Marengo riparte col fuoristrada e un piccolo sogno

04.01.2023
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A fine novembre, l’ultima volta che lo avevamo sentito, l’umore di Umberto Marengo non era dei migliori. La Drone Hopper si stava ridimensionando drasticamente e lui, come altri suoi compagni, era ancora senza squadra. Tuttavia sul finire della telefonata, prima di salutarci, la sua voce aveva avuto un barlume di speranza.

«Non ho ancora il piano B ma valuterei anche un ingaggio in MTB», ci aveva confidato il 30enne torinese. Detto, fatto e accordo raggiunto sotto Natale con il Boscaro Racing Team. Così abbiamo richiamato Marengo per chiedergli come stia affrontando questa nuova fase della sua carriera. Piedi per terra, ma anche un piccolo desiderio forse non troppo impossibile da realizzare. Sentiamolo.

Non solo Mtb. Marengo punta anche alla qualificazione del mondiale gravel
Marengo punta alla qualificazione del mondiale gravel
Umberto come sei arrivato a questo ingaggio?

Mi hanno contattato i titolari della Cicli Boscaro. Hanno il negozio a Pianezza, a pochissimi chilometri da Collegno dove abito io. Loro sapevano della mia volontà di fare fuoristrada e così mi hanno proposto un progetto comprendente anche la loro attività commerciale. Per la verità avevano questa idea per il 2024, ma hanno anticipato di un anno. Spero che possa andare bene sia a loro che a me.

Cosa prevede questo progetto nel complesso?

Naturalmente farò la stagione da elite grazie alla affiliazione con la FCI. Mi hanno detto di pensare principalmente a fare il corridore, però nel nostro accordo c’è anche un lavoro in negozio. Per alcune situazioni potrei portare la mia esperienza, ma per tante altre dovrei apprendere tutto. Come i lavori meccanici ad esempio. Non sono un grande “smanettone” accanto alla bici, giusto l’indispensabile. Sono però sempre stato molto curioso e quindi potrei imparare quasi un mestiere.

Per Umberto la nascita del figlio Leonardo ha compensato un 2022 ciclisticamente difficile
Per Umberto la nascita del figlio Leonardo ha compensato un 2022 ciclisticamente difficile
E’ già un pensiero per il futuro per quando smetterai di correre?

No assolutamente. O meglio, mai dire mai. Quello che mi insegneranno sono certo che mi tornerà utile. In realtà non mi è mai piaciuto guardare troppo avanti, specialmente dopo questo 2022 che è stato ricco di batoste, anche sul piano personale. Ogni mattina mi svegliavo e mi ritrovavo a ricominciare tutto daccapo. Adesso vivo alla giornata pensando ad allenarmi e preparare una stagione in una disciplina che mi piace, ma nella quale incontrerò delle difficoltà.

C’è qualcosa che ti spaventa di questa nuova avventura?

Da molto giovane praticavo ciclocross e la Mtb l’ho sempre seguita. Sarà tutta una scoperta in cui mi tuffo con curiosità ed entusiasmo. So che troverò atleti molto più forti di me e pagherò l’inesperienza. Dovrò dimostrare di essere all’altezza. Spero di imparare in fretta e divertirmi, ma vorrei soprattutto ripagare la fiducia che Cicli Boscaro hanno riposto in me. Non è stato facile per me trovare una squadra e trovare una società di Mtb che scommette su uno stradista è stata una bella occasione, piuttosto insolita.

Che calendario farai?

Farò tutte le corse del fuoristrada, soprattutto le marathon. Per esempio, avrei sempre voluto partecipare alla Assietta Legend che si disputa al Sestriere, ma mi era impossibile vista l’attività su strada. Adesso potrò finalmente correrla. Cercherò di fare anche le gare di gravel. Nel 2022 ho fatto la Serenissima e quest’anno vorrei qualificarmi per il mondiale. Infine, per quanto possibile, cercherò di correre anche su strada. Al momento il calendario mi permette solo di partecipare al campionato italiano, ma avrei anche un sogno…

Quale?

Quello di poter correre qualche classica italiana con la nazionale. Nel 2022 i ragazzi della ex Gazprom hanno avuto questa giusta possibilità e mi piacerebbe poterla vivere a mia volta. Non conosco chiaramente i programmi del cittì Bennati e non ho la confidenza per chiamarlo e proporgli una cosa del genere, però se lo vedessi ad una gara non avrei timore ad accennarglielo. Magari potrei mettermi a disposizione degli azzurri più giovani. Ovvio che per entrare nei radar del cittì dovrò andare forte e continuare ad allenarmi seriamente anche su strada.

In questo ultimo periodo ti ha chiamato qualcuno della Drone Hopper per sapere se avevi trovato una squadra?

A parte qualche video-call per questioni solo burocratiche, l’unico con cui sono rimasto in contatto con una certa regolarità è Giovanni Ellena. Con lui mi sono sempre sentito e quasi sempre per parlare di altro, non di ciclismo. Comunque alla nostra ultima chiamata mi ha detto che ho fatto bene a scegliere la Mtb.

Marengo è passato pro’ nel 2019. Ha corso con Neri Sottoli, Vini Zabù, Bardiani e Drone Hopper
Marengo è passato pro’ nel 2019. Ha corso con Neri Sottoli, Vini Zabù, Bardiani e Drone Hopper
All’orizzonte, tipo a metà stagione, potrebbe esserci uno spiraglio per Umberto Marengo di tornare su strada?

In questi mesi nessuna squadra mi ha tenuta aperta mezza finestra. Tutti erano a posto. E dubito fortemente di poter ripetere il caso più unico che raro di Jacopo Mosca. Nel 2019 lui corse l’italiano con la D’Amico, una continental, ed un mese dopo era alla Trek-Segafredo nel WorldTour. Lui è stato bravo a meritarselo. Non voglio fantasticare però è ovvio che spererei di potervi dire il contrario magari quando ci sentiremo fra sei mesi. Mi mancano gli amici che ho avuto in gruppo e vi confesso che se una professional mi chiamasse domattina firmerei subito. Ma ripeto, resto con i piedi per terra. Mi voglio godere ed impegnare al massimo in ciò che mi aspetta.

Mosca gregario, con orgoglio e gratitudine

27.12.2022
6 min
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Professione gregario e grato alla squadra per la possibilità di farlo. Jacopo Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nell’agosto 2019, mettendosi subito a disposizione dei compagni. Nel 2020, nel folle anno dopo il lockdown, riuscì a portarsi a casa qualche piazzamento, ma la sua vocazione non è mai venuta meno.

Mosca ha chiuso la stagione alla Japan Cup, lavorando per Ciccone: settimo
Mosca ha chiuso la stagione alla Japan Cup, lavorando per Ciccone: settimo

Ritorno al 2021

Lo abbiamo incontrato al primo ritiro della Trek-Segafredo, prima del rompete le righe che ha rispedito i corridori a casa, alla vigilia della nuova stagione. Il 2022 non è andato come si aspettava, per cui il Mosca che racconta le proprie ambizioni, è carico come una molla.

«Ho visto che anche in un anno difficile come quello appena terminato – dice – in cui per mille problemi sono andato piano, il mio supporto alla squadra non è mancato. Ho trovato il mio ruolo, che sia per supportare il giovane di turno oppure Mads Pedersen o “Cicco”, chiunque ci sia. Spero che nel 2023 tornerò a essere me stesso e sarò in grado di supportarli non solo all’inizio della corsa, ma quando serve. Il mio contributo non è quello del 2022, ma quello che si è visto fino al Giro del 2021».

Il pieno di gel e barrette per Mosca prima dell’allenamento e si parte
Il pieno di gel e barrette per Mosca prima dell’allenamento e si parte
Che cosa ti è successo?

Ho avuto problemi fisici, la testa è stata sempre a posto, anche se a fine stagione ero demoralizzato. Diciamo che mi hanno mandato una fattura da pagare. Non voglio parlare di sfortune, perché le sfortune sono altre, però certo le ho prese proprio tutte…

Mentre ora?

Va tutto bene. Siamo tornati dalle vacanze il 14 novembre, sono salito in bici e stavo meglio che a febbraio 2022, dopo un mese che non la toccavo. Perché comunque il fisico era poco allenato, ma sano. Ogni giorno che mi alleno, ci sono dei miglioramenti. Sono partito con una base, poi ho iniziato a incrementare i lavori. Non ti inventi niente. Da quest’anno mi segue Slongo, quindi con Elisa (la sua compagna Longo Borghini, ndr) abbiamo in comune anche l’allenatore ed è tutto più facile. Sono contento di avere questa possibilità. Sono partito tranquillo, lavorando tanto sulla base.

Passaggio alla Tre Valli Varesine Donne, vinta da Elisa
Passaggio alla Tre Valli Varesine Donne, vinta da Elisa
Il gregario deve saper fare tutto?

Nel 2019, pensavo di cavarmela in salita, invece ho scoperto di non essere un granché. In compenso ho scoperto di essere molto… stupido (sorride, ndr) e quindi mi butto bene nelle volate e so tenere le posizioni quando serve. Non sono veloce, ma a fine gara posso supportare quelli veloci. Diciamo che sono un corridore completo, quindi mi viene da dire che vado piano dappertutto. Non eccello da nessuna parte, ma non sono nemmeno da buttare.

Si va davvero così forte?

Sicuramente si vede che ogni anno si cresce. Se prima una salita la passavi in 50, adesso ce ne sono 80. Nelle gare WorldTour è peggio, perché il livello è altissimo. E’ sempre bello vedere di essere rimasti in un gruppo piccolo, perché pensi di poter fare qualcosa. Invece adesso siamo tutti a blocco, ma siamo rimasti in cento. La cosa migliore da fare è raggiungere il proprio massimo, poi vedere quello che si può fare. Se io sono al massimo e gli altri vanno forte, puoi giocare d’astuzia o provare delle tattiche, ma le gambe poi parlano.

Mosca sicuro: la Vuelta ha fatto bene a Tiberi. Se sale lo scalino, prende il volo
Mosca sicuro: la Vuelta ha fatto bene a Tiberi. Se sale lo scalino, prende il volo
Il gregario dà consigli?

Con Ciccone abbiamo la stessa età, ma lui ha la sua testa e la sua visione, sicuramente un po’ difficile da gestire. Lui ti dice che in salita fa meno fatica, mentre noi siamo a tutta. Oppure lui fa più fatica in pianura e noi al contrario, quindi si fatica a trovare un punto di incontro. Sicuramente mi trovo meglio a dare dritte al Tiberi di turno oppure a Baroncini, quando li vedi fare degli errori che in futuro dovrebbero evitare. Sono in camera con Baroncini e a volte, giusto per ricordargli che è giovane, alzo la voce. Tiberi l’ho visto dal 2020 quando ha fatto lo stagista e il ragazzo si sta accendendo. La Vuelta gli ha fatto bene. Ha un motore così importante che prima o poi uscirà. Chiaro che sta a lui fare quel saltino, ma secondo me c’è da dire una cosa: è passato a vent’anni e ha fatto il dilettante nel tempo del Covid. Secondo me viene fuori. Lo dicono tutti, ma basta vederlo pedalare: è forte.

Perché sei passato con Slongo?

Ero seguito dalla Mapei sin dagli anni in Viris. Con Matteo Azzolini, che era il mio allenatore, avevamo addirittura corso nello stesso periodo, perché ha due anni più di me. Mi trovavo bene, ma dopo tanti anni e l’ultima stagione che ho avuto, nel 2023 ho pensato di cambiare. Ne ho parlato con lui e ne ho parlato con la squadra e per loro ovviamente non c’era problema che passassi con Paolo. E’ una persona con un’esperienza storica. Segue Elisa da anni e secondo me sono in buone mani. In più siamo in squadra insieme dal 2020 e mi aveva già seguito nei ritiri che avevamo fatto in preparazione al Giro di quell’anno. Nel 2021 siamo stati sul Teide, quindi bene o male sapeva già come sono. Vedo i lavori che fa, poi c’è da dire una cosa: come la mischi la mischi, non è che passi dall’acqua dolce all’acqua salata. Devi inquadrare le giuste linee, poi sei a posto.

Mosca e Longo Borghini si sono allenati spesso insieme, a volte sfidandosi (foto Instagram)
Mosca e Longo Borghini si sono allenati spesso insieme, a volte sfidandosi (foto Instagram)
Come vanno gli allenamenti con Elisa?

Fino ad ora abbiamo sempre lavorato assieme. Chiaro che le velocità di crociera in pianura sono diverse. Un professionista che si allena, va in giro facile sopra i 35-38 all’ora in pianura. Direi 40, ma non vorrei sembrare esagerato. Metti il 54 e parti, è questione di wattaggi. Loro fortunatamente, essendo anche leggere, fanno più fatica in pianura, però Elisa mi fa penare in salita. Se facciamo il medio, arrivo in cima un attimo prima, ma sinceramente non ho neanche il tempo di mettere la mantellina

Non vi sfidate mai?

Non avrebbe senso, ognuno ha i suoi lavori. Ma in alcuni momenti dell’anno, tipo l’anno scorso prima del Tour, abbiamo fatto qualche allenamento insieme in cui lei aveva bisogno di fare un po’ di ritmo. E allora abbiamo fatto degli allenamenti in cui cercavo di tirarle il collo e ci sono riuscito. Sono arrivato a casa morto ed era morta anche lei, almeno questo è divertente. Sicuramente fino ad ora ci siamo allenati assieme, ma mi aspetto che io ora aumenterò i volumi di lavoro, però per l’atleta che è lei e per l’atleta che sono io, secondo me riusciremo a uscire qualche volta insieme. Poi c’è da dire che dal ritiro di gennaio in poi, ci vedremo veramente poco. Perciò sarà bene incastrare gli allenamenti. Ognuno coi suoi lavori da fare, però almeno ci si vede…

Jacopo Mosca, ruote altissime per essere pronti a tutto

09.12.2022
6 min
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Jacopo Mosca, uno dei gregari che tutti vorrebbero e capace di ritagliarsi ampio spazio nelle gerarchie di squadra. Il corridore piemontese è anche un bel manico in discesa, uno che la bici la sa guidare ed è capace di trasmettere le sensazioni del mezzo a meccanici, compagni ed interlocutori in genere.

Mosca utilizza la nuova Madone, il cockpit integrato con attacco negativo, le gomme tubeless da 28 e in allenamento le ruote altissime da 75 millimetri. Le Aeolus RSL 75 gli sono state regalate da Elisa Longo Borghini. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con lui.

Mosca mostra con soddisfazione la sua Madone con le ruote da 75 (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
Mosca mostra con soddisfazione la sua Madone con le ruote da 75 (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
Che bici utilizzi?

Ho iniziato ad usare l’ultima versione della Madone al Giro di Croazia e da quel momento non l’ho più mollata. Bici superlativa sotto molti punti di vista, migliorata tantissimo se messa a confronto con il modello precedente. Inoltre mi piace estremizzarla un po’ e in allenamento la uso con le ruote da 75 che mi ha regalato Elisa.

Perché usi le 75 in allenamento?

Mi piace metterle in mostra e mi piace mettere in mostra una bicicletta che tutti si girano a guardare. La Madone è già importante di suo con le forme che le hanno dato, con un paio di ruote del genere lo è ancora di più. Dal punto di vista tecnico un paio di ruote altissime ti preparano a tutto, considerando che in allenamento si va più piano. Usare questa tipologia di prodotto in gara è complicato, a meno che non si affronti una gara completamente piatta e con la quasi totale assenza di tratti tecnici dove è necessario guidare molto la bicicletta.

Le ruote che hai nella dotazione standard per l’allenamento?

Quelle da 51 con i tubeless.

Mosca con l’amico ed ex collega Alessandro Vanotti (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
Mosca con l’amico ed ex collega Alessandro Vanotti (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
Bici aero e ruote da 51: per te è il compromesso ottimale?

Per un corridore come me è la configurazione perfetta. Tecnicamente e per il compito che svolgo normalmente, 3/400 grammi in più sulla bicicletta non fanno la differenza. In salita posso staccarmi 200 metri dopo se ho la bici più leggera, ma poco mi cambia. Un mezzo con questo setting e con questa rigidità offre dei vantaggi se c’è da rientrare, se devi tirare col vento in faccia e se devi fare uno sprint. Uno scalatore preferisce l’Emonda, ma lui in pianura deve stare a ruota e deve sfruttare una maggiore reattività quando la strada sale. Al Giro di quest’anno ho usato l’Emonda solo in cinque tappe, il resto con la Madone e ruote da 62.

A parità di configurazione, tra la nuova a la vecchia hai guadagnato del peso?

Circa 400 grammi, nel senso che la nuova bici è più leggera.

La Madone di Mosca e la Emonda della Longo Borghini (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
La Madone di Mosca e la Emonda della Longo Borghini (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
Quali sono le differenze principali che noti?

La nuova Madone è più rigida. Esprime un comfort differente rispetto alla versione precedente, considerando che non ha più l’IsoSpeed. Quella nuova è una vera bici aero moderna, forse meno versatile e più specifica, ma con tutta probabilità per noi corridori è meglio così. E’ veloce e anche nei tratti molto tecnici è una spada. E’ bella cattiva e quando le chiedi, lei ti dà sempre, ma comunque è maneggevole.

E invece per il manubrio, tendi a stringere la posizione delle spalle?

Il manubrio nuovo mi porterà ad usare la misura 39/42, più stretto sopra e largo verso il basso. Lo proverò al primo ritiro dove definiremo anche tutti nuovi materiali e dotazione.

Particolarmente curioso di provare il nuovo manubrio più stretto sopra (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
Particolarmente curioso di provare il nuovo manubrio più stretto sopra (foto Matilde Da Re-Trek Italia)
E cosa dici dei tubeless?

Ormai uso solo quelli, da febbraio dell’anno scorso il mio passaggio è stato totale. In allenamento sono il massimo della comodità e mostrano una sicurezza maggiore rispetto a copertoncini e tubolari. Se buchi, puoi anche non accorgertene. In gara non ho mai bucato. A mio parere i nuovi tubeless sono confortevoli al pari dei tubolari, cambia davvero poco e una volta che ci hai preso le misure, ti accorgi che sei anche molto veloce. Comunque la performance di uno pneumatico tubeless non si riferisce alla sola gomma, ma è un’insieme di cose.

Che larghezza utilizzi?

Tendenzialmente 28. In discesa io non mi tiro indietro e sono uno di quelli che piega tantissimo la bicicletta. Le gomme tengono alla grande, sono veloci e non perdono di aderenza.

Mauro Adobati è uno dei meccanici di riferimento della Trek-Segafredo
Mauro Adobati è uno dei meccanici di riferimento della Trek-Segafredo
La configurazione della bicicletta la decidi tu, oppure è il risultato di un confronto tra te ed il meccanico?

Generalmente siamo noi corridori a decidere, ma non c’è una regola, poi dipende sempre anche dal meccanico. Noi abbiamo la fortuna di avere un pool di meccanici sempre sul pezzo, tra questi c’è anche Mauro Adobati che è in grado di fornire dei consigli sulle scelte migliori, tra ruote, gomme e rapporti. E’ uno di quei meccanici che è in grado di preparare la bici anche in base al lavoro che devi fare in gara.

Hai un esempio che puoi fare?

Al Giro di quest’anno, prima della partenza della tappa di Cogne, ero partito con l’idea di andare in fuga in salita con gli scalatori. Non sono riuscito, eppure ero partito con la Madone vecchia e le ruote da 62. Prima del via mi sono confrontato con Mauro Adobati che sull’ammiraglia aveva preparato una Emonda più leggera, nel caso di un cambio al volo in salita. Non è servita.

Gran Piemonte 2021, Elisa Longo Borghini e Jacopo Mosca, compagni di vita e colleghi
Gran Piemonte 2021, Elisa Longo Borghini e Jacopo Mosca, compagni di vita e colleghi
Sulla tua Madone si notano i pedali Time. Nuovi setting per il 2023?

Sì, dal prossimo anno avremo i Time e abbiamo iniziato ad usarli per prenderci confidenza. Uso le tacchette fisse, senza gioco laterale.

Rispetto ai pedali precedenti hai abbassato la posizione?

No, ho mantenuto la stessa, c’è una differenza di 0,3 millimetri rispetto a quelli usati in precedenza, ma ho preferito non abbassare la sella. Inoltre questi Time con le nuove tacchette fisse sono parecchio rigidi e non c’è nessuno spostamento del piede e questo è un bel vantaggio per chi come come ama un abbinamento fisso con il pedale.

Non hai paura che essere più alto sulla sella, se pur di poco, ti crei dei fastidi o frizioni nella zona del soprasella?

E’ una differenza ininfluente, inoltre io sono abituato a tenere la pelle a contatto con l’imbottitura. Non uso creme, a parte questo momento di ripresa degli allenamenti e non ho avuto fastidi fino ad ora.

Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Cosa pensi invece dei nuovi rapportoni che si utilizzano?

Il 54 è diventata una necessità, si va sempre più veloce per dei periodi lunghi. In gara utilizzo la combinazione 54-41 e uso molto i rapporti dietro, di solito la nostra scala pignoni arriva fino al 33. Dipende molto dal percorso e dal compito che è necessario svolgere. Potrei dire che gli scalatori utilizzano parecchio le combinazioni 52-39, soluzione che sto pensando di usare in questo periodo di ripresa degli allenamenti. E’ difficile che io faccia una salita lunga a tutta con i primi, talvolta in un grande Giro per me è fondamentale andare all’arrivo ed essere performante in altre situazioni.

Elisa Longo Borghini, la bici è anche una passione

06.12.2022
6 min
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«La preparazione tecnica di Elisa Longo Borghini, la capacità di capire il mezzo meccanico e di fornire degli ottimi feedback mi colpisce molto». Portiamo con noi questa dichiarazione di Mauro Adobati, meccanico del team e che talvolta si occupa anche della compagine femminile del Team Trek-Segafredo.

L’abbiamo intervistata in occasione della presentazione ufficiale del Trek Store di Lallio (Bergamo).

Elisa Longo Borghini, davvero competente e appassionata della bicicletta (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Elisa Longo Borghini, davvero competente e appassionata della bicicletta (foto Matilde De Re-Trek Italia)
La bicicletta è solo un lavoro, oppure è anche una passione?

E’ prima di tutto una passione e poi diventa anche un lavoro. La bicicletta, intesa come mezzo meccanico è una parte fondamentale del mio lavoro. Quando alleni il tuo corpo ad essere performante portandolo ai massimi livelli, è importante avere una bicicletta che ti gratifica, che ti aiuta e supporta a rendere al meglio.

La Emonda della Longo Borghini (foto Matilde De Re-Trek Italia)
La Emonda della Longo Borghini (foto Matilde De Re-Trek Italia)
C’è una bicicletta che per te è un riferimento?

E’ necessario dire che in Trek abbiamo la fortuna di avere un’ampia scelta e la possibilità di usare mezzi specifici per le diverse situazioni e molto differenti tra loro. Escludendo la Domane, che utilizzo in occasione del pavé, se dovessi fare una scelta questa ricadrebbe sulla Emonda.

Tra le foto presenti nello store bergamasco, bellissima quella che celebra la vittoria sul pavé (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Tra le foto presenti nello store bergamasco, quella che celebra la vittoria sul pavé (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Dove nasce questa preferenza?

Si adatta di più alle mie caratteristiche e al mio modo di guidare la bicicletta. Ho bisogno di un mezzo che mi permetta di andare forte in salita e di spingere in pianura, di essere veloce e maneggevole in discesa, capace di seguirmi senza forzature e facile da rilanciare. E’ il giusto compromesso, considerando che non sono veloce allo sprint. La nuova Madone è molto rigida e la vedo più adatta ad una sprinter, ma anche ad un uomo. La bici aero è più esigente.

Nessuno spessore tra stem e serie sterzo
Nessuno spessore tra stem e serie sterzo
Qual’è la sensazione che più ti gratifica quando sei in sella?

Mi piace sentire la bicicletta e la sua reattività. Quando in salita mi alzo in piedi sui pedali mi piace quella sensazione della bicicletta che va dritta e sembra aiutarti a spingere, quell’energia che resta lì e non si disperde, talvolta a dispetto dell’aerodinamica.

La bici con i Pirelli PZero TLR da 28, produzione Made in Italy
La bici con i Pirelli PZero TLR da 28, produzione Made in Italy
Percepisci tanta differenza quando cambi le ruote?

Le differenze sono esponenziali, ma è giusto considerare anche le diversità dei prodotti. Ho la possibilità di usare tre profili diversi: 37, 51 e 62 millimetri. Per gli arrivi in salita e quando è previsto tanto dislivello positivo utilizzo il profilo da 37 con i tubolari. Raramente uso le 62 e le più sfruttate sono le 51. Sono le più versatili, sono reattive anche in salita e maneggevoli in discesa. Preferisco usare le 51 tubeless e se posso scegliere mi indirizzo sui tubeless a prescindere.

Elisa Longo Borghini ha una grande capacità di spaziare fra diversi aspetti del ciclismo (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Elisa Longo Borghini ha una grande capacità di spaziare fra diversi aspetti del ciclismo (foto Matilde De Re-Trek Italia)
In quali occasioni utilizzi il profilo da 62?

Quando devo tirare le volate alla Balsamo, oppure il percorso è molto veloce e poco tecnico. Poi sono leggera, tra le donne non sono un peso piuma, ma rispetto ad un uomo, che è anche più potente, sono molto più leggera e quindi mi serve il giusto compromesso tra facilità nel rilancio, controllo della bicicletta e versatilità. Le 62 diventano impegnative.

E poi questa preferenza per i tubeless, perché?

E’ una sensazione, nonostante un feeling iniziale che ti porta a pensare ad una ruota lenta. Le prime volte sembra di avere le gomme sgonfie. In realtà, dopo alcune ore di utilizzo si capisce che scorre bene, tiene bene ed è confortevole. Bisogna abituarsi e a mio parere il tubeless lo ami o lo odi, non c’è una via di mezzo. Il feeling che si ha nei confronti di un tubeless non è relativo al solo pneumatico, ma dipende anche dalla dimensione, dalle ruote e dalle condizioni del manto stradale. Sezioni di 26, 28 e 30, ruote molto spanciate come quelle usate alla Roubaix, le variabili da considerare sono tante e influiscono sulla resa.

E invece in merito alla sella; corta oppure tradizionale?

Corta, mi sento meglio in bici e con un feeling migliore.

Elisa con il fidanzato Jacopo Mosca
Elisa con il fidanzato Jacopo Mosca
Tu e Jacopo vi confrontate molto sugli aspetti tecnici?

Si tantissimo. Jacopo mi ha trasmesso molto, mi ha dato maggiore consapevolezza della tecnica relativa alla bicicletta, dei marginal gain che nell’insieme fanno davvero la differenza. Jacopo è sempre sul pezzo, talvolta è lui il primo a spiegare, in altre occasioni sono io che domando a lui e la risposta è sempre completa e soddisfacente. Quando ci alleniamo insieme proviamo anche delle soluzioni e ci confrontiamo.

Andiamo invece sul power meter. Di tanto in tanto senti il bisogno di staccarti dai numeri?

Ammetto che quando mi alleno sono piuttosto precisa, anche se mi piace spingere e mettermi alla prova. Il mio preparatore mi riprende spesso perché tendo ad esagerare. Però sì, quando devo fare le distanze senza lavori specifici, mi piace andare a sensazione, ascoltare il mio corpo e giocare. Il gioco diventa la sovrapposizione tra le sensazioni che ho ed i numeri. Voglio vedere il riscontro, ovvero se il misuratore di potenza mi dice quello che sento io. Non dobbiamo essere legati in modo troppo stretto ad un power meter.

La Longo Borghini e Jacopo Mosca con lo staff dello Trek Store
La Longo Borghini e Jacopo Mosca con lo staff dello Trek Store
Qual’è la settimana tipo di Elisa Longo Borghini, off-season a parte?

Ovviamente dipende dal momento della stagione e dai programmi. Si dà maggiore importanza al recupero tra una corsa e quella successiva nel momento delle gare. Invece quando sono in preparazione le ore di allenamento sono circa 25.

Mosca: «Cerco buone sensazioni. E Tiberi vi farà divertire»

07.08.2022
5 min
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Troviamo Jacopo Mosca mentre torna al bus prima della cronometro del Tour de Pologne, la strada è leggermente in discesa, noi lo chiamiamo e lui gentilmente si ferma. Jacopo ha le mani basse sul manubrio e mentre schiviamo ammiraglie e altri corridori lui parla e noi ascoltiamo.

«Sono alle prese con un virus intestinale – racconta – ora mi è passato, il peggio l’ho avuto tra la terza e la quarta tappa ma sto malissimo. Tuttora sono ko, spero di arrivare nel tempo massimo per questa crono, questo per fare capire come sto (Jacopo ha concluso la crono in 95ª posizione, con un buon margine sul tempo limite, ndr).

«Non riesco a fare nulla per la squadra, quel poco che riesco lo faccio sempre, però è brutto. Anche perché rientravo in corsa direttamente dal Giro, visto che proprio dopo averlo finito ho scoperto di aver avuto la mononucleosi. Sono partito per il Mont Ventoux e Occitanie ma solo perché serviva per la squadra, infatti la prima non l’ho finita e nell’altra mi sono ritirato alla seconda tappa».

Tra Giro e Tour de Pologne, Jacopo ha corso solamente due gare a causa di una mononucleosi scoperta solo dopo la Corsa Rosa
Tra Giro e Tour de Pologne, Jacopo ha corso solamente due gare a causa di una mononucleosi scoperta solo dopo la Corsa Rosa
Prima cosa hai fatto?

Sono stato in altura a lavorare, sono stato 25 giorni al Sestriere e ho fatto tutto particolarmente bene. Anzi, una settimana prima di venire qui ero molto contento per come mi sentivo, dopo un periodo difficile iniziavo ad avere sensazioni positive.

Eri da solo o in compagnia?

Ho fatto 10-12 giorni da solo e gli altri con Elisa (Longo Borghini, sua compagna, ndr). Poi lei è partita per il Tour Femmes. Abbiamo approfittato di quei giorni per allenarci e stare un po’ insieme.

Che programma hai da qui a fine stagione?

Archiviato il Polonia andrò al Tour di Danimarca. Farò le gare in America: Maryland, Quebec e Montreal. Poi qualche altra gara in Belgio e Croazia ed infine il calendario in Italia. Ho un bel programma, non mi posso lamentare, sono proprio contento.

Mosca è in cerca di una buona condizione, il calendario da qui a fine anno è ricco di gare utili per ritrovare la gamba
Mosca è in cerca di una buona condizione, il calendario da qui a fine anno è ricco di gare utili per ritrovare la gamba
Arriva la Vuelta, debutto in un grande Giro per il vostro giovane Antonio Tiberi che qui abbiamo visto spesso vicino a te. Cosa gli hai detto?

Eravamo in ritiro a Sierra Nevada, prima del Giro e c’era anche lui. Era importante anche per conoscere il finale della tappa che arrivava proprio lassù. Poi in realtà ho visto che lo hanno cambiato quell’arrivo. Però in quei giorni abbiamo fatto qualche salita che poi andrà a fare alla Vuelta e l’unica cosa che mi sono sentito di dirgli è stata: «In bocca al lupo!».

Pensi possa fare bene?

Antonio sicuramente va forte, è in condizione e lo dimostrerà, andrà lì a fare esperienza. Nelle tappe con la partenza in salita non mi sorprenderei di vederlo in fuga e vederlo battagliare fino alla fine.

Gli hai detto qualcos’altro?

Bene o male c’è. Bisogna svegliarlo un pochettino perché dorme – dice ridendo – perché è giovane! Però a parte le battute ci ha già fatto vedere belle cose dalla passata stagione. Poi Antonio qui alla Trek-Segafredo è seguito benissimo. La nostra è una squadra che ti permette di crescere e di maturare con i tempi giusti. Siamo seguiti al cento per cento e non lasciamo nulla al caso.

Mosca, in primo piano e Tiberi, sono stati parecchio in contatto in questi due anni, Jacopo ha visto crescere e maturare il giovane laziale
Mosca, in primo piano e Tiberi, sono stati parecchio in contatto in questi due anni, Jacopo ha visto crescere e maturare il giovane laziale
E’ maturato tanto da quando lo conosci?

Sì, devo ammettere di sì. Lui è stato under nell’anno del Covid e ha corso poco, non direi che è stato penalizzato ma comunque ha un grande motore e per quello che ha fatto vedere anche voglia di imparare.

Ha vinto anche la prima gara da professionista in Ungheria…

Ha vinto una tappa e questo è stato un bel passo e una grande iniezione di fiducia. Avrebbe potuto anche fare classifica ma la prima tappa è rimasto attardato nei ventagli. E’ per questo che gli dico “svegliarsi”! Perché uno come lui non deve rimanere attardato da queste situazioni. Ma ha tempo, è giovane, ha solamente 21 anni… Beato lui!

Ti ricordi delle prime gare fatte con voi?

Mi ricordo alla Coppi e Bartali dell’anno scorso, era la sua prima gara a tappe, aveva pochissimi giorni di corsa alle spalle e si vedeva già lì che aveva gamba.

Mosca non si pone obiettivi e guarda al futuro, vuole trovare fiducia e morale per ripartire bene già dall’inverno
Mosca non si pone obiettivi e guarda al futuro, vuole trovare fiducia e morale per ripartire bene già dall’inverno
E tu, invece, hai qualche obiettivo da qui a fine stagione?

Vi dirò, per come è andata la stagione non ho ambizioni di risultati, mi interessa tornare in forma e sentirmi bene. Prendere fiducia e gamba per iniziare al meglio la preparazione per il prossimo anno.

Hai detto qualcosa a Elisa per l’errore di percorso al Tour?

C’è da dire che ha fatto un’inversione talmente bella – dice con un sorriso – che non me la sono sentita di dirle niente. Si vede che è forte ad andare in bici e che da giovane ha fatto la gimkana!

Alfio Locatelli: «A 24 anni, troppo vecchio per passare»

04.06.2022
6 min
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Quanta dispersione di talenti c’è nel ciclismo italiano? Tanta, potremmo dire. Causata sia da U23 che vengono fatti passare troppo presto venendo poi bruciati, sia da ragazzi di 23 anni compiuti che vengono considerati già vecchi. Di Evenepoel ce n’è uno solo, così come di Ballan, che diventano pro’ al sesto anno da dilettante, non ne esistono più. Possibile che non ci sia una via di mezzo? Possibile che non ci sia la pazienza di aspettare la crescita fisiologica degli attuali giovani corridori?

«Si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità». Le parole per nulla banali sui giovani espresse la settimana scorsa da Jacopo Mosca ci hanno dato ulteriori spunti di riflessione, oltre che a suggerirci il nome di Alfio Locatelli (nella foto di apertura assieme a Mosca dopo la vittoria della Firenze-Mare del 2015). Uno che, secondo il piemontese della Trek-Segafredo, sarebbe potuto stare tranquillamente in gruppo.

Locatelli nel 2012 corre per la Trevigiani. Qui esulta per la vittoria del GP Città di Felino
Locatelli nel 2012 corre per la Trevigiani. Qui esulta per la vittoria del GP Città di Felino

Il bergamasco di Sotto il Monte, classe ’90, che ha trascorso otto stagioni nei dilettanti, ce lo ricordiamo bene e la chiacchierata con lui non solo è stata l’occasione per sentire la sua opinione, ma anche per rinverdire tante memorie.

Alfio innanzitutto come stai?

Dopo aver smesso nel 2016, l’anno successivo mi sono trasferito in Brianza per lavoro. Ora vivo a Giussano e sono dipendente di un’azienda che produce cartoni per imballaggi e tovaglioli di carta. Sto studiando per diventare massaggiatore e, compatibilmente con gli impegni di lavoro, sono stato a fare un po’ di pratica con la formazione di Matteo Provini (il diesse della Hopplà Petroli Firenze, ndr), con cui sono rimasto in contatto.

Com’è il tuo rapporto col ciclismo?

Sereno, direi. Mi manca l’agonismo e il gruppo degli ex compagni. Ero sul Fedaia alla penultima tappa del Giro, a 3 chilometri dal traguardo, dove avevamo preparato il campari per Formolo (ride, sono stati compagni di squadra nel 2013, ndr), ma è passato a ruota di Carapaz e non ha potuto gustarselo. E pensate che proprio dove ero io, ho trovato Dal Col e Collodel, altri due miei compagni alla Trevigiani. Incredibile dopo tanti anni. Non mi manca invece il modo di fare un po’ falso di alcune persone che ancora orbitano nel ciclismo.

Sei stato nominato da Mosca come uno di quelli che avrebbe meritato di passare pro’. Che effetto ti fanno le sue parole?

Jacopo è un grande amico, abbiamo fatto tanti anni assieme. Sono contento di vederlo come uno dei migliori uomini della sua formazione e del gruppo in generale. Non è lì per caso. Lo ringrazio per il pensiero, mi ha fatto piacere. Con un pizzico di presunzione posso dire che sarei stato un buon gregario. Non avevo paura di prendere il vento in faccia o di andare all’attacco.

Tra i dilettanti hai ottenuto 9 vittorie, alcune importanti. Come mai non sei riuscito a passare?

Una serie di cose, penso. Qualcuno mi rimproverava di non essere costante ma io, anche nelle mie annate migliori, più di così non riuscivo a fare. Qualcuno invece ha riconosciuto che ho avuto avuto anche un po’ di sfortuna. I primi due anni da U23 li ho fatti tra la scuola ed il capire la categoria, poi a 24 anni sono stato giudicato vecchio da un procuratore a cui avevo chiesto aiuto, visto che io non ce l’avevo mai avuto.

E poi com’è andata?

Non l’ho presa bene quella “etichettatura”, sebbene sapessi che quel procuratore stava dicendo una cavolata. Non si può dire così ad un ragazzo che fa sacrifici e risultati, senza sapere nulla e senza contestualizzare. Infatti volevo smettere perché avevo capito che per me non ci sarebbero state altre possibilità. Ho fatto altri due anni con la Viris Vigevano perché un po’ ci speravo ancora e perché mi piaceva fare da “chioccia” ai più giovani, come Ganna, Moschetti, Sobrero, Vlasov e tanti altri. Peccato, mi resta il rammarico di non aver provato a passare e vedere cosa avrei combinato.

La figura del procuratore secondo te quanto può incidere?

Tanto, anche quando fai pochi piazzamenti. Penso al mio ex compagno Enrico Barbin che non ce l’aveva e che nel 2012 con 7 vittorie tutte di altissimo livello pensava di trovare tante squadre, anche fuori Italia, grazie ai risultati. Invece lo cercò solo la Bardiani e dopo i primi anni a prendere mazzate in gara a causa di un calendario minore, divenne più rinunciatario. Noi lo vedevamo cambiato, anche se lui ci ha sempre detto di no. Anche questo aspetto influisce.

Situazioni come la tua continuano a verificarsi. Perché secondo te?

Troppa avidità di certi dirigenti e procuratori. Ed anche la mancanza di lungimiranza. Tutti vogliono prendere chi vince e basta. Ma poi chi è che tira? E credo che bisognerebbe dare un giusto peso alle vittorie. Poi c’è ancora gente che, si sa, porta sponsor e gli vengono spalancate le porte del professionismo. Per me mancano umanità e rispetto. Molti dirigenti, anche tra i pro’, ti promettono tante cose e poi cambiano idea improvvisamente. Non ti prendono oppure, come è successo a qualche mio amico senza fare nomi, ti lasciano a casa senza un reale motivo. Meno male che ci sono anche casi fortunati come quelli di Mosca o Masnada, perché anche lui abbiamo rischiato di perderlo. Ho notato un’altra cosa tra l’altro…

Quale?

Che i flop dei giovani ce li abbiamo solo noi in Italia, nelle nostre formazioni. Sembra che ogni giovane interessante debba raccogliere l’eredità dei grandi nostri corridori. Non si può fare continuamente la caccia al fenomeno. Siamo in balia di questa situazione. Abbiamo tanti buoni atleti, ma nessuno riesce ancora a capire che ogni ragazzo ha la propria maturazione. Ai ragazzi che passano adesso e che non riescono ad andare nel WorldTour consiglio di andare nelle professional estere. Là fanno ritiri come si deve, possono fare un calendario più completo e crescere meglio.

Una soluzione a tutto ciò esiste?

Non lo so. Credo che il dilettantismo italiano vada rivisto o trovato un modello diverso. Purtroppo c’è ancora tanta instabilità economica che condiziona. Alcune gare storiche non ci sono più o sono state ridimensionate. Però credo che alla base di tutto ci vorrebbero nuove figure dirigenziali. Serve un ricambio generazionale e culturale, prendendo spunto dall’estero o dai modelli aziendali. Infine tanta pazienza.

Dalla batosta di Treviso, la lezione di Mosca ai giovani (e a certi team)

27.05.2022
6 min
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Una disattenzione sul Muro di Ca’ del Poggio poteva costare a “Juanpe” Lopez la maglia bianca e tutto il lavoro fatto finora per mantenere la top 10 nella generale. Sommando le osservazioni raccolte ieri dopo la tappa di Treviso, sul più fiammingo dei muri veneti le squadre dei velocisti hanno capito che la fuga stava diventando imprendibile e hanno accelerato in modo selvaggio. Il gruppo si è spezzato e nelle retrovie è rimasto il ragazzino della maglia rosa sull’Etna e delle 9 tappe successive. Una bella lezione, di quelle che ti svegliano: difficilmente Lopez si farà più sorprendere in coda al gruppo.

«Quando ti scontri con una situazione del genere – dice Jacopo Mosca, che ieri ha tirato come tutta la squadra – alla fine hai poco tempo per parlare in corsa. Lavori finché ne hai e noi alla fine siamo scoppiati. Sali sul pullman e potresti cadere nell’errore di dire parole di troppo, ieri non tutti erano contenti. Oppure fai un’analisi, valuti come è andata. Dipende da chi hai di fronte. La parola di un altro corridore quando sei a blocco può essere accettata male. Anche quella di un diesse. Ma se lo stesso concetto te lo spiega un compagno a freddo e in modo lucido, vale di più».

Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole
Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole

Su giovani e squadre

I giovani vanno aspettati. L’esperienza degli ultimi anni dice che il vincitore della maglia rosa s’è portato a casa anche la bianca. Ma non tutti sono fatti allo stesso modo. E non tutte le squadre, malgrado le belle interviste rilasciate nei giorni del Giro, hanno a cuore il discorso. Mosca ad esempio fu lasciato a piedi allo scadere del secondo anno.

«Quando sono passato – ricorda – ero nella squadra di Pozzato agli ultimi anni di carriera. Nel suo modo di parlare e di porsi, ha sempre detto cose giuste al 95 per cento. Sono passato nella fase del cambiamento, all’alba di questo new cycling in cui si va sempre a tutta. Ricordo che il primo anno ruppi il gomito. Feci un po’ di gare a inizio anno e lo chiusi in Cina. L’anno dopo al ritorno dall’ennesima trasferta in Cina, dove avevo anche vinto una tappa, chiesi di andare al Tour of Hainan, che avevo vinto l’anno prima. Sarei partito col numero uno sulla schiena, solo alla fine li convinsi e mi mandarono.

«Correvo al minimo e all’ennesima richiesta sul contratto, Citracca mi disse che non ero abbastanza forte per essere un corridore. Mi disse che la maglia della classifica a punti della Tirreno potevano vincerla tutti: bastava andare in fuga. Sentendo da chi arrivavano certe parole, preferii lasciar correre. Ma capii che sarei rimasto a piedi, non fu facile».

Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Non sempre i giovani vengono aspettati. Di cosa ha bisogno oggi un neopro’?

Dipende da chi hai di fronte. Se il giovane sa imparare dagli altri, non ha bisogno di niente. Ruba il mestiere e va avanti. Se si perde e ha bisogno di essere inquadrato, deve essere disposto ad accettarlo. Non so se ci sia ancora tempo. Io passai a 25 anni e oggi sarei vecchietto, ma cerco ancora di imparare da Cataldo. Dario ha 10 anni più di me, è stato gregario con i più grandi campioni, ha tanto da dare.

I ragazzi vanno aspettati.

Se prendi un ragazzo consapevole di dover faticare per dimostrare quanto vale, allora ha bisogno di tempo. Tanti miei coetanei sono passati con la voglia di farsi vedere. Alcuni hanno smesso, altri sono in squadre professional, ma con un po’ di fortuna in più sarebbero potuti arrivare in una WorldTour come me. Perché ne hanno il livello. Se guardi ai numeri, passano spesso corridori che non meritano ed è chiaro che se non vai, ti lasciano al vento. Ma la colpa non è del ragazzo…

Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Di chi allora?

Di chi lo fa passare, che sia il procuratore o il dirigente sportivo. E’ facile approfittarsi delle voglia di un ragazzo che non vede altro, ma devi essere onesto e capire se davanti hai un corridore vero oppure uno sperso. E io secondo Citracca non ero abbastanza forte per essere un corridore (fa una pausa, lo sguardo si perde chissà dove, ndr).

Ne avete più parlato?

Nel 2020 eravamo alla partenza della tappa dello Stelvio, decisiva per il Giro. Stavamo facendo una bella corsa ed eravamo tutti motivati. Scinto era vicino al pullman parlando con Guercilena e quando mi vide passare, disse che aveva sempre saputo che fossi un buon corridore e che dovevo soltanto dimagrire. Ricordo che Luca lo guardò: «Ma tu – gli disse – zitto non stai mai?».

Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Nessuno parla. Corridori vengono e altri smettono…

Se uno fa il suo, sta zitto e le polemiche non servono. Se rispondi, ti segnano e hai finito di correre.

Ma allora perché passare a tutti i costi in squadre così?

Per me non ha senso dire a un ragazzo di fare un anno in più nei dilettanti. Se sei uno che vince e può scegliere, oppure sei consapevole del ruolo che avrai e ti sta bene tutto, vai e dimostra il tuo valore. Ma si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità. Parlo di Alberto Amici, ma soprattutto di Alfio Locatelli.

Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Bel corridore…

Vinse il Trofeo Balestra battagliando in salita con Moscon e Ciccone. Non lo fecero passare perché era elite. Per lui mi sbilancio, metterei la mano sul fuoco per ogni aspetto. Invece tutto intorno passavano ragazzini che non sapevi chi fossero.

Come fai a metterti in luce se in certe corse il gap fra WorldTour e altri è abissale?

Sta all’intelligenza del ragazzo. Se passi e pensi di poter competere, sei fuori strada. Se poi sei in una piccola squadra, inutile pensare di fare i finali. Ti fai vedere, vai in fuga, che parlino di te. Così il giorno in cui verrà un risultato, sarai quello che da giovane andava in fuga e si faceva notare. Non si deve dare la colpa ai corridori e nemmeno scusarli troppo se non si danno da fare. Correre fuori dal WorldTour è difficile, ma devi andare sempre a testa alta.

La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
Mosca neopro’?

Non avevo risultati clamorosi, il mio modo di correre era lo stesso di oggi quando ho le gambe. Se stai lì e aspetti il finale, non vai da nessuna parte. Adesso è ancora peggio, bisogna capire alla svelta il proprio ruolo. A un ragazzo come Guarnieri bisognerebbe fare un monumento: non ne sbaglia una. Si parla tanto di Morkov, ma lui non è da meno. Non si deve aver paura di svolgere il proprio ruolo e lavorare per gli altri appaga. Lo dico io, ma guardate Puccio e lo stesso Cataldo.

Perché non hai smesso?

Sapevo di non essere un campione, ma potevo ricavarmi uno spazio. Sapevo di valere più di quello che pensavano. E appena ho trovato una vera squadra, sono arrivato al posto giusto.

Una settimana fa, quel pazzesco viaggio di Mosca a Roubaix

24.04.2022
6 min
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Quando di sabato mattina si è presentato al desk dell’autonoleggio vestito con la tuta della Trek-Segafredo, il tipo di là dal banco gli ha chiesto se andasse a correre la Parigi-Roubaix. A quel punto Jacopo Mosca si è reso conto di quanto fosse particolare la situazione. Gli ha risposto che stava andando sì da quelle parti, ma non per correre. Vi pare che potesse spiegargli che stava andando lassù per un saluto alla sua compagna e poi sarebbe tornato a casa per allenarsi?

L’antefatto

L’antefatto sta nelle parole di Elisa Longo Borghini dopo la vittoria della Parigi-Roubaix, completando un discorso fatto alla partenza, quando ci aveva rivelato qualcosa di incredibile.

«Il gesto di Jacopo di venire oggi è stato bellissimo. E’ venuto per dirmi ciao. Si è fermato un’ora e poi è ripartito per andare in altura, visto che sta preparando il Giro. Sapeva che stavo passando un momento così e così, che le cose non andavano come volevo. E alla fine mi ha fatto una sorpresa. Me lo sono ritrovato lì. Gli avevo detto di no, che se fosse venuto lo avrei ammazzato. Ma lui è arrivato lo stesso».

L’umore di Elisa Longo Borghini dopo il Fiandre non era alle stelle, alla Roubaix non voleva andarci
L’umore di Elisa Longo Borghini dopo il Fiandre non era alle stelle, alla Roubaix non voleva andarci

La valigia in mano

Immaginatevi la scena e poi se sarà il caso potremmo chiedere il file, visto che la stessa Elisa ieri, alla presentazione delle squadre della Liegi, ha ammesso che qualcuno potrebbe averla filmata. I due sono insieme da un po’. Finora non se ne era mai parlato per rispetto, ma da poco loro per primi l’hanno reso pubblico (nella foto di apertura sono al via del Gran Piemonte 2021) e questa storia è un momento di ricchezza d’animo che hanno voluto condividere con noi e per il quale li ringraziamo.

«Sono arrivato all’hotel della squadra – racconta Mosca divertito – e tutti i ragazzi dello staff mi hanno salutato, qualcuno capendo e qualcuno no. Siccome le ragazze avevano finito di fare colazione, mi sono infilato nella sala e ho mangiato anche io. Elisa aveva dimenticato di portare giù la valigia, per cui io ero là che parlavo e l’ho vista da lontano. Anche lei mi ha visto, ma non si è resa conto. “Che cosa ci fai qua?”. Aveva certi occhi… Aveva bisogno di un cambio di umore, sentire qualcuno vicino».

Il piano di andare in Francia era scattato già durante il ritiro a Sierra Nevada prima del Giro di Sicilia (foto Instagram)
Il piano era nato già durante il ritiro a Sierra Nevada prima del Giro di Sicilia (foto Instagram)

Altura e Sicila

Torniamo indietro. Mosca è in altura a Sierra Nevada, prima del Giro di Sicilia. Il programma di Elisa non prevede la Roubaix, quindi si sono organizzati per trovarsi a casa il 16-17 aprile, all’indomani della corsa siciliana. Poi Jacopo andrà in altura per il Giro ed Elisa in Belgio per Freccia e Liegi. Pertanto il programma è di andare in Sicilia direttamente da Barcellona, lasciando la macchina in aeroporto, per recuperarla dopo la corsa.

«Invece viene fuori che la portano alla Roubaix – racconta Jacopo – e a quel punto i programmi vanno a farsi benedire. Scendo da Sierra Nevada e ci vediamo a casa per 6 ore prima che io parta per la Sicilia. Però intanto, mentre ero lassù, avevo cominciato a pensare che si potesse fare. Solo che i voli erano impossibili. Così vado in Sicilia e mi ritrovo in camera con Moschetti. Lui è pratico della Francia e cercando viene fuori un bel volo su Parigi Charles de Gaulle. Era la sera prima dell’ultima tappa, il giorno dopo mi sveglio presto e faccio il biglietto. L’auto a noleggio la prenoto dopo la corsa. Alle 23 del venerdì sono a casa in Piemonte».

Al mattino dell’ultima tappa in Sicilia (qui Mosca con Caruso), il biglietto era già comprato
Al mattino dell’ultima tappa in Sicilia (qui Mosca con Caruso), il biglietto era già comprato

Il viaggio comincia

E il viaggio comincia. Mosca carica le bici in macchina. Suo padre teme che voglia guidare fino a Parigi e si tranquillizza solo quando il figlio gli risponde che andrà in aereo. Alle 3,30 parte verso l’aeroporto di Torino. Lascia l’auto con le bici al parcheggio custodito. Il volo è alle 6, per cui alle 7,30 è a Parigi. Prende l’auto e alle 9,30 è all’hotel della squadra a Valenciennes.

«Sono cose che si fanno – sorride – ma non giovano proprio alla vita da atleta. Non posso dire di aver recuperato. Ma tanto domenica era Pasqua e sarei andato a pranzo dai miei, quindi un giorno praticamente libero. Uscivo dal blocco di lavoro del Sicilia, avrei dovuto fare tre ore il lunedì. Per contro, Elisa aveva bisogno di un po’ di grinta. Non so se la mia presenza abbia cambiato le cose, ma ha aiutato. Il sabato sera ero finito, è vero, ma sapete quante volte per voli cancellati stiamo in giro per giorni interi?».

Alla partenza della Roubiax, netto cambio di umore per Elisa Longo Borghini, con la vittoria già sul volto
Alla partenza della Roubiax, netto cambio di umore per Elisa Longo Borghini, con la vittoria già sul volto

Un’ora sola

Stanno insieme per un’ora. Poi, quando Elisa va al raduno di partenza, Jacopo riparte verso l’aeroporto. E nell’impresa è anche fortunato, perché il volo partirà in ritardo di mezz’ora quindi lui ha tempo di vedere l’arrivo trionfale della sua compagna dal cellulare già sull’aereo.

«Quando ha tagliato il traguardo – ammette – ho fatto un urlo ed è venuta la hostess a zittirmi. Per fortuna i passeggeri dietro di me hanno capito che stavo seguendo e che la cosa mi stesse… leggermente a cuore. Non sto a dire che fossi certo che potesse vincere, ma che sarebbe stata nel vivo era sicuro. Lei non voleva correrla e non si sentiva sicura, ma quella corsa è fatta per lei. Io di Nord ne so poco, ma per vincere la Roubaix servono forza e saper guidare la bici: è il suo identikit!».

Sola nel velodromo di Roubaix: sull’aereo alle porte di Parigi, anche Mosca ha cacciato un urlo
Sola a Roubaix: sull’aereo alle porte di Parigi, anche Mosca ha cacciato un urlo

Direzione Sestriere

Il volo per Torino è alle 14. Alle 16 Jacopo è di nuovo in Italia. Recupera la macchina e alle 19 è già a Sestriere, dove si trova tutt’ora per preparare il Giro.

Elisa andrà a fargli visita probabilmente martedì o mercoledì, poi per lui sarà ormai tempo di partire per l’Ungheria. Scherzando gli abbiamo chiesto se abbia pensato di venire a fare un saluto per la Liegi. Ci ha risposto ridendo che oggi deve fare distanza. E che se provasse a partire di nuovo, probabilmente Luca Guercilena strapperebbe il contratto di entrambi. Però, caro Jacopo Mosca, lasciatelo dire: questo viaggio è stato davvero una cosa ben fatta.

Longo Borghini all’Inferno per istinto, per rabbia e per amore

16.04.2022
5 min
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Ha vinto la Roubaix e non voleva neanche farla. Alla Trek-Segafredo hanno dovuto impuntarsi e adesso che l’ha vinta e ha un sorriso che irradia più di questo sole di primavera, Elisa Longo Borghini fa il mea culpa più simpatico.

«Alla fine devo dare ragione alla squadra – dice – sanno cosa posso dare e come sto. Li devo ringraziare e cospargermi il capo di cenere. Devo dire grazie alla Trek e alle mie compagne, che hanno corso in modo magistrale. Ma questo non è stato una sorpresa, è il rullino di tutta la stagione. Alla fine non importa chi vince, conta che vinciamo noi».

Da quanto tempo Longo Borghini aspettava una vittoria così? Finalmente la sfortuna è alle spalle
Da quanto tempo Longo Borghini aspettava una vittoria così? Finalmente la sfortuna è alle spalle

Il centro del velodromo è tornato ai fasti di un tempo, con i giornalisti e i corridori insieme a scambiare racconti e domande. Abbiamo vissuto il suo ingresso in pista come una liberazione, perché il vantaggio non decollava e dietro Lotte Kopecky faceva francamente ancora paura. Ma Elisa sa volare nelle crono e quando ha avuto strada libera davanti, ha messo giù la testa e macinato chilometri e sassi.

Un urlo di rabbia

Dopo aver tagliato il traguardo, aver gettato lo sguardo alla curva dove ha riconosciuto la sua famiglia, Elisa ha tirato giù le braccia e cacciato un urlo che in qualche modo ha fatto tremare anche l’obiettivo a 50 metri di distanza (foto di apertura). Da sola per trenta chilometri e avendoci creduto per ogni singolo metro, la campionessa italiana ha visto passare il film di una stagione sfortunata e le ha gridato in faccia tutta la sua rabbia.

«Sì, rabbia – conferma – per la stagione che era partita un po’ storta. Ho avuto una sinusite che mi ha penalizzata. Alla fine sapevo di andare forte, ma non riuscivo a respirare. Era difficile esprimersi al meglio. Mi sono messa a disposizione della mia squadra e anche oggi fino al momento di attaccare, l’idea era quella. Per fortuna è venuto questo colpo di istinto e sono andata. Sapevo che alla peggio avrei messo in una buona posizione Lucinda Brand, che avrebbe dovuto stare a ruota e seguire solo la SD Worx. E poi, niente, ragazzi… Sono andata a blocco!».

Curva pericolosa

Così tanto a blocco che a un certo punto, all’ingresso di una curva a destra, ha preso un’imbarcata che l’ha sparata verso l’altro lato della strada, dove è servita tutta l’arte a disposizione per evitare di cadere. Lei scoppia a ridere, perché adesso si può.

«Vorrei sentite il commento dei ragazzi della Roubaix – dice – che l’anno scorso mi prendevano in giro perché usavo un rapportone. Chissà quest’anno che cosa mi diranno. Ma alla fine, se vuoi vincere una corsa come questa, i rischi te li devi prendere. E avevo una bicicletta spaziale, secondo me la migliore del gruppo».

Dopo l’arrivo, smaltita l’adrenalina, la sua analisi è tornata pacata come al solito
Dopo l’arrivo, smaltita l’adrenalina, la sua analisi è tornata pacata come al solito

La spinta dei tifosi

Da sola, con le inseguitrici dietro che non hanno mollato un solo metro, ma anche due compagne a fare buona guardia, quando Elisa è uscita ancora in vantaggio dal Carrefour de l’Arbre, è stato chiaro che ce l’avrebbe potuta fare.

«Io ci ho creduto dall’inizio – dice – se non ci credi, non vai da nessuna parte. L’Arbre da sola è stato bellissimo. Devo dire che ritrovare il pubblico su queste strade è stato molto bello. Noi viviamo grazie a loro e sentire gli italiani che gridavano il mio nome o anche la gente francese che mi chiamava, mi gasava tantissimo».

Il gesto di Mosca

Ma la vera marcia in più, quella confessata a mezza bocca stamattina alla partenza, è stata la visita a sorpresa di Jacopo Mosca. Il suo compagno ha finito ieri il Giro di Sicilia, ha viaggiato fino a casa e poi è ripartito per Roubaix. La notte, ha scherzato in un messaggio, è abbastanza lunga per fare certe cose.

«Il gesto di Jacopo di venire oggi alla Roubaix – dice lei strafelice – è stato bellissimo. E’ venuto per dirmi ciao. Si è fermato un’ora e poi è ripartito per andare in altura, visto che sta preparando il Giro. Sapeva che stavo passando un momento così e così, che le cose non andavano come volevo. E alla fine mi ha fatto una sorpresa. Me lo sono ritrovato lì. Gli avevo detto di no, che se fosse venuto lo avrei ammazzato. Ma lui è arrivato lo stesso».

Cena pagata e adesso via con le interviste di rito. Si potrebbe restare a parlare ancora a lungo, ma si è alzata un’arietta fastidiosa e in sala stampa l’aspettano per il suo racconto. La Parigi-Roubaix resta in casa Trek-Segafredo e continua a parlare italiano dopo la vittoria 2021 di Colbrelli. Elisa si allontana. La sua settimana prevede ancora la Freccia Vallone e poi la Liegi-Bastogne-Liegi.