La strana storia di Cevini, ciclista giramondo

07.01.2025
5 min
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La storia di Peter Cevini è comune a quella di altri corridori. C’è un vero sottobosco di italiani che non si arrendono alle leggi del tempo, secondo cui un corridore deve trovare casa tra i professionisti entro i 23 anni (26 se vuole ancora fare qualche stagione da Elite in Italia) e poi deve trovarsi un’altra strada. Cevini di anni ne ha 33 eppure ha alle sue spalle un’onesta carriera, fatta di team in giro per l’Europa con i quali ha svolto la sua attività. Ce ne sono tanti come lui, tanto per fare due nomi Alessio Gasparini che corre in un team marocchino, il Sidi Ali Unlock Team, oppure Giacomo Ballabio che dopo aver girato anche lui per vari team nel 2025 ha fatto un salto di qualità, approdando alla Hrinkow Advarics.

Il corridore di Broni punta a salire di livello come calendario, nel suo nuovo team lusitano (Sportfoto)
Il corridore di Broni punta a salire di livello come calendario, nel suo nuovo team lusitano (Sportfoto)

Una grande opportunità

Un po’ quel che avviene per il corridore di Broni, che ha firmato per il team portoghese APHotels & Resorts, una continental piuttosto apprezzata nella penisola iberica: «Attraverso di loro – racconta il lombardo – potrò fare un calendario più qualificato, hanno già ricevuto l’invito per corse con team professional e anche qualche WorldTour. Per me è come un traguardo raggiunto dopo tanti giri, la dimostrazione che avevo ragione a insistere».

Peter però non si è mai arreso: «Forse è stato proprio il cammino costellato di episodi sfortunati, di colpi della sorte che mi ha dato la forza di continuare a crederci, il 99 per cento delle persone avrebbe smesso. Io però ci ho sempre creduto sulla base di dati reali: da quando ho iniziato, ho visto il ciclismo evolversi intorno a me, diventare più professionale, curare aspetti come la preparazione e la nutrizione. Io mi sono adeguato e seguendo una vita da atleta ho visto che miglioro col passare del tempo, ho valori che non avevo quando passai di categoria. Poi ho trovato team che non guardano all’anagrafe ma a quello che puoi realmente dare. In Italia si guarda solo il risultato».

Cevini insieme al plurivincitore del Tour Chris Froome. Tanti i corridori famosi incontrati in carriera
Cevini insieme al plurivincitore del Tour Chris Froome. Tanti i corridori famosi incontrati in carriera

Una carriera tra lavoro e bici

Questa constatazione scaturisce dai suoi anni giovanili: «Io una possibilità reale non l’ho mai avuta, già allora si guardavano le vittorie e basta, non quel che c’era intorno. Ho perso mio padre a 13 anni e questo ha influito tanto perché ho dovuto mettermi a lavorare. Abbinavo le due attività, con tanti sacrifici, è chiaro che chi si dedicava solo all’allenamento partiva avvantaggiato. Ma uno che sviluppa 6 watt a chilo come me non meritava una chance?

«Perciò arrotondavo con la bici quel che guadagnavo con il lavoro per aiutare la famiglia. Diciamo che ero più vicino agli amatori, ma non potevo fare altrimenti e poi ci credevo ancora, volevo a tutti i costi una chance. Ho avuto anche datori di lavoro comprensivi, che accettavano di lasciarmi partire per le gare e mi davano disponibilità a recuperare il tempo perso. Ma ero sempre in deficit rispetto agli altri».

In carriera Cevini ha militato in team svizzeri, rumeni, bielorussi, irlandesi. Ora è in Portogallo
In carriera Cevini ha militato in team svizzeri, rumeni, bielorussi, irlandesi. Ora è in Portogallo

Vincente, da giovanissimo

Ma che corridore eri nelle categorie giovanili? «Da junior vincevo anche, ho ottenuto molti podi, poi da U23 non ho potuto vivere davvero la mia categoria perché ho dovuto fare delle scelte di vita. E’ stato allora che la mia carriera ha preso altre strade, ma non poteva essere altrimenti».

Con questa attività si riesce a campare? «E’ una vita di sacrifici e non certamente di grandi cifre. Negli ultimissimi anni mi sono dedicato solo al ciclismo, riesco alla fine a mettere da parte uno stipendio appena decente. Poi dipende anche dalle squadre, quella portoghese è una dalla lunga tradizione, qui chiuse la sua carriera Nocentini per esempio. Entrando nel team ho notato subito la differenza, è un vero salto di qualità».

Cevini ha preso spunto dal nonno Pietro, nazionale nel 1925 e 34° al Giro del 1928
Cevini ha preso spunto dal nonno Pietro, nazionale nel 1925 e 34° al Giro del 1928

La sua forza? La resistenza

C’è una gara che ti è rimasta particolarmente impressa? «Il Tour of Szeklerland del 2018. Io arrivavo da una lussazione alla spalla e non mi aspettavo granché, era una gara in Romania con molti team dell’est europeo ma non solo. Eppure col passare delle tappe vedevo che mentre gli altri erano sempre più stanchi io andavo sempre meglio, andavo in fuga, mi mettevo in mostra. E’ sempre stato un po’ quello il mio modo di correre, affrontando anche fughe di oltre 100 chilometri. Corro un po’ da cavallo pazzo, sono predisposto più per le fughe iniziali e nel nuovo team vogliono sfruttare questa caratteristica».

Di “nomadi” in giro, in questi anni ne ha trovati molti: «Ma non solo italiani, ci sono tanti europei che ad esempio trovano ingaggio in Asia. Questo è il frutto della globalizzazione ed è una buona cosa, d’altronde ci sono corse in tutto il mondo, ognuno può trovare spazio».

Il lombardo, approdato nel 2021 fra i bielorussi della CCN, è stato poi fermo 18 mesi (Sportfoto)
Il lombardo, approdato nel 2021 fra i bielorussi della CCN, è stato poi fermo 18 mesi (Sportfoto)

Ora si gioca tutto

A un ingaggio professionistico ci sei mai andato vicino? «No, se dovessi dire quello di quest’anno è il passo più prossimo, considerando le caratteristiche del team. E’ quasi una Professional e questo mi dà tanta motivazione. Non ho mai atteso tanto l’inizio di stagione, mi farò trovare pronto e far parlare ancora di me».