Dal mondo dei pro’ a quello degli juniores: in viaggio con Scinto

15.04.2022
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Dai professionisti, agli juniores. E’ la storia di Luca Scinto che dopo un anno di stop è risalito in ammiraglia, quella del Team Franco Ballerini. L’ex corridore toscano è stato tra i fondatori di questa società, tuttavia ci tiene subito a chiarire che a tenere le redini della squadra non è lui, ma Andrea Bardelli. «E’ lui che conosce i corridori e la categoria», dice.

Il discorso però non verte sul team, ma sulla categoria. Scinto può essere un bel paragone tra questi due mondi, appunto quello dei pro’ e quello degli juniores, che tra l’altro sono sempre più vicini.

Scinto ha smesso di correre nel 2002, è salito in ammiraglia nel 2003 tra gli U23. Dopo qualche stagione è passato ai pro’. Qui con Visconti
Scinto ha smesso di correre nel 2002, è salito in ammiraglia nel 2003 tra gli U23. Dopo qualche stagione è passato ai pro’. Qui con Visconti
Luca, appunto, juniores categoria importante e delicata. Partiamo dall’inizio: quanto è diversa rispetto ai tuoi tempi?

Quanto è diversa? E’ cambiata come da zero a cento. E’ un altro ciclismo. Quando ero io tra gli juniores iniziavano ad arrivare i primi cardio, ma non sapevamo praticamente nulla di battiti cardiaci. E infatti non lo guardavamo. Eravamo “grassi”, muscolati come bambini normali. Iniziavamo ad andare in bici dopo la Befana. Ma che dico, a fine gennaio. Semmai prima si andava un po’ a correre a piedi.

E oggi?

Oggi sono dei pro’ e infatti a 20 anni raggiungono il top, mentre prima la maturazione era molto più lenta e s’iniziava ad andare forte a 24-25 anni. Prima era davvero una categoria giovanile. Bartoli ed io il sabato andavamo a giocare a pallone e la domenica andavamo a correre. Io giocavo nell’Altopascio, okay facevo il portiere, ma per dire che approccio ci poteva essere. Proprio io e Michele, credo siamo stati i primi ad utilizzare la Mtb d’inverno, a fare il ciclocross, ma già eravamo più grandicelli. E ancora l’impostazione in bici. Prima ti prendevano la misura del cavallo e via in sella. Adesso i ragazzi passano per più di una visita biomeccanica.

Cosa ti piace di questo mondo così diverso però?

Sto imparando a conoscerlo. Prima andavo solo a vedere qualche corsa ogni tanto, ora ci sono più dentro e mi diverto. Devo imparare ad entrare nella mente di questi ragazzi di nuova generazione. Però la cosa che più mi piace è come ti guardano quando gli parli. Ancora ti ascoltano. Ti stanno a sentire. Ed è bello, fa piacere.

La categoria juniores segna non solo il passaggio verso il mondo dei pro’, ma anche dall’infanzia all’adolescenza più matura
La categoria juniores segna non solo il passaggio verso il mondo dei pro’, ma anche dall’infanzia all’adolescenza più matura
Beh, fino a pochi mesi fa trattavi con i pro’: il metro di paragone è ancora fresco…

So che vanno a documentarsi su internet. Chi era Scinto, cosa ha fatto da corridore, diesse, con chi gareggiava… Più che altro devi stare attento ai genitori, tra mamme troppo premurose e alcuni papà che pensano che il loro figlio sia un campione. Ma questo è un discorso generale, non della mia squadra. La cosa invece che mi piace è che, almeno guardando i miei, ho trovato ragazzi di personalità. E anche che c’è una netta differenza fra stranieri e italiani.

In che senso?

I nostri ragazzi, stando a casa, sono più viziati, meno autosufficienti. Mentre vedo il canadese, Leonard, che a 17 anni vive da solo, lava, si fa da mangiare… E mi chiedo: uno dei nostri sarebbe in grado di vivere da solo non dico in Canada, che è dall’altra parte del mondo, ma in Belgio? Ci riuscirebbero i suoi genitori? 

E invece una cosa che ti piace meno?

Che rispetto ai miei tempi non so se questi ragazzi arriveranno a 35-37 anni. Di fatto si salta il dilettantismo. Anche le squadre dei pro’ vogliono tutto e subito e questo credo che alla lunga ammazzerà il mondo under 23 e continental. Magari per alcuni va bene, ma per altri ragazzi che hanno bisogno di più tempo per maturare no. Uno Scinto corridore non ci sarebbe, o ancora di più un Ballan. Non credo che vedremo più un Nibali che a 37 anni lotta per entrare nei cinque al Giro d’Italia.

I ragazzi della Franco Ballerini: impegno ed educazione i valori che cerca di passare Scinto
I ragazzi della Franco Ballerini: impegno ed educazione i valori che cerca di passare Scinto
E invece quando si va alle corse: cosa è cambiato?

Alla fine questa parte è quella che resta più semplice. Oggi la tecnologia aiuta e con una chat di squadra è più facile comunicare, purché non se ne abusi. Io faccio riferimento agli orari per partire, agli appuntamenti, alle soste in autogrill… Per il resto anche la riunione dei diesse è sempre quella. L’altro giorno ero ad una corsa il cui finale era in sterrato e stretto. Le macchine non potevano starci. Nessuno ha parlato e io ho chiesto al giudice se potevamo andare avanti e metterci ad assistere i corridori da terra. Chiaramente se tutti fossero stati d’accordo. Da che non parlava nessuno, mi sono venuti tutti a ruota. Ma io sono così. Anche con Rcs al Giro se dovevo parlare, parlavo. Semmai vorrei che ci fosse più preparazione nei giudici regionali. 

Cioè?

Noto che spesso sono impreparati e con poca esperienza. Il giudice non deve solo punire, ma deve essere anche una figura di dialogo. In una gara hanno squalificato un mio corridore per un rifornimento a 5 chilometri dal traguardo. Okay, non si fa, ma fammi un’ammenda, perché squalificare il ragazzo? Mi ricordo per esempio della Francesca Mannori. Lei si vedeva che era brava, che aveva personalità. E infatti adesso è al Tour de France. Come i corridori, anche i giudici bravi si vedono subito.

Lo Scinto diesse cosa diceva ad un pro’ prima di una gara e cosa dice ad uno juniores?

Partiamo dal fatto che per i primi è un lavoro. Quindi che devono dare il massimo per fare bene. Agli junior dico di mettercela tutta, ma anche di stare attenti, di comportarsi bene in gruppo, di non fare scenate dopo l’arrivo. Anche in virtù della maglia che portiamo in giro. Per noi il nome Franco Ballerini è orgoglio e soddisfazione. Oppure che non devono innervosirsi se c’è un guasto meccanico o di non abbattersi se una corsa va male. Questa categoria è davvero particolare. E’ un insegnamento di vita. E’ quella in cui capisci se del ciclismo puoi farne il tuo lavoro oppure no.

Andrea Garosio
Il diesse toscano mentre seguiva un suo atleta pro’ dall’ammiraglia durante una crono
Andrea Garosio
Il diesse toscano mentre seguiva un suo atleta pro’ dall’ammiraglia durante una crono
E invece i ragazzi cosa ti chiedono?

Più che chiedere si parla e si affrontano le situazioni. C’era un ragazzo che veniva dalla frattura del polso. Diceva che sentiva dolore e così gli ho fatto una fasciatura, un taping. Era poca cosa, però è servito a renderlo più tranquillo. Oppure un altro mi ha detto: quando arrivo in fondo alla discesa e poi c’è lo strappo le gambe mi fanno male, non girano. Allora gli ho chiesto: e ti bruciano anche? E lui: sì, sì… Ecco, ho ribattuto, è li che devi insistere, perché come bruciano a te, bruciano anche agli altri. Tante volte si molla venti metri prima degli altri. Solo che a quel punto hai perso il treno. E lui mi è sembrato aver capito.

Riporti mai qualche aneddoto?

Sì, proprio su questo discorso gli dissi come in un Giro del Lazio mi stavo quasi per ritirare, volevo mollare dopo una salita. In fondo alla discesa, complice anche un rallentamento, sono rientrato. E così prima dell’Appia, su quel bel ciottolato mi sono detto: visto che non vado, anticipo. Cavolo, volavo! Finii secondo. In generale cerco di raccontargli più delle mie esperienze da diesse, dei tanti momenti con Visconti, che quelle da corridore.

Però dai, parli con passione. Alla fine il ciclismo, il nocciolo, è sempre quello…

Guardate, ho vinto con radioline e senza radioline, con il tablet in ammiraglia e senza… non sono contro la tecnologia, ma alla fine il ciclismo è sempre quello – ammonisce Scinto – E quando mi dicono che sono vecchio, che il ciclismo è cambiato, rispondo che il ciclismo di una volta è più bello di quello attuale. I fondamentali sono cambiano. Non esiste che si facciano le tattiche per e-mail tre giorni prima della corsa. E succede nei pro’, credetemi. Ci sono tante cose poi che andrebbero chiarite anche tra gli juniores, come per esempio il motivo per cui da noi non si possono utilizzare i rapporti liberi, ma solo il 52×14, e al tempo stesso si mandano i ragazzi a fare la pressa in palestra. Sì, dai: mi piace questa categoria e mi piacerebbe continuare. 

Quanti anni insieme. Stavolta è Scinto che racconta di Visconti

26.03.2022
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Qualche screzio non può rovinare una rapporto di una vita. I battibecchi se vogliamo ci sono sempre stati tra Luca Scinto e Giovanni Visconti. Ma sono stati ben più i momenti di gioia, di crescita, di abbracci e di successi.

Qualche giorno fa, il nostro direttore Enzo Vicennati vi ha raccontato di Visconti con Giovanni stesso, stavolta vi racconto del siciliano tramite i ricordi di Scinto. Eravamo alla Ballero nel Cuore, a casa loro in pratica, e ce li siamo divisi. Uno a te, uno a me.

Seduti su una panchina al sole di primavera Scinto racconta…

Luca Scinto in ammiraglia: il tecnico toscano ha seguito Visconti da U23 e due volte da pro’ (2009-2011 e 2019-2020)
Luca Scinto in ammiraglia: il tecnico toscano ha seguito Visconti da U23 e due volte da pro’ (2009-2011 e 2019-2020)
Luca, i ricordi sarebbero tantissimi e allora seguiamo la storia: qual è il primo che hai di Visconti?

La prima volta che l’ho visto in allenamento. Io ancora correvo. Mi stavo allenando per il mondiale. Era settembre, forse fine agosto. L’ho visto e lui è tornato indietro. Gli faccio: chi sei tu? Io sono Visconti. Sai che il prossimo anno vengo a correre nella squadra in cui tu fai il direttore sportivo?

Fu bello diretto!

Io non ero sicuro ancora di farlo. Però mi sembrò bravo. Gli dissi: dai, accompagnami a Montecatini. Praticamente mi accompagnò a casa. Io andavo da mia mamma a Galleno, che distava una cinquantina di chilometri dal punto in cui eravamo. Pedalavamo, ad un certo punto gli chiesi: ma tu dove abiti? A Vaiano, mi rispose. Come a Vaiano, esclamai io. E quanti chilometri fai? Lui era uno juniores. Credo che quel giorno finisse intorno a 170 chilometri per venire con me. Pensai: questo è suonato come le campane! Quando smisi di correre me lo trovai effettivamente in squadra (la Finauto, team U23, ndr) e capii subito che era uno buono per davvero.

Come?

Una volta, a gennaio, facemmo il Serra. Chiamai Citracca. Gli dissi: gli altri non sono super, ma questo Visconti è un bel corridore. Ha fatto un tempo sul Serra che non lo facevo neanche quando ero professionista. Da lì cominciò l’avventura coi dilettanti. Riuscimmo a vincere. E anche grazie alle sue vittorie, mi feci conoscere come direttore sportivo. Non lo posso negare. Poi ci sono stati parecchi alti e bassi con lui, come sapete. Però credo di aver fatto del bene e mai del male. Giovanni sapeva che gli potevo dare tanto e sapeva che ciò che gli dicevo nell’ambito ciclistico era valido. A prescindere poi dalle discussioni che abbiamo avuto…

Siete anche caratteri simili per certi aspetti. Due caratteri forti…

Più carismatici direi. Io non rinnego le mie decisioni. Gli devo anche tanto: ragazzo serio, professionale, grintoso, che non mollava mai….

Lo spirito del “Marines” è venuto fuori con te…

Il “Marines” lo tirai fuori io quando vinse il primo italiano da professionista. Lo allenavo io, lo seguivo io e mi ricordo che quattro, cinque giorni prima si fece un allenamento dietro macchina. Facemmo il giro dei Bagni di Lucca. E gli dissi: se non arrivi nei primi 3-4 al campionato italiano, io di ciclismo non ci capisco niente. Stava andando veramente forte. E infatti vinse.

Visconti conquista a Conegliano il secondo dei suoi tre titoli nazionali. Eccolo col tricolore consegnatogli poco prima da Scinto
Visconti conquista a Conegliano il secondo dei suoi tre titoli nazionali. Eccolo col tricolore consegnatogli poco prima da Scinto
Qualche rammarico?

Che poteva aver vinto tanto di più. Ha vinto tanto, ma gli manca una classica. E non capisco come mai non sia riuscito ad imporsi in una Sanremo o un’Amstel Però ha fatto 20 anni ad alti livelli.

E invece qual è il ricordo più importante?

La vittoria del secondo campionato italiano, quando gli ho dato la bandiera tricolore. Credo non sia mai successo che un diesse nascondesse la bandiera tricolore. L’avevo messa sotto al sedile dell’ammiraglia. E all’ultimo chilometro gliela consegnai. Non lo sapeva neanche lui. Ecco, Giovanni che arriva con questa bandiera in mano che sventola è un’immagine unica. E per poco mi dimenticavo di dargliela! Quel giorno presi anche 1.000 euro di multa.

Come mai?

Perché non dovevo passare il gruppetto che lo inseguiva per andare su di lui. Eravamo ai 15 chilometri all’arrivo. Multa o espulsione dalla corsa non mi interessava. Con 40” di vantaggio, anche se non potevo, gli sono andato dietro. Quando è arrivato il presidente di corsa, mi ha guardato e si è messo le mani nei capelli. Gli ho detto: fai come ti pare, scrivi pure, ma io non mi muovo. Anzi, dissi al meccanico di slacciare il cinghietto della bicicletta di scorta che per ogni evenienza avremmo cambiato subito la bici. Mancavano ormai 14 chilometri dall’arrivo. Dissi alla giuria: se il gruppo rientra è interesse mio fermarmi. Non gli farò da punto d’appoggio. Però meglio io che il cambio ruote della corsa. 

Giovanni Visconti_Giro 2020_ Etna
Giro 2020: sull’Etna Visconti sfiora l’impresa con Scinto in ammiraglia, furioso poiché il giudice gli impedì di rifornire il suo atleta
Giovanni Visconti_Giro 2020_ Etna
Giro 2020: sull’Etna Visconti sfiora l’impresa con Scinto in ammiraglia, furioso poiché il giudice gli impedì di rifornire il suo atleta
Se tornassi indietro qual è una cosa che non rifaresti e una cosa che invece rifaresti, con Giovanni?

Sia le discussioni che gli insegnamenti, sono stati fatti in buona fede. Mi ci sono dedicato tanto, forse anche troppo. Con me si sentiva protetto, si sentiva in un’altra dimensione. E per questo è ritornato. Il fatto che oggi (domenica scorsa, ndr) è qui a dare il via alla nostra corsa, è segno che tante cose sono state dimenticate. E poi io credo che sia anche umano discutere, perché nei rapporti veri le persone che stanno tanti anni insieme si beccano. Se non c’è mai discussione c’è falsità. Quando invece c’è allora il rapporto è vero, sincero.

Invece, Luca, quando vedevi Visconti vincere con le maglie delle altre squadre cosa pensavi?

Mi ha fatto piacere. Anche perché un corridore che dalle mie mani passa ad una WorldTour e vince è segno che ho lavorato bene. Ed è una soddisfazione personale. Non c’è invidia. L’unica cosa che gli ho detto quando è tornato da me è stata: hai vinto tappe al Giro con altre squadre, adesso regala una soddisfazione anche a me! Sull’Etna non ce l’ha fatta. Quello forse è stato l’ultimo colpo. Non ce l’ha fatta, però non cambia niente.

Di aneddoti ne avrai a milioni, ma ce n’è qualcuno in particolare?

Trofeo Melinda. Litigata furibonda… in corsa. Giovanni aveva vinto la Coppa Agostoni, mi pare. Quel giorno dopo 50 chilometri si voleva ritirare, era quasi sceso di bici. Io l’ho infamato, ma di brutto… Tralasciando le parolacce, gli dissi: in bicicletta bisogna soffrire. Fai più di 100 chilometri e vedrai che ti sblocchi perché la condizione c’è. La stanchezza è solo apparente. Vedrai che ti sblocchi…

Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro
Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro
E lui?

Mi mandò a quel paese! Mi rispose: ti sto a sentire solo perché sei il diesse. E sapete come andò? Vinse il Trofeo Melinda battendo Garzelli. Fu una soddisfazione, per la vittoria e per il mio ruolo di diesse. Lo presi sull’orgoglio. Pensò: vado avanti per farlo contento e alla fine ha vinto!

Un aneddoto stavolta te lo lanciamo noi. Un aneddoto vissuto in prima persona da dentro il gruppo. Corsa under 23 ad Indicatore, nell’aretino, eravamo in un gruppo di una trentina di corridori. Al chilometro 100 spaccato sei piombato con l’ammiraglia. Ero a ruota di Giovanni e gli dicesti: fermo, fermo. Basta così. Quattro giorni dopo Visco vinse l’italiano…

Aveva corso parecchio in quel periodo. E lo vedevo un po’ stanco. Non che fosse finito, però sentivo che doveva recuperare. Così lo fermai. Ricordo anche che lui voleva continuare… E anche lì, la sera aveva il muso lungo. Ma poi vinse l’italiano. E fu il primo titolo della squadra e il mio da diesse. Poi vinse anche l’europeo. Dai, qualcosa gli ho insegnato! E magari è anche grazie a me se ha capito cosa significasse davvero fare il corridore.

Beh, tu ne avevi di esperienza anche come corridore…

Anche quando era diventato professionista mi sono dedicato a lui moltissimo, perché sapevo che era importante il momento del passaggio. Lui era abituato bene ed è stato nel ritiro con i dilettanti anche da pro’, si allenava con loro. Poi quando gli under finivano lo portavo a fare dietro moto. E arrivava alle corse sempre pronto. Questo per due anni. Credo siano stati i più importanti per la sua carriera da professionista. Il tutto grazie anche ad Angelo (Citracca, ndr) che mi ha dato l’opportunità di farlo stare lì.

Visconti si è ritirato, il Marine c’è ancora

22.03.2022
7 min
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A San Baronto, non per caso. E’ una mattina fresca di marzo, i dintorni sono silenziosi. Lungo la strada abbiamo incontrato ben più di un ciclista, la vallata in basso respira piano. Giovanni aspetta davanti al bar, la barba, i jeans e il giubbino nero. Sono passati venti giorni dall’annuncio del ritiro, prima non era tempo di venire. Serve tempo per chiudere la pagina, anche se la sensazione è che in cuor suo il viaggio si fosse già fermato prima. L’ultima volta si prese qui un caffè a dicembre 2020. Contratto con la Bardiani, tanta grinta e voglia di fare. Ma niente è andato come avrebbe voluto. Ora Visconti (in apertura nella foto di Alessandro Federico) ha lo sguardo sereno, il volto rilassato. Ma non è stato facile.

Appuntamento a San Baronto, nel bar di mille interviste
Appuntamento a San Baronto, nel bar di mille interviste

«La prima volta a San Baronto – pensa voltandosi indietro – fu uno di quei viaggi con mio padre e la Fiat Uno. Giravamo l’inverno per fare le gare di cross e un inverno ci fermammo nell’albergo qui accanto. Mio padre aveva portato un fornellino e mi fece la pasta. Avevo 15-16 anni e una bicicletta messa male. Ora San Baronto è la mia casa. Amo la mia terra, ma qui mi sento a casa. Non sono un siciliano di mare, dopo una settimana che sono giù mi viene la voglia di tornare. Non sono come Fiorelli, che senza il mare non ci sa stare…».

Da quanto tempo avevi capito che era finita?

Da un anno e mezzo, da quando cominciai a stare male. Al Giro del 2020 mi svegliavo e dicevo a Mirenda che avevo mal di testa. Pensavo fosse la cervicale, per cui andavo dall’osteopata. Poi scoprii di avere la tiroidite, scatenata dal Fuoco di Sant’Antonio, che è davvero una brutta bestia. La prima reazione fu una magrezza eccessiva, poi il tempo di andare alla Bardiani e mi diede l’effetto opposto. Presi peso e non riuscivo a buttarlo giù, avevo sensazioni tremende. Mi sono rasserenato quando ho capito che anche guarendo del tutto, non sarebbe cambiato niente. A 39 anni e con 17 stagioni da professionista sulle spalle, ho capito che non sarebbe bastato contro questi giovani che sgommano. Fosse stato per me, avrei smesso lo scorso luglio…

Accanto a Bettini nel Giro del 2008, quando tutto sembrava possibile
Accanto a Bettini nel Giro del 2008, quando tutto sembrava possibile
Invece decidesti di continuare.

La squadra mi è stata vicino. Reverberi mi ha invogliato a crederci e ho ripreso. Un nuovo allenatore (Alberati), il mental coach, sono anche dimagrito. Sono andato a Benidorm con Fiorelli, ero 63 chili, facevamo allenamenti bellissimi. Invece ho preso il Covid e quella è stata l’ultima batosta. A Mallorca il terzo giorno ho fatto 60 chilometri da solo fra le macchine. Sono arrivato che Valverde scendeva dal podio e neanche mi hanno classificato. A Laigueglia stessa cosa. Le ammiraglie mi passavano e io immaginavo i commenti su come mi fossi ridotto. Mi sono fermato, morivo dal freddo. Un cicloturista mi ha dato una mantellina mezza rotta e mi ha scortato all’arrivo. Volevo smettere, ma Reverberi ha insistito e sono andato alla Tirreno.

Cosa è successo?

Il secondo giorno siamo passati da Capannoli, dove avevo vinto la prima da dilettante. Poi siamo passati da Peccioli, la prima vittoria da pro’. Ho pensato che non fosse un giorno a caso, ho collegato quei due momenti. Ero staccato, ma sono stato zitto finché Roberto (Reverberi, ndr) non ha detto dove fosse il furgone del rifornimento. E a quel punto ho parlato alla radio. «Io finisco qui – ho detto – chiuso il discorso». Mi sono scusato con i ragazzi e li ho incitati a non mollare. E poi mi sono ritirato. Quando sono salito sul bus, mi sono sentito sereno. Ho scritto un messaggio a Roberto, per dirgli che sarebbero venuti a prendermi mio padre e mio figlio. Non era organizzata, la mattina era venuta a trovarmi mia moglie visto che poi la corsa passava sull’Adriatico…

Alla Per Sempre Alfredo, un premio speciale: gli appunti di Martini sul suo secondo tricolore
Alla Per Sempre Alfredo, un premio speciale: gli appunti di Martini sul suo secondo tricolore
La lettera d’addio?

Avevo già iniziato a scriverla durante il Gran Camino, poi di volta in volta l’ho corretta. Questo non lo sa nemmeno Alberati, l’avevo detto solo alla psicologa, Cristiana Conti, bravissima. Le dissi che io a certe cose non credo, invece mi ha aiutato tanto.

Cosa pensi della tua carriera?

Sono fiero. Sono stato per tutta la vita un musone anche con me stesso, anche se con gli anni sono migliorato. Sono passato con l’idea, che mi hanno inculcato, di diventare il nuovo Bettini. Non ci sono riuscito e questo mi è pesato. Negli ultimi 2-3 anni ho cominciato a vedermi in modo diverso, più aperto, purtroppo però è coinciso con il momento in cui ho iniziato a stare male. Tanti però vorrebbero aver fatto la mia carriera…

Tante dimostrazioni di affetto e stima.

Mi ha scritto Quintana. Mi ha scritto Valverde. Anche Chiappucci, invitandomi a essere fiero di quello che ho fatto, perché di solito tendo a sminuirmi. Mi ha chiamato anche Stanga. «Sono Gianluigi Stanga, posso parlare con Giovanni Visconti che ho fatto passare professionista?». Mi ha spronato a fare qualcosa…

Già, cosa farai da grande?

La mattina mi sveglio, ma non ho un’idea ben precisa. Mi piacerebbe diventare un diesse importante. Ho vissuto tre generazioni di ciclismo, vedo come si lavora oggi. E’ finito il periodo della quantità, ora si fa tanta qualità. L’esempio di Guercilena, che è passato attraverso tanti ruoli, potrebbe essere quello da seguire.

Nel 2009, Visconti ha lasciato la Quick Step per tornare da Scinto
Nel 2009, Visconti ha lasciato la Quick Step per tornare da Scinto
Ti sei mai sentito il Visconti campione che tanti si aspettavano?

Ci sono stati dei momenti. Alla Quick Step, quando a 24 anni ho vinto il primo tricolore. Oppure quando ho vinto alla Sabatini con Bettini campione del mondo che lavorava per me. Poi ho fatto un passo indietro, passando in una professional. Ho vinto ancora, ma è calata la qualità. Già allora tra WorldTour e professional c’era tanto divario, ora tocca fare a botte.

Fare a botte?

Vanno bene le differenze, ma non c’è rispetto. Quando si affiancavano a me, vedevano le strisce tricolori sulla manica e si calmavano. A Laigueglia, è venuto un francesino e pretendeva che mi spostassi, perché lui doveva stare davanti e io no. I ragazzi oggi crescono così e i loro direttori hanno fatto tutta la carriera allo stesso modo. Il gruppo non è più composto di tante maglie, ma da blocchi di squadre. Davanti le WorldTour, dietro le altre. Mi ricordo quando ero alla Movistar che un paio di volte andai davanti a urlare perché facessero partire la fuga. Si fa tanta fatica a stare dietro e ottenere risultati, non avete idea quanto.

Nibali è un buon amico, ma in passato è stato la molla per migliorare
Nibali è un buon amico, ma in passato è stato la molla per migliorare
Che cosa ha rappresentato Scinto nella tua carriera?

Una figura importante, anche se a volte ha avuto dei comportamenti per cui abbiamo litigato. Anche per il Visconti del WorldTour sarebbe servita una persona come Scinto. Avendo accanto uno con la sua passione, avrei reso di più.

E Nibali?

Lo reputo un amico. Mi ha fatto crescere, è stato un bel guanto di sfida. Siamo partiti uguali, poi lui è andato su un altro pianeta. E’ stato bello correrci insieme, credo che ora siamo ottimi amici. Nel fine settimana è stato in Toscana, dovevamo andare in bici insieme, poi è saltata.

Hai più preso la bici?

La prima volta con mio padre: 31,5 chilometri in un’ora e 20′. C’era vento, me la sono goduta. Ho voluto ringraziare mio padre. Ci eravamo allontanati. La mia carriera ormai stava calando e lui è stato male anche perché mi vedeva soffrire. Ora si è liberato anche lui.

Suo padre Antonino è stato il primo a credere nelle possibilità di Giovanni
Suo padre Antonino è stato il primo a credere nelle possibilità di Giovanni
E tu sei contento?

Vedo i bambini felici. Prima ero un vecchio corridore, ora sono un giovane uomo. Anche in casa non ero sereno, tornavo sempre in condizioni pietose e mi svegliavo con le occhiaie. Avevo addosso la rabbia, un bambino se ne accorge. Ora mi alzo alle 6,30 per portarli a scuola e non ho altri pensieri. Ho voltato pagina, ma per un po’ continuerò a pensarci. Alla gente è piaciuto come sono uscito. Volevo chiudere con l’immagine del combattente. E quanto è vero Iddio, ho combattuto con tutto me stesso, ma vanno tanto forte che non mi vedevano neanche…

Resta in silenzio. Nello sguardo passano gli anni e i tanti romanzi che ciascuno di essi potrebbe raccontare. Ordina un altro caffè. Scherza con la barista. Il corridore ha dismesso i panni da gara. Il Marines lampeggia ancora nello sguardo.

La “stagione 2.0” della Vini Zabù. Caro Scinto, a te la parola

01.07.2021
4 min
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La Vini Zabù di certo non ha passato dei momenti belli dopo il caso De Bonis e la conseguente esclusione dal Giro d’Italia. I ragazzi di Angelo Citracca e di Luca Scinto si erano anche autosospesi già prima dello stop di 30 giorni impostogli poi dall’Uci nella speranza di guadagnare tempo, come poi di fatto è avvenuto.

La loro stagione è ricominciata in Ungheria, nei giorni proprio del Giro.

Luca Scinto (53 anni) diesse della Vini Zabù
Luca Scinto (53 anni) diesse della Vini Zabù
E non è stato facile, vero Luca? Come hai fatto a tenere alto il morale dei tuoi ragazzi?

No, non è stato facile – racconta Scinto – Però bisogna pensare che siamo dei professionisti, tutti. Dai diesse ai corridori, benché molti siano dei giovani. Non fare il Giro è stato complicato dal punto di vista degli stimoli, ma poi era giusto ripartire. La motivazione c’è sempre stata nelle corse che abbiamo affrontato.

E sul fronte della preparazione come vi siete regolati?

Ognuno ha il suo preparatore. Kuba (Mareczko, ndr) per esempio si rivolge al Centro Mapei e ognuno si è regolato di conseguenza. Jakub stesso dopo l’esclusione dal Giro, di ritorno dall’Ungheria è andato in altura. Poi ai ragazzi ho dato qualche consiglio anche io: tipo attenzione al peso, occhio a come mangiate. Nei giorni dello stop ho detto loro di fare ore di sella e di lasciar perdere le tabelle. Quelle sarebbero tornati a seguirle solo dopo che avremmo avuto di nuovo un programma di gare. E poi gli ho detto di fare parecchio dietro scooter, perché è il metodo migliore per simulare una gara. Un paio di volte a settimana fare 4 ore, anche 4 ore e mezza, dietro motore.

E sì perché poi di corse ne avete fatte e ne farete parecchie…

Abbiamo corso in Ungheria, in Belgio, in Italia. Da dopodomani saremo al Sibiu Tour in Romania e poi ancora Limburgo, Tour du Limousin, altre gare tra Danimarca, Portogallo… No, no, le gare non ci mancano. E questo è importante perché diamo la possibilità a tutti i ragazzi di mettersi in mostra.

Viviani precede di un soffio Mareczko nella tappa finale dell’Adriatica Ionica Race
Viviani precede di un soffio Mareczko nella tappa finale dell’Adriatica Ionica Race
Avete fatto più richieste o comunque erano gare già in programma?

Noi facciamo richiesta a prescindere, ma essendo la Vini Zabù una professional siamo legati agli inviti. Noi abbiamo gli stessi doveri delle WorldTour ma meno diritti e programmare non è facile. Ah – sospira Scinto – come vorrei vedere un diesse di quelle squadre fare programmazione in situazioni come le nostre in cui non sai nulla.

Tra i tuoi corridori c’è qualcuno che sta bene, che ti ha colpito?

Consideriamo che siamo una squadra improntata per Mareczko, quindi molti sono legati alla preparazione delle sue volate. Detto ciò, mi piace molto Pearson. Questo ragazzo è davvero un bello scalatore, me ne parlò bene Ciano Rui della Zalf. E poi Stacchiotti ragazzi: è serio, l’uomo ideale per Kuba, al Sibiu magari avrà anche un po’ di spazio per sé stesso. Anche Stojnic è forte, lui è un giovane: è da WorldTour. Orrico anche è un giovane: è battagliero e ci mette l’anima sempre.

Hai detto Vini Zabù improntata per Mareczko: nonostante abbiate corso poco e con un programma ben diverso da quello ipotizzato ad inizio stagione lui le sue vittorie le ha fatte…

Un paio di vittorie. Dispiace per la prima tappa alla Ionica quando vinse Viviani. Jakub aveva forato e poi ha avuto un problema ai 400 metri: è dovuto ripartire da fermo. E nella tappa finale ha perso di pochissimo proprio da Viviani. Ma sono contento di lui perché è migliorato di un 30-40% in salita.

Daniel Pearson arrivato quest’anno alla corte di Scinto
Daniel Pearson arrivato quest’anno alla corte di Scinto
E gli esperti Zardini e Frapporti? Edoardo lo abbiamo visto in grande spolvero in ritiro questo inverno, ma forse dopo quella terribile caduta di qualche anno fa al Gp Lugano qualcosa è cambiato in lui. E Marco è il tuo “diesse in gruppo”…

Zardini ha un grande potenziale, ma ancora non sono riuscito a tirarlo fuori: mi ci metto anche io. Ha dei momenti in cui va molto forte e altri in cui si perde. Mi aspetto un grande settembre da lui. E Frappo è un uomo squadra. L’ho fatto stare vicino a Kuba. E’ esperto ma anche istintivo. Se ti deve dire una cosa te la dice senza tanti giri di parole. E’ venuto a correre nonostante gli stesse per nascere una figlia. Ci teneva molto. 

E poi la bella notizia di Liam Bertazzo convocato per le Olimpiadi…

Eh, speriamo che possa essere anche titolare nel quartetto. Sarebbe bello per lui e per la squadra. Un vero professionista che non mi ha dato mai problemi, anzi… semmai mi ha aiutato a risolverli. Ma in pista contano i tempi e Villa saprà scegliere il quartetto più veloce.

Si è parlato di programmazione e preparazione. Quali sono i vostri obiettivi?

Proprio perché abbiamo corso poco, o meglio perché siamo ripartiti dopo lo stop in piena primavera, vogliamo sfruttare bene queste gare estive per affinare la condizione in vista del finale di stagione e fare bene da fine agosto-settembre in poi.

Vini Zabù: a Mareczko il compito di finalizzare

02.04.2021
3 min
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Tanti cambiamenti nella squadra italiana, il team di Citracca e Scinto ha profondamente cambiato il suo roster e a ben guardare la rivoluzione è tesa a un salto di qualità. Si punta fortissimo su Jakub Mareczko, che fa un salto indietro lasciando il World Tour, ma ha in questo modo più spazio e una squadra che crede fortemente in lui come futura stella internazionale delle volate. Nella Vini Zabù oltretutto ci sono molti corridori che possono costruire lo sprint ideale per il corridore di nascita polacca, a cominciare da Liam Bertazzo e Marco Frapporti, passisti da anni nel giro della nazionale su pista.

Mareczko vince su Cavendish la prima tappa della Coppi e Bartali
Mareczko vince su Cavendish la prima tappa della Coppi e Bartali

Ci sono anche Panama e Serbia…

In casa Vini Zabù si fa molto affidamento sull’esperienza di gente come Zardini e Stacchiotti per gestire in corsa i più giovani, sapendo che alla squadra si chiede soprattutto di mettersi in mostra il più possibile in ogni occasione. Un’occhiata di riguardo la meritano due corridori provenienti da nazioni che non hanno certamente una grande tradizione ciclistica, ma il panamense Gonzalez e il serbo Stojnic hanno già dimostrato di sapersela cavare più che bene, soprattutto il secondo, i cui limiti sono tutti da scoprire.

Riccardo Stacchiotti, confermato per tirare le volate di Mareczko
Riccardo Stacchiotti, confermato per tirare le volate di Mareczko

Due tricolori in cerca di rilancio

Un cenno a parte lo merita Mattia Bevilacqua, campione italiano junior nel 2017, che dopo un primo approccio nel mondo professionistico con tanta voglia d’imparare è pronto ora a mostrare le sue qualità, anche come finalizzatore. Lo stesso dicasi per Simone Bevilacqua (non sono parenti), tricolore su strada tra gli Under 23 nel 2015, corridore con tutte le caratteristiche del finisseur.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Andrea BartolozziBorgomaneroIta03.05.19992019
Liam BertazzoEsteIta17.02.19922015
Mattia BevilacquaLivornoIta17.06.19982020
Simone BevilacquaThieneIta22.02.19972018
Matteo De BonisGaetaIta26.09.19952020
Andrea Di RenzoLancianoIta24.01.19952016
Marco FrapportiGavardoIta30.03.19852008
Roberto GonzalezPanama CityPan21.05.19942019
Kamil GradekKozieglowyPol17.09.19902013
Alessandro IacchiBorgo San LorenzoIta26.05.19992019
Jakub MareczkoJaroslaw (POL)Ita30.04.19942015
Davie OrricoComoIta17.02.19902011
Daniel PearsonCardiffGbr26.02.19942015
Jan PetelinCittà del LussemburgoLux02.07.19962016
Joab SchneiterIttigenSui06.08.19982019
Riccardo StacchiottiRecanatiIta08.11.19912014
Veljko StojnicSomborSrb04.02.19992020
Leonardo TortomasiPartinicoIta21.01.19942020
Wout Van ElzakkerHoogerheideNed14.11.19982019
Etienne Van EmpelTrichtNed14.04.19942020
Edoardo ZardiniPeschiera del GardaIta02.11.19892013

DIRIGENTI

Angelo CitraccaItaGeneral Manager
Luca ScintoItaDirettore Sportivo
Francesco FrassiItaDirettore Sportivo
Tomas Aurelio Gil MartinezEspDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Per la Vini Zabù la Corratec ha messo a disposizione il modello CCT EVO, bici molto rigida soprattutto nella parte posteriore del telaio, in grado di supportare al massimo lo sprint di Mareczko e non solo. La maglia è targata BicycleLine.

CONTATTI

VINI ZABU’ – ITA

Tharcor Limited, 69 Trinity Street, Dublin 2 Dublin (IRE)

admin@tharcorltd.com – www.vinizabuprocyclingteam.com

Facebook: @ViniZabuProTeam

Twitter: @ViniZabuProTeam

Instagram: vinizabu_procyclingteam

Con Bartoli nelle Fiandre: Scinto, ti ricordi?

25.03.2021
3 min
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C’erano giorni che Scinto non vedeva l’ora di andare alle corse, perché allenarsi con Bartoli per il Fiandre era troppo pesante. Il periodo era più o meno questo, con la Sanremo alle spalle e davanti la trasferta del Nord. Erano gli anni 90, il ciclismo italiano aveva grandi squadre e grandi campioni anche per le pietre. E quando si andava al Nord con certi nomi – Bartoli e Ballerini, Tafi e Bortolami, Zanini e Baldato – si veniva guardati con rispetto.

In azione nel Fiandre vinto nel 1996, assieme a Tchmil
In azione nel Fiandre vinto nel 1996, assieme a Tchmil

«Ma Bartoli era davvero un fuoriclasse – ricorda Scinto – con un motore impressionante. Era nato per vincere e andare forte. Gli veniva tutto facile. Ha vinto tanto, ma avrebbe meritato di vincere tanto di più. Con lui ci si preparava prima per il Fiandre e poi per le Ardenne. E non so quale parte del lavoro fosse peggio, forse però quella della Liegi. Io lo dico sul serio: in corsa mi riposavo!».

Un cappuccino a Pasqua

Un anno riuscirono a passare la Pasqua a casa e gli parve strano. Il tempo era traballante, come fa a marzo quando non si decide ancora a passare dall’inverno alla primavera.

Vince al terzo Fiandre, dopo un 41° e un 7° posto
Vince al terzo Fiandre, dopo un 41° e un 7° posto

«Avevo la tavola apparecchiata – ricorda Scinto – con mia madre e altri parenti, quando intorno all’una esce uno spicchio di sole e squilla il telefono. Fu un tutt’uno. Era Michele e mi disse di andare fuori in bici. Lasciai tutti lì. Partimmo, dando appuntamento alle mogli a Forte dei Marmi per le cinque del pomeriggio. Le aspettammo prendendo un cappuccino al bar, mentre il tipo ci guardava pensando che fossimo matti. Un cappuccino alle cinque di pomeriggio del giorno di Pasqua. Poi quando arrivarono le mogli, facemmo dietro macchina fino a casa, dove arrivammo col buio dopo 190 chilometri. Si poteva pensare che fossimo matti, ma pochi giorni dopo Michele vinse la Freccia Vallone».

Gregario e amico

Partivano la mattina e andavano a cercarsi gli strappi che più somigliavano a quelli della prima corsa. Verso Lucca c’erano quei due o tre in pavé che venivano bene per il Fiandre, mentre quelli asfaltati erano più lunghi e si trovavano dovunque.

Quarto al Fiandre del 1999 vinto da Van Petegem
Quarto al Fiandre del 1999 vinto da Van Petegem

« Avere in corsa un corridore come me – racconta Scinto – per Michele era importante, perché psicologicamente gli davo lo stimolo che serviva. In una Liegi in maglia Asics, voleva fermarsi per l’allergia. Eravamo fissi in fondo al gruppo e io gli dicevo che non poteva mollare, che non eravamo al circuito di Poggio alla Cavalla. Finì che io tirai fino all’imbocco della Redoute, poi toccò a Coppolillo e Bettini e alla fine Michele andò via e vinse la Liegi. Io mi rialzai e lui alla fine fece un regalo a tutti e a me ne fece uno supplementare. Erano gesti che ripagavano di ogni sacrificio. Ma io gli stavo sempre accanto. Lo riparavo dal vento laterale, lo pungolavo, gli portavo l’acqua. Un anno al Fiandre, sul muro prima del Grammont, disse che gli era caduto l’Extran. Andai alla macchina e poi mi toccò risalire il gruppo, ma gli portai i suoi zuccheri a 35 chilometri dall’arrivo. Glieli diedi e mi staccai. Lo conoscevo, sapevo come prenderlo. Era un modo di fare ciclismo che si dovrebbe insegnare anche oggi, perché corridori che fanno il lavoro sporco ce ne sono pochi. E sono pochi anche i campioni come lui…».

Corratec Vini Zabù

La Vini Zabù pedala veloce con Corratec

21.01.2021
2 min
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Novità importante in casa Vini Zabù. I corridori della squadra di Angelo Citracca e Luca Scinto sono difatti… saliti su una nuova bicicletta: Corratec, brand tedesco produttore di biciclette corsa (ma non solo…) e distribuito commercialmente nel nostro paese dalla Boss Equipment della famiglia Galvan.

Marchio tedesco

Fondata nel 1990, Corratec ha la propria storica sede a Raubling, a pochi passi dal confine con il Tirolo austriaco. Ed è proprio qui che è stato firmato l’accordo di partnership e sponsorizzazione tra il team manager di Vini Zabù Pro Cycling Team, Angelo Citracca, ed il CEO di Corratec, Konrad Irlbacher.

Boss Equipment Corratec Logo
Corratec è distribuita in Italia da Boss Equipment
Boss Equipment Corratec Logo
Corratec è distribuita in Italia da Boss Equipment

Top di gamma per il team

La bici sulla quale pedalano i corridori della squadra è il modello top di gamma: la CCT EVO. Le bici hanno una speciale livrea verde che si alterna al nero.
«Una nuova stagione porta con sé obiettivi stimolanti – ha dichiarato lo stesso Angelo Citracca – e siamo davvero entusiasti di aver definito questa nuova partnership, ed i corridori sembrano già essersi adattati bene al cambiamento. Speriamo davvero di poter ripartire e vincere presto, portando così quanto prima le nostre Corratec sul gradino più alto del podio».

Cielo e Konrad Irlbacher, CEO di Corratec
Cielo e Konrad Irlbacher, CEO di Corratec
Cielo e Konrad Irlbacher, CEO di Corratec
Cielo e Konrad Irlbacher, CEO di Corratec

Corratec uguale agonismo

«Per noi il 2021 si annuncia come una stagione di grande agonismo – ha invece commentato il CEO di Corratec Konrad Irlbacher – e siamo tutti elettrizzati dall’idea di essere tornati nel grande ciclismo supportando così attivamente, attraverso le nostre splendide biciclette, uno degli sport più belli al mondo. Quello che stiamo vivendo è un periodo in cui si parla moltissimo di e-Bike, ma le nostre radici sono sempre legate al ciclismo su strada e all’agonismo. E’ quindi per noi un autentico onore fornire i nostri prodotti ad un team professionistico di così alto livello. Mi ritengo un imprenditore visionario, ed allo stesso tempo un grande appassionato di ciclismo su strada. Fin dall’inizio della nostra avventura imprenditoriale, le corse e le sponsorizzazioni hanno giocato un ruolo chiave per il successo nei nostri 30 anni di storia. Inoltre, siamo molto legati al ciclismo italiano ed è per questo che abbiamo deciso di dare vita alla partnership con una squadra di successo come la Vini Zabù».

corratec.com

bossequip.com

Luca Scinto, Turchia 2017

Un bel lampo di Scinto prima delle Feste

18.12.2020
4 min
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Luca Scinto sta cucendo la squadra per il 2021. Non è facile e probabilmente lo sarà sempre meno. Un po’ perché i giovani migliori ormai prendono altre direzioni, puntando dritti sul WorldTour costi quel che costi. E un po’ perché non è semplice ripartire dopo anni in cui s’è andati in giro agitando la bandiera di Visconti. Difficile dire se sia stata più singolare la voglia del siciliano di tornare sempre nella stessa squadra o quella della squadra di insistere sempre con lui. Le frizioni degli ultimi mesi suggeriscono che forse si è cercata una riconciliazione di troppo. Ma siccome in certe dispute è bene non infilarsi e siamo certi che Scinto a Visconti voglia (a suo modo) davvero bene, il discorso cambia strada e torna sul 2021 della Vini Zabù. La squadra deve ancora definire il marchio delle bici. E Luca, che è uomo di mondo e sa che una delle prime regole per stare in gruppo è dissimulare la fatica, prende in mano il discorso e mette Mareczko sulla parte più esposta della bandiera.

Jakub Mareczko, Guanxi Tour 2019
L’obiettivo per Mareczko è migliorare in salita per arrivare meglio alle volate
Jakub Mareczko, Guanxi Tour 2019
Mareczko, obiettivo migliorare in salita
Sarete tutti per lui?

Da Kuba ci aspettiamo che porti le vittorie. Chiaro che faremo un calendario professional, mentre per il resto siamo appesi agli inviti. Abbiamo gli stessi obblighi degli squadroni, ma non gli stessi diritti. Cominceremo dall’Argentina, poi andremo a Mallorca. Non sappiamo se andremo al Giro d’Italia e speriamo che Lang ci inviti al Polonia. Chiaro che una tappa al Giro con Mareczko sarebbe come fare bingo.

Pensi che sarete invitati?

Fammi pensare in grande, in questo momento non voglio tralasciare nemmeno una possibilità. E sempre in questo momento, se ci lasciano soli non fanno un favore al ciclismo italiano. E comunque, tornando all’inizio, non saremo solo per Mareczko. Credo molto in Simone Bevilacqua, che ha bisogno di integrarsi di più, ma ha qualità. C’è Stacchiotti. Credo in Gradek, che ha 30 anni e arriva dalla CCC. C’è Schneiter, che è stato 7° al piccolo Lombardia, è cresciuto con Hirschi e ha 22 anni. Stojnic ne ha 21. Dai giovani qualcosa si tira fuori…

Sei diverso dallo Scinto che motivava i corridori fino quasi a renderli nevrotici…

Non si può più fare il preparatore e il direttore insieme. E’ complicato e ci sono troppe responsabilità. Poi però, quando siamo insieme ad allenarci, lo stile Scinto viene fuori. E viene fuori anche in corsa. Per il resto sono più tranquillo e maturo. Mi hanno accusato di essere troppo protagonista, non c’è problema. Eccomi! Mi occupo del lato tecnico e della parte economica si occupa Citracca, come è giusto, dato che la società è sua.

Simone Bevilacqua, Tour de Langkawi 2019
Bevilacqua nel 2019 ha vinto una tappa a Langkawi. Miglior risultato 2020 il 7° agli italiani
Simone Bevilacqua, Tour de Langkawi 2019
Bevilacqua vittoria a Langkawi nel 2019
Dove è finito quello Scinto che si innamorava dei corridori e faceva chilometri e chilometri per seguirli?

C’è ancora, continuo ad aiutare i ragazzi che me lo chiedono. Però ho anche capito che i corridori non sono miei, bensì dei procuratori. E alla fine, se spingi per convincerli a fare qualcosa che al momento gli è scomodo, ti vedono come quello che gli va contro e fa l’interesse della squadra. Io sono amico loro, quando vogliono capirlo.

Le regole del ciclismo sono sempre le stesse?

Se qualcuno non le ha cambiate, direi di sì. Al corridore chiedo di allenarsi. Poi di tornare a casa, pranzare perché qualcuno gli fa trovare il pranzo. Riposarsi. Fare i massaggi. E pensare al giorno dopo. Ogni altra cosa è sottratta alla vita da atleta. Sarà uno schema antico, ma fino a prova contraria è l’unico che funziona e consente di avere carriere durature. Se invece ti alleni, salti il pranzo prendendo solo un po’ di proteine e poi il pomeriggio sei in giro e la sera a cena fuori, secondo me non funziona.

Mareczko e la salita.

L’obiettivo è che migliori. Sono in contatto con il Centro Mapei, con cui si prepara. Ho parlato con Massimo Induni che lo segue e gli ho detto che cosa vorrei e dove vorrei portarlo. Non ci credo che non possa migliorare e superare certe salitelle. Sono certo che mi darà ascolto.

Sembra in corso uno scontro fra tradizione e il nuovo che avanza…

L’anno scorso in Argentina, il direttore di una squadra WorldTour venne da me e disse che aveva visto i miei corridori allenarsi la mattina, prima della tappa che partiva alle 16. Gli ho risposto che eravamo giù per allenarci e mettere fieno in cascina per quando fossimo tornati in Europa. Per questo li avevo mandati a fare un paio d’ore. E lui mi ha guardato sbalordito, dicendo che se lo avesse proposto ai suoi, lo avrebbero preso per matto.

I tuoi ti hanno mai preso per matto?

Basta che mi prendano seriamente e che mi rispettino. Se un atleta vuole crederci, gli do il massimo. Perché sono convinto che il modo migliore perché alla fine si torni tutti a casa soddisfatti è lavorare come una squadra. Se ognuno tira dalla sua parte, si rompe il giocattolo. Perciò rimbocchiamoci le maniche. Il 17 gennaio si riparte dall’Argentina.

Giovanni Visconti, San Baronto 2020

Discorsi nel bosco, seguendo Giovanni

07.12.2020
6 min
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Visconti ci aspetta vestito per il bosco. L’accordo era proprio questo: si parla mentre si cammina, anche se purtroppo non è più tempo di funghi. Parcheggiata nel giardino, Terminator e le sue gomme cattivissime aspettano solo noi. Giovanni ha chiamato così la piccola Suzuki comprata un paio di giorni fa da un cacciatore di Pomarance, dopo aver fatto qualche giro su quella di Chiarini, gran maestro di bosco e tartufi.

In breve, le immagini della mattina con Visconti

Salendo da Casalguidi, la sua casa è sulla destra. San Baronto è assorta in un silenzio che sa di solitudine. Le ultime quattro settimane per il palermitano sono state un frullatore di emozioni, a partire dalla firma con la Bardiani-Csf e di una scelta che per la seconda volta nella carriera lo porterà via da Scinto, Citracca e la Vini Zabù-Ktm. Inutile dire che la scelta abbia messo in crisi i rapporti con il toscano.

Giovanni Visconti, Paolo Bettini, Giro d'Italia 2008
Visconti tricolore, Bettini iridato: è il Giro d’Italia 2008
Giovanni Visconti, Paolo Bettini, Giro d'Italia 2008
Visconti tricolore, Bettini iridato al Giro 2008

La schiacciata del “Lomba”

Katy si affaccia per un saluto, mascherina e un tocco di gomito. I ragazzi sono a scuola, il tempo sembra reggere. Nel bar in cui ci fermiamo per il primo caffè e la schiacciata del “Lomba” da portare via, la foto di Visconti e Bettini, rispettivamente in maglia tricolore e maglia iridata, sembra quasi un invito a cominciare.

«Alla Quick Step fu un bel periodo – dice – e mi aveva voluto proprio Betto. Accadde a San Sebastian. Ero alla Milram, mi venne accanto in un tratto tranquillo nei primi 50 chilometri e mi disse: “Giovane, mi piacerebbe averti in squadra il prossimo anno”. Ero gasatissimo. Si aprivano delle prospettive bellissime e a fine anno firmai. Feci due stagioni. Vinsi il campionato italiano e presi la maglia rosa, ma ugualmente presi la decisione di tornare a casa. Prevalse la voglia di un ambiente familiare, anche se quella era la fantastica Quick Step degli italiani. Ero legatissimo a questo posto e feci un passo indietro. Tanti si sono chiesti perché. Bettini ogni volta alza gli occhi al cielo. Io dico che ormai è andata. Ho fatto una dignitosa carriera che si ferma a dignitosa. Siamo stati insieme per così tanto tempo, che forse abbiamo dato troppe cose per scontate».

Giovanni Visconti, San Baronto 2020
Prima di riprendere con la bici, camminate nei boschi anche in cerca di funghi
Giovanni Visconti, San Baronto 2020
Prima della bici, camminate nei boschi intorno casa

L’ultimo passo

Il fuoristrada segue rumorosamente uno stradello nel bosco e fra gli alberi si riconosce la piana verso il Monte Serra. Dice che quando è limpido, si vede il faro di Livorno. Poco fa abbiamo incrociato sua madre che dal paese tornava verso casa.

Che cosa avete dato per scontato?

Io che avrei dovuto avere il rinnovo del contratto già a giugno ed ero certo che non mi avrebbero tirato fino a novembre, perché pensavo di meritare un altro trattamento. Scinto invece ha dato per scontato che sarei rimasto a qualunque condizione, senza considerare che in questi ultimi due anni ho tenuto insieme la squadra. Se fossi restato, sarebbero rimasti anche altri. Non era scontato che lo facessi. Per questo quando ho letto una sua intervista secondo cui mi hanno strapagato, sono rimasto male. E’ brutto sentirlo da uno che si proclamava mio fratello. Che vedeva il mio nervosismo per la situazione e che mi diceva «Fai bene a muoverti, a cercare una sistemazione». E che da anni provava a dirmi «Anzi, se ti riesce, portami con te».

Giovanni Visconti, europei 2020, Plouay
Giovanni ha corso gli europei vinti da Nizzolo e poi anche i mondiali di Imola
Giovanni Visconti, europei 2020, Plouay
Ha corso gli europei di Nizzolo e i mondiali di Imola
Perché tornare anche dopo il Bahrain? Che cosa c’è in questa squadra?

Un richiamo. La sento come casa, non lo posso negare. In Bahrain non stavo bene, le comunicazioni arrivavano via mail, io non sono così. Ma mi rendo conto che tante cose non sono andate per il verso giusto. Ho sbagliato a permettere che il rapporto si incanalasse a questo modo. Speravo andasse meglio. Era giusto tirarmi così a lungo? Per questo mi sono mosso.

Cambio di strada

Giura di aver visto un fungo, ma il freddo ormai si è abbattuto sul monte e semmai è rimasto qualcosa al coperto delle foglie. Per questo gira con il suo bastone e le smuove, oramai più per abitudine che per la convinzione di trovarci qualcosa. 

Quando è saltato fuori Reverberi?

Bruno mi aveva già cercato all’inizio del Giro. Con Roberto scherzavamo da tanto che prima di smettere avrei corso con loro. Ma siccome chiedevo a tutti la stessa cifra, sul momento si era fatto indietro.

Giovanni Visconti_Giro 2020_ Etna
Il secondo posto sull’Etna è stato l’occasione più grande di Giovanni nel 2020
Giovanni Visconti_Giro 2020_ Etna
Il 2° posto sull’Etna l’occasione più grande del 2020
Perché la tua dignitosa carriera si ferma a dignitosa?

Perché questo mi hanno permesso le mie potenzialità. Con più fortuna, qualcuno di quei 40 secondi posti sarebbe stato una vittoria. Ne ho 9 fra Giro, Vuelta e Tour e allora il bilancio forse sarebbe diverso. Non so se rimanendo alla Quick Step sarei diventato un uomo da classiche, come diceva Bettini. A primavera non vado, forse potevo vincere il Lombardia. Nel 2008 arrivai quarto, ma non si corse per me. Sono un corridore per l’estate, ma l’estate più schifosa è stata proprio questa.

Un fatto di cuore

Negli ultimi chilometri verso l’Etna aveva la morte in faccia. Poi era subentrata la rassegnazione di aver capito che l’altro lo aveva fregato fingendosi sfinito e poi staccandolo. Ci sono corridori popolari per le vittorie e altri per la generosità, la forza di rialzarsi e lottare contro la sfortuna. Giovanni è uno di loro, per questo gli vogliono bene.

Sei uno degli italiani più seguito sui social.

E’ dura interagire con tutti, ma il ciclista è umile e non può permettersi di non rispondere. Ho spedito 300 euro di maglie autografate e video di auguri. Sono fortunato ad essere qui. A 37 anni sono ancora nel giro della maglia azzurra e so che un’immagine vincente mi aprirà le porte quando smetterò. Altrimenti sparisci. Ma io so che cosa voglio fare dopo aver smesso.

Giovanni Visconti, San Baronto, bici Cipollini del 2011
In casa ha ancora il telaio con cui corse da campione italiano nel 2011, rivincendo il tricolore
Giovanni Visconti, San Baronto, bici Cipollini del 2011
Con questa bici, Giovanni corse nel 2011 da tricolore
Che cosa vuole fare Visconti?

Il cittì della nazionale. Forse prima farò il direttore sportivo, ma come passaggio. Il mio sogno è guidare la nazionale.

Quali sono i tratti del cittì?

Deve avere passione sfrenata per il ciclismo, che deve essere stato la sua vita. Deve conoscere il ciclismo di oggi. Deve essere avanti a livello tecnico. E deve anche avere polso, per cui i corridori al momento giusto devono percepire il distacco. Ho un modello in testa: Franco.

La ripartenza graduale di Visconti su una gravel, in attesa della Cipollini Dolomia
La ripartenza in gravel aspettando la Dolomia da strada
Dal vostro punto di vista Ballerini era così?

A Stoccarda avevo il muso lungo. Avevano messo fuori Di Luca e nonostante ci fossimo Nibali ed io di riserva, Franco aveva chiamato Tosatto. Venne da me con lo sguardo duro. «Giovanni – mi disse – togliti quel muso. Non hai capito che semmai avrebbe corso Vincenzo?». Mi ammazzò, mi aprì gli occhi, mi fece bene. Un commissario tecnico deve essere così.

Giovanni, pensi di aver firmato il tuo ultimo contratto?

Credo di sì, sicuro per un anno e poi vediamo se vado bene di immaginare il secondo. Se devo correre nel 2022 è perché sarò andato forte nel 2021. Alla Bardiani è tutto organizzato come in una WorldTour. Me ne stupisco, ma forse è la normalità.