L’anno esplosivo della Intermarché-Wanty. Un viaggio con Piva

28.12.2021
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La Intermarchè-Wanty Gobert è stata la “Cenerentola” del WorldTour in questa stagione 2021. Entrata quasi in punta di piedi, la squadra belga si è saputa difendere alla grande… tra le grandi. E una certa fetta di merito è sicuramente anche di Valerio Piva, diesse di lungo corso.

Piva era stato in squadre di livello mondiale come la T-Mobile e la BMC e ha saputo mettere la sua esperienza al servizio anche di questo “giovane” team.

Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Valerio, archiviate un buon 2021…

Siamo contenti, se mi avessero detto ad inizio stagione che sarebbe andata così ci avrei messo la firma. Chiaramente non è stato facile ma ci abbiamo creduto. E dire che l’inizio non è stato buonissimo.

Perché?

Soprattutto nelle classiche delle pietre ci aspettavamo qualcosa di più. Le cose sono iniziate ad andare meglio dalle Ardenne in poi e al Giro d’Italia è definitivamente cambiata la fisionomia del gruppo e della stagione. La vittoria di Taco Van der Hoorn ha inciso molto. Da lì in poi, e soprattutto a fine stagione, siamo sempre stati presenti e protagonisti.

Cosa non ha funzionato nelle classiche delle pietre?

Non abbiamo raccolto quello che speravamo. Non che volessimo vincere il Fiandre e la Roubaix, ma volevamo far vedere di più. Essere più protagonisti, entrare in qualche fuga importante. Poi chiaramente siamo consapevoli che non avevamo le qualità umane ed atletiche per poter primeggiare. Il nostro leader era Thomas De Gendt che ha avuto qualche problema alla Tirreno. E lo stesso Danny Van Poppel ci ha messo un bel po’ a riprendersi.
Potevamo avere più fortuna nella prima classica, l’Het Nieuwsblad: ne avevamo quattro in fuga e ci aspettavamo una buona volata da Pasqualon, ma una caduta ha compromesso tutto e abbiamo perso un’ottima occasione per partire con il piede giusto… Insomma, tra malattie e sfortune non abbiamo raccolto molto all’inizio.

Però nelle Ardenne già è andata meglio…

Abbiamo fatto un’ottima Freccia con Quinten Hermans. E siamo stati protagonisti alla Liegi con Vliegen e Rota. Noi sappiamo che per essere nel vivo dobbiamo anticipare, anche se penso che il prossimo anno con Rota possiamo iniziare a giocarcela diversamente. Lorenzo ha dimostrato di esserci. A San Sebastian sarebbe arrivato coi primi se non gli fosse caduto davanti Honorè. E anche alla Tre Valli Varesine è andato molto bene. Io mi aspetto tanto da lui nella prossima stagione.

Hai detto che al Giro è cambiato il vento. Come mai? Avete aggiustato il tiro voi direttori o è stato un qualcosa che è venuto da solo?

No, ci abbiamo lavorato. Sin dall’inizio della stagione abbiamo posto degli obiettivi ed abbiamo parlato con i corridori. Per esempio alla vigilia della Freccia del Brabante, mentre era in ritiro in altura, mi ha chiamato proprio Taco. Mi chiese cosa ne pensassi di lui al Giro. Io gli dissi che non avevamo un leader per la classifica generale. E che una volta aiutati Pasqualon e Minali per le volate avremmo dovuto anticipare, attaccare. E in questo lui è stato molto serio. In passato già avevo corso così con altri team. Avevamo visto bene le tappe dove poter fare qualcosa. Vincere alla terza frazione ti salva e ti rende tranquillo per il resto della corsa. Infatti poi tutti hanno provato e i ragazzi hanno corso con lo spirito giusto.

E si è visto, avete corso con cognizione di causa, non siete venuti in Italia a “portare a spasso” la bici…

Sono occasioni che noi non possiamo lasciarci sfuggire. Non abbiamo l’uomo di classifica e neanche il velocista che poteva vincere. Magari quest’anno con Thijssen e qualche altro giovane cambierà qualcosa e potremmo correre per vincere le volate. Così come con Kristoff avremo qualche opportunità in più nelle classiche. Le correremo in un altro modo o quanto meno con altre gerarchie.

Valerio, portaci nel metodo Wanty. Avete dei preparatori vostri o lasciate fare ai corridori? Come vi organizzate?

Abbiamo un gruppo di allenatori già buono, che è stato anche potenziato. Il nostro capo performance è Aike Visbeek, l’ex diesse di Dumoulin quando l’olandese vinse il Giro d’Italia. È lui che fa i programmi dei ragazzi. Chiaramente ci riuniamo tutti quanti. Già per questa stagione ci siamo incontrati tre volte. E a breve riprenderemo il tutto nel ritiro di gennaio. C’è Frederik Veuchelen, ex corridore della Wanty. C’è Ioannis Tamouridis, un greco che lavorava alla Seg. In più ci appoggiamo ad un gruppo tra Belgio e Olanda che si chiama Cycling Lab. Poi qualche ragazzo ha l’allenatore personale ma noi chiediamo a tutti i nostri atleti di utilizzare Training Peaks, così che possano essere sempre controllati dai nostri preparatori. Per il resto ogni direttore sportivo ha i suoi 6-7 corridori di riferimento. Abbiamo una nutrizionista che fa parte dell’università di Gand. Siamo andati in galleria del vento e in pista per migliorare posizioni e materiali.

Tutto questo lo facevate anche in passato o da questa stagione?

Da questa stagione, da quando siamo diventati una WorldTour. Chiaro che essendo arrivato tutto di colpo non si poteva fare tutto insieme. Abbiamo iniziato con le cose indispensabili e man mano stiamo facendo sempre qualcosa di più. Per esempio lo scorso anno abbiamo fatto dei ritiri solo in alcuni momenti chiave della stagione, quest’anno cercheremo di farne qualcuno in più. Dobbiamo utilizzare al meglio il budget che abbiamo a disposizione che non è certo lo stesso di Ineos, UAE o Jumbo.

Cosa ti aspetti dal 2022? Sarai contento se…

Ah, ah – ride Piva – Sarò contento se faremo meglio di quest’anno! L’obiettivo, con 18-20 squadre, è quello di restare nel WorldTour. Noi la licenza l’abbiamo acquistata dalla CCC, ma vogliamo mantenerla. E dal prossimo anno per mantenerla bisognerà fare i punti per restare in classifica. Quest’anno siamo stati quattordicesimi, ma per restare nel WorldTour contano i punteggi degli ultimi tre anni, pertanto bisognerà fare ancora meglio.

Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Una sfida non facile…

No, non è facile ma con Kristoff qualche ambizione in più ce l’abbiamo. Come ripeto, da Rota mi aspetto molto. E c’è Ghirmay. Lui può essere la sorpresa del prossimo anno, è già arrivato secondo al mondiale, ha vinto e ci crediamo molto. Per me è un talento.

La Wanty ha riscosso molta simpatia in Italia per il modo con cui ha interpretato il Giro. E per voi in squadra è stata una sorpresa la corsa rosa?

Vi dico questo, il Belgio è forse la nazione numero uno al mondo per il ciclismo. Lo è per i team, ha tre WorldTour, ma anche per i tifosi. Qui ogni giorno c’è il ciclismo alla TV. Per esempio mentre sto parlando con voi stanno dando un cross. Quindi su una squadra come la nostra c’è molta attesa. Il Giro è molto seguito in Belgio, non dico come il Tour, che te lo danno dalla sera alla mattina, ma neanche è il “brutto anatroccolo”. Non potevamo non essere pronti. Per quel che riguarda l’Italia c’è sempre molto interesse. Pensiamo al cibo, ai vini, alla moda… e poi al Giro ha vinto Merckx in passato. Tra Italia e Belgio c’è un legame stretto.

«Io – aggiunge Piva – Al prossimo Giro ci sarò. Da italiano ci metto del mio per far sì che la squadra possa andare forte».

Eiking Vuelta 2021

Intermarché Wanty Gobert: l’ultima arrivata sogna in grande

25.08.2021
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La stagione della squadra belga potrebbe essere descritta con due colori, il rosa e il rosso, quelli della maglia di leader di Giro d’Italia e Vuelta Espana. Sì, perché se ci sono due corse in cui tutti ricordiamo l’Intermarché sono proprio queste due, la splendida vittoria di Taco Van Der Hoorn al Giro e di Rein Taaramae alla Vuelta. Quest’ultima ha messo in luce il team di Piva, che sta ancora indossando l’ambitissima maglia rossa, quella del leader della classifica generale.

Ci facciamo raccontare da Valerio Piva, direttore sportivo italiano voluto dal team al momento di salire nel WorldTour, i sogni e le ambizioni di questi ragazzi che si sono ritrovati catapultati nel mondo dei grandi e non hanno intenzione di svegliarsi. Lo intercettiamo durante la Vuelta, tirando le somme di tappe vissute a cento all’ora.

Come sta andando questa 76ª Vuelta, al netto della sfortunata caduta di Taaramae che gli ha portato via la maglia rossa?

Bene, le cadute fanno parte nel ciclismo, dispiace perché Rein era in maglia rossa. L’avremmo magari persa i giorni successivi ma faceva un gran piacere indossarla e con la grande impresa di Odd Christian Eiking ce la siamo ripresa, ma va sottolineato anche Riccardo Minali che si sta mettendo in mostra nelle volate, per lui tre piazzamenti nei primi dieci.

Taaramae Vuelta 2021
Rein Taaramae in maglia roja: una Vuelta da incorniciare, annunciata dal terzo posto al Tour de Savoie
Taaramae Vuelta 2021
Rein Taaramae in maglia roja: una Vuelta da incorniciare, annunciata dal terzo posto al Tour de Savoie
Quali saranno gli obiettivi delle prossime due settimane?

Due principalmente, tenere Eiking nei primi (e magari per il norvegese anche qualcosa in più) e dare il giusto supporto a Minali per provare ad imporsi in uno sprint, la condizione di Riccardo c’è, i risultati arriveranno.

Quando è nato il nuovo progetto Intermarché-Wanty-Gobert?

L’anno scorso, il manger della Wanty ha comprato la licenza World Tour dalla CCC ed è partita questa nuova avventura, io ero libero, mi hanno contattato ed ho subito accettato la sfida.

Com’è stata composta la squadra?

Molti corridori c’erano già dalle passate stagioni, quando il team era Continental, gli altri invece sono stati presi tardi, tra ottobre e novembre. Si sa, in quel periodo non ci sono molti atleti liberi ma sono soddisfatto di quanto fatto, possiamo solo migliorare.

In che ambito?

Tutti, essendo nata “tardi”, ai limiti dell’inizio della stagione in corso; le cose sono state fatte un po’ frettolosamente e con quel che ci si aveva a disposizione nell’immediato.

Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert da quest’anno
Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert da quest’anno
Allora su cosa avete puntato per fare bene subito?

Sugli allenamenti e sulla preparazione, abbiamo incontrato i corridori uno ad uno (sono 28) e abbiamo deciso insieme il programma di corsa. Causa Covid il ritiro di dicembre è saltato un po’ per tutte le squadre, quindi si è lavorato alla cieca. Sapevamo però che l’obiettivo per la stagione sarebbe stato mettersi in mostra in tutte le corse e così abbiamo fatto finora.

Direi quasi oltre ogni aspettativa…

Questo ci deve dare fiducia per il futuro, il progetto Intermarché è a lungo termine, siamo una World Tour “povera” e dobbiamo essere attenti in ogni investimento che facciamo, anche perché non c’è modo di rimediare poi.

Vi siete messi bene in mostra, Giro e Vuelta sono la punta dell’iceberg, avete impressionato anche nelle gare del Nord. E poi se Lorenzo Rota non fosse caduto….

La caduta di Rota a San Sebastian brucia ancora, avessimo vinto sarebbe stato anche il primo trionfo in una classica World Tour. La sua gara è un esempio di come stiamo andando nella giusta direzione, Lorenzo poi è tanto timido, deve imparare a credere in se stesso, le potenzialità ha dimostrato di averle.

Rota San Sebastian 2021
Lorenzo Rota, quarto e sfortunatissimo alla Clasica di San Sebastian: senza la caduta poteva vincere
Rota San Sebastian 2021
Lorenzo Rota, quarto e sfortunatissimo alla Clasica di San Sebastian: senza la caduta poteva vincere
A proposito, c’è un bel po’ di Italia in squadra…

Sì, ci sono quattro atleti azzurri, due erano già qui come Andrea Pasqualon e Simone Petilli. Gli altri due (Lorenzo Rota e Roberto Minali, ndr) sono arrivati dopo, nel parlare con loro mi sono piaciuti e abbiamo deciso di aggregarli.

Cosa si prova ad essere un Davide contro i tanti Golia?

La sfida è intrigante, il modo di lavorare e di investire il capitale messo a disposizione deve essere metodico e ponderato. Anche i nuovi corridori che arriveranno saranno valutati accuratamente, sicuramente non possiamo fare una squadra troppo giovane. Nel World Tour devi fare punti per rimanere nel giro e non puoi affidarti completamente ai ragazzini, dovremo puntare anche su ciclisti esperti, le incognite sono tante.

Avete già qualche idea su quali corridori cercare?

Abbiamo 28 atleti, il minimo per affrontare in modo competitivo il calendario WorldTour. Purtroppo ci sono 8-9 ragazzi che non sono pronti per correre a questi livelli e ciò ha costretto qualche corridore a fare gli straordinari. Uno dei focus sarà avere 28-30 corridori validi che possono essere competitivi nelle gare WorldTour anche perché c’è un limite di giorni di gara imposto dall’UCI.

Minali Vuelta 2021
Per Riccardo Minali una Vuelta positiva, manca solo la ciliegina della vittoria…
Minali Vuelta 2021
Per Riccardo Minali una Vuelta positiva, manca solo la ciliegina della vittoria…
A quanto ammonta questo limite?

Il massimo per un corridore è di 85 giorni, una volta accumulati l’atleta si deve fermare. Conta che in media un ciclista accumula tra i 70 e gli 80 giorni di corsa, un giovane, invece, ne fa solamente 50 altrimenti lo bruci.

Quindi dovrete essere bravi a bilanciare la squadra tra esperti e giovani…

E’ la cosa più difficile, i giovani poi ora sono ancora più ambiti, si è abbassata molto l’età in cui si cercano nuove promesse. Si parla ormai di giovani di talento a 16 anni, questo rende ancora più complicato il nostro lavoro perché più scendi di età, più le possibilità di prendere un granchio aumentano.

In che senso?

Un corridore di 16-17 anni magari va forte perché si è già sviluppato e vince tutte le gare, poi a 19 anni anche gli altri si sviluppano e lui non vince più. Sono tutti alla ricerca dei nuovi Evenepoel, ma non tutti sono come lui.

Insomma, un progetto ambizioso che punta a crescere anno dopo anno.

Assolutamente, siamo molto fiduciosi di poter far bene, bisogna essere ambiziosi ma con i piedi ben saldi per terra, pensiamo a fare bene corsa dopo corsa.

Rota a terra, la sua grinta no. Lorenzo quarto a San Sebastian

01.08.2021
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Anche l’ultima salita è alle spalle. Scappano in quattro verso San Sebastian ed hanno oltre un minuto di vantaggio sul gruppo. Piove, c’è nebbia… una tipica giornata basca. La discesa sta per finire, un’ultima curva a destra e due sagome schizzano via. C’è Honoré e…. nooo: Lorenzo Rota. Gli altri due Mohoric e Pawless vanno via. Il danese risale in sella come un gatto e riacciuffa i primi due. Lorenzo ci mette qualche secondo di più. Non si potrà giocare lo sprint. Arriverà 30″ dopo guardandosi il gomito sanguinante.

In tanti aspettavano un attacco di Alaphilippe, ma la Deceuninck aveva in fuga Honoré
In tanti aspettavano un attacco di Alaphilippe, ma la Deceuninck aveva in fuga Honoré

Maledetta curva

Che peccato per il corridore della Intermarché Wanty Gobert. E’ tutta la stagione che lotta come un leone, contro cadute e un recente passato non facile. Per di più al primo anno nel WorldTour. E alla fine emerge sempre.

A San Sebastian poteva davvero esserci il momento del suo riscatto. Quel colpo che manca, ma che si sente, è lì a portata di mano. E quando poi vedi che la bici di un tuo collega ti falcia magari ti crolla il mondo addosso.

«Eh – sbuffa Rota – cosa mi è passato per la testa in quel momento… non lo so, sinceramente. Eravamo tutti a tutta. Con Honoré non ho parlato, non dico che siamo amici ma ho un bel rapporto, non ho nulla da dirgli. Sono cose che succedono. Ho rivisto la scivolata e cosa dire? Sfortuna piena, una bici mi è rimbalzata addosso.

«Ho fatto il Tour e ho sofferto tanto per la caduta nella prima tappa, il problema alle costole mi ha distrutto. Almeno in Francia sono riuscito a riprendermi nell’ultima settimana e infatti sono entrato due volte nella top ten e non è facile a quel livello. Di buono c’è che essendo stato costretto a risparmiare qualcosa nei primi giorni, non sto male, ho risparmiato qualche energia e infatti adesso voglio fare bene al Giro di Polonia».

L’arrivo a tre: (da sinistra) Honoré, terzo. Powless, primo. Mohoric, secondo
L’arrivo a tre: (da sinistra) Honoré, terzo. Powless, primo. Mohoric, secondo

Costanza e picchi

L’inverno di Rota è stato costellato da qualche problemino che si portava dietro dall’anno precedente, però una volta che ha iniziato a carburare è sempre andato forte. Lo ricordiamo in fuga tutto il giorno alla Liegi (passò in testa sulla Redoute), le belle prestazioni al Giro di Svizzera. Per lui essere andato forte, comunque è arrivato quarto, non è stata un sorpresa.

«Stavo bene. Vengo da un periodo buono come un po’ tutta la stagione. Alla Sanremo ho fatto un errore. Ho preso male una rotatoria prima del Poggio, una rotatoria che tra l’altro sapevo ci fosse, la Classicissima l’ho fatta tante volte, fatto sta che dopo una buona Cipressa, dopo quella svolta dalla testa del gruppetto mi sono ritrovato in coda. E mancavano 600 metri all’attacco del Poggio. Ho rimontato, ma ormai la frittata era fatta. Poi ho fatto diversi piazzamenti tra i 15-20 e a volte è anche questione di un pizzico di fortuna in più. Mi manca un risultato ed ecco che cambia tutto. Alla fine ieri sono andato forte. Ma voglio restare concentrato. La strada buona è questa e quello di ieri voglio sia solo un punto di partenza».

Rota, pochi chilometri prima di attaccare. Era sempre stato guardingo nelle prime posizioni
Rota, pochi chilometri prima di attaccare. Era sempre stato guardingo nelle prime posizioni

Squadra compatta

Rota parla sempre, come già aveva fatto in passato, anche della squadra. Del fatto che la sua Wanty sia al primo anno nel WorldTour, che non stanno sfigurando, che piano piano crescono. 

«Ieri abbiamo dimostrato di esserci. Era una gara WorldTour e ne abbiamo messi due nei primi dieci. Abbiamo lavorato benissimo. Non siamo stati passivi.

«L’ordine era di non aspettare l’ultima salita perché bisogna essere realisti: un Alaphilippe ti stacca al 100%, poi tutto può succedere ma di base è così. Ho visto dei movimenti nella penultima salita e ho attaccato anche io. E siamo andati via di forza, credetemi l’avevamo fatta a tutta. Ce la siamo guadagnata a colpi di pedale. E lo dimostra il fatto che abbiamo continuato a guadagnare anche dopo la salita. 

«C’era Piva in ammiraglia. Cosa mi ha detto? Che sfortuna…».

Per Rota una buona stagione, adesso ci vuole l’acuto
Per Rota una buona stagione, adesso ci vuole l’acuto

Un pensierino all’Europeo

Dicevamo Giro di Polonia nell’immediato futuro di Lorenzo Rota. Ci va con convinzione e condizione.

«Sì, dai. Alla fine ho solo un gomito un po’ gonfio. Un paio di giorni e dovrebbe passare tutto. Sono  fiducioso. L’importante è che non si sia rotto niente. Sì, adesso vado in Polonia e poi quando rientro ci sono gli Europei. Non nego che mi piacerebbe molto essere preso in considerazione per questo evento. Se non altro perché io abito a Rovereto, si corre sulle sulle strade di casa mia. Il percorso lo conosco benissimo. Ci tengo molto».

Se a parole Rota non lancia messaggi alla nazionale, potrà farlo a colpi di pedale sulle strade polacche. E sinceramente ne saremmo felici. Seguiamo questo ragazzo dai tempi degli Under 23. Era il 2015. Vinse il Giro delle Pesche Nettarine all’ultima tappa, quando tutto sembrava definito. Lui attaccò contro ogni pronostico ed ebbe la meglio. Quello spirito c’è ancora…

Un buon massaggio e Rota ci racconta il primo Tour

12.07.2021
5 min
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Non c’è niente di meglio di un buon massaggio per recuperare dalle fatiche di una dura tappa al Tour de France, specie se è il tuo primo Tour. Lorenzo Rota si concede alle mani del massaggiatore della Intermarché Wanty Gobert. Luis Manuel Fructuoso svolge a dovere il suo mestiere, mentre Lorenzo si concede ai nostri “microfoni”.

Certi debutti non si scordano mai. E questa è un’avventura che, più che mai, porta con sé emozioni ed esperienze.

Lorenzo Rota al massaggio (Cyclingmedia)
Lorenzo Rota al massaggio (Cyclingmedia)
Lorenzo, dicevamo: il primo Tour…

Primo Tour che è iniziato male. Nella prima tappa ho fatto una brutta, brutta caduta. Ho anche pensato che finisse lì. Ho avuto subito parecchi problemi e in qualche modo li ho ancora.

Come è avvenuta la caduta?

Quel giorno ce ne sono state due. La prima è stata quella dell’ormai famoso cartello e l’ho evitata. Io ero là davanti. Ero persino sulla destra, ma il caso ha voluto che in quel momento sia riuscito a spostarmi sulla sinistra. Non ho visto nulla se non che il gruppo è letteralmente esploso. La seconda invece l’ho presa in pieno. E dire che stavo davanti, intorno alla venticinquesima posizione. Sarò stato il decimo a cadere e quelli dietro mi sono saliti sopra. Ho subito avuto problemi alle costole e ho rotto quella cartilagine interposta appunto tra le costole. Un dolore tremendo che mi sta facendo penare. Non dormivo bene e ogni respiro profondo, ogni buchetta era un supplizio. Mi hanno detto che ci vogliono 40-50 giorni per recuperare.

Sì, 40 giorni senza un Tour di mezzo!

Eh sì! Infatti sin qui questo infortunio mi ha limitato parecchio. Devo ringraziare lo staff se non sono andato a casa. Adesso è un paio di giorni che sto meglio. Vedo la luce in fondo al tunnel.

La tua partecipazione al Tour era in programma?

No, dovevo fare la Vuelta. Il programma era Giro di Svizzera e campionato italiano. Poi è successo che in Svizzera ho fatto delle belle prestazioni e contestualmente c’è stato un caso di Covid in squadra. E da lì si sono innescate un po’ di situazioni.

Lorenzo Rota (26 anni) è pro’ dal 2016
Lorenzo Rota (26 anni) è pro’ dal 2016
Spiegaci “un po’ di situazioni”…

Dopo lo Svizzera, visto che stavo bene ho chiesto io di farmi correre in Francia in preparazione al campionato italiano. Avevo capito che la gamba era buona e poteva essere un’occasione per fare bene. Il percorso di Imola poi mi piaceva, non dico che avrei vinto però si poteva fare qualcosa. Così sono andato alla Paris-Camembert ed è andata “bene”: ho fatto undicesimo ma nel finale ho spaccato una ruota, rompendo un raggio. A quel punto il giorno dopo è arrivata la chiamata: vai al Tour.

E tu: eri felice o spaventato?

Sinceramente ero combattuto. Il Tour è la corsa più importante dell’anno e tutti lo preparano al 100% io invece no. Sì, avevo una buona condizione ma dallo Svizzera a Parigi ce ne passa di acqua sotto ai ponti. Poi il team mi ha convinto e tranquillizzato dicendomi che le prime tappe erano adatte a me, che potevo fare qualcosa. Inoltre, visto che quando sto bene in salita tengo, sarei dovuto stare vicino a Meintjes, il nostro uomo di classifica.

Sei soddisfatto di quel che hai fatto sin qui?

Adesso posso dire che è bellissimo. E’ un altro mondo rispetto a tutte le altre corse che ho fatto. Ed è un qualcosa che sono certo varrà per il futuro e credo che già nelle prossime corse post Tour mi sarà utile.

Un “altro mondo”…

Io non so se la tv rende bene l’idea, ma c’è un nervosismo pazzesco. Si corre sempre come se fosse una classica fiamminga. Stress totale. Ogni giorno devi essere concentrato, non hai mai un momento di relax. 

E’ un fatto di velocità?

Di tutto. Al Giro si va forte lo stesso, ma mi è capitato anche di fare tappe tranquille. Qui non esiste. Anche il giorno di Carcassonne sembrava una tappa facile, ma siamo arrivati in 60 corridori. Abbiamo fatto due ore e mezza pancia a terra. E’ dura restare concentrati per tre, quattro anche sei ore. Ma ripeto: sono sicuro che servirà.

Cosa ti ha colpito di più?

Non ho mai visto tanta gente sulle strade. Nella prima tappa c’era una salitella di un chilometro. Su un tornante c’era un maxi schermo. Ho buttato un occhio e credetemi se vi dico che ci saranno state 10.000 persone. Sono fuori di testa!

Rota scorta capitan Meintjes sulle salite alpine del Tour
Rota scorta capitan Meintjes sulle salite alpine del Tour
E in gruppo chi ti ha colpito di più?

Cavendish – risponde secco Rota – avevo già fatto delle gare con lui, ma sembra un altro corridore. Un’altra gamba. E poi, chiaramente, Pogacar: Tadej ha una marcia in più.

Eppure sul Ventoux anche lui ha “tremato”. Che si dice in gruppo?

Ha 5′ sul secondo anche se perde 3′ non avrà grandi problemi a gestirsi. Poi la giornata brutta succede a tutti, lui magari l’ha avuta proprio sul Ventoux ed è stato bravo a non farlo vedere.

In corsa parli con qualcuno?

Con gli italiani, soprattutto con Ballerini e Colbrelli, ma è veramente difficile. Non c’è tempo!

Qual è il tuo obiettivo in questo Tour?

Arrivare a Parigi e magari centrare una fuga. E poi aiutare Meintjes. La top ten è un po’ difficile perché ha un bel distacco ma ci sono ancora molte salite.

Però dai, tu sei al primo Tour, la tua squadra al primo anno nel WorldTour. Vi state facendo vedere, avete vinto una tappa al Giro: non è male…

Sì, sì… siamo contenti e siamo anche stati sfortunati. Perché sono caduto io ma anche i mei compagni e magari qualcosa è stato compromesso. Continueremo a lottare fino a Parigi e poi tireremo una riga per capire cosa ha funzionato e cosa no in prospettiva futura.

La doppia fuga di Rota, signore della Redoute

26.04.2021
4 min
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Lorenzo Rota protagonista alla Liegi-Bastogne-Liegi. Il bergamasco dopo 12 minuti di gara era già in fuga (e non era il primo). E’ rientrato sui primi attaccanti con Laurens Huys, con il quale avrà a che fare parecchio, come vedremo. Il suo attacco è stato il solo tricolore che ieri abbia sventolato sulle Ardenne. A parte le trenate di Formolo nel finale.

Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermaché-Wanty-Gobert
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermaché-Wanty-Gobert

Le punzecchiate di Piva

Nella colonna dei bus dopo l’arrivo raggiungiamo Valerio Piva, diesse della Intermarché-Wanty-Gobert, la squadra di Lorenzo. E ci complimentiamo per la bella corsa fatta, visto che in fuga c’era anche il compagno Loic Vliegen.

«Una corsa d’attacco? Questa è un po’ la filosofia che abbiamo adottato in questo momento – dice sereno, Piva – non abbiamo chiaramente dei corridori per giocarci qualcosa nel finale e quindi abbiamo dovuto anticipare. Lo abbiamo fatto nelle ultime tre corse e direi che ci è riuscito anche bene. Ci siamo messi in mostra e soprattutto è un modo per far crescere i ragazzi. Sono azioni che in questi contesti danno morale. 

E di Rota cosa dice il diesse? Glielo chiediamo…

«Io continuo a stimolarlo – spiega – perché Lorenzo è uno di quelli che è sempre un po’ pessimista e, sapete, bisogna tenerlo su. “Prova ad andare in fuga da lontano”, gli ho detto stamattina (ieri, per chi legge, ndr). E finalmente ci è riuscito. Anche se ha scollinato in testa sulla Redoute, non c’erano speranze di vincere, con questi top rider… Però sono azioni che fanno ben sperare. E magari possono essere la chiave di volta per prendere fiducia. Gli servirebbe un risultato».

Un passaggio nei boschi delle Ardenne. Rota era al debutto alla Liegi
Un passaggio nei boschi delle Ardenne. Rota era al debutto alla Liegi

Rota in crescita

Mentre il meccanico, carica le bici sull’ammiraglia, Rota è intento a farsi la doccia. E’ chiamato ad un’altra fuga, quella verso l’aeroporto per rientrare in Italia. Quando scende dal bus è davvero stanco. Ha il trolley in mano, i capelli freschi di phone e lo sguardo di chi ha dato e speso tanto.

«Purtroppo – dice – in questo periodo sto avendo qualche problemino fisico e quindi la mia condizione non è al top. La squadra mi ha chiesto di provare ad andare in fuga e ci sono riuscito. Sicuramente stare in gruppo è un pochino diverso che stare in avanscoperta: vai un po’ più regolare e non hai grandi cambi di ritmo. Per me, che come ho detto, non ho una super condizione è stato meglio così.

«Sono soddisfatto. Ho faticato tanto, ma ho anche imparato tanto. Per me era la prima Liegi, così come è stata la prima Freccia. La squadra mi sta dando fiducia facendomi fare queste grandi corse e io cerco di fare il massimo. Sempre.

«Quello che dice Piva è vero. Mi abbatto un pochino facilmente ma è anche grazie a lui se sto tornando alla mia dimensione. Vengo da annate difficili, quindi anche mentalmente tante volte non sono così forte, però sono sulla strada giusta».

Rota (a destra) con il belga della Bingoal, Laurens Huys: sono in cima alla Redoute
Rota (a destra) con il belga Huys, in cima alla Redoute

Primo sulla Redoute

E allora tanto vale esaltare e prendere quel che di buono si è fatto. La Liegi è un monumento. Quassù è venerata. Correrla davanti non è per tutti e un traguardo Rota lo ha raggiunto: ha scollinato in testa sulla Redoute, la salita simbolo. Lo ha fatto in compagnia del belga Huys, che si stava dannando pur di passare lassù per primo. Se pensiamo che Gilbert, ieri dopo la corsa ha detto che il suo obiettivo era arrivare con il gruppo dei migliori almeno fino alla Redoute, si capisce che valore possa avere questo “piccolo” goal per Rota.

«Se ho sentito qualche brivido? I miei compagni sono belgi, quindi loro ci tengono in modo particolare, me l’hanno detto e raccontato un sacco di volte. Sono in Belgio da 15 giorni e parliamo di questa Redoute a pranzo e a cena! In effetti è stata una bella emozione. Non ho mai creduto, chiaramente, che potessimo arrivare ma magari con un pizzico di fortuna in più, si poteva rimanere con i primi fino all’imbocco dell’ultima salita. Ma sarebbe cambiato poco».

Rota: «Stavo per smettere, ma riparto dal WorldTour»

Giada Gambino
13.02.2021
5 min
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Il nuovo corridore della Wanty Intermarchè, Lorenzo Rota, per fare un po’ di altura è andato in Sicilia e si è rifugiato nel caldo clima dell’isola e per sfruttare al meglio l’Etna, dove ha trovato la compagnia di Chirico alle prese con gli ultimi giorni di ritiro. Ma, ad accompagnarlo nei caldi innevati allenamenti siciliani, c’è anche Simone Velasco. Così, il bergamasco, 25 anni, si racconta tra i burrascosi momenti passati e il tanto ottimismo per il futuro… 

Com’è entrato il ciclismo nella tua vita ? 

Giocavo a calcio e non mi faceva impazzire. Un mio compagno di scuola un giorno mi disse che sarebbe andato a provare una bici da corsa, insistetti con i miei genitori per fare ciclismo. E così iniziai. 

Lo scorso anno alla Vini Zabù, Rota ha ritrovato il giusto feeling con il ciclismo
Nel 2020 alla Vini Zabù, Rota ha ritrovato il feeling
Le prime garette… 

Andavano abbastanza bene, fin da piccolo me la sono sempre cavata. Dai dilettanti in poi è cambiata la musica, il livello si è nettamente alzato, ma sono riuscito a difendermi. I primi anni da professionista sono stati duri, forse sono passato troppo presto dal momento che ciò è avvenuto al primo anno U23 e non ero pronto fisicamente e mentalmente. La fatica dei primi anni probabilmente è stata anche dettata dal fatto che non avevo un grande feeling con la squadra, la Bardiani. 

Dodici mesi fa… 

Avevo quasi smesso di correre. Dopo quattro anni con la Bardiani, nonostante i vari piazzamenti, non ero riuscito a trovare una squadra, avevo avuto dei contatti ma non erano andati a buon fine. Ho passato la prima parte dell’inverno ad allenarmi duramente nell’attesa di un contratto che, fortunatamente, nonostante il ritardo, è arrivato dalla Vini Zabù

Quel quinto posto al Laigueglia ? 

Avendo svolto un inverno di intenso allenamento, fin dalle prime corse mi sono sentito bene e in condizione. Quel piazzamento è stata la conferma del fatto che anche io potevo ritagliarmi un posto tra i professionisti. Dopo certi momenti difficili, iniziare la stagione così è stata un’iniezione di fiducia e, non a caso, le corse dopo sono andate tutte abbastanza bene. Nel mio momento migliore, però, si è fermata la stagione a causa del Covid, ma ero comunque già contento di ciò che avevo fatto

Sull’Etna, Rota si è allenato con Chirico e Velasco, sceso con lui in Sicilia
Sull’Etna, Rota si è allenato con Chirico e Velasco
E adesso nel WorldTour…

Nella scorsa stagione ho ritrovato qualcosa in più, forse sono maturato sia fisicamente che mentalmente. Sono comunque riuscito a mantenere un buon livello pre e post quarantena e questo mi ha permesso di farmi notare dalla Wanty Intermarchè. Mi hanno contattato e nel giro di due giorni ho avuto il contratto… ho colto l’occasione al volo!

Questa maturità da cosa è scaturita?

Col senno di poi siamo tutti bravi a parlare, ma penso che essere passato presto tra i professionisti non sia stato un punto a mio favore. Mi ha fatto prendere tante batoste. Non ho cambiato molto il mio modo di allenarmi da un punto di vista tecnico, ma ho visto una crescita nell’affrontare ciò che mi succede, le gare e l’allenamento. Ho fatto quel salto di qualità di cui avevo bisogno per essere competitivo e stare tranquillo. Adesso vedo corridori giovanissimi come Remco che riescono a fare cose incredibili, ma per quanto mi riguarda non è stato così. Ho avuto anche un paio di cadute brutte che mi hanno fatto perdere condizione e ritmo. A quei livelli, ritrovarti a inseguire qualcuno che va più forte di te non è semplice. 

Cosa non ti ha fatto mollare nel periodo buio? 

Ho sempre sostenuto una cosa… Se avessi avuto la possibilità di esprimermi nel modo in cui volevo, con certi materiali e certe programmazioni di calendario, avrei potuto fare qualcosa di buono. Finalmente quando lo scorso anno sono arrivato alla Zabù ho ritrovato tutto ciò e ho iniziato ad affrontare il ciclismo in modo diverso: per obiettivi. Sapevo che se avessi continuato ad allenarmi nel modo giusto, prima o poi qualcosa di bello sarebbe saltato fuori. Non volevo smettere con il rimpianto di non aver dato tutto. 

Rota ha ammesso di essere passato troppo presto. Qui con l’amico Masnada
Rota: «Sono passato troppo presto». Qui con l’amico Masnada
Oltre la bici, qualche passione ? 

Non ne ho di particolari o meglio… le moto! Tempo fa sono riuscito ad andare a vedere una gara di MotoGp e spero di poter andare presto a vederne una di Formula Uno. 

In questa nuova stagione…

Mi piacerebbe fare una buona prima parte e mi sto preparando per quello, in modo da poter staccare un poco a maggio e fare un finale altrettanto buono. So che è un obiettivo abbastanza grande, ma mi piacerebbe essere competitivo nelle corse di un giorno e migliorare i piazzamenti che ho fatto lo scorso anno in gare come il Lombardia o la Milano-Sanremo. Fare quel passettino avanti per entrare in top 10.

Quale grande corsa a tappe è nel tuo calendario ? 

Farò la Vuelta probabilmente. Le corse di tre settimane, se devo dire la verità, non sono mai riuscito a prepararle al meglio. Per questo penso che concentrarmi sulle gare in linea che rispecchiano più le mie qualità sia la cosa migliore. 

Da under 23, Rota ha vinto il Giro delle Pesche Nettarine. Qui con Pearson e Garosio
Da U23, ha vinto il Pesche Nettarine: qui con Pearson e Garosio
Un ricordo indelebile che ti ha regalato il ciclismo ? 

Una trasferta fatta con Masnada lo scorso anno in Colombia. Tralasciando l’allenamento, ci siamo ritrovati in un mondo completamente diverso dal nostro. Vedere altre culture e modi di vivere così lontani da noi ti arricchisce a livello personale

Fausto Masnada… 

Mi alleno spesso con lui a Bergamo. Gli devo tanto, il suo essere meticoloso e il suo allenarsi in modo professionale è stato una fonte di ispirazione e mi ha aiutato davvero molto. Ha ottenuto tanti risultati, è un grandissimo atleta e lo ha dimostrato anche al Giro 2020. Lo vivo tutti i giorni e vedo come va e dove può arrivare… davvero lontano.