Degenkolb muratore per rivincere sul pavé

15.01.2021
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John Degenkolb è così concentrato sulla Roubaix, che quando gli chiedono se ci sarà differenza nel correrla senza pubblico, ci pensa un attimo e poi dice che «soprattutto nel Carrefour de l’Arbre, il pubblico di solito protegge i corridori dal vento trasversale e questo potrebbe essere un problema». Poi si sveglia dal trance agonistico e aggiunge che correre senza l’odore delle patatine e il baccano della gente sarà sicuramente una cosa diversa.

Da Javea a Roubaix

Il ritiro della Lotto Soudal a Javea (Spagna) procede regolarmente, con i corridori divisi in gruppi di otto, cercando di tirare fuori il meglio da una situazione scomoda anche logisticamente. E visto che questo è il giorno di Degenkolb, ne abbiamo approfittato per fargli un po’ di domande, riallacciando il filo dal tremendo incidente del 2016, quando un’auto piombò sui corridori proprio nel ritiro spagnolo dell’allora Giant-Alpecin e il tedesco ne uscì con una lesione permanente all’indice della mano sinistra, che negli anni a seguire gli ha complicato la vita all’inverosimile.

Sempre bel tempo a Javea, ma è capitato anche di dover fare i rulli
A Javea è capitato anche di dover fare i rulli

«Forse per questo amo tanto quel velodromo – dice – perché nel 2015 avevo vinto la Roubaix. Nel 2016 ho avuto l’incidente e sono entrato davvero in un brutto tunnel. E alla fine la luce è venuta nella forma della tappa di Roubaix del Tour, un traguardo che inseguivo da una vita ed è arrivato in quel velodromo. Per me ha significato tanto. Era la mia corsa preferita, ma dopo tutto quello che è successo, Roubaix è anche il mio luogo preferito».

Il 2020 doveva ripartire dal Tour, invece primo giorno, caduta e addio…

La caduta di Nizza è stata una brutta esperienza. Negli altri anni mi era capitato di vedere corridori che andavano a casa così presto, ma non avrei mai creduto che toccasse a me. Seduto in aeroporto quel giorno, avevo una grandissima frustrazione. Una sensazione orribile lasciare la squadra, senza poterli aiutare. In due giorni, abbiamo perso anche Gilbert. Speravo di recuperare e ho fatto di tutto per tornare. La tappa vinta al Lussemburgo mi ha ridato fiducia.

Con quale spirito riparti?

Sarà importante andare alla partenza delle corse. Non solo per i corridori, anche per voi giornalisti. Tutti quelli che seguono il ciclismo vogliono ripartire e tutte le gare saranno speciali. Nel 2020 avevano la sensazione che ogni occasione potesse essere l’ultima, così davamo il 110 per cento e il livello è stato altissimo.

Aver chiuso così tardi ha cambiato la tua preparazione invernale?

La cosa che più è cambiata è stata che, tornato a casa, anziché stendermi da qualche parte a non fare niente, ho aiutato nei lavori di casa. Ero in cortile a preparare i mattoni. Mentalmente mi è servito davvero per staccare, perché mi sono divertito a costruire qualcosa per me e la mia famiglia. E quando sono salito sulla bici, il fatto di essermi tenuto in attività mi ha fatto sentire bene.

Degenkolb e Gilbert sono tra le punte di diamante della Lotto Soudal
Degenkolb e Gilbert punte di diamante Lotto Soudal
Parli di Roubaix e bisogna per forza tirare in ballo Van der Poel e Van Aert…

Dovrò provare a batterli e non sarà facile. Sembra che si dividano le corse, ma sono battibili. Il segreto sarà non cercare il testa a testa, perché hanno un grande livello, ma giocare con l’esperienza e la tattica. E ho fiducia che si potrà fare un grande risultato. Non ho paura di correre contro tutti questi ragazzini. Il tempo corre in fretta. Sono stato giovane anche io 10 anni fa e so che le prime vittorie sono sempre difficili da replicare. Non credo che il mio tempo sia finito, insomma, bisogna provare ogni volta, perché ogni volta è diversa.

Cambia qualcosa a tuo vantaggio il fatto che si arrivi in velodromo?

Cambia molto, è più complicato e devi stare freddo. C’è un video della mia Roubaix in cui per ridere mettono in evidenza quante volte mi volto per vedere se arriva qualcuno. Mi sono girato per almeno 20 volte. In pista puoi essere il più forte, ma se sbagli, hai perso la corsa.

Eppure Caleb Ewan, che è pure giovane, dice che finché ci saranno quei due in circolazione, per lui la Sanremo sarà interdetta…

Ma io non sono Caleb Ewan e non sono un velocista. Sono un uomo da classiche molto veloce e alla Sanremo niente è impossibile. Ci sono almeno 15 scenari diversi ed è il motivo per cui mi piace tanto. Abbiamo il sole oppure il vento. L’ho vinta, so di cosa parlo. Anche per quel giorno ho grandi ambizioni e grandi ricordi.

Philippe Gilbert, Lussemburgo 2020

Il vecchio Gilbert, fra dolori, giovani e sicurezza

21.12.2020
6 min
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Gilbert passa tutte le mattine sul lungomare e poi si avventura verso l’interno. Monaco in questi giorni è un crocevia di campioni che approfittano delle temperature ancora miti per portarsi avanti con il lavoro. La maggior parte delle squadre ha rinviato il ritiro di dicembre e quelle che l’hanno mantenuto hanno rigorosamente tenuto le porte chiuse e chiesto ai corridori di stoppare l’attività social per evitare polemiche su eventuali mancanze di distanziamento sociale. Così tanti si sono arrangiati da soli. Anche la Lotto Soudal ha rimandato tutto a gennaio: un problema per i corridori che sono rimasti ad allenarsi a casa, un po’ meno per chi, come Philippe, vive al tiepido sole della Costa Azzurra. I suoi due figli, Alan e Alexandre, gli dicono che è tempo per lui di vincere di nuovo, il terzo arriverà invece a fine febbraio.

Philippe Gilbert, Binck Ban Tour 2020
Nel 2020 purtroppo il sorriso di Gilbert si è visto soltanto a sprazzi
Philippe Gilbert, Binck Ban Tour 2020
Nel 2020 per Gilbert pochi motivi per sorridere
Come sta il ginocchio?

Mi sto allenando di nuovo da quattro settimane. Il ginocchio fa ancora male, ma meno di pochi mesi fa.

Il dolore c’è ancora?

Si fa sentire. Spero di poter correre senza dolore entro giugno, nella migliore delle ipotesi ad aprile. Questo almeno è il normale corso degli eventi. Quando ho avuto lo stesso infortunio due anni fa, sentivo ancora dolore dopo sette mesi e ce ne sono voluti molti altri prima che fossi a posto al 100 per cento. Per cui sette mesi sono un periodo ragionevole.

Hai sbagliato a voler riprendere al Lussemburgo?

Non lo definirei un errore. Ho provato a tornare rapidamente, due settimane dopo la caduta, per concedermi un’altra possibilità alle Classiche di ottobre, ma non ha funzionato (la foto di apertura si riferisce proprio alla corsa che si è svolta alla metà di settembre, ndr). Non mi pento di quella scelta, anche perché il mio infortunio non è peggiorato. Il ginocchio ha dimostrato di non essere ancora pronto per correre, ma io non avrei potuto accettarlo se non ci avessi provato.

Che voto ti daresti per la scorsa stagione?

Cinque. Se invece dovessi basarmi sui risultati, direi uno. Nonostante in Algarve mi sia ammalato, ho comunque concluso 8° nell’Het Nieuwsblad. Al Tour de Wallonie sono stato boicottato da un commissario di gara, che mi ha penalizzato per essere passato su una ciclabile. Però mi rendo conto che gli infortuni sono stati la causa principale della mancanza di risultati. Non è che non abbia lavorato sodo o che io stesso abbia commesso degli errori. A Nizza, sono caduto con altri venti, quel giorno c’era poco da fare al riguardo.

Philippe Gilbert, Tour de Wallonie 2020
Per il primo anno in maglia Lotto Soudal si poteva sperare in meglio
Philippe Gilbert, Tour de Wallonie 2020
Gilbert sperava debutto migliore con la Lotto
Nel 2020 hai corso appena per 34 giorni…

Sì, non credo di aver così poco neanche quando ero dilettante. Perciò da un lato si potrebbe pensare che avrò più energie, dall’altro che niente fa stare meglio del ritmo gara. Di sicuro ho grande voglia di vincere.

Tornerai al Tour?

In Francia sono stato sfortunato per tre anni. Sono caduto nel 2018 e nel 2020 e non sono stato selezionato nel 2019. Sarebbe un peccato se la mia storia con la Grande Boucle finisse così. Voglio tornarci. Voglio salutarvi con stile e preferibilmente con un buon risultato. Il Tour 2021 inizia in Bretagna su percorsi adatti a me.

Per sedici anni consecutivi hai vinto almeno una gara a stagione. Per la prima volta, questo non è successo…

Non ho nemmeno avuto il tempo di esprimermi, non sono mai stato al 100 per cento. E’ stato un peccato. Non sono mai andato dietro alle vittorie, ma aver vinto almeno ogni anno fino al 2019 è motivo di orgoglio. Perché ho sempre privilegiato la qualità alla quantità. Ho ottenuto l’85 per cento dei miei successi nelle gare del World Tour.

Philippe Gilbert, Strade Bianche 2020
Alla Strade Bianche, per il belga un 25° posto sulla via per la Sanremo
Philippe Gilbert, Strade Bianche 2020
Alla Strade Bianche, 25° in un giorno torrido
Ultimamente si è parlato molto della sicurezza dei corridori. E’ questa la prossima sfida per l’Uci?

Forse, ma penso che l’abbiano capito, che tutti abbiano capito che ci sono cose che non si possono più vedere. Come la prima tappa del Tour a Nizza, dove il gruppo ha dovuto correre su una vera pista di pattinaggio. Non è accettabile, perché quella tempesta di ghiaccio estiva era annunciata da giorni. Come alla Milano-Sanremo, quando ci viene chiesto di passare dentro gallerie non illuminate.

Ci sono state polemiche anche per la caduta di Evenepoel al Lombardia

La colpa non dovrebbe essere sistematicamente imputata agli organizzatori. Sappiamo che il ciclismo rimarrà uno sport molto pericoloso. Per vincere, i corridori rischiano, a volte troppo. Remco è il principale responsabile della sua caduta. Ha commesso un errore. Se la curva è molto difficile, devi accettare di rallentare. E’ meglio perdere qualche secondo che avere un incidente.

E’ stato utile partecipare alla riunione Uci sulla sicurezza?

Solo due corridori hanno pensato che valesse la pena: Trentin e il sottoscritto, peccato! Il sindacato dei ciclisti Cpa chiede regolarmente ai corridori di partecipare, ma di solito nessuno si presenta.

Hai 38 anni. Potresti anche farne a meno…

Infatti non è per me che ho partecipato. In linea di principio, i corridori ventenni dovrebbero impegnarsi, ma a quanto pare non hanno tempo. Si lamentano per un anno intero sui media, ma non serve a niente. Se vuoi cambiare qualcosa, devi anche avere il coraggio di aprire bocca nei momenti dedicati a tale scopo, come l’incontro con l’Uci.

Philippe Gilbert, Het Nieuwsblad 2020
All’Het Nieuwsblad di febbraio un 8° posto che faceva ben sperare in vista delle Classiche
Philippe Gilbert, Het Nieuwsblad 2020
Het Nieuwsblad, febbraio: 8° al traguardo
A proposito di ventenni, Evenepoel fa parte della generazione che ha dato un segno al 2020.

Remco, è il signor 100 per cento. E’ molto teatrale nella sua comunicazione e lo capisco, anche se sta iniziando a far innervosire molte persone. Ha bisogno di questo riconoscimento, per far parlare di sé. Anche Pogacar è eccezionale, ma sta nel suo spazio. Sono la faccia di un ciclismo pieno di brio. E’ bello vederli. Nel complesso, raramente le corse sono state belle come quest’anno.

Anche Van Aert ha brillato. Alcuni dicono che dovrebbe puntare alla classifica in un grande Giro …

Per questo, dovrebbe buttare giù qualche chilo. Quindi rischierebbe di perdere esplosività. Al suo posto proverei a vincere prima tutte le classiche, perché, a parte forse il Giro di Lombardia, può vincere ovunque.

La Lotto Soudal si è molto ringiovanita. Pensi che dovrai fare il baby sitter?

Tanti davvero non li conosco, ma non è necessariamente un disastro. Guarda il Team Sunweb. Anche quella era una squadra molto giovane, ma hanno ottenuto risultati magnifici. La tendenza è che giovani come Pogacar, Hirschi ed Evenepoel raggiungano rapidamente i migliori risultati. Sono fenomeni, magari ne abbiamo uno anche noi. Per questo sarà importante condividere con loro la mia esperienza.

Un’ultima cosa, la Milano-Sanremo…

Non voglio parlarne adesso, non voglio parlarne più. Porta male, anche se ce l’ho conficcata in un angolo della testa…

Wellens bis da finisseur. Bagioli che fatica

04.11.2020
3 min
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La distanza che divideva Lugo da Ourense era di 205 chilometri e di questi Tim Wellens ne ha passati 165 in fuga. Anche oggi la Vuelta ha regalato una giornata intensa, almeno per quel che riguarda il traguardo di giornata. Dietro infatti la Jumbo Visma ha controllato la situazione cercando un ritmo tranquillo, ma neanche così lento che potesse invogliare qualcuno a prendere in mano la situazione.

Wellens finisseur

E sulla veloce rampa finale il belga Tim Wellens della Lotto Soudal ha ottenuto la sua seconda vittoria in questa Vuelta. La fuga, come detto, era partita attorno al chilometro 40. Con Wellens c’era gente del calibro di Marc Soler, Michael Woods, Zdenek Stybar…

Il drappello guadagna quasi 6′. Dietro è calma piatta, così i fuggitivi capiscono di aver buone chances di andare all’arrivo. Non a caso gli scatti iniziano ad una ventina di chilometri dal termine. Nel finale con un tempismo perfetto e buone gambe, Wellens piazza il colpaccio. Segno anche di serenità. In fin dei conti lui la sua Vuelta l’aveva già “vinta”.

«Dopo il successo nella quinta tappa – dice Wellens – eravamo più “leggeri”. Sapevo che questa frazione era ideale per me, ma una cosa è aspettare con ansia una tappa, un’altra è essere nella fuga giusta, avere le gambe per finirla e la testa libera. Non bisogna però pensare ad una vittoria facile. C’è stata una grande lotta per entrare in fuga. Siamo andati forte per tutto il giorno e gli avversari erano davvero forti. Per questo ho anche cercato di attaccare null’ultima discesa».

Tutto però si è deciso nel chilometro finale. E se Woods è partito come un finisseur ai 700 metri sembrava avercela fatta, Wellens ha mostrato delle super gambe. Lo ha ripreso e scavalcato negli ultimi 75 metri.

«In salita – riprende Wellens – ho notato che Woods e Soler avevano gambe forti. Temevo Woods nello sprint in salita, per questo ho fatto di tutto per prendere all’interno l’ultima curva».

La frazione di oggi era in Galizia, nel Nord Ovest della Spagna
La frazione di oggi era in Galizia

Giornataccia Bagioli

Gli italiani in corsa sono rimasti in tre: i due Deceuninck-Quick Step Andrea Bagioli e Mattia Cattaneo, e il portacolori della UAE, Davide Formolo.

Cattaneo ancora una volta ha mostrato di essere sulla strada giusta. L’ex vincitore del “Giro baby” ci ha persino provato ad inizio tappa. Tuttavia proprio perché non era messo male in classifica e nella pericolosa fuga (oltre 20 corridori) c’era gente come Waut Poels (6° a circa 6′ da Roglic), dietro si è mossa tutta la “cavalleria”.

Formolo si è staccato nel finale. Se la gamba c’è, ci sono anche i dolori delle botte rimediate nella caduta della scorsa settimana. Chissà che paura per il veronese che porta con sé ancora le streghe del Tour.

E poi c’è Andrea Bagioli. Il campioncino valtellinese invece inizia a pagare il conto della sua giovane età e della prima partecipazione ad un grande Giro. E alla fine oggi taglia il traguardo con oltre 15′ di ritardo. Per Andrea giornata no fin dalla partenza. Ciò nonostante ha tenuto duro per tutta la tappa, che comunque prevedeva diverse salite, e si è staccato solo quando mancavano 25 chilometri da Osorio. «Ho avuto brutte sensazioni – dice Bagioli – speriamo di stare meglio domani!».

Elisa Longo Borghini, Katia Ragusa, Marta Cavalli, tricolore donne elite, Breganze 2020

Tricolore donne, gli scatti da ricordare

01.11.2020
5 min
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Il tricolore delle donne elite, corso ieri a Breganze, ha chiuso la stagione delle ragazze in Italia. Per alcune rimane l’obiettivo della Vuelta Espana del 6-8 novembre e poi sarà tempo di vacanze.

Elisa Longo Borghini (maglia Fiamme Oro, team di appartenenza la Trek-Segafredo) ha conquistato la maglia tricolore. Alle sue spalle Katia Ragusa, poi Marta Cavalli. Noi abbiamo raccontato la corsa parlando anche con Giorgia Bronzini, tecnico di Elisa, e con Tatiana Guderzo, che ci ha raccontato la sua storia pazzesca.

Ma adesso, riordinando le foto della corsa tricolore, ecco una galleria di immagini per rivedersi e riguardare le protagoniste, prima che inizi il meritato riposo…

Luciano Rui, Marco Frigo, 2019

E alla fine Rui porta Zalf tra le continental

29.10.2020
4 min
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Alla fine sta per cadere anche l’ultimo baluardo del vecchio dilettantismo italiano: la Zalf Desiree Fior diventa continental. E siccome non si tratta di voltare le spalle alla gloriosa storia della squadra di Castelfranco, ci permettiamo di salutare la novità con un applauso. Da troppo tempo infatti i corridori avevano smesso di considerarla un approdo che agevolasse l’accesso al professionismo. E questo indubbiamente significava tradirne la tradizione.

«Per questo motivo – spiega Luciano “Ciano” Rui, carismatico direttore sportivo del team – negli ultimi anni abbiamo perso corridori come Dainese, Battistella e Frigo (i due sono insieme in apertura, foto Scanferla), che ha vinto la maglia tricolore e se l’è portata in Olanda. Loro me lo hanno detto in modo esplicito. Siamo riusciti a trattenere soltanto Moscon, grazie all’attività con i professionisti svolta con la nazionale. E speriamo che qualcuno vada a riprenderlo, Gianni. Era duro di testa allora, temo lo sia rimasto…».

Alessio Portello (Borgo Molino Rinascita Ormelle), Go Rinascita 2020
Alessio Portello, nuovo acquisto, vincitore del Gp Rinascita 2020
Alessio Portello (Borgo Molino Rinascita Ormelle), Go Rinascita 2020
Portello, nuovo acquisto, al Gp Rinascita
Insomma, vi siete decisi…

E’ stata versata la fideiussione, direi che ormai è fatta, anche se ci siamo mossi nel momento più sciocco, con questo Covid ancora nell’aria. Però serviva una svolta, per non perdere i giovani che cresciamo e poi vanno via. Dà fastidio rendersi conto che la Lotto Under 23 non sia continental, ma loro sono il vivaio di una WorldTour…

E poi all’estero ti fanno correre lo stesso.

Qua invece alcuni organizzatori hanno la puzza sotto il naso e altri per correre ti chiedono di pagarti le spese. Ma va bene, si doveva fare e si farà.

Quanti corridori avrete?

Saranno in 15 e sull’ammiraglia torna Faresin. Gianni se ne era andato per fare esperienza continental, ma ha visto che con i corridori lontani da casa non riusciva a seguirli come voleva. Lui sarebbe rimasto se fossimo già stati continental. E assieme a Gianni, tornano a casa suo figlio e Zurlo.

Dici che sarà amore tra Faresin e Contessa, che gli è subentrato l’anno scorso?

Posso dire che sto… mescolando la pasta. Io farò un passo indietro, diventando più manager che tecnico, e ho cominciato a raccomandargli che dovranno lavorare nell’interesse della società. Faresin è super motivato, Contessa ha l’entusiasmo del giovane. Speriamo bene. La squadra del resto è sempre la stessa. Faremo solo corse importanti, qualcosa tra i pro’ e qualcosa all’estero.

Ben figurare tra i pro’ vale quanto vincere una corsa del martedì?

Probabilmente è anche meglio, spero lo capiscano gli sponsor. Ma certo dovremo fare esperienza. Saremo con loro alla partenza, magari non saremo tutti all’arrivo, ma per crescere serve ragionare così.

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Edoardo Zambanini ha conquistato la maglia bianca Aido del Giro
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Zambanini, miglior giovane del Giro U23
Su quali nomi puntate?

E’ arrivato Gabriele Benedetti, che nel 2019 alla Mastromarco aveva fatto due vittorie e cinque podi, poi è passato alla Casillo e non ha brillato, ma ha tanto da dare. Abbiamo preso un paio di buoni juniores, Moro e Portello dalla Borgo Molino. E non dimentichiamo Zambanini, che ha vinto la maglia bianca al Giro d’Italia U23.

Al Giro è arrivata anche la maglia rossa di Colnaghi. Come hai vissuto la sua positività?

Male. Ha fatto una cavolata, ma non me ne lavo le mani. Abita vicino a Spreafico, entrambi positivi allo stesso integratore comprato su internet. Non capisco perché rovinarsi la carriera, dopo essere stato in nazionale e avere delle prospettive. Gli ho parlato da padre. Gli ho consigliato di andare in procura e raccontare la verità, sperando che trovi qualcuno che capisca e non abbia la mano troppo pesante. La domanda che mi faccio è se l’abbiano fregato, nel senso che non c’erano avvisi sul prodotto, oppure no. Internet è un posto rischioso, ma peggio ancora è la mentalità di cercare certe cose.

Correrete ancora con bici Pinarello?

Sì, avremo le F12 con freno a disco. Fausto ci teneva ad avere una continental a Treviso. Il futuro ha i freni a disco. A parte Ineos che fa come vuole, hai visto che al Giro le avevano tutte così? E voi come andate con bici.PRO?

Si lavora, Ciano, si mena e si spera di conquistare pubblico.

– Solo sul web, giusto? Come per i freni a disco. Il futuro è sul web. In bocca al lupo.

Filippo Conca, Giro d'Italia Under 23, 2020

La Lotto chiama, Conca risponde

28.10.2020
3 min
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Conca è stato negli ultimi due anni l’altro gemello alto della Biesse-Arvedi. Quando alle corse c’erano Pippo e Colleoni, te ne accorgevi subito per via delle Pinarello di grossa taglia e i caschi che svettavano sulle teste del gruppo. Kevin è alto 1,80, Conca addirittura 1,90. Eppure entrambi vanno forte in salita ed entrambi hanno corso un bel Giro d’Italia. Colleoni, come già raccontato, chiudendolo al terzo posto. Conca, come stiamo per dirvi, piazzandosi al quinto come già l’anno scorso.

«Ma non ne sono soddisfatto – ammette – perché ero partito per vincere. Speravo di più da questa stagione. Ci conosciamo bene, abbiamo i nostri parametri e sappiamo quanto possiamo andare forte. E posso dire che sono stato al di sotto dei miei standard, come quest’anno è successo a molti, anche tra i pro’. La verità però è che se anche fossi stato al 100 per cento, contro Pidcock sarebbe stato impossibile. Perché è un fenomeno. Ma almeno avrei avuto la coscienza di aver reso al massimo».

Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca in azione nel Giro del Belvedere del 2020 (foto Scanferla)
Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Conca al Belvedere 2020 (foto Scanferla)

Conca ha 22 anni e arriva da Lecco. Approfittando della vicinanza del Giro d’Italia alle sue zone, la sera prima della crono è andato all’hotel della Lotto Soudal ed ha ritirato la bicicletta con cui, a partire da gennaio, inizierà la sua avventura nel WorldTour. E sarà che l’appetito vien mangiando, dopo aver assistito ai portenti dei giovani del Giro dei grandi, l’idea di chiedergli che cosa manchi a lui per essere come loro c’è balenata nella testa.

Che cosa manca?

Faccio prima a dire che io sono un buon atleta, ma gli altri sono fenomeni. Evenepoel. Pidcock. Pogacar. In Italia purtroppo non ce ne sono. Il miglior talento da noi è Bagioli, ma non credo che siamo a quel livello. La riflessione da fare è che forse, essendo venuti fuori così presto, magari altrettanto presto caleranno. Io spero in una carriera che duri a lungo, ma dove potrò arrivare non so proprio dirlo.

Avevi il contratto con l’Androni, eppure passerai con la Lotto Soudal.

Ero tranquillo. La Androni è una buona squadra, ma dopo il Covid ci siamo trovati con meno certezze. Corridori e squadre. E quando è capitata l’occasione di una squadra WorldTour, non ho potuto dire di no. Al quarto anno da U23, era un treno da prendere.

Il tuo procuratore è Manuel Quinziato?

Me lo ha presentato Rabbaglio (team manager della Biesse-Arvedi, ndr) a inizio anno. Mi ha seguito durante il Covid e mi ha detto che la Lotto cercava in italiano che andasse forte in salita. Mi sono fidato di lui al 100 per cento, ma non ho potuto chiedere troppe informazioni, perché la cosa doveva rimanere riservata.

Avresti potuto chiedere a Oldani, che corre lì da quest’anno?

Ci conosciamo da quando avevamo sei anni e ho pensato che se si trova bene lui, allora è un bel posto.

Quanto tempo servirà per capire la tua dimensione?

Ne servirà un po’. Un conto è andare bene in una gara di 10 tappe, altro vedere cosa accade in tre settimane. Magari avendo resistenza e recupero, vengo fuori meglio.

E se ti diranno di tirare?

Sono pronto, non è un problema. Il ciclismo è la mia passione e non mi vergogno di pensare che potrei diventare un gregario. So benissimo che non potrò mai diventare un capitano, come so che la maturazione potrebbe cambiare qualcosa.

Hai già preso la bici…

Ho preferito portarmi avanti perché non si sa cosa accadrà nelle prossime settimane. Così sono andati da loro in hotel e me l’hanno data. Passo da Pinarello a Ridley. Hanno riportato le stesse misure, ma mi trovo incredibilmente più lungo.

Stesse misure, posizione diversa?

Sono più disteso e forse sarà un bene per la schiena, visto che sono sempre stato molto raccolto. In ogni caso andrò dal mio biomeccanico per mettermi a posto.

A casa sono contenti del contratto?

Soprattutto mio padre, che sotto sotto è felicissimo, ma non fa trapelare nulla.

Cosa ti porti dietro degli insegnamenti del tuo diesse Milesi?

Il fatto di vivere il ciclismo in modo tranquillo. La squadra non ci ha mai messo pressioni. Semmai ero io che me la mettevo da solo, perché non mi bastava mai…

Stefano Oldani, Giro d'Italia 2020

Oldani, la prima volta e quella chat…

27.10.2020
3 min
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Stefano Oldani è un libro da sfogliare. Il milanese di 22 anni, che dal 2020 corre con la Lotto Soudal, ha appena concluso il primo Giro d’Italia e nel momento in cui gli abbiamo chiesto come si sentisse, se fosse contento di tornare a casa, ha risposto con un candore illuminante.

«Sono contento perché sono riuscito a finirlo – ha detto – ma ho un po’ di malinconia perché dopo così tanto tempo con i compagni e il personale della squadra, andare via e pensare di non vederli per qualche mese è un po’ triste».

Stefano si è prima messo in luce con il Team Colpak, poi è passato alla Polartec-Kometa e al Giro di Val d’Aosta del 2019, dopo un secondo posto di tappa, assieme al suo procuratore Manuel Quinziato, ha scelto di firmare per la squadra belga che più delle altre si è fatta avanti con decisione. Oltre a parlarci di sé, tuttavia, Stefano racconterà un dettaglio molto interessante (e inedito) sullo sciopero di Morbegno: lettura da consigliare ai vertici di Rcs e a coloro che hanno sostenuto di aver saputo delle richieste dei corridori soltanto all’ultimo momento.

Stefano Oldani, Giro d'Italia 2020
In fuga a San Daniele del Friuli: primo Giro condotto con un buon piglio
Stefano Oldani, Giro d'Italia 2020
In fuga verso San Daniele del Friuli
Come è stato il primo Giro?

Me lo aspettavo duro, ma in alcune fasi è stato oltre ogni immaginazione. Lo Stelvio è stato una dura prova fisicamente e mentalmente. Più di testa che di gambe, perché ho passato la giornata nel gruppetto e davvero non passava più. E quando siamo arrivati ai piedi della montagna, eravamo già tutti stanchi. In più, due giorni prima ero stato in fuga, e avevo addosso ancora quella fatica.

Qual era il tuo obiettivo?

Finirlo, che per un neopro’ non è scontato. Sapevamo di non avere un leader, quindi potevamo giocare le nostre carte. Io mi sono buttato in qualche sprint, ho centrato due piazzamenti nei dieci e alla fine sono soddisfatto. Qualche dubbio di arrivare in fondo l’avevo, ma ero preparato a fare fatica e non riuscivo a immaginare di ritirarmi.

Come ti sei trovato in gruppo?

Bene, ho parlato con tutti e intanto marcavo a uomo Guarnieri per non andare fuori tempo massimo. Dove c’era Jacopo, c’ero io e stavo tranquillo,

E’ vero in primavera ti sei allenato spesso con Bennati?

Confermo. La mia ragazza si chiama Lavinia e abita dalle stesse parti, così mi è capitato di allenarmi con lui. Lo avevo conosciuto in Spagna, nella stessa corsa in cui cadde e si fece male alla schiena. Gli ho chiesto consigli, è diventato un punto di riferimento cui rubare i segreti del mestiere. Ci sentiamo spesso. La dritta più importante è stata quella di trovare il mio equilibrio. «Non impazzire dietro alle diete e alle preparazioni strane – mi ha detto – come accadde a me prima di un Tour, in cui ero magrissimo ma non avevo forza. In bici devi stare bene, altrimenti non rendi». E io vivo così, vado avanti a sensazioni e non peso il cibo.

Il Giro ti ha detto che corridore sarai?

Sapevo di essere abbastanza veloce, ora ho capito che me la cavo anche in salita. Per cui, quando avrò la forza necessaria, potrò giocarmi le classiche dure che magari si chiudono in volata.

Sei nella Lotto, la squadra additata per aver scatenato lo sciopero di Morbegno. Come è andata?

Sapevo poco. Da diversi giorni, sulla chat del Cpa i ragazzi dicevano di voler accorciare la tappa. Lo so bene perché ero in camera con Adam Hansen, che è il rappresentante dei corridori nel Cpa. Lo chiamavano da giorni, non so se abbiano avvertito prima Rcs, ma a quanto ho capito nessuno ha mosso un dito.

E poi?

E poi… volete ridere? Hansen quel giorno voleva andare in fuga, ce lo diceva da una settimana, perché sarebbe piovuto e a lui piace la pioggia. Così siamo andati alla partenza ed eravamo allineati in venti, ma all’improvviso Adam è stato chiamato ed è dovuto andare a parlare con Vegni per il ruolo che riveste. Mi dispiace per lui, ha dovuto farlo, ma avrebbe preferito andare in fuga.

I vertici del Cpa sono nella chat, quindi sapevano cosa si scriveva da giorni?

Immagino di sì.

Chiudiamo questa porta: cosa farai quest’inverno?

Bisognerà vedere le chiusure Covid. Non avrei fatto vacanze, preferisco starmene a casa. E per fortuna Lavinia è venuta su, quindi alla peggio resterà mia prigioniera a casa mia, a Busto Garolfo, in Lombardia.