Kevin Colleoni non ha vinto corse, eppure nelle classifiche di rendimento 2020 figura ai primi posti. Il ragazzo bergamasco, un metro e 80 per 65 chili, che già lo scorso anno si era messo in luce con il secondo posto di Capodarco e la condotta coraggiosa al Giro d’Italia, è stato una delle rivelazioni dell’ultima stagione. Fatta eccezione per l’ultima tappa di Aprica, Kevin è stato lo sfidante più coriaceo di Tom Pidcock al Giro d’Italia U23. E se è vero che il britannico alla fine ha vinto la rosa da cannibale, va sottolineato che il corridore della Biesse-Arvedi ha provato ad attaccarlo sino all’ultimo, arrendendosi alle pendenze per lui ostiche del Mortirolo.
«Sono contento di come è andato l’anno – dice – che si è chiuso meglio di come era cominciato. Abbiamo fatto il Lombardia e poi abbiamo messo la bici in garage. Sono fermo da due settimane, ne farò un’altra di riposo e poi ricomincerò con palestra e mountain bike, in attesa che la squadra mi dia il programma di lavoro».
La squadra è la Mitchelton-Scott, cui Colleoni è approdato alla fine della stagione, sebbene lo scorso anno avesse già firmato (al pari del compagno Filippo Conca, poi passato alla Lotto Soudal) con la Androni Giocattoli. Questo gli ha consentito di vivere il periodo del lockdown con la sicurezza del posto di lavoro, ma quando si è fatta sotto la squadra WorldTour australiana, la tentazione è stata irresistibile. Percepito il pagamento per la “valorizzazione del talento” Savio lo ha così lasciato libero.
Te lo aspettavi?
Non avevo idea che sarebbe successo. C’è stata questa proposta come un treno da prendere al volo. Andare nel WorldTour era un mio obiettivo, non ci ho pensato due volte.
Ti sei piaciuto nel 2020?
Sì, tutto sommato. Al Giro d’Italia pensavo di poter fare bene, sono venuti due secondi di tappa e il terzo finale. Non ho rimpianti. Forse con qualche condotta diversa, avrei potuto chiuderlo al secondo posto, ma cambiava poco. Mi sono difeso bene, ma il Mortirolo non è roba per me.
Che cosa porta con sé Colleoni?
Credo che dal prossimo anno si azzeri tutto, ma so di non andare male in salita. A crono me la cavo. Devo crescere molto. Le volate non sono il mio forte, ma certo devo lavorare sul ritmo in pianura, per arrivare meglio ai finali.
Arrivi tra i pro’ dopo due anni da protagonista, avresti problemi a lavorare per altri?
Neanche un po’. Essere già capace di essere utile alla squadra lo vedrei come un bel risultato. Aver corso in una continental mi ha permesso di annusare il professionismo.
Che contatti hai avuto con la squadra?
Ho parlato con Brent Copeland dopo il Giro e la scorsa settimana ho mandato le misure per la bici. Avremo le Bianchi, ho mandato le misure 2020 e vedremo poi se aggiustarle.
Cosa si dice a casa Colleoni del passaggio?
Sono tutti contenti e io sono il primo.
Credi che il lockdown ti abbia penalizzato?
Di sicuro ha impedito di organizzare tante gare, ma alla fine i valori sono venuti fuori.
Il nome di un under 23 da seguire ora che i migliori passano?
Difficile fare un nome, sono categorie che cambiano faccia ogni anno. Ma per quello che ho visto al Giro d’Italia, Zambanini della Zalf è un bel corridore. Se va così forte a 19 anni, probabilmente ha belle cose da dire.
Così Kevin Colleoni, bergamasco classe 1999. Sua madre è stata argento olimpico di Atlanta, ha vinto campionati italiani e tappe al Giro d’Italia e si chiama Imelda Chiappa. Ma siccome è sempre brutto raccontare qualcuno etichettandolo per genitori o fratelli illustri, per scelta l’abbiamo scritto in fondo!