Dal trionfo alla depressione: cosa ci insegna il caso Hayter?

07.09.2024
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La storia di Leo Hayter che si ferma e racconta tutto il brutto che gli passa per la testa ha continuato a risuonarci nelle orecchie. Il britannico non è il solo giovane corridore sottoposto costantemente a sollecitazioni da primo della classe, ma forse senza volerlo è diventato l’anello debole della catena e anche il più famoso. Altri smettono, ma non hanno gran nome e nessuno se ne accorge.

E’ difficile capire se la ragione sia solo nello sport o in un conteso più ampio. Per questo abbiamo chiesto alla dottoressa Manuella Crini di leggere le sue parole, cercando di capire cosa potrebbe esserci dietro. La psicologa di Alessandria ha collaborato con il Comitato regionale piemontese per una serie di tematiche fra cui l’ansia negli atleti più giovani e difficilmente riconduce tutto al ristretto ambito dello sport di elite, seppure da lì possa scoccare la scintilla che fa partire l’incendio.

Manuella Crini, psicologa
Manuella Crini, psicologa
Lo sport è il punto di partenza?

Indubbiamente ci devono essere dei trigger, il grilletto che viene tirato affinché una patologia diventi manifesta. Indubbiamente la richiesta di prestazioni molto elevate può essere uno di questi. Quasi tutte le psicopatologie hanno una base familiare, una base genetica. Qualcosa che trasmettiamo, sia come immersione nell’ambiente relazionale primario, ma anche il modo di affrontare il dolore, di affrontare le sfide e le sconfitte. Dall’altro lato, per ciascuno di noi è una storia di vita individuale che ha comunque un peso. Hayter ha un fratello corridore, ma non è detto che due fratelli vivano la stessa esperienza familiare.

Che cosa vuol dire?

Anche due gemelli omozigoti crescono in modo diverso. Se io occupo la piastrella A, mio fratello non può occuparla quindi andrà sulla B, per cui vedrà già il mondo in modo diverso, anche se da soli 10 centimetri di distanza.

Esiste un’età nella quale sei pronto a sostenere certi stimoli legati alla richiesta di prestazioni elevate? Esiste una progressività nello stimolo dell’atleta oppure, col fatto che sono forti fisicamente, si suppone che siano fortissimi anche mentalmente?

Esisteva, una volta esisteva e dovrebbe ancora esistere. Però si è abbassata di molto e in tanti altri sport si è avvicinata a quella che nel calcio è sempre stata una soglia molto bassa. Nel calcio a otto anni o sei dentro o fuori. Si dovrebbe aspettare quantomeno la fine della pubertà (periodo che va dai 9 ai 14 anni, ndr) e l’inizio dell’adolescenza, ma ormai non si aspetta neanche quella. La competizione dovrebbe essere introdotta in adolescenza, sapendo che poi serve l’educazione per affrontarla. Fino alla pubertà in realtà, che tu vinca o perda, hai il tuo premio di partecipazione uguale per tutti. In seguito si inizia ad avere una distinzione, ma in ogni caso devi essere educato alla vittoria e alla sconfitta, che tu arrivi sul podio oppure ultimo. E come puoi reggere una pressione tanto elevata con un cervello in pieno cambiamento?

Leo Hayter e suo fratello maggiore Ethan: il piccolo è da sempre il fan numero uno del più grande (foto Instagram)
Leo Hayter e suo fratello maggiore Ethan: il piccolo è da sempre il fan numero uno del più grande (foto Instagram)
Come?

E’ un bombardamento di cortisolo (un ormone la cui produzione aumenta in condizioni di stress psico-fisico severo, per esempio dopo esercizi fisici estremamente intensi e prolungati, ndr). Puoi viverla da incosciente oppure, se rifletti su quello che stai vivendo e senti la pressione del non essere riuscito, rischi di bloccarti. Ci sono ragazzi molto forti che arrivano davanti al test più severo e si bloccano, come lo studente davanti all’esame che dà più volte e non riesce a superarlo. Si allenano, sentono di essere forti, arrivano al giorno della gara, falliscono e si convincono che nessuna squadra li vorrà mai. Spesso dietro ci sono storie di vita, famiglie disintegrate e altri aspetti personali. E le famiglie spesso sono causa di problemi, tanto che parte del mio lavoro è formare gli istruttori e i tecnici su come gestire le famiglie. Perché spesso la famiglia è invasiva con le sue richieste. Il genitore che magari si improvvisa allenatore per avere anche qualche vantaggio economico, ma non sa nulla di quel mondo.

Hayter ha vinto il Giro d’Italia e nei due anni successivi ha iniziato ad avere questi problemi, smettendo di vincere. Prima hai parlato di educazione alla sconfitta…

Il valore della sconfitta, se viene legato al sentirsi un perdente, è tremendo perché diventa un fatto personale, soprattutto per il tardo adolescente che ancora non è nel mondo adulto al 100 per cento. Se non te lo hanno insegnato, non riesci a scollegare le cose. Ho vissuto una sconfitta e ci sono due possibilità. Se la sconfitta è là, fuori di me, allora l’approccio è giusto. Ma se la sconfitta è dentro di me, mi sento un perdente. E se io sono un perdente, devo ricoprire il ruolo che ho addosso. Mi comporto da perdente in maniera incoscia, inconsapevole, comunque non volontaria. E se mi sento perdente, non riesco più a gestire nulla. Forse allora con questi ragazzini e in chi lavora con loro, la cultura della sconfitta diventa fondamentale.

Vincendo la tappa di Pinzolo, Leo Hayter mette l’ipoteca finale sul Giro U23 del 2022
Vincendo la tappa di Pinzolo, Leo Hayter mette l’ipoteca finale sul Giro U23 del 2022
Anche per guidarli nell’eventuale ripresa?

Certo, non basta ributtarli nella mischia e dirgli di andare: il lavoro deve iniziare da prima. Non dico che devi essere contento di essere sconfitto, ma devi saperti gestire. C’è stata polemica dopo la gara di Benedetta Pilato nel nuoto alle Olimpiadi. Mi è piaciuta molto, è arrivata a quarta invece l’hanno messa in croce perché era contenta di esserci riuscita. Però questa è la cultura, vorrei dire italiana ma credo dell’essere umano, per cui non c’è niente da festeggiare se non hai preso una medaglia. Invece poteva essere veramente una lezione di vita pazzesca. Ha festeggiato perché ha raggiunto un obiettivo che per lei era elevato, anche perché il primo posto è uno e non possiamo occuparlo tutti. 

Una volta una rivista titolò, rivolgendosi a un atleta: se non vinci, non sei nessuno…

Il mondo dello sport secondo me è cresciuto per anni con gli atleti trattati come bestie. E se uno che ce l’ha fatta a suon di botte, ripropone lo stesso modello ritenendolo unico, la catena non si spezza. C’è una fetta di atleti che ha raggiunto degli obiettivi attraverso la mortificazione e quindi applica lo stesso modello, convinto che sia comunque valido perché in tanti casi ha funzionato. Ma se un modello funziona con me, non è per forza universalmente valido. Magari mi è solo andata bene. E poi siamo sicuri che abbia funzionato? Ha fatto di te un atleta migliore, ma vogliamo parlare della persona che sei diventato? Il successo non può essere ridotto solo alla vittoria della gara, c’è anche il successo della vita. E torniamo sempre al fatto che ci dimentichiamo che dietro l’atleta c’è un essere umano.

Benedetta PIlato e la sua esultanza a Parigi per il quarto posto nei 100 rana a un centesimo dal bronzo (foto coni.it)
Benedetta PIlato e la sua esultanza a Parigi per il quarto posto nei 100 rana a un centesimo dal bronzo (foto coni.it)
Cosa faresti se Leo Hayter fosse un tuo paziente?

Intanto, come hanno già fatto, lo bloccherei per un po’ dalle gare, anche dal fargliele vedere. Cercherei di capire, non darei tutto il peso della malattia allo sport, perché credo sia sbagliato. Dietro questo ragazzo c’è un mondo, quindi mi focalizzerei più sulla persona da un punto di vista prettamente terapeutico, psicologico. E poi da un punto di vista più psicoeducativo, lavorerei molto sul significato della sconfitta, su quello che per lui la sconfitta può veramente voler dire, quindi sui suoi nuclei centrali. La tratterei come una depressione normale, nel senso che non darei neanche tutto questo peso allo sport. E poi se ad un certo punto non sarà in grado di tornare a correre, farà altro. Non cercherei di aiutarlo ad uscirne solo per poter fare sport, che invece mi sembra una delle cose su cui tutti puntano.

Racconta di essersi sentito in colpa mentre era in tribuna a vedere il fratello alle Olimpiadi.

Non andarci a vedere le gare, stanne un po’ lontano, disintossicati da quello che evidentemente ti fa star male! Vediamo come va. Poi, piano piano, si potrebbe procedere con una desensibilizzazione, perché non c’è solo la componente depressiva, ma anche una componente ansiosa non da poco, che è controllante. Perché devo andare a vedere le gare se sono fuori? Veramente sto facendo harakiri. Quindi forse lo terrei un po’ lontano e lavorerei, come davanti a una depressione qualsiasi, in maniera farmacologica e in maniera poi terapeutica sui significati.

Leo Hayter ha avuto un’adolescenza di successi e riconoscimenti, sfociati nel passaggio al professionismo
Leo Hayter ha avuto un’adolescenza di successi e riconoscimenti, sfociati nel passaggio al professionismo
Quindi prima l’uomo e poi l’atleta?

Smetterei di trattarla come una malattia dello sport, perché non lo è. Poteva diventare depresso per colpa di qualcos’altro. Se nella vita invece che fare il ciclista avesse fatto il caporeparto al Bennet, chi mi dice che la pressione del lavoro non lo avrebbe destabilizzato comunque? Diciamo che lo sport di altissimo livello ha fatto da cassa di risonanza. Le aspettative nello sport indubbiamente sono un trigger più potente. Ci sono tante patologie di questo tipo, guardate gli attori, i cantanti… Dove c’è un’aspettativa molto alta e senti che non puoi fallire, allora è più facile che tu fallisca. Poi in generale c’è stato un aumento di disturbi d’ansia in tutti i ragazzini e anche negli adulti. Abbiamo tutti lo Xanax nella borsa, perché ormai non riusciamo più a tollerare di poter stare in ansia. L’ansia di fronte a eventi importanti della vita è una condizione normale, invece l’abbiamo patologizzata. E quindi ora c’è più probabilità di sviluppare delle patologie nei giovani, che sono meno attrezzati per fronteggiare tante cose. Non sono più capaci di lasciar andare, ogni ostacolo diventa insormontabile e alla fine crollano. E se leggete bene le sue parole, è quello che sta vivendo questo ragazzo.

Il passo indietro di Leo Hayter apre la porta nascosta

17.08.2024
10 min
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Nei giorni delle Olimpiadi in cui era a Parigi a tifare per suo fratello Ethan, argento nel quartetto, Leo Hayther, vincitore della Liegi e del Giro Giovani U23 del 2022 ha scritto un lungo racconto. Un testo doloroso e crudo, con il quale annuncia che di qui al prossimo anno non lo vedremo più in corsa con la maglia della Ineos. Non lo vedremo e basta.

A 23 anni, compiuti il 10 agosto, il giovane britannico deve fermarsi per una depressione, diagnosticata dallo staff medico della squadra britannica (già dai tempi in cui si chiamava Sky, il team aveva in organico uno psichiatra). Ha provato a ripartire, ma ogni volta è stato peggio. Si è isolato dal mondo. Ha chiuso con gli amici. Il giudizio degli altri lo schiaccia.

Giro d’Italia U23, a Pinzolo la prima vittoria di Hayter che, commosso, viene raggiunto dai compagni
Giro d’Italia U23, a Pinzolo la prima vittoria di Hayter che, commosso, viene raggiunto dai compagni

Un velo da sollevare

Quanto volte si è letto che il ragazzo fosse destinato a un grandissimo futuro? Leo imputa tutto alla pressione che mette su se stesso nel nome della ricerca della perfezione e della magrezza. Eppure, ricollegando la sua storia alle riflessioni di corridori più grandi, ad esempio Trentin, pensiamo che tutto ciò apra una finestra sull’estremizzazione della pressione sugli atleti. Può anche dipendere da lui, ma è innegabile che un ragazzo di 18 anni non abbia la struttura psicologica per sostenere le attese e le pressioni dello sport di vertice. E’ la gradualità cui oggi si sono voltate le spalle. Speriamo che allo stesso modo in cui le parole di Jani Brajkovic ruppero il silenzio sui disturbi alimentari, questo racconto di Hayter faccia capire agli altri ragazzi che vivono la stessa situazione che non sono soli.

«E’ un ciclismo che corre velocedisse Trentin a dicembre – a volte secondo me anche troppo. Nella mia ex squadra c’è il pienone di ragazzini. Ho sentito che a qualcuno del Devo Team hanno fatto il contratto per sette anni, forse si sta correndo un po’ troppo in questa direzione. Cosa ne sai di quel che può accadere fra così tanto tempo? Io credo che questi ragazzi fra non molti anni avranno bisogno di supporto psicologico, perché tante pressioni non le reggi se non sei un po’ adulto e magari rischi di cadere in brutte abitudini per farti forza. Si continua a sovraccaricarli di attese».

Quello che segue è il racconto di Leo Hayter nella sua interezza. Lo abbiamo suddiviso per capitoli per agevolarne la lettura.

Dopo la vittoria al Giro Giovani 2022, tanti indicarono in Hayter il futuro britannico nei Giri, il dopo Froome
Dopo la vittoria al Giro Giovani 2022, tanti indicarono in Hayter il futuro britannico nei Giri, il dopo Froome

Il racconto di Leo Hayter

Ciao a tutti, sono scomparso da un po’ di tempo, sento che ora è il momento giusto per raccontare la mia storia.

Ho avuto problemi mentali negli ultimi 5 anni. E’ qualcosa che per molto tempo ho semplicemente “affrontato”. Ho pensato di essere solo pigro, di non avere motivazione. Questo doveva essere un racconto breve, ma è semplicemente impossibile ridurlo senza avere la sensazione di perdermi dettagli importanti.

Lo scorso maggio ho toccato il fondo. Ero completamente bloccato. Non potevo lasciare il mio appartamento ad Andorra, riuscivo a malapena ad alzarmi dal letto. Il mio team di supporto INEOS mi ha riportato a casa e mi ha fatto una valutazione professionale, dove mi è stata diagnosticata la depressione.

Ho preso una pausa dal ciclismo, ho iniziato a prendere farmaci e mi è stato detto che per l’anno scorso non avrei più dovuto gareggiare, ma mi sono sentito subito meglio.

Al Tour of Guangxi 2023, per Leo un finale di stagione che aveva fatto sperare
Al Tour of Guangxi 2023, per Leo un finale di stagione che aveva fatto sperare

Ritorno a Guangxi

Sono tornato al Tour of Guanxi alla fine della stagione, tutto sembrava a posto. Mentalmente e fisicamente, ero nel miglior posto in cui fossi stato per molto tempo. Ho avuto una buona off season, ma non appena sono tornato ad allenarmi, quelle stesse percezioni e pensieri negativi sono tornati.

Prima del ritiro di dicembre sono andato in modalità panico totale, non riuscivo quasi ad alzarmi dal letto. Ero imbarazzato perché non sarei stato al livello che volevo. Non ho dormito molto in quei giorni, non mi sono nemmeno allenato. Mi sono chiuso nella mia bolla, non ho risposto a nessuno e ho tenuto per tutto il tempo il telefono in modalità silenziosa. Era come se sentissi di deludere le persone e di non riuscire nemmeno a controllare le mie azioni.

Rifugio nel cibo

Quando sono in questi stati di forte ansia, il metodo di difesa a cui ho sempre fatto ricorso è il cibo. Ovviamente, come atleta professionista, non è l’ideale, ma per me è incontrollabile. Mangio in modo compulsivo tutto ciò che mi capita davanti e molto spesso mi sento male. Poi mi sento in colpa per essermi abbuffato. Mi faccio morire di fame, prima di sentirmi completamente vuoto e di mangiare di nuovo un sacco di cibo. Ovviamente, questo mi porta ad aumentare di peso, quando il mio obiettivo è l’opposto, causando ancora ansia e continuando nello stesso circolo vizioso.

Sono arrivato al ritiro di dicembre. La prima settimana è andata bene, nella seconda settimana ero a letto con la febbre. Quando sono tornato a casa, ho attraversato la stessa situazione di prima del ritiro. Ero nervoso per il Tour Down Under, non ancora pronto e fuori forma. Ho avuto costantemente “shock” di ansia, in certi momenti tutto il mio corpo si bloccava: questo perché il sistema nervoso era in modalità “combatti o fuggi”.

Settimana Coppi e Bartali 2023, prime corse da pro’ e Leo è subito battagliero
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Un’enorme montagna

E’ difficile spiegare quello che mi accade. La mia ansia è solo aumentata. Cose che di solito non mi darebbero fastidio, come un’auto che mi sorpassa su una strada, mi bloccano e rendono l’uscita poco piacevole.

Eppure in Australia ho vissuto dei bei momenti, ma quando sono tornato è successa la stessa cosa. Al UAE Tour sentivo di non essere dove avrei voluto. Negli ultimi anni non mi sono mai sentito dove volevo essere, ho sempre avuto la sensazione che ci fosse un’enorme montagna da scalare per raggiungere il livello a cui “dovrei” essere. Questo ciclo continuo di nessun progresso finisce per essere molto estenuante.

Ho trascorso la prima metà di questa stagione a combattere davvero contro questo. Sapevo che era la mia “ultima possibilità”. Stavo facendo di tutto, compresi ritiri in quota organizzati e pagati da me. Nessuno dei due ha avuto successo.

Ossessionato dalla perfezione

Le mie difficoltà mentali hanno enormi effetti fisici su di me. Dormo a malapena. Non riesco a recuperare. L’ansia porta a un assorbimento di cortisolo. Quando l’anno scorso ho fatto un passo indietro, i miei livelli di testosterone sono aumentati in modo significativo. Dormivo meglio, ero più socievole e non ho mai perso peso così rapidamente. Ho ottenuto i risultati migliori quando non c’era pressione su di me e mi sentivo calmo. Tutte le mie più grandi prestazioni sono arrivate in questo modo.

Per essere chiari, questa pressione viene sempre da me stesso. Una pressione interna per essere il migliore, ossessionato dalla perfezione, che nello sport non è qualcosa di realistico o realizzabile giorno dopo giorno. I piccoli contrattempi fanno parte dello sport, ma non riesco proprio a gestirli in modo positivo. Una brutta prestazione o un giorno storto e vado nel panico, al punto di perdere il controllo della situazione.

Ancora Giro d’Italia Giovani 2022, Leo con il suo diesse Axel Merckx che ha garantito sul suo essere pronto per passare pro’
Giro d’Italia 2022, Leo con il diesse Axel Merckx che ha garantito sul suo essere pronto per passare pro’

Nessun progresso

Ho raggiunto il punto di rottura prima del Tour de Hongrie di quest’anno. Durante tutto il viaggio ho avuto ripetutamente attacchi di panico. Non riuscivo a concentrarmi su nulla. All’aeroporto mi hanno detto che non avevo bisogno di correre, ma ero determinato. Ho messo una faccia da poker, sono partito e ho pedalato bene. Al ritorno però ero esausto.

Sapevo che non potevo continuare così, ma sapevo anche che se mi fossi fermato per fare un passo indietro, realisticamente la mia carriera sarebbe stata in pericolo. Ho trascorso giorni, settimane completamente bloccato. Alla fine ora sono in una posizione simile a quella di qualche mese fa. Ho fatto un’altra valutazione medica, in cui era chiaro che i miei sintomi depressivi non stavano migliorando, anzi forse stavano peggiorando. Ciò mi ha rassicurato sul fatto che non dipendesse solo da me.

Non è qualcosa che può essere cambiata da un giorno all’altro. Sto seguendo una terapia in questo momento, ma è un processo. Ho già fatto alcune sedute con uno psicoterapeuta che non hanno funzionato, quindi è stato come tornare al punto di partenza. Sono molto fortunato ad avere accesso ai migliori psicologi del mondo tramite il team, per cui prossimamente lavorerò a stretto contatto con loro.

Un anno di stop

E’ improbabile che quest’anno correrò di nuovo. C’è ancora tempo e potrei farlo, ma a posteriori non è stata una buona scelta tornare neanche l’anno scorso.

Ho sempre avuto la convinzione che diventare più in forma e più magro mi rendesse felice, ma nasconde solo il vero problema. Non appena mi fermo, i miei pensieri negativi tornano. Raggiungere la forma migliore è come mettere un cerotto su una ferita che invece ha bisogno di punti di sutura.

Al momento anche il mio futuro nel ciclismo non è chiaro. Per ora è irrealistico continuare come ciclista professionista, quindi non correrò per INEOS l’anno prossimo. Quando riesco a mettermi nella giusta disposizione mentale, non c’è niente che mi piaccia di più. E’ come una dipendenza. Ecco perché non poterlo fare è così doloroso. Ho tutto quello che ho sempre desiderato, ma non sono felice.

Qualunque cosa accada, la mia carriera ciclistica non è finita. E’ solo in pausa. Lo devo a me stesso e a tutti coloro che hanno lavorato così duramente per me negli ultimi 10 anni per portarmi dove sono.

Così sul podio della crono U23 di Wollongong nel 2022: un bronzo in cui non credeva
Così sul podio della crono U23 di Wollongong nel 2022: un bronzo in cui non credeva

Il bronzo di Wollongong

So che se riesco a cambiare i miei comportamenti, la mia costanza arriverà e sarò a un livello che non sono mai stato in grado di mostrare prima. Negli ultimi 4 anni non credo di aver avuto più di una manciata di periodi in cui mi sono allenato costantemente per alcuni mesi. Quando ci sono riuscito, ho ottenuto vittorie come la Liegi-Bastogne-Liegi o il Giro U23, ma le singole prestazioni non sono ciò che rende grande un corridore.

Ricordo che prima del mondiale di Wollongong nel 2022 il mio agente dovette venire a casa mia per convincermi ad andare. Ero in lacrime. Non potevo immaginare niente di peggio. Ero convinto che avrei fallito. Ero grasso, non ero abbastanza forte per correre. Avevo trascorso una settimana a letto, la mia bici era rotta e io ero completamente bloccato. Sono arrivato e ho ottenuto una medaglia di bronzo nella cronometro.

Il giudizio degli altri

Vorrei anche aggiungere che mi sembra incredibilmente sbagliato scrivere questo. Ho pensato per mesi che farlo fosse una buona idea. Mi sono seduto ogni giorno per farlo e mi ritrovavo a fare qualcos’altro, ma questa attesa è durata troppo a lungo. Al momento non esco di casa, per quasi niente. Ho paura. Anche scrivendo questo ora riesco a percepire quanto sia stupido in realtà, ma non cambia il fatto che è come mi sento.

Mi sono sempre preoccupato della percezione che le persone hanno di me. Ora sono a un punto in cui questo finisce solo per debilitarmi. E se esco e vedo qualcuno che conosco? E se mi chiedono dove sono stato? E se pensano che ho messo su peso? E se pensano che sono pigro? Questo è il genere di cose che mi passano per la testa, in ogni situazione.

E’ il motivo per cui prendo le distanze da tutti. Ho perso tanti grandi amici negli ultimi anni. Non perché abbiamo litigato, ma semplicemente perché mi sono allontanato da loro quando ero in difficoltà. Le persone mi mandano messaggi per chiedermi come sto e io non riesco proprio a rispondere. Cosa dovrei dire? Fino a che punto ho detto cose brutte o stronzate? Mi considereranno meno se sono in difficoltà?

Leo Hayter ha scritto il suo racconto nei giorni di Parigi in cui ha seguito suo fratello Ethan, argento nel quartetto
Leo Hayter ha scritto il suo racconto nei giorni di Parigi in cui ha seguito suo fratello Ethan, argento nel quartetto

A Parigi in tribuna

E’ anche una delle cose che mi tiene lontano dalla bici. Vorrei essere più sano, più in forma e più vicino al mio peso forma. Mi piace andare in bici all’aperto, ma cosa succede se qualcuno mi vede e mi chiede come sto? Vede che sono chiaramente sovrappeso per un ciclista professionista? Penseranno che sono pigro e che faccio perdere tempo alla squadra? Rideranno di me per il mio aspetto?

Mentre scrivo questo, sono a Parigi a guardare mio fratello alle Olimpiadi. Anche questo non mi sembra giusto, mi sento a disagio solo a essere qui. Vedere e confrontarsi con amici e familiari è difficile, ma ancora di più mi sembra sbagliato poter godere di qualcosa. Se non sto nemmeno facendo il mio lavoro in questo momento, merito di divertirmi?

Voglia di tornare

E’ come se non ci fosse una situazione che non mi spaventi. Se non fosse stato per la mia ragazza, non credo che avrei avuto alcun contatto umano negli ultimi 3 mesi. Per questo sarò sempre grato. Anche nei giorni peggiori riesco a vederla e a dimenticarmene per un po’.

Vorrei anche dire un enorme grazie e scusarmi al mio team di supporto di INEOS e oltre. Non posso fare a meno di sentirmi come se vi avessi delusi tutti, ma ci sto provando. Davvero. Il mio allenatore Dajo, gli psicologi Tim e Robbie e il mio agente Jamie mi hanno sostenuto negli ultimi anni, ma non sono riuscito a ripagare quella fiducia e quella convinzione come vorrei.

Spero che scrivere questo e renderlo pubblico renderà più facile contattare i miei amici, vedere persone, fare cose normali. Non ho pedalato negli ultimi mesi, ma non ho nemmeno vissuto. Spero di potervi aggiornare tutti nel prossimo futuro con qualcosa di più positivo. Tornerò a gareggiare di nuovo ai massimi livelli del ciclismo, non so ancora quando. Ma quando lo farò, sarò pronto.

Leo

Leo Hayter, a piccoli passi nel mondo dei pro’

24.03.2023
6 min
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RICCIONE – Le strade della Coppi e Bartali non sono una novità per Leo Hayter. Il 21enne talento della Ineos Grenadiers era già stato alla breve corsa a tappe emiliano-romagnola nel 2021, quando era una promessa del Devo Team DSM. All’epoca dovette ritirarsi all’ultima tappa. Quest’anno invece, e ce lo aspettavamo, le cose stanno andando diversamente. Attualmente è undicesimo nella generale a poco più di un minuto da Schmid.

Già perché nel frattempo Hayter è diventato grande, non solo anagraficamente. L’anno scorso sulle colline forlivesi al Città di Meldola aveva ottenuto un secondo posto come trampolino di lancio al Giro d’Italia U23, poi dominato grazie a condizione e impresa favolose. In pratica le due stesse gare, Giro U23 e Coppi e Bartali appunto, in cui il fratello maggiore (e compagno di squadra) Ethan è stato a sua volta protagonista. Tuttavia il giovane Leo sorride davanti a certe coincidenze senza farci troppo caso e tiene sott’occhio la sua crescita.

Finora sulle salite della Coppi e Bartali, Leo è sempre stato col gruppo dei migliori
Finora sulle salite della Coppi e Bartali, Leo è sempre stato col gruppo dei migliori

Vita da pro’

Dopo il finale di 2022 come stagista alla Ineos, lo scalatore londinese ha iniziato la sua carriera da pro’ a tutto tondo ad inizio stagione. Come stanno andando questi mesi? E che differenze ha incontrato finora rispetto al passato? Leo risponde con estrema serenità.

«Forse non è andata come speravo – esordisce Hayter, alto 1,78 metri per 65 chilogrammi di peso – è stato un percorso un po’ dritto e un po’ accidentato. Al momento però sta andando sempre meglio, di settimana in settimana. Le ultime gare sono state buone e per ora posso ritenermi soddisfatto.

«Ad essere onesti non ho notato particolari diversità dall’anno scorso. Stessi tipi di gare, solo un po’ più dure. Stessi allenamenti, solo un po’ più lunghi. Non è stato un passo così ampio come si poteva pensare quando già correvo in un team continental U23 di alto livello (la Hagens Berman Axeon di Axel Merckx, ndr). Si fanno le stesse cose, ma in quantità maggiore».

Quotidianità. Riunione e podio firma sono due dei tanti momenti che un corridore vive in una gara
Quotidianità. Riunione e podio firma sono due dei tanti momenti che un corridore vive in una gara

Ambiente giusto

Per un corridore inglese può essere scontato l’ingaggio nella Ineos. Anche se Hayter junior fa parte di una nidiata di giovani dalla classe innata, l’inserimento di un neopro’ deve sempre prevedere diversi passaggi.

«Mio fratello Ethan è stato certamente la prima persona a cui ho chiesto consigli – prosegue Leo –quando ho saputo che sarei arrivato in questa categoria. Però ho anche altri riferimenti in squadra per mia fortuna. Qua alla Coppi e Bartali ho davvero compagni molto gentili e disponibili, che mi guidano giorno per giorno durante la tappa e anche fuori dalla corsa. Ad esempio uno di questi è Luke (Rowe, ndr) che è un corridore molto esperto ed ha un ruolo importante. Lui finora mi ha sempre detto dove stare in gruppo. E’ un piacere avere compagni così. D’altronde la Ineos è una formazione che ha un ottimo mix. Noi giovani possiamo imparare meglio ed alzare il nostro livello grazie a compagni esperti, specie nelle gare al Nord».

Alla scoperta di sé

Leo Hayter è passato pro’ con le stimmate del campione, ma bisogna restare cauti nel pretendere subito gli stessi risultati che arrivavano da U23. Lui sa che c’è tempo per maturare e centrare gli obiettivi più importanti.

«Per il momento – spiega – non penso a vincere o fare particolari piazzamenti degni di nota. Mi sto concentrando di più sulla mia progressione da corridore giorno per giorno, curando specialmente il mio stile di vita. E’ tutta esperienza e mi sono già accorto che ho fatto miglioramenti nell’ultimo mese».

«E’ ancora troppo presto – conclude Hayter – per dire se mi sto scoprendo un corridore diverso dal passato. Ho lottato finora nelle stesse situazioni di gara in cui sono bravo, ma il mio ruolo ancora non so esattamente quale sia. In carriera ho vinto gare in pochi modi diversi usando alcune mie abilità. Sono uno scalatore, ma devo anche cercare di acquisire una maggiore consistenza e differenti modi di correre. Quando inizierò a farlo, saprò cosa sarò in grado di fare

Visto da Cioni

«Ha iniziato bene Leo – racconta il diesse tosco-inglese della Ineos – partendo dall’Australia col Tour Down Under e poi con un po’ di corse qua in Europa. Ha fatto un primo periodo di ambientamento al salto di categoria anche se qualche esperienza l’aveva già fatta l’anno scorso. Sta imparando e naturalmente alla sua età si hanno sempre margini di miglioramento»

Leo Hayter ha iniziato il 2023 al Down Under. In aprile dovrebbe correre sulle Ardenne
Leo Hayter ha iniziato il 2023 al Down Under. In aprile dovrebbe correre sulle Ardenne

«Alla fine del 2022 – continua l’analisi Cioni – ha dimostrato di andare forte a crono facendo terzo al mondiale U23. Per vincere il Giro U23 era andato forte in salita e penso che sia un corridore abbastanza completo. Da lì ad essere competitivo nelle grandi corse a tappe tra i pro’ ce n’è ancora di strada, ma comunque ha molte qualità. Rispetto a suo fratello è un corridore diverso, anche caratterialmente. Ethan è sicuramente più veloce, mentre Leo è più scalatore. Hanno in comune che entrambi vanno forte a crono.

«La nostra idea – termina – è che Leo faccia un mix tra le corse WorldTour e altre come la Coppi e Bartali. In questo periodo siamo impegnati su tre calendari. In alcune gare Leo può lavorare per capitani affermati, mentre nelle altre partiamo sempre con ruoli un po’ più aperti, specie nelle prime tappe. Quindi in questo tipo di gare può essere un leader strada facendo».

Barale macina chilometri in Spagna e fissa gli obiettivi

06.12.2022
6 min
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Dai Pirenei alla Costa Blanca, è la rotta verso sud e verso il 2023 di Francesca Barale. La 19enne scalatrice del Team DSM ha trascorso le settimane scorse ad Andorra e in queste ore si è trasferita a Calpe in attesa di iniziare il primo training camp della prossima stagione.

Di chilometri ne ha fatti Barale in questo scorcio di autunno, adesso che può farli con continuità. Non ha avuto alcun problema a superare l’esame di maturità e nemmeno quello del primo anno elite. Sfruttiamo quindi un suo momento di relax di metà pomeriggio per sapere come potrebbe essere la prossima stagione.

Selfie rosa: Francesca assieme al fidanzato Leo Hayter, vincitore del Giro U23 nel 2022
Selfie rosa: Francesca assieme al fidanzato Leo Hayter, vincitore del Giro U23 nel 2022
Francesca raccontaci la tua campagna in terra iberica.

Sta andando bene. Dopo un periodo di vacanza sono venuta ad Andorra, a casa del mio fidanzato (Leo Hayter della Ineos Grenadiers, ndr) per allenarmi con lui. Anche se qui siamo a 1.200 metri di altitudine, abbiamo sempre avuto un clima molto mite. Qua la vallata è molto più aperta e soleggiata rispetto a quella in cui abito in Italia. Ho fatto quasi un mese con Leo ma, siccome ad Andorra iniziava a fare più freddo, adesso sono a Calpe con una compagna di squadra. Fino al 12 dicembre saremo solo in due, poi arriva tutta la squadra e staremo assieme fino al 20.

Com’è stata questa convivenza in altura con Leo tra allenamenti e tutto il resto?

Buona, perché ci siamo motivati a vicenda quando il meteo non era dei migliori. Tranne in qualche caso in cui usavamo l’auto, solitamente partivamo da casa in bici, scendevamo a valle, facevamo i nostri lavori e rientravamo. Praticamente ogni giorno un arrivo in salita visto che andavamo oltre La Vella, la capitale. Per la verità però abbiamo fatto pochi allenamenti assieme dall’inizio alla fine, perché spesso avevamo tabelle diverse. E poi perché quando lui va via normale, io sono quasi a tutta (ride, ndr). In ogni caso ci siamo scambiati consigli, Leo me ne dà molti e tendo ad ascoltarlo. Fatica invece ad applicarsi con l’italiano. Sono meglio io con l’inglese.

Podio WorldTour: con il Team DSM Francesca ha ottenuto il terzo posto nella cronosquadre di Vargarda in Svezia (foto Vos)
Podio WorldTour: con il Team DSM Francesca ha ottenuto il 3° posto nella cronosquadre di Vargarda (foto Vos)
L’ultima volta che ci siamo sentiti stavi per finire la stagione. Come sono andate le ultime gare?

Molto bene. Ho chiuso in crescendo, proprio come facevo le stagioni precedenti da junior. La Vuelta mi è piaciuta tanto, per come è stata disegnata. E’ andato bene anche il Tour de Romandie. Ma è nel mezzo, in Francia alla Binche che sono andata proprio forte. Anzi, ci voleva un pizzico di fortuna in più…

Spiegaci pure…

Ho seguito la tattica del nostro diesse e sono andata in fuga. Eravamo in sei, ognuna di una squadra diversa. Il finale era mosso e sono rimasta con una ragazza della Plantur-Pura e una del Team Coop-Hitec. Ci hanno ripreso a 700 metri dal traguardo. Da dietro alcune squadre avevano iniziato a tirare per chiudere. Quando ci hanno messo nel mirino anche la DSM ha iniziato a lavorare. Per fortuna che ha vinto Lorena (Wiebes, ndr) così ha sistemato tutto. Io alla peggio avrei fatto terza, che non mi sarebbe affatto dispiaciuto, ma sono contenta lo stesso. Mi sono sentita protagonista.

Francesca Barale è nata il 29 aprile 2003 ed è originaria di Domodossola
Francesca Barale è nata il 29 aprile 2003 ed è originaria di Domodossola
Che effetto ti ha fatto essere nel vivo della corsa da debuttante nella massima categoria?

Dopo l’arrivo ero stanca e consapevole di poter non solo finire bene le gare, ma aiutare la squadra come si deve. Nel finale di stagione ho capito di essere cresciuta tanto.

A proposito di Wiebes, com’è stato il tuo rapporto con lei e com’è avere una compagna così?

Nella seconda parte dell’anno abbiamo corso tanto assieme, nonostante le diverse caratteristiche fra di noi. Ci siamo conosciute molto meglio. Correre con una come lei ti dà leggerezza. In gara ti fai il mazzo ma sai che Lorena è una certezza, che vince. Quest’anno per noi è sempre stato così. Ora che è andata alla SD Worx, il suo posto è stato preso da Charlotte (Kool, ndr), che era la sua ultima ruota. E’ molto forte, può vincere tante gare, anche contro Lorena.

Barale con la coetanea Uijen. Nel 2023 il Team DSM avrà una età media di quasi 21 anni (foto instagram)
Barale con la coetanea Uijen. Nel 2023 il Team DSM avrà una età media di quasi 21 anni (foto instagram)
Quante possibilità ci sono di vederti nei grandi giri a tappe?

Non c’è nulla di ufficiale, visto che dobbiamo ancora parlare dei programmi, ma uno tra Giro Donne e Tour Femmes lo farò. Però bisogna stare con i piedi per terra, perché nelle elite ci vuole tanta esperienza, specie in queste gare.

Ci sono altri appuntamenti a cui guardi con interesse?

Ce ne sono alcuni con la nazionale. Al mondiale non ci penso perché sarà per ruote veloci. Invece vorrei guadagnarmi la convocazione per gli europei U23. Si correranno in Olanda attorno al Vam-berg (o Col du Vam, ndr). Il circuito potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche, anche se su quella collina artificiale ci vuole esplosività. Infatti io vorrei disputare la crono dove potrei sentirmi più portata. Poi, sempre con la maglia azzurra, mi piacerebbe correre la prima edizione del Tour de l’Avenir Feminin (in programma dal 29 agosto al 2 settembre, ndr), quasi in contemporanea con quello maschile. Mentre con la DSM ad inizio stagione vorrei riscattarmi a Cittiglio. Quest’anno ero abbacchiata (sorride, ndr) e ho dovuto ritirarmi. Non mi è andata giù questa cosa.

Francesca nel 2022 ha disputato 34 giorni di gara: i due terzi dopo la maturità
Francesca nel 2022 ha disputato 34 giorni di gara: i due terzi dopo la maturità
Francesca Barale come si presenta ai blocchi di partenza del 2023?

Sicuramente con qualche certezza in più. Adesso so cosa mi aspetta. Ho visto che lavorando sodo posso starci lì in mezzo al gruppo. Infatti mi sto allenando a fondo perché voglio essere pronta, fin dai primi ritiri. Spero di potermi giocare qualche carta in più. Siamo una squadra molto giovane, dove tutte avranno la propria possibilità. Cercherò di crearmele durante l’anno. Tuttavia so che devo avere molta pazienza perché devo migliorare in tante cose. Come sulla potenza o allo sprint. In allenamento Leo mi fa da riferimento nelle volate. Un po’ come ha fatto Elisa con Jacopo (ride mentre allude alla sua conterranea Longo Borghini col fidanzato Mosca, ndr).

Giro U23 e Avenir. Doppietta sul tavolo per Leo Hayter

20.08.2022
4 min
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Appena l’altro ieri è iniziato il Tour de l’Avenir. Al via tutti, o quasi, i più forti del panorama internazionale under 23. Tra loro anche Leo Hayter (in apertura foto Instagram – Gary Main), il formidabile ragazzo inglese che abbiamo conosciuto sulle strade del Giro d’Italia U23.

Giro che Leo ha vinto alla grande. A conti fatti ha rischiato un solo giorno, e tra l’altro non in salita. Il brivido per lui e la sua Hagen Bermans Axeon c’è stato verso Peveragno quando la Groupama-Fdj gli preparò un’imboscata. Per il resto la maglia rosa è sempre stata saldamente sua.

Adesso all’Avenir ha l’opportunità di ripetersi, ma forse per lui le cose saranno più complicate. Infatti, se al via del Giro poteva essere una “sorpresa”, in Francia sarà marcatissimo. Tuttavia può riuscire in ciò in cui anche Ayuso o Tobias Johannessen, che però ci è andato vicinissimo, e altri illustri predecessori hanno fallito: fare la doppietta.

Per ora dopo le prime due tappe è lì, insieme a tutti i favoriti.

Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo
Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo
Leo, come arrivi a questo Tour de l’Avenir? La preparazione è andata come volevi?

Bene. Dopo il mio stacco estivo sono andato in quota ad Andorra con la Ineos-Grenadiers (la sua prossima squadra, ndr) per prepararmi a l’Avenir. Della preparazione faceva parte anche il Tour d’Alsace e lì ho faticato un po’, ma penso che fosse solo un po’ di stanchezza per il lavoro fatto. Ho avuto ancora qualche settimana per recuperare un po’ prima di questa gara e quindi sono fiducioso di poter essere  in buona forma.

Perciò era previsto che non facessi il Valle d’Aosta?

Sì, in realtà ho deciso abbastanza presto che non avrei preso parte al Valle d’Aosta. Venivo da un periodo intenso con il blocco in Italia e a seguire i campionati nazionali. E così mi ero preso la piccola pausa estiva.

Giro U23 e Tour d l’Avenir: pensi a questa doppietta? E questo ti mette pressione o adrenalina?

No, a dire il vero non ci ho pensato per niente! A differenza della tappa di Santa Caterina del Giro, ci sono meno tappe che si adattano davvero alle mie caratteristiche qui in Francia. All’inizio non potrò lottare per le vittorie di tappa (come avvenne a Pinzolo, ndr), quindi vedremo come sarà la mia forma da scalatore negli ultimi giorni. Piuttosto è un peccato che non ci una cronometro individuale!

L’inglese oltre che fortissimo in salita è anche un ottimo cronoman: ha rivinto il titolo nazionale a giugno (foto Instagram)
L’inglese oltre che fortissimo in salita è anche un ottimo cronoman: ha rivinto il titolo nazionale a giugno (foto Instagram)
Giusto, sei anche campione nazionale contro il tempo! Quanto è cambiato il corridore Leo dopo aver vinto il Giro U23?

No, no: non sono cambiato! Ho continuato ad allenarmi e a pedalare come ho sempre fatto. Non ho cambiato il mio stile di corridore. Quella vittoria però mi ha dato una buona opportunità per migliorare la mia forma fisica prima di questo l’Avenir. Forse l’anno prossimo cercherò di diventare più uno specialista della salita. Se perderò peso diventerò ovviamente più scalatore, ma immagino anche che il mio motore e le mie capacità di cronoman potrebbero diminuire a causa di questo. Al momento sono felice di come sono e sento di poter vincere una gara in molti modi diversi.

Ti sei allenato anche con la Ineos Grenadiers: pensi che questo ti abbia dato qualcosa in più? Hai lavorato per la salita?

E’ più facile allenarsi bene quando tutto è pronto per te in un training camp. Non ho concentrato più tempo sulla salita. Penso di essere un ciclista completo al momento, il che è tanto positivo quanto negativo.

Hai lavorato anche sulla cronometro?

No in realtà non l’ho fatto! Almeno non di recente. Ma ho sempre guidato la mia bici da cronometro e sono abituato a stare in posizione. Mi concentrerò maggiormente su questa specialità dopo l’Avenir, poiché il mio prossimo obiettivo sarà la prova contro il tempo al mondiale in Australia.

Una vecchia foto di Leo Hayter con la maglia della Gran Bretagna, con la quale sta correndo l’Avenir
Una vecchia foto di Leo Hayter con la maglia della Gran Bretagna, con la quale sta correndo l’Avenir
Che gara ti aspetti all’Avenir?

Non ho ancora guardato troppo da vicino le tappe di montagna, meglio affrontarle giorno per giorno qui. Per me non c’è troppo bisogno di preoccuparsi del finale o di guardare troppo avanti, quando puoi perdere la classifica generale già all’inizio, magari in uno sprint disordinato all’inizio nelle prime tappe.

E chi sono i favoriti?

Penso che siano i nomi ovvi che tutti ci aspettiamo a partire dai due ragazzi che sono saliti con me me sul podio al Giro (Lennert Van Eetvelt e Lenny Martinez, ndr). C’è poi Cian Uijtdebroeks così come i danesi e i norvegesi, che stanno già correndo a livello professionistico.

Hai fatto qualche ricognizioni per questo Avenir?

No, non ne abbiamo fatte, ma mi sarebbe piaciuto farne. Possiamo comunque sfruttare al meglio strumenti come VeloViewer, con i quali possiamo vedere i percorsi in dettaglio ogni giorno.

Puccio ci accompagna nella Ineos del futuro

05.08.2022
5 min
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L’impegno al Giro di Polonia è quasi alle spalle. Salvatore Puccio ne ha approfittato non solo per svolgere i suoi abituali compiti in seno alla Ineos Grenadiers, ma anche per vivere qualche giorno a temperature più miti: «Prima di venire qui ero a casa a Montecarlo e ci si cuoceva. Avevo anche rinunciato al ritiro ad Andorra, ma chi c’è andato mi ha detto che faceva tanto caldo anche lì…».

Puccio è per la Ineos una colonna. Dal 2012, anno del suo ingresso fra i professionisti, non ha mai cambiato casacca, ha già in tasca il contratto per la prossima stagione e ha vissuto sulla sua pelle tutte le trasformazioni del team.

Non solo nel nome da Sky a Ineos, ma anche nella stessa essenza della squadra, passata dai periodi del dominio assoluto, soprattutto nei grandi Giri, a quelli della lotta all’arma bianca anche solo per un posto sul podio.

Puccio Ineos 2022
Puccio è nato il 31 agosto 1989. E’ alla sua 11ª stagione alla Ineos
Puccio Ineos 2022
Puccio è nato il 31 agosto 1989. E’ alla sua 11ª stagione alla Ineos

Che forza i fratelli Hayter

La squadra, reduce dalla terza piazza al Tour di Thomas che come Puccio è uno dei decani della squadra, sta preparando la sua ennesima rivoluzione. Il corridore di Menfi non si scompone e la sua analisi parte dall’ultimo acquisto, il giovane Leo Hayter.

«Non è uno sconosciuto per noi, intanto perché da noi c’è suo fratello Ethan che già va fortissimo ed è una delle nostre punte, poi perché aveva già fatto con noi il ritiro a Mallorca a inizio stagione. I suoi risultati non ci hanno stupito, è un vero talento, altrimenti non vinci la Liegi U23 come ha fatto lo scorso anno e soprattutto fai quello che ha fatto al Giro d’Italia di categoria, con la concorrenza che c’era».

Pidcock Yates 2022
Pidcock e Adam Yates: nel 2023 la Ineos avrà una maggior presenza di inglesi anche per esigenze di sponsor
Pidcock Yates 2022
Pidcock e Adam Yates: nel 2023 la Ineos avrà una maggior presenza di inglesi anche per esigenze di sponsor
La sensazione è che la Ineos stia tornando all’antico: la scelta di avere al fianco dello zoccolo duro inglese un altro gruppo a trazione sudamericana viene quasi rinnegata con la rinuncia a Carapaz e con l’arrivo dei giovani talenti britannici come Leo Hayter…

La squadra ha sempre avuto un forte spirito inglese, con un pizzico di nazionalismo forse più pronunciato che per altre squadre del WorldTour. Prima con Sky c’era uno sponsor multinazionale, ora è più rivolto al mercato interno. Ma non è nulla di nuovo. Anche le squadre italiane d’inizio secolo erano così. Questo non significa che non si guardi anche oltre i confini. Io ne sono la prova, poi in base al valore e a quello che sai fare trovi la tua collocazione.

Quando sei passato professionista c’era ancora una forte componente di squadre italiane?

I tempi stavano già cambiando. C’erano ancora Liquigas e Lampre che poi è diventata il nucleo dell’attuale UAE Team Emirates, ma già il vento stava cambiando. A noi una squadra nel WT manca davvero tanto, ma per averla servono budget enormi non solo per i corridori e l’attività, ma soprattutto per garantire prodotti e strutture all’avanguardia. Qui mi ricollego al discorso di prima: Filippo Ganna è fortissimo e ha a disposizione davvero il top in termini tecnici per ottenere il meglio. Se non resti aggiornato e non investi sull’aerodinamica, non emergi in questo mondo.

In base alla tua esperienza, come verranno accolti i nuovi?

Penso che saranno introdotti nel team in maniera graduale, attraverso un calendario apposito, evitando inizialmente i grandi appuntamenti come i tre Giri. Ma attenzione: quando si parla di calendario secondario si commette un errore, perché ormai di gare secondarie non ne abbiamo più, si va sempre a tutta. Io per esempio quest’anno ho fatto per la prima volta la Coppi e Bartali, ma si andava fortissimo…

Leo Hayter 2019
Leo Hayter, qui agli europei 2019, passerà pro’ alla Ineos ritrovando il fratello Ethan
Leo Hayter 2019
Leo Hayter, qui agli europei 2019, passerà pro’ alla Ineos ritrovando il fratello Ethan
C’è ancora una sorta di “protezione” nei confronti dei più giovani?

Non direi, vengono gettati nella mischia in base a quel che sanno fare. Guardate Sheffield, il nostro americano, a vent’anni ha già vinto una classica in Belgio e si è fatto vedere più volte. Se vali, i modi per farti vedere ci sono eccome…

Pidcock è un esempio?

Tom è talento puro, non vinci le Olimpiadi per caso. Io sono stato con lui alla Vuelta dello scorso anno, veniva da Tokyo e dalla mtb, all’inizio era un po’ frastornato, ma nell’ultima settimana andava forte. Quest’anno al Tour ha dato un saggio delle sue capacità, ma non dimentichiamo quel che aveva fatto prima. E’ un vincente nato.

Tu sei già andato ben oltre i 50 giorni di gara…

Sono sempre quello che alla fine ha più giorni di gara, tra i 70 e gli 80. Non è stata una stagione facile, all’inizio ho avuto il Covid, poi la caduta alla Strade Bianche, fino al Tour of the Alps proprio non andavo. Poi la condizione è arrivata e credo di aver fatto un buon Giro, lavorando molto per Carapaz.

Puccio Swift 2022
Puccio con l’ex campione britannico Ben Swift. La forte componente inglese è sempre stata insita nella Ineos
Puccio Swift 2022
Puccio con l’ex campione britannico Ben Swift. La forte componente inglese è sempre stata insita nella Ineos
In squadra come stanno vivendo questa stagione? Al di là della bella prova di Thomas al Tour, quel marchio impresso sulla corsa non si è visto più.

Credo che i vertici siano soddisfatti. Alle classiche non siamo mai andati così bene, al Giro e al Tour abbiamo comunque preso il podio. Certo, tanti si erano abituati alle vittorie in serie, ma fa parte dei cicli. Magari qualche “batostina” fa anche bene, sarà così più bello tornare a vincere e credo che l’investimento sul futuro sia teso proprio a questo.

Che programmi hai?

Aspetto di sapere se sarò convocato per la Vuelta e magari, andando in Spagna, potrò guadagnarmi una maglia per i mondiali. E’ sempre bello vestire la maglia azzurra ma puoi farlo solo se stai davvero bene, con la gamba tonica come si deve. Manca un mese e mezzo e a questi ritmi, con il covid sempre in agguato, è davvero difficile fare previsioni…

Leo Hayter è pronto per il passaggio, parola di Axel Merckx

04.08.2022
5 min
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Chissà perché quando è uscita la notizia di Leo Hayter  alla Ineos-Grenadiers non siamo rimasti così sorpresi! Lui inglese, vincente, con il fratello Ethan già nella corazzata di Sir Brailsford… tutto è sembrato quasi naturale.

Faccia da “angioletto”, modi gentili, ma in corsa una grinta non comune e una tenacia incredibile, oltre che tanta forza.. Abbiamo imparato a conoscerlo nei giorni del Giro d’Italia U23. Giro che ha vinto con pieno merito.

«Sono davvero orgoglioso ed entusiasta di unirmi alla Ineos Grenadiers dal prossimo anno – ha detto Leo – correrò al più alto livello di questo sport e lo farò in una squadra britannica. Una squadra alla quale mi sono ispirato da quando ho iniziato a gareggiare. Avendo partecipato ad alcuni training camp con loro, mi sento già davvero a casa qui e ora non vedo l’ora di iniziare».

Il pianto liberatorio di Leo dopo il trionfo di Pinzolo. Ancora non immaginava che avrebbe tenuto la maglia rosa fino alla fine
Il pianto liberatorio di Leo dopo il trionfo di Pinzolo. Ancora non immaginava di vincere il Giro U23

Cinque giorni cruciali

Dal pianto liberatorio e se vogliamo incredulo di Pinzolo alla maglia rosa vestita in cima al Colle della Fauniera. In quei cinque giorni Leo è cresciuto come non mai. In quei cinque giorni abbiamo assistito ad un crescendo di consapevolezza incredibile. E si è vista lungo le rampe della lunga scalata piemontese, come ha gestito lo sforzo, già il giorno a Pinerolo quando prima dell’erta finale si è sfilato e per tagliare il traguardo lontano dai rischi e per godersi quell’ultimo chilometro in maglia rosa del Giro U23.

E sicurezza, gestione della persona ancora prima che dell’atleta è quel che serve quando si passa “di là”, tra i grandi e tanto più in uno squadrone come la Ineos-Grenadiers.

Axel Merckx ha saputo toccare i tasti giusti con lui e in questa estate ne ha fatto un uomo. Se lo ero preso quest’inverno alla Hagen Bermans Axeon, quando Leo era rimasto a piedi nonostante avesse vinto la Liegi U23.

«Abbiamo visto un corridore molto forte – spiega Axel – sia di gambe, che di testa. Poi con quel vantaggio, quasi 5′, era anche “facile” gestirsi. Come vi dissi già a Pinerolo, doveva non fare fuori giri fino ai -5 dalla vetta e poi fare una crono. E così ha fatto.

«No, no… è forte. E’ rimasto tranquillo per tutto il Giro, forse anche troppo in certe occasioni! Ma si è fidato della squadra e ha svolto un ottimo lavoro nel complesso».

Una foto che ritrae Leo Hayter (in maglia nera) in allenamento con la Ineos-Grenadiers (immagine Instagram)
Una foto che ritrae Leo Hayter (in maglia nera) in allenamento con la Ineos-Grenadiers (immagine Instagram)

Ineos come casa

Merckx sapeva che Leo Hayter sarebbe passato nel WorldTour, ma neanche lui aveva la certezza con quale team lo avrebbe fatto.

«Ma immaginavo – dice Axel – che sarebbe passato con loro. Lì c’è già suo fratello, lui è inglese, la squadra è inglese e trova un ambiente che gli è familiare.

«Per me Leo è pronto al passaggio. Un ragazzo così che vince il Giro U23 non puoi tenerlo ancora un anno. Sarà all’altezza, poi è chiaro che dovrà migliorare alcuni aspetti, quello più importante riguarda la discesa. Nelle curve veloci e nelle discese tecniche qualche problemino ce l’ha e si è visto anche al Giro».

Corse a tappe

Intanto Leo dopo alcuni giorni passati in Italia con la sua ragazza, l’italiana Francesca Barale, dopo il Giro U23, è tornato a darci sotto in quel di Andorra e lo ha fatto proprio con i ragazzi della sua futura squadra. Hayter sarà uno stagista da qui a fine stagione e un corridore Ineos a tutti gli effetti dal primo gennaio 2023. Il contratto lo lega a questa squadra fino al 2025, si tratta quindi di un triennale.

Ma cosa potremmo attenderci da lui? Che corridore troveremo tra i grandi? Spesso chi va forte tra gli U23 su un terreno non è detto che faccia la stessa cosa anche tra i pro’. Simone Consonni, per esempio, vinse un italiano U23 alquanto impegnativo, e tra i pro’ è un velocista.

Leo ha anche vinto il titolo nazionale. In salita va forte. E in volata non è fermo. Che corridore sarà, dunque?

«Per me – riprende Merckx – Hayter è uno forte e che ha motore. Va forte a crono e in salita, anche se non è uno scalatore puro chiaramente. Va forte in salita, perché, come ho detto ha motore. E lo si è visto nel giorno della sua seconda vittoria, quando verso Santa Caterina Valfurva ha staccato tutti nell’ultima ora. Dopo 5.000 metri di dislivello lui non è calato.

«Se vincerà una Liegi anche tra i pro’? Non è impossibile, ma io lo vedo più per le corse a tappe. Magari le corse di un giorno devono essere dure come un Lombardia. Potrà poi sfruttare le fughe.

«Sono convinto, soprattutto all’inizio, che sorprenderà più di qualcuno. Se Leo entrerà in qualche fuga lui arriva fino in fondo, perché tiene bene, è resistente. Torniamo al discorso di prima dell’ultima ora di corsa».

L’impresa di Santa Caterina. Staccato sul Mortirolo, Leo ha poi demolito gli avversari senza perdere un solo watt nel finale (foto Extra Giro)
Leo Hayter correrà nella Ineos-Grenadiers. Per Axel Merckx un passaggio naturale. L'inglese è pronto e saprà ben comportarsi sin da subito
L’impresa di Santa Caterina. Staccato sul Mortirolo, Leo ha poi demolito gli avversari (foto Extra Giro)

La parola

E chi lo deve accogliere cosa dice?

Dario David Cioni già ci aveva accennato alla loro linea verde. Ogni anno inseriscono almeno un “super” giovane. E’ stato così con molti ragazzi. Pensiamo a Carlos Rodriguez o proprio il fratello di Leo, Ethan.

«Leo lo seguivamo già da qualche anno – ci dice Cioni – anche perché avevamo in squadra suo fratello. Per noi non era uno sconosciuto. Vedevamo quel che combinava e sapevamo alcune cose da Ethan. In più aveva già fatto degli stage con la nostra squadra. Adesso lo avremo definitivamente dal prossimo anno, ma da ottobre sarà con noi».

«L’ultimo stage con noi lo ha fatto ad Andorra qualche giorno fa. Era lì con 14 corridori e devo dire di aver notato un ragazzo già molto professionale. Rispetto al fratello mi sembra più scalatore. E’ meno veloce, ma va meglio sulle salite lunghe. Quindi sì, sono d’accordo con Axel quando dice che è adatto per le corse a tappe».

EDITORIALE / La tappa della discordia e il ciclismo che cambia

27.06.2022
6 min
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Ha ragione Marco Selleri. La terza tappa del Giro d’Italia U23, da Pinzolo a Santa Caterina Valfurva, ha scatenato un processo degno di uno studio televisivo. Distanza di 177 chilometri, dislivello di 5.000 metri con Tonale, Aprica e Mortirolo. Ha vinto Leo Hayter in 5 ore 10’49” alla media di 34,186 (in apertura, foto ExtraGiro-Isolapress), come era previsto della tabella di marcia che indicava un range fra 33 e 37 orari.

E’ chiaro che, a fronte del tempo di Hayter, vada annotato anche quello dell’ultimo: Christian Danilo Pase della Work Service, all’arrivo in 6 ore 14’57” (distacco di un’ora 04’08”). Dato che tutti hanno dovuto sobbarcarsi anche un trasferimento di 50 minuti, è chiaro che le ore di sella siano state oggettivamente tante.

La tappa di Santa Caterina Valfurva ha evidenziato enormi differenze in gruppo (foto ExtraGiro – Isolapress)
La tappa di Santa Caterina Valfurva ha evidenziato enormi differenze in gruppo (foto ExtraGiro – Isolapress)

Italiani cercasi

Dei corridori italiani si sono perse le tracce. Per trovare i primi tre bisogna andare alla 14ª posizione con Piganzoli (Eolo) a 9’27” poi alla 19ª, dove si incontrano Meris (Colpack), Raccani (Zalf) e Germani (Fdj) che però in precedenza aveva tirato per i compagni Gregoire e Martinez all’attacco. Il loro distacco è stato di 13’45”.

E qui è scattata la discussione. Sul posto, per chi c’era. Sui social, per gli altri. Non è semplice interpretare la disfatta, perché di base hanno ragione tutti. Ciascuno ha il suo punto di vista, anche se non tutti i punti di vista sono condivisibili. E qui si innesca il corto circuito.

La coppia francese in fuga dalla partenza: hanno osato troppo ma dato spettacolo (foto ExtraGiro – Isolapress)
La coppia francese in fuga dalla partenza: hanno osato troppo ma dato spettacolo (foto ExtraGiro – Isolapress)

Dibattito acceso

Davide Cassani osserva che le squadre italiane non vanno a confrontarsi all’estero, come le altre. Ma invece di fare autocritica, preferiscono puntare il dito sull’organizzatore che ha proposto una tappa troppo dura. 

Pino Toni, preparatore della Bardiani U23, sostiene che non si possa proporre una corsa così dura a un parterre come quello italiano, abituato ad altre difficoltà. E che se anche la tappa avesse avuto 3.500 metri di dislivello, il risultato finale non sarebbe cambiato. 

Il Giro d’Italia U23 non è una gara italiana, come l’Avenir non è una corsa francese. Sono prove internazionali di altissimo prestigio: le vincono i più forti e non strizzano gli occhi a nessuno. Il tempo in cui per avvantaggiare i corridori di casa si modificavano i percorsi è finito da un pezzo: aspettarsi che accada è un altro sintomo del problema.

E’ probabilmente un errore invece portare ragazzi di primo anno a corse così dure. Se rischia di esserlo per Gregoire e Martinez (abituati a un’attività superiore sin da juniores, che da tempo corrono senza la limitazione dei rapporti e che comunque si sono inchinati alla solidità dei rivali), figurarsi per gli italiani.

La direzione di corsa, a sinistra Fabio Vegni, sapeva di andare incontro a un giorno duro (foto ExtraGiro – Isolapress)
La direzione di corsa, a sinistra Fabio Vegni, sapeva di andare incontro a un giorno duro (foto ExtraGiro – Isolapress)

Declino invisibile

L’Italia è la culla del ciclismo, così come lo è dell’arte e della cultura. Poi vai all’estero e ti accorgi che hanno la metà del nostro patrimonio, ma lo valorizzano meglio. Siamo talmente pieni delle nostre certezze, da non accorgerci del declino.

Nel 2004 eravamo così convinti che il WorldTour non sarebbe mai nato, che ci misero dentro per il rotto della cuffia. Poi iniziammo a lamentarci perché ai mondiali U23 vincevano ragazzi abituati al professionismo e siamo ancora lì a parlarne. E adesso che la svolta continental ha impresso un cambio di marcia, come accade in tutti gli sport di elite in cui si accede al professionismo nella tarda adolescenza (non a caso l’UCI ha abolito la limitazione dei rapporti fra gli juniores), il tema è una tappa troppo dura. 

E’ giusto? E’ sbagliato? Questi ragazzi dureranno meno? Le domande sono tutte legittime, ma non essendoci risposte facilmente raggiungibilli, non è facendo finta di niente che si possa gestire la situazione.

Felix Engelhardt della continental KTM, 6° finale e 10° a Santa Caterina a 6’57” (foto ExtraGiro – Isolapress)
Felix Engelhardt della continental KTM, 6° finale e 10° a Santa Caterina a 6’57” (foto ExtraGiro – Isolapress)

Il mondo del lavoro

Le squadre di dilettanti, in cui i ragazzi vengono seguiti come figli, avrebbero ancora senso se ci fossero dei grandi team italiani per dare continuità al lavoro. La continental deve preparare al mondo del lavoro ed essere agganciata a una WorldTour: se non accade, c’è un problema.

L’Italia del ciclismo è come una vecchia casa gloriosa, con i muri pieni di affreschi che raccontano storie bellissime. E’ la Reggia di Caserta, più imponente di Versailles ma tenuta peggio, che nessuno si sognerebbe di modificare per ospitarvi uffici che abbiano bisogno di tecnologia e modernità. Invece siamo lì a pensarci. Aggiungiamo piani. Ampliamo stanze. Sfondiamo pareti. Cambiamo destinazioni d’uso, senza renderci conto da un lato di essere bloccati per mille vincoli e dall’altro di comprometterne la solidità.

La fortuna di altri Paesi, che non hanno mai avuto tanta ricchezza, è aver costruito tutto dal nuovo. Senza vincoli, mettendo dentro solo quello che effettivamente serve.

Dopo le fatiche del Giro e un 2022 correndo in tutta Europa, Germani ha raccolto i frutti al campionato italiano (foto Benati)
Dopo le fatiche del Giro e un 2022 correndo in tutta Europa, Germani ha raccolto i frutti al campionato italiano (foto Benati)

L’esempio di Germani

Tredici continental sono troppe, soprattutto perché non fanno un’attività all’altezza. Un invito alla Coppi e Bartali e alla Adriatica Ionica Race, quando va bene al Giro di Sicilia e poi? E poi le solite corse. Quanti ragazzi delle continental a fine anno saranno andati all’estero contro i pari età stranieri? Si contano sulle dita di mezza mano. Poi arriva il Giro e speriamo di brillare? Non è realistico.

Lorenzo Germani, fresco campione italiano U23, quest’anno ha corso in Francia, Belgio, Repubblica Ceca e in Italia. Ha preso schiaffi, ma al momento giusto ne ha dati.

Si può fare attività U23 senza essere continental? Si può fare. Per scovare e lanciare i talenti migliori, anche se alla fine ne godranno altri. Senza contare le vittorie e senza promettere la luna agli sponsor, sacrificando ad essa il futuro dei ragazzi. Servirebbe un tavolo di lavoro condiviso, con la Federazione a tirare le file, per incastrare al meglio le esigenze di tutti, sgombrando il campo dalle pretese meno realistiche.

Il nostro giardino

La nostra ricchezza non merita di essere svilita dall’assenza di visione. Però bisogna che tutti facciano la loro parte. Occorre una più ampia partecipazione alla vita federale e a quella internazionale, quando vengono prese le decisioni più importanti, altrimenti è inutile lamentarsi. Invece si guarda spesso al proprio giardino senza sapere cosa ci sia fuori. Come nella vita di tutti i giorni, in cui a decidere sono quelli che nella politica hanno trovato un mestiere. Gli altri si lamentano, ma non vanno neanche a votare. E se qualcosa non va, la colpa è degli altri.

Il futuro del ciclismo è più grande di una singola corsa

22.06.2022
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E’ l’Italia, ragazzi. Perché ti cerchino, devi dire che li molli. Succede con i gestori telefonici, che appena fai per cambiare, si ricordano che esisti. E’ successo con Marco Selleri, che assieme a Marco Pavarini a partire dal 2017 ha strappato il Giro d’Italia U23 dalla morte. Stanco e stufo, il romagnolo ha portato al traguardo l’ultima edizione vinta da Leo Hayter (foto Extra Giro in apertura) e ha annunciato il ritiro. Il contratto è scaduto, l’hanno rispettato fino all’ultimo: basta così! Non che prima non avessero dato segnali di amarezza e difficoltà, tutt’altro. Nella pur breve storia di bici.PRO ne avevamo parlato in abbondanza, ma pochi li avevano colti, dandoli per scontati. Adesso finalmente se ne sono accorti e magari hanno capito che un… cliente come Extra Giro, che in pochi mesi ha messo su il mondiale di Imola nel 2020 del Covid, sarebbe davvero un peccato perderlo.

Al via da Gradara, Marco Selleri e Marco Pavarini (foto Extra Giro)
Al via da Gradara, Marco Selleri e Marco Pavarini (foto Extra Giro)

«Accetterei di rifare il Giro U23, a patto che qualcosa cambi», spiega Selleri. «Così com’è, non va. Come ha detto anche Pavarini – prosegue – le cose sono cambiate. La formula per club, con team dilettanti, continental e professional non va più bene. Vogliamo farlo bene? Vedo due strade: togliamo di mezzo continental e professionisti, oppure facciamo una corsa per i migliori under 23, tirando dentro anche quelli WorldTour. A queste condizioni e prevedendo la diretta nelle tappe più importanti, magari togliendo qualche ora ad altre gare che ne hanno in abbondanza, si darebbe visibilità agli sponsor. Per come stanno oggi le cose, è impensabile organizzare corse di questo livello con una società basata sul volontariato. Ma serviva accendere la luce, che scoccasse la scintilla. Se qualcuno ha capito che smettiamo per sempre, forse ha capito male».

Il gruppo del Giro U23 composto da team dilettanti, continental e anche qualche professional (foto Extra Giro)
Il gruppo del Giro U23 composto da team dilettanti, continental e anche qualche professional (foto Extra Giro)
Partiamo dalla fine, come è andato il Giro 2022?

E’ stato un parto impegnativo, anche se è durato solo sette giorni. Abbiamo sofferto per una sommatoria di problemi nell’avere le autorizzazioni che riguardassero il transito e l’impiego del personale a terra. Quando parlo di società di volontariato, mi riferisco a questo. Serve una struttura che lavori al progetto per almeno 3-4 mesi, con le attrezzature necessarie. C’è la corsa, ma ci sono altri aspetti come la sicurezza che ad ora occupa una posizione di primo piano.

Non si era mai discusso tanto di una sola tappa: la durezza del giorno di Santa Caterina infiamma ancora i dibattiti…

C’è stato un bel battibecco. Come mi piace dire, abbiamo fatto un vero processo alla tappa. Secondo me quella giornata così dura ha fatto emergere i limiti del ciclismo italiano. Di più, ha fatto emergere un problema di sedentarierà della nostra società, di fronte al quale anche noi che vorremmo fare tanto, alla fine abbiamo deciso di alzare le mani. E’ tutto bloccato su logiche superate.

Martinez, classe 2003, terzo sul podio: con più lucidità avrebbe potuto vincere?(foto Extra Giro)
Martinez, classe 2003, terzo sul podio: con più lucidità avrebbe potuto vincere?(foto Extra Giro)
Spieghi meglio?

Non si fa che pubblicizzare che il Giro dei pro’ porta decine di milioni di utile e questo danneggia chi va in giro con il saio e con i sandali a cercare le risorse per organizzare altre corse. Mangiano tutto loro. E’ chiaro che il Giro d’Italia sia più attraente del nostro. Ma se è vero, come dicono, che quest’anno i dati di ascolto sono calati, perché in Italia non c’è un corridore italiano che può vincere… Se l’italiano manca, è perché manca anche dal basso. Forse una riflessione su questo si potrebbe fare. Non mi sono vergognato di dire a Noè (Andrea Noè, ex pro’ oggi agente dei corridori, ndr) che abbiamo assistito alla disfatta del ciclismo italiano, anche se lui a quel punto ha cambiato discorso.

L’hanno fatta nuovamente da padroni gli stranieri.

E’ stato entusiasmante. I francesi hanno alzato troppo il tiro e sono crollati. La loro indole è di essere battaglieri, ma la salita è crudele. E’ stato bello vederli partire da lontano, sono contento che ci abbiano provato, ma il ciclismo dei pro’ insegna che per vincere si deve essere cinici e aspettare. Va anche detto che vederne quattro in fuga il penultimo giorno è stato spettacolare. Era chiaro che dietro si sarebbero organizzati e li avrebbero presi, loro però hanno avuto coraggio.

Con l’edizione 2022 del Giro d’Italia U23 termina il contratto di Extra Giro: sarà rinnovato? (foto Extra Giro)
Con l’edizione 2022 del Giro U23 termina il contratto di Extra Giro: sarà rinnovato? (foto Extra Giro)
Fallimento del ciclismo italiano è un po’ duro…

Le classifiche sono impietose, anche se Amadori mi dice che siamo stati sfortunati e che alcuni atleti forti sono rimasti a casa. Magari con loro in corsa, le cose sarebbero cambiate. Parlo di Frigo, ma anche di Zambanini che aveva già conquistato la maglia dei giovani nel 2020 ed è in una WorldTour, come Tiberi che ne ha 20. Riflettiamo davvero sui criteri di partecipazione.

La diretta televisiva…

Serve sostegno politico per essere certi degli orari. Nel giorno della Fauniera abbiamo avuto tre cambi di orario, non sarebbe stato bello avere la diretta? Ci manca qualcuno alle spalle che spinga perché si capisce l’importanza di questo ciclismo e di corse che mostrano un’Italia più piccola, dove il Giro dei grandi non può andare. Borghetti bellissimi, importanti per territori che meritano di avere visibilità.

Il calendario non vi ha aiutato.

Siamo stati contemporanei o quasi alla Adriatica Ionica Race, al Giro di Slovenia e a quello del Belgio. Alla Adriatica Ionica c’erano corridori italiani che potevano stare anche da noi, ma le continental non hanno organici per fare attività parallela. Si è alzata l’asticella dovunque, non è più come prima.

Francesi in fuga verso Peveragno: ripresi, ma azione super spettacolare (foto Extra Giro)
Francesi in fuga verso Peveragno: ripresi, ma azione super spettacolare (foto Extra Giro)
Dispiace più lasciare il Giro a qualcun altro o che si rischi di non farlo più?

Lo abbiamo ripreso con Cassani, per quella che Davide viveva come una missione quando era tecnico federale. Risollevare il ciclismo italiano degli U23 e credo che qualche bel nome lo abbiamo tirato fuori e lo vedremo brillare tra i pro’. Parlo di Covi, Aleotti, Colleoni. In questo confido. Se nessun altro dovesse organizzare il Giro, mi dispiacerebbe, ma non ne farei un dramma. A un certo punto sono stato costretto a chiudere il mio Giro delle Pesche Nettarine, ci sono scelte che vanno fatte. Nessuno qui, malgrado quel che si dice, ha mai messo un soldo in tasca. E’ stato bello portare il Giro a questo livello. Anche nel lavoro ho sempre cercato la perfezione, ma se non hai risorse a disposizione, difficilmente puoi raggiungerla.

Avete parlato di ritiro e qualcosa si è mosso.

Ci hanno offerto di sedere a un tavolo e parlare. A noi sta bene, molto volentieri, perché con le relazioni e i buoni contatti si potrebbe andare avanti. Ma l’obiettivo non deve essere salvare il Giro, quanto consolidare un sistema, quello del ciclismo under 23, che fa una gran fatica a trovare la sua identità.