di 51 millimetri per le taglie 51-54 e 56, che si riduce a 48 per la misura più grande, ovvero la 58: cifre che collimano con un angolo dello sterzo da 71,5° (72° per la taglia 58). Tutto questo si traduce in un comparto molto corto, maneggevole ed estremamente pronto ai cambi di direzione.

Il collegamento dell’orizzontale con i foderi obliqui è ben visibile, tanto che dà l’impressione di abbracciare il piantone (immagini Cervélo)
Il collegamento dell’orizzontale con i foderi sembra abbracciare il piantone (immagini Cervélo)

L’head tube si adatta alla serie sterzo FSA ACR e questo permette di integrare fili e guaine, azzerando eventuali problemi di strozzature. La Cervélo R5-CX è compatibile solo con le trasmissioni elettroniche. Numeri ridotti anche per il tubo sterzo, ma comunque in linea con gli sviluppi più moderni: 97, 118, 139 e 157 millimetri, rispettivamente per le taglie 51, 54, 56 e 58.

Muscolosa e sfinata, DNA Cervélo

Il profilato orizzontale è più voluminoso davanti, per schiacciarsi verso il retro. Il suo collegamento con i foderi obliqui è ben visibile, tanto che dà l’impressione di abbracciare il piantone. Si nota un prolungamento verso l’alto e il reggisella ha una forma a D, con profilo posteriore tronco. Verso il basso si notano i cambiamenti di shape dei tubi orizzontali del carro, sfinati vicino al perno passante, massicci verso la scatola del movimento centrale. Per gli amanti delle cifre: il retrotreno è corto, solo 42,5 centimetri (cifra comune a tutte le taglie).

Altra particolarità molto interessante

La scatola del movimento centrale non è BBright come vuole la tradizione Cervélo, ma ha delle calotte filettate T47, al tempo stesso viene mantenuta l’asimmetria del comparto. Questione di praticità legata al ciclocross. Un mezzo del genere viene smontato, lavato ed è soggetto ad una manutenzione di gran lunga maggiore, rispetto ad una bici da strada. Confrontandola con la sorella road, la R5-CX è più alta da terra: più 11 millimetri.

Lorena Wiebes, bestia nera della Balsamo, erede della Vos?

31.10.2021
5 min
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Chissà se in questi giorni si starà dedicando al kickboxing per scaricare un po’ di tensione e schiarirsi la mente. Oppure se starà navigando sui canali olandesi attorno a casa con la propria barca. Di sicuro Lorena Wiebes un po’ di meritato riposo se lo starà concedendo nella sua Mijdrecht ,grazie alle sue attività preferite ed alternative quando non pedala.

La 22enne “oranje” ha chiuso l’annata col botto vincendo il 23 ottobre la Ronde Van Drenthe (ultima gara del calendario Women WorldTour) davanti ad Elena Cecchini ed Eleonora Gasparrini, centrando così il 14° sigillo di un 2021 in cui spiccano anche due tappe al Giro d’Italia Donne, due al Women’s Tour in Gran Bretagna e diverse semi-classiche belghe.

Fenomeno olandese

Ormai è riduttivo considerare ancora la velocista del Team Dsm – nata il 17 marzo del 1999, che tiene bene sugli strappi e che ha nell’Amstel Gold Race la gara dei sogni – solo una giovane interessante o in rampa di lancio. E’ decisamente una certezza del panorama femminile sia in patria che nel resto del mondo.

Ha appena terminato la quarta stagione da elite ed il suo bottino conta già 46 successi. A parte “Sua Maestà” Marianne Vos – che nei primi quattro anni tra le big della categoria aveva già raggiunto 87 delle 295 attuali vittorie totali su strada – per trovare un’olandese con un impatto simile bisogna tornare indietro ai tempi di Leontien Van Moorsel, altra icona del movimento, che ne ottenne 42 tra il 1988 e il 1991. Già, perché le fortissime Van Vleuten, Van Dijk, Van der Breggen o Blaak si sono espresse ai massimi livelli solo nella seconda metà della loro carriera.

Adesso è il momento di recuperare, il 2022 sarà l’anno della conferma (foto Instagram)
Adesso è il momento di recuperare, il 2022 sarà l’anno della conferma (foto Instagram)

Ragazzina prodigio

Già tra le junior Lorena si è fatta conoscere vincendo il titolo nazionale nel 2016 e poi quello europeo ad Herning in Danimarca nel 2017, quando battè allo sprint la padrona di casa Emma Norsgaard e Letizia Paternoster. Aveva aperto la stagione a marzo conquistando a Cittiglio il Trofeo Binda davanti alla francese Clara Copponi e Martina Fidanza.

Passata elite nella Parkhotel Valkenburg, compie un’escalation vertiginosa. Undici successi (di cui 7 del calendario olandese) nel 2018 e 17 l’anno successivo, con le perle del campionato nazionale e della prova in linea dei Giochi Europei a Baku, entrambe davanti alla Vos. Non un nome a caso nella vita della bionda Wiebes.

Sebbene sia una velocista, nelle classiche ha sempre fatto bene
Sebbene sia una velocista, nelle classiche ha sempre fatto bene

Obiettivo classiche

La scorsa stagione, complice il Covid, solo quattro affermazioni, tre delle quali ottenute nella seconda parte della stagione con la Sunweb, squadra in cui è passata a giugno 2020 firmando un contratto fino al 2024.

«Lorena – dichiarò il suo direttore sportivo Hans Timmermans all’atto dell’ingaggio – è una delle cicliste più forti della sua generazione e ci aiuterà a portare il nostro programma al livello successivo. Ha fatto un grande sviluppo da junior a elite e le sue doti da sprinter le hanno dato un successo immediato. Sta continuando a fare progressi nelle classiche e ci rende fiduciosi per il futuro. E’ ancora giovane, deve maturare. Ma non vediamo l’ora di poterla supportare nel suo processo di crescita».

Spirito di squadra

Nonostante l’ottimo inizio di carriera, la sprinter della provincia di Utrecht è una persona motivata, che vuole sfruttare al meglio le proprie qualità tecnico-fisiche ed è più che felice di lavorare per le compagne di squadra se il terreno non le si addice più di tanto.

«Voglio fare i prossimi passi nella mia carriera – dice – continuando a migliorare e penso di poterlo fare con il Team DSM grazie al loro approccio professionale. Spero di poter vincere il più possibile come squadra e spero di poter aiutare il resto delle ragazze a vincere corse adatte a loro. Ad esempio uno dei miei ricordi preferiti del 2019 è stato quando sono stata in grado di aiutare Demi (Vollering, ndr) a vincere il Giro dell’Emilia».

Balsamo, conto aperto

Intanto, da quattro anni ad oggi, la 22enne olandese sta duellando con Elisa Balsamo. In 12 occasioni sono finite assieme sul podio: sei volte in cui la Wiebes ha battuto in volata l’attuale campionessa del mondo, cinque quelle dell’azzurra. Una volta invece sono finite a sorpresa, nell’ordine seconda e terza, dietro la vietnamita Thi That Nguyen nella Dwars door de Westhoek nel 2018.

Agli europei juniores del 2017 a Herning, ha battuto la padrona di casa Norsgaard e Paternoster
Agli europei juniores del 2017 a Herning, ha battuto la padrona di casa Norsgaard e Paternoster

Erede della Vos?

E pensare che Wiebes da ragazzina sembrava indirizzata verso altri sport quando praticava ginnastica acrobatica e calcio, tuttavia utilizzando la bici per andare agli allenamenti. Poi, piano piano, pedalare le è piaciuto sempre di più.

Le prime corse sono quelle nel fango nel ciclocross e nel 2013 ha iniziato a gareggiare anche su strada. Forse nell’ottobre di quell’anno scattò un’ulteriore scintilla quando, nella gara serale “Nacht van Woerden”, a 20 chilometri da casa, incontrò Marianne Vos in quel momento iridata sia su strada sia nel ciclocross. Perchè si sa, in Olanda tutto gira intorno alla Vos e anche se lei non ha ancora intenzione di smettere, Lorena Wiebes pare avere tutte le carte in regola per diventarne l’erede.