Per la crono olimpica occhio a body, caschi e ruote

21.07.2021
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Non solo strada. Tra pochi giorni (il 28 luglio) a Tokyo andrà in scena anche la cronometro individuale. Una crono che desta non poco la nostra attenzione visto che Filippo Ganna partirà con ambizioni importanti. Una crono che però non è facile. Misura 44 chilometri e 850 metri di dislivello (valori che sono la metà per le donne) e si corre in un contesto climatico affatto scontato. E più le situazioni sono complesse e più incidono i materiali.

Con Marco Pinotti, ex cronoman, tecnico del Team Bike Exchange e ingegnere, abbiamo fatto il punto su quali fossero i materiali chiave nella prova contro il tempo a cinque cerchi. E lui ce ne ha segnalati tre in particolare: ruote, body e caschi.

Presentate qualche settimana fa le maglie Castelli per Tokyo (da sinistra: Roberto Amadio, Elia Viviani, Alessio Cremonese)
Presentate qualche settimana fa le maglie Castelli per Tokyo (da sinistra: Roberto Amadio, Elia Viviani, Alessio Cremonese)

Body veloce e traspirante 

Secondo Pinotti le bici sono le stesse. Posizioni (soprattutto) e materiali legati alle stesse posizioni (vedi i manubri) sono collaudati e non verranno stravolti per le Olimpiadi. Si lavora quindi su altro, sui “dettagli”. Che poi dettagli non sono.

«Eh sì, per me – spiega Pinotti – i body saranno molto importanti. Le le bici alla fine sono quelle. Lì in Giappone c’è molta umidità e questo può incidere moltissimo. Perché un body più veloce, come quelli che si vedono oggi, non è traspirante. Di solito aerodinamica e tessuti traspiranti non vanno molto d’accordo. Bisognerà vedere i produttori cosa hanno preparato».

Castelli che con gli azzurri della pista ha lavorato sodo e sotto ogni punto di vista, andando anche in galleria del vento, non ha lasciato scoperto il discorso dei body sulla crono su strada. Ma questo dei body è uno dei pochi casi, in cui Pinotti, non è a tutto e solo vantaggio dell’aerodinamica nella scelta di un “materiale”.

«Ho visto che in quella zona l’alba arriva presto e il sole tramonta poco dopo le 17, quindi il picco di calore dovrebbe esserci intorno alle 13 e non alle 15 come da noi. La gara maschile scatterà alle 14 e per quando partiranno i big (presumibilmente verso la fine, ndr) potrebbe essere un filo più “fresco”. Vedremo».

Il body Space Jet di Alè: è stato utilizzato al Tour. Nonostante sia aero, punta molto sulla traspirabilità
Il body Space Jet di Alè: è stato utilizzato al Tour. Nonostante sia aero, punta molto sulla traspirabilità

Ruote? Come al Tour

«Da quel che ho visto – dice Pinotti – la crono di Tokyo somiglia molto alla prima crono del recente Tour de France, che era più mossa rispetto alla seconda. Ha un bel dislivello, è vero, ma c’è solo un tratto al di sopra del 10% e non è neanche tanto lungo. C’è una salita di 4 chilometri, ma la sua pendenza è di poco superiore al 4%. Nel complesso quindi è un percorso veloce e neanche molto tecnico, a parte una curva nel finale in cui so che la careggiata sarà divisa a metà. Bisogna trovare un buon compromesso tra peso ed aerodinamica. Io non cambierei l’assetto utilizzato nella prima crono del Tour de France.

«Chiaramente al posteriore si userà una lenticolare e all’anteriore una ruota da 60 millimetri in su o una a tre razze. I corridori della Ineos-Grenadiers in quella crono del Tour che vi dicevo hanno utilizzato ruote Princeton da 60 millimetri all’anteriore (al posteriore ovviamente la lenticolare), mentre Thomas, Carapaz e Porte la AeroCoach Aeox Zephyr da 80 millimetri (78 per la precisione, ndr)».

Carapaz impegnato nella prima cronometro del Tour. Secondo Pinotti a Tokyo si dovrebbero mantenere gli stessi assetti
Carapaz impegnato nella prima cronometro del Tour. secondo Pinotti a Tokyo si dovrebbero mantenere gli stessi assetti

Vento scarso…

La scelta delle ruota è poi molto legata alle condizioni del vento. Vento che però secondo Pinotti non dovrebbe essere poi così determinante.

«Ammetto – dice l’ex tricolore contro il tempo – di non conoscere nello specifico le condizioni del vento del luogo che ospiterà la crono, ma da quello che so non è una zona molto ventosa. E questo ce lo dice anche il tasso di umidità. Le temperature infatti saranno calde, ma non caldissime. Si parla di 30° circa, ma con un tasso di umidità superiore al 70% e questo ci dice di un’area a scarsa ventilazione.

«Semmai bisogna vedere la variabilità del vento, più che la sua intensità. La crono infatti si svolge su un circuito da fare due volte e quindi non sarà mai in un unica direzione. Se poi dovessero fare due partenze, cioè due gruppi, e le condizioni dovessero cambiare, potrebbe esserci qualche sorpresa».

Questa annotazione ci rimanda a quel che accadde a Maurizio Fondriest al Atlanta 1996. Il trentino partì con la pioggia mentre altri favoriti, che stavano in un altro gruppo, corsero con l’asciutto.

«Buona memoria! Sì, il concetto è quello. E’ vero che le partenze sono stabilite secondo i punteggi Uci e quindi tutti i migliori partiranno ravvicinati fra loro, ma magari c’è qualche buon corridore che per un motivo o per un altro ha un punteggio basso, sta particolarmente bene e partendo prima potrebbe sfruttare un meteo migliore».

I caschi aero hanno poche prese per l’aria, ma qualche “feritoia” a Tokyo sarà necessaria
I caschi aero hanno poche prese per l’aria, ma qualche “feritoia” a Tokyo sarà necessaria

Casco aero ma non troppo

Un discorso simile a quello fatto per i body riguarda anche il casco. E Pinotti dà una spiegazione molto interessante.

«Anche per il casco: okay la sua aerodinamicità ma non andrebbe trascurata anche la sua aerazione – conclude Pinotti – Si parla di una crono che sfiorerà la durata di un’ora, o comunque 50′ sicuro. Un lasso di tempo importante in cui si suda parecchio e là dentro (pensando alla testa, ndr) si sviluppa un grande calore. Molti dei recettori della pelle e della temperatura si trovano proprio sulla testa e se si surriscalda, il cervello invia impulsi al corpo di abbassare la temperatura. Come? Rallentando…

«Il famoso colpo di calore parte da lì. La testa si surriscalda e il cervello ordina al fisico di “staccare”. Ed è il motivo per cui spesso vediamo il corridore che si getta l’acqua in testa».

Pinotti svela segreti e favoriti delle due crono del Tour

22.06.2021
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Quando lo raggiungiamo Marco Pinotti è di ritorno dal campionato italiano a cronometro. Anche lui è “scioccato” dalla sorpresa Sobrero. Tuttavia entra subito nel merito…

«Che sorpresa, eh?», commenta il tecnico del Team Bike Exchange. «C’era anche meno dislivello rispetto a quello che ci sarà in Giappone. Anche se le salite erano più arcigne, mentre a Tokyo saranno al 4 per cento. Però il fatto che Ganna non abbia vinto ci dice che il livello della crono in Italia è buono. Io ho vissuto un’esperienza simile nel 2012. Dovevo andare a Londra, dopo il Giro continuai a lavorare sodo. Dovevo scaricare solo gli ultimi dieci giorni prima delle Olimpiadi e arrivai all’italiano convinto di vincere, invece il titolo andò a Cataldo».

Adriano Malori, Marco PInotti, Paolo Bettini, mondiali Valkenburg 2012
Marco Pinotti (tra Malori e Bettini) prima della crono iridata di Valkenburg 2012
Adriano Malori, Marco PInotti, Paolo Bettini, mondiali Valkenburg 2012
Marco Pinotti (tra Malori e Bettini) prima della crono iridata di Valkenburg 2012

Con Pinotti però vogliamo orientarci sulle crono del Tour de France. Alla Grande Boucle ce ne saranno due: una di 27 e una di 30 chilometri, entrambe piuttosto filanti.

Marco, che crono saranno quelle del Tour?

Crono nella pianura francese, quindi non sarà un percorso piatto, ma vallonato. Simili a quelle che abbiamo visto alla Parigi-Nizza e al Delfinato. Sono percorsi che favoriscono gli specialisti. E aggiungerei: finalmente! Anche se forse manca una crono di 40-50 chilometri, ma tutto sommato due frazioni così portano lo sforzo totale intorno ad un’ora e 20′. L’ultima maxicrono che fecero forse c’era ancora Indurain. Poi la palla passava agli scalatori, ma adesso è un altro ciclismo. Quanti anni sono che non vince più un grande Giro un corridore di 70 e passa chili?

Una di 45 chilometri avrebbe fatto più danni?

Sì, si è visto all’italiano. E’ in queste crono che puoi vedere il ribaltone. In una da 20 chilometri chi passa in testa al primo intermedio difficilmente poi perde, a meno di distacchi minimi. In una crono di un’ora o giù di lì invece devi distribuire bene lo sforzo, altrimenti crolli.

E Pinotti cosa ne pensa di queste due crono del Tour?

A me piacciono e non solo perché ero un cronoman, ma perché quella di inizio Tour costringerà gli scalatori ad attaccare. E poi bisogna vedere chi la spunta. Se dovesse vincere Thomas la sua Ineos-Grenadiers penalizzerebbe gli attacchi. Si metterebbe a tirare forte e sarebbe dura per tutti fare poi la differenza. Mentre se dovesse vincere Roglic, ecco che la Ineos potrebbe mandare via Carapaz. Di certo questa prima crono ha più peso tattico sul resto del Tour della seconda.

Veniamo al nocciolo dell’intervista: il duello Pogacar-Roglic. Il primo ha preso una bella batosta nel campionato nazionale contro il tempo e l’altro sappiamo quanto ci si sia scottato l’anno scorso, anche se quella della Planche de Belles Filles era una crono particolare con l’arrivo in salita…

I 57 chilometri totali di quest’anno per me avvantaggiano Roglic – risponde secco Pinotti – è lui il favorito numero uno per il Tour. O lo vince quest’anno o non lo vince più. Arriva dalla vittoria alla Vuelta con la quale ha superato la crisi post Tour 2020, punta solo su quello e non so per quanti anni ancora possa mantenere questa concentrazione. E il fatto che non stia correndo lo trovo un po’ atipico. Lui sa prepararsi bene e magari arriverà più fresco nella terza settimana e nella seconda crono. Di fatto nella terza settimana Primoz ha sempre avuto delle difficoltà, più o meno grandi, ma le ha avute.

Quest’anno Pogacar non ha vinto crono. Ma il campanello d’allarme c’è stato nel campionato nazionale: terzo, senza Roglic
Quest’anno Pogacar non ha vinto crono. Ma il campanello d’allarme c’è stato nel campionato nazionale: terzo, senza Roglic
Il terzo posto di Pogacar nella crono nazionale è un campanello di allarme?

Bisognerebbe avere dei dati per poter rispondere, ma ipotizzo che forse c’era un percorso un po’ troppo piatto per lui. Poi aveva vinto lo Slovenia in cui aveva spinto forte: quello per lui era un test importante. Comunque per me un piccolo campanello d’allarme lo è, perché su percorsi come quelli delle due crono che lo aspettano in Francia perderà qualcosa da Roglic.

Quindi Roglic per te è più forte a crono…

Sì. Tadej sprizza energia da tutti i pori e in salita magari è più forte. Quest’anno Roglic non commetterà lo stesso errore dello scorso anno di “sottovalutarlo” a crono. Alla lunga uno ha pagato la pressione portata addosso per tutto il Tour e l’altro, Tadej, quasi, quasi perdendo quel minuto e mezzo nel giorno dei ventagli ha corso tutta la gara con meno aspettative. Ricordo che nella tappa successiva attaccò sul Peyresourde, sviluppando tra l’altro dei numeri record. E poi ricordiamoci che confermarsi è più difficile che vincere per la prima volta.

Roglic quest’anno ha fatto solo due crono: in una ha fatto terzo l’altra l’ha vinta
Roglic quest’anno ha fatto solo due crono: in una ha fatto terzo, l’altra l’ha vinta
Dicevamo due crono molto simili per lunghezza e altimetria quelle del prossimo Tour: come si affrontano?

Come detto è pianura francese: ci saranno molte variazioni di pendenza, spesso variazioni subdole, per questo bisogna concentrarsi soprattutto sulla velocità. Bisogna spingere di più appena questa inizia a calare. La crono è velocità, la potenza è una sua conseguenza. Al contrario, quando la velocità è alta e la bici va, bisogna cercare di “recuperare” un po’, di respirare. Dureranno fra i 35′ e i 42′ più o meno e bisognerà gestire bene lo sforzo. Iniziano ad essere tempistiche per specialisti. Serve uno stato di concentrazione importante, non sono i classici 20′ (la durata dei test, dei critical power) ai quali tutti sono più o meno abituati. Anche 5 watt di differenza, su 35′-40′ di sforzo segnano distacchi importanti, di 30”-40”.

Che distacchi ci potranno essere tra i big?

Difficile dirlo, ma ipotizzo sui 45” nella prima crono e qualcosa in meno nella seconda.

Dai, Marco, allora facciamo fantaciclismo…

Okay, così va bene! Prima crono: Roglic, Pogacar e Thomas con distacchi massimi fra tutti e tre sui 45”. Seconda crono: Thomas, Pogacar a 30” e Roglic 45”.

Coach Pinotti ci presenta Colleoni

06.02.2021
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Marco Pinotti e Kevin Colleoni, una storia tutta italiana, anzi bergamasca. L’ingegnere volante grande ex cronoman, è oggi uno dei preparatori del Team BikeExchange, la squadra che, fatalità, annovera nelle sue fila anche il giovane Kevin. Sono quindi allenatore e allievo.

I due abitano ad una manciata di chilometri di distanza, ma si conoscono di persona solo da pochi mesi.

E’ così Marco?

Esatto. Seguivo Kevin già da un paio di anni, ma non ci eravamo visti di persona. Poi una volta arrivato con noi me lo hanno affidato sia per una vicinanza fisica che di linguaggio. Vedendo i suoi risultati, lo avevo segnalato alla squadra già nel 2019, anche se fosse andato altrove. Nel 2020 si è confermato e quando ho saputo che il Team BikeExchange lo aveva preso sono stato contento: un ragazzo vicino di casa, italiano e bergamasco. Inoltre lui era con Milesi, che conosco bene e di cui mi fido, e che ho sentito quando avevo qualche dubbio, per conoscere meglio le caratteristiche di Kevin.

Cosa gli hai chiesto?

Che tipo di allenamento avesse fatto… Non volevo stravolgere la preparazione del ragazzo. Okay analizzare i dati, ma sapere come sopporta i carichi, come reagisce ai lavori è importante. La preparazione deve essere un’evoluzione. Se prima faceva 80, adesso fa 85. Non 120, non sarebbe giusto nel lungo termine.

Kevin Colleoni battuto in volata ad Extragiro da Aleotti (al centro) e Conca (a sinistra)
Kevin Colleoni battuto in volata ad Extragiro da Aleotti
Hai parlato di caratteristiche, quali sono per te quelle di Colleoni, per quel poco che hai visto chiaramente?

Resistenza e recupero – risponde in modo netto Pinotti – difficile dire adesso se sia o meno da corse a tappe il fatto che recuperi bene però è un indizio. Colleoni ha un buon rapporto peso/potenza specialmente sugli sforzi di 20′-25′, non è veloce ma nel complesso si difende bene. Per me rientra nella categoria dei passisti-scalatori. Non è leggero in senso assoluto, ma rispetto alla sua altezza (1,80 metri, ndr) dovrebbe andare forte in salita.

E’ in base a questo “screening” che con la BikeExchange avete deciso di fargli fare più corse a tappe, anche se piccole?

Sì, per questi dati e perché è nella vocazione del team. Dovrebbe fare solo Larciano, come corsa di un giorno in questa prima parte di stagione. Partirà dall’UAE Tour. Dovrebbe fare il Coppi e Bartali e l’Ungheria. Comunque è un calendario soggetto a cambiamenti, va preso con le molle. Doveva partire con Mallorca e poi fare altura, ma io ho preferito farlo correre.

Colleoni in ritiro in Spagna (foto Team BikExchange)
Colleoni in ritiro in Spagna (foto teambikeexchange)
Perché?

Perché così avrà modo di misurarsi, avere dei feedback più attendibili. In fin dei conti ha fatto un bell’inverno, si è allenato bene nonostante il meteo… Inoltre gli under 23 hanno corso poco lo scorso anno e così quando mi hanno chiesto se potesse correre l’UAE Tour ho detto di sì, meglio che gareggi. Kevin è pronto a debuttare nel WorldTour. Questa non è partita come una stagione normale e per me ogni occasione che si ha per correre va sfruttata. Colleoni rischiava che la prima competizione sarebbe davvero stato il Coppi e Bartali. All’UAE Tour ci sono due arrivi in salita, uno più duro e un più facile, una crono e potrà aiutare il team nelle volate. Si farà le ossa e sarà un bel “reality check”.

Hai parlato della crono, il territorio di Pinotti! Abbiamo visto che in ritiro in Spagna hanno fatto 7 ore e l’hanno usata, ma non per tutte e sette le ore…

No, no…

Eh infatti ci sembrava parecchio!

Hanno fatto le prime due ore con la bici da crono, poi sono tornati in albergo e hanno preso quella da strada per altre cinque ore e mezzo. In Spagna hanno fatto molto volume, un po’ per fare la base aerobica vera e propria e un po’ perché abbiamo in mente le corse a tappe. Comunque ho chiesto io di fare i lavori con la bici da crono.

Ma perché le due ore iniziali e non quelle finali come si usa normalmente?

Bella osservazione – esclama Pinotti – se ci pensi non fai una crono partendo stanco quindi mi sembra più logico usare questa bici con con i muscoli e la mente più freschi. Anche perché dopo 5 ore il muscolo si accorcia. E’ una “simulazione” migliore.

Colleoni alle prese con i test a crono nel velodromo di Valencia insieme a Pinotti
Colleoni alle prese con i test a crono nel velodromo di Valencia
Secondo te Colleoni è portato per la crono? Da junior vinse una cronoscalata davanti a Bagioli. E’ vero che una rondine non fa primavera, ma è un buon indizio…

Per me Kevin è predisposto alla crono anche mentalmente. E’ pronto a soffrire. Per ora fa fatica, ma è consapevole che questo è un passaggio obbligato. Se batte Bagioli significa che ha una predisposizione naturale per questo tipo di sforzo.

Cosa ti ha colpito di più di questo ragazzo?

La tranquillità. Sempre pacato, un metronomo negli allenamenti, preciso, anche nel caricare i file delle sedute. Fa il suo lavoro indipendentemente dai fattori esterni, come il meteo… E poi ha preso bene l’aumento dei volumi di lavoro.

Tu lo segui in allenamento? Magari anche in bici quando lui fa scarico?

Siamo andati insieme a fare il test del lattato. Voglio seguirlo negli allenamenti a crono per vedere se tiene la posizione dopo le ripetute. Comunque sì: l’obiettivo è quello di poterlo seguire dal vivo.

Siete entrambi bergamaschi, delle stesse zone, avrete anche i percorsi e le salite test uguali. Potrai capire meglio certi numeri…

Kevin vive tra Bergamo e Lecco, a Calusco, e qui la salita simbolo è la Roncola, un po’ come il monte Serra per i toscani. E’ una salita dura e i test li fa lì. Per ora non li ha mai fatti massimali, ma già da under 23 i tempi erano ottimi.

E ti ha battuto?

Eh, penso di sì!

Kevin scalda i motori per il debutto negli Emirati

03.02.2021
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Kevin Colleoni – come pure Filippo Conca, suo… gemello per tre anni alla Biesse-Arvediè tornato da poco dal primo training camp tra i professionisti. Anche lui in Spagna e anche lui in una squadra WorldTour, il Team Bike Exchange, dopo aver optato in un primo momento per la Androni Giocattoli-Sidermec. E le cose sono andate bene, forse meglio di quanto si aspettasse.

Di lui avevamo parlato nei giorni scorsi con Imelda Chiappa, sua madre, ricordando le origini della passione per la bicicletta, ma ora che il bergamasco sta muovendo i primi passi nel ciclismo che conta, la palla passa a lui e presto anche le sue esperienze agonistiche saranno sempre più lontane da quelle della mamma argento olimpico.

Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Kevin con Aleotti al traguardo di Aprica, dopo aver provato a far saltare il banco del Giro d’Italia U23 sul Mortirolo
Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Ultima tappa del Giro U23, Kevin con Aleotti, dopo l’attacco sul Mortirolo
Vi eravate già incontrati con la squadra?

Ci eravamo già visti a Varese alla fine dell’anno per fare le visite e prendere le bici, ma il ritiro è stato una nuova dimensione. Ci siamo trovati a Oliva, dopo che l’anno scorso con la Biesse eravamo stati in Liguria.

La differenza principale?

In Liguria era comunque freddo, meno che a Bergamo ma freddo. In Spagna ci si allena in pantaloncini, che fa una bella differenza.

Un salto nel buio?

Conoscevo soltanto Konychev, ma ero in camera con Tsgabu Grmay. Quello che è saltato subito agli occhi è stata la diversa organizzazione. Anche il modo di allenarci mi ha colpito, dovuto forse al fatto che dovevamo iniziare fra Mallorca, Murcia e la Valenciana, che sono saltate, per cui inizialmente abbiamo fatto tante ore ma senza lavori specifici, che sono iniziati in un secondo momento.

Ti hanno assegnato un preparatore con cui lavorare?

Marco Pinotti, che non conoscevo di persona, ma abita a 15 chilometri da casa mia. E’ bravo, si vede che ha esperienza. Abbiamo fatto dei test sulla bici da crono nel velodromo di Valencia, ma prima di arrivarci abbiamo fatto la posizione sui rulli, quindi una fase di adattamento su strada e il riscontro finale in pista. Rispetto allo scorso anno, credo di aver mantenuto uguale soltanto l’altezza di sella, per il resto fra la Pinarello e la Bianchi del team ci sono angoli diversi e di conseguenza anche la posizione non sarà identica.

Nel velodromo di Valencia, anche per Kevin la fase finale dei test per la crono
Nel velodromo di Valencia la fase finale dei test per la crono
Hai parlato di lavori specifici…

Quando ho cominciato mancava un mese alla prima corsa, che per me sarà lo Uae Tour (21-27 febbraio, ndr) e oltre al fatto di aver aumentato le ore, i lavori sono diversi da quelli che facevo prima. Le ripetute sono di più e più lunghe. I lavori di 10 minuti ora sono di 20, con diversi tempi di recupero.

Hai già a casa la bici da crono?

Sì, in realtà ce l’avevo anche l’anno scorso e un po’ la usavo, ma ad esempio mai per fare lavori specifici. In ritiro, tolta la fase in pista, la abbiamo usata durante i lunghi per provare la posizione. Se capitava di fare un’uscita di 7 ore, ci mettevamo dentro una porzione sulla bici da crono. Ma con Pinotti questo è un fronte su cui lavorerò tanto.

Cosa ti è parso dell’ambiente?

Siamo tanti, ma credo di aver conosciuto quasi tutti. Nessuno se ne stava sulle sue. Con Yates ho cenato una sera allo stesso tavolo ed è parso di parlare con un amico, nonostante fosse la prima volta. Chaves si vede che è una brava persona e anche alla buona. Vederli lì accanto le prime volte un po’ è stato emozionante.

Brent Copeland, che è il manager del team, parlando di te ha individuato da subito un probabile futuro nelle corse a tappe.

E’ quello di cui abbiamo parlato, confermo. E il mio calendario infatti avrà soprattutto corse di questo tipo, sia pure minori. E’ chiaro che andrò soprattutto per fare esperienza, ma con l’idea di mettermi alla prova. Cominciamo dallo Uae Tour, non vedo l’ora.

Cecchini riparte dall’Olanda con Van der Breggen

21.01.2021
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«Ero arrivata al punto di non riconoscermi più – dice Elena Cecchini – soprattutto perché sono molto ambiziosa e faccio fatica ad accettare la sconfitta. Dover lavorare per una compagna, se magari avevo una buona condizione, mi sembrava un’opportunità persa. Stessa cosa se avevo spazio per fare la mia corsa e sbagliavo qualcosa: un’altra opportunità persa. Era diventato logorante e al contempo era come se alla squadra andasse bene lo stesso. Non è stato facile andar via, perché la Canyon ormai era una famiglia, ma non avevo stimoli. Come se la prestazione non fosse più utile. Avevo bisogno di uscire dalla mia comfort zone, soprattutto dopo un 2020 così pesante».

La friulana racconta così il cambio di squadra, che l’ha vista passare dalla tedesca Canyon Sram Racing in cui correva dal 2016, alla olandese SD Worx, squadra Specialized, contattata addirittura da Anna Van der Breggen, la campionessa delle due maglie iridate di Imola, che alla fine del 2021 si ritirerà per diventarne direttore sportivo.

A Plouay, Cecchini è 5ª, piazzandosi nella volata per il 3° posto dietro Consonni e Bastianelli
A Plouay 2020, Cecchini coglie il 5° posto,
Ti ha davvero cercato lei?

Ad aprile, con un messaggio. Ci ho pensato per un po’ e poi sono saltata sul treno. Fare l’ultima stagione con lei, per quello che potrà trasmettermi, è un lusso cui non ho voluto rinunciare.

Sicura che non andrai soltanto per tirare?

Sicuramente avrò i miei spazi. Anna è un’atleta che a fine anno vince tantissimo, ma ci saranno opportunità se le gambe parleranno nel modo giusto. Questo è un bene, perché se sono troppo rilassata, non vado benissimo. Ed essere in un team di ragazze che lavorano duro e devono guadagnarsi il posto sarà sicuramente contagioso.

Perché il 2020 è stato pesante?

Il lockdown mi ha permesso di passare dei buoni mesi a casa con Elia (Elena è da anni la compagna di Elia Viviani, ndr), ma ho lavorato troppo e sono arrivata sfinita alla ripresa. Non vedevo l’ora che arrivasse il 31 ottobre, per fare il campionato italiano e staccare. Non mi pareva di aver fatto chissà cosa sui rulli, ma il mio fisico non ha metabolizzato niente. Quando ho fatto la prima uscita, sono tornata a casa dopo due ore e volevo piangere per i dolori muscolari. Quindi sono stata in altura ed è andata benino fino agli europei, poi è stato tutto un calare.

Serviva un bel reset…

E c’è stato. Tre settimane senza bici, anche se noi ciclisti abbiamo sempre paura di riposare, credendo di perdere chissà cosa.

Chi segue la tua preparazione?

Dal 2018 lavoro con Marco Pinotti, un altro che aveva bisogno di nuovi stimoli dopo l’ultimo anno alla CCC. Ora al Team Bike Exchange è molto motivato e tranquillo. Ci sentiamo spesso al telefono, ogni giorno se il lavoro da fare è specifico. Mi trovo bene, perché verifica quello che faccio e se qualcosa si discosta dal lavoro impostato, mi chiama e ci spieghiamo. Posso parlarci liberamente.

Come sei arrivata a lui?

Me lo ha consigliato Elia. Avevano condiviso la camera alle Olimpiadi di Londra ed era rimasto stupito dal fatto che la sera prima avesse dichiarato il wattaggio medio che avrebbe fatto l’indomani nella crono e si fosse discostato di pochissimo. «Uno così – mi ha detto – è quello che ci vuole per una precisina come te». E aveva ragione.

Nel 2016, Elena Cecchini ha vinto la maglia tricolore a Darfo Boario. Qui con Elia Viviani
Nel 2016, Cecchini ha vinto la maglia tricolore. Qui con Elia Viviani
Hai già un programma?

Inizierò dall’Het Nieuwsblad, senza fare la Valenciana. Poi Strade Bianche e il Trofeo Binda a Cittiglio, che sarà il mio primo obiettivo. Sono stata selezionata per il Fiandre, mentre aspetto di fare una ricognizione per capire se fare la Roubaix. Non ho mai corso su quel pavé, non so cosa aspettarmi, anche se la squadra mi vorrebbe portare.

Mondiale oppure Olimpiadi?

Il mondiale è il primo obiettivo. Su Tokyo sono arrivata al mio pensiero Zen. Sono stata a Rio, l’highlight di una carriera. Tutti mi dicevano quanto fosse spettacolare partecipare e al momento l’ho pensato. La realtà è che se mi guardo indietro, scopro che ciò che conta è la medaglia. Per cui il mio obiettivo sarà andar forte e poi semmai sarò considerata. Sarebbe anche bello andare a vedere il percorso, perché c’è chi dice che sia durissimo e chi lo dipinge più scorrevole…

E nel frattempo la vita di Cecchini e Viviani scorre tra il Friuli e Monaco?

Esatto. Abbiamo passato le Feste in Italia e ora siamo a Monaco. Ci organizziamo dei blocchi di vita e di lavoro, anche se adesso staremo per un po’ qua, con l’aeroporto di Nizza vicino che è molto comodo e un clima migliore. Ma non so se quando smetterò vorrò continuare così. Per ora mi godo la mia nuova vita e più avanti, si vedrà.