La nuova Paternoster, dalla strada verso un sogno a 5 cerchi

31.05.2024
5 min
Salva

E’ una Paternoster nuova quella che si approccia alla fase più importante della stagione (ma sarebbe più giusto dire della carriera, visto l’appuntamento olimpico). Anche la RideLondon ha confermato che la campionessa della Jayco AlUla ha ormai una nuova dimensione non solo su pista, ma anche su strada avendo lottato da pari a pari con le stelle del movimento, da Wiebes a Kopecky finendo quarta nella classifica generale a parità di tempo con l’iridata. Si era già capito alle classiche che eravamo di fronte a una Paternoster 2.0, le strade inglesi lo hanno ribadito.

La sua nuova dimensione nasce da una rinnovata consapevolezza: «Nel team, dove sono approdata lo scorso anno, ho trovato la mia dimensione, su di me è riposta tanta fiducia. Lo scorso anno è stato importante e delicato dopo tutto quello che era successo precedentemente, mi è servito per ritrovarmi, per creare una base di lavoro e la squadra ha avuto la pazienza di aspettarmi, ora ne stiamo godendo i frutti».

Il podio di tappa alla RideLondon Classique con Letizia seconda dietro la Wiebes
Il podio di tappa alla RideLondon Classique con Letizia seconda dietro la Wiebes
Già dalle classiche avevi espresso valori diversi dal passato…

Sì e guardando indietro posso anche dire che potevo ottenere anche di più. E’ da inizio stagione comunque che sto andando bene su strada, i valori sono sempre alti e questo mi conforta. Ho una nuova mentalità e consapevolezza e questo sarà importante soprattutto per gli anni a venire.

Se della Paternoster su pista si sa moltissimo, su strada eri quasi un oggetto sconosciuto, tanto che molti ti ritengono una velocista…

Io no, le mie caratteristiche non sono solo la velocità, anche se certamente in volata posso dire la mia. Ma tengo bene anche sugli strappi. Certo, non sarò mai uno scalatore e non potrò competere per la classifica delle grandi corse a tappe, ma anche quando passai professionista si vedeva che avevo caratteristiche multiple. Già quando passai pro’ vinsi il Festival Elsy Jacobs, gara a tappe battendo gente forte come Vos, Kopecky, Balsamo ed era una corsa con molti strappi, percorsi da classiche. Nell’ultima tappa arrivammo in 15 e vinsi io. D’altronde una velocista pura non posso esserlo, non ho leve lunghissime, ma so adattarmi a ogni percorso.

Un passo indietro nel tempo, la vittoria in volata di Paternoster in Lussemburgo. Era il 2018
Un passo indietro nel tempo, la vittoria in volata di Paternoster in Lussemburgo. Era il 2018
Il periodo nero, quello dei frequenti infortuni e conseguente naturale difficoltà a uscirne, sia fisicamente che psicologicamente, è messo finalmente alle spalle?

Sì, soprattutto mentalmente perché se mi guardo indietro non ho rimpianti per il tempo perduto. Sono giunta alla consapevolezza che anche quello è servito, mi ha fatto crescere, maturare. Quei momenti fanno parte del passato, bisogna andare avanti e guardare oltre.

Ora però la strada deve lasciare posto alla pista e al vero grande obiettivo…

Non ho mai perso il focus su quel che conta davvero in questa stagione. Appena tornata dalla Gran Bretagna sono stata due giorni a lavorare su pista a Montichiari e un paio di giornate saranno dedicate a quello anche nelle immediate settimane future, ma dopo il Women’s Tour potrò concentrarmi interamente sulla preparazione su pista. In programma avremo ancora un impegno in Belgio con Guazzini e poi sarà tempo del ritiro in altura.

Nel team australiano la trentina ha trovato l’ambiente giusto per tornare a crescere
Nel team australiano la trentina ha trovato l’ambiente giusto per tornare a crescere
Accennavi prima a Elisa Balsamo. Come hai vissuto il suo infortunio?

Un trauma. Eravamo a Livigno, io e Vittoria. Stavo guardando la corsa in tv, quando ho visto la caduta ho iniziato a urlare «Vittoria, Vittoria» perché Guazzini non stava guardando. Mi è venuto il cuore in gola, eravamo nel panico assoluto, con la gente intorno che ci chiedeva cosa stesse succedendo. Le corse che facciamo in questo periodo sono strane, le affrontiamo con uno stato d’animo particolare. C’è sempre un po’ d’ansia perché una caduta può significare perdere l’obiettivo a cui guardiamo da anni. Anche in Inghilterra, in certi frangenti ci pensavo due volte se buttarmi nella mischia e non nascondo che qualche tirata di freni la diamo…

Un problema che vi accompagnerà anche nelle prossime settimane, come a tutti coloro che, in qualsiasi sport, sono chiamati a partecipare a Parigi 2024…

Sì, perché basta un colpo d’aria, il più piccolo ostacolo a rimescolare le carte. Se uno ci pensa troppo, vive questo avvicinamento con terrore e sarebbe sbagliato. Bisogna fare attenzione, ma mantenendo sempre un atteggiamento positivo.

Alle classiche Paternoster ha mostrato un piglio nuovo, con ottimi piazzamenti
Alle classiche Paternoster ha mostrato un piglio nuovo, con ottimi piazzamenti
Come vivi le incertezze che ora circondano la presenza della Balsamo?

E’ stata una caduta terribile con conseguenze pesanti, ma spero tanto che non lo siano così tanto da impedirle di essere con noi e completare il cammino che abbiamo intrapreso. Dobbiamo confidare nella speranza, noi ci crediamo fortemente che Elisa sarà lì a lottare con noi.

Oltretutto la vostra gara, quella dell’inseguimento a squadre femminile, nei pronostici olimpici è considerata fra le 3-4 gare fra tutte le Olimpiadi con più possibilità di medaglia…

Stiamo toccando tutto il ferro che c’è – afferma ridendo la Paternoster – La pressione è tanta e fondamentale è anche l’approccio alla gara da vivere psicologicamente. In questo ci stanno aiutando molto Elisabetta Borgia come mental coach della nazionale e Paola Pagani che è la mia personale. E’ un bel gruppo il nostro, ci sosteniamo tutte, siamo 6 ragazze intercambiabili e ci diamo forza per esserlo. Lavoriamo su noi stesse per acquisire consapevolezza di quanto siamo forti e dove possiamo arrivare. Se arriviamo tutte al massimo della forma e diamo il 110 per cento, nessun traguardo è precluso.

Paternoster e Kopecky nell’omnium europeo 2024. Le ritroveremo rivali a Parigi 2024?
Paternoster e Kopecky nell’omnium europeo 2024. Le ritroveremo rivali a Parigi 2024?
Tu però non avrai solo l’inseguimento. C’è anche l’omnium che tra l’altro sarà l’ultimo giorno olimpico, quando ci sarà da completare la torta…

Infatti con Villa doseremo la preparazione, in questa prima parte ci stiamo concentrando sul quartetto, a luglio lavoreremo anche sull’omnium per essere pronta per il grande evento. Ho molta fiducia in Marco perché sa come si vince un’Olimpiade, l’ha fatto da atleta e da tecnico, è la persona migliore per trovare la quadra. Mi fido del suo metodo, so che può portarmi lontano.

Villa, da Milton con tante speranze e qualche timore

19.04.2024
5 min
Salva

Marco Villa è tornato da Milton, la sede canadese dell’ultima prova di Nations Cup su pista con un taccuino pieno di annotazioni, ma soprattutto con l’animo molto soddisfatto, conscio di avere fra le mani un gruppo che a Parigi potrà dargli belle soddisfazioni. Il circuito dell’Uci non è stato semplice da gestire, con azzurri e azzurre presenti a singhiozzo, ma quando ci sono stati i big, i risultati sono sempre arrivati.

In Canada in campo maschile sono stati fatti esperimenti, dovendo oltretutto presentare un Viviani ancora acciaccato e scosso per la caduta rimediata nelle classiche belghe. Le ragazze erano invece presenti in formazione tipo e i riscontri sono stati talmente esaltanti da far sognare in ottica olimpica.

«Ce la siamo giocata bene – ammette il cittì (in apertura con la Paternoster) pensando al secondo posto delle ragazze nel quartetto – c’erano le squadre migliori, mancava solo la Nuova Zelanda che penso sia l’unica con noi e la Gran Bretagna che possa fare 4’09”. Io non ho mai schierato il quartetto titolare per scelta: la Paternoster aveva già fatto mondiali ed europei, volevo invece vedere all’opera Consonni e Alzini per dare a tutte la possibilità di giocarsela, anche perché il torneo olimpico sarà lungo».

Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
La finale con le inglesi che presentavano la formazione tipo che cosa ti ha detto?

Che possiamo sfidarle con coraggio, senza partire battute. Pur senza Letizia, dopo 3 chilometri eravamo in vantaggio e loro avevano perso un elemento. Purtroppo anche noi lo abbiamo perso, la Consonni al terzo impegno in un solo giorno non ha tenuto e le ragazze si sono un po’ sfaldate. Il torneo era racchiuso in una sola sessione, ci può stare anche perché avevamo una differenza rispetto alle altre squadre.

Quale?

Ho avuto la netta sensazione che le formazioni come Gran Bretagna e Francia siano arrivate a Milton rodate, dopo allenamenti mirati. Noi no, le ragazze si sono ritrovate lì dopo tempo, visti gli impegni su strada. La Fidanza è venuta a Montichiari venerdì prima della partenza per il Canada, la Guazzini aveva fatto i suoi carichi ma la Alzini non c’era, quando è arrivata non avevo con chi farla girare. Mancavano molti sincronismi, ma questo non mi preoccupa, anzi in questo periodo e considerando le difficoltà contingenti è un buon segno.

La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La situazione sembra identica a quella di tre anni fa degli uomini, quando i ragazzi erano vicini ma ancora inferiori alla Danimarca. Poi sappiamo a Tokyo com’è andata a finire…

Io sono fiducioso, se avremo la possibilità di farle lavorare tutte insieme potremo fare grandi cose. A 4’09” ci siamo già con questa situazione, significa che si può fare meglio. Sono rimasto molto colpito dal rendimento di Consonni e Balsamo senza alcun allenamento specifico, come anche da quel che ha fatto la Paternoster

Che sembra tornata davvero ai suoi migliori livelli…

Ho preferito che a Milton si concentrasse sull’omnium per avere e darmi risposte. Ha fatto davvero delle belle prove, è più vicina alle più forti come Archibald e Valente. Sicuramente l’attività su strada e soprattutto i risultati ottenuti in essa le hanno dato tanto in termini di fiducia, la vedo più sicura, si è messa finalmente alle spalle tutte le tribolazioni. Anche nel suo caso i margini di miglioramento sono ampi.

Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Paradossalmente anche la madison ha dato risposte positive, con Balsamo e Guazzini quarte dopo molti errori tecnici, soprattutto nei cambi.

Voglio vedere quella gara come un bicchiere mezzo pieno proprio perché ci sono molti particolari tecnici da aggiustare. La volata va impostata almeno 4 giri prima, non negli ultimi due e questo concetto non è ancora entrato nei sincronismi della coppia. L’ultimo sprint ha visto la Guazzini partire da molto dietro e fare una grande rimonta, ma spendendo molte energie che sarebbero state utili. Rivedremo i filmati, lavoreremo su quel che non ha funzionato guardando anche a come si muovono formazioni collaudate come Gran Bretagna e Francia. Io sono ottimista.

Veniamo agli uomini. Il 5° posto ti ha soddisfatto?

Era quello il nostro livello, in presenza di squadre con la formazione tipo e che hanno fatto una sorta di prova generale per i Giochi. Vorrei sottolineare la prova del Giappone, arrivato ancora a 3’48”, si vede come Gisiger stia lavorando bene anche lì dopo quanto fatto con la Svizzera. A dir la verità mi aspettavo un po’ di più da Manlio Moro, ma è arrivato con ancora dentro le tossine della Roubaix. Per uno giovane come lui era stata una grande opportunità, non potevo certo chiedergli di rinunciare.

Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
A tal proposito, in Belgio abbiamo vissuto la grande paura delle cadute di Milan e Viviani. Come stai vivendo queste settimane di approccio olimpico, hai anche tu paura di infortuni?

Se avessi paura non andrei avanti. Non dimenticate che nell’opinione generale è la pista che è più pericolosa, dove si cade e ci si fa male. Può capitare dappertutto, ma io non posso fasciarmi la testa a prescindere. I corridori devono onorare gli impegni delle loro squadre, io non posso far altro che sperare che non avvenga nulla né quando sono con loro, né tantomeno quando si allenano con noi. Non dimenticate quanto avvenne prima di Tokyo, quando Milan cadde in allenamento a Montichiari, mica in una corsa su strada… E’ un avvicinamento normale, andiamo avanti alla giornata.

Come si lavorerà ora?

Alcuni saranno impegnati con le squadre, c’è anche chi andrà al Giro, con altri faremo un periodo in altura. Lo stesso dicasi per le ragazze dove anzi ho programmato uno stage in altura per tutte meno la Guazzini che farà la Vuelta. Vedremo di giostrarci come sempre, cercando tutti i momenti giusti per lavorare insieme fino al rush finale verso Parigi dove tireremo le somme.

Un cenno finale lo merita Miriam Vece, che ha portato a casa due storiche qualificazioni…

Quando ho preso in mano il settore femminile le ho detto subito che doveva e poteva provarci, soprattutto nel keirin che viveva con grandi paure per cadute passate. Ci ha lavorato, a Milton ho visto suoi passaggi senza paura in mezzo alle avversarie, cosa che prima non avrebbe mai fatto. Sta migliorando, si presenta sempre in buona posizione alla campana, io dico che non va a Parigi solo per partecipare.

Pinotti e la nuova Paternoster: «Bisogna lavorare di più»

14.04.2024
4 min
Salva

Allo stesso modo in cui, vinto il Fiandre, Elisa Longo Borghini ha ringraziato Paolo Slongo, nelle parole di Letizia Paternoster è risuonato più volte quello di Marco Pinotti. La trentina non ha ancora vinto grandi corse su strada, ma è innegabile che rispetto allo scorso anno le prestazioni di questa primavera siano nettamente superiori. Per cui si è accesa la stessa curiosità. E come qualche giorno fa contattammo Paolo Slongo sul Teide, ora è la volta di Pinotti che risponde da Andorra. Si lavora in funzione del Giro d’Italia, i preparatori in questa fase hanno le loro tante cose da fare.

Letizia Paternoster è sempre stata allenata da Dario Broccardo, Maestro dello Sport che con Pinotti collaborò negli anni della BMC. Tutto quello che sa sulla cronometro a squadre, ammette onestamente il bergamasco, l’ha imparato dal tecnico trentino. Allora in che modo Marco è entrato nella routine della “Pater”?

«Ci tengo a confermare – inizia – che Letizia è sempre seguita da Broccardo. Ma io mi occupo di sovraintendere alla preparazione degli atleti, per cui quando lo scorso anno è arrivata, ho iniziato a seguire anche il suo lavoro. Devo dire che la prima sensazione era che non lavorasse abbastanza e soprattutto mi sono accorto che non caricava i file. Siccome non sono uno che le manda a dire, gliel’ho fatto presente e forse lei ha visto in questo una forma di attenzione. A un certo punto, all’inizio del nuovo anno, mi ha chiesto in che modo avrebbe potuto cambiare la preparazione. Voleva fare bene al Nord, ma era febbraio e non c’era tanto tempo. Io ho obiettato che avremmo dovuto parlarne con Broccardo, ma mi ha detto che lo avrebbe fatto lei. E così ho cominciato a darle qualche consiglio».

Crono di Monte Lussari al Giro 2023: Pinotti sulla moto alle spalle di Filippo Zana
Crono di Monte Lussari al Giro 2023: Pinotti sulla moto alle spalle di Filippo Zana
Parlando di te, Letizia ha fatto riferimenti alla necessità di crescere nell’esperienza e nella resistenza.

E ha ragione. E’ certamente un’atleta di talento, che però da solo non basta. Bisogna lavorare: gliel’ho detto subito. Si è visto alla Roubaix. Le sono mancati gli ultimi 20 chilometri, proprio perché non ha la resistenza di base necessaria. Ma ugualmente, anche se 21ª a 2’14”, è stata la migliore delle nostre e questo conferma il talento. Invece per il discorso dell’esperienza, mi chiedeva chi curare e come muoversi in gara.

E tu?

E io, consapevole che sia adatta a quelle corse, le ho dato qualche consiglio. Ero consapevole che non avessimo una squadra per chiudere sugli attacchi delle altre, soprattutto alla Roubaix, e che lei non potesse seguirle tutte. Al Fiandre siamo andati bene e tutto sommato anche alla Roubaix finché le gambe hanno tenuto.

Hai parlato di poco lavoro.

Quando mi ha cercato, sono stato un po’ duro. Le ho detto che non avrei voluto perdere tempo. Avevo visto da poco un suo file e c’era scritto che aveva fatto 5 ore a 90 watt medi. Davanti alla mia durezza, deve aver apprezzato il fatto che io guardassi quotidianamente il suo lavoro. Si è sentita supportata e si è rimboccata le maniche. Le manca l’abitudine a certe distanze, ma si sta impegnando e i risultati si iniziano a vedere.

Dario Broccardo, Maestro dello Sport trentino, è stato tecnico federale e ha collaborato con la BMC. Qui a Richmond 2015 con Oss e Quinziato
Broccardo è stato tecnico federale e ha collaborato con la BMC. Qui a Richmond 2015 con Oss e Quinziato
Sentendola parlare, è parsa un’atleta più consapevole.

E’ più matura, ma questo fa parte del processo di crescita. Sta imparando a fare le sue scelte, facciamo l’esempio della Roubaix. Dopo il Fiandre, avrebbe dovuto lavorare su pista. A noi come squadra è un discorso che interessa relativamente, ma ci siamo impegnati a lasciarla libera di andare. Invece lei ha deciso di voler tornare su per correre ancora. Mi ha detto che per Broccardo andava bene: ci ha parlato lei. Ha fatto un giorno in pista e poi è tornata al Nord.

In che modo state gestendo la preparazione olimpica?

Ho parlato con Dario. In questa fase stiamo valutando che non facendo il Giro d’Italia, Letizia potrebbe non avere un programma abbastanza importante in vista di Parigi. Come squadra, corriamo il Thuringen Ladies Tour con la Devo Tem, quindio lei non può partecipare. Quindi farebbe la Ride London e il Womens Tour, che è poco. Altre faranno un calendario più pesante di lei.

Nella Coppa del mondo di Milton, per Paternoster arriva l’argento nell’eliminazione (foto FCI)
Nella Coppa del mondo di Milton, per Paternoster arriva l’argento nell’eliminazione (foto FCI)
Perché non può fare il Giro d’Italia?

Perché finisce il 14 luglio e non avrebbe tempo per fare i lavori specifici che servono per la pista.

Non credi che questa sovrapposizione con Broccardo potrebbe generare qualche confusione?

Dario la conosce da tempo e lei si fida. Non so come andrà avanti la collaborazione. Se mi chiederà consiglio, io glielo darò. Ma Dario è uno bravo e con lo studio può certamente tenersi al passo con le nuove tendenze della preparazione. Certo che Letizia ha bisogno di lavorare di più: quello che faceva prima non può assolutamente bastare.

La Paternoster del Fiandre, parole nuove e gli occhi della tigre

06.04.2024
6 min
Salva

«Penso che il momento in cui ho risposto alla Longo – ride Paternoster – sia stato quello in cui mi ha finito, il colpo di grazia. Diciamo che negli ultimi chilometri del Fiandre quello che mi spaventava in realtà non era tanto il Paterberg, ma il Qwaremont. Il Paterberg è più corto e più esplosivo, anche se alla fine di esplosività non ne era rimasta molta. Diciamo che il Qwaremont e i suoi due chilometri mi tenevano in apprensione. Di solito tutte le azioni importanti delle scalatrici iniziano lì, per cui una volta che l’ho passato, sono andata al muro successivo con fiducia e invece ho scoperto di non averne più. Devo dire che confrontandomi con i direttori sportivi, ad esempio con Pinotti, sicuramente quel tipo di resistenza mi verrà con le gare e con l’esperienza. A me mancano un po’ di corse nelle gambe rispetto a tutti quelli davanti, quindi penso che col tempo riuscirò a colmare questo gap».

Martedì era in pista, mentre giovedì Letizia è partita nuovamente per il Nord: destinazione Roubaix. La trentina, che tanti per anni hanno accusato di pensare soltanto all’esteriorità, ha cambiato decisamente registro. Chi l’ha vista combattere a Waregem e poi al Fiandre, ha fatto fatica a riconoscerla. Un terzo e un nono posto. Una tigre, con la voglia di riprendersi qualcosa che sentiva di aver perso: una ragazza di 24 anni che sta crescendo e ha la carriera tutta davanti. Che stesse cambiando lo avevamo intuito incontrandola a settembre all’Italian Bike Festival, ma l’inverno ha portato davvero grandi cambiamenti.

Dopo l’arrivo del Fiandre, Letizia Paternoster era sfinita e motivata
Dopo l’arrivo del Fiandre, Letizia Paternoster era sfinita e motivata
In queste corse sei sembrata molto cattiva, non ti si vedeva così da un pezzetto…

Sono molto cattiva? No dai, non sono mai cattiva. Sicuramente ho tanta fame di risultato, tanta grinta, tanta voglia di arrivare e sicuramente si vede.

Questo amore per le corse del Nord c’è sempre stato o lo stai scoprendo ora?

In realtà diciamo che sono alle prime esperienze in queste gare. La prima volta che le ho fatte è stata lo scorso anno, la prima volta nella mia vita al Fiandre e alla Roubaix. La Attraverso le Fiandre invece l’ho scoperta quest’anno. Devo dire che mi stanno piacendo assai. E anche se non le abbiamo fatte col sole, ho scoperto che mi piacciono queste condizioni estreme, questa fatica. E’ tutto un insieme di cose che le rendono belle, perché amo soffrire, amo la fatica. Quindi riuscire a fare bene con queste condizioni mi piace davvero tanto. E arrivare alla fine e riuscire a stare bene fa sì che mi senta un’atleta tosta. E mi piace dimostrarlo.

Forse dimostrarlo è il verbo più giusto. Raramente avevi mostrato questa convinzione: vuoi far vedere che nei sei capace?

In realtà non è voglia di farlo vedere, quanto una cosa che mi viene da dentro. Sinceramente lo faccio solo ed esclusivamente per me stessa, penso di volerlo dimostrare innanzitutto a Letizia. Essere là, sentirmi bene, riuscire ad andare forte. E più riesco ad andare forte, più mi esalto e vado ancora meglio. E’ un nuovo circolo in cui mi trovo benissimo.

Il podio di Waregem, con Vos e Van Anrooij, è il primo degli ultimi due anni: un risultato che vale
Il podio di Waregem, con Vos e Van Anrooij, è il primo degli ultimi due anni: un risultato che vale
Meglio il terzo posto a Waregem o il nono del Fiandre?

Entrambi, ognuno ha il suo sapore. Sicuramente tornare sul podio è stato veramente emozionante, soprattutto esserci ritornata con un’azione di forza. Il Fiandre però è il Fiandre, è unico. Essere lì davanti fino all’ultimo muro a combattere con le grandi del ciclismo è stato veramente qualcosa di unico. Mi ha dato sicuramente fiducia ed è il punto di partenza che mi serviva e mi ha dato tantissime conferme. Una grande motivazione che mi fa ben sperare per il futuro. Sicuramente d’ora in avanti ci credo un po’ di più.

La sensazione è che il cambio di squadra sia stato un passaggio decisivo.

Sì, alla Jayco-AlUla mi sento veramente bene, mi vogliono veramente bene. Credono tantissimo in me, ci hanno creduto fin dal primo momento che mi hanno presa, accolta, accudita e aiutata a crescere. Avevamo un grande obiettivo, hanno sempre creduto nei miei numeri e sapevano che con pazienza e lavoro sarebbero riusciti a tirarmi fuori e così è stato. Hanno creato intorno un clima di lavoro veramente sereno, il cui merito è soprattutto di Brent Copeland. Penso che questo sia stato il punto di svolta.

Secondo te accade tutto grazie alla squadra oppure grazie a Letizia che sta diventando grande?

Penso che sia per entrambe le cose. Sicuramente in primis c’è una Letizia che è cresciuta, che è maturata. Che con le esperienze negative del passato è riuscita a maturare e imparare tanto. Ora ho una consapevolezza diversa. D’altra parte c’è la squadra vicina che mi ha dato fiducia. Mi stanno insegnando tantissimo e io ho bisogno di imparare tanto.

La nuova Paternoster sta sommando esperienze importanti correndo fra le big
La nuova Paternoster sta sommando esperienze importanti correndo fra le big
Che cosa?

Una delle cose di cui mi sono veramente resa conto è che stavo in gara, lì davanti, e pensavo: e adesso che faccio? Allora ho iniziato a guardare la Longo Borghini oppure Lotte Kopecky. Quando cambiavano rapporto, cambiavo anch’io. Guardavo come si muovevano. Quando prendevano i ciucciotti, dicevo: «Cavolo, devo mangiare». Tutte cose che sto iniziando ad imparare adesso che riesco a pedalare vicino a queste grandi campionesse. Sta andando tutto bene, sicuramente la vita è una ruota che gira e adesso è tempo che giri anche dalla mia parte.

Com’è stato passare dai sassi e dalla pioggia del Fiandre al parquet di Montichiari?

Bellissimo (ride, ndr), una gioia infinita, un sollievo. Sono tornata perché in vista della Coppa del mondo di Milton era giusto fare un allenamento in pista, riprendere un po’ di brillantezza. Ho visto Marco Villa, prima abbiamo girato insieme alle ragazze del quartetto e poi ho fatto un po’ di lavori con lui per richiamare la brillantezza e l’esplosività con la bici da corsa a punti.

Cosa farai alla Roubaix?

Non ci sono salite, ma ci sono pietre. La affronto con tantissimo entusiasmo, sapendo che sto bene. Voglio riuscire a capirla, pur sapendo che è una corsa in cui contano tanto anche le condizioni esterne. Voglio arrivare lì con la maggiore positività possibile, con il grande sorriso e con grinta e voglia di stupire. Dentro di me so che sto bene, so che Roubaix è un posto che mi ha sempre portato bene. Lì ho vinto il mio primo mondiale in pista, proprio davanti a Lotte Kopecky. Chissà, magari è di buon auspicio. Voglio lottare fino alla fine, la fatica non mi fa paura e finché ne ho, lotterò per sognare in grande.

Agli europei per Paternoster è arrivato il titolo dell’inseguimento a squadre
Agli europei per Paternoster è arrivato il titolo dell’inseguimento a squadre
Quasi non ti si riconosce: Letizia è sempre stata così guerriera e non lo avevamo capito?

Questa è la vera Letizia. C’è sempre stata, ma forse in quel periodo un po’ nero si era persa. Ora ho ritrovato quella che ero. Da junior sono sempre stata così, i primi anni da professionista feci terza alla Gand-Wevelgem. Ero questa, lo sono tuttora, mi sono ritrovata.

Le Olimpiadi di Parigi si svolgeranno ad agosto, restano il pensiero centrale?

Le Olimpiadi sono il grande e unico obiettivo dell’anno. Le sogno da tantissimo, chiudo gli occhi e ci penso. Ho fatto una grande preparazione per i campionati europei che sono andati bene, sono andata molto bene nel quartetto e da lì ho iniziato a fare veramente dei buoni numeri. Ora è il momento di correre su strada e stanno venendo fuori dei bei risultati, ma diciamo che tutta la preparazione è nata per la pista. Voglio ottenere i migliori risultati perché ho tanta fame di vittoria.

A Tokyo non si è vista una grande Paternoster, quanto sei diversa da allora?

Tanto. Sono una Letizia serena e con tanta voglia di riscatto. Se penso a Tokyo, penso soprattutto alla tanta voglia di riprendermi quello che ho lasciato per strada.

Paternoster, la svolta c’è stata. Adesso si fa sul serio

16.09.2023
4 min
Salva

MISANO ADRIATICO – In una pausa tra autografi e foto, Letizia Paternoster tira un po’ il fiato e si racconta. L’Italian Bike Festival ci inonda con le note basse, lo scorrere delle bici e il luccicare degli occhi di tanti appassionati davanti a biciclette come gioielli. La trentina ha il sorriso giusto e gli occhi che guardano fissi. La stagione volge al termine e la sensazione, questa volta più di altre, è che il personaggio e l’atleta comincino di nuovo a coincidere. Non è facile convivere con un’etichetta appioppata da altri che trovano più semplice sentenziare che capire, ma forse quello che serviva per scrollarsela di dosso era risollevare il capo e scoprire i denti. Letizia adesso vuole vincere. Sa che la strada per battere le prime della classe è ancora lunga, ma adesso è sulla strada giusta. Per togliersi di dosso tutto quello che in qualche modo le impediva di farlo ha avuto bisogno di qualche mese. Ed è lei a spiegarlo.

«Bene – risponde – sto molto bene. In questa stagione sono cresciuta tanto, ho ritrovato veramente me stessa e sogno le Olimpiadi per il prossimo anno. Quindi continuo a lavorare a testa bassa. Il 2023 è stata una stagione dove veramente avevo bisogno di fare tanta strada, come ho fatto quest’anno. Ho lavorato molto e la mia squadra mi ha veramente supportato tanto. Sono andata al Simac Ladies Tour, ho finito con un quarto e un sesto posto. Comunque ho ritrovato i miei numeri, i miei livelli e so che ho ancora tanto da dare, lavorando con Dario Broccardo e con Marco Pinotti come supervisore».

Nel 2022 per Paternoster appena 21 giorni di corsa, quest’anno nel nuovo team è già a 32
Nel 2022 per Paternoster appena 21 giorni di corsa, quest’anno nel nuovo team è già a 32
Che cosa mancava a Letizia all’inizio dell’anno?

Per tanti anni ho messo la strada un po’ da parte, ma sicuramente mi mancava soprattutto la serenità giusta per poter affrontare la stagione. Cambiando squadra ho veramente ritrovato un team intorno a me, che mi ha supportato tanto. Ho iniziato a lavorare con Paola Pagani, una mental coach che mi ha fatto crescere e mi ha fatto fare una svolta. Sicuramente avere un team intorno mi ha aiutato ad uscire un po’ dalla gabbia. E’ stato fondamentale e ora ho finalmente la serenità e la cattiveria giusta.

La strada resta funzionale rispetto alla pista oppure è un terreno su cui vuoi fare bene?

No, la strada è un obiettivo fondamentale. Sicuramente in vista del prossimo anno e delle Olimpiadi, la pista è l’obiettivo più grande, poi però voglio continuare a crescere in questa squadra. E’ un posto in cui sto bene.

Foto e autografi, soprattutto sono state tante ieri le piccole cicliste che hanno cercato Paternoster
Foto e autografi, soprattutto sono state tante ieri le piccole cicliste che hanno cercato Paternoster
Hai parlato di gabbia, puoi descrivere cosa intendi?

Sicuramente non ero in un momento super felice, super sereno. Non avevo la tranquillità giusta. E sicuramente aver costruito un team intorno a me mi dà sicurezza, mi ha aiutato semplicemente per aver creduto in me. Sicuramente avere persone che credono in te ti dà la forza per risalire.

Bene le gambe, insomma, ma la testa fa la vera differenza?

La testa e l’ambiente, passa tutto per questo.

Che effetto fa stare in mezzo ai tifosi in questo mare di bici?

E’ sicuramente bello. Sono veramente felice di vedere tanti appassionati e la cosa che mi rende ancor più felice è vedere tante ragazze, tante donne appassionate della bici. Quello del ciclismo femminile è sicuramente un ambiente in crescita e questo è davvero bello.

Paternoster e Chiappucci sono testimonia rispettivamente fi Giant e LIV: due marchi dello s tesso gruppo
Paternoster e Chiappucci sono testimonia rispettivamente fi Giant e LIV: due marchi dello s tesso gruppo
Stagione finita o si corre ancora?

Ho ancora l’Emilia, la Tre Valli Varesine, poi la Cina. Forse la nota meno bella di questa bella annata sono stati i mondiali. Li ho chiusi con un po’ di amaro in bocca dopo l’omnium, ma non facevo una gara di gruppo così da due anni. E’ stato bello poter ripartire con la corsa a punti giocandomi una medaglia. Ci ho creduto fino alla fine, purtroppo c’è stata quella caduta nel momento più sbagliato. Ma sento di essere sulla strada giusta e questo finalmente mi dà tanta serenità. 

Mondiali deludenti? Bragato proietta i suoi numeri su Parigi

27.08.2023
5 min
Salva

Non nascondiamocelo: i mondiali di ciclismo a Glasgow potrebbero aver lasciato una punta di amaro in bocca in sede di consuntivo per la rappresentativa italiana. Nelle discipline olimpiche (e quando si è nell’anno preolimpico è a quelle che bisogna soprattutto guardare) sono arrivati un argento e un bronzo, sempre con Ganna di mezzo. A mente fredda è il caso di riesaminare quanto avvenuto nelle due settimane in terra scozzese proprio proiettando quanto avvenuto – e soprattutto le indicazioni emerse – verso il 2024 e nessuno più di Diego Bragato è adatto a farlo.

Bragato, oltre che parte integrante dello staff tecnico di Villa per il ciclismo su pista è il responsabile del Team Performance e appena chiusa la rassegna iridata ha ripassato al computer la marea di dati emersi, traendone idee utilissime per l’avvicinamento all’appuntamento di Parigi 2024.

Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive
Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive

«Il bilancio secondo me è positivo – esordisce subito Bragato – non dobbiamo dimenticare che ai mondiali ci sono anche gli altri e una rassegna preolimpica è sempre qualcosa di diverso rispetto alle altre. Tutti sanno di giocarsi molto, ma più che guardare fuori guardiamo in casa nostra e a come siamo arrivati a questo appuntamento».

Che cosa intendi?

Sono stati per noi mondiali molto diversi dagli altri. Gli infortuni sparsi e l’attività su strada hanno influito sulla nostra compagine più che sulle altre. Io devo commisurare i risultati ottenuti proprio in base a questo cammino di avvicinamento e per questo posso dire che nel complesso siamo andati bene.

Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Misurare il ciclismo non è facile: salvo che nell’inseguimento a squadre e, parzialmente, nella velocità (facendo sempre riferimento alle prove del programma olimpico) non si hanno numeri che quantifichino subito la prestazione…

Infatti, il mio compito è valutare ogni singolo caso, guardare alla prestazione complessiva in base alla prova affrontata. Guardate ad esempio Viviani: è arrivato al mondiale decisamente in forma, ma gli mancava l’approccio alla gara a causa della desuetudine. Non basta essere pronti fisicamente, serve anche correre più volte le gare anche per commisurarsi agli altri, vecchi e nuovi. Lo stesso vale per le ragazze: la Paternoster era competitiva come da tanto non accadeva, ma le mancavano i giusti meccanismi. Questo è un primo aspetto sul quale ragionare in vista di Parigi: fare in modo che i nostri riacquistino dimestichezza.

Essendo proprio un mondiale così delicato, la scelta di lasciare responsabilità di decisione alle ragazze non è stata un po’ affrettata?

E’ un quadriennio delicato, più corto e le ragazze sono alle prese con mille cambiamenti nel WorldTour – sottolinea Bragato – Villa ha ritenuto opportuno non sovraccaricarle, sapendo che c’era un prezzo da pagare. Se guardo all’inseguimento a squadre, il cronometro mi dice che non siamo così distanti dal vertice. Nella finale per il bronzo abbiamo perso di soli 3 decimi contro la Francia che aveva ragazze che, per essere lì al massimo, avevano rinunciato al Tour de France, la gara di casa. Anche questo va valutato in positivo.

Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
E’ però un’esperienza sulla quale bisogna porre le basi per un approccio olimpico ben diverso.

Su questo non si discute. C’è bisogno di un accordo organico con i team di appartenenza di tutti i nostri ragazzi. Dopo la Vuelta il team manager Amadio supportato dai tecnici di settore ha in programma una serie d’incontri con tutti i manager delle squadre WT di riferimento, al maschile e al femminile, per tracciare il cammino verso Parigi. Villa come Bennati e Sangalli deve iniziare il lavoro con una certezza di tempi e modi. Anche perché la stagione su pista inizierà subito, con gli europei in programma dal 10 al 14 gennaio e bisognerà fare bene in quell’occasione.

Poi ci saranno anche tre tappe di Nations Cup da febbraio ad aprile…

Bisognerà trovare la quadra, dare la possibilità a ragazzi e ragazze di lavorare su pista con continuità, ma anche avere occasioni di confronto vere in gara e la challenge sarà utilissima in tal senso. Certo, conciliarla con il calendario su strada non sarà semplice, per questo le settimane subito dopo la fine della stagione saranno importantissime.

Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Torniamo su un tema dibattuto subito dopo Tokyo: per noi del ciclismo come per tutte le altre federazioni di riferimento non sarebbe utile avere un contraltare costituito da un settore Preparazione Olimpica del Coni con diversi poteri, che possa svolgere un ruolo di controllo e di affiancamento nel cammino di qualificazione per i Giochi Olimpici?

Ci addentriamo in un argomento spinoso – avverte Bragato – le discipline sono molto diverse, il ciclismo ha esigenze che non sono certo quelle di atletica e nuoto, per fare due esempi. Noi abbiamo un rapporto consolidato e molto stretto con la Scuola dello Sport, ci confrontiamo spesso per alzare il livello delle nostre discipline. Tanto per fare un esempio, dalla Scuola abbiamo avuto tutta una serie di attrezzature per la registrazione e la visualizzazione specifica dei lavori effettuati a Montichiari e questo ci serve molto. Sempre con la Scuola stiamo affrontando anche il discorso di discipline specifiche come il bmx freestyle dove partiamo da zero, abbiamo bisogno di reclutare giovanissimi e possiamo farlo guardando anche ad altre discipline simili.

Obiettivamente, ti senti ottimista?

Io sono convinto che possiamo fare davvero bene in ogni disciplina dalla strada alla pista alle altre. Siamo forti e lo sappiamo, anche le gare che non ci hanno premiato a Glasgow ci dicono comunque questo. Serve qualcosa in più, serve entusiasmo, ritrovare quell’energia che c’era a Tokyo e che si respirava già a mesi di distanza. Bisogna partire col piede giusto e fare in modo che tutto s’incastri al meglio. Oltretutto cominceremo subito – afferma Bragato – nella prima giornata di finali ci saranno le cronometro su strada e sappiamo che ci giochiamo molto, noi del ciclismo e l’intera spedizione azzurra, vediamo d’iniziare col piede giusto…

Aveva ragione Sangalli: Paternoster sta tornando

Giada Gambino
02.07.2023
4 min
Salva

Al via del Giro d’Italia Donne rinviato di un giorno per il brutto tempo, ma che l’ha vista in testa nella cronometro, Letizia Paternoster ci racconta delle sue sensazioni dell’ultimo periodo e di come il ciclismo sia centrale nella sua vita. Il resto è un contorno, le critiche lasciano il tempo che trovano. Dopo i campionati italiani, il tecnico azzurro Sangalli l’ha inserita fra le sorprese più belle.

Prima della crono cancellata, il riscaldamento di Paternoster era stato deciso ed efficace
Prima della crono cancellata, il riscaldamento di Paternoster era stato deciso ed efficace
La tua forma fisica dell’ultimo periodo…

Avevo preso il Covid come tanti ciclisti a fine aprile, ma passato quello sembrerebbe che tutto sia andato per il meglio. In altura mi sono allenata tanto, più di quanto abbia mai fatto. Sto bene, sono pronta. Ho lavorato tanto, vedremo come sarà questo Giro. Dopo il campionato italiano su strada (ha conseguito il settimo posto, ndr) ho creato molte aspettative su me stessa. Spero di non deluderle, ma penso che non sarà così. Il mio obiettivo sarà quello di scoprire i miei limiti, che forse ancora non conosco

Il Giro d’Italia con il nuovo team.

Sono molto entusiasta, un pochino agitata perché è il primo Giro, la prima grande corsa a tappe. E’ tutto nuovo. Ma farlo con questa squadra, questa famiglia, mi rende super serena e soprattutto sono tanto motivata. 

Nel 2023 ha debuttato nella Roubaix (65ª al traguardo), poi come molti ha ripreso il Covid
Nel 2023 ha debuttato nella Roubaix (65ª al traguardo), poi come molti ha ripreso il Covid
Cosa più ti spaventa del Giro?

L’imprevisto! Sono contenta delle mie prestazioni, della mia preparazione e di come sto andando. Ho lavorato molto e bene. Quindi sì, l’imprevisto è ciò che più mi spaventa. Ci può sempre essere, ma non voglio nemmeno pensarci, non accadrà. 

A breve i mondiali su pista… 

Dopo il Giro la mia concentrazione e determinazione si sposteranno unicamente su quelli. La maglia azzurra mi dà tanta carica e la motivazione, se il Giro andrà bene, sarà quella giusta. 

Qual è la differenza principale tra il team Italia e la nuova avventura nel team Jayco-AlUla?

C’è un ambiente un po’ diverso, nel Team Jayco-AlUla mi sento a casa. Faccio un po’ di difficoltà a trovare delle differenze, è tutt’altra cosa.

La Vuelta Burgos l’ha proiettata sui tricolori, cui è arrivata dopo tanto lavoro in altura. E ora il Giro
La Vuelta Burgos l’ha proiettata sui tricolori, cui è arrivata dopo tanto lavoro in altura. E ora il Giro
A volte ti vengono mosse delle critiche per il tuo essere attiva sui social e per le tue sponsorizzazioni, di vario genere, che mettono in risalto la tua bellezza e femminilità… 

Non faccio la modella! Fortunatamente ho degli sponsor vicino a me che hanno voglia di lavorare e che mi danno modo di farlo. Forse questo dà anche modo al ciclismo femminile di emergere e di essere un po’ piu’ conosciuto di quanto già sia. Al di là di questo, ho capito che l’invidia è umana e spesso chi parla non ha i miei stessi sponsor. Del giudizio delle persone ho imparato a… fregarmene (ride, ndr )!

In sport come il calcio, gli sportivi fanno tantissime sponsorizzazioni, eppure nessuno li giudica, è la normalità… 

Esattamente! Quello che amo fare è andare in bici e andare forte. Ho manager intorno a me che sanno quando mi posso dedicare ad altro o meno. La priorità nella mia vita l’ha sempre il ciclismo e quando ho tempo do spazio anche al resto, ma è semplicemente un valore aggiunto. Non dimentichiamoci che anche quello è un lavoro, un introito in più. Siamo seri, chi rifiuterebbe una collaborazione, ad esempio, con la Nike (sorride, ndr)? Le persone che parlano sono quelle che probabilmente pagherebbero per quello che ho io. 

Con Martina Fidanza agli europei di Grenchen 2022, in pista Paternoster ha vinto 6 mondiali e 15 europei sin da junior
Con Martina Fidanza agli europei di Grenchen 2022, in pista Paternoster ha vinto 6 mondiali e 15 europei sin da junior
Dai un consiglio a Letizia per la stagione estiva.

Vai dritta per la tua strada, continua in questa direzione. Hai sofferto troppo per cose che non ne volevano la pena. Vai dritta verso i tuoi sogni senza farti fermare da nessuno. 

In quale momento della gara esce la tua cattiveria agonistica?

Dal momento in cui prendo il via in una gara in cui ci credo e so che posso fare bene, dalla partenza! Voglio vincere!

Bufera a Chianciano, crono annullata. “Pater” beffata

30.06.2023
6 min
Salva

CHIANCIANO TERME – La beffa è grossa. Letizia Paternoster fa buon viso a cattivo gioco. Nel momento in cui la crono di apertura del Giro d’Italia Donne viene cancellata, la trentina ha il miglior tempo. Un altro passo avanti dopo le due belle prove ai campionati italiani, invece di colpo bisogna far finta di nulla.

Nulla lasciava presagire un simile epilogo. Il mattino aveva il sole, mentre i commissari dell’UCI misuravano le bici per la crono imminente. Quella di Elisa Longo Borghini rimandata in officina perché trovata più lunga di un centimetro, poi la crono è partita e dopo la prima atleta, il cielo si è chiuso. e quando si è riaperto, è venuto giù il mondo…

Il protocollo UCI

La pioggia, la grandine, l’acqua sulla strada, le foglie. Le cadute. Mavi Garcia, una di quelle che deve fare classifica, ha perso un minuto e la sua diesse (Giorgia Bronzini) è fuori dalla grazia di Dio. Finché l’organizzazione, i commissari UCI, il CPA e anche i rappresentanti del Team Jayco AlUla (squadra delle prima in classifica) prendono la decisione: tappa neutralizzata.

«Quando siamo partiti c’era il sole – racconta Giuseppe Rivolta, che un tempo organizzava la corsa – invece subito dopo la prima atleta è cominciato il brutto tempo. E’ arrivata anche la grandine e abbiamo dovuto per forza sospendere per 15 minuti dopo le prime 37 partenti. Sembrava che si potesse ricominciare, infatti abbiamo ripreso. Poi è arrivato ancora il diluvio universale e a quel punto abbiamo dovuto applicare il protocollo UCI sul maltempo. Sospendere la gara era la decisione giusta da prendere. Pioveva. La strada era piena anche di foglie e quindi non c’era più sicurezza. In più c’erano anche strade allagate, quindi la gara oramai era falsata e non era il caso di continuare. Da qui la necessità di applicare il protocollo ufficiale».

Prudenza e tensione

Pioggia violenta. Il percorso di Chianciano Terme è tecnico, l’asfalto bagnato sembra liscio. A vederle provare prima della partenza, quando c’era il sole, il pensiero era stato di quanto fossero brave a guidare la bici, soprattutto nel finale che ha un tornante e una curva chiusa che immette sul traguardo.

Alla partenza, Davide Arzeni dispensava consigli alle ragazze del UAE Team Adq. Dopo la caduta di Chiara Consonni, l’imperativo è diventato portare a casa la pelle. Perciò quando sul blocco di partenza è salita Silvia Persico, “Capo” ha dato un consiglio di grande esperienza.

«Non rischiare nulla – ha detto alla bergamasca – fai come nel ciclocross. Spingi quando puoi e quando hai aderenza, vai prudente nel resto del percorso».

Bronzini nel frattempo è sparita. Ha cercato di spiegare a tutti il suo punto di vista: non sarebbe stato giusto continuare, si rischiava di falsare la corsa e alla fine il ragionamento ha fatto breccia.

I rischi di “Pater”

Davvero un peccato, anche perché nel momento stesso in cui ne stiamo scrivendo, su Chianciano è arrivato il sole. Non si fosse trattato di una cronometro, sarebbe stato diverso, ma così le bici erano inguidabili.

«Ci credevo – dice Letizia Paternoster con un sorriso scanzonato – perché alla fine le più forti erano tutte dietro e mancavano 2-3 ragazze che sinceramente temevo, però il podio era sicuro. Il percorso era allagato in vari punti, è stato giusto fermare tutto. Arrivo a domani con la certezza che sto andando bene e con la certezza che ho lavorato bene. Sono felice della mia performance, di quello che sono riuscita a esprimere sui pedali. Penso e spero che sia un arrivederci: tutto torna e se non me lo merito io. Per fare questo tempo ho rischiato tanto, per poco non vado dritta. A saperlo, avrei rischiato un po’ meno…».

Paternoster se ne va con un sorriso beffardo, ma la crono conferma che ha buone gambe
Paternoster se ne va con un sorriso beffardo, ma la crono conferma che ha buone gambe

Lavori in corso

La carovana si è messa in strada verso Firenze, per la seconda tappa da Bagno a Ripoli a Marradi. E’ come se non si fosse corso, la classifica è a zero per tutte. Il Giro d’Italia ha avuto una gestazione faticosa e una partenza altrettanto impegnativa. L’organizzazione sta mettendo a posto i meccanismi della logistica, si capisce che ci sono alcuni aspetti da definire.

Le previsioni del tempo danno acqua anche per domani, poi in teoria sarà nuovamente estate. Paternoster ha appena lasciato il palco, tornando verso il pullman. Fuori adesso c’è davvero il sole.

Destinazione AlUla: il ciclismo apre le porte al turismo

04.01.2023
8 min
Salva

Per la prima volta da quando è nata e fatto salvo l’abbinamento tecnico con Scott dal 2017 al 2020, la squadra riconducibile al gruppo GreenEdge Cycling viene affiancata da un marchio non australiano: AlUla. Finora li avevamo conosciuti come Orica-GreenEdge, poi Mitchelton-Scott, quindi Bike Exchange. Per i prossimi tre anni la squadra guidata da Brent Copeland si chiamerà Jayco-AlUla. Ed è proprio il team manager sudafricano a spiegarci l’abbinamento e la sua origine.

Al-‘Ula è una città della regione di Medina nel Nord-Ovest dell’Arabia Saudita. Si trova sulla Via dell’Incenso, all’interno del Governatorato di ‘Ula: uno dei sette nella regione di Medina.

«AlUla è anche la regione – dice Copeland – in cui nel 2022 abbiamo corso le cinque tappe del Saudi Tour. E’ una regione molto bella e particolare. Ci hanno trovato tombe di 2000 anni fa, non so se ricordate le immagini della corsa (foto Getty Images, in apertura). E’ un’area con montagne molto particolari in cui hanno creato un distretto turistico che si chiama Luxury Destination. Sono tutti hotel 5 stelle, 5 stelle deluxe, che richiamano una clientela di altissimo profilo».

In che modo lo sport può funzionare da traino?

Credono nello sport e anche nel ciclismo. Al Tour de France 2021 hanno fatto una prova con noi, mettendo il nome sulla spalla, e hanno visto che in 18 mesi la visibilità e il ritorno sono stati molto alti rispetto ad altri investimenti che fanno abitualmente

Ad esempio?

Investono molto sui concerti. Bocelli è stato già per due volte lì a cantare. Però hanno visto che il ciclismo, soprattutto quello internazionale che fa il giro del mondo, dà tanta visibilità per il turismo. Poi c’è da dire che chi va in bici adesso e può permettersi bici da 15.000 euro è anche il tipo di cliente che sceglie determinati hotel.

Per questo hanno deciso di aumentare l’impegno?

Adesso hanno uno spazio importante sulla maglia, non è più solo una spalla. L’accordo del Tour è durato 18 mesi, ma durante quest’anno abbiamo iniziato a parlare, proponendo di fare un progetto più ampio. Di non fare solo una sponsorizzazione, ma della possibilità di parlare con la Federazione.

Con quale obiettivo?

Vedere se c’è qualche corridore di laggiù che possiamo mettere alla prova, portarlo in ritiro. Proviamo ad aprire le porte ai loro atleti e l’idea gli è piaciuta molto. E poi, approfondendo il discorso, hanno visto il tipo di ritorno possibile e hanno accettato la nostra proposta.

Ci sono atleti con cui lavorare?

Qualcuno sì, non sono tantissimi però stanno cercando di fare sempre di più, anche a livello sportivo. Stanno cercando di promuovere il ciclismo, la corsa a piedi e ovviamente il calcio. Ma il ciclismo piace, ho visto che hanno fatto un accordo anche con Movistar appunto per questo… 

Gerry Ryan che finora ha pagato tutto di tasca sua si sarà sentito sollevato?

In passato, c’era stato Orica, che era un’azienda australiana. Poi sponsor tipo Scott e Giant che non erano suoi. Però lui ha sempre coperto con le sue aziende l’80 per cento del budget. E’ molto presente e importante per la squadra.

Avete già portato qualche corridore in ritiro con voi?

No, ne faremo uno dopo il Saudi Tour. Rimaniamo lì un paio di giorni, facciamo una presentazione con Laura Martinelli per quanto riguarda l’alimentazione. Facciamo una riunione con gli allenatori. Sarà un ritiro strutturato così ogni giorno, in cui sarà inclusa anche una pedalata.

In questi hotel di super lusso c’è spazio anche per il cicloturismo?

Certo. Hanno già fatto percorsi molto belli. Tra l’altro ne hanno fatto uno tutto in mezzo alle coltivazioni dei datteri e stanno aumentando il numero delle ciclabili. Andare in bici ad AlUla è bellissimo in questo periodo, mentre in estate è praticamente impossibile. Durante l’inverno è perfetto, l’anno scorso avevano pochi alberghi completati. Per quest’anno al Saudi Tour, ho sentito che riescono a mettere tutte le squadre nei loro hotel. In un anno hanno fatto cose spaziali.

Ad esempio?

Hanno costruito un aeroporto in meno di due anni e hanno già iniziato con voli diretti per l’Europa e altri Paesi. Hanno 6-7 voli al giorno. E alla fine guardando le statistiche, sono pieni di turisti italiani e anche svizzeri. L’anno scorso lungo il lago di Lugano c’era una mostra fotografica dedicata ad AlUla di cui non sapevamo niente.

In quelle zone si sta investendo molto nel ciclismo, da UAE Emirates a Bahrain: c’è un po’ di emulazione?

Non fanno mai confronti con chi c’è già, però anche io ho questa sensazione. Stanno investendo in vari sport. Sostengono Manchester City e Paris Saint Germain. Anche il Qatar si muove in questa direzione. E parallelamente si stanno muovendo anche con le federazioni per introdurre i vari sport. Sono nazioni che stanno portando gli sport di base nelle scuole e questo sia per un fatto di sport sia anche per questioni benessere.

L’ultima tappa del Saudi Tour 2022 è stata vinta da Dylan Groenewegen (foto Getty Images)
L’ultima tappa del Saudi Tour 2022 è stata vinta da Dylan Groenewegen (foto Getty Images)
Il Saudi Tour dello scorso anno aveva anche una tappa di salita…

Ci sarà anche quest’anno: una salita di 5 chilometri se non mi ricordo male, davvero dura. Ma a parte quello, c’è un altro strappo e tutto il resto è pianura. Come percorsi non è il massimo per andare in ritiro, come meteo sì. Ma se parliamo di turisti, prendi una e-bike o una mountain bike e te ne vai in giro a guardare le tombe. Sono bellissime, una roba pazzesca da vedere. Prima di andare, mi chiedevo come fosse. Ero un po’ scettico, cosa vuoi trovare in mezzo al deserto? Invece sono rimasto impressionato dal posto.

C’è qualcuno nel board di Luxury Destination che conosca il ciclismo?

C’è un americano, Philip Jones che arriva da Dallas. E’ già venuto al Giro e anche al Tour de France. E adesso verrà al Tour Down Under, dove faremo una presentazione. E’ giusto che si parta da Adelaide, manchiamo da due anni…