In bici da due settimane, Jacopo dorme poco ma sorride sempre

07.08.2021
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Il 18 giugno scorso, in quella fornace esagerata con cui Faenza accolse il campionato italiano a cronometro, Jacopo Mosca sbagliò la terza di tre curve e spiccò il volo. In quelle ultime frazioni in cui il suo corpo era ancora sano, senza paura per il semplice fatto di non averne avuto il tempo, il piemontese fece in tempo a processare ogni informazione che i suoi occhi e i suoi sensi furono capaci di raccogliere. Tanto che quando oggi ti racconta la scena, si fa fatica a non avere la pelle d’oca.

A Sega di Ala con Brambilla, scortando Nibali: «L’incidente al polso – dice Jacopo – ha cambiato ogni cosa»
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Ricordi chiarissimi

«Io mi ricordo tutto – Jacopo racconta – ero all’inizio della discesa. Ero andato per due volte con Tiberi a vedere quel passaggio e ci eravamo detti che non c’erano curve pericolose. Sinistra, destra, sinistra. In discesa sono uno che va, ma quel giorno neanche ho rischiato tantissimo. La prima l’ho fatta e ho preso velocità. La seconda l’ho fatta e mi sono ritrovato a 73 all’ora. Mancava la terza, ma ho perso il controllo della bici. La ruota dietro ha scodato. C’erano una siepe e un albero. Sulla siepe mi sono grattato. Contro l’albero ho rotto la clavicola. E cadendo sulla strada ho fatto il resto. La prima cosa è stato vedere se le gambe si muovevano. Fatto quello, ho lasciato che Slongo e mio padre che erano in ammiraglia mi aiutassero a spostarmi perché ero in mezzo al percorso. In quel momento ho capito di avere qualcosa ai polmoni, perché respiravo come Darth Wader di Guerre Stellari. Ed ero pieno di sangue per il taglio sull’orecchio. Però ero ancora vivo».

Casa Mosca

Benvenuti a casa Mosca, primi giorni di agosto, gli ultimi delle Olimpiadi. Jacopo ha già ripreso ad andare in bicicletta, ma da qui a dire che sia pronto per riattaccare il numero il passo è chiaramente molto lungo. Una caduta così è tanto se la racconti avendo ogni pezzetto al suo posto. E se pure lui ha vissuto tutto e riesce a raccontarlo con grande lucidità, chi gli era accanto ha trascorso un avvio di estate a dir poco preoccupante.

«Le tac – prosegue Jacopo – sembravano un bollettino di guerra. La questione più delicata era il pneumotorace. Per la clavicola sono stato operato. Costole e schiena sarebbero andate a posto col tempo. Non è stato bello avere il drenaggio ai polmoni, ma in quei primi giorni ho capito che la questione era risolvibile. Brutta, ma risolvibile. Tanto che il giorno dopo, quando è venuto il dottor Magni, per prima cosa gli ho chiesto quando sarei potuto uscire».

Mosca e Moscon, sorrisi dal Giro d’Italia: il buon umore non guasta mai
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Adesso come stai?

Sto recuperando abbastanza, ma sarà lunga. Sono in grado di andare in bici, ci sono risalito 15 giorni fa, 32 dopo la caduta. Per ricominciare, la squadra mi ha mandato la bici che normalmente si usa alla Roubaix, che è un po’ più morbida. Sulla mia non riuscivo quasi a starci. E’ tanto rigida e con la posizione in avanti, che non arrivavo alle leve dei freni. Però ho ricominciato a uscire, anche se tornavo a casa con più battiti che watt. E ora ho ripreso la bici di sempre…

Dopo quella crono saresti andato in vacanza?

Era l’ultima gara della prima parte di stagione. Avrei staccato e me ne sarei stato tranquillo. Per fortuna è successo dopo il Giro, che era la parte più importante della mia stagione. Ripartirei domani se fossi in grado, a livello di voglia non vedo l’ora. Ma con la squadra ci siamo detti di usare il cervello e di stare tranquillo. Che se anche non rientro in corsa quest’anno, mi aspettano per il prossimo. Non sono più nella fase precaria della mia carriera in cui dovevo preoccuparmi per il contratto, quella l’ho superata. Se fossimo ancora a quegli anni, adesso avrei addosso uno stress…

Hai parlato del Giro.

Personalmente sono soddisfatto, perché ho confermato quanto di buono avevo fatto vedere l’anno prima nello strano Giro corso a ottobre. Ovviamente come squadra sarebbe potuto andare molto meglio. Nei primi giorni ho fatto un gran lavoro. E secondo me ho fatto anche qualche bella impresa.

Ha ripreso la bici 32 giorni dopo l’incidente: qui Jacopo con papà Walter che c’era il giorno della caduta
Ha ripreso la bici 32 giorni dopo l’incidente: qui Jacopo con papà Walter
Ad esempio?

Ne ho riso con Affini nei giorni successivi. Ci siamo ritrovati in fuga il giorno dello Zoncolan. Io per aiutare Mollema che poi à arrivato quinto, lui per Bennett che è arrivato settimo. E ci siamo detti che per noi è stato un grande risultato. La squadra era soddisfatta, perché ho fatto il mio lavoro come dovevo.

Cosa manca per dire che sei a posto?

Ci sono state due complicazioni. La prima un versamento pleurico al polmone sinistro. La seconda che la ferita dell’operazione non si è ancora chiusa per un’infezione. Hanno trovato un batterio che ho curato con l’antibiotico e ora sto aspettando e facendo terapie aspettando che si chiuda del tutto. Sono al 90 per cento di mobilità della spalla, poi dovremo mettere a posto la schiena. Faccio tanto lavoro di recupero funzionale.

Si dice sempre che il giorno dopo è il peggiore…

A parte le fratture e il resto, il vero dramma erano le notti. In ospedale i primi giorni dormivo a dire tanto due ore, sommando i pezzettini di sonno che riuscivo a fare. Ricaricavo il telefono tre volte al giorno, ero sempre attaccato a leggere e far passare il tempo. A casa non riuscivo a stare disteso a letto, finché mia madre ha avuto l’idea geniale e mi ha proposto di dormire sul divano. E fra cuscini e posizioni varie, sono passato 3-4 ore per notte.

Il 2021 era iniziato alla grande: qui la vittoria di Teuns a Sanremo, il contributo di Jacopo non è mancato
Vittoria di Teuns a Sanremo, il contributo di Jacopo non è mancato
Ne hai approfittato per seguire il ciclismo in tivù?

Con le dirette integrali, non mi sono perso un solo chilometro di corsa. La corsa di Tokyo l’ho vista dalla partenza, quella delle donne idem, ma partiva più tardi.

Come sarà in Trek senza più Nibali?

Devo dire che in questi ultimi tempi non ho seguito molto le vicende del mercato. Però perdere uno come “Vince” un po’ ti cambia, poi vedi quello che ha fatto Ciccone al Giro e ti dici che l’uomo da classifica lo abbiamo. Ma in questo anno e mezzo da Nibali ho imparato tanto.

Che cosa?

L’ho osservato in ogni cosa. La sua guida in discesa, ad esempio. Quando scendi alla sua ruota capisci perché sia uno dei più grandi al mondo. Fa linee perfette e mai al limite. Non lo vedi preoccupato, è sempre in controllo. Dispiace che sia caduto prima del Giro.

Il Giro d’Italia è stato il momento clou della prima parte di stagione di Jacopo Mosca, in appoggio a Nibali e Ciccone
Il Giro d’Italia è stato il momento clou della prima parte di stagione
Un brutto colpo, hai ragione.

Siamo stati in stanza insieme sul Teide e poi al Giro. Quando punta a un obiettivo sta nel suo mondo, concentratissimo. Ma visto come andava in altura e i tanti sacrifici che abbiamo fatto, quando ho sentito che era caduto e si era rotto il polso, mi è dispiaciuto prima per l’uomo e poi per l’atleta. Non sono i cinque giorni di bici che perdi, ma un incidente così alla vigilia del Giro ti condiziona. Passi da essere super motivato a perdere la fiducia.

Tanta voglia di ripartire quest’anno, pensi che ci riuscirai?

Mi piacerebbe fare qualche corsa a fine stagione, ma bisogna ragionare. Se sarò all’altezza, ci sarò di certo. Ma anche parlando col dottor Magni si diceva di capire bene ogni cosa. Se per fare tre corse a ottobre, devo pregiudicarmi la possibilità di fare un buon inverno, allora tanto vale avere pazienza sino alla fine.

La mobilità della spalla è ormai arrivata al 90 per cento
La mobilità della spalla è ormai arrivata al 90 per cento

Una nuova vita

Il sorriso è discreto come al solito. Benvenuti a casa dell’uomo che ha dovuto sudarsi il suo posto nel mondo, ma che alla Trek-Segafredo ha cambiato vita e prospettive. La sua calma davanti a un incidente così brutto si deve anche a questo. Quando intorno hai solo punti di riferimento solidi, capisci che poteva andarti anche molto peggio e che nel brutto sei stato fortunato. Ci sarà da chiedere scusa ai propri cari per lo spavento e le settimane d’inferno. E ci sarà soprattutto da lavorare sulle curve a sinistra. Quelle, amico Jacopo, ancora danno qualche problema…