Ora degli juniores parlano i tecnici regionali

14.09.2021
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Ormai il tema legato agli juniores è “il” dibattito di questo periodo. L’epilogo dell’Europeo con le dichiarazioni al vetriolo di De Candido è stato solo l’ultima goccia di un tema che era sul tavolo e che anzi su queste pagine avevamo sottolineato in tempi non sospetti, quasi presagendo quel che stava per avvenire. Ne abbiamo parlato con molti diesse, ma come la pensano i responsabili di categoria in seno ai comitati regionali?

Le rappresentative regionali juniores hanno due sole occasioni per essere selezionate: Campionati Italiani e Giro della Lunigiana e sicuramente, tastando il polso nell’ambiente, è un po’ poco. Molte società sarebbero anche disponibili per un’attività più corposa, sempre nel segno del dialogo: «Una volta si avevano più occasioni – sottolinea Salvatore Balestriere responsabile della Campania – dal 2019 c’è stato un regresso, un po’ per il Covid, ma anche per la mancanza di occasioni. Noi facciamo un incontro iniziale con tutte le società per tracciare un programma condiviso, che coinvolge le principali prove del calendario».

Tricolori juniores 2017
Il calendario italiano prevede due sole sfide per rappresentative regionali, ai Tricolori e al Lunigiana. Poco in confronto ad altre specialità ciclistiche
Tricolori juniores 2017
Il calendario italiano prevede due sole sfide per rappresentative regionali, ai Tricolori e al Lunigiana. Poco in confronto ad altre specialità ciclistiche

Con Evenepoel è cambiato tutto

«Noi abbiamo insistito e ottenuto una trasferta anche alla Strade Bianche – gli fa eco Christian Murro per il Friuli – siamo una regione piccola. Questo ci aiuta nel trovare maggiori occasioni d’incontro, in sintonia con il responsabile della pista Buttazzoni».

«Seguendo tutte le corse in Toscana posso mantenere forti legami – afferma Alessio Lazzeri – e siamo riusciti a fare un paio di uscite prima dei tricolori, ma resta comunque poco in base a quel che si potrebbe fare. Ad esempio stiamo pensando a uno stage invernale per juniores, tra gennaio e febbraio con una decina di elementi ai quali far fare anche pista e offroad, per verificare anche le loro capacità a 360°».

Molti sono nell’ambiente juniores da anni, eppure la sempre più precoce ricerca del massimo risultato ha messo spalle al muro molti tecnici.

«Abbiamo a che fare con team gestiti come quelli dei professionisti – dice Stefano Vitellozzi delle Marche non senza rammarico – così ti ritrovi team che vanno continuamente in ritiro a Livigno. D’altronde non è un tema solo italiano, all’estero ragionano così e vincono e quindi molti vogliono fare lo stesso. Evenepoel ha cambiato tutto, i team cercano il campione in erba, che vince subito. Risultato? Da un momento all’altro il ragazzino che gareggiava con i pari età si ritrova a fare il Laigueglia con i big. Giusto? Sbagliato? Lo dirà il tempo…».

Remco Evenepoel, qui vincitore ai Mondiali junior 2018, con il suo immediato ingaggio alla Deceuninck ha scardinato il sistema
Remco Evenepoel, qui vincitore ai Mondiali junior 2018, con il suo immediato ingaggio alla Deceuninck ha scardinato il sistema

E se gli Under 23 sparissero?

«Non è solo il caso di Evenepoel – ribatte Lazzeri – quando ti trovi un ragazzo di 24 anni che ha già due Tour, nessuno pensa che quello stesso ragazzo già a 18 anni aveva un patrimonio atletico fuori del comune, si cerca lo stesso. Oggi il ciclismo è uno sport a parte, dove si vuole tutto e subito. Anche nel calcio i migliori talenti juniores fanno la loro gavetta nelle serie minori, qui invece non si attende. Poco importa che a 25 anni saranno corridori spremuti, ce ne saranno altri al loro posto. Andrebbe anche bene, se si considerasse chi matura dopo e magari vincerà a 28 anni e oltre. A questi invece non si dà tempo e si rischia di farli smettere prima».

Stefano Sartori, responsabile per il Trentino, è anche più pessimista: «Di questo passo la categoria U23 andrà a sparire e tanti ragazzi lasceranno e penseranno a trovarsi un lavoro quando invece avrebbero chance per fare bene per un po’ d’anni e mettere da parte qualcosa. Noi parliamo degli juniores, ma a livello inferiore la situazione è ancora più grave, trovi allievi che fanno 6 allenamenti settimanali quando una decina di anni fa si arrivava a 3. Se non vinci da allievo già fatichi a trovare posto in un team junior e così via. Bisognerebbe darsi tutti una ridimensionata…».

Oioli con il vincitore Martinez al Giro della Lunigiana: all’estero è caccia aperta al talento precoce
Oioli con il vincitore Martinez al Giro della Lunigiana: all’estero è caccia aperta al talento precoce

La difficile coesistenza con lo studio

Qualcuno però mette in evidenza un aspetto spesso dimenticato: parliamo di ragazzi ancora in età scolare.

«Io infatti dico da tempo che servirebbe un anno in più per la categoria – riprende Balestrieri – perché molti sono alle prese con la Maturità, le gare coincidono con un momento importante nella loro crescita. La Fci ai migliori consente una permanenza suppletiva, ma io sono dell’avviso che servirebbe qualcosa di strutturale, concordato con gli enti internazionali, perché la concomitanza dell’attività con la scuola non è da tutti “digerita” senza problemi».

Un altro aspetto sottolineato da molti è che bisogna avere a che fare con molte figure che fino a pochissimi anni fa non c’erano: «il ruolo dei diesse è sminuito – lamenta Aldo Delle Cese del Lazio – molti ragazzi hanno preparatore, dietologo e questo fa sì che il tecnico non sia più seguito perché agiscono in proprio. Io poi penso che andrebbe imposta la permanenza fra gli U23 almeno per un paio d’anni, perché questa continua caccia al talento porta troppi ragazzi a saltare la categoria approdando in un mondo che non conoscono, senza i mezzi adeguati, spesso anche senza il talento adeguato».

Tricolori junior 2021
Il podio degli ultimi tricolori junior: dai responsabili regionali arrivano molte proposte per rilanciare il settore
Tricolori junior 2021
Il podio degli ultimi tricolori junior: dai responsabili regionali arrivano molte proposte per rilanciare il settore

L’importanza del “mestiere”

Un concetto ripreso da Murro, sulla base della sua esperienza da pro: «Ci troviamo ragazzi che hanno la metodologia, gli strumenti, ma la vita fra i professionisti è fatta di tante altre cose. Non si insegna più il “mestiere”, manca quella gavetta che avevi tra i dilettanti e che potrebbe ancora esistere fra gli U23, l’imparare quelle sottigliezze che solo il tempo può darti e che saranno decisive per sopravvivere. Per questo penso che sarebbe importante avere qualche occasione in più per lavorare con i ragazzi come rappresentativa, provare a insegnare loro cos’è davvero il mestiere».

E’ un sistema che può cambiare? Forse, ma bisogna tenere conto anche del mondo nel quale viviamo, come sottolinea Balestriere: «I ragazzi guardano sui social le esperienze degli altri e alzano la propria asticella, trovano su Strava i riferimenti di questo e quel campione, questo e quel percorso e si adeguano. Io non mi sento di condannarli, c’è un condizionamento mediatico che non lascia scampo».

Punto juniores, perché la nazionale non viaggia più?

13.09.2021
5 min
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E’ tutto un ribollire, una storia di pressioni e scarsa visione, solo che finora non se ne era accorto nessuno. La categoria juniores è nell’occhio del ciclone e non per una speculazione giornalistica. E’ bastato far notare che dalle medie si può passare dritti all’università del ciclismo (quindi da junior si può finire in una professional o in continental e di qui dritti al professionismo) per rendersi conto che si rischia ogni anno di mandare di là ragazzi non ancora pronti. Che vengono fatti correre oltre il dovuto, pensando alla performance e poco alla formazione. Quando poi sul mucchio ha sparato De Candido dopo gli europei, si è capito che le pressioni non si fermano all’ambito ristretto delle squadre, ma probabilmente nascono più in alto. Da un modo di inquadrare e gestire il movimento che non è più in linea con i tempi.

Secondo Bardelli, il confronto con il suo Svrcek ha aiutato tanti juniores italiani a crescere
Secondo Bardelli, il confronto con il suo Svrcek ha aiutato tanti juniores italiani a crescere

«Sono vent’anni che faccio gli juniores – dice Andrea Bardelli del Team Franco Ballerini – e sono vent’anni che sento De Candido fare gli stessi discorsi. Dei corridori che devono prendere più vento in faccia. Che sono viziati. E che fanno solo le corse del campanile. Noi quest’anno abbiamo corso in Austria, in Francia e in Slovacchia. Proprio ora sto mandando i bollettini per la Parigi-Roubaix, ma la nazionale italiana non l’abbiamo mai vista. Siamo gli unici ad avere il tecnico stipendiato. Come mai, visto che ad esempio in Austria ti pagavano tutto?».

Lo stress non aiuta

Si apre un altro capitolo e noi siamo pronti, per dare alla nuova federazione gli spunti necessari per riformare e gestire una categoria da cui dipende il futuro del professionismo. Lo ha detto Andrea Morelli e lo ha ribadito ieri Ivan Basso alla Coppa d’Oro: lo stress nelle categorie giovanili impedisce il trend di crescita dell’atleta. E non possiamo proprio permetterci di perdere per strada dei talenti a causa di tecnici che spingono troppo.

Nel gruppo degli juniores ci sono atleti seguiti bene e altri al centro di troppe pressioni (foto Scanferla)
Nel gruppo degli juniores ci sono atleti seguiti bene e altri al centro di troppe pressioni (foto Scanferla)
Siete davvero fra i pochi…

Siamo gli unici, grazie a Citracca e Scinto che ci danno la logistica e qualche soldo per fare le nostre trasferte. Girando per l’Europa si vedono tante cose. Ci siamo resi conto che i francesi nelle loro gare corrono senza i rapporti limitati. Noi non li abbiamo cambiati e ci andavano via in pianura e in discesa. Chiaro che quando poi vengono al Lunigiana, hanno quel guizzo di potenza in più che gli permette di fare la differenza in salita.

Si dice che da noi alcune squadre facciano allenare gli juniores con il 53×11…

Lo so anche io, ma noi non lo facciamo. E non sono a favore dell’apertura dei rapporti. A me va bene la limitazione, ma bisogna ragionare di tutto. Andare a vedere per capire. Gregoire che ha vinto l’europeo ha la doppia tessera, grazie alla federazione francese. Corre con la sua squadra di club e va a fare le trasferte con la AG2R, che prende i migliori da tutta Europa, al punto che quest’anno ha già fatto più di 60 corse. Confrontarsi con loro non è sempre utile, perciò prima di sparare sui ragazzi bisognerebbe sapere chi hanno davanti.

La prova dei nostri juniores a Trento non è dipesa soltanto dalla loro… distrazione
La prova dei nostri juniores a Trento non è dipesa soltanto dalla loro… distrazione
Secondo te perché la nazionale non fa più le trasferte di un tempo?

Bisognerebbe capirlo, soprattutto quelle pagate. La Coppa delle Nazioni ormai è ridotta a due sole prove e una non l’abbiamo fatta. Il confronto fa crescere. Credo che doversi confrontare tutte le settimane con il nostro Martin Svrcek abbia fatto bene anche ai corridori italiani. Se ieri Pinarello ha vinto il Buffoni (in apertura il veneto vince a Monte Corno, foto Scanferla, ndr) è anche grazie a questo confronto ad alto livello. Per cui, se non andiamo fuori noi, permettiamo agli stranieri di venire a correre in Italia.

Si potrebbe pensare che siano discorsi di uno che vuole fare risultati fini a se stessi…

Ma è l’esatto opposto. Stiamo portando Martin in giro per l’Europa perché passerà in una WorldTour e deve essere pronto. Ma qualsiasi ragazzo che vada a correre fuori impara come si sta in un albergo e cosa sia la borsa del freddo. Il problema di chi li spreme è nel direttore sportivo. Se ne trovi uno che li porta a fare 20 corse al mese, la Federazione deve intervenire. Limitare il numero di corse. Durante l’inverno si parla di salvaguardare i talenti, poi invece…

Cosa?

E poi scopri che fino a cinque giorni prima dell’europeo non sai chi lo correrà. Stessa cosa per il mondiale. La Francia aveva individuato a giugno il gruppo di lavoro, coni ragazzi per europei e mondiali. E non c’entra il fatto delle corse di campanile.

Il livello di prestazione fra gli juniores non vale quanto costruire una buona esperienza (foto Scanferla)
Il livello di prestazione fra gli juniores non vale quanto costruire una buona esperienza (foto Scanferla)
Il confronto superiore aiuta di certo, però.

Ma cosa devono fare i ragazzi? Se i direttori sportivi sono vecchi e non ci pensano oppure non hanno budget, la colpa è degli atleti? Allora perché non raccogliere un po’ di soldi dalle professional italiano per mandare a correre all’estero gli italiani migliori? Trovo io le corse. Ma i corridori ci sono. lo stesso Svrcek me lo dice sempre.

Cosa ti dice?

Che ci sono almeno sei o sette italiani di altissimo livello.

Ma allora il punto è cosa si vuole da uno junior…

Esatto, la mia domanda da un pezzo. Lo vuoi tutelare? Allora non lo porti a fare il mondiale in pista e poi a correre su strada senza dargli riposo. Lasciamo stare le prestazioni della domenica e facciamoli crescere globalmente. Con le gambe e con la testa. Io non so se cambierà qualcosa e se la Federazione sarà gestita come un’azienda. Ma gli juniores non si possono gestire come operai. Di questo sono sicuro.

Juniores: «E’ l’età della scoperta». Malori parla chiaro

10.09.2021
4 min
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Il tema della precocità fra gli juniores continua a far parlare. E anche se c’è sempre chi minimizza e dice che va bene, da altre parti arrivano segnalazioni di pratiche eccessive addirittura fra gli allievi. Di sicuro sarà utile ascoltare anche chi, come Adriano Malori, non è coinvolto direttamente nelle squadre eppure allena o segue o conosce alcuni juniores e il loro ambiente.

«Vanno forte come gli under coi pro’ – dice – che ora passano e vincono subito. Vedo anche io qualche junior che seguo. Tutti parlano già di watt per chilo, di aerodinamica, di misuratore di potenza e roba del genere. Sono così attaccati a questi aspetti, che quando passano hai già un problema. Se invece di andare alla Ineos, che gli fanno usare la Bolide, vanno in una squadra che gli dà mezzi inferiori a quelli di prima, vanno in crisi. Allora cominciano a dire che non vanno per colpa della bici e del misuratore di potenza, perché anziché l’Srm ne hanno un altro e non si trovano».

Nel 2016 Bernal aveva 19 anni, ma ne dimostrava di più: i sudamericano crescono prima
Nel 2016 Bernal aveva 19 anni, ma ne dimostrava di più: i sudamericano crescono prima

Maledizione 1990

Malori è nato nel 1988 e già fra i suoi coetanei e quelli nati poco dopo fra il 1989 e il 1991 si parlava di attività eccessiva che li portava al rischio di carriere brevi. E forse sarà per caso oppure no, che tanti di loro non siano riusciti a mantenere le altissime aspettative con cui erano passati al professionismo. Da Battaglin a Moreno Moser, fino a Ulissi con i suoi due mondiali da junior (una polemica investì la Vangi in cui correva per tabelle di lavoro eccessive fra gli juniores: si parla del 2007). Poi Aru fortissimo a sprazzi e appena ritirato e Cattaneo che si è ripreso solo da poco.

Che cosa succede se spingi troppo fra gli junior?

A quell’età, devi scoprire i tuoi limiti. Vedi che hanno ancora il 52×14, non è per caso. Sono atleti che devono riconoscere la crisi di fame, il non mangiare, il modo di gestirsi. Io da junior sapete quante volte sono scattato perché convinto di vincere e poi sono esploso? Da under, anche da pro’. Io sono dell’idea che per fare il professionista devi essere professionista.

Palumbo vinse due iridi juniores nel 1992 e 1993, ma tra i pro’ non mantenne le attese
Palumbo vinse due iridi juniores nel 1992 e 1993, ma tra i pro’ non mantenne le attese
Invece adesso si passa dopo due anni da junior e puoi finire nella continental o nella professional.

E magari capita un ragazzino che fa una prestazione buona e lo mettono di riserva. Poi magari il titolare si ammala e buttano dentro un neoprofessionista che ha 20 anni a fare il Giro d’Italia, solo perché aveva il nome da under 23. 

Difficile di questo passo trovare un nuovo Nibali, no?

Non troveremo mai più un Nibali, soprattutto per la longevità, perché sono spremuti troppo subito. Ce ne sono tanti delle classi 89-90 che sembravano dei fenomeni, poi sono passati e sulla soglia dei trent’anni hanno le tasche abbastanza vuotine. Se guardate quelle classi lì, ci sono stati rendimenti altissimi, ma di breve durata.

Il punto è proprio capire se e quanto dureranno. Bernal ha vinto il Tour a 22 anni e il Giro a 24, ma se ne parla come un atleta già in declino…

Quando Bernal ha vinto il Tour, ho detto subito che doveva passare la fascia di età dei colombiani. Perché fanno tutti così.

Grabovskyy era fortissimo, ma arrivò al professionismo senza le basi necessarie
Grabovskyy era fortissimo, ma arrivò al professionismo senza le basi necessarie
Così come?

Fanno un paio di anni fortissimo e poi non si ripetono più. Sono tanto prematuri perché vivono in altura. Quintana vive a 2.500 metri, se lo guardi, dimostra cinque anni in più. Chiaramente sono precoci fisicamente, vivere a 2.500 metri consuma e giustamente il loro fisico, a 30 anni è come se ne avesse 40.

E poi subentra anche il discorso economico…

E poi c’è il discorso economico. A casa loro con uno stipendio WorldTour si vive da re e tanti perdono la testa. Altri, è successo con tanti russi, si ritrovavano nei bar a bere e smettevano di correre. Si comincia a correre per fame o ambizione, poi arrivano i soldi e la fame scende. I corridori della mia classe di cui parlavamo prima sono passati a 22-23 anni, avevano uno spessore. Ma se adesso passano a 19-20 anni che solidità possono avere?

Attività giovanile e precocità, Morelli segnala i rischi

08.09.2021
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Il tema della precocità degli juniores, effettiva oppure indotta, non si può mollare così e speriamo che anche la Federazione lo metta al centro di un bel ragionamento, fra norme da aggiornare e tecnici da formare. Però intanto, dopo aver sentito ieri Fabrizio Tacchino che con il Centro studi ha lavorato alla formazione dei direttori sportivi, oggi ci siamo rivolti nuovamente ad Andrea Morelli, direttore del ciclismo al Centro Mapei. Furono loro i primi a far passare professionista uno junior, Filippo Pozzato, e sono anche in possesso degli strumenti per dire che cosa accade se con i ragazzini si spinge troppo sul gas. Tanti degli juniores del Lunigiana mostravano una notevole definizione muscolare e prestazioni da professionisti e questo è la spia di lavori forse troppo evoluti.

«C’è stato un avanzamento sul piano tecnico- dice Morelli – sia per quanto riguarda il mezzo meccanico, sia la possibilità di raccogliere informazioni sugli atleti mediante l’uso del misuratore di potenza in età in cui le priorità dovrebbero essere altre. A quell’età non devono concentrarsi sui numeri, devono imparare a leggere le informazioni che gli vengono dal corpo, magari imparando a usare il cardiofrequenzimetro per capire la reazione del cuore agli stimoli e alla fatica».

Alessandro Romele, campione italiano, con una dotazione tecnica da capogiro (foto Scanferla)
Alessandro Romele, campione italiano, con una dotazione tecnica da capogiro (foto Scanferla)
Che cosa succede scalando tutto così indietro?

Intervieni sui carichi di lavoro, proponi da subito il raffronto dei watt, magari intervieni anche sull’alimentazione… Crei la situazione di stress che dei ragazzi così giovani non sono attrezzati a fronteggiare. Se cominci a martellarli da allievi, perché questo è quello che sta succedendo, causi dei problemi psicologici che magari portano all’abbandono. Io credo sia sbagliato gestirli per cercare la prestazione assoluta in età di sviluppo. La precocità ha più rischi che vantaggi.

Esempio?

Mi hanno raccontato che prima del Lunigiana, una squadra di qui ha fatto una gara di rodaggio e il giorno dopo il tecnico ha voluto che facessero una distanza. Purtroppo le squadre sono molto focalizzate sul numero di vittorie, che portano più sponsor. E’ tutto a scalare. Le U23 vogliono diventare continental per avere più visibilità e ti ritrovi anche con gli allievi che già hanno il procuratore. Il figlio di un mio amico ha iniziato giocando con la Mtb. Poi da allievo è passato su strada, si è piazzato subito e una l’ha vinta. Mi racconta il padre che sono pieni di società che gli offrono la bici per prenderlo. Con lui ci parlo io, ma altri genitori si ritrovano in mezzo a scelte fatte da pseudo manager, in un’età in cui al centro dello sport devono esserci il divertimento e la formazione.

Il livello dei team juniores si è alzato a dismisura negli ultimi 5 anni, la precocità atletica è una costante (foto Scanferla)
Il livello dei team juniores si è alzato a dismisura negli ultimi 5 anni, la precocità atletica è una costante (foto Scanferla)
Invece a 17 anni abbiamo già dei piccoli professionisti…

Arrivare a fare il professionista dovrebbe essere il punto di partenza, ma se hai già sfruttato tutto, quali sono i tuoi margini? E non parlo tanto dal punto di vista fisico, che si può gestire, ma psicologico. Il professionista mette in atto sistemi tampone con cui si difende dalla pressione, penso a Nibali che è ancora capace di addormentarsi dovunque. Da giovani non è così semplice. E’ facile che entri in un tunnel e poi salti per aria.

Sul piano fisico si gestisce davvero?

In parte sì, anche se ci sono tappe della crescita in cui si sviluppano determinate qualità e quelle andrebbero rispettate. Se cominci a fare le Sfr e le partenze da fermo al secondo anno da allievo, vai a sbattere contro il periodo dello sviluppo ormonale. A quelle età dovrebbero lavorare sull’abilità, l’agilità e la coordinazione, non sulla forza. Però molto dipende da quello che si vuole ottenere.

Alberto Bruttomesso prende la borraccia, un “giochino” non sempre semplice (foto Scanferla)
Alberto Bruttomesso prende la borraccia, un “giochino” non sempre semplice (foto Scanferla)
Parli di risultati?

Se devi puntare a grandi appuntamenti, ti trovi davanti Paesi che fanno altri ragionamenti. Vedi le ginnaste prodigiose a 12 anni o vedi gli juniores con fisici da adulti. Se l’obiettivo è vincere il mondiale juniores, devi per forza confrontarti con quegli atleti. E poi mi chiedo, se lo scopo dell’Uci è tutelare gli juniores, ha senso fare mondiali da 120 chilometri, se la distanza di gara di tutto l’anno è sui 90? Chiaro che poi si allenino su distanze superiori…

E si ritrovano uomini fatti con largo anticipo.

Così li trovi nelle continental a correre in mezzo ad atleti con strutture fisiche superiori senza essere pronti e senza avere le abilità tecniche necessarie. La precocità fisica non va di pari passo con l’esperienza. Saper fare una doppia fila, tirare la volata, prendere il rifornimento. Sono cose che impari da piccolo. Se guardi solo ai dati, il resto passa in secondo piano.

Federico De Paolis del Team Ballerini: una delle società più evolute (foto Scanferla)
Federico De Paolis del Team Ballerini: una delle società più evolute (foto Scanferla)
Voi siete quelli che fecero passare Pozzato…

E anche Cancellara. Non era un discorso di precocità, ci eravamo accorti che avessero delle doti non comuni e li inserimmo in una struttura che faceva attività su misura. Perciò c’è il confronto fra realtà che lavorano per la crescita graduale e altre che prendono ragazzi di 22-23 anni e li portano a fare le corse a tappe di tre settimane. Quando Ganna veniva a fare i suoi test da junior, si vedeva che fosse un campione, ma per fortuna ha avuto un processo di crescita graduale e adesso è ai livelli che ben vediamo. La componente genetica ha il suo peso, ma l’ambiente di sviluppo è altrettanto importante.

E poi ci sono quelli che allenano gli juniores con il 53×11 e non il 52×14…

Certe regole nascono da un ragionamento. Per cui se si vuole abolirle, occorre farne un altro. Ogni eccezione è semplice rincorsa alla prestazione e non verso la giusta crescita. In mountain bike questo discorso dei rapporti non c’è, ma si tratta di un lavoro completamente diverso. Su strada eviterei di allungare i rapporti quando non si può. Che necessità hanno di farlo?

Viaggio tra i giovani. Il punto con Tacchino, “tecnico dei tecnici”

07.09.2021
7 min
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Ancora non si ferma l’onda lunga del Lunigiana, ma più in generale dell’effetto giovani. Abbiamo visto ritmi pazzeschi, numeri da pro’, comportamenti da campioni navigati, ma al tempo stesso grosse lacune (vedi i famosi fondamentali). Come da nostra abitudine cerchiamo di saperne di più e lo facciamo con Fabrizio Tacchino.

Fabrizio ha una lunghissima esperienza nel campo della preparazione e della formazione rivolta anche ai tecnici. Dopo le sue esperienze in bici, le qualifiche come diesse e la laurea in scienze motorie l’aspetto pedagogico è in primo piano per lui.

Fabrizio Tacchino durante uno dei suoi corsi di formazione
Fabrizio Tacchino durante uno dei suoi corsi di formazione

Partiamo dai rapporti

In questo Lunigiana abbiamo assistito a performance importanti con ben dieci ragazzi che hanno siglato tempi migliori di Pogacar sulla salita di Fosdinovo. Si è sentito parlare di rapporti spinti in allenamento che vanno ben oltre il 52×14 del regolamento imposto in gara per la categoria. Cosa succede quindi?

«Io – spiega Tacchino – non sono così orientato nel dire che i ragazzi facciano dei carichi eccessivi. Piuttosto mi chiederei che tipo di gare fanno? Cosa richiedono le loro competizioni? Quella dei rapporti è una regola degli anni ’60 fatta per tutelare i ragazzi perché se c’era qualcuno che era meno sviluppato di un altro non sarebbe riuscito a tirare i rapporti più duri. Ed era giusta. Ma i tempi cambiano. E andiamo ad analizzare cosa dice l’Uci. In pista e in Mtb per esempio non ci sono limiti di rapporti e oggi uno juniores che in certe gare, vedi il quartetto, non spinge il 56 non risponde al modello di prestazione di quella specialità. Sono stati recentemente abbattuti diversi record del mondo, ma questo è successo non perché si allenino di più o vadano più forte, ma perché girano rapporti che consentono di fare velocità più alte.

«Detto questo, ha senso allenarsi con rapporti più duri, purché sia fatto in modo progressivo e in base a ciò che richiedono le gare. Quindi ben venga ancora il limite del 52×14 in gara altrimenti ci sarebbe una netta svolta verso la forza nella preparazione».

Alcuni juniores sono meno sviluppati di altri e per loro il rischio di restare dietro è altissimo (foto Valerio Bianco)
Alcuni juniores sono meno sviluppati di altri e per loro il rischio di restare dietro è altissimo (foto Valerio Bianco)

Cambio generazionale netto

Che si sta assistendo ad un cambio generazionale lo abbiamo detto più volte, ma che tale cambio sia così repentino e così marcato fa riflettere. Perché? Da cosa dipende?

«E’ migliorata la tipologia degli allenamenti – dice Tacchino – si spinge un dente più duro sulle salite e si fanno tempi impensabili fino a pochi anni fa. E questo per me dipende anche dalla multidisciplinarietà che li stimola molto. In pista vince chi ha la capacità di spingere un dente in più. Ma questo non vuol dire che i ragazzi siano sfruttati oltre le loro possibilità e che si facciano dei danni. Se le cose sono fatte bene, in modo progressivo, non ci sono controindicazioni».

Il dubbio però resta. Siamo sicuri che non si vada oltre? Cosa chiedono i diesse nei corsi di aggiornamento? Alla fine si rischia che, volenti o nolenti, ci sia questa sorta di “fame di successo”.

«Nei corsi spieghiamo il modello prestazionale richiesto dalla gara di quella categoria: quanto dura, la tipologia di sforzo che sono chiamati a fare i ragazzi, la capacità lattacida richiesta… e su questo modello si costruisce la preparazione. Poi c’è chi recepisce e chi no… Ma ci sono delle tappe da rispettare. Ci sono dei ragazzi più propensi e altri meno, nel senso che hanno sviluppato meno. 

«Però non bisogna neanche esagerare nel senso opposto, in quello pedagogico. Non è vero che non bisogna fare dei lavori di forza o senza pesi. Come ripeto, l’importante è farlo con i tempi giusti. Partire dai carichi naturali e poi impostare dei lavori con i bilancieri. Per questo diciamo sempre ai diesse di affidarsi a persone esperte e affidabili. Di fatto noi mettiamo a disposizione delle squadre le metodologie sviluppate con le nazionali e i diesse le devono adeguare ai propri atleti».

Ritmi elevatissimi al Lunigiana. Tenere le ruote in salita non era facile. E lì c’erano i migliori…
Ritmi elevatissimi al Lunigiana. Tenere le ruote in salita non era facile. E lì c’erano i migliori…

Evoluzione delle metodologie

«Da noi il ciclismo – continua Tacchino – è un po’ esasperato. Abbiamo una tradizione ciclistica di lungo corso. Oggi si fanno troppe discipline. Da juniores non puoi più fare troppo: il tempo richiesto per allenarti è grande. C’è una ricerca importante del mio collega Paolo Menaspà, ex Centro Mapei Sport, che mette in evidenza come il livello tra gli juniores sia così elevato che le qualità che esprime un atleta in quella categoria se le porta poi dietro per il resto della carriera. In pratica chi è uno scalatore da juniores molto probabilmente lo sarà anche da under 23 e da professionista. E sta a noi tecnici individuare queste caratteristiche. 

«Ci sono dieci ragazzini che vanno più forte di Pogacar? E’ l’evoluzione della preparazione e una maggiore consapevolezza nei metodi di lavoro. Il che può essere letto in due modi: l’esasperazione o una maturazione tranquilla. Nel primo caso succede che molti abbandonano in modo precoce perché gli tirano fuori tutto. Oggi a 20-21 anni sei vecchio se non passi e le squadre dei pro’ preferiscono prendere un atleta meno maturo e investire su di lui. Senza contare che dietro c’è anche la spinta dei procuratori. Nel secondo caso, invece, c’è chi vive il ciclismo in modo più divertente, più ludico, ma di contro rischia di non arrivare e di non essere preso in considerazione».

Spesso per i ragazzi non è facile sopportare certi livelli di stress
Spesso per i ragazzi non è facile sopportare certi livelli di stress

Il mercato dei giovani

E qui si apre un capitolo molto importante: il mercato dei giovani, il ruolo dei procuratori, la carenza di squadre… il che inevitabilmente porta ad alzare l’asticella. E’ la legge della domanda e dell’offerta. 

«Oggi – riprende Tacchino – se non vai forte da allievo rischi di non trovare squadra da juniores. Da juniores di non trovarla tra gli U23 e così via.. perché ci sono pochi posti in base alle squadre rimaste. Non è più come una volta. In Mtb vediamo dei campionati nazionali con 200 partenti tra gli juniores e 50 tra gli under 23: perché non ci sono squadre in grado di supportare un’attività nazionale.

«Di conseguenza con meno posti si cerca di fare di più. E uno juniores che va forte è già sul taccuino dei procuratori. Al tempo stesso ci sono metodologie migliori di allenamento che bene o male fanno rendere di più. Ma poi si ripercuotono non tanto sul fisico quanto sull’aspetto mentale. Oggi un ragazzo di 19 anni deve essere pronto a fare la vita da pro’. Se deve andare ad una corsa deve prendere un treno, spostarsi da solo… A 25 anni è più maturo, prende la macchina e va: è tutto più facile per lui. In questo contesto è importante anche l’ambiente familiare».

L’effetto Evenepoel è stata una vera rivoluzione, una scossa nel mondo giovanile e juniores in particolare
L’effetto Evenepoel è stata una vera rivoluzione, una scossa nel mondo giovanile e juniores in particolare

Quei fondamentali perduti

Diceva Gianluca Geremia del fatto che oggi i ragazzi vanno forte, ma mancano di fondamentali. Non sanno fare un treno o prendere il rifornimento quando si va più veloce. Nei corsi di formazione o comunque in seno a queste categorie giovanili si curano ancora questi aspetti?

«Faccio un esempio – conclude Tacchino – io sono di Ovada. Ai miei tempi come in ogni altra cittadina c’era una squadra che aveva come minimo 10-15 tesserati, di tutte le età. Una volta non cerano gli Under 23 e magari un dilettante aveva quasi 40 anni. Ebbene questi corridori più vecchi nelle uscite di squadra facevano scuola ai più giovani. Certe dinamiche di gruppo erano apprese in modo naturale. Oggi col fatto che ci sono poche squadre e che magari un tesserato abita a 100 chilometri dall’altro è difficile fare questi allenamenti collegiali. Di contro, non si possono valutare solo i watt. Sento tanti amatori che vincono le granfondo dire: coi miei watt potrei fare il professionista. Non è così. Lì sei in un contesto in cui sei il più forte e vai. Qui invece hai anche un confronto tecnico che ti toglie energie. Mi riferisco allo stare in gruppo, al nervosismo, a prendere una salita dopo aver speso molto di più.

«Piuttosto c’è il rischio che la nuova generazione di diesse non abbia esperienza ciclistica sul campo, ma solo dall’ammiraglia. Finché può il diesse dovrebbe andare in bici coi propri ragazzi. Tra gli U23 certe cose si danno per assodato, tra gli junior qualcosa devi ancora imparare, da esordiente e allievo ci devi lavorare. Noi lo diciamo nei corsi, ma non è facile. Sarebbe bello fare dei corsi pratici perché un conto è spiegare a parole un ventaglio e un conto è farlo su strada. Ma ci sono anche delle esigenze sulla sicurezza che vanno prese in considerazione quando si fa un corso».

Europei di Trento juniores. De Candido, cosa prevedi?

04.09.2021
4 min
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Ai campionati europei di ciclismo correrà anche la categoria juniores, il 10 settembre. I ragazzi del cittì Rino de Candido saranno pronti a dare battaglia sulle strade di casa. Il percorso è lo stesso della prova degli under 23, il circuito cittadino di Trento verrà percorso otto volte, per un totale di 107 chilometri. Non una prova lunga, ma molto impegnativa. Ce la facciamo raccontare dal tecnico azzurro che guiderà i ragazzi in questa loro prima esperienza internazionale. Alcuni stanno correndo il Giro della Lunigiana che terminerà domani, domenica 5 settembre, a Casano di Luni.

Fra gli azzurri presenti al Lunigiana, Lorenzo Giordani e Piergiorgio Colzani
Fra gli azzurri presenti al Lunigiana, Lorenzo Giordani e Piergiorgio Colzani
Come vi siete approcciati a questo europeo casalingo?

Siamo andati a vedere il percorso a metà agosto, con un gruppo di 12 ragazzi. I quali sono poi venuti in ritiro con me a preparare gli ultimi appuntamenti prima della selezione finale. Li ho divisi in due gruppi: un primo gruppo ha corso il Gp della Pace (Belletta Dario, Igor Bonetto, Samuele Pellizzari, Giulio Romele, Alessandro Ursella e Raffaele Mosca), mentre un secondo sta disputando ora il Giro della Lunigiana (Piergiorgio Cozzani, Lorenzo Giordani, Sebastiano Minoia, Simone Roganti, Luca Tornaboni e Stefano Cavalli).

Cosa ne pensa del percorso ora che lo avete visto da vicino?

Si continua a mettere l’accento sulla lunghezza, dicendo che è corto, ma non si dice che il dislivello ammonta a 2.000 metri totali. Non è semplice, la salita farà sicuramente la differenza, è dura ed impegnativa. Ripeterla otto volte porterà ad una selezione naturale.

Belletta, qui in ritiro con la nazionale juniores di De Candido a metà aprile, ha provato il percorso di Trento (foto Instagram)
Belletta, qui in ritiro con la nazionale juniores di De Candido, ha provato il percorso di Trento (foto Instagram)
Ha notato qualche particolarità?

A parte la costante difficoltà tecnica, per cui dovrò scegliere ragazzi con dimestichezza nel guidare il mezzo, l’arrivo è complicato. Si arriva da un sottopasso, poi ci sono delle continue curve, ed il rettilineo finale, oltre ad essere in pavé, è anche in leggera pendenza. Serviranno dei ragazzi bravi in salita, ma che si sappiano difendere in una volata ristretta. Il tempismo la farà da padrone, un attimo prima e rimani piantato, un secondo dopo rimani imbottigliato dietro.

Vorremmo sapere che emozioni provano questi giovani atleti a correre in un palcoscenico così importante.

Questi ragazzi hanno già corso in gare internazionali, come il Lunigiana o il GP della Pace. Certo è molto differente gareggiare in una corsa a tappe o in una gara singola. Loro sanno quel che devono fare, se corrono come sono in grado di fare saranno protagonisti, andiamo per portare a casa un buon risultato. L’emozione non si può nascondere, poi correre in Italia è ancora più eccitante, avranno gli occhi puntati addosso. E’ esperienza anche questa, sarà un mio compito tranquillizzarli e farli dormire sereni.

I norvegesi, ma anche i francesi: al Lunigiana si lavora per gli europei juniores
I norvegesi, ma anche i francesi: al Lunigiana si lavora per gli europei juniores
La concorrenza è elevata, i francesi al Lunigiana non scherzano.

Vanno molto forte, ma siamo ad un europeo, tutti vanno forte, non bisogna sottovalutare nessuno. In primis bisognerà curare, oltre ai transalpini anche gli olandesi ed i norvegesi. Non dobbiamo farci intimidire e dobbiamo correre da squadra, l’organizzazione è alla base di tutto.

Come si interpreta una corsa del genere? in questa categoria siamo abituati a vedere gare sempre molto attive.

Dovremo essere pronti a seguire qualsiasi evoluzione, stare davanti ed entrare in ogni tentativo di fuga, sarebbe un rischio troppo elevato far uscire un gruppetto e non farne parte. Anche se si dovesse trattare di una fuga da lontano, farne parte ci permetterà di controllare meglio la corsa. E’ una gara che stanca molto anche la mente, essere sempre pronti non è facile. Ho parlato molto con i miei ragazzi e sanno cosa devono fare.

Fra i possibili juniores azzurri per Trento, anche Biagini, qui con il suo diesse Luca Colombo
Fra i possibili juniores azzurri per Trento, anche Biagini, qui con il suo diesse Luca Colombo
L’appuntamento successivo sarà il mondiale, i ragazzi saranno quelli di questo gruppo?

Non necessariamente, sono due gare simili solo sulla carta, il nostro percorso al mondiale è cittadino come quelle di Trento. E’ però, anche molto più tecnico e complicato, lì (nelle Fiandre ndr) ci saranno 4 o 5 strappi da 200 o 300 metri molto duri, serve esplosività, quindi i corridori saranno differenti.

Correre all’estero serve e si può fare. La Ballerini insegna

30.07.2021
5 min
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Fatti, non parole. La Franco Ballerini, squadra juniores diretta dal diesse Andrea Bardelli, è una delle “mosche bianche” che va a correre anche all’estero. E così facendo mette in pratica quello che in tanti declamano: cioè fare attività internazionale.

Proprio qualche giorno fa il cittì degli U23, Marino Amadori ci aveva detto della necessità che le nostre continetal andassero di più oltre confine. «E’ anche da lì che passa la crescita», ci aveva detto Amadori. Ed è lo stesso concetto che sostiene Bardelli.

Martin Svrcek (a destra) ha vinto la 3ª tappa. Sfortunato nella crono iniziale: tra i pochissimi a correre sotto la pioggia
Martin Svrcek (a destra) ha vinto la 3ª tappa. Sfortunato nella crono iniziale: tra i pochissimi a correre sotto la pioggia

In Slovacchia…

Qualche settimana fa la Franco Ballerini ha caricato nel furgone quattro ragazzi, tra cui lo slovacco Martin Svrcek, e li ha portati proprio in Slovacchia per la Medzinárodné Dni Cyklistiky. Sei giorni di trasferta, tre di gara: emozioni per i ragazzi, esperienza per il corridore che c’è in loro.

«Sono 20 anni che faccio il tecnico tra gli juniores – spiega Bardelli – ed è dal 2008 che andiamo all’estero. Fu proprio Franco Ballerini a darci questo imput, a trasmetterci l’esigenza di aprirci. Pensate, quell’anno in Slovenia vidi un giovanissimo Sagan, correva con delle scarpe che sembravano ciabatte. Questo nostro fare è la famosa crescita di cui tanti parlano, ma pochi fanno. E non lo si fa per i risultati, ma per accumulare esperienza, per saggiare nuovi terreni e altri modi di correre. E’ la nostra politica, ma posso dire che così facendo ho 15 ragazzi che sono passati da noi e che sono arrivati fino alle WorldTour».

La Medzinárodné Dni Cyklistiky si correva quasi al confine con la Repubblica Ceca
La Medzinárodné Dni Cyklistiky si correva quasi al confine con la Repubblica Ceca

Sognando la Roubaix

«Quest’anno – continua Bardelli – chiuderemo la stagione con quattro gare all’estero: che poi in realtà saranno ufficialmente tre perché in Austria ci si è andati con la Nazionale. Dovevamo fare la Kuurne-Bruxelles-Kuurne in Belgio in primavera, ma è stata annullata. Siamo stati in Slovacchia e poi andremo in Svizzera ad Aigle. Il regolamento della nostra Federazione ci limita a quattro giorni di gara oltre confine per ragazzo. Facendoli girare li ho portati quasi tutti. Ma è una regola che vale solo da noi. Le chiamano corse a tappe, ma di fatto sono delle due, tre giorni.

«Dovrebbero venire anche i tecnici a vedere cosa c’è oltre le nostre gare. Il ciclismo va avanti. E’ cambiato. Abbiamo visto un livello organizzativo elevato. Il ciclismo non è più solo da noi. Anzi, forse siamo rimasti anche un po’ indietro. Che poi è bello, perché andando fuori, conosci gente, fai amicizie e ti arriva anche qualche invito».

Bardelli inoltre ci confida che le trasferte 2021 potrebbero non essere finite qui. La Parigi-Roubaix infatti ha annunciato la gara juniores per il 3 ottobre e loro hanno fatto richiesta. Si spera che con questo nome gli organizzatori della corsa del pavé non restino insensibili.

Grande impegno e passione da parte dello staff nel seguire gli atleti
Grande impegno e passione da parte dello staff nel seguire gli atleti

Costi non elevati

«A me – riprende Bardelli – criticano perché ogni anno prendo un corridore straniero. Mi dicono che lo faccio per i risultati, ma non è per quello. All’estero, soprattutto le squadre che sono legate alle WorldTour, ne hanno tanti di atleti stranieri. L’Ag2R per esempio ha corridori juniores di 8 nazionalità differenti.

«E anche sui costi si deve fare qualcosa. Per andare a fare il Liberazione, un giorno di gara, dalla Toscana a Roma, tra viaggio, vitto e alloggio abbiamo speso 1.000 euro. Per andare a correre a Pisa, un’ora di macchina dalla nostra sede, si spenderanno domenica prossima 100 euro solo di pranzo (12 euro a pasto, tra corridori e tecnici, ndr). Per andare in Slovacchia ho speso meno. Vitto e alloggio erano compresi e ci hanno dato anche un piccolo rimborso. Non è possibile che all’estero una tessera juniores costi 5 euro e da noi ne servano 80. Oltre ai 700 euro per l’affiliazione e ai 120 euro per la tessera di un tecnico. Le federazioni straniere danno degli incentivi perché le squadre juniores facciano attività internazionale».

La Ballerini non era l’unico team straniero presente in Slovacchia. Ecco per esempio la Lux Specialized, una U19 statunitense
La Ballerini non era l’unico team straniero presente in Slovacchia. Ecco per esempio la Lux Specialized, una U19 statunitense

E i ragazzi?

E in tutto ciò a guadagnarci una volta tanto sono i ragazzi. Quando superano i confini italiani sono emozionati e gasati.

«Sono eccitati quando li porti fuori – conclude Bardelli – Per loro sono le prime esperienze lontani da casa. Sembrano partano per il Tour! Sono tesi, ci tengono a fare bene. E poi è un modo per confrontarsi con altri ragazzi. Se corri costantemente in Italia o nelle regioni limitrofe gli iscritti sono sempre quelli.

«Io invece voglio che imparino a stare in giro, ad avere dimestichezza con gli hotel, con gli orari da rispettare, sul cosa portarsi dietro, a prepararsi la borsa del freddo… Senza contare i benefici che ne traggono sul piano fisico. Un ragazzo in Slovacchia non è andato benissimo, anche se ha lavorato molto per la squadra, ma quando è tornato in Italia nella corsa successiva è andato molto forte».

Ciabocco campionessa italiana 2021

Eleonora Ciabocco, ragazzina tricolore con la testa da grande

19.07.2021
4 min
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Quando è nata, Eleonora Ciabocco aveva già il destino segnato. Terza figlia di una coppia appassionata di bici, con i fratelli più grandi (un maschio e una femmina) già indirizzati verso le gare, poteva lei essere esente dalla passione per le due ruote? La neocampionessa d’Italia junior, sulla bici ci è praticamente nata: a 5 anni andava alle corse per seguire i fratelli, a 6 ecco la prima bici da strada e subito dopo le primissime gare di categoria: «Le rotelle le ho utilizzate pochissimo, neanche me le ricordo…».

La bici così è diventata compagna quotidiana delle sue giornate, grazie anche alla varietà geografica della sua terra, le Marche: «Vivo in collina, a Corridonia, così da una parte c’è il mare, dall’altra le salite, posso variare quando voglio e questo forse ha influenzato anche il mio modo di essere ciclista».

In che senso?

Credo di essere una ciclista completa, che predilige sicuramente le salite, ma mi difendo bene in volata e anche sul passo me la cavo. Le cronometro mi piacciono molto, sono stata terza ai Campionati Italiani. E’ chiaro che ho tantissimo da imparare, l’importante è che mi diverto su ogni tipo di terreno.

Ciabocco darfo 2021
Eleonora Ciabocco emerge su ogni terreno: forte in salita, si è già distinta anche a cronometro
Ciabocco darfo 2021
Eleonora Ciabocco emerge su ogni terreno: forte in salita, si è già distinta anche a cronometro
Quanto ti alleni?

Non tantissimo, diciamo che nel corso della settimana è previsto 1/2 allenamenti impegnativi, gli altri sono più tranquilli. Negli ultimi mesi d’altronde lo studio in DAD mi ha aiutato molto, guadagnavo il tempo degli spostamenti in corriera per e dalla scuola, comunque conciliare ciclismo e studio non è mai stato un problema, ho la media del 9…

Che scuola frequenti?

L’Istituto Biologico Sanitario Matteo Ricci di Macerata. Vorrei un futuro nella struttura sanitaria, si è visto quanto sia importante.

C’è una corsa fra quelle delle elite che sogni più delle altre?

Una che mi piacerebbe davvero correre e magari vincere è la Strade Bianche perché ha lunghi pezzi di sterrato e per me che vengo dal ciclocross è davvero l’ideale.

Ciabocco 2021
Quello di Darfo è stato il terzo titolo italiano per Eleonora, già due volte tricolore nel ciclocross
Ciabocco 2021
Quello di Darfo è stato il terzo titolo italiano per Eleonora, già due volte tricolore nel ciclocross
Apriamo allora la parentesi dedicata ai prati: fai ancora ciclocross?

L’ho praticato fino al 2020, ma nell’ultimo inverno ho dovuto saltarlo. Vorrei riprendere perché è una specialità che mi diverte tantissimo e dove vado molto bene, anche più che su strada, tanto che ho già due titoli italiani in bacheca, vinti da Esordiente 2° anno e da Allieva 2° anno.

E con quello su strada sono 3…

Quello di Darfo Boario Terme proprio non me lo aspettavo, anche perché quest’anno non avevo ancora vinto ed è arrivata al termine di una gara dura, con tante fughe, ma sull’ultimo strappo mi sono messa davanti al gruppo, ho recuperato sulle due davanti e ho provato a fare la differenza, scollinando per prima e tuffandomi in discesa verso il traguardo. Il bello è che la giornata non era iniziata bene, con un problema meccanico al primo giro…

Ciabocco tricolori 2021
L’arrivo solitario della Ciabocco a Darfo Boario Terme (foto Fabrizio Ghirardi/Fci)
Ciabocco tricolori 2021
L’arrivo solitario della Ciabocco a Darfo Boario Terme (foto Fabrizio Ghirardi/Fci)
In società (la Ciclismo Insieme Team Di Federico) sono favorevoli a una tua doppia attività?

Non mi hanno mai ostacolato in nessuna decisione, d’altro canto penso che sia solo un problema di organizzazione, stabilendo in anticipo il calendario di ognuna delle quattro stagioni prevedendo i necessari periodi di riposo.

Nel tuo futuro vedi un impegno nel ciclismo che conta, quello professionistico, anche a scapito dello studio?

Mmmh… Anche in questo caso è questione di sapersi organizzare. Allo studio tengo tantissimo, ma so che si può portare avanti parallelamente alla carriera sportiva. Vedremo, io sono abituata ad andare avanti un passo alla volta, anzi una pedalata…

Romele tricolori junior 2021

Romele, il tricolore sulle orme di Gimondi

17.07.2021
5 min
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Di Alessandro Romele si parla da tempo, nell’ambiente junior, ben prima della sua vittoria tricolore. A Pieve di Soligo, in giugno, aveva fatto scalpore la sua condotta di gara nella sfida internazionale, finendo terzo e vincitore della volata degli inseguitori di Romain Gregoire (vincitore, campione francese nel 2020) e Cian Uijtdebroeks (belga che salterà del tutto gli under 23 per passare il prossimo anno alla Bora-Hansgrohe), due nomi non di poco conto considerando che sono finiti nello stesso ordine all’Ain Bugey Valromey Tour, una delle principali gare a tappe disputata a metà luglio: «Avevo sbagliato io a non andargli dietro, era il momento che rifiatavo dopo aver risalito il gruppo in salita, mancavano 500 metri alla cima, dovevo provarci. Tutta esperienza…».

Sul podio di Pieve di Soligo con Gregoire vincitore e Uijtdebroeks
Sul podio di Pieve di Soligo con Gregoire vincitore e Uijtdebroeks

Il tricolore junior non lo ha solo vinto: l’ha dominato, infliggendo distacchi molto pesanti su un percorso difficile ma non così selettivo. Alessandro è uno di quelli che lo guardi e dici “è un predestinato”. Lui lo sa, da sempre, da quando seguiva i suoi fratelli Simone ed Elisa nelle gare giovanili: «Loro sono arrivati alla G6, io al tempo mi dedicavo al calcio ma senza grande passione, quella l’ho sempre riservata alla bici».

Come furono i tuoi primi approcci con le gare?

Non è che furono entusiasmanti: la prima caddi, pioveva a dirotto, eppure non mi persi d’animo. Alla seconda arrivai nelle retrovie ma rimasi calmo anche allora. Intanto imparavo, poi sono emerso piano piano.

4 successi da Esordiente, 2 da allievo e poi il passaggio di squadra, dalla Cicli Peracchi Sovere alla Ciclistica Trevigliese

Alla Peracchi era casa mia, ma non avevano la categoria junior, alla società erano arrivate un po’ di proposte così scelsi la Ciclistica Trevigliese perché era vicino casa. Fra gli junior ho vinto 4 volte, fra cui il campionato regionale studentesco quest’anno, al sabato e alla domenica ne ho vinta un’altra a Treviglio.

Romele Lombardia 2021
Romele con la maglia della selezione lombarda, con cui ha corso il Campionato Italiano
Romele Lombardia 2021
Romele con la maglia della selezione lombarda, con cui ha corso il Campionato Italiano
Quali sono le tue caratteristiche?

Mi ritengo un passista veloce: sugli strappi brevi, fino a 3 chilometri e con pendenze inferiori al 10% tengo brillantemente, anzi spesso provo io a lanciare l’azione. Le situazioni ideali per me sono le fughe di piccoli gruppi nei quali posso giocarmela in volata. Sulle salite più lunghe diciamo che devo testarmi ancora, non ne ho affrontate abbastanza per sapere se ho tenuta.

Come ti trovi nelle corse a tappe?

Mi piacciono molto, finora ho fatto il Giro del Friuli e una gara in Ungheria lo scorso anno. Mi piacciono quelle brevi, fino a 4 giorni, penso che siano la mia dimensione ideale sulla quale puntare per il futuro. Penso però di essere ancora molto giovane, per capire bene che tipo di corridore potrei essere.

Quali sono le gare che preferisci?

Quelle che mi affascinano di più sono tutte quelle del Nord, le Classiche, Fiandre in testa. Mi piacerebbe tanto un giorno essere protagonista su quelle strade.

Quanto ti alleni?

Relativamente poco, nel senso che quest’anno ho parzialmente cambiato metodo rispetto allo scorso anno, facendo meno quantità ma più lavori specifici. Ogni seduta curo un aspetto: la forza, la cadenza… Esco in bici comunque pressoché tutti i giorni, salvo il lunedì dopo le gare quando effettuo solo una passeggiata per sgranchire le gambe, ma in questo modo è più divertente.

Romele crono 2021
Il giovane tricolore lombardo è sicuro: «Anche a cronometro posso dire la mia»
Romele crono 2021
Il giovane tricolore lombardo è sicuro: «Anche a cronometro posso dire la mia»
Anche tu sei uno dei tanti ragazzi che abbina la strada ad altre specialità?

Finora ho provato solo la pista e gareggerò ai tricolori junior con la Lombardia nel quartetto dell’inseguimento. Ho iniziato a praticarla l’ultimo inverno, mi ha visto anche il Cittì Marco Villa che mi ha detto come inseguimento a squadre e individuale siano molto adatti a me. Mi piacerebbe poi provare il ciclocross, ma non ho avuto mai la possibilità.

Come concili il ciclismo con la scuola?

Non è facile devo essere sincero. Frequento il Liceo Scientifico Sportivo a Lovere e questo mi ha dato dei vantaggi, sono anche rientrato nel Piano Formativo per atleti di alto livello, il che mi ha agevolato per il computo delle assenze. Devo dire che i professori, chi più chi meno, sono abbastanza comprensivi verso i miei impegni sportivi, ma conciliare le due cose non è facile. Ho rischiato anche un debito a fine anno, sono riuscito a recuperare proprio in extremis.

Gareggiare d’estate è più semplice, non essendoci la concomitanza con la scuola?

Sicuramente, mi sento più libero di testa e risultati si vedono. A inizio preparazione faccio molta fatica proprio perché devo mettere insieme le due cose, ora invece mi viene tutto più facile.

Ti aspettavi il titolo italiano?

Diciamo che era il mio obiettivo, ma vincere con distacchi simili (1’40” su Edoardo Zamperini e Federico Biagini, 3’45” sul resto del gruppo, ndr) mi ha sorpreso molto. All’inizio dell’anno l’avevo promesso al presidente che avrei fatto di tutto per portare a casa la maglia tricolore, anche perché si gareggiava a 10 chilometri da casa mia, su strade che sono il mio terreno di allenamento.

Romele azzurro 2021
Romele ha già vestito la maglia azzurra, ora il suo obiettivo è puntare a europei e mondiali
Romele azzurro 2021
Romele ha già vestito la maglia azzurra, ora il suo obiettivo è puntare a europei e mondiali
Eri quindi favorito?

Un po’, anche se il percorso completo avevo potuto provarlo solo la domenica precedente e farlo in mezzo al traffico, avendo mille occhi non è proprio la stessa cosa… E’ chiaro però che quelle strade sono casa mia.

Ti ci vedi corridore professionista?

L’ho sognato sin da bambino, ma allora mi sembrava irrealizzabile, oggi voglio fare di tutto per farlo diventare realtà.

Hai dichiarato che il tuo idolo attuale è Mathieu Van der Poel, ma se torni indietro a quando eri bambino e iniziavi a pedalare, chi era il corridore dei tuoi sogni?

Seguendo un po’ l’indirizzo di casa, era Felice Gimondi, una figura che mi è sempre rimasta impressa e che mi ha insegnato una cosa: per essere grandi corridori bisogna prima essere grandi uomini.