Basso e una fuga che meritava più risalto

21.03.2024
5 min
Salva

«Mi dispiace molto che l’azione dei miei tre ragazzi, sabato alla Milano-Sanremo, sia passata così sotto silenzio. Si guarda sempre e solo al risultato finale, all’ordine d’arrivo dimenticando che il ciclismo è impegno, prestazione, ha tanto altro da dire». Sono sferzanti le parole di Ivan Basso, il manager della Polti-Kometa anche a distanza di qualche giorno dalla Classicissima, dove Andrea Pietrobon, Davide Bais e Mirco Maestri hanno costruito un’azione durata ben 250 chilometri, in compagnia di altri 8 corridori (tra cui, è giusto sottolinearlo, un altro trio dello stesso team, la Corratec-Vini Fantini con Baldaccini, Conti e Tsarenko).

Una fuga dove c’era la chiara sensazione che nulla fosse stato lasciato al caso, ma che anzi era la messa in pratica di un progetto partito da lontano: «Noi abbiamo presentato alla Sanremo una squadra con un velocista come Lonardi che aveva il compito di tenersi il più possibile attaccato agli altri sprinter del gruppo, poi un manipolo di attaccanti. Dovevamo ritagliarci uno spazio in una gara molto particolare, perché ha un copione già scritto».

Per Basso l’azione dei 12 ragazzi alla Classicissima non è stata considerata nel dovuto modo
Per Basso l’azione dei 12 ragazzi alla Classicissima non è stata considerata nel dovuto modo
In che senso?

A differenza di tante altre corse, la Milano-Sanremo è come se avesse un copione prestabilito. Alla vigilia tutti dicevano che la Uae avrebbe cercato di far selezione per lanciare Pogacar, che Tadej e Van der Poel avrebbero cercato di fare la differenza sulla Cipressa o sul Poggio e che la corsa si sarebbe risolta o nella sfida a due o con un manipolo ristrettissimo di corridori. E così è stato, la trama è stata rispettata. Noi in questa lettura dovevamo ritagliarci un nostro spazio e potevamo farlo solo con la fuga a lunga gittata.

Perché dici che alla vostra azione non è stato dato il giusto risalto?

Perché ormai le fughe vengono date per scontate, ma non è così. C’è un metodo per andarci e devi impararlo, faticando, correndo, prendendo vento in faccia. Non è facile, non è scritto che la fuga parta e soprattutto con chi. I ragazzi sono stati bravissimi, già dopo 15 chilometri hanno beccato l’azione giusta anche con altri corridori dalle caratteristiche simili. Non è un caso ad esempio se nella stessa fuga c’erano Maestri e Tonelli, lo avevano fatto anche lo scorso anno, perché hanno quel tipo di fiuto.

Maestri e Pietrobon. L’azione del team era stata pianificata alla vigilia della corsa
Maestri e Pietrobon. L’azione del team era stata pianificata alla vigilia della corsa
Che valore ha avuto una fuga così lunga?

Altissimo perché ha dato un’impronta alla corsa. In quel gruppo di 12 coraggiosi c’erano corridori molto bravi, forti e non è un caso se il gruppo non ha permesso che si raggiungessero grandi distacchi, li ha sempre tenuti a tiro. Quell’azione ha costretto i team a lavorare sempre, per tutta la gara e quindi ha anche influito sul loro rendimento nel corso della giornata.

Pensi che abbia influito anche sulle strategie di corsa del team più forti? Ad esempio la Uae che doveva rendere la corsa dura prima che Pogacar partisse…

Questo non lo credo, squadre simili sono attrezzate a tirare per tutta la giornata come si vede sempre nei grandi Giri. Sanno come affrontare queste giornate, alla fine la trama di cui sopra si è comunque svolta senza grandi sorprese, ma certamente ha caratterizzato la corsa.

Un’altra fuga lunghissima per Davide Bais, ripreso solo poco prima del Poggio
Un’altra fuga lunghissima per Davide Bais, ripreso solo poco prima del Poggio
Ti aspettavi che Bais arrivasse così lontano, fino quasi all’imbocco del Poggio?

Questo è un tema che mi preme molto affrontare. Davide è un corridore italiano che sta maturando, che si sta caratterizzando per la sua capacità di andare in fuga. Si sta costruendo come atleta. Se prendi vento in faccia ti aumenta l’autostima. Oggi ti prendono a 15 chilometri dall’arrivo, domani a 10 ma verrà il giorno che al traguardo ci arrivi e lui l’ha già dimostrato al Giro d’Italia. Quando però avviene, non è un caso e non c’è da stupirsi. C’è da capire che anche quella vittoria sarà stata frutto di strategia, di un lavoro partito da molto lontano. Maestri ci aveva provato alla Tirreno-Adriatico, ci ha riprovato alla Sanremo e ci riproverà. Quando ci riuscirà (e io ne sono sicuro), sarà frutto di tutte queste occasioni che non sono andate a vuoto, non sono state tempo sprecato, anzi.

Secondo te quali erano le condizioni perché la fuga arrivasse?

Serviva innanzitutto una sottovalutazione da parte delle altre squadre, di quelle principali, ma c’erano diesse molto esperti, che infatti hanno subito sollecitato i loro ragazzi a mettersi all’opera tenendola vicina. Poi che ci fossero condizioni climatiche adatte. Se ci fosse stato un forte vento a favore soprattutto sulla costa, quando si arrivava ai meno 30, allora per il gruppo sarebbe stato complicato rimettere le cose a posto. Ribadisco, a volte le fughe arrivano, non vanno prese sottogamba e soprattutto vanno valutate nel dovuto modo, dando il giusto risalto a chi le compie. Io ricordo che avevo un compagno che proprio grazie alle fughe è diventato famoso, Jens Voigt, perché di corse ne ha vinte così e anche corse di spicco.

Anche la Corratec-Vini Fantini ha piazzato 3 corridori in fuga
Anche la Corratec-Vini Fantini ha piazzato 3 corridori in fuga
Questa delle fughe sta diventando un vostro marchio di fabbrica?

Sì, ma non siamo solo questo. Io ho davanti agli occhi i numeri pazzeschi che Pietrobon, Bais e Maestri hanno realizzato sabato, mettono dentro cavalli nel motore e se li ritroveranno più avanti. Io dico che il loro rendimento rispecchia questa prima parte di stagione.

Com’è stata secondo te?

Molto positiva. Abbiamo realizzato il quadruplo dei punti Uci rispetto allo scorso anno, con 3 vittorie. Ma io guardo anche oltre: quando fai doppia attività e vedi che ottieni risultati in contemporanea significa che la squadra funziona e non parlo solo dei corridori, ma di tutto lo staff. Siamo cresciuti in maniera esponenziale, abbiamo perso elementi importanti in campagna acquisti come avevo sottolineato, ma ne abbiamo presi altri validissimi e soprattutto stiamo valorizzando i nostri talenti coltivati piano piano. Guardate Piganzoli com’è andato alla Tirreno… Diamo valore alle prestazioni, non solo ai risultati, anche perché se a vincere sono sempre gli stessi, gli altri che cosa devono fare? Il ciclismo è qualcosa di molto più complesso che uno stringato ordine d’arrivo.

De Cassan, come sta andando nel mondo dei pro’?

08.02.2024
4 min
Salva

In un ciclismo sempre più veloce e selettivo, è difficile prendere le misure, adattarsi e di conseguenza avere delle certezze. Questo succede a tutti i corridori, dal più esperto al giovane che si affaccia per la prima volta al professionismo. Davide De Cassan fa parte della seconda categoria: il ragazzo trentino si è affacciato quest’anno nel mondo dei grandi, con la Polti-Kometa. A dirla tutta con il team di Basso aveva già fatto lo stagista, indossando la maglia della Eolo-Kometa (nome della squadra fino al 31 dicembre 2023). 

De Cassan, con i suoi 22 anni compiuti da poco più di un mese, ha messo i suoi pensieri in un post su Instagram, nel quale ha scritto di essersi lasciato alle spalle i dubbi dell’inverno. Le prime risposte sono arrivate alle corse della Challenge Mallorca. Non ha avuto nemmeno il tempo di riordinare le idee che si è trovato in Turchia pronto per il Tour of Antalya. 

De Cassan ha fatto un periodo da stagista con la Eolo (poi Polti-Kometa) nel 2023
De Cassan ha fatto un periodo da stagista con la Eolo (poi Polti-Kometa) nel 2023
Innanzitutto come stai?

Bene grazie! Siamo qui in Turchia e oggi è iniziato il Tour of Antalya, quattro giorni tosti ma siamo pronti. Le prime gare in Spagna sono andate molto bene, avevo tante domande sulla mia competitività perché il salto di categoria si sente. C’è tanto da fare, ma sono fiducioso, temevo di essere messo peggio. 

Ma quali erano questi dubbi?

Erano a tutto tondo in realtà, anche perché quando ci si allena per mesi senza avere un confronto non è facile. Vero che si guardano i valori, ma era il primo inverno da pro’ e non avevo riferimenti. Il confronto con i compagni mi ha aiutato tanto, ho sfruttato ogni occasione con loro per imparare qualcosa. 

Avevi qualche domanda specifica?

Non domandavo nulla di specifico, tutto quello che mi passava per la testa lo chiedevo. Tante domande le avevo sugli allenamenti a casa e su come stare in gruppo, anche se poi gli argomenti spaziavano davvero molto. 

De Cassan (a sinistra) insieme a Paul Double alle gare di Maiorca
De Cassan (a sinistra) insieme a Paul Double alle gare di Maiorca
Nel post hai parlato di inserimento, tu hai avuto anche l’esperienza da stagista con loro. Quanto è stata utile?

E’ stata davvero un’opportunità importante, in quelle settimane ho visto tante cose sulle quali avrei dovuto lavorare. Alla fine è un mondo completamente nuovo, anche se, grazie all’esperienza da stagista, ho avuto modo di ambientarmi bene. 

Su quali aspetti sentivi di dover lavorare durante l’inverno?

Sulla velocità in pianura. Ho avuto modo di vedere quanto vanno forte i professionisti e questo mi ha impressionato. La differenza tra le due categorie è davvero tanta. In inverno ci ho lavorato tanto, anche con allenamenti specifici come ripetute lunghe all’inizio e alla fine degli allenamenti. Oppure sprint e partenze da fermo. 

Il giovane trentino ha lavorato tanto per incrementare la velocità in pianura
Il giovane trentino ha lavorato tanto per incrementare la velocità in pianura
Quindi hai cambiato qualcosa negli allenamenti?

Sì. Ho messo meno dislivello, ma più pianura, proprio per migliorare. Tanta Z2 per abituarsi bene al colpo di pedale. Dal punto di vista dei rapporti utilizzati però non ho cambiato nulla.

Che morale hai tratto dopo le prime gare in Spagna?

Mi sono detto: «Bene, sono ad un buon punto di partenza». La strada è lunga, ma la base c’è.

De Cassan ha corso per i tre anni in cui è stato U23 con il Cycling Team Friuli (phtors.it)
De Cassan ha corso per i tre anni in cui è stato U23 con il Cycling Team Friuli (phtors.it)
Tu sei uscito dal CTF che è una squadra satellite della Bahrain. Tuttavia sei diventato pro’ in un mondo nuovo, senza una “continuità” di progetto…

Vero era praticamente tutto nuovo, ma in Polti-Kometa ci sono delle figure che già avevo conosciuto al CTF: Pietrobon, i fratelli Bais e ora è arrivato anche Fabbro. Avere loro al mio fianco mi ha aiutato tanto. Non nego che le prime volte quando avevo bisogno di una mano mi giravo verso di loro. Magari è una cosa piccola, però aiuta molto quando sei in un mondo completamente nuovo.

Ellena, la wild card del Giro e la fatica dei giovani

27.01.2024
6 min
Salva

«Quando ti dicono che farai il Giro d’Italia – spiega Ellena con buon umore – cambia la stagione. E’ l’obiettivo che ti sei prefissato, ma non hai la sicurezza di andarci. Come squadra italiana, lavori in quel senso ma intanto valuti anche le alternative. L’annuncio della wild card è la conferma che stai andando nel senso giusto. Lo sappiamo, il Giro d’Italia è l’avventura principale. Andarci vuol dire confermare le attese degli sponsor, soprattutto quando hai sponsor nuovi…».

Il direttore sportivo piemontese del Team Polti-Kometa ne sa qualcosa. In tutti i suoi anni insieme a Gianni Savio, il giorno delle wild card ha sempre portato grandi gioie e grandi delusioni. Una delle ultime, quella del 2021, li vide esclusi fra le polemiche in favore della Vini Zabù, che poi rinunciò al Giro per un caso di doping. Oggi per fortuna è tutto nuovo. Dallo scorso anno Ellena è entrato a far parte della squadra di Basso: inizialmente con un contratto a giornate, ora in pianta stabile. Nel mezzo, lo scorso settembre, un incidente in montagna poteva mettere fine a ogni cosa. Poi la paura ha ceduto il passo alla speranza. La tempra è solida e Giovanni è ormai tornato alla solita vita. Se ne è accorta anche sua moglie, sorride, che lo trova rompiscatole come ai bei tempi.

La squadra che fino al 2023 era Eolo-Kometa, da quest’anno è il Team Polti-Kometa. Qui in ritiro a Oliva (foto Maurizio Borserini)
La squadra che fino al 2023 era Eolo-Kometa, da quest’anno è il Team Polti-Kometa. Qui in ritiro a Oliva (foto Maurizio Borserini)
Giri d’Italia con squadre giovani che devono dimostrare ne hai fatti tanti, praticamente tutta la carriera. E’ un modo diverso di viverli, probabilmente non ci si può sedere mai…

Un modo meno seduto, avete descritto perfettamente la situazione. E’ vero che all’interno di questa squadra c’è grande programmazione, però proprio perché hai a che fare con dei ragazzi giovani, da un giorno all’altro può cambiare tutto. Non si conoscono ancora al 100 per cento. Nonostante siano dei talenti, l’imprevisto può succedere. Il vento in faccia che non serviva e che paghi il giorno dopo. Oppure il dimenticarsi di mangiare, nonostante tu abbia un programma di alimentazione. Magari però c’è stata un’ora a fuoco e non sei riuscito a buttare giù niente e te lo porti dietro per tre giorni. Queste piccole cose che ti costringono a rianalizzare tutto.

Parlando con Pellizzari, il discorso è finito sull’ambiente. Secondo lui i giovani delle grandi squadre arrivano prima in alto perché hanno il confronto quotidiano con i grandi campioni.

E’ una cosa giustissima, Pellizzari ha visto giusto. Il confronto con certi campioni, il fatto di pedalargli al fianco, ti fa scattare una molla: se lo fa lui, lo faccio anch’io. Se invece non sei con loro, chiaramente hai il dubbio e la paura. E’ una questione psicologica, che mi fa pensare a un libro che sto leggendo. Si parla del record sul miglio in atletica leggera: erano anni che non veniva superato. Poi lo supera uno e di colpo durante l’anno lo superano tanti altri. Perché prima mentalmente erano tutti bloccati, invece il fatto che il primo ci sia riuscito ha fatto pensare anche agli altri di poterlo fare. C’è da dire che in questa squadra ci sono due personaggi come Basso e Contador, che sanno trasmettere fiducia. Non pedalano più con loro, perché non hanno la condizione di quando erano corridori. Però sentirti dire da loro due che stai andando bene in salita, fa un grande effetto, soprattutto quando sei giovane.

Fa la differenza secondo te?

Se te lo dico io, è un fatto di sensazioni e puoi anche crederci. Se te lo dice il preparatore, ci puoi stare perché lui ha in mano i numeri. Però se te lo dice un Contador o un Ivan Basso, secondo me a livello psicologico ha grande influenza. Non come se ti stessi allenando con Pogacar, ma incide. Lo sappiamo, ce lo siamo detti: manca il campione che faccia da guida.

Ellena è entrato nello staff dei ds lo scorso anno. Qui con Zanatta ed Hernandez, manca solo Biagio Conte (foto Maurizio Borserini)
Ellena è entrato nello staff lo scorso anno. Qui con Zanatta ed Hernandez, manca Conte (foto Maurizio Borserini)
Come dire che i giovani italiani impiegano più tempo perché hanno meno occasioni per costruirsi delle sicurezze?

Chiaramente hanno attorno la struttura delle squadre. Quello che gli viene insegnato è quello che effettivamente gli serve, però tante volte manca la certezza che funzioni. Invece se fai il tuo lavoro, poi esci con Pogacar e ti stacca solo negli ultimi 200 metri di salita, perché stavi facendo dei lavori, allora capisci che stai andando bene. Fai le prove in allenamento prima che in gara. Se invece lo fai da solo, puoi fare i numeri migliori, ma il dubbio ti resta e puoi chiarirtelo solo in corsa.

Al prossimo Giro ci saranno Piganzoli e Pellizzari, due che nel 2023 erano sul podio del Tour de l’Avenir. Sarebbe giusto secondo te dargli psicologicamente un po’ di gas oppure è bene tenerli coi piedi per terra?

Dipende dal carattere. Piganzoli lo sto conoscendo adesso, lavoro con lui da solo un anno e poi comunque lui è un corridore di Zanatta. Durante il Tour de l’Avenir la sera da casa gli mandavo le informazioni sul percorso del giorno dopo, sulle salite e anche su quella brutta discesa in cui sono caduti in tanti. L’altro giorno sulla Gazzetta dello Sport è uscita una pagina che lo proiettava verso il Giro con Pellizzari e mi è venuto il dubbio che potesse avergli messo un po’ di pressione. Invece ci siamo sentiti e mi ha detto di non avere problemi. Se poi lo mascheri bene o sia veramente forte caratterialmente, è un altro discorso. L’avvicinamento al Giro è ancora lungo, ma sono certo che lui lo abbia cerchiato almeno tre volte

E’ un fatto però che ai nostri manchi un po’ di… sfrontatezza. Al netto della sua storia successiva, un carattere come Riccò non c’è più stato.

E’ vero, il ciclismo italiano in questo momento ha mancanza di questo approccio in tutto, anche a livello di squadre. Mancano i soldi, è vero. Ti trovi di fronte a squadre in cui chi ne ha di meno, ha 25 milioni di budget, quindi è normale che una struttura così imponente ti metta in soggezione. Perciò magari avresti voglia di alzare la testa, ma la paghi cara. D’altra parte però, io sono ancora convinto che nonostante i milioni di euro, la nostra cultura ciclistica sia ancora avanti, le regole sono quelle. Però è chiaro che se poi vai a comprarti Pogacar, Roglic e Vingegaard, puoi anche essere più bravo di loro, ma resta sempre una differenza abissale. Noi abbiamo dei corridori di qualità che stanno crescendo e siamo convintissimi che faranno grandi cose.

Orlen Nations Grand Prix 2023, vince Piganzoli, esulta Pellizzari. Ellena ha sempre amato lavorare con i giovani (foto PT photos)
Orlen Nations Grand Prix 2023, vince Piganzoli, esulta Pellizzari. Ellena ha sempre amato lavorare con i giovani (foto PT photos)
Quale sarebbe secondo te un obiettivo per cui essere contenti del prossimo Giro? 

Sono d’accordo con Basso sul fatto che una vittoria di tappa sarebbe una bella storia da raccontare. Polti è rientrato nel ciclismo da quest’anno e ricordiamo bene che nella loro prima esperienza, al Giro d’Italia erano capaci di dettare legge. Adesso non è così, ma sono certo che abbiamo tutto quello che serve per avvicinarci al livello più alto. L’obiettivo potrebbe essere vincere una tappa, ma non una tappa a caso. Sarebbe bello individuarne alcune che si addicono ai nostri atleti e riuscire a finalizzare. Un approccio meno garibaldino, più da grande squadra. Programmazione, avvicinamento, raggiungere l’obiettivo.

Venendo a te, la schiena come sta?

Sta bene, anche se a posto ormai non lo sarà più. Ho dentro una staffa di 20 centimetri che resterà lì, ma non ho problemi a camminare e fare il mio lavoro. Ieri ho anche fatto 25 chilometri in bicicletta e per fortuna non lo faccio più di mestiere. Però mentalmente, dopo l’ultimo ritiro sento di essere tornato il Giovanni Ellena di prima. Cioè sto più attento alle cose, sono più sul pezzo, coi ragazzi sono più esigente su determinate cose. E mia moglie infatti (sorride, ndr) mi ha detto che comincio a rompere come quando stavo bene. Forse ha ragione lei…

Basso e Zanatta, cambi regolari per arrivare lontano

19.01.2024
5 min
Salva

Ivan Basso e Stefano Zanatta sono due facce della stessa medaglia, compagni di squadra nella corsa per far coincidere le ambizioni con i mezzi a propria disposizione. E come accade nel gruppo, in cui i corridori delle professional hanno l’obbligo (non scritto) di stare alle spalle delle WorldTour, anche far quadrare i conti e tirare fuori il meglio dai propri uomini è un compito niente affatto semplice. Il Team Polti-Kometa che si affaccia sulla stagione 2024 ha perso due degli atleti che nella storia recente ne hanno tenuta alta la bandiera: Fortunato e Albanese, passati in squadre WorldTour. Eppure è convinzione di Basso che la squadra si sia rinforzata.

«In generale – spiega – ritengo che ci sia un gruppo più coeso. Sono molto orgoglioso di quello che abbiamo fatto con “Alba” e lui lo è di noi. Stessa cosa con Fortunato. Sono state due operazioni positive, due ragazzi italiani completamente diversi fra loro che si erano un po’ persi e noi li abbiamo rilanciati. Ritengo che il livello generale sia cresciuto. Bais è migliorato tanto. I due ragazzi colombiani che arrivano dalla squadra di Savio a mio modo di vedere faranno un salto di qualità. E poi tutti aspettiamo Piganzoli. Non puoi piazzarti nei primi tre all’Avenir e non venire fuori…».

L’arrivo di Fabbro potrebbe rinforzare il team che, a detta di Basso, appare più coeso (foto Maurizio Borserini)
L’arrivo di Fabbro potrebbe rinforzare il team che, a detta di Basso, appare più coeso (foto Maurizio Borserini)

I passi giusti

Sulla questione dei giovani si spacca il capello in quattro, in attesa che il tempo fornisca elementi sufficienti per una statistica attendibile. Fra gli juniores che arrivano e vincono nel WorldTour e quelli che hanno bisogno di anni per venire fuori ci sono differenze di natura e di cultura sportiva.

«C’è anche una terza categoria – aggiunge Zanatta – quella degli juniores che lavorano il doppio dei dilettanti, fanno subito risultato e poi da professionisti non vanno più. Questo è il male, perché rischiano di smettere a 25 anni. Non troveremo più una storia come quella di Caruso, perché adesso il mondo è così. Tutti pretendono di avere subito qualcosa, invece noi siamo contenti dei nostri e dei loro progressi. Però siamo ormai un’eccezione. I grossi numeri ormai li fanno gli squadroni e i loro Devo Team.

«Se ci sono 20 squadroni di livello WorldTour che hanno una continental, anche se prendono solo due corridori a testa, si portano via 40 dei migliori juniores. Le vecchie squadre di dilettanti possono trasformarsi in continental oppure, se non hanno le risorse, si trovano in difficoltà. Noi riusciamo a lavorare bene con la Fundacion Contador, ma giovani italiani ne troviamo pochissimi. E’ rimasto Piganzoli, che è stato bravo con noi. Abbiamo i gemelli Bessega, c’è Bagnara, abbiamo corridorini che hanno creduto nel progetto. Ma sono pochissimi, perché tutti gli altri – i corridori, i genitori e i procuratori – preferiscono che vadano alla Jumbo Development piuttosto che alla Fundacion Contador, alla Fior o al Cycling Team Friuli».

Basso e Zanatta hanno identica visione del ciclismo e del modo giusto per far crescere giovani talenti
Basso e Zanatta hanno identica visione del ciclismo e del modo giusto per far crescere giovani talenti

Merce rara

Tutti aspettiamo Piganzoli, dice Basso, e non è un parlare da tifoso, ma da osservatore attento. Uno che in qualche modo nel giovane valtellinese rivede se stesso e il suo cammino.

«Ci sono due modi di vedere i giovani – prosegue Basso – quello di vent’anni che vola oppure quello come Nibali che a 21-22 anni si intuiva che fosse un predestinato, ma ha ottenuto i migliori risultati da più grande. Quindi l’idea è che Piganzoli abbia una crescita più lenta, per durare di più. Anche il giovane Basso ha avuto bisogno dei suoi tempi. Anche se ho portato a casa il mondiale U23, non stravincevo ma davo dei segnali, soprattutto nelle gare importanti. Piganzoli va forte in salita e va forte a cronometro, quindi è una merce abbastanza rara.

«Ritengo che dobbiamo crederci, come Reverberi fa bene a credere in Pellizzari, un altro profilo molto interessante. Dobbiamo credere in loro anche per evitare che perdano fiducia. Lo sviluppo fisico va di pari passo con quello psicologico. Per questo Piganzoli quest’anno farà due blocchi di tre settimane sul Teide, prima non li avrebbe retti. Abbiamo aspettato che fosse abbastanza strutturato. Avremmo potuto mandarlo in altura già due anni fa, forse avrebbe vinto qualche gara in più, ma rischiando il resto della carriera».

Polti è subentrato a Eolo sulla maglia del team: importi simili, ambizioni superiori (foto Maurizio Borserini)
Polti è subentrato a Eolo sulla maglia del team: importi simili, ambizioni superiori (foto Maurizio Borserini)

Il prossimo treno

La fiducia è importante e va preservata, soprattutto se si è progettato un percorso di crescita graduale. Bisogna che gli atleti ne siano convinti e che non subiscano le lezioni della strada come umiliazioni irrecuperabili. Basso e Zanatta parlano con sintonia collaudata da anni di corse fianco a fianco.

«I ragazzi buoni ci sono – riflette ancora Zanatta – e sicuramente torneranno a vincere, perché fa parte della cultura del ciclismo e dello sport in Italia. Ci arriviamo nuovamente lassù, perché se guardiamo a livello globale, tra i professionisti siamo messi bene. La riflessione invece va fatta sul ciclismo giovanile, per farne crescere altri. E’ un settore che ha sempre lavorato bene e bisogna fare in modo che possa continuare. Su questo dovrebbero riflettere gli organi federali e forse anche il Ministero dello Sport e anche noi che siamo al livello immediatamente superiore. Sicuramente in questi anni si è lasciato troppo andare e il treno è passato. Ora bisogna correre per prenderlo alla prossima stazione».

Maestri capitano di strada nella nuova Polti-Kometa

16.01.2024
4 min
Salva

MILANO – Quando nel bel mezzo della presentazione del Team Polti-Kometa, Ivan Basso ha detto che il capitano sarà Maestri, Mirco ha quasi fatto un salto sulla sedia. Non perché non lo sapesse, ma perché sentirlo dire davanti a tutti in un’occasione così importante per la squadra fa un certo effetto. Il corridore di Guastalla (in apertura sulla sinistra, con Lonardi, foto Maurizio Borserini) è arrivato nel team che si chiamava Eolo-Kometa nel 2022, dopo sei stagioni alla Bardiani e forse neppure lui si aspettava una simile investitura. Anche se, soprattutto dopo il ritiro di Gavazzi, sarebbe ingiusto dire che non abbia lavorato per diventare una figura centrale del team.

Maestri, primo da sinistra, è stato individuato dai dirigenti del team come road captain (foto Maurizio Borserini)
Maestri, primo da sinistra, è stato individuato dai dirigenti del team come road captain (foto Maurizio Borserini)
Che effetto fa sentirselo dire davanti a tutti?

Detto da Ivan Basso, Alberto Contador e suo fratello “Fran”, fa venire la pelle d’oca, anche adesso che ne stiamo parlando insieme. E’ un orgoglio. Questo è il mio terzo anno in squadra dopo sei con i Reverberi e quando sono arrivato ho capito che questa è una famiglia che a me ci teneva e ci tiene. Piano piano credo di avergli dimostrato di poter avere un impatto utile anche nei confronti dei più giovani. Cioè che io penso al bene della squadra, più che al mio personale. Alla fine se c’è un compagno che va forte, è giusto che abbia tutte le possibilità per rendere al meglio. Forse questo ha fatto sì che Ivan, Alberto e “Fran” abbiano visto in me la sincerità e la trasparenza.

Che cosa significa capitano?

Il capitano, soprattutto in questa squadra, è il road captain, non quello che vince le corse. In termini di risultati, abbiamo corridori molto più vincenti, a partire da Fabbro, come anche Lonardi che ha dimostrato nel fine di stagione di andare molto forte, Restrepo che è arrivato da poco, il nostro Bais e tanti nuovi giovani. Quanto a me, nelle corse in cui sarò presente farò da filtro con i direttori sportivi affinché la squadra renda al meglio.

Fabbro riscuote la fiducia di Maestri. Qui il friulano con Davide Bais, entrambi della scuola Ct Friuli (foto Maurizio Borserini)
Fabbro riscuote la fiducia di Maestri. Qui il friulano con Davide Bais, entrambi della scuola Ct Friuli (foto Maurizio Borserini)
E’ giusto dire che Gavazzi sia stato il tuo maestro?

Giustissimo, infatti ci sentiamo spesso e continueremo a vederci, perché è rimasto in squadra con un ruolo diverso. Quando già nel 2022 cominciò a parlare di ritiro, gli chiesi di fare un altro anno perché avevo ancora bisogno di lui. Perdere il “Gava” per me è stato come perdere una stampella, un appoggio importante. Però credo che a 32 anni, questo è il nono da professionista, un po’ di esperienza comincio ad averla e in ogni caso con Francesco mi terrò in contatto.

Qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato prima di andare in pensione?

Di essere serio nei momenti giusti, di essere scherzoso e comunque di fare gruppo. Di essere trasparente e di pensare comunque al bene della squadra. Gavazzi ha sempre dimostrato di mettere da parte le sue ambizioni, per coprire un compagno e fargli prendere meno aria. Era a disposizione di tutti. Anche nel 2023, nell’arrivo del Giro a Viareggio, eravamo insieme nel primo gruppo e lui non ci ha pensato due volte a tirarmi la volata e io sono arrivato nono. Essendo il suo ultimo Giro d’Italia, poteva tranquillamente fare la sua volata. E io gli ho chiesto più volte se avrebbe voluto farla, ma anche quel giorno si è sacrificato, con la solita serietà. E io, quando ho capito di avere questo ruolo, ho detto chiaramente che spero di valere la metà di quel che ha fatto vedere lui. Siamo entrambi interisti e come riferimento abbiamo Javer Zanetti, che per l’Inter è stato il capitano.

Secondo Maestri non sarà facile sostituire Albanese (alla sua sinistra), ma il gruppo Polti è molto forte
Secondo Maestri non sarà facile sostituire Albanese (alla sua sinistra), ma il gruppo Polti è molto forte
Che inverno è stato finora?

Tranquillo, anche per il resto della squadra, ci siamo allenati bene. Quest’anno è arrivato un team di nutrizionisti, che non solo ci seguirà dalla parte di nutrizione, ma anche di integrazione in corsa. E’ un argomento di grande attualità e quindi siamo contenti. I ragazzi stanno bene, ci sono tutte le carte per partire come si deve.

Sono partiti Fortunato e Albanese, finora i nomi di spicco della squadra, eppure Basso ha detto che secondo lui quest’anno siete più forti.

Penso che Fabbro sia un ottimo corridore. Se le cose vanno come devono, al Giro d’Italia sarà fondamentale. E’ un corridore con dei numeri davvero buoni, una testa, una preparazione e un’esperienza da poter far bene già da subito. Restrepo viene con dei buoni propositi. Difficile paragonarlo ad “Alba”, con cui tengo ancora i contatti, perché corridori come Albanese in Italia ce ne sono veramente pochi. Che arrivano in volata e tengono in salita. Però Lonardi e Restrepo possono sopperire alla sua assenza. Insomma, abbiamo perso due individualità forti, ma credo anche io che nel complesso la forza media della squadra sia cresciuta.

Nasce la Polti-Kometa: una botta di orgoglio italiano

10.01.2024
6 min
Salva

MILANO – Hotel Principe di Savoia in piazza della Repubblica, nei salottini della hall ci sono procuratori di calciatori e direttori sportivi. Ariedo Braida (che in serata si intratterrà a lungo con Francesco Moser) e Oscar Damiani sono appena usciti, noi andiamo avanti a parlare con Alberto Contador. Fuori l’inverno si fa sentire, il cielo è grigio, ma per il ciclismo è una bella giornata. Si presenta il Team Polti-Kometa. Ne abbiamo viste le maglie. Abbiamo letto vari comunicati e apprezzato le immagini della Aurum Magma con cui correrà la squadra. Ma adesso Francesca Polti e Giacomo Pedranzini spiegano il perché abbiano scelto di sponsorizzare la squadra di Basso e Contador, presenti allo stesso tavolo. Il sorriso è coinvolgente, gli argomenti attaccano.

Francesca Polti ha parlato raccontando il suo entusiasmo e la sua visione
Francesca Polti ha parlato raccontando il suo entusiasmo e la sua visione

Le ragioni per partire

L’aspetto sportivo ci sta a cuore, ma quel che più ci piace sottolineare è il fatto che due grandi aziende italiane abbiano scelto di impegnarsi nel ciclismo. Fino a qualche tempo fa non sarebbe stato niente di strano (complici forse anche disinvolte abitudini fiscali), oggi è un’eccezione.

«Sono abituata a parlare in pubblico – dice Francesca Polti – ma è la prima volta che parlo della mia squadra e sono molto emozionata. La nostra squadra, la sento davvero mia. Quando si è trattato di scegliere se aderire o meno al progetto, ho riunito il mio staff ristretto e piuttosto che chiederci perché farlo, ci siamo chiesti se ci fosse un motivo per non farlo e non ne abbiamo trovati. Abbiamo visto solo opportunità e così siamo partiti.

«Ho trovato analogie di valori. Anche la squadra, come la nostra azienda, si fonda su rispetto, innovazione e sostenibilità. Abbiamo trovato nel ciclismo un bel veicolo di comunicazione, perché vogliamo che Polti si espanda nei Paesi in cui la squadra andrà a correre. Vogliamo tornare vicini al nostro pubblico, per fare vedere chi siamo e non solo per mostrare i nostri prodotti. Vogliamo far conoscere la nostra vivacità, anche se è una sfida in salita, al culmine della quale ci potrà essere grande soddisfazione. Quando ci siamo riuniti con le famiglie prima di Natale, mio padre si è avvicinato a me e Ivan (Basso, ndr) e ci ha chiesto se qualcuno ci avesse già dato dei pazzi. Noi abbiamo risposto di sì e lui ha sorriso, dicendo che allora questo progetto avrà successo. Perché anche a lui dissero che era pazzo per aver inventato la Vaporella e aver puntato quella prima volta sul ciclismo».

Il Team Polti-Kometa correrà con la Magma di Aurum, di proprietà di Basso e Contador
Il Team Polti-Kometa correrà con la Magma di Aurum, di proprietà di Basso e Contador

Il doping è una scusa

E quando le diciamo che è insolito vedere una grande azienda italiana fare ritorno al ciclismo e che tanti, in passato, hanno rifiutato la possibilità opponendo i casi di doping e il rischio per l’immagine, Francesca Polti si irrigidisce e sorride.

«Credo che i ragazzi siano tutti controllati – dice – e che la squadra sia la prima ad accorgersi se qualcosa non va. Ma se anche fosse il caso e trovassero un corridore positivo, il nostro compito non sarebbe quello di mettere in discussione il sistema, ma di stargli accanto per aiutarlo. Perché se ti dopi, hai un problema. E noi negli anni siamo stati accanto a donne maltrattate e persone con altri problemi. Perché abbandonare un corridore? Nel calcio i ragazzi con problemi di scommesse non li hanno abbandonati…».

Giacomo Pedranzini è arrivato dall’Ungheria, dove vive dal 1994.
Giacomo Pedranzini è arrivato dall’Ungheria, dove vive dal 1994.

Sport, cibo e salute

Lo stesso argomento fu utilizzato anni fa da Giacomo Pedranzini, cui al momento di entrare accanto alla Fundacion Contador fu posta la stessa obiezione. Il valtellinese di Ungheria lo abbiamo già sentito qualche settimana fa, ma il suo slancio conquista la platea.

«In bicicletta – dice – la salita non finisce mai. Noi siamo agricoltori di montagna, produciamo cibo e lo portiamo sul tavolo dei consumatori. Il nostro obiettivo è fare meglio di quanto fatto negli ultimi sette anni, ma soprattutto la squadra sarà al centro di un progetto di comunicazione. Kometa è la terza azienda alimentare in Ungheria e in Italia siamo presenti in tutte le più grandi catene di supermercati, da Conad a Coop, come Esselunga, Tigros ed Eurospin, però la gente non ci conosce. Questo è un limite che vogliamo superare.

«Crediamo che una vita sana e una sana alimentazione possano cambiare la vita degli italiani e costare meno al sistema sanitario nazionale. La scintilla è scattata quando Ivan Basso ci ha parlato di “ciclismo sociale” e di “cibo onesto”. L’Italia ha bisogno di gente che ci creda. Abbiamo pochi impianti sportivi rispetto alla media europea, siamo il fanalino di coda e questo si traduce anche in una inferiore pratica sportiva, che investe anche il ciclismo. Ho letto un articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera. Diceva che nel 1992, il reddito annuale pro capite di un italiano era il 19 per cento in meno rispetto a un cittadino degli Stati Uniti. Nel 2022, trent’anni dopo, l’italiano guadagna la metà. Se le famiglie perdono così potere di acquisto, tutto il resto va dietro, anche lo sport».

I tre fondatori del team, Alberto e Fran Contador e Ivan Basso
I tre fondatori del team, Alberto e Fran Contador e Ivan Basso

Una grande squadra

Basso annuisce. Sono stati presentati i corridori, i pochi che sono stati portati e che domani raggiungeranno il ritiro della squadra in Spagna. Maestri, definito il nuovo capitano dopo il ritiro di Gavazzi. I fratelli Bais. Matteo Fabbro. L’ungherese Fetter. E la speranza Piganzoli. Basso spiega.

«Ci riteniamo una grande squadra – dice – il comunicato che diffondemmo durante il Giro e che avevamo condiviso derivava dal fatto che credevamo di meritare più attenzione di quella che avevamo. Quello che vediamo qui oggi nasce dalla credibilità costruita negli ultimi anni. L’obiettivo è sempre stato mantenere quel che avevamo e rinforzarci per avvicinarci al livello delle grandi professional europee.

«Sono cambiati gli sponsor – prosegue – ma la società continuerà a lavorare allo stesso modo. Siamo nati nel periodo del COVID. La squadra si è resa simpatica al mondo del ciclismo ed è credibile perché unisce la Fundación Alberto Contador, la reputazione dei due ciclisti che l’hanno creata e la storia di un marchio come Polti. E’ un progetto unico che unisce più generazioni. Quando si parla di ciclismo-impresa, questa è una squadra che produce le sue biciclette. Ci sentiamo in dovere di essere attori del cambiamento, con Alberto ne parliamo spesso, restituendo quello che il ciclismo ci ha dato. Abbiamo grandi ambizioni e un calendario importante. Il Giro d’Italia? Bisognerà aspettare gli inviti».

La sensazione è che quel biglietto sia stato già staccato. Il ritiro della Lotto Dstny, le due vittorie di tappa degli ultimi due anni e le tre giornate del Giro in Valtellina fanno pensare che le possibilità siano buone. Domani il gruppo si riunirà in Spagna e le bici torneranno a recitare da protagoniste. Qui si va verso il galà di stasera, fra occhi che luccicano e il senso della nuova avventura che sta per cominciare.

Elite rinnova per altri due anni con la Fundacion Contador

23.12.2023
3 min
Salva

Il 2024 della Fundacion Contador si annuncia davvero ricco di novità. Sono arrivati nuovi atleti, ma soprattutto è arrivato un nuovo sponsor, Polti, che dal prossimo anno comparirà sulle maglie della formazione guidata da Ivan Basso e Alberto Contador.

A fronte di tante novità ecco una importante conferma. Per i prossimi due anni i team che fanno riferimento alla Fundacion Contador, la formazione professional e quella under 23, potranno ancora contare sulla qualità dei prodotti Elite.

Durante il ritiro i primi esami e test della Eolo-Kometa (dall’1 gennaio Polti-Kometa) sono stati fatti con rulli Elite
Durante il ritiro i primi esami e test della Eolo-Kometa (dall’1 gennaio Polti-Kometa) sono stati fatti con rulli Elite

Leader dal 1979

Elite sviluppa e produce prodotti all’avanguardia dal 1979. Oggi ogni prodotto firmato Elite può tranquillamente essere considerato un fedele compagno di allenamento e di gara per atleti professionisti e semplici amatori. Basta pensare alle borracce e ai portaborracce, ma soprattutto ai rulli e alle tecnologie ad essi collegate per il ciclismo indoor e outdoor. Nel caso specifico degli allenamenti indoor, i rulli Elite hanno raggiunto livelli di perfezione e realismo senza precedenti. La visione di Elite è infatti quella di lavorare per migliorare sempre l’esperienza ciclistica sia all’aperto che al chiuso.

Ecco il Suito-T

I team professional e under 23 della Fundacion Contador utilizzeranno i rulli Elite sia per gli allenamenti al chiuso sia nella fase di riscaldamento in occasione delle prove a cronometro. Tra i modelli di punta di Elite spicca sicuramente il rullo Suito-T. Potente, silenzioso e compatto, offre un’esperienza di allenamento realistica, precisa e divertente. Dotato di trasmissione diretta per garantire una maggiore precisione durante l’allenamento, Suito-T è molto stabile anche durante gli sprint più intensi, e le sue dimensioni ridotte lo rendono facile da trasportare e riporre durante i lunghi viaggi della squadra nel corso della stagione.

I ragazzi di Basso e Contador sono stati in ritiro a Oliva per preparare la prossima stagione
I ragazzi di Basso e Contador sono stati in ritiro a Oliva per preparare la prossima stagione

La soddisfazione di Elite

In casa Elite sono estremamente soddisfatti del prolungamento dell’accordo di sponsorizzazione con Fundacion Contador, come conferma Marco Cavallin, direttore delle sponsorizzazioni e dell’innovazione di prodotto.

«Siamo davvero felici di rinnovare la nostra partnership tecnica con questi eccezionali ciclisti – ha affermato – e con la loro squadra. La continua collaborazione con questi ciclisti non è solo un onore, ma anche una profonda fonte di ispirazione per Elite. Il loro prezioso contributo allo sviluppo dei prodotti e il loro incrollabile sostegno rispecchiano la nostra comune passione per l’innovazione in tutti gli aspetti dell’allenamento e della corsa. Non vediamo l’ora di vivere altre stagioni di successi e traguardi condivisi».

Elite

Bevilacqua, un addio che deve far riflettere

18.12.2023
5 min
Salva

A soli 26 anni, Simone Bevilacqua ha detto basta. La sua carriera da pro’ è durata qualche anno, tra la difficile e tumultuosa esperienza alla Vini Zabù e un biennio all’Eolo-Kometa senza squilli personali, ma con molti apprezzamenti per il suo lavoro in seno alla squadra. Il suo ritiro rappresenta l’esempio di quel che significa vivere nel ciclismo contemporaneo, che richiede tantissimo, che ti mette continuamente alla prova, che ti consuma e spreme velocissimamente. Un esempio che dovrebbe far riflettere.

Simone ne parla con tranquillità, convinto della sua scelta seppur conscio di essere alle prese con un profondo cambiamento di vita: «Io sono orgoglioso di quello che ho fatto – dice – sono arrivato a un alto livello seppur non gareggiando in un team del WorldTour, ma potrò dire un giorno di aver corso con i più forti. Se ho un rammarico è quello di essere passato molto giovane, a 20 anni, non ancora in possesso di quelle necessarie linee guida per vivere in quest’ambiente. Senza di esse gli errori arrivano: cerchi di imparare, vai avanti ma ti manca sempre qualcosa».

Il culmine della sua carriera, la vittoria nella settima tappa del Tour de Langkawi 2019
Il culmine della sua carriera, la vittoria nella settima tappa del Tour de Langkawi 2019
Proviamo a ripercorrere la tua carriera, i primi due anni com’erano stati?

Avevo corso nella Wilier Triestina-Selle Italia, poi Neri Sottoli e i risultati non erano mancati. Tante corse all’estero, un po’ di piazzamenti fino alla vittoria di tappa al Tour de Langkawi. Quello è stato il momento più alto, più bello. Da lì mi aspettavo una crescita, che tutto cominciasse invece è stato un continuo su e giù, è come se fossi salito sulle montagne russe.

Hai vinto nel 2019. L’anno dopo è stato quello del Covid, pensi che ti abbia penalizzato oltre misura?

E’ stata una stagione strana, questo sì, ma non c’entra molto con quello che è successo. Sulla Vini Zabù voglio essere chiaro: i “casini” che sono scoppiati, i casi di doping che hanno portato alla sua fine non devono far dimenticare le persone che erano al suo interno. Era un bel gruppo, affiatato, che lavorava bene e in maniera corretta. Al Giro stavamo andando bene, poi il caso di positività portò alle perquisizioni nelle nostre stanze e le ripercussioni sull’ambiente furono forti. L’anno dopo altro caso, vennero a perquisire casa e sequestrare i telefoni, una situazione davvero drammatica per chi come me non c’entrava niente. Venimmo esclusi dal Giro, non si gareggiava quasi più, per fortuna però un giorno squillò il telefono…

L’esperienza alla Vini Zabù è stata difficile, anche dal punto di vista famigliare
L’esperienza alla Vini Zabù è stata difficile, anche dal punto di vista famigliare
Chi era?

Ivan Basso e lo ringrazierò sempre per questo, per l’opportunità che mi offrì di passare alla Eolo-Kometa. Mi ritrovai in un mondo completamente diverso, una struttura estremamente professionale, dove tutto era perfetto e tutte le negatività da cui venivo erano cancellate. Piano piano sentivo che stavo tornando me stesso e infatti la seconda parte del 2022 era stata molto positiva, con tutto che nella stagione ho dovuto affrontare prima il Covid e poi problemi a un ginocchio.

E quest’anno?

Ero partito bene, facendo il mio in Sudamerica e in Istria, ho corso anche la Sanremo, ma poi sono rimasto fermo tre mesi. Sono tornato alle gare a giugno ma ho fatto fatica a riprendere il ritmo gara. Nella seconda parte dell’anno sono arrivate le trasferte in Slovacchia Croazia e Turchia, si era formato un bel gruppo in corsa come fuori, con Maestri, Lonardi e gli altri. Avevo però capito che il contratto non sarebbe stato rinnovato.

In Turchia l’ultima gara, con Lonardi, Maestri e quel gruppo così ben affiatato
In Turchia l’ultima gara, con Lonardi, Maestri e quel gruppo così ben affiatato
Hai provato a vedere se c’erano altre strade?

Tante parole, ma nulla di concreto. Io convivo con la mia fidanzata, sono arrivato a un punto che devo fare scelte ponderate. Non c’era obiettivamente un team che potesse garantirmi uno stipendio adeguato per poter tirare avanti. Ci ho riflettuto e sono giunto alla decisione di chiudere, convinto di quel che faccio.

La tua storia sembra quasi la dimostrazione di come passando molto giovani si vada incontro a un futuro anche molto incerto e non sempre fortunato. Tornando indietro, ci ripenseresti?

Domanda difficile. Quando a quell’età ti trovi di fronte a un contratto triennale, con tutta la carriera davanti, come fai a dire di no? Pensi che magari rinunci, resti U23 ma poi chi lo dice che quel treno ripasserà? Rischi di esserti giocato l’unica vera carta a disposizione perché non sai se nel futuro ti capiteranno incidenti, problemi, sconfitte e nessuno magari ti chiamerà più. Il ciclismo di oggi è così, rischi che arrivi a 24 anni e ti dicono che sei vecchio, quando vecchio assolutamente non lo sei, solo che non c’è la pazienza di aspettare e la voglia di investire su un corridore di quell’età.

Bevilacqua ha corso gli ultimi due anni con la Eolo-Kometa, prodigandosi per gli altri
Bevilacqua ha corso gli ultimi due anni con la Eolo-Kometa, prodigandosi per gli altri
Un altro aspetto che emerge è che figure come la tua, non vincenti ma utilissime per il lavoro nel team, non vengono più prese tanto in considerazione…

E’ vero, ma io dico di più. Andranno a sparire anche i corridori alla Morkov o Richeze, quelli che garantiscono i successi del velocista di turno. Guardate Philipsen: le volate gliele tira un certo Van der Poel, il campione del mondo! I team vogliono tutti corridori vincenti, è come se fossero tutti capitani, i ruoli predefiniti vanno scomparendo e una figura come la mia anche prima delle altre.

E ora?

Ora entrerò a gennaio a lavorare nell’azienda di famiglia, una lattoneria a Marostica, quella di mio padre e dove lavora anche mio fratello. Inizia una nuova vita, più tranquilla, con altri tempi, vivendo la mia famiglia con meno stress. Per ora non penso al ciclismo anche se mi manca, poi col tempo vedremo se qualcosa verrà fuori: mi piacerebbe lavorare con i giovani, ma sarebbe comunque un hobby. Non potrei permettermi di stare fuori ogni weekend per 8 mesi l’anno. Ho già dato abbastanza da quel punto di vista…