Paolo Bettini è un fiume in piena. «La decisione di oggi non la condivido e non la capisco». Il riferimento è alla protesta andata in scena al via della 19ª tappa, Morbegno-Asti che era anche la più lunga del Giro (258 chilometri).
Protesta inattesa
«E’ stato un gran caos – dice l’ex iridato al seguito della corsa rosa con Mediolanum – Stamattina ero in hotel a Mantello, nei pressi di Morbegno. Quando sono partito pioveva e c’erano 13 gradi. Ad un certo punto mentre andavo ad Alessandria per gli impegni con il Giro, mi giunge voce che Mauro Vegni sposta la partenza a Como. Tra me e me penso: guarda Mauro come vuol bene ai corridori. Gli toglie 25 chilometri. Mai e poi mai avrei pensato ad una protesta in corso. Non c’era motivo. Mi dispiace ma i corridori e i team sono indifendibili».
Bettini racconta anche delle sue proteste e di quanto lui stesso fosse un portavoce del gruppo. In una Tirreno-Adriatico restò scottato tanto si espose.
«Poco dopo il via – racconta – c’era da affrontare una salita sulla quale c’era pioggia mista a neve. Si trovò un accordo tra organizzatori e corridori: dopo la firma salite sui bus, così tagliate il pezzo di salita e di discesa incriminati, ci dissero. Recuperate quei chilometri facendo un giro in più nel circuito finale a Paglieta. Ebbene nello spazio del trasferimento avvennero telefonate dall’alto che cambiarono la decisione e io restai da solo. Fu Bramati a tirarmi fuori dall’ammiraglia. Però eravamo d’accordo fino a quel momento. E io ero leader, avevo vinto le prime due tappe e verso Paglieta ero ancora il favorito».
Mancano i “generali”
«Non dico che avevamo ragione, ma un accordo si trovava una volta. C’era un altro modo di fare. Ci si guardava negli occhi. Dove sono i corridori con gli attributi? Dove sono gli enti (Cpa, Accpi) preposti?
Sapevano da un anno che c’era quella tappa. Sapevano che sarebbe piovuto. Alcuni team sono tornati in hotel tardi e hanno dovuto fare colazione sul bus? Bene, da professionisti con gli attributi ci si parla. Si arriva in partenza, si firma e si parte tranquilli. Passato Milano si fa iniziare la bagarre. Due ore tranquille. Dormito poco, mangiato tardi: nessuno gli avrebbe detto nulla.
«Una volta eravamo a Livigno. Pioveva e faceva freddo. Sulla Forcola sapevamo che nevicava. Chiamammo Zomegnan e gli esponemmo il problema. Lui ci disse: okay, venite al foglio firma perché sapete quanto sia importante rispettare il via e salite sui bus. Ripartimmo in fondo alla valle. Fu una scelta concertata tra organizzatori, corridori e manager».
Bettini su Vegni
«E poi sapete una cosa. Oggi la mancanza di rispetto non è avvenuta solo nei confronti di tifosi, sponsor… ma nei confronti dei fornitori di abbigliamento. Ci dicono che hanno vestiti super fighi, leggeri, impermeabili, che possono pedalare sotto la pioggia e il freddo e poi non li usano?».
«Non so da chi sia partita la protesta – conclude Bettini – di certo è stato un fallimento di tutti, tanto più dopo un anno così tribolato. Che sia stata la maglia rosa Kelderman? Non credo che un corridore e un team da solo possano aizzare tutto ciò. Evidentemente c’era del malumore. Ma allora i corridori e gli enti preposti dovevano fare le loro rimostranze già la sera prima.
«Vegni è stato l’unico ad aver applicato già una volta il protocollo per la sicurezza. Ha gestito situazioni difficili come la Val Martello. Gli è sempre andato incontro. Il tappone di domani glielo ha alleggerito. Ma oggi con 13 gradi proprio non c’era un motivo. Non bastano la scusa della pioggia, della lunghezza o della stanchezza. Allora che facciamo? Annulliamo la Liegi, che è lunga come la tappa di oggi, ma con 3.800 metri di dislivello? La discesa più lunga verso Asti era quella di qualche cavalcavia».