Giulio Pellizzari, dagli juniores alla corte di Reverberi

25.07.2022
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A prima vista due cose emergono parlando con Giulio Pellizzari: la sua simpatia e la sua tenacia. Questo ragazzino classe 2003 fa parte del progetto giovani della Bardiani Csf Faizanè. All’ultimo Giro della Valle d’Aosta si è ben comportato.

Ha anche indossato la maglia a pois di miglior scalatore. Ci è voluto un certo Reuben Thompson per sfilargliela. E sì che ha provato a tenerla.

«Nel corso della quarta tappa – racconta il suo diesse Alessandro Donati – quando era in maglia a pois viaggiava in un drappello in avanscoperta. L’ho affiancato con l’ammiraglia e gli ho detto che davanti c’era un solo corridore. Pertanto doveva fare la volata del Gpm. Mi ha guardato con gli “occhi incrociati” e mi ha detto: “Ma davvero?”. Era sfinito, poverino!».

Al Valle d’Aosta erano rimasti in due della Bardiani: Giulio (a sinistra) e Tolio. Al centro il loro diesse Donati
Al Valle d’Aosta erano rimasti in due della Bardiani: Giulio (a sinistra) e Tolio. Al centro il loro diesse Donati
Giulio, quando hai iniziato a correre?

A 7 anni, da G2. In famiglia papà, da buon veneto, pedalava. Io giocavo a calcio come attaccante, poi ho smesso e insieme a mio fratello Gabriele che ha tre anni più di me, siamo passati al ciclismo. Io facevo tutto quello che faceva lui. E siccome lui aveva deciso di andare in bici allora ci sono voluto andare anche io.

Qual è il primo ricordo che hai del ciclismo?

Ricordo la mia prima bici, un’Atala: rossa, piccolina. Ce l’ho ancora! Me l’avevano regalata per il mio ottavo compleanno.

E ti piaciuto subito pedalare?

Sì, nonostante all’inizio fossi abbastanza scarso.

E quando hai capito che potevi diventare un professionista (stando in una professional Pellizzari lo è a tutti gli effetti, ndr)?

Fino all’anno scorso non andavo fortissimo. In allenamento, specie in salita, sì, ma il fatto di essere nato a fine novembre è come se avessi sempre un “anno in meno”. Ero piccolo, piccolo e in pianura mi staccavo sempre. Poi crescendo sono migliorato e tenendo meglio in pianura riuscivo ad esprimermi anche in salita. E tutto ciò è migliorato definitivamente dall’anno scorso.

La piccola Atala con cui Giulio ha fatto le prime pedalate: ci è molto affezionato
La piccola Atala con cui Giulio ha fatto le prime pedalate: ci è molto affezionato
Ti senti uno scalatore?

Sì! Magari non puro, ma scalatore. Passista-scalatore dai…

C’è un corridore che ti piace? E a cui pensi di poter assomigliare? Fai anche nomi giganteschi, non ti preoccupare!

Beh, allora dico Chris Froome. Da bambino non mi piaceva molto. Quando ha tolto la maglia gialla ad Aru non mi stava molto simpatico! Poi però dopo l’impresa del Colle delle Finestre al Giro del 2018 mi sono appassionato a lui.

Alla Bardiani come ci sei arrivato?

E’ successo tutto in fretta la scorsa estate. Ad un certo punto ho iniziato ad andare forte, sempre più forte. Un giorno mi ha contattato Andrea Noè, dei Carera. A giugno ho firmato con la loro agenzia e a luglio mi hanno proposto alla Bardiani. Mi hanno detto del progetto under 23 e ho accettato.

Un bel salto: dagli juniores ai pro’…

Io correvo all’Uc Foligno, con Massimiliano Gentili. Mi dissero: “Sulla carta sarai professionista, ma farai solo gare under 23”. Anche Gentili ha preferito questa via, quella di passare subito. Massimiliano, infatti, conosce bene me e conosce il mondo degli under e sapeva che io lì avrei fatto fatica.

Giulio Pellizzari (classe 2003) ha esordito tra i pro’ lo scorso 2 marzo al Trofeo Umag in Croazia (foto Adn)
Giulio Pellizzari (classe 2003) ha esordito tra i pro’ lo scorso 2 marzo al Trofeo Umag in Croazia (foto Adn)
Perché? Spiegaci meglio…

Non è un mondo troppo adatto a me. Ci sono spesso corse veloci, con tanta pianura, tanti strappi, molto nervosismo, salite corte… e io soffro tutto ciò. Mentre il mondo dei professionisti è tutta un’altra cosa. Più regolare. Sostanzialmente, Max non voleva mandarmi in giro nelle under 23 o nelle continental, rischiando di ritrovarmi appunto a fare quel tipo di corse e a gareggiare il marterdì, il sabato, la domenica.

E così invece riesci a programmare?

Sì. Non corro molto per adesso, ma va bene così. Poi bisogna considerare che ho fatto meno anche perché avevo la scuola. Ho preso la maturità da geometra.

Chi ti segue nella preparazione?

Leonardo Piepoli. Quando firmai chiesi appunto del preparatore e mi dissero che avevo carta bianca. Così ho chiesto consiglio a Massimiliano. Lui che lo conosce bene mi ha detto di andare da Piepoli.

Cosa ti sta piacendo di meno di questo mondo?

Il fatto di stare molto lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici. A casa sto bene, mi piace, è il mio posto. Proprio qualche giorno fa ne parlavo con Alessio Martinelli. Mi ha detto che lui è stato una settimana in Valle d’Aosta già prima della corsa e poi adesso è al Sestriere con la nazionale. Alla fine starà fuori quasi un mese.

E cosa ti piace invece?

Che fai il lavoro che ami. Come si dice: scegli un lavoro che ti piace e non lavorerai un giorno nella tua vita!

Da juniores una crescita costante per Pellizzari. E’ stato un bravo corridore ma non un “cannibale” della categoria (foto E. Bartolini)
Da juniores una crescita costante per Pellizzari. E’ stato un bravo corridore ma non un “cannibale” della categoria (foto E. Bartolini)
Questa maglia a pois ti ha fatto sentire un po’ diverso in gruppo? Ti ha dato autorevolezza?

Fino alla scorso anno era più normale questa sensazione. Quando vai forte tutti ti vengono a parlare e ti guardano. Quest’anno invece ancora non avevo combinato nulla ed è stato bello rivivere quelle sensazioni. Poi, sapevo che sarebbe stato difficile tenerla.

Noi parliamo spesso di margini di crescita, di ragazzi che passano subito… quanto pensi che puoi ancora crescere? Perché è una bella cosa questo progetto, ma anche rischiosa…

Vero, fino allo scorso anno facevo gare di 100 chilometri e adesso invece sono molti di più. Io credo che la cosa sia soggettiva. Correndo sempre come fanno gli under alla fine ti finisci. Se tu passi e fai il tuo bel calendario, tra l’altro gare under 23 nel mio caso, composto da gare dure e riposo, gare dure e riposo… vada bene. Credo sia quella la vera crescita. E’ così che puoi fare le cose gradualmente e hai margini.

Quali sono i tuoi programmi?

Ho fatto qualche giorno di riposo a casa. Con Alessandro Pinarello andiamo in altura a Livigno. Successivamente correrò a Poggiana il 14 agosto e a Capodarco il 16. Poi ancora, farò una corsa a tappa di tre giorni in Francia ai primi di settembre. Già avevo corso all’estero in Croazia ad inizio stagione e avevo fatto la Carpathian Couriers Race a maggio.

Juniores: dai rapporti all’altura. Ne parliamo con Berti

20.07.2022
6 min
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Sblocco dei rapporti, altura, metodi di lavori: continua il nostro viaggio nel mondo degli juniores. Stavolta andiamo a casa della Work Service Speedy Bike. Ne parliamo con il direttore sportivo, Matteo Berti.

«Se non ci mettiamo al pari del resto del mondo restiamo attardati – esordisce Berti – soprattutto in quelle gare particolarmente dure e specie in salita. Per tirare i rapporti lunghi servono gambe e muscoli allenati a farlo».

Matteo Berti al centro con i suoi ragazzi
Matteo Berti al centro con i suoi ragazzi

Alla radice

Il discorso va preso alla radice. Sbloccare i rapporti dal vincolo del 52×14 negli juniores significa impostare un cambio “culturale”. Significa cambiare approccio e mettere mano anche agli allievi, che da noi utilizzano il 52×16 come ingranaggio più lungo.

«L’UCI per quella che è la categoria allievi, che in campo internazionale è riconosciuta come under 17, già da diverso tempo indica il 50×14 (più lungo del nostro 52×16, ndr), ma in Italia non l’abbiamo applicata. E questo è utile per passare poi ai rapporti liberi. Sarebbe più complicato passare dal 52×16 al 53×11… per dire.

«Vi dico: veniamo dal Tour du Valromey, in Francia dove avevano già i rapporti liberi, e a parte una tappa ondulata in cui uno dei nostri, Lorenzo Conforti, ha fatto terzo, per il resto gli altri ragazzi hanno tutt’altro passo. In salita poi…».

Una foto che ci ha inviato Berti dal Valromey. Sul podio le giovanili di tre WordlTour
Una foto che ci ha inviato Berti dal Valromey. Sul podio le giovanili di tre WordlTour

Salita e rapporti

A Berti però facciamo un’obiezione. Proprio in salita è dove in linea di massima non si va di 52×14, ma di 39×21, per esempio. In quel caso il discorso dei rapporti liberi o bloccati viene meno. Semmai il problema e la differenza maggiore si riscontrano in pianura o in discesa.

«A livello pratico è così – ribatte Berti – ma a livello fisiologico no. Allenarsi con rapporti più lunghi ti aiuta a spingere di più. Hai delle vasocostrizioni più lunghe a fronte di pedalate più basse, quindi ti abitui a “fare forza”. E’ lo stesso concetto delle SFR. Per questo dico che è importante mettere mano anche alla categoria allievi. Bisogna partire da prima».

La categoria allievi da noi resta un bacino fondamentale. Nonostante i tesserati siano in calo, abbiamo dei numeri importanti, numeri che in Europa non hanno. Ma c’è una dispersione pazzesca e trovare talenti diventa più complicato.

«E’ così – dice Berti – ma poi se si va a vedere tutto questo gap, con chi ha lavorato bene, non lo vedo. Penso a Frigo, Germani, Garofoli o Tiberi. Antonio mi sembra stia facendo bene tra i pro’. Servono programmazione e lungimiranza e se fossimo partiti già da qualche anno con il 50×14 tra gli allievi magari le cose sarebbero diverse».

Daniel Savini ha avuto qualche difficoltà all’inizio degli juniores vista la sua stazza minuta
Daniel Savini ha avuto qualche difficoltà all’inizio degli juniores vista la sua stazza minuta

E i mingherlini?

Però è anche vero che i rapporti più lunghi penalizzano i ragazzi più esili, quelli che sono più indietro nello sviluppo, solitamente gli scalatori (argomento che abbiamo già toccato). E allora di nuovo serve trovare un buon compromesso fra carico di lavoro, crescita dell’atleta e persino una valutazione dei suoi risultati.

Perché ci sta che quel ragazzino possa non vincere neanche una corsa o fare fatica a piazzarsi, mentre tra i pro’ potrebbe trovarsi meglio per assurdo. A quel punto conta il giudizio dei tecnici e di osservatori magari anche di come si comportano in allenamento, di come vanno in salita.

«E’ responsabilità nostra – riprende Berti – lavorare bene. Chiaro che non monterò un 53×11 ad un ragazzo di 52 chili. Ci si deve arrivare gradualmente. Penso alla pista. I risultati sono arrivati grazie anche al lavoro di Villa durante la pandemia. Ma lì si sono tirati rapporti più lunghi. In pista non c’è vincolo. Serve sensibilità da parte dei tecnici. La mia esperienza: ragazzi che potevano tirarli li hanno usati, altri no. Bisogna strutturare una preparazione idonea e individuale».

«Per esempio Wang, che ha vinto il mondiale juniores a crono 2021, ha usato il 60×16. Noi non possiamo, sia per regolamento, sia perché la maggior parte dei ragazzi, avendo usato sempre il 52×14 non è pronta. Per questo insisto sui programmi individuali. Io avevo Manfredi, lui tranquillamente avrebbe girato il 59, Savini invece faceva una fatica immensa anche con il 52×14 fino al primo anno da juniores. L’anno dopo ha vinto 17 corse».

Insomma un passaggio delicato, ma ormai necessario.

In Italia, spesso, ci si salva più con il talento dei singoli che con una scuola vera e propria (foto Flanders2021)
In Italia, spesso, ci si salva più con il talento dei singoli che con una scuola vera e propria (foto Flanders2021)

Attività…

Cambiamo fronte. Con Berti parliamo anche di attività e altura, visto che si parla di crescita e sviluppo generale dei ragazzi. Anche in tal senso c’è molto da lavorare, specie sull’approccio culturale.

«In questa gara in Francia – dice Berti – ho parlato con un ragazzo danese. Lui mi diceva che aveva 30 giorni di corsa sin lì, ma li ha fatti in sei gare a tappe. Poi ci stupiamo se fra due anni un danese vince l’Avenir e fra quattro il Tour. Un altro ragazzo mi ha detto che lui fa solo corse 2.1 e 1.1. E’ chiaro che quando va ai mondiali è più abituato a certe corse e a certi ritmi.

«Noi siamo ancora la Nazione dei circuiti di paese. Io non dico che dobbiamo fare solo gare a tappe, ma almeno la metà così e la metà da un giorno. Per fare esperienze di corse a tappe, visto che da noi è rimasto solo il Lunigiana, devi andare all’estero».

La Work Service in ritiro invernale. E’ importante iniziare a lavorare come squadra
La Work Service in ritiro invernale. E’ importante iniziare a lavorare come squadra

E altura

«Gli anni scorsi – va avanti Berti – ho sfruttato l’altura più come una vacanza che per una preparazione vera e propria. Magari i ragazzi venivano da una settimana senza bici e andavamo in montagna una settimana in quota ma per riprendere piano piano. Qualche uscita in Mtb, passeggiate fino a 3.000 metri e anche un po’ di bici. Credo che per un ragazzino fare lo Stelvio ben al di sotto della soglia sia una bella esperienza.

«Dei nostri, quest’anno ci andrà Conforti in altura. Era in accordo con Salvoldi per preparare l’Europeo. In generale non la vedo in modo in negativo, ma certo bisogna saperla fare. Noi quest’anno come squadra non andiamo. Andremo un po’ nelle sedi di Padova, e ne approfitteremo per visionare la Noventa-Enego. E andremo un po’ a Massa per scoprire le strade del Lunigiana».

Juniores, il vero gap è nell’attività limitata?

16.07.2022
5 min
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Dietro macchina a Livigno. Di Fresco e il Team Casano sono in Valtellina all’Alpen Resort, lo stesso super residence scelto dalla Quick Step-Alpha Vinyl e per i ragazzi è ogni volta una scossa veder passare Alaphilippe e gli altri pro’ dello squadrone belga. E mentre, finite le scuole, ci si allena per la seconda parte di stagione (quella più… vera per gli juniores), con il diesse siciliano parliamo del tema dei rapporti liberi nella categoria. Le parole pronunciate da Andrea Morelli la settimana scorsa hanno sollevato qualche curiosità. Giuseppe è stato junior ai primi anni Novanta, dilettante fino al 1998 e poi è passato professionista.

La modifica dei rapporti favorirà gli atleti più maturi a scapito dei più leggeri?
La modifice dei rapporti favorirà gli atleti più maturi a scapito dei più leggeri?
Secondo te sarà un grosso problema oppure alla fine è solo un fatto mentale cui bisogna abituarsi?

E’ un fatto mentale. Se vogliamo adeguarci, dobbiamo stare a passo coi tempi. Questa è una regola messa dall’UCI, secondo me per un discorso di aziende, perché è sempre più difficile reperire materiale, specialmente il 52×14. E poi c’è il lato sportivo. Quando ero junior, i rapporti erano liberi. Mi ricordo che al Lunigiana, Antonino Dama vinse la volata a Genova con il 53×11. Non lo vedo come un grosso problema. Qualcuno dice che si rischia di bruciare i ragazzi, ma sta all’intelligenza e alla bravura del direttore sportivo gestire questa situazione.

Li hai mai allenati usando i rapporti liberi?

No, non ancora e non avrei problemi a dirlo. Di recente, ho fatto una bella chiacchierata con Salvoldi (tecnico azzurro degli juniores, ndr) e lui sarebbe quasi per consigliarlo. Ha detto che l’ha sempre fatto anche con le donne, il fatto di allenarle con rapporti più duri. Però alla fine tutti facciamo potenziamento, tutti facciamo palestra d’inverno e la maggior parte continua ad andarci anche durante la stagione. Quindi non vedo quale sia il problema di utilizzare un rapporto più duro.

Oggi il menù prevedeva lo Stelvio: lavori diversi per gruppi diversi
Oggi il menù prevedeva lo Stelvio: lavori diversi per gruppi diversi
Perché allora non allenarli usandoli?

Mi sono adeguato alla categoria, poi per sentito dire pare che qualcuno li utilizzi in allenamento. Secondo me però si riesce a fare determinati tipi di lavoro anche con il 14. E quando per esempio sono andati in pista – perché l’anno scorso Villa li convocava e li portavo a Montichiari – hanno usato dei rapporti molto più lunghi e non hanno avuto problemi. E questo è segno che li hai allenati bene.

In cosa deve essere bravo dunque il direttore sportivo?

Non è che monti l’11 e il corridore va fisso con l’11. C’è quello che lo spingerebbe sempre, ma deve capire che è un errore. D’altronde sono andato in Svizzera a vedere Sciortino con la nazionale al Tour du Pays de Vaud e ho visto la netta differenza tra gli stranieri e noi.

Sciortino ha partecipato con la nazionale al Tour du Pays de Vaud per juniores
Sciortino ha partecipato al Tour du Pays de Vaud con la nazionale
Quale differenza?

Emil Herzog che ha vinto la Corsa della Pace, ha già fatto tre gare a tappe. Per Sciortino, quella in Svizzera era la prima. Abbiamo delle limitazioni. I nostri possono correre due volte a settimana soltanto da luglio. Possono fare una gara a tappe con la società e una con la rappresentativa regionale o in alternativa ancora una con la società. Da quest’anno è escluso il Lunigiana. In più può fare due giri con la nazionale. Quindi cinque gare a tappe in tutto, però tra un giro e l’altro devono passare 20 giorni, quindi non puoi farne due in un mese.

Il fatto che al Lunigiana del 2021 i francesi ci abbiano fatto a fettine dipende dai rapporti liberi ma anche dall’attività che fanno?

Prendiamo Crescioli, il mio corridore che è arrivato secondo dietro Lenny Martinez. Il Lunigiana era il primo giro che faceva e si è trovato a correre con Martinez che a luglio aveva fatto il Tour de Valromey (il francese è arrivato terzo, dietro il compagno Gregoire e il belga Uijtdebroeks, ndr).

Francesco Caruso, crossista svizzero, ha già corso tre gare a tappe fra gli juniores e si allena con l’11
Francesco Caruso, svizzero, ha già corso tre gare a tappe e si allena con l’11
Perché non lo hai portato in altre gare a tappe?

Ne avremmo fatte di più, ma in Italia sono saltati il Friuli e il Basilicata e non c’era più tempo per chiedere l’invito all’estero, perché vanno programmati a inizio stagione. Altro esempio. Attualmente c’è uno svizzero che ho preso da poco. Fra l’altro, non mettetevi a ridere, si chiama Caruso: Francesco Caruso.

Damiano come l’ha presa?

Prima di farlo venire gli ho mandato un messaggio per chiedergli il permesso (il ragusano ha svolto la carriera da U23 con Di Fresco, ndr) e ha detto: «Prendilo, prendilo, sai mai che dovesse nascere un altro Caruso?!». Comunque, questo Caruso viene dal ciclocross, è un primo anno e ha fatto gare su strada esclusivamente con la nazionale svizzera. E’ arrivato che ne ha già fatte tre a tappe e si è presentato in ritiro con due ruote. Una col 14 e una con l’11.

Foto di gruppo sullo Stelvio per gli juniores guidati da Di Fresco
Foto di gruppo sullo Stelvio per gli juniores guidati da Di Fresco
Torniamo ai rapporti, si parla degli scalatori leggeri che saranno penalizzati.

Condivido questa preoccupazione, però stiamo parlando di una categoria internazionale e di lì a poco potrebbero correre fra i pro’ e dovranno usare l’11. Devi essere bravo a farli abituare, ma è ovvio che lo scalatore di 50 chili avrà difficoltà all’inizio e poi troverà il modo di starci dentro. Sicuramente almeno inizialmente saranno agevolati i corridori che pesano 70 chili e hanno un rapporto potenza/peso più alto.

Pensi che a livello di preparazione invernale il prossimo inverno cambierete qualcosa?

No, continuerò con i miei programmi e semmai modificherò poi qualcosa nei lavori in bici. Bisognerà andare avanti osservando e semmai correggendo. Il mio scopo non è vincere un monte di corse, come chi spende magari 5-600 mila euro all’anno fra gli juniores. Io propongo un programma per poter tirare fuori corridori professionisti.

Il discorso resta aperto e bisognerà aspettare il 2023 per capire di cosa si stia effettivamente parlando e se ci saranno conseguenze da gestire. Per il momento si lavora in altura. E tutto sommato, rileggendo l’esperienza di Piganzoli e le spiegazioni di Basso, anche questo potrebbe essere considerato un passo lungo.

Juniores, i rapporti sono solo una parte del problema

13.07.2022
5 min
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Andrea Morelli fa parte della Commissione scientifica voluta dalla Federazione lo scorso anno e assieme ai suoi colleghi, fra cui Paolo Slongo, aveva già messo mano alla questione dei rapporti liberi per gli juniores. Dalle loro osservazioni è nata una relazione, per cui quando ha letto sul tema l’intervista di Adriano Malori, il direttore del ciclismo in Mapei Sport ha proposto la sua visione delle cose. Partendo dalla propria esperienza e da quella relazione.

«Sapevamo che la Francia aveva eliminato la limitazione – spiega – allo stesso modo in cui sapevamo che da noi tante squadre allenavano già i ragazzi con i rapporti liberi e magari adesso sono fra quelli che si lamentano. Il nostro punto di partenza è stata la relazione scientifica dei francesi. Secondo loro la limitazione delle velocità derivante dall’uso di rapporti troppo brevi avrebbe impatto sulla formazione atletica e sul futuro degli atleti. Mentre le loro ricerche non avrebbero rintracciato problemi sul piano fisiologico».

E’ stata la Francia per prima a eliminare la limitazione, ma gli juniores erano già liberi nelle gare nazionali
La Francia per prima ha eliminato la limitazione, ma gli juniores erano già liberi nelle gare nazionali

In realtà, par di capire ogni giorno di più, non esistono grandi studi al riguardo che stabiliscano una linea diretta fra i rapporti liberi e i problemi articolari. Non più di quelli che si potrebbero generare con i rapporti bloccati, esagerando con la forza in salita.

Forse il discorso dei rapporti è secondario?

Forse sì. Quello che cerco di far passare con chi lavora sugli atleti più giovani è di limitare i lavori sulla forza. Che non esagerino. Ci sono Paesi che fanno educazione alla forza, semplicemente creando i presupposti perché un domani gli atleti possano sostenere carichi superiori. Quindi esercizi a secco, corpo libero, core stability e anche in bicicletta. Componenti che spesso si tende a trascurare, privilegiando invece l’intervento su altre caratteristiche fisiologiche. Ma la maturazione fisica non è uguale per tutti, per cui si dovrebbero fare valutazioni a lungo termine per instradare la crescita dei ragazzi.

Nelle sue crono da junior (qui oro a Innsbruck 2018) Evenepoel avrebbe tratto vantaggio da rapporti più lunghi
Nelle sue crono da junior (qui oro a Innsbruck 2018) Evenepoel avrebbe tratto vantaggio da rapporti più lunghi
La troppa agilità fa male?

Può creare problemi articolari se eccessiva, ma in genere si può e si deve dire che su ogni terreno, dallo sprint alla crono, esiste un range ottimale di frequenza di pedalata e sviluppo della forza. Ai giovani si deve proporre un’attività coerente con il loro livello di prestazione. Evenepoel faceva le crono da junior a frequenze impossibili, perché non aveva il rapporto che gli permettesse di raggiungere la giusta cadenza. Per la forza che aveva, avrebbe tratto vantaggio da un rapporto più lungo.

Si gioca tutto sulla forza, dunque?

Il rapporto che si usa passa in secondo piano rispetto alla giusta cadenza. E paradossalmente, maggiore è la potenza di cui si dispone e più si avrà necessità di fare una cadenza elevata. Froome può essere un esempio calzante. Al contrario, se propongo delle SFR o delle partenze da fermo, produco dei sovraccarichi che possono portare a infiammazioni o degenerazioni articolari. E questi sono lavori che prescindono dal rapporto che si usa. Lo dimostra il fuoristrada…

Coppa Montes, domina la Auto Eder. L’uso di rapporti liberi nelle volate potrebbe fare la differenza (photors.it)
Coppa Montes, domina la Auto Eder. L’uso di rapporti liberi nelle volate potrebbe fare la differenza (photors.it)
Cosa dimostra?

Che anche nel settore giovanile si usano rapporti liberi e questo non crea problemi. Quello che limita la resa della pedalata è l’affaticamento neuromuscolare. Se anche li lascio con il 52×14 e in salita propongo delle SFR con un rapporto duro, stimolo livelli di forza altissimi. Come andare in palestra e fare la pressa all’80-90 per cento del carico massimale.

Quindi si parla di qualcosa che non causerà problemi?

Premesso che negli allievi la limitazione resta, credo che il quadro sia poco chiaro. Di sicuro va insegnato il corretto uso dei rapporti. Si parla tanto dei preparatori dei pro’, ma la FCI dovrà avere a cuore anche i corsi per creare la giusta cultura fra gli allenatori delle categorie giovanili. E poi c’è da lavorare sull’aspetto psicologico. Lo scalatorino di 50 chili non tirerà mai il rapportone e potrebbe arrivare alle salite già staccato. Alla quarta batosta di questo tipo, c’è rischio che smetta. Questo perché al primo anno da junior non sai come si svilupperà il corridore. Di sicuro ci saranno grosse problematiche, non è una fase da ignorare.

Anche con il 52×14 in salita i più forti riescono a fare parecchia forza (photors.it)
Anche con il 52×14 in salita i più forti riescono a fare parecchia forza (photors.it)
Si è parlato anche di ragioni commerciali.

Chi produce i gruppi e le stesse bici ne trarrà vantaggio. Ormai le bici arrivano già montate e non è semplice per chi lavora nelle società giovanili chiedere di smontare i gruppi di serie per mettere pignoni e guarniture da juniores. Ormai è difficile anche trovare i componenti, perché ci sono aziende che il 52 hanno anche smesso di produrlo.

La regola non si cambia, come si fa per conviverci bene?

Bisogna mettersi a tavolino per valutare lo sviluppo dell’atleta. Bisogna capire che il primo step è sviluppare le sue capacità tecniche, mentre sulla forza è corretto lavorare dopo lo sviluppo ormonale. E l’ultimo step si farà al passaggio negli U23 affinché da pro’ si possa puntare alla prestazione. E poi dipende dall’atleta…

In che misura?

Malori dice bene, che se avesse avuto il 53×11 avrebbe fatto disastri. Ricordo bene di averlo allenato e lui era il primo a esagerare con i lunghi rapporti. Quelli che vanno duri ci sono sempre stati. Non tutti riescono a fondere forza e cadenza come Ganna e Cancellara.

L’uso del lungo rapporto genera in pianura le differenze maggiori (photors.it)
L’uso del lungo rapporto genera in pianura le differenze maggiori (photors.it)
Avendo i rapporti liberi negli juniores, inizieresti a fare qualche intervento anche fra gli allievi?

Non vedo perché spingerli a velocizzare un adattamento per cui non sono pronti. Mi concentrerei più su quello che voglio raggiungere nel lungo periodo. Per migliorare la cadenza si usava il fisso oppure il dietro moto, che accresce la capacità di fare velocità a cadenze maggiori, senza sovraccaricare. Il dietro moto porta adattamenti che fanno migliorare la prestazione. Ma sono aspetti molto complicati. Vanno costruiti programmi perseguendo la crescita e non il risultato. Perché se inizio a fare il pro’ già da allievo, arrivo negli U23 che mentalmente sono già bruciato. La testa non regge. Bisogna tornare a pensare che il passaggio al professionismo è solo l’inizio.

Rapporti liberi per gli juniores, un passaggio da gestire

09.07.2022
6 min
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Il mondo degli juniores si fa domande, da quando l’UCI ha abolito la limitazione dei rapporti. In realtà la novità, in vigore dal prossimo primo gennaio, è stata fatta passare fra le righe ed elimina il vincolo ai 7,93 metri per pedalata (52×14) con cui si era inteso tutelare la prima categoria internazionale del ciclismo. Certe cose non accadono mai per caso. E se già i francesi avevano eliminato il vincolo, essendo francese anche il presidente dell’UCI, evidentemente l’idea era allo studio da tempo.

Di fronte a scelte di questo tipo si possono avere due atteggiamenti. Attaccarsi alla memoria e sparare a chiunque si avvicini, come il giapponese sull’isola convinto che la guerra non sia mai finita. Oppure cercare il modo più intelligente per convivere con la novità, alla quale bisognava opporsi evidentemente prima e in altre sedi.

Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti
Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti

Martinez e i pro’

E’ chiaro, come ha dimostrato l’esperienza di Lenny Martinez al Tour of the Alps, che se un under 23 di primo anno viene portato tra i pro’ e fino a 4 mesi prima ha pedalato con il 52×14, l’impatto sarà devastante. Il francesino però, come tutti i suoi connazionali, si è sempre allenato e corso le prove nazionali senza alcun limite, per cui si è adattato alla svelta. E dato che l’accesso alle corse dei professionisti avviene ormai stabilmente a 18 anni nelle continental, si è pensato probabilmente di metterci una pezza togliendo il limite.

Questa potrebbe essere una spiegazione. Un’altra ipotesi l’ha fornita Christian Schrot, tecnico della Auto Eder (team U19 della Bora-Hansgrohe), secondo cui dietro potrebbe esserci anche il fastidio per le case produttrici nel dover realizzare pacchi pignoni con il 14 come ingranaggio minimo. Considerato che anche il passaggio di massa al freno a disco è avvenuto probabilmente per le esigenze di aziende sponsor dell’UCI che su questo fronte avevano investito prima di altre, non ci stupiremmo neppure di questa seconda lettura.

Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento
Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento

Trovare una soluzione

Sta di fatto che da gennaio gli juniores correranno con i rapporti dei pro’, mentre parrebbe intatta la norma per cui gli allievi dovranno continuare con il loro 52×16 (6,94 metri per pedalata). Volendo capire il punto di vista di un preparatore, abbiamo fatto tappa da Adriano Malori, che allena i ragazzi del Cycling Team Nial Nizzoli di Fosdondo (Reggio Emilia), ma siamo pronti per allargare il discorso a quanto vorranno offrire il loro contributo. Dopo una prima fase in cui ha accolto la modifica con parole assai poco gentili, l’emiliano ha cominciato a ragionarci.

«Secondo me resta una boiata – dice sorridendo – ma d’altra parte non è sbagliato dare ai ragazzi la possibilità di adattarsi a quello che troveranno nelle continental, dove di fatto corrono tra i pro’. Avrei scelto la via di mezzo. Avrei concesso il 53 e lasciato il 14. Oppure avrei salvaguardato i primi anni. Di certo non è pensabile confidare nel buon senso di chi li gestisce. Parliamo di fisici spesso molto acerbi, con il rischio di danni alla muscolatura, alle articolazioni e ai tendini. Mi aspetto che facciano le crono con il 58×11…».

Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
E’ così evidente che alcuni siano ancora immaturi fisicamente?

Ce ne sono alcuni che devono formarsi e altri più fisicati che a questo punto faranno quel che vogliono. Ci sono ragazzini con le spalline basse, che ancora devono farsi. Penso allo stesso Mattia Cattaneo, con cui ho avuto l’onore di correre. Negli under 23 era filiforme, non era ancora formato. Ha iniziato a costruirsi muscolarmente alla Androni e adesso fa parte dell’elite mondiale. Quando sei così esile, il fisico non è pronto e te ne accorgi perché ad esempio hanno problemi alle ginocchia.

Secondo il tecnico della Auto Eder questo passaggio aumenterà le differenze tra forti e deboli.

Sicuro. Uno che fisicamente è già formato mette il 53×11 e stacca in pianura il ragazzino di 50 chili che ha bisogno di crescere. Utilizzare un rapporto non adatto alla tua età però è come andare in palestra e pretendere di sollevare i carichi dei professionisti. Il risultato è che tanti ragazzini rischiano di smettere prima di essersi formati.

Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Dici che non ci hanno pensato?

Non so se l’UCI abbia in mente di riscrivere le categorie, portando il ciclismo nella scia del calcio e di tutti gli altri sport professionistici, in cui a 17 anni sei lì a giocare contro i grandi campioni. Vedo la scomparsa della categoria U23 in quanto tale, che magari rimarrà riservata alle gare titolate, come europei, mondiali e Coppa delle Nazioni. Di sicuro togliere l’agilità “forzata” agli juniores rischia di produrre dei nuovi Gontchar (il pro’ ucraino rinomato per l’abuso di lunghi rapporti, ndr) o dei nuovi Malori. Anche io da piccolino ero abituato ad andare duro, pensate se avessi avuto il 53×11 da junior…

Ma la regola per ora non la cambi. E allora come si fa a conviverci?

L’unica cosa è farli allenare da allievi un paio di volte a settimana con il 52×12. La palestra va bene fino a un certo punto, perché i veri watt li fai in bici. E comunque non puoi costringerli a sollevare dei pesi eccessivi, perché sarebbe contro natura. Se invece da metà anno alleni quelli che devono passare juniores con il 52×12, forse iniziano ad abituarsi.

E così però metti mano anche negli allievi.

Sarà inevitabile. Si crea un problema piramidale al contrario, è una cosa bestiale. Si va verso carriere per forza più brevi, se iniziano con certi carichi a 17 anni. Quello che non condivido è che si lamentano tanto delle precocità e poi fanno norme del genere. A meno che non si voglia creare una generazione di corridori subito spettacolari, avendo visto questa infornata di ragazzini fortissimi. Così si elimina la categoria degli U23 e si gareggia subito al top.

Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
E’ anche vero che all’estero è sempre stato così…

L’anomalia italiana è evidente. Come è evidente una cosa che ha detto Moreno Moser in telecronaca, mi piace come commenta. Ha detto che giovani come Evenepoel e Pogacar hanno avuto la fortuna di non doversi confrontare con i campioni che c’erano prima di loro, perché il Covid li ha danneggiati più di quanto abbia fatto con i giovani. E’ mancato lo scontro generazionale. Il miglior Ganna non si è mai scontrato con il miglior Dennis, perché il 2020 ha riscritto la storia.

Quindi si costruisce il futuro sulla base di un’anomalia?

Questa è la sensazione, staremo a vedere. Intanto però c’è da ragionare su come allinearsi a questa nuova regola.

Auto Eder, juniores alla tedesca con le idee molto chiare

05.07.2022
5 min
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E siccome sono stranieri, hanno dietro la WorldTour e vincono sempre, chissà poi che faranno quelli della Auto Eder. Magari neanche li mandano a scuola. Li pagano per vincere…

Sembra già di sentirli certi discorsi… anzi li abbiamo sentiti. E siccome un po’ di curiosità di vedere la Bora dei piccoli c’era già venuta, siamo andati alla fonte.

Il dottor Schrot

Il dottor Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche il responsabile della preparazione e il coordinatore dei talent scout che gravitano attorno al team giovanile tedesco. La squadra esiste dal 2007, da quando Ralph Denk partì con la allora NettApp, ma due anni fa si è deciso di salire a un livello più internazionale, ispirandosi al modello del calcio, per la mentalità e il tipo di struttura.

«Abbiamo provato – spiega Schrot – a portare un concept diverso. Vogliamo corridori da far crescere, per cui facciamo scouting osservando le potenzialità e non i risultati. Detto questo, i ragazzi possono anche stare a casa per allenarsi e andare a scuola, ma è vero che ci piace coinvolgerli in ritiri collegiali, a volte anche con la squadra WorldTour. In quei casi, ci aspettiamo che rispondano: presente. Abbiamo tutto in comune con il team dei pro’, i materiali e l’esperienza per gestirli».

Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche capo degli osservatori
Christian Schrot ha 46 anni ed è il direttore sportivo, ma anche capo degli osservatori
Qualcuno sussurra che per anteporre il risultato al resto, magari se non vanno a scuola va anche bene…

Non è affatto vero. I nostri ragazzi finiscono tutti la scuola, devono essere ben educati. Magari non tutti andranno all’università, ma al diploma vogliamo che arrivino tutti. Devono saper conciliare scuola e allenamento, da questo non si transige.

In questa fase si fa un gran parlare dei rapporti non più limitati: voi li avevate già… sbloccati?

Non li abbiamo mai allenati con rapporti più lunghi. Abbiamo sempre lavorato con gli stessi rapporti che avremmo poi utilizzato in gara.

La dotazione tecnica è identica a quella dei pro’
La dotazione tecnica è identica a quella dei pro’
Pensi sia stata una scelta giusta?

Penso che alla base ci possa essere anche una ragione tecnica. Le aziende che producono pignoni fanno fatica ormai a fare dei pacchi come quelli che servono agli juniores. Sul fronte sportivo, mi sento di dire che si esalterà ancora di più la differenza tra i forti e i deboli. Ci saranno distacchi maggiori e a quell’età basta essere appena un po’ precoce per disporre di più forza. Giusto o sbagliato, dipende da come vuoi farli crescere. Per la nostra mentalità, cerchiamo sempre il miglioramento, ma ci interessa che soprattutto accrescano la loro esperienza. Siamo moderati, non li assilliamo.

Si parla di problemi legati allo sviluppo…

Non ho ricerche che lo sostengano. Non so se ci sarà un impatto su questi aspetti. Obiettivamente conosco le ragioni di quella limitazione e non vedo le ragioni per non eliminarla. Non credo che alla fine vinceranno atleti diversi.

Il team è spesso in ritiro: da solo o con la squadra WorldTour
Il team è spesso in ritiro: da solo o con la squadra WorldTour
Si dice che in realtà serva per farli passare professionisti già da juniores.

Io credo che un’esperienza fra gli under 23 serva. Per questo anche se li inseriamo presto nella Bora-Hansgrohe, ci sta a cuore che corrano con la nazionale della loro età per mantenere la mentalità vincente. Correre fra gli U23 è un bene per i ragazzi e ci permette di mantenere buoni rapporti con le altre squadre.

Capita che voi li facciate crescere e poi altri team li portino via.

Se li cresci, lo fai per la tua squadra. Non parliamo di prodotti da vendere, ma di persone. Se si trovano bene, restano. Altrimenti vanno. Il nostro interesse ovviamente è tenerli con noi, ma se vogliono andare via, non possiamo legarli.

La Auto Eder ha corridori di sei nazionalità diverse
La Auto Eder ha corridori di sei nazionalità diverse
Si guadagna bene alla Auto Eder?

Sono dilettanti. Il grande benefit che possiamo dargli è la vicinanza della squadra maggiore. E’ sempre stato così, vedendo la nostra storia. Quando cominciammo eravamo una continental, la piccola NettApp. Non avevamo tanti soldi, ma siamo cresciuti fino al livello WorldTour. La struttura si è solidificata e nell’età juniores, che poi è il primo step internazionale, non si pensa ai soldi, ma a imparare le tattiche, come allenarsi, cosa mangiare…

Si allenano tanto i vostri ragazzi?

Dipende dalla parte della stagione, dagli obiettivi e dalla storia di ciascuno, il suo background. Abbiamo 8 ragazzi di 6 nazionalità diverse, ognuno ha il suo sviluppo e le sue esigenze. Comunque la media è che si allenino fra le 15 e le 20 ore per settimana.

Alla Coppa Montes, Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder prima di Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder prima di Matteo Scalco (foto photors.it)
Che tipo di attività fate?

Cerchiamo di coprire tutta la stagione, ma per fortuna le trasferte nelle principali corse a tappe le fanno con la nazionale e ne siamo contenti. Però abbiamo buone amicizie e garanzie, per cui in una stagione un nostro corridore fa circa 5 corse a tappe. E per il resto, seguiamo il calendario internazionale, che è bello ricco. In Italia siamo venuti per la Coppa Montes e torneremo per la gara di Vertova. Devono fare attività di alto livello, solo così possiamo sperare che crescano nel modo giusto.

La scelta degli juniores. Inchiesta tra i diesse degli U23

25.06.2022
7 min
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Come scelgono i ragazzi di primo anno le squadre under 23? Al netto che i migliori juniores hanno la “strada spianata” e magari saltano direttamente fra i pro’, quali sono i criteri di scelta per gli altri ragazzi? Ne abbiamo parlato con alcuni direttori sportivi di squadre under 23 e continental, mettendo a confronto esigenze differenti.

Non bisogna però nascondersi dietro ad un dito: in questa scelta molto dipende dai procuratori e sostanzialmente dagli ordini d’arrivo. Perché, alla fine volenti o nolenti, si parte sempre da là. Ma resta in piedi il discorso tecnico. Vediamo come.

Per i ragazzi della Hopplà (continental) prima di entrare in squadra si passa dai test in Mapei Sport
Per i ragazzi della Hopplà (continental) prima di entrare in squadra si passa dai test in Mapei Sport

Basta plurivittoriosi

«Certo che guardiamo le classifiche – dice Matteo Provini, tecnico della Hopplà Petroli Firenze – ma guardiamo anche il modo di correre dei ragazzi. Qualche anno fa, per esempio, ho fatto l’errore di prendere un ragazzino che aveva accumulato molte vittorie, ma tutte nei circuiti, in volata. Poi nelle prime corse da under 23 si staccava sul primo cavalcavia. Da quel giorno non guardo solo chi vince, ma chi è nei primi dieci. Quando presi Ganna, non lo voleva nessuno, aveva fatto solo due piccole vittorie da juniores. Anche Konyshev non aveva vinto, ma vedevo che era sempre in fuga.

«Per me contano molto tre corse in particolare e sono: l’Internazionale di Solighetto, il Lunigiana e il Liberazione di Massa. Se si va a vedere, da qui sono sempre saltati fuori dei nomi importanti».

Ganna Chrono 2014
Un semisconosciuto Ganna alla partenza della Chrono des Champions 2014, vinta fra gli juniores
Ganna Chrono 2014
Un semisconosciuto Ganna alla partenza della Chrono des Champions 2014, vinta fra gli juniores

«Per il mio modo di fare – prosegue Provini – i plurivittoriosi con me non vanno sempre d’accordo. Hanno già l’impressione di essere dei campioni e non hanno voglia d’imparare.

«Quindi andiamo a contattare gli juniores di livello medio, dopodiché li sottoponiamo a dei test presso il centro Mapei. In base ai valori che danno questi test decidiamo se prenderli o no».

L’aspetto umano

Con Provini si cerca di capire se in qualche modo è valutabile anche l’aspetto umano.

«Qualche junior lo portiamo in ritiro con noi – sorride – e cerchiamo di capire chi sia la persona che stiamo ingaggiando. La prima è capire se hanno voglia di imparare e se ascoltano tutto quello che gli si dice.

«Il problema è che spesso – riflette – ci sono dietro di loro troppe persone, preparatore e famiglie, che li condizionano. Tante volte gli dici di fare una cosa, poi tornano a casa e fanno l’opposto. E così diventa difficile valutare per noi. Non si ha la piena padronanza dell’atleta. Per questo cerchiamo di scegliere chi ha piena fiducia nelle strutture della squadra».

Miodini della Beltrami-Tsa, squadra continental
Miodini della Beltrami-Tsa, squadra continental

Occhio ai punti

«Guardiamo anche le classifiche – spiega Roberto Miodini della Beltrami-Tsa – e le guardiamo perché se fai la continental i ragazzi devono avere dei punti. Senza punti ne possiamo prendere uno solo.

«Ma quando dico che guardiamo le classifiche, intendo che tengo l’occhio sui punteggi. Per forza di cose devo stare in quel range. Anche se sono consapevole che ci sono dei ragazzi che hanno pochi punti ma che sono, o possono essere, fortissimi. Magari non sono riusciti ad esprimersi perché ancora sono in fase di crescita, ma quelli io, ripeto, non li posso prendere. Se potessi, lo farei».

«Sulla nostra scelta – prosegue – incide molto anche la tipologia di calendario che andiamo a fare. Se facessimo anche tante corse che per la maggior parte sono piatte, come i circuiti per gli under 23, magari prenderei anche delle ruote veloci. Ma facendo un calendario continental che è più duro, che prevede corse a tappe, è più utile prendere un ragazzo che sappia fare fatica. E’ più utile un passista scalatore… A me piace chi fa fatica, anche se spesso accumula pochi punti perché lavora per altri. Ed è un paradosso. Quando invece per noi sarebbe il profilo migliore.

«In tal senso è importante avere una rete di fiducia con i direttori sportivi delle squadre juniores, ma anche amici, gente esperta… Perché basarsi solo sul giudizio del diesse di quell’atleta non è totalmente giusto: lui cerca di piazzare il suo corridore».

Turchetti, seduto al centro, con i suoi ragazzi della Delio Gallina
Turchetti, seduto al centro, con i suoi ragazzi della Delio Gallina

Le conoscenze contano

E il discorso delle conoscenze di Miodini e della valutazione umana che in qualche modo faceva Provini si ritrovano anche in Cesare Turchetti, della  Delio Gallina – Ecotek Lucchini Colosio.

«Nella scelta dei ragazzi – dice il diesse bresciano – molto incidono anche le conoscenze. Ci sono dei direttori sportivi in cui ho più fiducia e parlo con loro, ma mi rifaccio anche ai rapporti con amici competenti per capire il corridore e la persona.

«Qui, alla fine tutti vogliono andare alla Colpack-Ballan o alla Zalf Euromobil. Fai fatica a prendere uno junior bravo. E sì che poi noi gli diamo tutto. Nel mio metodo è previsto parecchio tempo in ritiro, quindi c’è anche un certo impegno. Ma se il ragazzo non vuole stare con noi o ci sta con la testa di chi dopo un anno vuole andare via, non va bene. Non è il massimo per chi vuol investire su di lui e cerca di farlo crescere».

Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi-Nibali
Carlo Franceschi, storico manager della Mastromarco Sensi-Nibali

Si va sul campo

«Prima di tutto – spiega Carlo Franceschi della Mastromarco Sensi Nibali – valuto il suo rendimento nell’arco della stagione. Non tanto le vittorie, ma la capacità di rendere da inizio a fine annata. Anche se vince poco, ma arriva sempre nei primi dieci, sai che ci devi lavorare, ma altrettanto sai che ci puoi fare affidamento.

«Spesso chi ha tante vittorie sono i ragazzi che vincono i circuiti, ma poi tra gli under servono le caratteristiche di fondo e resistenza».

«Il corridore piccolo ha più difficoltà è vero, però anche qui conta la qualità. Pozzovivo, per esempio, è sempre stato competitivo. Anche da allievo. Io poi, anche per cercare di individuare questi ragazzi che sono più indietro nella crescita, durante la stagione ho il compito di andare a vedere qualche gara juniores. E se il piccolino si fa vedere e magari ti arriva nei dieci è un’ottima cosa.

«Ma anche qui bisogna valutare: è piccolo perché i suoi geni sono così (e lo scopri conoscendo i genitori) o perché non è ancora cresciuto? Solitamente lo vedi in faccia un ragazzino di 17 anni se e quanto ha sviluppato. E lo vedi a prescindere dalla statura.

Anche Franceschi riprende in parte il discorso di Turchetti.

«Con i corridori di fuori regione si va a conoscere la famiglia. Il ragazzo magari vorrebbe venire, ma i genitori non sono d’accordo o non sono convinti di mandarlo a vivere nel ritiro. Così non va bene, non vai da nessuna parte: queste incertezze si riflettono sul ragazzo. La Mastromarco è una famiglia e tutti devono essere sereni di starci».

Coppolillo, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna
Coppolillo, dirige i ragazzi della #inEmiliaRomagna

Particolarità #inEmiliaRomagna

«Valutare i ragazzi non è facile – dice Michele Coppolillo della #inEmiliaRomagna – non guardiamo solo il risultato, ma anche altre cose. Nel nostro caso poi è anche più semplice la scelta, in quanto abbiamo sposato la politica di portare avanti i ragazzi dell’Emilia Romagna. Ma è chiaro che guardiamo anche oltre. Che risultati hanno ottenuto, che tipo di attività hanno svolto, quante gare hanno fatto…».

«Ricordiamoci che tra gli juniores si è in una fase di crescita importante. E non tutti hanno sviluppato allo stesso modo. Abbiamo degli esempi in casa. Noi abbiamo preso corridori che da juniores non avevano mai vinto e poi da under 23 lo hanno fatto. Penso a Dapporto. La maturazione a quell’età è molto differente. E non si dovrebbe avere fretta.

«Lo scalatore, che solitamente è più piccolo, oggi fa fatica ad emergere. Fa più fatica in pianura. Le medie sono cambiate e magari arrivano sotto le salite già stanchi. Anche per questo collaboriamo con le società. Parliamo costantemente. Cerchiamo di avere un giudizio complessivo».

Coden, a sinistra, con i ragazzi della squadra Interregionale al Giro. Lui è il diesse della Campana Imballaggi
Coden con i ragazzi della squadra Interregionale al Giro. Lui è il diesse della Campana Imballaggi

Crescita in casa

«Noi – spiega Alessandro Coden della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino – siamo un team nato nel 2011 e abbiamo anche la squadra juniores. Non avendo grosse pressioni dagli sponsor, portiamo i ragazzi più avanti possibile, tanto che abbiamo creato la categoria under 23 da un paio di anni. Per noi quindi si tratta di un cammino. Anche se non manca un occhio rivolto ai ragazzi di altre squadre.

«Su cosa mi baso per prendere gli altri? Guardo il rendimento nella sua regolarità. I suoi piazzamenti. E lavoriamo per farlo crescere. Qualche corridore buono lo abbiamo avuto anche noi: Zambanini, che ora è alla Bahrain Victorious, e Colnaghi alla Bardiani Csf Faizanè. Ci abbiamo creduto e adesso cercheremo di fare crescere qualche altro ragazzo».

Venturelli e Cattani, i nuovi padroni della crono juniores

23.06.2022
5 min
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Com’è l’appuntamento perfetto con il tricolore? Forse nessuno lo sa, ma in qualunque modo avvenga è sempre un piccolo grande sogno che si realizza. E’ stato così anche per Alessandro Cattani (Bustese Olonia A.S.D.) che ha vissuto il suo sogno italiano in 20’59”28 a una media di 45,740 orari. Questo è il tempo che il nuovo campione italiano a cronometro juniores ha impiegato martedì per correre e vincere sui 16 chilometri a San Giovanni al Natisone. All’arrivo è sorridente, sul podio ancora incredulo. Alessandro è visibilmente emozionato e quando lo fermiamo per scambiare due parole, quasi non sa che dire.

Sul podio degli uomini, Alessandro Cattani ha preceduto Donati e Milesi, entrambi della Trevigliese
Sul podio degli uomini, Alessandro Cattani ha preceduto Donati e Milesi, entrambi della Trevigliese
Alessandro, complimenti! Il tricolore è sempre una grande soddisfazione…

Sì. Era da un po’ che con la squadra stavo preparando questa corsa, ci abbiamo sempre creduto e la vittoria è arrivata.

Raccontaci un po’ com’è andata.

E’ andata bene. Il punto più difficile è stato lo scollinamento all’Abbazia di Rosazzo. La nostra tattica era di arrivare in cima con quanto più vantaggio possibile e poi cercare di mantenerlo nella seconda parte, fino all’arrivo. Il mio allenatore, sin dai primi metri, mi ha sempre incitato aiutandomi a credere sempre più in questa maglia.

Come hai gestito la pioggia?

Ho avuto una pioggia abbastanza forte solo negli ultimi 5 chilometri, prima una pioggerellina tutto sommato sopportabile.

Cattani ha lavorato sodo sulla crono: sperava di vincere (foto Instagram)
Cattani ha lavorato sodo sulla crono: sperava di vincere (foto Instagram)
Oggi vesti la maglia di campione nazionale, ma come sei arrivato al ciclismo?

Un po’ per caso, come spesso succede. Facevo le classiche garette con mio papà e mi piaceva. Poi sono arrivato al Pedale Saronnese, continuando però a sfidare gli amici.

Cosa ti aspetti da questa maglia adesso?

Il massimo sarebbe una convocazione in nazionale, sarebbe fantastico. Per il momento però guardo all’immediato futuro, cioè alla corsa a tappe che correrò questa settimana in Toscana.

Alessandro sale sul podio scortato da Davide Donati e Nicolas Milesi, i due atleti della Ciclistica Trevigliese che si avvicinano al miglior tempo per appena 5”30 e 7”61.

Dopo il podio juniores uomini, con Cattani anche il diesse Marco Della Vedova e Gabriele Bessega, nei primi 10
Dopo il podio, con Cattaniu anche il diesse Marco Della Vedova e Gabriele Bessega, nei primi 10

Venturelli e il meteo

Una due giorni tricolore all’insegna dell’incognita meteo, che anche con gli juniores ha giocato un po’. Prima della partenza gli atleti, pronti dopo il controllo dei rapporti, guardavano i nuvoloni neri avvicinarsi e speravano di riuscire a concludere la prova prima che arrivasse l’acqua. Non avevano del tutto torto: il vento che ha accompagnato la pioggia ha costretto il rinvio della partenza delle ragazze di quasi un’ora. A fine corsa sapremo poi che la vera differenza non l’ha fatta tanto la pioggia, quanto (indovinate un po’!) il vento.

Chi non ha avuto problemi davanti a vento e pioggia, abituata a condizioni peggiori nel ciclocross, è Federica Venturelli (Team Gauss Fiorin), neo laureata campionessa italiana a cronometro. Federica è, in una parola, multidisciplinare: impegnata su strada e nel ciclocross, si toglie qualche soddisfazione anche su pista e nelle prove a cronometro.

Venturelli ha vinto dopo ottime prestazioni ai tricolori juniores su pista a Noto (foto Instagram)
Venturelli ha vinto dopo ottime prestazioni ai tricolori juniores su pista a Noto (foto Instagram)
Federica, tu competi in tanti campi diversi, come ti definiresti ciclisticamente parlando?

Su strada credo di essere una buona passista, mi trovo molto a mio agio nelle crono, nelle prove contro il tempo, che sono anzitutto prove contro me stessa. Anche la salita non mi dispiace, credo di sapermi gestire tutto sommato bene.

Qui com’è andata? Quali erano le sensazioni?

Non nascondo che sono arrivata abbastanza stanca: la scorsa settimana ho corso i campionati italiani su pista a Noto, in Sicilia, però ho sfruttato anche quel lavoro e credo di essere arrivata qui in forma per questa maglia. Sono riuscita a dare il meglio di me stessa in un percorso così particolare, nonostante la salita a metà prova avrebbe potuto essere il punto di forza di altre atlete. Sicuramente ho sfruttato il falsopiano per guadagnare qualcosina.

Federica Venturelli brilla su strada, ma anche in pista e nel ciclocross, in cui è uno dei fari azzurri
Federica Venturelli brilla su strada, ma anche in pista e nel ciclocross, in cui è uno dei fari azzurri
C’è stato un punto critico sul percorso che ti ha messa alla prova? 

A dire il vero nel tratto prima della salita ho sofferto un po’, ma ho pensato che alla fine eravamo tutte nella stessa condizione. Stavamo soffrendo tutte. Eravamo a metà prova e mancava ancora la salita. Il ciclocross mi ha aiutato tantissimo per quanto riguarda la guida della bici: nella discesa bagnata penso che l’aver saputo gestire bene la bici abbia fatto la differenza rispetto alle altre.

A concludere il podio Valentina Zanzi (Vo2 Team Pink), a 23” di ritardo, ed Eleonora Ciabocco (Ciclismo Insieme – Team di Federico) a 47” dalla cremasca.

Borgo Molino, il difficile equilibrio tra vittorie e futuro

16.06.2022
6 min
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Quali ingredienti servono per comporre uno junior, affinché da grande diventi un grande corridore? E’ la domanda che ci si pone da tempo davanti alle differenze spesso imbarazzanti in ambito under 23 fra i nostri e gli altri. E se è vero che all’estero probabilmente si hanno altre libertà, come denunciato da Oldani al Giro d’Italia, il dubbio che qualcosa in Italia manchi nella formazione in certi giorni ti assale. Sarebbe sbagliato cercare tracce di Evenepoel in ogni ragazzino, ma è interessante chiedersi in che modo crescano i nostri futuri professionisti. E così un sondaggio abbiamo ritenuto di farlo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino: la squadra che negli ultimi mesi ha mandato Pinarello direttamente fra i pro’ e corridori come Bruttomesso e Ursella alla Zalf e alla DSM. Eppure fra i tecnici degli U23 c’è chi dice che nel team di Ormelle, in provincia di Treviso, si guardi più al risultato immediato che al lungo termine.

«Sono un tecnico vincente – dice Pavanello, fratello di Luca che fu professionista con la Aki-Gipiemme e per quattro anni a sua volta dilettante, tra la Zalf Fior e la Bata-Moser – e alle corse si va per vincere. Non perché abbiamo bisogno di fare punti, ma perché la vittoria è quello che ripaga i ragazzi dei loro sforzi. Abbiamo vinto con 6-7 corridori diversi, se invece badassimo davvero alla quantità, punteremmo su quelli che danno più garanzie e metteremmo gli altri a tirare. Facciamo tutte le internazionali che ci sono in Italia e abbiamo in programma di fare una trasferta all’estero. Ma i ragazzi hanno la scuola e poi lo stage. Poi c’è la nazionale. Non è semplice trovare il tempo».

Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Critiche rispedite al mittente?

Una cosa che mi fa pensare di essere sulla strada giusta è che i nostri ragazzi vengono ricercati da tante squadre. I risultati confermano il buon lavoro che facciamo. Alcuni si confermano e alcuni chiaramente si perdono, magari anche ragazzi da cui ci aspettavamo tanto, ma questo succede a tutti. Secondo me se qualcuno si lamenta, è semmai perché i nostri ragazzi non vanno con loro.

Oggi si passa da juniores a continental e sei già fra i pro’: avete cambiato qualcosa nella gestione?

Non abbiamo cambiato niente, per fare certi numeri serve materiale umano buono. Sapremo fra 4-5 anni se questa tendenza a passare così giovani darà buoni frutti.

Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Ci sono squadre come la Auto Eder e la FDJ capaci di prestazioni piuttosto consistenti…

Li preparano per il salto tra i pro’. I nostri hanno altre mentalità, alcuni si sviluppano a 23 anni. Il nostro Pinarello è passato direttamente tra i pro’, ma sta facendo attività U23 e ha i suoi tempi. Sta facendo il Giro d’Italia U23 da primo anno, mi sembra normale che trovi difficoltà. Bruttomesso invece ha vinto subito. Ognuno ha la sua strada. Ci sono stati ragazzini che a livello juniores dominavano e poi sono spariti. E’ meglio così? I migliori dei nostri non saranno al livello dei 4-5 che dominano a livello mondiale, ma hanno mantenuto le loro caratteristiche e vanno bene. Noi lavoriamo su più fronti.

Più specialità?

Facciamo strada, pista e cross. Delle Vedove è un velocista, ma ha fatto anche corse dure come la Tre Valli e la Piccola San Geo e adesso ha vinto i tricolori in pista.

Però al Giro U23 si vedono differenze notevoli.

Chi sta dominando al Giro ha fatto attività con le WorldTour: è giusto? Il nostro modo di lavorare ha dato e dà buoni frutti, ma non si può usare come paragone Evenepoel e pretendere che tutti seguano lo stesso cammino.

Qualcuno dice che la società italiana non produce ragazzi capaci di sacrificarsi davvero.

Non penso che sia così. Si criticano ragazzi che semplicemente fanno un percorso diverso. Non so se i ragazzi della Auto Eder vadano a scuola e non so quanti di loro diventeranno campioni. Credo sia tutto da analizzare bene, senza fermarsi al risultato immediato. Sono nella categoria da 25 anni, abbastanza per capire che Nibali non ne nasce uno ogni anno. Piuttosto faccio io una domanda…

Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Vai.

Quanti corridori si perdono perché non trovano squadra? Nelle WorldTour straniere fanno correre i loro. La Ineos prende Ganna perché vince e si porta via Cioni, uno dei migliori allenatori in circolazione. In ogni squadra WorldTour c’è almeno un tecnico italiano, si fa tanto parlare, ma qui non c’è una grande squadra che possa insegnare ai ragazzini a diventare corridori. Se hai la struttura, nella quantità trovi la qualità. Invece siamo penalizzati fortemente dalla mancanza di squadre e da quello che Oldani ha detto chiaramente.

Andare all’estero a fare una corsa a tappe non li farebbe crescere?

Come società, la sola cosa che conta è avere ragazzi che continuano, non solo quelli che vincono. Abbiamo fatto per anni il Trofeo Karlsberg, ma ormai è nella Nation’s Cup e si fa solo per nazionali. Non c’è più questa grande quantità di corse all’estero, come qua non ci sono più il Giro di Basilicata, quello di Toscana o quello del Friuli, che è stato annullato e che erano ottime occasioni di crescita. E poi c’è da fare i conti col budget, il momento è noto e andare all’estero ti costa 6-7 mila euro che non sono facili da spendere. E poi un’altra cosa…

Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Quale?

Va bene fare il confronto con le squadre che vengono da fuori a dominare in Italia, ma io non ce la faccio a vedere degli juniores che fanno i professionisti a 17-18 anni. Ci sono già tanti ragazzi in difficoltà  in giro, mi dispiacerebbe impedirgli di andare a scuola, privandoli di un futuro se il ciclismo non dovesse andar bene.