Il signor Kuss, guardia del corpo della maglia gialla

18.07.2023
7 min
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SAINT GERVAIS LES BAINS – Non capita troppo spesso di avere a disposizione per mezz’ora l’uomo più importante per la maglia gialla. Perciò quando Sepp Kuss viene a sedersi prima di pranzo del secondo giorno di riposo nell’hotel della Jumbo-Visma, l’elenco delle cose da chiedergli è lungo come la strada che da Bilbao ci ha portato all’ombra del Monte Bianco. Lui è tranquillo e bendisposto. Ci rassicura che la botta presa al braccio è a posto e si lascia andare a un’interessante riflessione su coloro che guardano il Tour attraverso lo schermo del telefono e provocano cadute.

«La gente spesso non pensa alle conseguenze dei suoi gesti – dice Kuss – invece in quella caduta di ieri, al posto di Kuss poteva finirci anche uno tra i primi tre e sarebbero stati vanificati mesi di investimenti di grandi squadre. Questo non mi fa arrabbiare, semplicemente non lo capisco. Va oltre l’essere uno spettatore del ciclismo. Nell’età di Instagram e Tiktok, tutti vogliono il selfie. Invece dovresti andare al Tour per goderti l’atmosfera e guardare la gara con i tuoi occhi, non nello schermo del telefono».

Solo una caduta lo ha frenato: la stessa in cui sono finiti fra gi altri Bernal e Girmay e Kuss ne porta i segni sul braccio
Solo una caduta lo ha frenato: la stessa in cui sono finiti fra gi altri Bernal e Girmay e Kuss ne porta i segni sul braccio
Cosa ti pare di questo Tour?

Probabilmente è il Tour con il distacco più basso da parecchio tempo a questa parte. Ci sono state tappe molto diverse con diversi risultati e ora eccoci al secondo giorno di riposo con 10 secondi fra i primi due. La cosa più importante è che Jonas si sente bene, è fiducioso e si fida di noi. E’ davvero bello quando sai che il tuo leader è forte e può motivarti.

Pensavi di arrivare al Tour con un livello così alto dopo aver fatto il Giro?

Dopo il Giro mi sentivo davvero bene, anche meglio di prima quando lo stavo preparando. Quando faccio Tour e Vuelta, vado sempre meglio alla Vuelta, quindi poteva starci che qui in Francia stessi meglio che in Italia. Ma il livello del Tour è così alto, che non puoi confrontarlo con nessun’altra gara.

Come hai passato il tempo tra Giro e Tour?

Sono stato a casa ad Andorra, non c’era bisogno di fare altura o altro. Avevo bisogno di riprendere la mia routine, perché le corse e i ritiri sono pesanti mentalmente. Mi piace l’allenamento preparando una grande corsa, ma a volte è più bello farlo da soli, alle proprie condizioni e nel proprio spazio. Perciò ho fatto dei giorni di riposo, ma comunque pedalando tranquillamente per una settimana. E poi ho iniziato un allenamento più o meno normale.

Dopo il Giro, Kuss è tornato ad Andorra per riprendere la sua routine di lavoro (foto Instagram)
Dopo il Giro, Kuss è tornato ad Andorra per riprendere la sua routine di lavoro (foto Instagram)
E’ vero che andrai alla Vuelta per aiutare nuovamente Roglic?

Se il Tour è duro come lo è stato finora, allora vedremo se mi è rimasto qualcosa per la Vuelta. Ma il piano è di andare fino in fondo. Anche dopo il Giro non ero sicuro se sarei andato al Tour, perché dovevo ancora prendermi qualche settimana per capire se mi sentivo abbastanza bene. Non voglio andare a una grande gara se mi sento meno del 100 per cento. E’ difficile da pianificare.

Pensi mai che potresti essere a tua volta leader in una grande corsa?

E’ difficile da dire, perché sono un corridore migliore quando non penso a cosa devo fare o dovrei fare. In quel caso, il risultato potrebbe essere diverso. E’ davvero difficile da dire. Mi piacerebbe l’opportunità, ma in questa squadra ci sono così tanti buoni corridori che non ci sono tante occasioni. Loro sono fra i migliori al mondo e io non ho problemi ad aiutarli.

Non pensi mai che meriteresti una chanche?

Sì, di sicuro. Penso che il team lo sappia, ma è anche abbastanza chiaro che se sei l’ultimo uomo in montagna, non puoi entrare nelle fughe per una vittoria di tappa. Insomma, mi piacerebbe provare per una sola gara, ma mi piace anche avere la libertà di non dover essere leader. Non è facile gestire la tensione delle situazioni più nervose e non credo che a un leader sarebbe permesso mettersi in coda al gruppo nelle tappe di pianura. Nel mio ruolo invece sono stressato per loro, non per me. Il nervosismo che hai prima di una tappa di montagna lo conosco e lo gestisco, ma è diverso da una tappa con vento trasversale o un arrivo in volata.

Al Giro ha scortato Roglic alla vittoria nella sfida contro Thomas, dimostrando notevole solidità
Al Giro ha scortato Roglic alla vittoria nella sfida contro Thomas, dimostrando notevole solidità
Qual è il tuo contributo a questa squadra?

Penso di portare solo il supporto in montagna, essendo lì nei momenti chiave. A volte ho delle giornate fantastiche, a volte un po’ meno. Ma più sono costante e più loro possono fare affidamento su di me. Ci sono molte situazioni in cui posso fare di più, quando riesco a restare il più a lungo possibile con il leader, accelerando o seguendo determinati attacchi. E questa è una qualità necessaria. Se sei in grado di mettere sotto pressione gli altri in un momento davvero critico, allora questo può fare la differenza. Molto più che andare a ritmo costante davanti al gruppo.

Però è proprio il tuo ritmo che li sta mettendo in difficoltà.

E’ motivante sapere che i corridori più forti non possono seguire il mio ritmo, ma insieme cerco anche di non eccitarmi troppo, perché basta poco per scoppiare. A volte è più facile seguire il proprio ritmo piuttosto che quello di un altro.

Che cosa significa che è motivante?

Sono più un corridore emotivo che un corridore freddo che deve solo andare al suo ritmo. Se mi stacco, allora perdo motivazione. Ma se sono in testa alla gara, allora posso nutrirmi di quelle emozioni.

Con Roglic sul Col du Granon al Tour 2022: c’era anche Kuss nell’imboscata che ha fatto saltare Pogacar
Con Roglic sul Col du Granon al Tour 2022: c’era anche Kuss nell’imboscata che ha fatto saltare Pogacar
Che differenze ci sono fra Roglic e Vingegaard come leader?

Sono entrambi molto calmi e rilassati. Jonas ha chiaro come vuole la tappa o come si sente. A Primoz invece piace vedere tutto nel quadro generale, vedere come sono i rivali e poi decidere come vuole impostare la tappa.

Hai sempre un’espressione imperscrutabile da giocatore di poker, sempre a bocca chiusa…

Normalmente non respiro così forte da aprire la bocca, però sento dolore alle gambe e questo non è divertente. Ci sono diversi livelli di dolore, ma alcuni corridori possono andare così in profondità da risultare irraggiungibili. Io non mi tiro indietro, ma c’è un limite, soprattutto per il mio ruolo. Ha senso andare al 110 per cento se poi domani non ce la faccio più, oppure è meglio andare al 90 per cento? Il dolore peggiore comunque lo sento sulle strade pianeggianti (ride, ndr).

Usiamo parole come combattere e sofferenza. Quando inizi a spingere sulle salite vuoi far soffrire Pogacar? Qual è l’obiettivo?

Voglio pedalare a un ritmo che avvantaggi Jonas e le sue caratteristiche e che impedisca a Pogacar di fare quel che gli riesce meglio. Sono corridori molto diversi e io devo favorire il mio leader. Penso che vincerà in montagna.

La consapevolezza che il proprio ritmo faccia soffrire i rivali gli dà un senso di benessere
La consapevolezza che il proprio ritmo faccia soffrire i rivali gli dà un senso di benessere
Che rapporti hai con Adam Yates? Svolgete lo stesso ruolo, a volte vorresti annientarlo?

In realtà abbiamo un buon rapporto, le nostre mogli stanno guardando le tappe insieme sullo stesso divano e con i nostri cani. Adam ha un cane davvero grande, io ne ho uno molto piccolo. Non ho rivalità con nessuno perché non sto combattendo con nessuno, mentre penso che Jonas e Pogacar difficilmente saranno amici.

Il resto di questo incontro ve lo racconteremo un’altra volta. Nell’epoca di internet, gli articoli troppo lunghi non vengono letti sino in fondo e allora sarà meglio dedicare spazio un’altra volta ai suoi esordi in bici sulle strade del Colorado, al suo vivere in Europa e cosa pensi la gente in America del ciclismo. Ci torneremo su, mezz’ora di intervista non si possono comprimere in questi pochi minuti…