Convinto, gasato, Pasqualon: «Al mondiale voglio esserci»

07.08.2021
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«Con Cassani ne ho parlato anche al Giro, gliel’ho detto che ero interessato al mondiale». Andrea Pasqualon come sempre va diretto al nocciolo della questione. Il corridore della Intermarché Wanty Gobert è davvero carico, convinto e motivato per questa lunga striscia di gare di fine stagione.

Salita, lavori persino con la bici da crono, la ricerca del ritmo gara, chilometri su chilometri e un sogno: la maglia azzurra ai prossimi mondiali di Leuven, nelle Fiandre. E per lui che corre da cinque stagioni una squadra belga non è cosa da poco.

Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Andrea come va? Sei in procinto di partire per…

Per la Polonia, faccio il Giro di Polonia e non la Vuelta. Una scelta fatta anche in ottica mondiale.

Davvero? Ma non eri inserito nella lista Vuelta?

Sì è vero, ma alla fine ho deciso di andare in Polonia e fare tutte quelle gare in Belgio come Brussels Cycling Classic, Benelux Tour… che sono funzionali al mondiale che è una gara adatta a me quest’anno. Quindi ho preferito scegliere delle corse “fac-simile”.

E ormai tu lassù inizi ad essere di casa…

Eh sì, quelle strade le conosco bene. E anche il percorso del mondiale è bello. Tanto bello. L’ho visto. Ho fatto tre volte la Freccia del Brabante e conosco anche la salita in pavè prima dell’arrivo (quella dentro Leuven, ndr). E’ un percorso da uomini da classiche del Nord. Un percorso per il quale il corridore deve avere una grande gamba per i tanti chilometri da fare, ma deve anche saper limare, tantissimo, adattarsi al meteo…

In effetti noi che lo abbiamo visto possiamo dire che sembra proprio così…

Sì, è un mondiale aperto non come in altre volte in cui sai che può vincere un solo corridore, non so uno scalatore. Qui c’è spazio per tanti: per uomini di fondo, per passisti, per velocisti che tengono in salita… 

Quindi un percorso per?

Per Colbrelli – risponde secco Pasqualon – e a me piacerebbe esserci. Al Giro ne ho parlato con Davide (Cassani, ndr). Gliel’ho lanciata là. Gli ho detto che lo avrei preparato, che secondo me era adatto alle mie caratteristiche. E poi guardate che sono pochi i corridori italiani che sanno andare forte lassù. Basta guardare gli ordini di arrivo. Basta decidere su questi nomi: Moscon, Bettiol, Colbrelli, Ballerini, Trentin… e pochi altri.

Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
E Nizzolo?

Nizzolo va fortissimo, ma a quel punto con Colbrelli e Trentin non porterei un terzo capitano. Nizzolo, Trentin Colbrelli: chi si sacrifica per l’altro?

Quindi tu vuoi esserci per aiutare?

Io voglio esserci per dare il mio supporto. E’ difficile essere capitano. Se poi dovessi essere davanti nel gruppo giusto potrei dire la mia. Ma se c’è da prendere aria, andare in fuga… io ci sono.

Però, ti sentiamo bello grintoso! Anche nel tono… Forte!

Sono convinto! Sono sempre rimasto fuori dalle nazionali di Davide e mi piacerebbe esserci.

E qual è la tua condizione?

Ho fatto molta altura. Adesso voglio andare al Polonia per “portare fuori” una buona gamba in vista delle corse in Belgio. Certo, Cassani darà un’occhiata alla Vuelta, ma spero lo dia anche alla Brussels Cycling o al Benelux Tour che sono gare più in linea con il mondiale. E poi io penso che chi va alla Vuelta dovrebbe ritirarsi prima dell’ultima settimana (almeno) per essere fresco a Leuven. Anche per questo io non ci sono andato. Ritirarmi non è nel mio stile. Non voglio essere quel tipo di velocista. Preferisco fare altre gare.

Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Forse la Vuelta può essere meno incisiva perché parliamo di un mondiale veloce. Se fosse stato duro tipo quello di Innsbruck sarebbe stato diverso…

Ci sta, assolutamente. A Leuven servirà una gamba potente. Bisogna tirare il rapporto e la gamba deve essere piena, esplosiva, cose che ti possono dare le brevi corse a tappe, non devi sfinire il muscolo. Per me meglio fare gare che ti lanciano in quell’ottica, in cui sai entrare nel pavé, sai sgomitare. Poi è chiaro che Trentin possa venire dalla Vuelta. Matteo non ha fatto né il Giro, né il Tour. Nel suo caso la corsa spagnola è un’opportunità.

A proposito di Giro, tu lo hai fatto e in ammiraglia c’era Valerio Piva. Il vostro diesse lo abbiamo visto meno in questa seconda parte di stagione. Come mai?

Valerio ha fatto il Giro e farà la Vuelta. Sono tanti diesse ed è normale che ruotino. Ma la sua presenza al Giro credo si sia vista: abbiamo ottenuto una vittoria, molti piazzamenti ed eravamo sempre nelle fughe. E’ un diesse in gamba, un gran motivatore ed è convinto di quello che fa. Questa cosa l’ho notata al Giro. Una persona così è quello che ci mancava.

Rota a terra, la sua grinta no. Lorenzo quarto a San Sebastian

01.08.2021
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Anche l’ultima salita è alle spalle. Scappano in quattro verso San Sebastian ed hanno oltre un minuto di vantaggio sul gruppo. Piove, c’è nebbia… una tipica giornata basca. La discesa sta per finire, un’ultima curva a destra e due sagome schizzano via. C’è Honoré e…. nooo: Lorenzo Rota. Gli altri due Mohoric e Pawless vanno via. Il danese risale in sella come un gatto e riacciuffa i primi due. Lorenzo ci mette qualche secondo di più. Non si potrà giocare lo sprint. Arriverà 30″ dopo guardandosi il gomito sanguinante.

In tanti aspettavano un attacco di Alaphilippe, ma la Deceuninck aveva in fuga Honoré
In tanti aspettavano un attacco di Alaphilippe, ma la Deceuninck aveva in fuga Honoré

Maledetta curva

Che peccato per il corridore della Intermarché Wanty Gobert. E’ tutta la stagione che lotta come un leone, contro cadute e un recente passato non facile. Per di più al primo anno nel WorldTour. E alla fine emerge sempre.

A San Sebastian poteva davvero esserci il momento del suo riscatto. Quel colpo che manca, ma che si sente, è lì a portata di mano. E quando poi vedi che la bici di un tuo collega ti falcia magari ti crolla il mondo addosso.

«Eh – sbuffa Rota – cosa mi è passato per la testa in quel momento… non lo so, sinceramente. Eravamo tutti a tutta. Con Honoré non ho parlato, non dico che siamo amici ma ho un bel rapporto, non ho nulla da dirgli. Sono cose che succedono. Ho rivisto la scivolata e cosa dire? Sfortuna piena, una bici mi è rimbalzata addosso.

«Ho fatto il Tour e ho sofferto tanto per la caduta nella prima tappa, il problema alle costole mi ha distrutto. Almeno in Francia sono riuscito a riprendermi nell’ultima settimana e infatti sono entrato due volte nella top ten e non è facile a quel livello. Di buono c’è che essendo stato costretto a risparmiare qualcosa nei primi giorni, non sto male, ho risparmiato qualche energia e infatti adesso voglio fare bene al Giro di Polonia».

L’arrivo a tre: (da sinistra) Honoré, terzo. Powless, primo. Mohoric, secondo
L’arrivo a tre: (da sinistra) Honoré, terzo. Powless, primo. Mohoric, secondo

Costanza e picchi

L’inverno di Rota è stato costellato da qualche problemino che si portava dietro dall’anno precedente, però una volta che ha iniziato a carburare è sempre andato forte. Lo ricordiamo in fuga tutto il giorno alla Liegi (passò in testa sulla Redoute), le belle prestazioni al Giro di Svizzera. Per lui essere andato forte, comunque è arrivato quarto, non è stata un sorpresa.

«Stavo bene. Vengo da un periodo buono come un po’ tutta la stagione. Alla Sanremo ho fatto un errore. Ho preso male una rotatoria prima del Poggio, una rotatoria che tra l’altro sapevo ci fosse, la Classicissima l’ho fatta tante volte, fatto sta che dopo una buona Cipressa, dopo quella svolta dalla testa del gruppetto mi sono ritrovato in coda. E mancavano 600 metri all’attacco del Poggio. Ho rimontato, ma ormai la frittata era fatta. Poi ho fatto diversi piazzamenti tra i 15-20 e a volte è anche questione di un pizzico di fortuna in più. Mi manca un risultato ed ecco che cambia tutto. Alla fine ieri sono andato forte. Ma voglio restare concentrato. La strada buona è questa e quello di ieri voglio sia solo un punto di partenza».

Rota, pochi chilometri prima di attaccare. Era sempre stato guardingo nelle prime posizioni
Rota, pochi chilometri prima di attaccare. Era sempre stato guardingo nelle prime posizioni

Squadra compatta

Rota parla sempre, come già aveva fatto in passato, anche della squadra. Del fatto che la sua Wanty sia al primo anno nel WorldTour, che non stanno sfigurando, che piano piano crescono. 

«Ieri abbiamo dimostrato di esserci. Era una gara WorldTour e ne abbiamo messi due nei primi dieci. Abbiamo lavorato benissimo. Non siamo stati passivi.

«L’ordine era di non aspettare l’ultima salita perché bisogna essere realisti: un Alaphilippe ti stacca al 100%, poi tutto può succedere ma di base è così. Ho visto dei movimenti nella penultima salita e ho attaccato anche io. E siamo andati via di forza, credetemi l’avevamo fatta a tutta. Ce la siamo guadagnata a colpi di pedale. E lo dimostra il fatto che abbiamo continuato a guadagnare anche dopo la salita. 

«C’era Piva in ammiraglia. Cosa mi ha detto? Che sfortuna…».

Per Rota una buona stagione, adesso ci vuole l’acuto
Per Rota una buona stagione, adesso ci vuole l’acuto

Un pensierino all’Europeo

Dicevamo Giro di Polonia nell’immediato futuro di Lorenzo Rota. Ci va con convinzione e condizione.

«Sì, dai. Alla fine ho solo un gomito un po’ gonfio. Un paio di giorni e dovrebbe passare tutto. Sono  fiducioso. L’importante è che non si sia rotto niente. Sì, adesso vado in Polonia e poi quando rientro ci sono gli Europei. Non nego che mi piacerebbe molto essere preso in considerazione per questo evento. Se non altro perché io abito a Rovereto, si corre sulle sulle strade di casa mia. Il percorso lo conosco benissimo. Ci tengo molto».

Se a parole Rota non lancia messaggi alla nazionale, potrà farlo a colpi di pedale sulle strade polacche. E sinceramente ne saremmo felici. Seguiamo questo ragazzo dai tempi degli Under 23. Era il 2015. Vinse il Giro delle Pesche Nettarine all’ultima tappa, quando tutto sembrava definito. Lui attaccò contro ogni pronostico ed ebbe la meglio. Quello spirito c’è ancora…

La doppia fuga di Rota, signore della Redoute

26.04.2021
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Lorenzo Rota protagonista alla Liegi-Bastogne-Liegi. Il bergamasco dopo 12 minuti di gara era già in fuga (e non era il primo). E’ rientrato sui primi attaccanti con Laurens Huys, con il quale avrà a che fare parecchio, come vedremo. Il suo attacco è stato il solo tricolore che ieri abbia sventolato sulle Ardenne. A parte le trenate di Formolo nel finale.

Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermaché-Wanty-Gobert
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermaché-Wanty-Gobert

Le punzecchiate di Piva

Nella colonna dei bus dopo l’arrivo raggiungiamo Valerio Piva, diesse della Intermarché-Wanty-Gobert, la squadra di Lorenzo. E ci complimentiamo per la bella corsa fatta, visto che in fuga c’era anche il compagno Loic Vliegen.

«Una corsa d’attacco? Questa è un po’ la filosofia che abbiamo adottato in questo momento – dice sereno, Piva – non abbiamo chiaramente dei corridori per giocarci qualcosa nel finale e quindi abbiamo dovuto anticipare. Lo abbiamo fatto nelle ultime tre corse e direi che ci è riuscito anche bene. Ci siamo messi in mostra e soprattutto è un modo per far crescere i ragazzi. Sono azioni che in questi contesti danno morale. 

E di Rota cosa dice il diesse? Glielo chiediamo…

«Io continuo a stimolarlo – spiega – perché Lorenzo è uno di quelli che è sempre un po’ pessimista e, sapete, bisogna tenerlo su. “Prova ad andare in fuga da lontano”, gli ho detto stamattina (ieri, per chi legge, ndr). E finalmente ci è riuscito. Anche se ha scollinato in testa sulla Redoute, non c’erano speranze di vincere, con questi top rider… Però sono azioni che fanno ben sperare. E magari possono essere la chiave di volta per prendere fiducia. Gli servirebbe un risultato».

Un passaggio nei boschi delle Ardenne. Rota era al debutto alla Liegi
Un passaggio nei boschi delle Ardenne. Rota era al debutto alla Liegi

Rota in crescita

Mentre il meccanico, carica le bici sull’ammiraglia, Rota è intento a farsi la doccia. E’ chiamato ad un’altra fuga, quella verso l’aeroporto per rientrare in Italia. Quando scende dal bus è davvero stanco. Ha il trolley in mano, i capelli freschi di phone e lo sguardo di chi ha dato e speso tanto.

«Purtroppo – dice – in questo periodo sto avendo qualche problemino fisico e quindi la mia condizione non è al top. La squadra mi ha chiesto di provare ad andare in fuga e ci sono riuscito. Sicuramente stare in gruppo è un pochino diverso che stare in avanscoperta: vai un po’ più regolare e non hai grandi cambi di ritmo. Per me, che come ho detto, non ho una super condizione è stato meglio così.

«Sono soddisfatto. Ho faticato tanto, ma ho anche imparato tanto. Per me era la prima Liegi, così come è stata la prima Freccia. La squadra mi sta dando fiducia facendomi fare queste grandi corse e io cerco di fare il massimo. Sempre.

«Quello che dice Piva è vero. Mi abbatto un pochino facilmente ma è anche grazie a lui se sto tornando alla mia dimensione. Vengo da annate difficili, quindi anche mentalmente tante volte non sono così forte, però sono sulla strada giusta».

Rota (a destra) con il belga della Bingoal, Laurens Huys: sono in cima alla Redoute
Rota (a destra) con il belga Huys, in cima alla Redoute

Primo sulla Redoute

E allora tanto vale esaltare e prendere quel che di buono si è fatto. La Liegi è un monumento. Quassù è venerata. Correrla davanti non è per tutti e un traguardo Rota lo ha raggiunto: ha scollinato in testa sulla Redoute, la salita simbolo. Lo ha fatto in compagnia del belga Huys, che si stava dannando pur di passare lassù per primo. Se pensiamo che Gilbert, ieri dopo la corsa ha detto che il suo obiettivo era arrivare con il gruppo dei migliori almeno fino alla Redoute, si capisce che valore possa avere questo “piccolo” goal per Rota.

«Se ho sentito qualche brivido? I miei compagni sono belgi, quindi loro ci tengono in modo particolare, me l’hanno detto e raccontato un sacco di volte. Sono in Belgio da 15 giorni e parliamo di questa Redoute a pranzo e a cena! In effetti è stata una bella emozione. Non ho mai creduto, chiaramente, che potessimo arrivare ma magari con un pizzico di fortuna in più, si poteva rimanere con i primi fino all’imbocco dell’ultima salita. Ma sarebbe cambiato poco».

Intermarché Wanty Gobert: tanta voglia di emergere

20.04.2021
3 min
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La Intermarché-Wanty-Gobert, ultima entrata nel gruppo World Tour, si presenta al massimo consesso con una formazione senza grandi punte, ma ricca di “guastatori”: l’obiettivo è far parlare di sé il più possibile, andando a dar fastidio ai principali team cogliendo ogni occasione che si parerà dinnanzi, attraverso corridori giovani e meno giovani, ma tutti desiderosi di mettere la propria casella fra i vincitori dell’anno. Un esempio in tal senso sono i due italiani Riccardo Minali e Andrea Pasqualon, spesso in evidenza soprattutto all’estero, spremendo ogni goccia di energia per vincere.

Giro d’Italia 2021, nella tappa di Canale vince Taco Van der Hoorn
Giro d’Italia 2021, nella tappa di Canale vince Taco Van der Hoorn

Scoperta di Taco

Uno dei nomi più noti è forse quello del sudafricano Louis Meintjes, prelevato dalla NTT e da tenere in considerazione soprattutto per le brevi corse a tappe. Mnetrne al Giro si è fatto conoscere, vincendo, Taco Van der Hoorn (foto di apertura). Molto conosciuto anche Aimé De Gendt, una delle vecchie colonne della squadra, che spesso agisce come gestore della corsa grazie alle sue capacità di passista.

Tra i nuovi acquisti, si dice un gran bene del giovane tedesco Georg Zimmermann, che lo scorso anno, al suo esordio fra i professionisti, è finito 21° alla Vuelta ed è considerato uno dei più promettenti scalatori della nuova generazione. Un profilo ideale per una squadra come quella belga, dove avrà tutto lo spazio necessario per mettersi in mostra e osare.

Per Pasqualon, dopo le classiche il primo Giro d’Italia
Per Pasqualon, dopo le classiche il primo Giro d’Italia

Facce da fuga

A corridori come Bakelands, Hirt, Taaramae è affidato il compito di smuovere le acque, pronti a sfruttare ogni occasione nelle fughe a lunga gittata, mentre dai figli d’arte Van Poppel soprattutto da Danny – ci si attende qualche buono spunto in volata, se buon sangue non mente…

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Jan BakelantsOudenaardeBel14.02.19862009
Jeremy BellicaudJonzacFra08.06.19982020
Aimé De GendtAalstBel17.06.19942016
Jasper De PlusAalstBel11.06.19972020
Ludwig De WinterLa LouviereBel31.12.19922015
Théo DelacroixArboisFra21.02.19992020
Tom DevriendtVeurneBel29.10.19912015
Christian Odd EikingStordNor28.12.19942016
Alexander EvansBendigoAus28.01.19972018
Quinten HermansNamurBel29.07.19952014
Jan HirtTrebicCze21.01.19912015
Jonas KochSchwabisch HallGer25.06.19932016
Wesley KrederLeidaNed04.11.19902013
Maurits LammertinkWierdenNed31.08.19902012
Louis MeintjesPretoriaRsa21.02.19922013
Riccardo MinaliIsola della ScalaIta19.04.19952017
Andrea PasqualonBassano d.GrappaIta02.01.19882010
Simone PetilliBellanoIta04.05.19932016
Baptiste PlanckaertCourtraiBel28.09.19882010
Lorenzo RotaBergamoIta23.05.19952016
Rein TaaramaeTartuEst24.04.19872008
Taco Van Der HoornRotterdamNed04.12.19932015
Corne Van KesselVeldhovenNed07.08.19912009
Kevin Van MelsenVerviersBel01.04.19872009
Boy Van PoppelUtrechtNed18.01.19882011
Danny Van PoppelUtrechtNed26.07.19932013
Pieter VanspeybrouckTieltBel10.02.19872008
Loic VliegenLiegiBel20.12.19932015
Georg ZimmermannAugustaGer11.10.19972020

DIRIGENTI

Jean Francois BourlartGbrGeneral Manager
Hilaire Van Der SchuerenBelDirettore Sportivo
Steven De NeefBelDirettore Sportivo
Valerio PivaItaDirettore Sportivo
Jean Marc RossignonBelDirettore Sportivo
Frederik VeuchelenBelDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Per il secondo anno consecutivo Cube fornirà le biciclette al Team Intermarché-Wanty-Gobert. La compagine belga affronta il suo primo anno da WorldTour con la Cube Litening C:68X per le gare in linea e l’Aerium C:68 TT per le cronometro.

CONTATTI

WANTY-INTERMARCHE-GOBERT (Bel)

Want you cycling ASBL, Rue des Foudriers 6, 7822 Ghislenghien (BEL)

info@wanty-groupegobert.be – http://intermarche-wantygobert.eu/

Facebook: @intermarchewg

Twitter: @intermarcheWG

Instagram: intermarchewg

Nicola e Riccardo, padre e figlio: due mondi diversi

28.02.2021
4 min
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Nicola e Riccardo Minali, padre e figlio uniti da una come caratteristica: andare tanto veloci. Nicola, attivo dal 1993 al 2002, ottenne in carriera 50 vittorie, svettando in tutti e tre i grandi Giri e portando a casa due edizioni consecutive della Parigi-Tours quando ancora era una delle classiche regine per i velocisti. Era la principale alternativa a Re Leone Cipollini, tanto potente il toscano, quanto scattante e minuto il veronese. Curiosamente, suo figlio, oggi velocista di punta della Intermarché Wanty Gobert, ha un fisico possente ben più di suo padre.

Al Uae Tour 2021, per RIccardo un buon 9° posto nell’ultima tappa
Al Uae Tour 2021, Riccardo 9° nell’ultima tappa

Riccardo: un altro ciclismo

Fare paragoni è difficile perché nel ciclismo il tempo scorre veloce e vent’anni sono l’equivalente di due ere geologiche.

«Ai tempi di mio padre trovavi uno, due treni che guidavano la volata – afferma Riccardo – oggi ne hai 5-6 che cominciano a battagliare a chilometri di distanza dal traguardo, è un altro ciclismo, si va molto più forte».

Al Tour de Langkawi 2018, vittoria in maglia Astana
Al Tour de Langkawi 2018, vittoria in maglia Astana
Quanto ti ha influenzato tuo padre?

Quando correva o si allenava, io lo aspettavo a casa vestito da ciclista. Mia madre (i tre sono insieme nella foto di apertura, @photors.it) mi adattava le divise che lui smetteva. Praticamente sono nato in bici, io come mio fratello Michael, che corre fra gli under 23 ed è anche lui velocista. Tanti ricordi delle sue gare non ne ho o meglio le ho viste poi al computer, ma ricordo ad esempio che quando vinse a Parigi nell’ultima tappa del Tour, io c’ero.

Velocista lui, velocisti voi figli: un caso?

Non saprei, siamo molto diversi. Lui da quel che ho visto era più scattante, aveva lo sprint secco. Io ho bisogno della volata lunga per emergere, poi ad esempio lui se la cavava in salita, io proprio non vado. Ho un’altra stazza.

Nicola: mai avuto treni

«Riccardo rispetto a me è molto più equilibrato – dice la sua papà Nicola – io forse ero più scaltro ma dovevo esserlo, se non avevi il treno dovevi improvvisare ogni volta…».

Al Giro del 1998, Nicola vince a Forte dei Marmi su Strazzer
Al Giro del 1998, Nicola vince a Forte dei Marmi su Strazzer
Forse però avevi anche avversari diversi…

Ai miei tempi contava la fantasia, ora contano i watt… Già ai meno 20 dal traguardo vedi che si va a 70 all’ora, noi ci arrivavamo dopo lo striscione dell’ultimo chilometro. Basta una pinzata di freni e sei fuori dalla lotta. E’ un altro ciclismo, indubbiamente.

Riccardo: folla in volata

Torniamo a te: correndo con tante squadre che preparano la volata, si può ancora lottare da soli, sfidando i treni?

Si può, ma serve tanta fortuna, avere strada libera senza intoppi, per centellinare le energie quando sorpassi e risali verso le prime posizioni. Basta che un “vagone” dei treni, appena finito il suo compito, te lo trovi davanti e la volata è persa. Bisogna poi considerare che ai tempi di mio padre, del suo livello erano 3-4, ora ce ne sono almeno una quindicina che possono vincere, c’è molto più equilibrio.

Nel 2019 un po’ di colore alla Vuelta San Juan
Nel 2019 un po’ di colore alla Vuelta San Juan

Nicola: più cattivo

Fin qui il discorso tecnico, ma la volata è anche questione di spirito, di carattere, di quel pizzico di follia che può fare la differenza.

«Verissimo, io sono uno Scorpione – sentenzia Nicola – Riccardo è sicuramente più buono di me. Io dovevo essere determinato a giocarmi tutto perché sapevo che avevo una sola pallottola a disposizione.

Nel 2013 Riccardo vince da junior il Gp Giordana. Nicola al suo fianco
Nel 2013 Riccardo vince da junior il Gp Giordana. Nicola al suo fianco

A lui dico sempre che ci deve mettere quel pizzico di sana cattiveria agonistica in più. Ora per fortuna ha una squadra che crede in lui, anche se non può certo correre al suo servizio. Deve solo crederci perché verrà il suo momento, ne sono più che sicuro. Ha solo bisogno che finalmente la fortuna guardi dalla sua parte…».

Minali: «Dalle stalle alle stelle in 10 minuti»

16.02.2021
5 min
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In queste righe c’è tutta la grinta e la passione di un ragazzo che a soli 25 anni è stato ad un tanto così dal dover appendere la bici al chiodo. Riccardo Minali invece non si è arreso e alla fine ha avuto ragione, approdando infine nel WorldTour con la Intermarché-Wanty-Gobert. 

Lo sentiamo in un pomeriggio d’inverno, mentre l’Italia è sferzata da Burian, quando ha terminato gli allenamenti e si dedica al recupero…

Minali è passato pro’ nell’Astana, poi è andato alla Israel (in foto) e alla Delko
E’ passato nell’Astana, poi è andato alla Israel (in foto) e alla Delko
Riccardo, partiamo dalla situazione attuale: che inverno è stato il tuo?

Questi ultimi mesi molto bene. Soprattutto dopo aver saputo il programma dalla mia squadra per questa prima parte di stagione. Voglio partire forte e non vedo l’ora di iniziare – dice Minali con tono squillante – La condizione è buona.

E cosa prevede il tuo programma?

Inizierò allo UAE Tour, poi farò due classiche minori in Belgio. Che poi minori… lassù non ce ne sono di minori! E quindi andrò al Catalunya.

In effetti da quelle parti il ciclismo è un’altra cosa. Inoltre tu già vieni da un’esperienza europea, eri alla Delko…

La cultura ciclistica in Belgio credo equivalga alla nostra Serie A calcistica. Vedi la gente assiepata su ogni muro fiammingo ad ogni corsa.

Adesso sei all’Intermarché Wanty Gobert ma la tua carriera è stata costellata di alti e bassi, possiamo dire così?

Sì, ho fatto le prime due stagioni all’Astana e non mi sono trovato bene, ma benissimo! In quel team c’era tanta Italia a partire da Martinelli e Mazzoleni. Poi nei due anni successivi ho avuto grandi difficoltà. Avrei dovuto cambiare squadra e andare in un’altra WorldTour, ma non dico neanche il nome, e invece mi sono ritrovato alla Israel Academy che era già una bella realtà, ma non era il team attuale. Lì mi sono infortunato e sono stato due anni ad inseguire la condizione con la conseguenza che neanche correvo sempre. Ho avuto le mie possibilità ma non si sono avverate. L’anno scorso sono approdato alla Delko, ma credo che quella passata sia stata una stagione difficile per tutti, tanto più per chi come me aveva un solo anno di contratto.

Riccardo Minali, 25 anni, sta per iniziare la sua quinta stagione da pro’
Minali sta per iniziare la sua 5a stagione da pro’
E non hai rinnovato…

No, ho fatto dei piazzamenti ma non ho vinto. Già avevano altri sprinter e quindi sono rimasto a piedi. E direi per fortuna, visto che sono finito qui alla Wanty, la squadra perfetta per me.

Perché perfetta?

Mi sento come a casa anche se alla fine con loro ho fatto un solo ritiro. Mi hanno subito preso in considerazione e mi hanno fatto sentire sprinter. Sono felicissimo, è come essere nel paese dei balocchi. Ho guardato il lato positivo. Io penso che la vita sia una ruota che gira e non può sempre andare male. Non ho mollato nei momenti più duri. Mi sono allenato da solo, senza squadra, senza un contratto. Ma non volevo smettere a 25 anni. Adesso sono in una grande squadra e ho poca paura di scontrarmi coi grandi.

Che storia! E come è andata la trattativa per arrivare alla Intermarché Wanty Gobert?

A inizio novembre ero quasi rassegnato a dover smettere. Poi loro che erano diventati WorldTour avevano bisogno di un altro velocista per il secondo calendario (i team WT corrono su più fronti contemporaneamente, ndr). Avevano solo Danny Van Poppel. E di velocisti senza contratto non che ce ne fossero molti in quel momento. Mi sono trovato al posto giusto al momento giusto. Gli ho mandato i file, i miei valori… Però il sì definitivo è arrivato ormai verso fine dicembre. Alla vigilia di Natale per la precisione. In quei dieci minuti di telefonata sono passato dalle stalle alle stelle. E da quel momento ho ripreso ad allenarmi per degli obiettivi. Capito? Da niente al WorldTour. Per questo dico che non vedo l’ora d’iniziare, di mettere la maglia e di fare quello che, senza presunzione, mi viene abbastanza bene.

Minali ha vinto due tappe al Tour de Langkawi nel 2018
Minali ha vinto due tappe al Tour de Langkawi nel 2018
Siete poi un bel gruppetto d’italiani e questo vi dà anche una certa “garanzia” di fare il Giro. La squadra vorrà attirare attenzione e per farlo deve avere gente motivata e che susciti interesse, come i corridori italiani…

Siamo un bel gruppo. Pasqualon ormai è un pilastro del team. Poi ci sono Petilli, Rota, il diesse Piva e persino un meccanico, Francesco Giardiniere, che tra l’altro è veronese come me. A me piacerebbe un sacco fare il Giro e darò il massimo per essere nella rosa. E c’è anche quella tappa, la Ravenna-Verona, che arriva nel centro della mia città… ci sarebbero tutte le persone che mi conoscono e mi vogliono bene. Però da qua al Giro è lunga, intanto pensiamo a partire forte.

Già, ma allo UAE Tour ci sarà il mondo…

Esatto, con quel lotto partenti non dico che sia più facile vincere al Tour ma…

Beh non è così sbagliato quello che dici. Laggiù si concentreranno i migliori (non solo sprinter) di Giro e Tour..

Ho dato uno sguardo ai partenti e ci sono almeno 13-14 velocisti che potrebbero tranquillamente vincere. Il lato positivo però è che ci saranno più treni, più gente esperta e più punti di riferimento.

Dicci tre velocisti in attività che ti piacciono…

Viviani perché è un idolo per quel che ha fatto e quel che potrà fare, per la sua multidisciplinarietà e per il suo modo di essere corridore. Elia ha senso tattico. Ewan perché quando sta bene è un vero proiettile. E Sagan perché anche se non è un velocista puro ha una classe infinita. 

La tattica di Viviani, la punta di velocità di Ewan, la classe di Sagan…

Ed avresti il velocista perfetto! Almeno per me…

Passano gli anni, ma Petilli sorride ancora

14.02.2021
5 min
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Un corridore che ride mentre è in fuga. Noi lo abbiamo visto di persona dall’auto di giuria sulla quale viaggiavamo. Simone Petilli ha fatto anche questo. Non era ancora professionista, stava correndo in Argentina con la maglia della nazionale. Da quel giorno sono passati sei anni, ma il corridore lombardo, che per il secondo anno correrà nel team WorldTour Intermarché-Wanty-Gobert, non ha perso quel sorriso. Magari non ha più la stessa spensieratezza, ma è normale con il passare degli anni, delle esperienze, di qualche batosta e di qualche soddisfazione…

«Eh, sono diventato vecchio! Me ne sono reso conto gli ultimi anni con i giovanissimi che passano e vincono», scherza Petilli.

Simone Petilli al Tour de San Luis (Argentina) nel 2015
Petilli al Tour de San Luis nel 2015
Dai Simone che sei ancora giovane! Però un bilancio sin qui dei primi anni da pro’ puoi tracciarlo…

Sono stati anni di alti e bassi. Ho fatto esperienza, ma sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Tuttavia sono contento delle scelte fatte.

Perché secondo te hai avuto questi alti e bassi?

Io ho iniziato nel 2016, alla Lampre, squadra italiana e clima familiare. Ho imparato molto da gente come Ulissi, Rui Costa… ma c’era la mentalità di una volta.  Che poi dire “una volta”: sono passati solo cinque anni!

In effetti è vero, sembra un’altra epoca…

Quando sono passato la mentalità era ancora che il giovane doveva aiutare, poi intorno ai 27-28 anni si prendeva le sue responsabilità e coglieva i grandi risultati. Ora a 21-22 anni passano e vincono. Ma per carità, è giusto così.

Qual è stato il tuo anno migliore?

Il 2017. Non ho ottenuto grandi risultati ma nelle Ardenne e al Giro ho fatto delle belle prestazioni, quando il gioco si faceva duro riuscivo a restare con i migliori. Questo mi dava fiducia, pensavo solo a migliorare. I risultati arrivano, mi dicevo.

Simone è arrivato alla Wanty l’anno scorso. Eccolo con Pasqualon (a destra)
Dal 2020 è alla Wanty con Pasqualon (destra)
E invece…

Alla fine di quell’anno sono caduto in discesa al Lombardia. Mi sono infortunato gravemente e sono rientrato in pratica nella seconda metà del 2018. Ed è difficile riprendere a stagione in corso. Corri senza programma, non riesci ad essere costante. Poi è stata colpa mia che non sia riuscito a riprendermi.

Come hai passato questo inverno?

Cercando di evitare soprattutto l’errore dello scorso anno. Durante il lockdown mi sono allenato, forse troppo. Ho ripreso la stagione e sono andato bene per i primi dieci giorni, poi non ho più reso bene. Andavo più forte a giugno in allenamento che ad agosto in gara. E questa cosa non è facile da digerire. Non dico che non bisogna lavorare, ma bisogna farlo nel momento giusto.

Sei arrivato alla Intermarcheé-Wanty-Gobert…

Con la UAE mi sono lasciato bene, è lì che sono cresciuto. Dopo l’infortunio è cambiato molto il team. La Wanty è stata un’occasione per rilanciarmi. Ero consapevole di aver fatto, l’anno scorso, un piccolo passo indietro. Da quest’anno siamo di nuovo nel WorldTour. Adesso tocca a me dimostrare il mio valore. Bisogna essere realistici, oggi la UAE è ad un livello altissimo e anche solo andare a correre è difficile. Con Pogacar, Ulissi, Hirschi… devi avere non una condizione buona, ma stratosferica! Qui è un po’ più facile, posto che anche da noi c’è gente forte: Meintjes, Taramae, Hirt… ci sarà da lavorare per loro, ma avrò più possibilità di cercare le mie occasioni. La squadra ci mette tutto a disposizione.

E di Pasqualon che si dice? Lui è alla Wanty già da qualche anno…

Andrea lo conoscevo. Avevamo corso insieme nel 2014 nell’AreaZero. Io ero al primo anno in una continental, un novellino, mentre lui era lì per rilanciarsi. Pasqualon è un corridore molto tenuto in considerazione in squadra e se lo merita. In Italia è sottovalutato, invece ottiene risultati, li fa ottenere e sa fare gruppo. Mi ha aiutato ad ambientarmi, anche se mi sono trovato bene con tutti. Ci sentiamo spesso. Io chiedo a lui, ma anche lui chiede qualcosa a me, in fin dei conti anche io corro da un po’!

Parlaci della mentalità della squadra belga…

Rispetto a qualche anno fa c’è una grande differenza e me ne sono reso conto l’anno scorso. In Lampre e nei primi tempi della UAE c’è era ancora la mentalità italiana, quella della vecchia scuola. Per esempio quando ti chiedevano: «Quanto ti alleni in una settimana?». E tu dicevi sette giorni su sette. E ancora: «Nel recupero cosa fai?». E tu: faccio due ore, che per un pro’ sono 60-70 chilometri. Invece all’estero quando ti alleni, lo fai di brutto. Ma quando riposi e stai a casa, non ti fanno sentire in colpa. Non ti fanno passare quel giorno di stop come un qualcosa di sbagliato. Idem con l’alimentazione: se per una volta vuoi una pizza non è un problema.

Petilli (27 anni) al servizio dei capitani alla Uae nel 2019
Petilli al servizio dei capitani alla Uae
Oltre a Pasqualon ci sono anche Lorenzo Rota e Riccardo Minali, un bel gruppetto…

In ritiro ci chiamavano la “mafia italiana”, scherzando. Però la mafia li faceva divertire. Adorano la nostra cucina. L’anno scorso durante le corse italiane ci chiedevano perché noi italiani li guardavamo male se ordinavano un cappuccino dopo cena. Io gli spiegavo che quello si prende a colazione, ma tanto non capiscono! Comunque la compagine italiana adesso è ancora più forte grazie all’arrivo di Valerio Piva, un tecnico davvero bravo. Con lui abbiamo fatto uno step in più ed è un altro fattore a nostro vantaggio

Quando inizierai a gareggiare?

Allo Uae Tour, in realtà avrei dovuto iniziare con il Provence ma poi c’è stato non so quale fraintendimento tra team e organizzatori (in corse di quel livello possono prendere il via al massimo dieci squadre WT, ndr) e non siamo più andati. Dopo Uae dovrei fare Laigueglia, una corsa che mi piace molto e che ben si adatta alle mie caratteristiche, Strade Bianche, Catalunya e, spero, il Giro d’Italia. 

Bè dai, sei un italiano in una squadra belga…

Sì, loro hanno interesse a mandarmi e io a tornarci.