EDITORIALE / La fusione saltata e il professionismo perduto

09.10.2023
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Se anche la squadra numero uno al mondo fa fatica a trovare lo sponsor, si leggeva qualche giorno fa sui social, allora siamo messi male. Prima doveva essere la Ineos Grenadiers che per prendere Evenepoel, avrebbe assorbito la sua squadra. Poi è venuta fuori la fusione con la Jumbo-Visma e in questo caso il giovane belga sarebbe probabilmente finito proprio alla Ineos. Adesso che anche la fusione con il team olandese è saltata, al Tour vedremo sfidarsi Pogacar, Roglic, Vingegaard ed Evenepoel (i due sono insieme alla Vuelta nella foto di apertura). Non male! D’altra parte, tuttavia, ci sarà da capire se ci saranno cicatrici nelle squadre coinvolte

Lefevere e Bakala si dividono il controllo della Soudal-Quick Step: 20 per cento al belga, 80 al ceko
Lefevere e Bakala si dividono il controllo della Soudal-Quick Step: 20 per cento al belga, 80 al ceko

Casa Soudal-Quick Step

La Soudal-Quick Step rimarrà fino al 2025, quando si concluderà la licenza WorldTour assegnata al gruppo di Lefevere. Patrick, che ne sa una più del diavolo, ne esce come colui che ha salvato il posto di lavoro a corridori e personale. Pare che non abbia avuto parte attiva nella trattativa per la fusione, gestita invece Zdenek Bakala. Il magnate della Repubblica Ceka, da anni a capo della squadra, ne detiene l’80 per cento contro il 20 di Lefevere. Cedere la squadra alla Jumbo-Visma avrebbe significato liberarsi dei costi di un team che non vince più come una volta.

Chiaramente la notizia ha riportato il buon umore nella squadra che ha bisogno di un forte rimpasto dirigenziale. Lefevere stesso non ha mai fatto mistero di cercare la via più breve per un buon pensionamento e forse la ricerca di un erede sarebbe auspicabile e indicata. Non è un mistero che la squadra sia scossa da tensioni interne, che abbia recentemente perso atleti importanti e che l’uscita di elementi come Ricardo Scheidecker, passato alla Tudor, abbia complicato i rapporti fra la componente del marketing e quella tecnica.

Le tensioni sono iniziate quando il padre di Evenepoel ha cominciato a sparare a zero sul potenziale del team: si capisce quanto sia urgente una guida che rimetta ciascuno al suo posto.

Bagioli al Gran Piemonte e Van Wilder alla Tre Valli hanno vinto d’orgoglio per sé e per la loro squadra
Bagioli al Gran Piemonte e Van Wilder alla Tre Valli hanno vinto d’orgoglio per sé e per la loro squadra

Casa Jumbo-Visma

La Jumbo-Visma si troverà senza sponsor a partire dal 2025. La catena di supermercati olandesi ha ritirato il supporto da quando Frits Van Eerd è stato arrestato. Il manager, che ne aveva fatto crescere il fatturato da 400 milioni a 10 miliardi, è accusato di riciclaggio. Ragione per cui, morto suo padre, l’azienda è passata nelle mani delle sorelle che hanno deciso di interrompere la sponsorizzazione, ritenendola troppo cara. Si parla di un importo intorno ai 12 milioni di euro all’anno.

In ogni caso, Richard Plugge si trova ora a dover gestire un buco piuttosto importante, dato che anche l’attesa sponsorizzazione di Amazon non sarebbe più sul tavolo. Si parla dell’interessamento del Pon Group, che detiene la proprietà di Cervélo e da poco anche delle scarpe Nimbl, ma i rapporti saranno ancora idilliaci, dopo che probabilmente la squadra avrebbe valutato di passare con Specialized?

Dal 2024 Roglic correrà con la Bora-Hansgrohe e sfiderà al Tour Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel
Dal 2024 Roglic correrà con la Bora-Hansgrohe e sfiderà al Tour Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel

Casa UCI

L’Unione Ciclistica Internazionale non ha parlato di opportunità. Si è pronunciata soltanto per ricordare alle squadre che qualsiasi operazione di questo tipo (la fusione) deve attenersi alle disposizioni del Regolamento UCI. Esse impongono infatti di garantire il rispetto delle disposizioni contrattuali per tutto il personale delle squadre coinvolte, dagli atleti allo staff.

Non un cenno alla struttura traballante del WorldTour, lasciato in mano al “bullismo tecnico” dei team più grandi. Nessuna riforma strutturale appare per ora all’orizzonte in un’organizzazione che propugna la mondializzazione del ciclismo, drenando risorse laddove i suoi cercatori sono in grado di trovarle, apparentemente a qualunque costo.

La prossima grande sfida per gli uomini di Aigle, nel cui Management Commitee permane Igor Makarov in barba agli atleti e i team russi banditi con la guerra all’Ucraina, è il mondiale in Africa. In precedenza il presidente Lappartient aveva insignito dell’Ordine al merito del ciclismo mondiale (massima onoreficenza UCI) Gurbanguly Berdimuhamedov. Per festeggiare, il dittatore turkmeno eletto con il 97 per cento dei voti e ora rimpiazzato da suo figlio, pedalò durante il World Bicycle Day tra migliaia di figuranti in bici. Non esistono atleti del Turkmenistan che prendano parte a mondiali o rassegne mondiali. Ugualmente si era previsto di far svolgere il mondiale su pista del 2021 nel nuovissimo velodromo di Ashgabat. Ciò non avvenne e la rassegna fu dirottata su Roubaix a causa del Covid e (si spera) per ragioni di opportunità.

David Lappartient attribuisce (online) a Berdimuhamedov l’Ordine al merito del ciclismo mondiale (foto Azatlyk Radiosy)
David Lappartient attribuisce (online) a Berdimuhamedov l’Ordine al merito del ciclismo mondiale (foto Azatlyk Radiosy)

Il ciclismo

«La fusione è stata un’ottima idea – avrebbe detto qualcuno presente al tavolo delle trattative – ma per metterla in pratica occorreva un po’ più di professionalità».

Probabilmente è vero, ma ribadiamo che sarebbe davvero necessario ristrutturare il professionismo, perché ci siano risorse per tutti e obblighi meno asfissianti. Nulla vieta di tornare a squadre di 20 corridori, che costino meno e lascino aperta la porta a più soggetti. Quello che abbiamo vissuto è la riprova che in parecchi livelli di questo sport manca del sano e concreto professionismo.

Il ciclismo, ha detto qualche giorno fa Argentin, era una famiglia che funzionava gestendo le situazioni nell’interesse di tutti. Questo non significa che si possano coprire magagne e responsabilità: nell’interesse della famiglia, mio padre mollava anche ceffoni indimenticabili. Al contempo, si assicurava che tutti avessero nel piatto ciò di cui avevano bisogno. Il ciclismo in mano a manager e avvocati che non lo conoscono rischia di perdere di vista le sue vere necessità. La corsa sfrenata all’oro, ne siamo purtroppo certi, non sarà priva di conseguenze. Un esempio su tutti: i gregari di Remco Evenepoel saranno contenti di tirare per uno che fino a ieri non vedeva l’ora di andarsene e magari ci starà ancora pensando?

EDITORIALE / Baci e abbracci, Roglic se ne va

02.10.2023
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Che la grande fusione fra Soudal-Quick Step e Jumbo-Visma avvenga o meno, resta il senso di malinconia per il cinismo dei due attori e la gestione miope da parte di chi dovrebbe scrivere le regole. In gruppo se ne parla. La fusione di due grandi team mette sul piatto i destini degli atleti e ancor più del personale, che oggi potrebbe ricevere la lettera di licenziamento. E si parla anche della volontà delle squadre del Nord Europa di contrastare lo strapotere economico di quelle arabe. UAE Emirates, Bahrain e AlUla stanno infatti formando un blocco importante. Il primo a prenderne atto e andarsene è stato Roglic, altri seguiranno?

Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse
Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse

Sport e quattrini

Sport e quattrini vanno da sempre a braccetto. Ma se i quattrini diventano dominanti rispetto allo sport, allora il giocattolo si rompe e il sistema smette di essere interessante. Lo dicono gli analisti di Buzz Radar, che hanno messo sotto la lente il crollo di interesse della Formula Uno per lo strapotere Red Bull. Il calo è del 70 per cento sul fronte delle menzioni social nei primi cinque mesi del 2023 rispetto al 2022. Il calo di nuovi follower è del 46 per cento. Il ciclismo non c’è ancora arrivato, ma il malcontento per lo strapotere Jumbo-Visma è ricorrente. E se nelle corse di un giorno i discorsi sono ancora aperti grazie ad attori come Van der Poel ed Evenepoel, nei Giri la situazione è imbarazzante. Soprattutto quando la Jumbo schiera il “dream team” del Tour, riproposto poi alla Vuelta.

Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)
Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)

Il salary cap

Nonostante i budget di questi grandi team, il ciclismo non è uno sport ricco e forse proprio per questo viene gestito da dirigenti più propensi all’inchino che all’autorità. Certo questo è il punto di vista di un italiano che assiste da anni al saccheggio dei vivai nostrani da parte dei devo team WorldTour. Resta il fatto che nel più ricco basket NBA, le regole perché i budget non sviliscano la competizione esistono da anni.

Il salary cap (tetto salariale) per la stagione 2022-23 è stato previsto in 123,65 milioni di dollari e potrebbe aumentare fino a 134 nella prossima stagione. Il valore viene stabilito dal contratto collettivo di lavoro della NBA in percentuale rispetto alle entrate delle squadre. Il tetto agli ingaggi ammette eccezioni, ma serve a impedire che le squadre con superiore capacità di spesa schiaccino le altre. Le squadre che sforano il tetto, sono penalizzate con la “luxury tax”. Il totale delle multe a fine anno viene ridiviso fra le squadre che sono riuscite a rimanere sotto la soglia. A ciò si aggiunga il sistema di reclutamento del Draft, attraverso cui le squadre hanno accesso regolamentato ai talenti provenienti dai college. La differenza rispetto al nostro mondo, in cui gli agenti vendono i corridori al miglior offerente, salta agli occhi.

Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti
Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti

La resistenza dei team

Cambiare non è semplice, ma è possibile. Quando in seguito alle critiche di Marc Madiot ne parlammo con Gianetti, ovviamente lo svizzero fu piuttosto scettico, vedendo limitato potenzialmente il proprio potere sul mercato.

«Non si può ridurre la discussione al salary cap – disse il manager della UAE Emirates – senza che pensiamo a costruire le infrastrutture per introdurlo. Ad esempio bisognerebbe rimettere completamente mano al calendario di corse, ai roster delle squadre da ridurre drasticamente».

Probabilmente sarebbe scettico anche Richard Plugge, boss della Jumbo-Visma che ha appena salutato Roglic, ma le regole non le fanno le squadre: spetta all’UCI, che invece resta ancorata a schemi superati.

Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?
Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?

La ribellione di Roglic

Il primo a ribellarsi è stato Roglic, fresco vincitore al Giro dell’Emilia. Con schiettezza pari a quella di Simoni, lo sloveno ha chiesto alla Jumbo-Visma di rompere il contratto che lo legava alla squadra fino al 2025. Primoz si è sudato la vittoria del Giro con una squadra meno potente rispetto a quella del Tour. E quando poi si è trattato di giocarsi la Vuelta, gli è stato messo il bavaglio perché lasciasse vincere Kuss. Non si discute l’amicizia, ma quando un campione lavora per vincere, certi regali fa fatica a concederli, soprattutto quando le cose si svolgono seguendo un copione così imbarazzante. E se anche Kuss è servito a non far litigare Roglic con Vingegaard, il problema di abbondanza si fa ancor più evidente.

Conosceremo la destinazione di Roglic dopo il Giro di Lombardia, inutile mettersi qui a ricordare le varie ipotesi di mercato, mentre aspettiamo di capire se Evenepoel sarà il prossimo a declinare fastidiose convivenze. In questo Risiko di milioni e assenza di regole, c’è da sperare che siano i campioni a rimettere le cose a posto. Tutto ha un prezzo, ma il talento merita rispetto.

Finito il primo anno alla Jumbo, ora Mattio alza il tiro

28.09.2023
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Racconta Pietro Mattio (immagine Fg Photos in apertura) che quando gli amatori lo vedono in allenamento, lo osservano con più attenzione del solito. Vedere un corridore della Jumbo-Visma, sia pure del Development Team, fa un certo effetto. Soprattutto dopo che la squadra olandese ha vinto il Giro, il Tour e la Vuelta. Lui sorride e risponde alle domande, ma intanto tira dritto, lungo questa prima stagione fra i gialloneri.

Se all’inizio era parso quasi intimorito per il grande passo, adesso trasmette un senso di sicurezza che fa bene al morale. Ricordiamo bene la foto scattata in un ritiro in Croazia, apertura del primo articolo su di lui, quando il giovane piemontese venne invitato per guardare più da vicino la struttura che di lì a poco lo avrebbe accolto. Era un bimbo sulla porta del paese dei balocchi. La stagione volge al termine. Ci saranno il Lombardia U23 e poi la Coppa San Daniele in Friuli, a capo di un anno con 32 giorni di gara, di cui 6 sono state corse a tappe. Miglior risultato il terzo posto alla Targa Crocifisso corsa in Puglia con la nazionale, in precedenza due settimi posti: ai campionati italiani e alla Slag om Woensdrecht, corsa olandese in cui quarto è arrivato il compagno Belletta.

E’ il 2022, ecco il primo contatto fra Pietro Mattio e la Jumbo-Visma
E’ il 2022, ecco il primo contatto fra Pietro Mattio e la Jumbo-Visma
Come sta andando questa prima stagione olandese?

Soddisfatto, senza dubbio. L’organizzazione dietro è tanta, non ci fanno mancare nulla. E sono soddisfatto anche delle mie prestazioni. Penso di essere cresciuto tanto e questo era l’obiettivo principale di quest’anno. Senza avere grosse pressioni addosso, cercando di migliorare il più possibile. Per il resto tutto bene.

All’inizio eri un po’ timoroso, ora hai trovato la tua dimensione?

Un po’ di timore c’è sempre quando cambi squadra. In più andavo nel team più forte al mondo, ero curioso di sapere cosa facessero e come. Invece ho trovato una squadra normalissima, che sicuro non lascia nulla al caso. E’ questo il loro punto forte, perché curano tutto nei minimi dettagli ed è quello che probabilmente fa la differenza rispetto agli altri.

I grandi hanno vinto Giro, Tour e Vuelta: che effetto fa allenarsi vestito come loro?

Attira gli sguardi dei ciclisti della zona, anche perché ormai mi conoscono. Ho gli occhi puntati e questo fa sicuramente molto piacere. Mi fanno domande. Gli amatori diventano matti per queste cose, perché alla fine cerchiamo di dare spettacolo e in effetti ci riusciamo.

Pietro Mattio è approdato quest’anno alla Jumbo Visma Development. E’ nato a Cuneo nel 2004
Pietro Mattio è approdato quest’anno alla Jumbo Visma Development. E’ nato a Cuneo nel 2004
Come è andato il salto di categoria?

Mi aspettavo di sentirlo di più. Invece con i nuovi strumenti che hanno, si riesce ad allenarsi veramente bene. Sono riuscito a raggiungere subito un livello che mi permettesse almeno di provare a fare la mia corsa. All’inizio faticavo di più, anche perché non era semplice conciliare allenamento e scuola, ma da quando ho fatto la maturità, sono riuscito ad allenarmi con più costanza, mettendo sicuramente un po’ più di ore nelle gambe. E gli effetti si sono visti. Sono riuscito a centrare il primo podio nella seconda parte di stagione, mentre prima era venuta una top 10 in una gara olandese, anche quella nazionale non internazionale. Sono arrivato settimo ai campionati italiani, quindi sono abbastanza soddisfatto.

In cosa è cambiata maggiormente la preparazione?

Sicuro per il numero di ore. Da junior a U23 cambia abbastanza, perché si allungano anche le corse. Per fortuna ho avuto la possibilità di correre con i professionisti. I chilometri sono tanti e in certe giornate la qualità dell’allenamento è molto alta. Più che altro, ho visto che nella Jumbo prediligono la qualità alla quantità, che è meglio per il recupero. Non devi stare tutti i giorni sulla bici per 5-6 ore, a volte ne bastano 2-3 e fa davvero la differenza.

Ti capita di parlare di questi argomenti con under 23 che corrono in Italia?

Mi è capitato perché un amico corre in Italia e praticamente ci alleniamo quasi tutti i giorni insieme. All’inizio ho notato veramente la differenza, poi anche lui ha cambiato abitudini, non so se grazie a me oppure al suo preparatore. Prima faceva sempre tanto, ora ha un po’ ridotto i volumi e secondo me è migliorato tanto anche lui.

Al Circuit des Ardennes, seconda corsa a tappe, facendo i conti con spirito con le dure cotes della Liegi
Al Circuit des Ardennes, seconda corsa a tappe, facendo i conti con spirito con le dure cotes della Liegi
Anche voi del Devo Team siete seguiti per l’alimentazione? 

Non abbiamo ancora tabelle alimentari, quanto piuttosto un progetto che punta allo sviluppo regolare. Non tutto e subito, ma intanto lavoriamo con il Food Coach. Il primo anno vengono insegnate le basi, ora pian pianino abbiamo iniziato a introdurre i pasti pesati o degli spuntini pesati per poi arrivare, credo già dal prossimo anno, ad avere tutto controllato, pesare tutto e iniziare a scrivere sull’App in cui ogni giorno si deve appuntare ciò che si mangia.

Ora che parti da una base più solida, che tipo di inverno ti aspetti?

Parto avvantaggiato rispetto al 2022, ma penso che sarà molto simile all’ultimo. Di sicuro farò qualcosina di più, perché l’anno scorso avevo la scuola, quest’anno invece sono più libero. I ritiri saranno gli stessi, molto probabilmente. Quindi andremo a dicembre in Norvegia a fare sci di fondo. Qualcuno potrebbe ironizzare, poi vai e capisci che il fondo è uno sport di fatica forse anche più del ciclismo. E ti accorgi che vai più forte di quando sei partito, com’è possibile?

Tu sapevi sciare, oppure hai imparato per necessità?

Per fortuna sapevo già farlo e questo mi ha aiutato da subito, però non è un problema, anche se non sai sciare, perché nei primi giorni ti insegnano. Se poi non usciamo, facciamo anche palestra, corsa e sport alternativi che aiutano il fisico.

Il calendario di Mattio ha visto 6 corse a tappe e parecchie classiche: qui alla Fleche Ardennaise (21°)
Il calendario di Mattio ha visto 6 corse a tappe e parecchie classiche: qui alla Fleche Ardennaise (21°)
Quanta voglia avresti di passare professionista?

Questo era un anno di transizione, non mi aspettavo grossi risultati, perché comunque era tutto nuovo. Squadra nuova, categoria nuova, tante gare internazionali, quindi anche il livello si è alzato molto, quindi non volevo pressione. Dal prossimo anno, il secondo da U23, ci proviamo con più cattiveria e speriamo magari di poter già firmare per gli anni successivi.

Se guardi il ragazzino di quella foto in Croazia e ti rivedi dopo un anno, cosa pensi?

Sicuro da quel giorno è passato più di un anno. Vestire la maglia della Jumbo lo vedo come motivo di orgoglio, una cosa che non tutti possono fare. E quindi, cavolo, sono proprio orgoglioso di quello che sono riuscito a fare finora.

Kuss e la Jumbo: ipotesi e chiacchiere sul contratto

25.09.2023
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Sepp Kuss ha vinto la Vuelta ed ha un altro anno di contratto con la Jumbo-Visma. Far parte della squadra numero uno al mondo e la consapevolezza che non avrebbe mai vinto senza la benevolenza dei compagni smorza probabilmente ogni velleità. Tuttavia, la penuria di uomini da Giri potrebbe indurre qualche squadra a tentare l’americano. E per contro, nei piani del suo agente potrebbe esserci la voglia di tentare il salto. Che cosa fa in certi casi l’agente di un corridore come Kuss?

Alex Carera con suo fratello Johnny è uno dei soci fondatori della A&J, società che rappresenta un ampio numero di atleti
Alex Carera con suo fratello Johnny è uno dei soci fondatori della A&J, società che rappresenta un ampio numero di atleti

Il contratto di Kuss

Sepp è seguito da un agente americano, per cui quello che segue è praticamente un discorso da bar, per capire quali siano le dinamiche possibili. Lo abbiamo chiesto ad Alex Carera, che non ha mai lavorato con Kuss, ma in certi scenari si muove perfettamente a suo agio.

«Farei un altro ragionamento – inizia il bergamasco – e cioè che in questo momento ci sono cinque team estremamente ricchi e Kuss fa parte di uno di quelli. Quindi l’eventuale proposta economica di un’altra squadra, potrebbe arrivare dalla stessa Jumbo, cui lui deve qualcosa, come la Jumbo deve qualcosa a lui. Io credo che se fossi il suo agente, la prima cosa che farei sarebbe incrementare il suo contratto, ma al tempo stesso punterei ad allungarlo, perché non so quante altre Vuelta potrebbe vincere».

Richard Plugge, Merijn Zeeman e i loro gioielli: Vingegaard, Kuss e Roglic. I contratti sono blindati
Richard Plugge e i suoi gioielli: Vingegaard, Kuss e Roglic. I loro contratti sono blindati
Infatti Kuss avrà certamente la consapevolezza che se gli altri lo avessero attaccato, non avrebbe vinto…

Sicuramente questo c’è, perché aveva soltanto 8 secondi di vantaggio e non ci dimentichiamo che ha guadagnato tre minuti grazie a una fuga. Per cui se io fossi il suo agente farei questa mossa.

Kuss sembra un ragazzo con la testa sulle spalle, ma può capitare che al corridore venga la voglia di andare a cercare fortuna altrove?

Se vince un grande Giro, se la gioca anche dov’è, quindi perché andare via, considerato che lui è uno di quelli meglio pagati? Secondo me non è questo il problema. Ci sono tre grandi Giri e nessun grande capitano può farli tutti, quindi se lui da gregario pure diventasse capitano, troverebbe lì il suo spazio.

In cosa si potrebbe migliorare il contratto?

Prima di tutto, nella maggior parte dei casi hai già previsto delle clausole migliorative, nel caso di particolari risultati. Questo è il punto numero uno, per cui normalmente tutti hanno il bonus. Non solo per la vittoria, anche per una top 3 o una top 5. Quando le cose iniziano a mettersi in questo modo, non si aspetta neppure la fine della corsa: tante volte si bussa alla porta del team manager anche durante la competizione.

Kuss vive in Andorra da anni e ora la sua popolarità è alle stelle
Kuss vive in Andorra da anni e ora la sua popolarità è alle stelle
L’atleta è al corrente di queste manovre?

In queste fasi l’atleta deve rimanere concentrato unicamente sulla gara. Oggi un bravo agente è colui che lascia l’atleta più tranquillo possibile, in modo che non debba preoccuparsi delle discussioni con le squadre. Poi a fine gara, il lunedì o la domenica sera, si tirano le somme.

L’incremento di un contratto così, fermo restando che non sappiamo da che base parta, è significativo secondo te o si parla di piccoli ritocchi?

Quando uno parla di un atleta del genere, è normale che sia un ritocco significativo. Molto dipende anche dalla base di partenza. Kuss a mio parere, provo a fare una stima, è un atleta che guadagna un milione e 200 mila, un milione e mezzo, quindi si parlerebbe di un salto in avanti comunque importante. Non ho la certezza che lui guadagni così perché non sono suo agente, però credo che per un atleta considerato da tutti come uno tra i migliori aiutanti al mondo, e non da oggi, i valori siano questi.

Quindi gli orizzonti possibili in questo momento non sono molti…

Lui è un caso molto particolare. E’ già al top come atleta, in una tra le cinque squadre più ricche al mondo. Quindi bisogna considerare che non ce ne sono così tante che possano paragonarsi alla Jumbo a livello di budget: due o tre al mondo? Quindi un conto è se corresse in una squadra più piccola, ma corre già alla Jumbo, credo che il caso neanche si ponga.

Kuss ha aiutato Roglic a vincere il Giro, poi Vingegaard al Tour: la squadra gli doveva qualcosa
Kuss ha aiutato Roglic a vincere il Giro, poi Vingegaard al Tour: la squadra gli doveva qualcosa
La sensazione è che rispetto a una volta la vittoria non sia più il motivo per cambiare squadra…

La differenza è che adesso ci sono contratti molto più lunghi: una volta normalmente erano biennali, adesso sono quadriennali. Di conseguenza fanno tutti i programmi a crescere con dei bonus. E’ un’altra mentalità: oggi si ragiona a lunga scadenza, una volta si ragionava a corta scadenza. Quindi il ragionamento non si può più fare in questi termini.

Aumentare l’ingaggio comporta necessariamente un prolungamento?

Se chiedi di più, devi dare qualcosa in cambio. Quindi io sono disposto a concedere fino a 500 mila euro in più, ma devo avere in cambio uno o due anni di contratto in più.

Laporte campione, ma perché Van Aert ancora secondo?

24.09.2023
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Difficile dire se in questa serata che saluta l’autunno ci sia da stupirsi più per la vittoria di Laporte all’europeo, per l’ennesima sconfitta di Van Aert o per il podio completamente occupato da corridori della Jumbo-Visma. Allo stesso modo in cui ieri le atlete della olandese SD Worx hanno dominato la prova in linea delle donne, quest’oggi un altro team dei Paesi Bassi ha schiacciato la concorrenza. E trattandosi di un campionato europeo corso per loro sulle strade di casa, c’è da capire che si possa parlare a buon titolo di dominio olandese. Anche se oggi il vincitore è francese, ma ha cambiato decisamente passo da quando è approdato nella squadra giallonera.

Christophe Laporte ha attaccato quando l’ultima caduta del giorno, quella causata dal tedesco Heiduk, ha tagliato fuori dalla lotta metà gruppo di testa, compresi Trentin e Ganna. Il francese ha avuto la scelta di tempo e il coraggio per tirare dritto, con lo stesso piglio che ieri ha consegnato la gara delle donne alla olandese Bredewold. Senza mai voltarsi, Laporte sembrava avere il destino segnato quando ai 200 metri De Lie gli ha portato sotto il gigantesco Van Aert. Sembrava un finale già scritto.

Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam
Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam

Rimonta strozzata

Van Aert infatti è scattato con l’olandese Kooij a ruota. Ha guadagnato metro su metro nel ripido arrivo di Col du Vam. Ha affiancato Laporte. E quando non mancava che la pedalata decisiva, il belga si è seduto. L’altro se ne è accorto e ha rilanciato proprio nel momento in cui anche Van Aert ha trovato la forza per rialzarsi. Risultato: primo Laporte, secondo Van Aert, terzo Kooij. Come già alla Vuelta, podio tutto Jumbo-Visma, ma con attori diversi. Mentre al quarto posto Arnaud De Lie si è messo in un angolo a chiedersi se non avrebbe fatto meglio a farsi gli affari suoi.

«Questa maglia è molto bella – dice il francese – dovrò abituarmi. Sono molto orgoglioso. La squadra ha fatto un ottimo lavoro mettendomi in buone condizioni. Mi sentivo bene, ho provato e ha funzionato. Ne è valsa la pena. Ho sempre sognato di cantare la Marsigliese sul podio con i miei amici. La dedico alla squadra francese e a Nathan Van Hooydonck, che sarà contento per me. Non sono mai stato neppure campione francese, sono davvero molto felice. E sono felice di condividere questo podio con Wout e Olav».

Peso psicologico

Van Aert però probabilmente non è altrettanto allegro. Lo abbiamo visto sorridere in alcune inquadrature prima del podio, poi tornava a guardare il vuoto. Avevamo sentito ieri le sue parole sul fatto di lottare sempre e dei suoi dubbi dopo tanti piazzamenti, ma è davvero credibile che un campione così forte si faccia scivolare addosso certi colpi? Già un’altra volta quest’anno era finito dietro a Laporte: nella Gand-Wevelgem che in modo insolito (e a questo punto poco opportuno) aveva deciso di lasciargli vincere.

«Avevo concordato con De Lie – spiega nella zona mista – che avremmo giocato la mia carta. Penso che anche lui abbia capito che dei due oggi ero il più forte. E’ stata una buona decisione, ma Arnaud (De Lie, ndr) ha inseguito così forte per chiudere su Laporte, che non sono più riuscito a saltarlo. Abbiamo sottovalutato quanto gli fosse rimasto. Forse l’errore è stato che davanti non ci fosse uno di noi due al posto di Laporte, questo sì. 

«Durante le corse non penso che potrei fare secondo – aggiunge e riflette – ma è una constatazione che adesso non posso negare e ovviamente questo in qualche modo agisce nella mia testa. Cerco di vincere ogni gara, oggi ho corso per questo ed è il motivo per cui ho sentimenti contrastanti. Da un lato è bello essere sempre davanti, quest’anno semplicemente non riesco a vincere. Resto fiducioso che in futuro le cose andranno diversamente (il prossimo impegno titolato di Van Aert potrebbe essere il mondiale gravel di inizio ottobre, ndr)».

De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale

La saggezza di De Lie

Cosa dice De Lie? Il ragazzone di Libramont, che sogna di comprarsi una fattoria ed è arrivato agli europei con la vittoria di Quebec City, si guarda bene dal fare polemiche. Sa stare al suo posto e conferma le scelte del finale.

«Possiamo dire che sia venuta una corsa davvero dura – spiega – ho parlato con Wout a cinque chilometri dal traguardo. Gli ho detto: “E’ buona per te”. Era l’occasione giusta per regalargli un bel titolo, ma sfortunatamente è arrivato secondo dietro ad un fortissimo Laporte. Non l’ho visto partire, ero troppo indietro, forse altrimenti lo avrei seguito. Guardando indietro, forse avrei anche avuto le gambe per vincere, ma non ne sono certo. Semmai potremmo aver iniziato lo sprint un po’ troppo presto, ma la sensazione era che altrimenti Laporte non lo avremmo più visto. E così è stato».

Sulla Vuelta Saronni ne ha per tutti, da Vingegaard in poi

24.09.2023
5 min
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E’ passata una settimana dalla conclusione della Vuelta, da quel podio tutto targato Jumbo-Visma con Vingegaard e Roglic, ossia il re del Tour e del Giro a fare da valletti a Sepp Kuss, loro gregario nelle due prime avventure della stagione e questa volta proiettato sul gradino più alto. Un dominio incontrastato, ma con qualche perplessità destata dalla gestione del team olandese.

Le ultime tappe dure avevano dimostrato in maniera evidente come Jonas Vingegaard fosse il più forte della compagnia, ma hanno anche evidenziato come il danese abbia corso quasi con il bilancino, attento a non superare l’americano. Scelta dettata dal team? Volontà di non penalizzare Kuss che aveva capitalizzato al meglio la fuga bidone della prima settimana? Tante le ipotesi possibili, abbiamo allora provato a fare chiarezza parlandone con chi il mondo dei pro’ lo conosce in ogni sua sfumatura, Giuseppe Saronni.

Saronni, qui con Argentin, esprime le sue idee su vantaggi e svantaggi per la Jumbo-Visma
Saronni, qui con Argentin, esprime le sue idee su vantaggi e svantaggi per la Jumbo-Visma
Che idea ti sei fatto dell’epilogo della corsa iberica?

Io credo che la Jumbo-Visma abbia iniziato la corsa con qualche dubbio, legato al futuro di Roglic. Si parlava molto della possibilità che lo sloveno cambiasse squadra, invece pare rimanga perché il team olandese gli ha garantito il giusto spazio. Questo ha influito sull’evoluzione della corsa, che poi ha preso una piega probabilmente inattesa.

La vittoria di Kuss è stata decisa a tavolino dal team?

Penso di no, è certo però che la squadra aveva per certi versi interesse che Kuss vincesse, per molte ragioni: gratificare il corridore dopo quanto fatto a Giro e Tour, ma anche capire quali sono i suoi limiti e come può gestire la pressione di un grande giro. Attenzione però: la Vuelta non è al pari di Giro e Tour, che scatenano un’attenzione decisamente maggiore.

Anche alla Vuelta Vingegaard si è dimostrato il più forte, ma senza conquistare il trofeo
Anche alla Vuelta Vingegaard si è dimostrato il più forte, ma senza conquistare il trofeo
Vingegaard come l’hai visto?

Non era quello del Tour, è evidente, eppure in un buon campo partenti – e sottolineo buono, non oltre – aveva fatto la differenza. Poteva superare l’americano, è molto probabile, ma è stato bravo anche Kuss a tenere botta, restare lì davanti, meritandosi la maglia roja.

Resta però la sensazione di una classifica che non rispecchia la vera gerarchia dei valori…

Io credo che la Jumbo-Visma abbia lasciato mano libera ai suoi corridori. L’interesse del team era quello di vincere, a un certo punto quello di fare man bassa sul podio e scrivere una pagina storica, ma chi fosse, primo, secondo e terzo era delegato direttamente ai corridori, senza combinare disastri… Poi è chiaro che per i diesse una soluzione del genere, voluta dagli stessi atleti evita ogni malumore e questo nel prosieguo dell’attività è molto importante.

Da che cosa deduci la scelta di lasciare libertà ai propri atleti?

Se si guarda l’evoluzione delle tappe, si vedeva che quando partiva uno di loro gli altri stavano lì, aspettavano, poi appena conclusa l’azione partiva un altro e così via. Quelle sono azioni frutto di accordi in corsa, fatte per non pestarsi i piedi nella consapevolezza della propria superiorità. Anch’io l’ho fatto tante volte, poi è difficile che il progetto vada in porto in maniera così schiacciante come avvenuto alla Vuelta, ma i Jumbo non hanno davvero sbagliato nulla.

C’erano dubbi sulla permanenza di Roglic nel team, dissipati durante la corsa
C’erano dubbi sulla permanenza di Roglic nel team, dissipati durante la corsa
Pensi sia stata anche una scelta di Vingegaard evitare il sorpasso per non trovarsi un nemico in casa?

Sicuramente per Jonas questo è stato un investimento a lungo termine. Lui sa e Kuss sa altrettanto bene che il danese era il più forte e gli ha fatto un favore, verrà il momento che riscuoterà. Per l’americano, e ancor più per il team, la situazione era ideale perché anche avesse avuto un cedimento, c’erano gli altri due pronti a prendere il suo posto.

Domanda al Saronni campione: in questo modo però Vingegaard si trova con una Vuelta in meno…

Verissimo e nello sport non si può mai ipotecare il futuro. Fare due grandi giri in una stagione è sempre un rischio, non puoi sapere se l’anno prossimo sarai nella stessa situazione, nella stessa forma. L’incognita la devi mettere in conto, quindi è vero che il danese ha pagato un prezzo salato, per sua scelta. Solo in futuro sapremo se ha fatto bene e ha perso poco.

Kuss e Vingegaard. Ora l’americano ha un debito da saldare verso il danese…
Kuss e Vingegaard. Ora l’americano ha un debito da saldare verso il danese…
La Jumbo-Visma diventa così sempre più una squadra di leader che fanno anche da gregari, quasi cancellando questo ruolo…

E’ il ciclismo del futuro e io a tal proposito ricordo quand’ero alla Mapei, dicevo sempre che avrei sempre voluto tanti campioni da mettere d’accordo. Sarà anche difficile, ma lo è ancor di più cercare il risultato quando non hai qualità in mano. Oggi è un ciclismo fatto di punteggi, di calcoli, un ciclismo fatto col bilancino. Alla fine i fuoriclasse veri si contano sulle dita di una mano. Molto influisce anche il calendario, così ricco che dà spazio a tutti, ma le gare che contano sono sempre quelle poche e io preferirei un calendario più asciutto dove i campioni si scontrino in quegli stessi appuntamenti, tutti insieme. Invece ti trovi giornate anche con 6 gare in contemporanea, questo non è un bene.

Un dominio come quello del team olandese non rischia di creare inimicizie all’interno del gruppo?

Questo penso che lo abbiano messo in preventivo. Così aiuti nel gruppo non ne trovi. Hai fatto una cosa fantastica e difficilmente ripetibile, ora però andando avanti raramente troveranno qualcuno che gli darà una mano nel togliere le castagne dal fuoco…

Van Aert spalle al muro risponde colpo su colpo

23.09.2023
6 min
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Alla vigilia dei campionati europei di Drenthe su strada, dopo la crono chiusa al terzo posto (su 20 podi del 2023, le vittorie sono state “solo” 5), Wout Van Aert ha parlato con la stampa nell’hotel della nazionale belga. In questo finale di stagione, in cui l’europeo ha preso il posto del mondiale e si fa fatica a trovare le motivazioni, al campione di Herentals sono arrivate domande su quattro grossi temi. Il ritiro forzato di Nathan Van Hooydonck, cui è stato impiantato un defibrillatore come lo scorso anno a Colbrelli. La squadra che vola nei Giri e meno nelle classiche. Le poche vittorie a fronte dei tanti piazzamenti. Infine la Vuelta della Jumbo-Visma, vissuta da spettatore mentre era al Tour of Britain.

Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno
Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno

Su Van Hooydonck

Nathan Van Hooydonck si è sentito male mentre era alla guida della sua auto. I soccorsi sono stati immediati, il ricovero in ospedale ha permesso di rintracciare le cause della perdita di coscienza, ma la carriera del gregario belga si è subito interrotta, al pari di quello che accadde a Colbrelli, che sui social gli ha espresso la totale vicinanza.

«Non ho mai pensato di annullare questa trasferta – ha detto Van Aert – così come per fortuna le cose sono andate diversamente rispetto a quando assistemmo alla morte di Mader. Non conoscevo personalmente Gino e ho legato il suo incidente al fatto di essere un ciclista. Anch’io avevo appena fatto la discesa in cui è caduto e a un certo punto ho pensato che sarebbe potuto accadere a me. Nathan si è sentito male in macchina, non in un momento di sforzo. Con lui conta soprattutto l’aspetto personale: è un amico, conosco la sua famiglia.

«Nathan è un ragazzo molto dolce, pensa agli altri più che a se stesso. Inoltre è un professionista in tutto e per tutto. Siamo sempre stati compagni di stanza anche in nazionale, l’unica cosa che non sopporto di lui è quel guardare in continuazione le telecronache di golf (ridendo, ndr). Quando ho saputo che avrebbe dovuto chiudere la carriera ho pensato che è ingiusto. Deve essere un duro colpo per lui non poter portare avanti la sua passione. Sembra brutale. Spero soprattutto che guarisca completamente. Lui e la sua compagna hanno già dovuto affrontare troppi problemi. Spero che la nascita del loro bambino sia l’occasione per essere felici».

Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP
Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP

Sulle classiche

Nel 2023, la Jumbo-Visma ha vinto i tre Grandi Giri, ma nessun monumento. Tanti piazzamenti, corridori spesso protagonisti, ma nei finali si è sempre spenta la luce. Perché l’approccio tanto magnificato nelle corse a tappe non funziona nelle classiche?

«E’ qualcosa cui ho pensato spesso anche io – ha riflettuto Van Aert – anche se a mio avviso abbiamo fatto grandi passi avanti nel preparare queste corse. Sono consapevole anche del fatto che saremmo qui a fare altri discorsi se non avessi bucato alla Roubaix o se non ci fossimo imbattuti in qualcuno più forte, come Pogacar al Fiandre e Van der Poel alla Sanremo. Forse questi corridori, cui sommo anche Evenepoel a Liegi, hanno più talento nelle classiche maggiori. Se invece ci sarà da cambiare qualche programma per arrivarci più fresco, si dovrà valutarlo con la squadra. Potremmo parlarne a lungo.

«Siamo stati spesso vicini alla vittoria, non esserci riusciti potrebbe essere dipeso anche dalla sfortuna? Se così fosse, si potrebbe tenere lo stesso calendario e sperare che le cose vadano meglio. E’ il destino del corridore che arriva secondo. E’ il primo cui viene chiesto che cosa non abbia funzionato e cosa potrebbe cambiare l’anno dopo. Io credo che cambiamenti ci saranno, ma per piccole cose. Magari si potrebbe ridurre l’impegno nelle corse minori, ma io se ho buone gambe, non mi tiro indietro. Forse potrei imparare a risparmiarmi un po’ dopo aver fatto la selezione. Questo è un tema sul tappeto…».

Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP
Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP

Sulla specializzazione

Il guaio è che a lasciarlo fare, Van Aert brilla su tutti i terreni. Gli manca la pista, ma per il resto vince nel ciclocross, in volata, nelle crono, sui muri e va fortissimo in salita. E’ così fuori categoria che finora nessuno gli aveva chiesto di fare delle scelte, invece il 2023 è stato il primo anno in cui si è mostrato battibile. E questo ha aperto il fronte rei ragionamenti.

«Al giorno d’oggi – ha detto – spesso si vince con azioni solitarie, ma molte classiche si decidono allo sprint di un piccolo gruppo. Io sono semplicemente versatile. Potrei provare molte più soluzioni contemporaneamente, ma non lo faccio consapevolmente. Quest’anno ad esempio non ho lottato per la classifica alla Tirreno-Adriatico. Forse non mi concentrerò troppo sulle crono a inizio stagione, perché le ore di allenamento che richiedono sono effettivamente energia sprecata rispetto alle classiche.

«Invece non sono d’accordo sulle critiche dopo il mondiale per aver sprecato troppo al Tour. Stiamo parlando del Tour, la corsa più importante dell’anno. Non penso che potrei mai farlo solo come preparazione. Non sono uno da 90 corse all’anno, per cui tante le farebbe in preparazione. Io corro per vincere e quando attacco il numero sulla maglia, do valore al mio impegno. Spero che la gente mi apprezzi anche per questo. Personalmente la vedo come una grande forza che non vorrei mai gettare a mare. Penso che con il mio modo di correre, puntando sempre al massimo su tanti obiettivi diversi, lascio il segno più che con una vittoria specifica. Fiandre e Roubaix darebbero molto al mio palmares, ma se non arrivano, non sarà un fallimento. Non è questo il punto di partenza con cui voglio correre per il resto della mia carriera».

Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss
Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss

Sulla Vuelta

Infine la Vuelta, vissuta con gli occhi dello spettatore, senza essere perfettamente consapevole delle dinamiche interne, ma sapendone abbastanza per averne un’idea precisa.

«Kuss, Roglic e Vingegaard – ha detto – mi sono davvero piaciuti. Sepp è la persona più educata che conosco. Nello stress della gara, lui sorride sempre. Si diverte, trova tutto bello, mostra sempre apprezzamento per il lavoro degli altri. E’ fantastico che abbia appena vinto la Vuelta. Lui e i suoi suoceri spagnoli pensano che questo sia il grande Giro più importante dell’anno. Certo Roglic ha detto di avere una sua opinione diversa sulla tattica della squadra e magari non è stata l’affermazione più saggia, perché ha solo alimentato la confusione. Primoz ha un background da atleta individuale (lo sloveno proviene dal salto con gli sci, ndr) e talvolta questo affiora. Ma la cosa più importante è il modo in cui sono riusciti ad arrivare in fondo.

«Sono orgoglioso di far parte di una squadra del genere, anche se capisco che la gente ci guardi con circospezione. Capisco che sia un argomento di conversazione, ma le domande devono essere motivate. Quando ne parlo con gli altri corridori e spiego come lavoriamo, nessuno ha cose da dire. Alcune domande invece provengono dal passato di questo sport, ma io resto fedele al mio punto di vista: se per definizione mettessimo in discussione ogni grande prestazione, continueremmo a non trovare la strada».

Madrid: Kuss per la favola, Groves e la Jumbo per il tris

17.09.2023
5 min
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Spettacolo, emozioni, favola. C’è tutto questo nel gran finale di Madrid della 78ª Vuelta a Espana. L’americano Sepp Kuss, vince il terzo grande Giro della stagione. E lo fa un po’ – parecchio a dire il vero – a sorpresa.

E mentre la Jumbo-Visma si unisce di nuovo in parata attorno al suo gregario/capitano, ammesso sia ancora giusto chiamarlo così, in testa al gruppo vince Kaden Groves. Sul podio è andata poi in scena la seconda tripletta del team olandese, con Roglic e Vingegaard ai lati di Kuss.

Spettacolo

Ma andiamo con ordine. Lo spettacolo è quello della tappa di oggi. Altro che passerella! Se le sono date eccome.

Ad un certo punto attacca Remco Evenepoel. Quasi si pensa ad uno scherzo, tipo Pogacar al Tour verso Parigi… invece il suo affondo è vero. E forse qualcuno lo sa. Poco dopo gli piombano addosso anche Filippo Ganna e lo stesso Groves.

Ecco dunque prendere corpo una delle tappe più emozionanti dell’anno. E’ come se l’inseguimento su pista, tanto caro a Ganna, sia stato traslato su strada, con un sestetto a scappare e il gruppo ad inseguire. E sì che si era anche in circuito. Poi valli a riprendere Pippo e Remco: il primo e secondo della crono iridata.

Dietro tira chiunque. Eppure non li prendono. O meglio li prendono sull’arrivo, ma restano comunque davanti. L’epilogo lo conosciamo: primo Groves, secondo Ganna. 

Dainese ce lo aveva detto prima del via da Barcellona: «Groves sarà il velocista faro della Vuelta». E così è stato. E’ stato un gatto a seguire Evenepoel, anche perché c’era il rischio che il campione della Soudal-Quick Step gli portasse via la maglia a punti. Remco poteva prendersi sia il traguardo volante che l’arrivo. Era difficile, ma la matematica non lo condannava.

E poi c’è il corridore della Ineos-Grenadier. Ganna ha portato a casa tre secondi posti e una vittoria (a crono). Questo suo attaccare e gettarsi nelle volate è un bel segnale in vista del campionato europeo di domenica prossima.

Mentre Evenepoel quasi, quasi si è dimostrato più simpatico e amabile dopo la debacle del Tourmalet che nel resto della sua giovane carriera. Potente, divertente, coraggioso, imprevedibile. Tutti contenti.

Jumbo-Visma piglia tutto: tre grandi Giri nella stessa stagione, impresa mai riuscita a nessun team
Jumbo-Visma piglia tutto: tre grandi Giri nella stessa stagione, impresa mai riuscita a nessun team

Emozioni

Infine ci sono loro: i Jumbo-Visma. Discussi, sospettati, ammirati… forse anche invidiati. Con loro torniamo alle emozioni di 24 ore prima. All’abbraccio sull’arrivo di Gaudarrama. Vingegaard e Roglic, maglia gialla e maglia rosa, che onorano la maglia rossa, appunto Kuss. Quella maglia che spettava ad uno di loro due ma che simboleggia la vittoria di squadra. Perché Sepp Kuss rappresenta la squadra.

Per tutta la Vuelta hanno controllato. Padroni della situazione. Quasi dittatori, in senso sportivo s’intende, dopo il crollo di Evenepoel. Magari con l’ex iridato ancora in corsa per la generale avremmo scritto di un’altra storia. 

Kuss ha vinto la sesta tappa sull’Observatorio Astrofísico de Javalambre e ha preso la maglia roja due giorni dopo. Non l’ha più mollata. «La perderà a crono», si diceva. «Sul Tourmalet mollerà», si diceva. «Dopo Giro e Tour è troppo stanco per tenere anche nella terza settimana della Vuelta», si diceva.

A quel punto rideva il gran capo dei Jumbo, Richard Plugge, ridevano i diesse e ridevano i tifosi, che invocavano la vittoria del gregario a furor di popolo. Tutti contenti.

Il podio finale: primo Kuss, secondo Vigegaard a 17″, terzo Roglic a 1’08”. Chiaramente hanno vinto anche la classifica a squadre
Il podio finale: primo Kuss, secondo Vigegaard a 17″, terzo Roglic a 1’08”. Chiaramente hanno vinto anche la classifica a squadre

Favola

E per finire c’è la favola. Il gregario che diventa campione. Il gregario che ha contribuito alla vittoria di tutti i grandi Giri nella storia della Jumbo-Visma, che viene contraccambiato dalla squadra.

Durante questo viaggio da Barcellona a Madrid, Kuss si ritrova leader quasi per caso e con un bel vantaggio. Lascia fare i suoi due capitani, tra compleanni della figlia, vittorie per il compagno (Van Hooydonck) che ha subito l’incidente, gli arrivi prestigiosi… Sepp li lascia andare, ma nel finale accelera sempre, per ridurre il gap e salvare quella maglia rossa, ormai diventatagli cara.

Pensate che la moglie, che mai lo aveva visto con una maglia diversa da quella giallonera, non lo aveva riconosciuto a prima vista quando era andata a trovarlo!

«E’ stato incredibile in queste tre settimane – ha detto Kuss – è stato speciale ieri poter festeggiare insieme e di farlo con i miei due compagni, leader, di squadra. Ieri ho sofferto più che sull’Angliru (la tensione di chi non è abituato a lottare in prima persona per certi obiettivi, ndr) ma è stato bello».

«Io non cambio, resto me stesso. Per ora non riesco a realizzare ciò che ho fatto. Credo ci vorrà un po’ di tempo. Intanto stasera faremo una grande festa con i compagni e lo staff. Anche la mia famiglia e i miei amici sono qui».

Tutti contenti.

Con la stampa belga, il ritorno del venerato Van Aert

17.09.2023
5 min
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Il grande ritorno di Wout Van Aert. Al Tour of Britain abbiamo rivisto il miglior Wout: quello che aiuta e gestisce la squadra, che vince e domina per potenza pura. Eppure la sua è stata una stagione strana. E per strana intendiamo costellata più che di alti e bassi, di una latente opacità. E’ mancato l’acuto sostanzialmente.

In questo quadro abbiamo voluto coinvolgere due dei maggiori giornalisti di ciclismo del Belgio, Guy Van Den Langenbergh e Renaat Schotte, per sapere cosa si pensa dell’asso della Jumbo-Visma nella loro Nazione.

Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui
Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui

Wout sempre presente

Partiamo con Van Den Langenbergh di Het Nieuwsblad. E partiamo proprio dall’estate di Van Aert e da quel ritiro al Tour de France. Un ritiro che forse ha colpito più noi che i belgi stessi.

«L’abbandono del Tour – spiega Van Den Langenbergh – è stato un po’ triste, ma anche abbastanza normale direi. La moglie era incinta e loro da tempo volevano il secondo genito. Semmai ha colpito più il fatto che se ne sia andato senza una vittoria. E le occasioni le aveva avute, una su tutte quella di San Sebastian».

Quel giorno la Jumbo-Visma non lavorò benissimo nel finale e nel dopogara c’era una certa tensione. Van Aert tornò in hotel da solo in macchina e non con i compagni sul bus. Forse proprio quel giorno è stato, l’emblema della sua stagione… per ora.

«Non possiamo dire – riprende Van Den Langenbergh – che Wout sia andato piano. E’ sempre stato lì davanti in tutte le gare che ha fatto, dalla primavera all’estate. Gli è mancata la ciliegina sulla torta. Poteva esserci alla Roubaix, ma è stato sfortunato.

«Okay, in Gran Bretagna è andato forte ma non è sufficiente. Da lui ci si aspetta una vittoria di peso, però come ripeto non si può dire che sia andato piano».

«Spesso ha lavorato per la squadra e come sempre è stato determinante. E’ stato così al Tour ma anche alla Gand-Wevelgem per esempio, quando ha lasciato vincere Laporte. Ma in Belgio nessuno lo critica proprio perché comunque è sempre stato presente. E dà sempre tutto».

Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix
Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix

Il Belgio lo ama

Quest’ultima affermazione si lega benissimo con quanto sostiene il collega Renaat Schotte, di Sporza. 

«Io – spiega Shotte – penso che il pubblico lo ami e anche più di Remco Evenepoel perché Van Aert è il campione del popolo. Lui è sempre disponibile, fuori dalle polemiche, mentre Remco ha una personalità più “battagliera”. Forse anche perché uno è più giovane e l’altro più esperto. E anche se come quest’anno non ha vinto, Wout è sempre molto rispettato. Il grande desiderio del popolo belga è che Van Aert vinca il mondiale, non c’è riuscito, non è facile, ma i tifosi sono sempre per lui».

Anche con Schotte si passa poi ad esaminare l’estate di Van Aert. Il corridore di Herentals è uscito dal Tour e dal mondiale soprattutto col “barometro in ribasso”: stanco, appannato e ancora una volta battuto dallo storico rivale Van der Poel a complicare le cose.

«Dopo il Tour – riprende Shotte – e la nascita del figlio indubbiamente Wout ha pagato qualcosa, non è stato facile per lui. Però poi ha staccato e ha ripreso per bene. E si è visto al Tout of Britain: ha svolto un lavoro favoloso per la squadra, ha vinto una tappa e la generale. Si è rimesso in linea per il suo principale obiettivo di questo finale di stagione che è il campionato europeo».

Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)
Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)

Verso il finale

Shotte mette sul piatto l’europeo. Questa gara, che assume sempre maggior importanza, sarà poi seguita dal mondiale gravel. Ecco come i due giornalisti belgi inquadrano i due obiettivi.

«L’europeo non è un mondiale chiaramente – dice Shotte – ma è importante. E’ una corsa giovane (tra i pro’, ndr) e conquistare quella maglia è prestigioso. Se dovesse andare a Van Aert, andrebbe sulle spalle di un corridore molto presente in gruppo, di un corridore in vista e di colpo anche la stessa maglia europea sarebbe più importante che in passato. Sarebbe una maglia che pesa. Tanto per fare un paragone non sarebbe come ai tempi di quando vinceva Sagan (lo sloveno di fatto non la indossò in quanto campione del mondo aveva quella iridata, ndr)».

Anche Van Den Langenbergh sottolinea l’importanza dell’europeo e non solo: «E’ comprensibile che ne voglia fare l’obiettivo principale di questa seconda parte di stagione. Tra l’altro l’europeo si corre in Olanda, Paese della sua squadra di club. Loro ci tengono. Sarà il leader del Belgio insieme a De Lie

«E poi a seguire c’è il mondiale gravel che arriva appunto quando la stagione su strada è ormai finita, quindi non crea alcun problema. A lui questa disciplina piace. Il gravel è una via di mezzo fra la strada e il cross e potrà sfruttare questa sua esperienza del cross appunto. In più anche Cervélo spinge in tal senso per sviluppare e promuovere le sue bici gravel. Di certo andrà per vincere… come sempre».