Il “piccolo” Vacek mette Ayuso nel mirino

22.12.2022
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Lo stesso hotel dello scorso anno. A Mathias Vacek è sembrato il modo per chiudere il cerchio che l’assurda vicenda Gazprom aveva lasciato aperto. Quando viene a sedersi al tavolo nel gigantesco Hotel Diamante di Calpe, il corridore ventenne della Repubblica Ceca ha l’espressione rasserenata di chi ha ritrovato la strada. Il contratto con la Trek-Segafredo esisteva già da prima e l’annata nel team russo sarebbe servita per fare esperienza. Invece si è trasformata in una lunga attesa, infiammata da qualche lampo, come i secondi posti al campionato europeo e al mondiale U23.

Quel giorno a Wollongong, Vacek aveva lo sguardo di fuoco. Tanto che guardandolo, ricordammo quanto ci puntasse e pensammo che si fosse preparato una bella dedica per l’UCI e avrebbe ambito alla maglia iridata per poterla intonare.

Secondo a Wollongong, dopo il piazzamento agli europei: il 2022 di Vacek, senza squadra, è stato comunque di alto livello
Secondo a Wollongong, dopo il piazzamento agli europei: il 2022 di Vacek, senza squadra, è stato comunque di alto livello
Che cosa hai pensato quando sei arrivato in hotel?

Ormai lo conosco bene e anche le strade. Non è una cosa nuova per me, la differenza è che non stiamo mangiando nel buffet dell’hotel come l’anno scorso, ma abbiamo il nostro cuoco

Magie del WorldTour! Quanto è stato lungo quest’anno?

La prima parte lunghissima perché non avevo gare. Dopo i risultati che avevo fatto (Vacek aveva vinto una tappa al UAE Tour, ndr), era brutto non poter correre più. Per fortuna ho iniziato a fare le corse con la nazionale, ho fatto qualche risultato e alla fine sono contento. Quello che potevo fare, l’ho fatto.

Potevi battere Fedorov al mondiale?

Difficile. Lui arrivava dalla Vuelta e aveva più ritmo nelle gambe. Io invece avevo fatto il Tour de l’Avenir, che però era finito quasi un mese prima. Negli ultimi chilometri mi è mancata un po’ di forza: ho fatto il massimo, ma è andata così. Ho corso con tanto fair play, vedevo che era più forte, ma ho sempre fatto la mia parte. Se facevo il furbo, magari ci prendeva il gruppo e non avrei fatto neppure secondo.

Sesto alla Veneto Classic e 22° alla Serenissima Gravel, qui con Simone Velasco
Sesto alla Veneto Classic e 22° alla Serenissima Gravel, qui con Simone Velasco
Quale sarà il tuo cammino in questa squadra, cosa ti aspetti dal primo anno?

Inizio a correre abbastanza presto. Voglio far vedere che ho già la mentalità del leader e loro mi daranno l’opportunità di provarci in qualche gara minore. Vediamo come va, mi sento bene: adesso dobbiamo solo lavorare e vedremo fin dove si potrà arrivare.

Quali sono le corse più adatte?

Le corse a tappe di una settimana, poi magari qualche gara in Belgio. Con il mio allenatore Markel Irizar stiamo lavorando tanto per arrivare a fare un grande step. Un gradino credo di averlo salito fra il 2021 e il 2022. Adesso vogliamo andare ancora più su, ma continuando una progressione graduale.

E’ più un fatto di quantità o di qualità? 

Nelle ultime tre settimane di quantità, adesso invece iniziamo a lavorare sulla qualità, perché tra un mese inizio con le corse. Comincio dall’Argentina alla Vuelta San Juan (22-29 gennaio, ndr), manca poco.

Ai primi di novembre a Praga organizzato un evento per raccontare la sua stagione (foto Sportegy.cz)
Ai primi di novembre a Praga organizzato un evento per raccontare la sua stagione (foto Sportegy.cz)
Quanta voglia hai di farti vedere?

Tanta voglia soprattutto di lavorare bene. Vedo i miei avversari di sempre come Ayuso, che hanno la stessa età e stanno già andando forte. Devo lavorare tanto e duro se voglio arrivare al loro livello. C’è ancora tanto da migliorare: lo so io e lo sa la squadra. Ci sono vari aspetti come la nutrizione. Cose che non avevo prima alla Gazprom. Qui è tutto molto più professionale, c’è tanta gente sa fare il suo lavoro. Però penso che la Gazprom fosse una buona esperienza prima di salire nel WorldTour. Sarebbe stato un salto troppo grande arrivarci dagli juniores. Quindi sono contento del cammino che avevamo impostato.

Dovrai conquistarti lo spazio che ti daranno?

Non voglio dimostrare niente in allenamento. Non mi piace mettermi in mostra. Io faccio il lavoro quando c’è da farlo, quindi alle gare. Ho già provato a essere leader nella Veneto Classic, dove ho fatto un risultato abbastanza buono (sesto, ndr). Vediamo come andrà il prossimo anno, però con i compagni mi trovo molto bene e sicuramente faremo qualcosa di buono.

All’inizio del 2022, la vittoria di Vacek al UAE Tour, poco prima che l’UCI fermasse la Gazprom
All’inizio del 2022, la vittoria di Vacek al UAE Tour, poco prima che l’UCI fermasse la Gazprom
Qual è il bello di essere un corridore?

E’ un lavoro ogni giorno diverso. Ti alleni, hai la sensazione di essere libero, mentre alla stessa ora qualcuno è seduto alla sua scrivania e non vede il sole. E’ anche un divertimento, soprattutto quando sei in gruppo con i compagni. Per me è passione e la corsa è anche divertimento.

Qual è il lavoro che ti piace di più?

Mi piace tutto. Se c’è da tirare per il compagno che sappiamo può vincere, vado a tirare anche due ore a tutta e poi sono felice che uno di noi ha fatto risultato. Se una volta invece sono io il leader, allora sono concentrato al 100 per cento. Magari ci sono giornate di allenamento più pesanti, ma spesso le divido con mio fratello Karel, che correrà con la Corratec.

Si canta e si festeggia il fine stagione al party A&J Allsports, con Pogacar e lo stesso Vacek
Si canta e si festeggia il fine stagione al party A&J Allsports, con Pogacar e lo stesso Vacek
Com’è fatta la vittoria perfetta?

Dipende. Mi piace vincere in volata, però quando ho la gamba è molto bello anche andare via da solo. Quando si vince è bello sempre. E io voglio confrontarmi con tutti quei ragazzi con cui duellavo negli juniores. Penso che ho già battuto questa gente, quindi c’è la possibilità e la fiducia di batterli ancora.

Ayuso, il coraggio di dare forma ai sogni

16.12.2022
5 min
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Ecco come è fatto uno che a 19 anni arriva terzo alla Vuelta. Ayuso siede davanti con la sicurezza scritta in faccia. Badate bene, non stiamo parlando di presupponenza, ma di calma e consapevolezza. Dovunque questa strada lo porterà, lui è certo di avere le scarpe giuste per fare i suoi passi. E per quello che abbiamo visto seguendolo negli ultimi due anni, potrebbe avere ragione.

«Il talento bisogna dimostrarlo – dice – adesso si fanno confronti fra me e Tadej (Pogacar, ndr) per il fatto che anche lui al primo anno è stato terzo alla Vuelta. Ma io non ci penso. Posso però dire, alla vigilia di un’altra stagione, che il prossimo step logico sarebbe migliorare quel risultato. Non significa che vincerò la Vuelta, ma certo lavorerò per farla al massimo».

Juan Ayuso ha conquistato il podio della Vuelta a 19 anni, dietro Evenepoel e Mas
Juan Ayuso ha conquistato il podio della Vuelta a 19 anni, dietro Evenepoel e Mas

Speranza spagnola

Un pomeriggio che volge al tramonto sulle alture alle spalle di Benidorm, i grattacieli che bucano la foschia sembrano il regno non necessariamente da fiaba di un romanzo di Tolkien. Ayuso desta curiosità. Nel ciclismo spagnolo che ha appena salutato Valverde dopo aver dovuto rinunciare a Contador, Purito Rodriguez, Sastre, Freire e Samuel Sanchez, la sua stella sta già infiammando i tifosi.

«La Vuelta – dice – mi ha mostrato al pubblico spagnolo, ma nessuno obiettivamente se lo aspettava. In quei giorni ho avuto parecchi alti e bassi, a causa del Covid. Ero strano, ma i test all’inizio erano negativi. Due giorni dopo la crono, in una tappa dura, è venuto fuori il tampone positivo. Per la squadra andare avanti ugualmente è stato un bello stress, poi però sono risalito fino alla mia condizione e ho scalato la classifica».

Juan Ayuso è passato pro’ nell’estate del 2021 e ha compiuto 20 anni una settimana dopo l’ultima Vuelta
Juan Ayuso è passato pro’ nell’estate del 2021 e ha compiuto 20 anni una settimana dopo l’ultima Vuelta

Efficienza americana

Parla un ottimo inglese, ricordo della scuola americana che ha frequentato e del tempo trascorso ad Atlanta, quando suo padre fu trasferito negli USA per lavoro.

«Ma di quel periodo – dice sorridendo – ho pochi ricordi. Solo dei flash. La casa. Il giardino. Il cane che mi rincorre. Mia sorella ha quattro anni più di me e ricorda meglio. Però dell’America ho tenuto la mentalità. Mi piacciono le cose che funzionano e per essere un atleta tutto deve filare alla perfezione».

Dove vuoi arrivare?

Sono un corridore molto ambizioso e come tale sogno di vincere il Tour. Lo vedevo a 17 anni quando vinceva Contador. Adesso sono troppo giovane per pensarci, ma credo che a 24-25 anni avrò capito come funziona la corsa e forse potrò pensare di vincerlo. Devo essere realista, so qual è il mio posto. Tadej è il migliore, io alle sue spalle devo e posso migliorare.

Nonostante a metà Vuelta abbia avuto il Covid, il livello di Ayuso è stato altissimo
Nonostante a metà Vuelta abbia avuto il Covid, il livello di Ayuso è stato altissimo
Non credi di caricarti di troppa pressione?

Più che pressione parlerei di motivazione. E’ chiaro che non potrò vincere tutte le corse cui andrò, ma siamo in una fase di ricambio. La new generation arriva, il pubblico vuole vederci vincere. Mi piaceva sentire la gente che chiamava il mio nome, che mi scriveva su Instagram, i vicini di casa che mi riconoscevano. Voglio partire bene. Fare un bello start alla Valenciana, poi Catalunya e Baschi da protagonista.

Dove credi di dover migliorare?

Le crono piatte sono un esercizio per specialisti, ma alla Vuelta mi sono piaciuto. Devo migliorare nelle tappe con grandi pendenze, ma ad esempio a Les Praeres sono andato bene. Mi sto allenando per migliorare su certe rampe. Le salite della leggenda invece mi gasano. Sentir parlare dell’Angliru mi fa drizzare i peli. Quando Contador vinse lassù la sua ultima corsa, fu incredibile.

Si temeva che calassi nella terza settimana della Vuelta.

Un po’ lo pensavo anche io, ma avevo un po’ di speranza perché sulla carta non c’erano tappe durissime. Però ogni giorno guardavo i watt che facevo e mi rendevo conto che erano tutti al massimo. Tutti i giorni full gas. Il mio primo grande Giro. La terza settimana forse non era dura, ma è stata un inferno.

I corridori UAE Emirates prendono confidenza con nuovi gruppi e misuratori di potenza. Qui Ayuso con Trentin
I corridori UAE Emirates prendono confidenza con nuovi gruppi e misuratori di potenza. Qui Ayuso con Trentin
Hai parlato di Contador…

Ho un buon rapporto con lui. Abbiamo parlato 3-4 volte. Mi ha dato tanti consigli, ogni volta che posso cerco di parlare con questi grandi campioni. La prima volta che gli ho telefonato, ero nervoso. Lo stesso quando parlai con Purito Rodriguez. Con lui mi preparai prima le cose da dire…

Dagli juniores sei andato per sei mesi alla Colpack, hai vinto il Giro d’Italia U23 e poi sei passato pro’.

E’ stato il passo più azzeccato. Potevo essere anche il miglior junior al mondo, ma non sarei stato in grado di passare subito. Andare alla Colpack mi ha dato fiducia ed esperienza che non avrei trovato nei primi sei mesi di WorldTour. Correre fra gli U23 ti prepara al top, ti insegna diversi modi per vincere, come funziona il grande gruppo. Ogni volta che leggo di uno junior che passa professionista, penso che avrebbe fatto meglio a fare un passaggio fra gli under 23.

Che cosa c’è da imparare per vincere?

Oggi abbiamo tutte le informazioni possibili. Potenza, dati fisici. Sappiamo quanto consumiamo e cosa dobbiamo integrare. In corsa però serve esperienza e quella si costruisce correndo. Il preparatore, il dottore, il nutrizionista, tutto giusto e necessario… Ma non ci sono loro sulla bicicletta.

Almeida, un altro Giro nel mirino, ancora con Baldato

12.11.2022
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Di questi tempi circa un anno fa con Fabio Baldato, diesse della UAE Emirates, parlammo di Joao Almeida al Giro d’Italia. In quel momento l’atleta portoghese era appena arrivato nella squadra asiatica. E i due si conoscevano poco.

Joao voleva fare bene al Giro e la squadra gli aveva dato subito le chiavi da capitano. Impegni rispettati alla lettera, almeno sin quando il Covid non ci ha messo lo zampino. Adesso Almeida vuol tornare al Giro, stando alle sue dichiarazioni. Sarà ancora protagonista? Ce lo dice Baldato stesso.

Fabio Baldato (classe 1968) è direttore sportivo della UAE Emirates dal 2021
Fabio Baldato (classe 1968) è direttore sportivo della UAE Emirates dal 2021
Fabio, è passato un anno ed eccoci ancora qua: Almeida al Giro…

Sembra essere così. Non è ancora ufficiale, sia chiaro. Matxin e Gianetti stanno stilando il programma. So però per voce sua che lui ha piacere di fare il Giro. Ci sono da stabilire i programmi per tutti i corridori, dove schierarli. A dicembre quando ci ritroveremo in ritiro tutto sarà più definito.

Partiamo dall’ultima corsa rosa di Joao. Okay il Covid, ma come giudichi il suo Giro fino a quel momento?

Il Giro era stato volutamente corso in modo attendistico, proprio sapendo della difficoltà degli ultimi 4-5 giorni. Poi però è stato male. Ed è stato male proprio nella tappa dalla quale pensavamo d’iniziare ad attaccare. E rimontare in classifica.

Giro 2022. A Lavarone doveva iniziare la rimonta e invece Joao ha pagato dazio. Due giorni dopo ha lasciato il Giro causa Covid
Giro 2022. A Lavarone doveva iniziare la rimonta e invece Joao ha pagato dazio. Due giorni dopo ha lasciato il Giro causa Covid
Ti riferisci alla frazione di Lavarone?

Sì, a quella. Tappa che io conoscevo molto bene soprattutto nel finale. Quella salita, il Menador, la facevo anche in allenamento. E invece lo abbiamo capito dopo la tappa che qualcosa non andava. Anzi, ai piedi della salita. Quel giorno sin lì Joao non aveva detto nulla, ma prima della scalata per radio aveva chiesto tutto il supporto possibile dai compagni e dall’ammiraglia. Non si sentiva al meglio. E infatti c’era Covi che nella salita precedente era davanti e lo abbiamo fatto restare con lui. Poi sappiamo come è andata.

Che uno o due giorni dopo è arrivato il Covid e addio Giro…

Sin lì la squadra e Almeida avevano corso benissimo. Avevamo cercato il successo di tappa con Covi, Formolo, Rui Costa… ma sempre con un occhio rivolto ad Almeida. C’era sempre qualcuno che prima di muoversi aspettava gli ordini: che fosse davanti o fosse dietro. Penso per esempio a Diego Ulissi, che è stato eccezionale. Credo sia stato il Giro in cui è andato più forte. Magari non si è visto, ma ha fatto un ottimo lavoro. In salita restava con 15 corridori. Anche meno.

Hai detto che nei vostri piani Lavarone avrebbe dovuto segnare l’inizio della rimonta. Adesso non sappiamo quanto avevate in mente di guadagnare, ma c’era ancora la Marmolada a rischio per Almeida, e la crono di Verona era un po’ corta per rimontare tutto il gap forse…

Non per essere presuntuosi, ma secondo i nostri dati l’aspettativa era quella di attaccare anche in salita. Almeida lo abbiamo visto al Catalunya, per esempio, vincere in salita e staccare gente importante di ruota. Quando sta bene non si difende e basta in salita. In un grande Giro nella terza settimana contano anche le energie rimaste e un corridore che sin lì ha corso in difesa si poteva trasformare in un corridore che andava all’attacco. Magari poi la nostra tattica era sbagliata. Perché poi come avete detto voi la crono era breve per cambiare le sorti del Giro.

Non solo al Catalunya, Almeida ha vinto in salita anche alla Vuelta Burgos staccando scalatori del calibro di Lopez
Non solo al Catalunya, Almeida ha vinto in salita anche alla Vuelta Burgos staccando scalatori del calibro di Lopez
Cosa manca ad oggi a questo ragazzo? In cosa può migliorare ancora?

Ricordiamoci che ha solo 24 anni. Il problema è che oggi abbiamo fatto l’abitudine a vedere vincere i corridori di 22-23 anni i grandi Giri e le corse importanti. Magari a Joao manca un po’ di cattiveria. Quella non guasta mai: dal velocista all’uomo da grandi Giri.

Dalla sua ha il tempo…

Pian piano le sue esperienze le ha fatte. Dagli anni in Quick Step, specialmente quando fu in maglia rosa, all’essere leader con noi. Le capacità di gestire un gruppo, di essere un corridore che dá fiducia ai compagni. E questo sarà un ulteriore mattoncino nella sua crescita nell’ottica dei grandi Giri.

Fabio hai toccato un tasto interessante, la leadership… Alla Vuelta è partito come leader però si è fatto largo Ayuso… Questo lo ridimensiona? Gli mette qualche tarlo nella testa?

Non saprei. Tra l’altro alla Vuelta in questione neanche c’ero. Da quel che so c’era un bellissimo clima in squadra. Si sono aiutati moltissimo, ma il giorno che hanno messo in difficoltà Carlos Rodriguez c’è stata un’alleanza tra Almeida e Ayuso. Non vedo questa rivalità.

All’ultima Vuelta, Ayuso (maglia bianca) ha sfilato a Joao (alla sua ruota) i gradi di capitano
All’ultima Vuelta, Ayuso (maglia bianca) ha sfilato a Joao (alla sua ruota) i gradi di capitano
Più che rivalità noi facevamo un discorso sul credere nei propri mezzi…

Per me no, non mina le sue certezze il fatto che Ayuso sia andato più forte. Joao quando capisce che non è al top è il primo a dirlo e a mettersi a disposizione. E il bello è proprio avere un corridore così. Al Giro di Lombardia per esempio dovevo dire chi lavorasse prima e chi dopo per portare Pogacar nelle migliori condizioni possibili nel finale. E lui mi ha detto: “Fabio, sono qui per aiutare e quello che devo fare faccio”. Pur venendo da una top dieci alla Vuelta… No, non credo al tarlo, credo anzi che questo gli dia più stimoli. E tra i capitani è uno dei più facili da gestire. Ha carattere. Non è uno che si sottomette, ma ha l’orgoglio dei campioni con la “C” maiuscola.

Conoscendolo, con 70 e passa chilometri di crono al Giro, per te è gasato, si sta già facendo i suoi conti…

Magari sì, ma consideriamo le due crono, la terza (quella del Lussari, ndr) è particolare. Diciamo che ha almeno 50 chilometri contro il tempo in cui può avere un vantaggio. E, spero, anche per fare la differenza… se sarà al Giro. Ma non dimentichiamo le altre tappe dure. Il Giro è forse ancora l’unica corsa che propone oltre 5.000 metri di dislivello in una frazione. La tappa del Bondone ne prevede 5.300. E anche quella delle Tre Cime, non è da meno. Già queste due tappe possono compensare le crono.

Lo stile Colnago ora è di casa a Abu Dhabi

28.10.2022
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Colnago si conferma uno dei brand italiani più riconosciuti e apprezzati al mondo, sinonimo da sempre del Made in Italy più autentico. Una nuova pagina della sua ricchissima storia è stata scritta nei giorni scorsi negli Emirati Arabi Uniti grazie all’inaugurazione del Colnago Abu Dhabi, il primo flagship store di casa Colnago.

Non stiamo parlando di un negozio tradizionale, ma di qualcosa di diverso e unico. Un luogo che unisce la storia del marchio all’innovazione presente nei modelli attuali, capaci di trionfare nelle corse più importanti del calendario ciclistico mondiale. Tutto ciò ora è presente in un ambiente che unisce eleganza e modernità.

Il nuovo store si trova all’interno dell’isola di Hudayriyat, caratterizzata da ben 40 chilometri di piste ciclabili illuminate. La scelta della location non è stata quindi casuale. Il nuovo flagship store mira infatti a diventare un punto di riferimento per tutti gli appassionati di ciclismo che abitano ad Abu Dhabi e non solo.

Alla inaugurazione erano presenti anche Tadej Pogacar e Safiya Al Sayegh
Alla inaugurazione erano presenti anche Tadej Pogacar e Safiya Al Sayegh

I campioni Colnago

L’inaugurazione del Colnago Abu Dhabi è avvenuta lo scorso 21 ottobre alla presenza dei campioni del brand lombardo. Stiamo parlando naturalmente degli atleti dell’UAE Team Emirates e dell’UAE Team ADQ. Le due formazioni si sono ritrovate a Abu Dhabi per una sorta di “rompete le righe” di fine stagione e hanno approfittato dell’occasione per vedere il nuovo flagship store. Non poteva mancare Tadej Pogacar, il due volte vincitore del Tour de France e dell’ultimo Il Lombardia. Con lui Juan Ayuso, reduce dal terzo posto alla Vuelta, Matteo Trentin e Joao Almeida. Per la UAE Team ADQ era presente Yousif Mirza, insieme a Sofia Bertizzolo, Laura Tomasi, Eugenia Bujak e Safiya Al Sayegh.

A destra di Mauro Gianetti c’è Nicola Rosin, Amministratore Delegato del brand
A destra di Mauro Gianetti c’è Nicola Rosin, Amministratore Delegato del brand

Non solo bici

Il nuovo Colnago Abu Dhabi si sviluppa su due piani che ospitano, accanto ai nuovi modelli, un’esposizione di alcune biciclette che hanno fatto la storia del brand di Cambiago. Per permettere al cliente di vivere una esperienza autentica, sono state previste installazioni tecnologiche avanzate, tra cui uno schermo scorrevole che ricostruisce la storia dei modelli storici del brand lombardo. E’ stato inoltre previsto un configuratore tridimensionale su schermo di 4,8 x 2,7 metri per progettare la propria bici e un sistema di montaggio bici all’avanguardia.

Colnago è anche cultura e per questo motivo all’interno del nuovo flagship store di Abu Dhabi è presente una serie unica di opere d’arte contemporanea, interamente progettata dall’architetto d’interni spagnolo Pablo Paniagua e dal suo team.

Il nuovo Colnago Abu Dhabi vuole soprattutto essere un luogo di incontro dove passare del tempo scegliendo la propria bici oppure anche scambiare due chiacchere parlando di ciclismo, magari bevendo un buon caffè italiano. Ecco allora il primo Colnago Caffè al mondo, una caffetteria dove i visitatori possono degustare piatti della cucina italiana e seguire le gare più importanti su un maxischermo dedicato.

Questo l’interno dello store nato ad Abu Dhabi
Questo l’interno dello store nato ad Abu Dhabi

L’essenza di Colnago

All’inaugurazione del Colnago Abu Dhabi era presente Nicola Rosin, Amministratore Delegato di Colnago, oltre ai soci dell’azienda. E’ stato lo stesso Rosin a sottolineare con un suo intervento quanto il nuovo flagship store rappresenti nel migliore dei modi l’essenza del marchio Colnago.

«Colnago è più di un marchio di biciclette, questo negozio è stato pianificato e progettato per mostrare il nostro ricco patrimonio di cui siamo orgogliosi. Ci auguriamo che avere questo spazio fisico in una città in rapida crescita aiuterà a soddisfare le esigenze degli appassionati di ciclismo ad Abu Dhabi, consentendo loro di sperimentare in prima persona i prodotti che ci hanno reso famosi nel mondo del ciclismo».

Colnago

«Ayuso ha voglia di vincere». Valoti stupito a metà

12.09.2022
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Sul podio di un grande Giro a 19 anni e 336 giorni. Juan Ayuso era il corridore più giovane della Vuelta. Il campioncino della  UAE Emirates ha stupito tutti. O forse no. Forse questo risultato era già scritto nella pietra. Di certo lo era nelle sue gambe. 

Matxin, il tecnico del team asiatico, aveva detto che non si poteva fermare il talento. Gianluca Valoti che lo aveva avuto lo scorso anno alla Colpack Ballan conferma l’immensa voglia di vincere dello spagnolo. E allora ci si chiede ,questo eccellente risultato è davvero una sorpresa?

Ayuso a colloquio con Valoti lo scorso anno prima del via di una tappa alla Coppi e Bartali
Ayuso a colloquio con Valoti lo scorso anno prima del via di una tappa alla Coppi e Bartali

Sorpresa o no?

«Se mi aspettavo un suo podio – si chiede Valoti – direi di no, almeno non in partenza, non dopo la prima settimana. A quel punto ho creduto potesse arrivare tra i primi dieci invece questo ragazzo mi sorprende sempre di più. 

«Anche Remco (Evenepoel, ndr) era una scommessa e dopo il ritiro di Roglic si è aperto un posto sul podio, ma non credevo che Juan arrivasse a fare tanto. Specie militando in un team così forte. Con gente come Soler e Almeida, immaginavo dovesse aiutarli».

La squadra è un nodo cardine in questa storia. Prima della Vuelta lo stesso Matxin ci aveva detto che assolutamente Auyso non avrebbe corso grandi Giri in questa stagione. Poi c’è stato il contrordine e la convocazione per la gara spagnola. Il tecnico ci aveva parlato di ottimi dati, di un recupero eccellente dopo le gare di agosto da parte di Juan.

«Io credo – va avanti Valoti – che dietro questa sua presenza alla Vuelta ci sia una grande voglia del ragazzo stesso. La volontà di Ayuso ha dato una spinta decisiva. Juan è uno che punta in alto. Sempre.

«Ricordo anche quando era con noi che subito dopo il Giro U23 voleva passare con i pro’, che pensava alla Clasica di san Sebastian. E anche quella fu una decisione sua».

Il giovane catalano è è presto divenuto leader della UAE Emirates gestendo bene anche la pressione
Il giovane catalano è è presto divenuto leader della UAE Emirates gestendo bene anche la pressione

«Voglio la Vuelta»

Di certo Auyso lo scorso anno avrebbe potuto continuare a correre e a vincere molto con la Colpack. Ma per lui quello era un capitolo già passato. Messa in archivio la maglia rosa, sotto col prossimo obiettivo. 

«Con questo non voglio dire che la UAE lo abbia lasciato decidere da solo, avranno avuto di certo i loro dati e magari gli avranno detto di fare intanto dieci giorni e poi vedere come sarebbero andate le cose… questo non lo so, non vivo all’interno del team, ma sono certo che la sua influenza abbia inciso. Poi invece si sono ritrovati con lui capitano. E ci hanno anche dovuto puntare altrimenti sarebbe stato un fallimento».

Sul fatto di fare dieci giorni e alzare bandiera bianca però Matxin era stato chiaro: «Nonostante sia giovane, Auyso è un campione e i campioni non si ritirano. Se Juan parte è per finirla», ci aveva detto il basco. Su questo è stato chiaro.

Per Valoti uno dei punti di forza di Ayuso è la sua determinazione, unita ad una professionalità estrema
Per Valoti uno dei punti di forza di Ayuso è la sua determinazione, unita ad una professionalità estrema

Determinazione Juan

E da qui emerge un altro aspetto: quello della determinazione. Un aspetto che Valoti sottolinea.

Gianluca ricorda la prima volta che lo vide dal vivo, al suo arrivo in Italia. Dopo i primi appuntamenti online lo andò a prendere all’aeroporto in un piovoso e freddo pomeriggio di gennaio. La prima cosa che Juan gli chiese fu quella di uscire in bici, nonostante la pioggia. E così fece.

«L’indomani – racconta il direttore sportivo lombardo – avremmo viaggiato verso il ritiro e non si sarebbe allenato. Non poteva stare fermo due giorni. E così una volta scaricato dalla macchina salì in bici.

«Oppure al Giro U23 voleva mangiare il più presto possibile, per andare a dormire presto e recuperare più degli altri. Per lui tutto ciò non sono sacrifici. Ama la vita da atleta. In quei mesi che è stato con noi, per certi aspetti è stato facilissimo gestirlo. Non dovevi dirgli nulla. A parte quale piccolo dettaglio sull’alimentazione, ma parliamo della ripartizione dei cibi come le quantità della pasta per esempio, sapeva già tutto».

«Io credo che la testa e la determinazione siano i suoi punti forti. Okay, conosciamo tutti le sue doti fisiche, specialmente rispetto ai suoi coetanei. Ma Juan ha il pallino della vittoria. Lui vuole vincere. Anche se si tratta di giocare con le biglie in spiaggia».

«E questo forse è anche un suo piccolo limite. Questa brama lo porta a volte a sbagliare, a commettere degli errori». E anche questo è vero. Ricordiamo quanto accaduto a Laigueglia ad inizio stagione. Voleva a tutti i costi la prima vittoria da pro’ che fu lui a chiudere su Covi in cima a Capo Mele, mettendo tra l’altro a rischio la vittoria di squadra (tre su quattro della fuga erano della UAE).

Grinta, concentrazione e sguardo “famelico” per Ayuso, qui a ruota di Evenepoel e Mas
Grinta, concentrazione e sguardo “famelico” per Ayuso, qui a ruota di Evenepoel e Mas

Analisi Vuelta

Sei volte nei primi dieci. Diciassettesimo in una crono lunga e per specialisti. Una grande costanza di rendimento e addirittura un attacco ancora nella ventesima tappa. Segno che il fisico e la testa erano ancora sul pezzo. Fausto Coppi vinse il Giro d’Italia a 20 anni, ed è tuttora il più giovane vincitore di un grande Giro. E neanche il compagno Tadej Pogacar fu in grado di fare tanto a 19 anni. Tadej infatti salì sul podio della Vuelta alla “veneranda” età di 21 anni (da compiere di lì a pochi giorni). 

Gli scenari sono ampi. Tutto ciò è sbalorditivo.

«Juan vuole vincere – ripete Valoti – ha ambizioni enormi. Lui parte sempre per vincere. Ogni tanto lo sentivo e mi diceva di quanto cercasse la vittoria. La prima l’ha ottenuta una ventina di giorni prima della Vuelta.

«Errori? Bah, difficile trovarli, magari ha fatto qualche scattino di troppo nella prima settimana, però è anche vero che non sapeva sin dove  sarebbe arrivato e che ruolo avrebbe avuto nella squadra. Ha messo fieno in cascina, diciamo così. Cercava subito un risultato».

Il Covid di Ayuso e quell’analisi velocissima prima del via

07.09.2022
4 min
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Prima Majka al Tour, ora Ayuso alla Vuelta. Due casi di positività al Covid per le quali l’atleta è rimasto in corsa, grazie alla bassa carica virale. Sicuramente un passo avanti rispetto all’intransigenza dei primi tempi, quando per il virus di uno si mandava a casa la squadra. La conseguenza, probabilmente, di una migliore conoscenza del problema e di strumenti che hanno permesso di arrivarci. Del resto i medici, i manager e tutti quelli che a vario titolo hanno voce in capitolo nel grande circo del ciclismo hanno iniziato da tempo a dire che con il Covid bisogna rapportarsi come con l’influenza.

Bennett e Majka: il primo ha dovuto ritrarsi dal Tour per Covid, il secondo ha corso ugualmente: differenze di carica virale
Bennett e Majka: il primo ha lasciato il Tour per Covid, il secondo ha corso ugualmente: differenze di carica virale

Il quinto tampone

Ayuso ha iniziato ad avere qualche avvisaglia dopo la cronometro di Alicante, affermando di aver avuto sintomi compatibili con il Covid la notte prima. I tamponi sono scattati in automatico: ne ha fatti tre e tutti negativi. Il mattino successivo altro controllo prima del via da ElPozo Alimentación: ancora negativo. Il giorno dopo è arrivato infine il test positivo: al quinto tampone, come raccontato allo spagnolo AS da Adriano Rotunno, medico del UAE Team Emirates, che avevamo contattato ai tempi della Parigi-Nizza per la commozione cerebrale di Trentin.

«Secondo i nostri protocolli interni – ha spiegato – Juan Ayuso si è sottoposto di mattina al test del coronavirus ed è risultato positivo. E’ asintomatico e dopo aver analizzato il suo test PCR abbiamo scoperto che ha un basso rischio di infezione, simile ai casi che abbiamo visto quest’anno al Tour. Abbiamo deciso di continuare la gara dopo aver consultato i rappresentanti medici della Vuelta e dell’UCI. Continueremo a monitorare il quadro clinico di Juan e seguire da vicino la sua situazione».

Ayuso ha raccontato di aver avuto i primi segni di malessere alla vigilia della crono di Alicante
Ayuso ha avuto i primi segni di malessere alla vigilia della crono di Alicante

La macchina PCR

Il dettaglio non è sfuggito. In passato, sottoposto a un tampone molecolare, il corridore sarebbe stato comunque fermato, in attesa che di conoscere la carica virale del suo campione. Sarebbe servito del tempo e difficilmente Ayuso, testato di mattina, sarebbe partito per la tappa di lì a un paio d’ore. L’accelerazione, esemplare per quanto riguarda la gestione delle risorse, è dipesa dalla scelta della squadra di Gianetti di dotarsi di uno strumento preposto all’uso.

«La situazione è complicata – ha confermato il team manager Matxin, riferimento per Ayuso – per cui testiamo tutti ogni due giorni, in aggiunta ai test effettuati dall’organizzazione. Abbiamo una macchina PCR dove possiamo controllare tutto, per avere sotto occhi prima di tutto la salute del corridore, quella del gruppo e poi il rispetto del regolamento di corsa. Nel caso di Ayuso, la luce era verde. Significava bassa carica virale».

Le prove successive di Ayuso hanno dimostrato che le sue capacità atletiche sono rimaste invariate
Le prove successive di Ayuso hanno dimostrato che le sue capacità atletiche sono rimaste invariate

Doppio verde

Assodato questo, il medico del team ha parlato con Xavier Vidart dell’UCI, gli ha spiegato i numeri e gli ha inviato tutti i dati. Una volta ottenuto il via libera, lo stesso Matxin si è messo in contatto con Javier Guillen, organizzatore della Vuelta, che ha dato a sua volta il benestare.

«Quando abbiamo avuto numeri rossi come nei casi di Laengen, Bennett, Trentin o Almeida al Giro – ha spiegato ancora Matxin – che mostravano rischio di contagio, non c’è stato da discutere. Avevamo già predisposto che Juan tornasse a casa, ma una volta scoperto che non sarebbe stato contagioso, abbiamo deciso di farlo continuare».

Ayuso ripartirà stamattina per una delle tappe più importanti della Vuelta al quarto posto della classifica generale, a 4’49” da Evenepoel. Le sue prestazioni in apparenza non hanno risentito del virus: per essere alla prima partecipazione in un grande Giro, il giovane spagnolo se la sta cavando davvero bene.

Evenepoel, Ayuso e l’ansia: parole rilette con la psicologa

31.08.2022
5 min
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Chiedete a Ilario Biondi, amico fotografo, lo sguardo che ci scambiammo in una trattoria vicino Cesenatico quando Marco Pantani, 22 anni all’epoca, dichiarò che l’anno dopo ci avrebbe pensato lui a staccare l’imbattibile Indurain. In effetti lo fece. Dovette aspettare il 1994 perché la tendinite lo costrinse a ritirarsi dal primo Giro, ma l’anno dopo mantenne il proposito. Venendo da questa premessa, potrete immaginare lo stupore davanti alle parole di Remco Evenepoel e Juan Ayuso di due giorni fa durante il giorno di riposo della Vuelta.

«Cerco di non guardare gli altri come rivali – ha detto il belga – per evitare che diventino una trappola per la mente. Vado avanti giorno per giorno. Se avrò buone gambe, potrò provare a incidere, ma sono abbastanza sicuro che ci saranno dei momenti duri».

«Non voglio assolutamente pormi degli obiettivi troppo alti – ha detto lo spagnolo – preferisco viverla giorno per giorno. Non voglio crearmi uno scenario troppo elevato. Perché se poi non si realizza, me ne andrei dalla Vuelta con un cattivo sapore in bocca. L’obiettivo di questa corsa è farla bene e capire cosa potrò fare in futuro. Non voglio volare troppo alto, per non avere una delusione».

Abbiamo esplorato le parole di Evenepoel e Ayuso con Manuella Crini, psicologa piemontese
Abbiamo esplorato le parole di Evenepoel e Ayuso con Manuella Crini, psicologa piemontese

Che cosa è cambiato? E perché dichiarazioni simili in bocca a due ragazzini che hanno sempre fatto della sfrontatezza la loro arma vincente? Sono diventati improvvisamente saggi, oppure qualcuno gli ha suggerito di ragionare e parlare così?

Lo abbiamo chiesto a Manuella Crini, psicologa cui abbiamo spesso fatto ricorso per indagare i processi mentali in cui ci siamo imbattuti dalla nascita di bici.PRO, a partire dai disordini alimentari.

Pensa che questo atteggiamento sia casuale o risponda a precise strategie?

E’ molto probabile che sia intervenuto un mental coach, con strategie individuali, ritagliate su misura per impedire a entrambi di volare troppo alto. Qualcosa su cui potrebbero aver lavorato. Non credo ci sia stato un ricambio generazionale così netto da pensare a una saggezza precoce. Se invece sono sistemi da autodidatti, cautele che i due ragazzi adottano spontaneamente, non è detto che funzioneranno.

Nonostante sia giovanissimo, su Ayuso è forte la pressione della stampa
Nonostante sia giovanissimo, su Ayuso è forte la pressione della stampa
Più probabile una stategia?

Penso di sì. Quello che dice Evenepoel sul non voler guardare gli altri come avversari, ad esempio. Parla così perché li vede troppo grandi e ha paura di non reggere il confronto? La società e anche lo sport ormai spingono sempre più in alto, si è chiamati a dare sempre il meglio e l’eventualità di essere sconfitti è dietro l’angolo. Chi effettivamente lavora sul fallimento? Saper perdere fa parte della storia, non si deve averne paura.

Invece Ayuso?

Si alzano sempre le aspettative, anche se è giovanissimo. E se il gap è alto, le aspettative diventano un muro contro cui andiamo a scontrarci, facendoci male. Se invece abbasso le aspettative, dicendo di non volermi porre obiettivi troppo alti, allora non cado. O se cado, non mi faccio male. La fragilità non risulta compromessa e si è trovato un meccanismo di difesa e scaramanzia. Dentro di me spero di vincere, ma non lo dico. Come quando ci convinciamo che indossando sempre lo stesso abito, si passerà anche il prossimo esame. La scaramanzia diventa un oggetto magico.

Mas è il suo rivale più vicino, ma Evenepoel lo tratta da buon amico
Mas è il suo rivale più vicino, ma Evenepoel lo tratta da buon amico
Non è strano che tanta saggezza venga da due ragazzini?

Forse tanta prudenza deriva proprio da questo. Dal fatto che hanno imparato da piccoli a volare più basso. Hanno la consapevolezza di non poter stare per sempre sulla cresta dell’onda, perché l’onda presto o tardi scende. Però la visione di Evenepoel mi fa pensare anche ad altro.

A cosa?

L’idea del volermi concentrare solo su me stesso, di infilarmi in una bolla in cui ci sono solo io, tenendo lontani gli altri e l’ansia che ne deriva. La responsabilità è uno zaino pesante, del resto, e se gli altri pesano sulla mia bolla, rischiano di farla esplodere. Meglio tenerli lontano. Allo stesso modo, il discorso di Ayuso può essere legato all’ansia da prestazione. E in questo caso le eventuali strategie mentali gli sono state ritagliate addosso a livello sartoriale.

Ayuso Getxo
Ayuso non ha paura di esporsi e parlare da vincitore: alla Vuelta però ha cambiato improvvisamente registro
Ayuso Getxo
Ayuso non ha paura di esporsi e parlare da vincitore: alla Vuelta però ha cambiato improvvisamente registro
Anche perché la loro indole è battagliera e sfrontata…

L’età anagrafica nel caso di sportivi spesso non è fedele. Sono ragazzini, ma ogni corsa è scuola, quindi hanno un vissuto superiore a quello dei coetanei. Se sono stati talenti promettenti sin da subito, è possibile che abbiano arredato l’adolescenza per costruire i loro obiettivi. In quel caso vuol dire che hanno dietro un percorso di analisi e di gestione delle emozioni che li rende più adulti.

Quindi potrebbero essere due modi distinti di tenere a bada l’ansia?

Magari sono le soluzioni più pratiche possibili, piuttosto che dedicare un sacco di tempo a elaborare la possibilità di essere sconfitti. E’ un discorso che viene tenuto lontano e su cui invece, soprattutto a livello degli sportivi, si dovrebbe lavorare. Pensate a come sono cambiati i cartoni animati rispetto a un tempo. Non ci sono più il buono e il cattivo, vanno tutti d’accordo.

Evenepoel è un predestinato, seguito da un fan club accesissimo
Evenepoel è un predestinato, seguito da un fan club accesissimo
Ayuso dice anche che si impara più dai momenti duri che dalle vittorie.

Imparare a perdere tocca l’autostima, ma se lavori bene, ti aiuta a gestire l’ansia. Se invece il fallimento mi blocca, abbasso le aspettative. Mi preparo al peggio, così se viene qualcosa di buono, mi sembrerà una vittoria. Ma non sono parole per caso, credo che ci sia dietro un lavoro da mental coach.

La prima Vuelta di Ayuso, piedi per terra e nessuna paura

30.08.2022
4 min
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Juan Ayuso lo chiameranno pure “El niño”, il bambino, ma in questi giorni di Vuelta è parso piuttosto un guerriero. Forte e cocciuto, si è opposto agli scatti dei campioni lasciando che a piegarsi fossero piuttosto le gambe e mai la testa. Anche domenica, sull’arrivo… assassino di Les Praeres, è stato l’ultimo ad arrendersi al ritmo indiavolato di Evenepoel. Lottando prima con Mas e Rodriguez, poi rifilando a entrambi 10 secondi pesanti come macigni. Ora in classifica è quinto a 2’36” da Remco.

Ieri il ragazzino del UAE Team Emirates, vent’anni ancora da compiere, ha approfittato del giorno di riposo per tirare finalmente il fiato, toccando con mano quanto la sua popolarità stia esplodendo sulle strade spagnole. Soprattutto adesso che la Vuelta è atterrata dalle parti di casa, al Sud della Spagna.

Ayuso ha sfruttato il giorno di riposo per tirare il fiato e riflettere sui suoi limiti
Ayuso ha sfruttato il giorno di riposo per tirare il fiato e riflettere sui suoi limiti

Alla larga dalla popolarità

Quel tipo di entusiasmo è come una tigre, che rischia di mangiarti se credi alle sue fusa. E Ayuso ha capito anche questo, affiancato da quella vecchia volpe di Matxin, che lo segue da vicino coi suoi consigli.

«Il tifo mi piace – dice – sentirmi osannato mi motiva. Ma non voglio assolutamente pormi degli obiettivi troppo alti. Preferisco viverla giorno per giorno, non voglio crearmi uno scenario troppo elevato. Perché se poi non si realizza, me ne andrei dalla Vuelta con un cattivo sapore in bocca. L’obiettivo di questa corsa è farla bene e capire cosa potrò fare in futuro. Non voglio volare troppo alto, per non avere una delusione».

Domenica, verso Le Praeres, ha duellato con Rodriguez e lo ha staccato in finale
Domenica, verso Le Praeres, ha duellato con Rodriguez e lo ha staccato in finale

L’amico Rodriguez

Il problema è Evenepoel, in lotta per la maglia rossa e anche per quella dei giovani, al momento indossata da Carlos Rodriguez, che di Ayuso è una sorta di alter ego. I due si sfidano da quando erano bambini e chi li ha visti salire ieri verso il traguardo si è accorto del particolare… trasporto che li animava.

«Con Carlos – ammette El niño – c’è una grande rivalità, come pure rispetto e amicizia. Ci siamo sfidati per anni tutte le domeniche, in ogni corsa importante. Sono contento di ritrovarmi in gara con lui. E sono contento anche quando ottiene qualche risultato, perché è bello che una persona a me vicina ottenga dei grandi risultati. Ma certo poi scatta la molla di fare meglio di lui. E se poi gli sento dire che punta al podio della Vuelta, penso che piacerebbe anche a me. E’ il sogno di qualunque spagnolo che inizi a correre in bicicletta. Ci si prova, ma se anche non si riesce, non cade il mondo…».

Juan Ayuso ha 19 anni ed è professionista dall’estate del 2021
Juan Ayuso ha 19 anni ed è professionista dall’estate del 2021

L’amico Almeida

Intanto il primo spagnolo a vincere il Giro d’Italia U23 ha messo quasi due minuti fra se e Almeida, che almeno all’inizio era partito come leader del team e che oggi nella crono potrebbe in realtà riguadagnare parte del terreno perduto. Ayuso è intelligente e sa che lanciarsi in proclami di leadership non gli sarebbe utile, per cui cambia discorso con saggezza.

«Essere in questa posizione di classifica – spiega – mi dà la sensazione di quando insegui un sogno. Ci saranno certamente dei momenti difficili, ma per ora sta andando tutto bene. Con Almeida ho passato gli ultimi due mesi e mezzo, abbiamo un ottimo rapporto. E proprio perché so che i giorni storti possono capitare, non credo che il nostro rapporto debba esserne condizionato. Io gli chiedo consigli e lui me li dà, anche se non abbiamo una grande differenza di età. Questi giorni sono utili per imparare, si capiscono più cose quando si soffre di quando si festeggia. Ho avuto la conferma che è più un fatto di forza mentale che fisica e finora mi sono regolato abbastanza bene. Proseguirò così, giorno per giorno».

All’arrivo di domenica, Ayuso ha perso 34 secondi da Evenepoel
All’arrivo di domenica, Ayuso ha perso 34 secondi da Evenepoel

Pianeta Remco

La cronometro di oggi potrebbe dare una svolta alla sua corsa e non necessariamente in bene. Ayuso lo sa, ma il ragazzino non appare per niente intimidito.

«Non ho fatto una preparazione specifica per la crono – dice – anche se la bici la uso regolarmente tutte le settimane. Quest’anno ho fatto due cronometro su una distanza simile. Al Delfinato, quando sono arrivato 10°. Poi ai campionati nazionali, con un 7° posto. Spero di avere le stesse sensazioni della prima, quando mi sono sentito bene. In ogni caso la Vuelta è lunga. Per ora Evenepoel ha dimostrato di essere superiore, è come se stesse partecipando a un’altra gara. Ha ragione Almeida quando dice che per batterlo servirebbe Pogacar. Ma la Vuelta è lunga. Mancano due settimane per me, ma anche per lui. Mancano due settimane per tutti».

Matxin: «Vi spiego perché Ayuso farà la Vuelta»

16.08.2022
5 min
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«Ayuso non farà un grande Giro quest’anno», ci aveva detto Joxean Fernandez Matxin, il tecnico e diesse della UAE Emirates, solo qualche settimana fa. Poi la squadra di Mauro Gianetti ha divulgato la formazione che prenderà parte all’imminente Vuelta Espana e guarda chi c’è? Juan Ayuso.

Così abbiamo sentito di nuovo Matxin. Dal suo discorso non è emersa una contraddizione, ma una lucida spiegazione. Il tecnico spagnolo con chiarezza e passione, ci ha elencato il perché di questa “inversione di marcia”.

Ayuso Getxo
Ayuso vince il Circuito de Getxo. In quel momento l’ipotesi Vuelta era già concreta
Ayuso Getxo
Ayuso vince il Circuito de Getxo. In quel momento l’ipotesi Vuelta era già concreta

Cambio di rotta

«Vero, Ayuso non doveva fare un grande Giro in questa stagione – spiega Matxin – Questo argomento è stato frutto di un’evoluzione in corsa. Juan ha fatto quinto alla sua prima corsa a tappe WorldTour (il Catalunya, ndr) e quarto alla seconda (il Romandia, ndr) e pur uscendo dal Covid, non ha mostrato alcun cedimento.

«Poi al Delfinato è andato davvero forte. Se un giorno non avesse avuto un mal di testa fortissimo, che lo ha costretto al ritiro, avrebbe lottato per la vittoria».

E’ passata qualche settimana, il canonico recupero di metà stagione, e al rientro Ayuso si è mostrato ancora, subito, competitivo.

«Ad Ordizia, nella Prueba Villafranca, si è trovato a lottare alla pari con gente del calibro di Simon Yates. A Getxo ha vinto. In tutta questa fase non solo ha mostrato una buona condizione, ma numeri davvero importanti e soprattutto un recupero eccellente. Abbiamo valutato tutto questo e anche il desiderio del ragazzo».

Al Romandia il catalano ha chiuso al quarto posto nella generale
Al Romandia il catalano ha chiuso al quarto posto nella generale

Obiettivo Madrid

Alla luce di tutto questo bisognava prendere una decisione. Qualche giorno fa Matxin stesso aveva scritto sulle sue pagine social: “Il talento non si può fermare”. E se un esperto conoscitore dei giovani come lui decide di prendere questa decisione e addirittura di ribaltarla, la motivazione deve essere a dir poco valida.

«Abbiamo così deciso di anticipare quel che sarebbe stato il 2023 – riprende Matxin – crediamo che Juan sia pronto. Ha fatto i passi necessari ed è il momento giusto per farlo esordire. 

«Lui poi voleva farla. E’ stato contentissimo. Ne abbiamo parlato tutti insieme: Juan, il preparatore Inigo San Millan, lo staff, io… abbiamo deciso che si poteva provare senza pressione, ma al tempo stesso con il concetto di non fermarsi».

E questo è un passaggio chiave in tutto ciò. Matxin è sempre stato coerente quando ha parlato dei pezzi da 90 della sua squadra. E in particolare di Ayuso. Due sue frasi ci tornano in mente. «Ayuso non è un giovane. Ayuso è un campione e noi come tale lo abbiamo sempre trattato». E ancora: «Non si va alle corse per fermarsi o per allenarsi, specie un campione». Tutto torna.

«Questo – continua Matxin – non vuol dire che debba fare chissà cosa, parte comunque senza pressioni. La Vuelta per Auyso è un importante test per vedere come reagisce il suo fisico alle tre settimane. Come sarà la sua fisiologia, il suo recupero, come reagirà a sforzi ripetuti con corridori di livello mondiale». E anche per imparare: gestire pressioni, rapporti con la stampa, momenti di difficoltà, vittorie…

Al Delfinato solo il mal di testa lo ha battuto. Ayuso va forte anche a crono (quel giorno fu decimo)
Al Delfinato solo il mal di testa lo ha battuto. Ayuso va forte anche a crono (quel giorno fu decimo)

Cuscinetto mediatico

Matxin ripete più volte che Ayuso non doveva fare la Vuelta, che i programmi non erano questi, ma che sono state le circostanze a far pensare di cambiare le carte in tavola.

«Nella sua e nella nostra testa – dice Matxin – questa idea ha iniziato a frullare dopo il Delfinato, perché davvero ne è uscito benissimo. Ma tutto è rimasto volutamente sopito, anche perché dovete pensare che in Spagna c’era già una certa pressione mediatica. Lo volevano alla Vuelta».

Pensate, Ayuso spagnolo, classe 2002, alla Vuelta. Attesissimo, coi riflettori puntati su chi cerca l’erede di Contador. Il dualismo con Carlos Rodriguez. La “bomba perfetta”.

«Ma posso anche dire che dopo Ordizia (il 25 luglio, ndr), siamo anche andati a vedere qualche tappa. Ma non abbiamo voluto dirlo. Abbiamo pensato di far uscire la notizia comunicando la formazione e non con un comunicato specifico per Juan, proprio per attutire la pressione».

Matxin con Almeida all’Aprica. Un paio di giorni dopo il portoghese lascerà la corsa per Covid. Ora punta deciso alla Vuelta
Matxin con Almeida all’Aprica. Un paio di giorni dopo il portoghese lascerà la corsa per Covid. Ora punta deciso alla Vuelta

Almeida capitano

Con Matxin si parla di Ayuso, ma anche della squadra. La UAE Emirates alla Vuelta schiera una signora formazione, anche senza Pogacar. Joao Almeida parte con i gradi del leader, ma conoscendo la cattiveria agonistica e la forza di Ayuso, Juan finché potrà lotterà come un campione. Fa parte del suo Dna. E come ha scritto Matxin stesso: il talento non lo puoi fermare.

«Abbiamo una gran buona squadra – conclude Matxin – Almeida chiaramente è il leader. Soler conosce bene la Vuelta e sono convinto che potrà fare dei grandi numeri, così come McNulty. Poi c’è Juan appunto. E ci sono corridori di supporto come Polanc e Oliveira. Senza contare che abbiamo Molano come apripista di Ackermann (da vedere dopo la caduta all’europeo, ndr). E’ una squadra equilibrata».

«Joao è in crescita di condizione. Ha vinto a Burgos, contro nomi importanti, ha preso fiducia e soprattutto sta ritrovando il ritmo gara, che è ciò di cui aveva bisogno dopo il Giro d’Italia».