Ineos per Carapaz. Tosatto presenta la “corazzata rosa”

24.04.2022
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Una delle formazioni più attese al Tour of the Alps era la Ineos Grenadiers. La squadra, guidata nell’occasione da Matteo Tosatto, forse ha raccolto un po’ meno del previsto, però è sempre stata nel vivo della corsa.  E ci è stata con Pavel Sivakov, soprattutto, ma anche con Richie Porte. 

La corazzata britannica si prepara ad affrontare il Giro d’Italia e ancora una volta partirà con i favori del pronostico, grazie alla presenza di Richard Carapaz. E con Tosatto partiamo proprio dal corridore sudamericano.

Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo, questo inverno eri stato di parola e avevi detto: dopo la caduta di Bernal i programmi non cambiano. Carapaz resta il nostro leader per il Giro d’Italia…

E’ così. Richard aveva visto il percorso del Giro d’Italia e gli piaceva. Ama il Giro, è il suo grande successo, visto che lo ha vinto nel 2019, e per questo si sta preparando bene. Noi siamo fiduciosi verso di lui, così come verso tutti gli altri ragazzi che ci saranno.

Carapaz però non ha corso recentemente. E’ ancora in Ecuador. Qualche giorno fa ha utilizzato la bici da crono in un autodromo. Come mai avete scelto di non farlo gareggiare sin qui?

Perché questo era il programma che avevamo deciso. Un programma che prevedeva un bel blocco di lavoro fino al Catalunya. Peccato per l’intoppo alla Tirreno dove si è ritirato perché era malato, però poi ha recuperato bene. Il programma prevedeva di tornare in Ecuador e di allenarsi in altura più a lungo possibile. E si sta allenando bene. Anche con la bici da crono. Come tutti i nostri ragazzi, anche lui la prende una o due volte alla settimana, soprattutto prima di appuntamenti importanti che prevedono prove contro il tempo. Al Giro ce ne sono due. Non sono lunghe, ma potrebbero essere decisive.

Quindi prima del Giro nessuna corsa?

No, nessuna corsa. Carapaz ha dimostrato che quando ritorna da un periodo di altura riesce ad andare subito forte. Ormai ha un protocollo collaudato. Arriva in Europa otto-dieci giorni prima dell’inizio del Giro, si ambienta per il fuso orario e la temperatura ed è pronto.

Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Al Tour of the Alps abbiamo visto una Ineos Grenadiers orfana di Geoghegan Hart: cosa è successo?

Per Tao è stato scelto un programma differente perché anche lui purtroppo si è ammalato alla Tirreno-Adriatico. Di conseguenza ha dovuto saltare il Catalunya ma ha fatto i Paesi Baschi. E così dopo questa dura corsa ha preferito allenarsi in altura. 

Dal Tour of the Alps avete avuto indicazioni importanti?

Ho visto un Pavel Sivakov che è tornato ai suoi livelli. Anche Porte sta davvero bene. E lo stesso vale per Salvatore Puccio. Siamo messi bene e possiamo fare le nostre scelte con serenità. In questi giorni post Tour of the Alps faremo il punto della situazione con i ragazzi per definire la squadra del Giro.

Quindi né Sivakov, né Porte sono sicuri di essere al Giro?

No, no… voglio dire che si sono preparati per il Giro e sono pronti. Però, come come tutti gli anni, facciamo la squadra dopo aver esaminato i dati e dopo aver parlato con tutti i ragazzi. Ma penso che avendo dimostrato una buona condizione non ci saranno problemi.

Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Effettivamente Sivakov non era così brillante da un po’…

Non si vedeva, perché magari non era il leader della corsa e doveva aiutare i capitani. Ma io Pavel l’ho visto fortissimo già l’anno scorso alla Vuelta, dove appunto ha corso di supporto. Quest’anno è partito più tranquillo, si è allenato bene anche lui. È rientrato dopo due settimane in altura a Sierra Nevada. E un Sivakov che sta bene per noi è molto importante.

Siete una delle corazzate della carovana. Tanti uomini, una grande possibilità di scelta. E questo vale per i tecnici ma anche per i corridori. Alla luce di tutto ciò Carapaz ha chiesto un uomo specifico? Uno di fiducia?

Da quando lo conosco posso dire che è un ragazzo molto serio. Un ragazzo che si fida delle persone che lavorano attorno a lui. E se un coach o un altro direttore sportivo gli dice che ci sono questi determinati uomini a lui va bene. Si fida, sa che sono i migliori che possiamo mettergli a disposizione. Quindi no: non ha specificato che lui vuole il corridore “X” o “Y”. Richard vuole una squadra di supporto, quello sì. Dal canto nostro, noi gli stiamo mettendo in piedi un team che al Giro lavorerà solo per lui.

Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
In una squadra così e con un uomo che punta senza mezze misure alla maglia rosa, un Salvatore Puccio ci sta bene. A parte il fatto che lui sta bene ovunque! 

Vero – ride Tosatto – il discorso di Puccio vale sempre. Non perché è italiano, ma “Salva” negli ultimi anni ha dimostrato che quando è chiamato in causa è sempre pronto. È un leader, un leader nel suo lavoro. Anche lui ha avuto molta sfortuna ad inizio stagione: malattie, infortuni, un problema al ginocchio… Adesso è rientrato ed è in buona condizione. Deve migliorare ancora un po’ ma è un percorso normale. E sicuramente sarà pronto per il Giro.

Ultima domanda: Porte gregario di lusso o avrà anche ambizione di classifica?

Gregario di lusso.

Risposta secca, ormai non capita spesso…

Ma è così: a domanda ho risposto! E poi Carapaz è uomo che dà garanzie.

Sidi Wire 2: una settimana indimenticabile tra Amstel e Roubaix

19.04.2022
3 min
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Anche la Parigi-Roubaix 2022 è stata vinta da un atleta con ai piedi le scarpe Sidi Wire 2. Dopo il trionfo di Colbrelli dello scorso anno tra fango e pioggia, questa volta ci ha pensato Van Baarle a portare a casa la pietra più pesante del mondo. Quella vinta dal corridore olandese è stata una Roubaix dove polvere e vento hanno caratterizzato la corsa. Questi ultimi successi sono la dimostrazione di come le scarpe Sidi siano in grado di performare al meglio in ogni situazione. 

Con Sidi la Ineos è riuscita ad imporsi su tutti i terreni, a dimostrazione della versatilità del modello Wire 2
Con Sidi la Ineos è riuscita ad imporsi su tutti i terreni, a dimostrazione della versatilità del modello Wire 2

Una settimana magica

Quella di Sidi è stata una settimana di corse davvero intensa e ricca di emozioni. Infatti, prima di conquistare per il secondo anno di fila il velodromo di Roubaix, era arrivata anche la vittoria all’Amstel Gold Race. A trionfare sul traguardo di Valkenburg, con un gran colpo di reni, è stato Michal Kwiatkowski. La particolarità? Anche il corridore polacco ha vinto con addosso le Sidi Wire 2. 

Un delicato equilibrio

Le Sidi Wire 2 sono delle scarpe estremamente tecniche. Studiate e sviluppate per avere un equilibrio che favorisce la migliore prestazione su tutti i terreni. Una delle sue particolarità è nel sistema di chiusura, che, con il suo meccanismo centrale, permette un’equa distribuzione della tensione sul collo del piede. E’ stato aggiunto anche un innovativo pulsante che, se schiacciato, fa alzare una levetta per avere una miglior regolazione in corsa. Potrebbe essere stato anche questo uno dei segreti che hanno permesso a Van Baarle di vincere domenica.

Micro regolazioni 

Il tallone è uno dei punti più delicati da far calzare all’interno della scarpa. Sidi ha ideato un sistema di regolazione che rinforza lo spoiler e migliora la calzata, permettendo di stringere il tallone in modo che non scalzi durante gli sforzi della pedalata.

Ogni lato del tallone può essere regolato in modo indipendente, per una calzata perfetta. Per una regolazione personalizzata, girare la vite verso il segno (più) per stringere il meccanismo e verso il segno (meno) per allentarlo.

Sidi

Martinez 2022

Da spalla di Bernal a leader per il Tour. E’ il “nuovo” Martinez

15.04.2022
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Mentre Daniel Felipe Martinez indossava il simbolo del primato, nella premiazione conclusiva del Giro dei Paesi Baschi, gli occhi dei dirigenti della Ineos Grenadiers brillavano di una luce particolare, che non si vedeva da tempo. Quella luce che si era spenta all’improvviso un giorno di gennaio, quando dalla Colombia arrivavano notizie e soprattutto foto spaventose, legate all’incidente di Egan Bernal. Sembrava, allora, che tutti i piani della squadra fossero finiti nella spazzatura, oggi lo spirito è ben diverso, non solo per le incoraggianti notizie che arrivano dal vincitore del Giro 2021 (per il quale però serve ancora tanta pazienza), ma anche per la voglia di rivalsa che tutta la squadra ci sta mettendo, Martinez in primis.

La vittoria in terra basca, la decima nella carriera del 25enne colombiano, potrebbe aprirgli nuove prospettive. Sin da subito si è cominciato a pensare a lui come punta della squadra britannica per il Tour e l’investitura ufficiale è arrivata da chi il Tour l’ha vinto, Geraint Thomas: «In Francia saranno lui e Yates i leader della squadra, quelli deputati alla caccia alla maglia gialla». Fino a poche settimane fa nessuno si sarebbe aspettato simili parole, ma il Martinez di oggi è ben diverso da quello di allora.

Martinez Zamudio 2022
La volata vincente di Martinez a Zamudio, ma la conquista dei Paesi Baschi verrà in seguito
Martinez Zamudio 2022
La volata vincente di Martinez a Zamudio, ma la conquista dei Paesi Baschi verrà in seguito

Corti il primo a credere in lui

Professionista dal 2015, Martinez inizialmente ha gravitato in ambienti nostrani (anche se non in quanto a licenza delle sue squadre), prima con la Colombia di Claudio Corti, poi con il Wilier Triestina-Southeast con cui ha corso il suo primo Giro d’Italia nel 2017. L’anno dopo, passato all’EF Education First, ha chiuso terzo il Giro di California e concluso il suo primo Tour de France, nel 2019 sono iniziate ad arrivare le prime vittorie e pian piano esse sono diventate di peso sempre maggiore: il Delfinato 2020 (anche grazie al ritiro all’ultima tappa di Roglic), la tappa di Puy Mary al Tour dello stesso anno e appunto il Giro dei Paesi Baschi 2022, con una vittoria di tappa battendo in uno sprint accesissimo un certo Julian Alaphilippe.

Questi i numeri, ma c’è altro. Martinez è sempre stato un corridore da prove a tappe, si è visto sin dai suoi inizi sull’onda della tradizione colombiana: non dimentichiamo che viene da Bogotà, ha sempre vissuto in altura e questo gli ha dato un passaporto fisiologico di prim’ordine. Pian piano però ha acuito le sue doti di resistenza, fino al bellissimo Giro d’Italia dello scorso anno, chiuso al 5° posto dopo aver corso come scudiero della maglia rosa Bernal: «Ho lavorato tanto per questo e mi accorgo che nell’ultima settimana non perdo più brillantezza come avveniva prima, anzi». Al di là dei compiti di squadra, Martinez infatti ha guadagnato posizioni nelle frazioni finali e la cosa non è passata inosservata.

Martinez Bernal 2021
Una foto già storica: Martinez incita e scuote Bernal in crisi. Grazie a lui Egan salverà la rosa
Martinez Bernal 2021
Una foto già storica: Martinez incita e scuote Bernal in crisi. Grazie a lui Egan salverà la rosa

Che urla, su per Sega di Ala…

C’è un giorno, nel Giro 2021, che resta scolpito nella pietra ed è la tappa di Sega di Ala. In quella frazione si è visto anche il carattere e la forza d’animo di Martinez. L’attacco di Simon Yates sembrava poter riaprire il Giro, Bernal improvvisamente era andato in crisi.

Martinez, da buon compagno, si è messo davanti e ha iniziato a pilotarlo, ma non solo con le azioni. Quei metri, quei chilometri sono diventati un lungo viaggio per i due con i ruoli che improvvidamente si sono invertiti, con Martinez che incitava il compagno e non gli ha fatto mancare anche qualche urlo, qualche parolaccia per scuoterlo da quell’apatia che sembrava averlo avvolto.

Avrebbe potuto fare di più in classifica senza essere condizionato dagli obblighi di squadra? Senza di lui Bernal avrebbe vinto ugualmente? Martinez ha sempre evitato di guardare ai “se”: «Egan ha vinto grazie a se stesso, alle sue capacità, non a me, io ho solo aiutato in un momento di difficoltà».

Martinez crono
Per il 25enne di Bogotà 3 titoli nazionali e uno panamericano contro il tempo
Martinez crono
Per il 25enne di Bogotà 3 titoli nazionali e uno panamericano contro il tempo

L’imboscata a Evenepoel

Da allora è passato tempo, alla Ineos hanno fronteggiato vere tempeste dalle quali solo ora iniziano a riemergere e guardano al colombiano quasi come a un salvatore. Uno che sa come muoversi e al Giro dei Paesi Baschi si è visto abbondantemente. Intanto per la sua condotta in gara, per come ha saputo mettere in crisi Evenepoel: «L’idea era di rendere l’ultima tappa davvero dura già prima della salita finale, per prosciugare il serbatoio di energie del belga». Una tattica che ha pagato, con Evenepoel che si sentiva abbastanza sicuro della vittoria alla partenza della frazione finale ma che alla fine ha pagato dazio.

Non c’è però solo questo. Martinez ha dimostrato di sapersi muovere, anche eticamente. Quando Enric Mas è volato via oltre il guardrail, l’incidente ha formato un buco che poteva vanificare ogni prospettiva e lì Martinez si è messo a lavorare proprio con Evenepoel per ricucire la corsa. Rimesse le cose a posto, il colombiano ha ricominciato a lavorare contro il belga, come era giusto che fosse.

Martinez 2016
Daniel Felipe Martinez è nato il 25 aprile 1996. E’ pro’ dal 2015, l’anno dopo era già al Giro
Martinez 2016
Daniel Felipe Martinez è nato il 25 aprile 1996. E’ pro’ dal 2015, l’anno dopo era già al Giro

Pogacar? Già battuto…

Molto si discuterà se Martinez potrà essere una valida alternativa a Pogacar al Tour, ma mettendo insieme gli indizi la risposta sembra essere positiva: in fin dei conti è l’unico non Jumbo Visma che è stato capace di battere lo sloveno in una corsa a tappe (Delfinato 2020); oltre alle sue capacità in salita ha dimostrato di non essere per nulla fermo a cronometro (tre volte campione nazionale e campione panamericano junior); il suo rendimento nei grandi giri è andato sempre migliorando. Da qui a dire che vincerà ce ne corre, ma certamente, se si cerca un’alternativa alla sfida tutta slovena alla Grande Boucle, bisogna guardare anche nella sua direzione.

Wiggins 2022

Wiggins a tutto campo, con un po’ di nostalgia…

04.04.2022
5 min
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Una mattina in mezzo alla settimana, una come tante, in un fast food in Belgio. Una tazza di caffè davanti, avventori che scorrono alle spalle, un PC di fronte collegato in videoconferenza con il mondo. Bradley Wiggins a disposizione per qualsiasi tipo di domanda.Per poco meno di un’ora il cinque volte olimpionico e vincitore del Tour de France si è messo a rispondere alla stampa, parlando di tutto. Raccontando soprattutto come vede il ciclismo attuale dall’alto della sua esperienza, con quella lunga barba che dà alle sue parole il sapore della saggezza.

Wiggins siamo ormai abituati a vederlo commentare le corse ciclistiche su Eurosport, al seguito del gruppo sulla moto e questo gli dà un luogo di osservazione privilegiato. Dalle sue parole traspare sempre quel senso di meraviglia bambinesca di chi vive nel mondo dei suoi giochi preferiti e guarda i protagonisti con quell’ammirazione con cui è guardato lui. L’intervista parte dal trionfo di Biniam Girmay alla Gand-Wevelgem e dalle implicazioni future di quel che a tutti gli effetti è stato un momento storico.

Wiggins stampa 2022
Un momento della conferenza stampa virtuale di Wiggins, 18 i giornalisti accreditati
Wiggins stampa 2022
Un momento della conferenza stampa virtuale di Wiggins, 18 i giornalisti accreditati

«Altri Paesi emergeranno come l’Eritrea»

«Lo capiremo con il tempo, ma siamo alle prese con una rivoluzione. Il ciclismo ora è molto più inclusivo e un campione può nascere dappertutto, è uno sport sempre più universale. Biniam sarà un ispiratore per tanti altri Biniam, nel suo Paese e in altri. Una volta a vincere le corse erano ciclisti di poche nazioni, quelle con la tradizione alle spalle, ora possono vincere tutti. Imprese come quelle di Girmay fanno capire che sono possibili a chiunque e questo è il vero segno del cambiamento».

Sembra che Wiggins abbia smesso un secolo fa, eppure era ancora sul podio olimpico a Rio 2016. Per sua stessa ammissione, da allora il ciclismo è cambiato molto. «Seguo le gare di mio figlio fra gli juniores – racconta – e mi accorgo che, come lì si parte a tutta e si va avanti fino alla fine, lo stesso avviene al massimo livello. Quando correvo io no: agli inizi – ricordo in particolare il Giro del 2003 dove c’erano Cipollini in maglia iridata e Pantani – si partiva piano e man mano si accelerava. Ora, testa bassa e andare. E’ cambiato l’allenamento, sono cambiate le tattiche di gara, è cambiato anche l’impatto sociale del ciclismo. Ora grazie a tivù e social puoi vedere ciclismo ogni giorno a ogni ora, questo trasforma tutto».

E’ mutato anche l’impatto economico: «Sì, ma questo è il meno, non c’è stato ancora quel boom come per la Formula Uno, ad esempio. Ci sono grandi aziende che investono, ma lo fanno spinte dalla passione di chi è ai vertici più che per un vero ritorno economico. Questa forse sarà una frontiera futura».

Pogacar Belgio 2022
In Pogacar, nel suo voler gareggiare in prove apparentemente non sue, Wiggins vede un ritorno al passato
Pogacar Belgio 2022
In Pogacar, nel suo voler gareggiare in prove apparentemente non sue, Wiggins vede un ritorno al passato

La Ineos deve cambiare strategie

Ineos è l’emanazione di Sky, la “sua” Sky e si sente, nel parlarne, come un pezzo di cuore sia rimasto legato lì. Allora era la squadra dominante, ora? «I vertici sono altrove, combattere con campioni come Pogacar non è facile. La Ineos ha grandi corridori, ma non all’altezza sua o di Roglic o Van Aert. Questo significa dover cambiare modo di correre per cercare di sovvertire le gerarchie e non è facile. Io sono convinto che, per i grandi Giri, l’uomo giusto per il futuro sia Pidcock, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo per farlo maturare».

Pogacar ricorre spesso nelle sue parole, Wiggins è un suo grande ammiratore: «Mi piace soprattutto il suo modo di mettersi in gioco a 360°, non puntare solamente alle “sue corse”. Il fatto che provi a vincere un Giro delle Fiandre è enorme. Per uno con i suoi obiettivi potrebbe essere un rischio, potresti compromettere obiettivi futuri ma lui non ha paura e lo fa. E’ un po’ come avveniva una volta, stiamo tornando al passato e per me è una buona cosa perché ne guadagna lo spettacolo. Poi, se mi chiedete come batterlo al Tour, penso che il modo migliore sia pagarlo profumatamente per non correrlo…».

Wiggins ora 2015
L’ennesima impresa di Wiggins, la conquista del record dell’Ora, poi superato da Campenaerts nel 2019
Wiggins ora 2015
L’ennesima impresa di Wiggins, la conquista del record dell’Ora, poi superato da Campenaerts nel 2019

Il problema non è la bici…

Se si parla della Ineos, non si può dimenticare che per ora (e ancora per un po’) bisognerà fare a meno di Bernal. Molto si è discusso sul suo incidente e sull’opportunità di utilizzare le bici da cronometro in allenamento. Qui il britannico è netto: «Ostacolare il progresso è un errore, non possiamo nasconderci la verità, dipende sempre dalle nostre azioni. Se hai la tendenza a tenere la testa abbassata, a guardare manubrio, potenza, frequenza cardiaca, sei distratto. Non vedi quel che c’è attorno e non bisogna dimenticare che ci si allena su strada, in mezzo alle macchine. Tutto sta all’attenzione e alla responsabilità di chi guida la bici, non a quale bici stai guidando».

Wiggins ha avuto parole di elogio anche per Filippo Ganna, a proposito della sua idea di attaccare il record dell’Ora: «Ne ho parlato con lui e mi ha chiesto se mi piacerebbe esserci quel giorno, chiaramente gli ho detto di sì, che sono anche pronto a consigliarlo, ma lui ha già davanti la sua strada e io posso dirgli ben poco. Lo conosco da tempo e so quel che può fare, io credo che possa anche andare vicino al limite fantascientifico dei 60 orari, ma serve molto lavoro per questo. Comunque, se mi vuole come portafortuna, io ci sono…».

Bernal in bici è davvero un miracolo? Per Borra no…

30.03.2022
8 min
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Ci sarà davvero da stupirsi del ritorno di Bernal in bicicletta? Non sarà che il sensazionalismo a mezzo social rende tutto eccessivo, per cui il fatto che Egan abbia rischiato la vita rende miracoloso un ritorno che in realtà di miracoloso non ha niente? Alla fine di questo articolo sarà evidente la differenza nell’approccio tra chi legge le notizie, noi compresi, con quel pizzico di dovuta paura e compassione e chi sugli atleti infortunati e apparentemente spacciati opera da anni.

Ne abbiamo parlato con Fabrizio Borra, uno che nel 1995 rifiutò si parlasse di miracolo quando rimise in bici Marco Pantani e che da allora ha lavorato con decine di corridori, piloti di Formula Uno, quelli della Moto Gp e da stasera, per non farsi mancare nulla, è con Fiorello per un concerto a Padova. Del siciliano e di Jovanotti è amico e ne segue spesso le performance.

Fabrizio, il ritorno di Bernal in bici è così sorprendente?

Se non sbaglio dall’incidente sono passati due mesi e rotti, no? Quindi siamo nei tempi giusti. Se guardiamo alla guarigione ossea, la forchetta è di 6-8 settimane. Quelli sono i tempi standard, che tu abbia una frattura oppure 20. Per cui in bicicletta vai a metterlo anche prima. Non aspetti le 8 settimane, addirittura lo metti in 5-6. Se guardo tutte le mie casistiche, una volta che l’osso ha fatto il primo strato di callo, la bicicletta aiuta a vascolarizzare meglio, per cui diventa una parte rieducativa. Per questo aspetto è nei tempi.

C’è un però?

Se oltre a quelle fratture ha avuto anche delle problematiche su qualche articolazione, questo chiaramente non lo sappiamo. Però se va in bicicletta, credo che il problema non ci sia. Ho visto un paio di immagini su internet, lui ha il vantaggio che la sua struttura è molto snella, non ha un fisico tanto importante muscolarmente. Questo sicuramente è a suo favore. Il punto non è tanto rimetterlo in bicicletta…

E qual è?

Ce lo puoi mettere anche dopo 30 giorni, l’accortezza è che sia dritto. Quando hai tante fratture e così tanti traumi di quel tipo, che coinvolgono anche gli organi interni, bisogna guardare l’equilibrio muscolo-funzionale. Non so come stiano lavorando in Colombia, mi auguro che non abbiano guardato solamente l’aspetto osseo o l’aspetto della medicina interna, ma che abbiano misurato e valutato gli equilibri muscolo-funzionali. Cioè che la muscolatura abbia ripreso a lavorare in modo corretto. Penso che la Ineos Grenadiers, avendo creato un nuovo modello del ciclismo, sia attenta a questo aspetto.

Le foto di Bernal di nuovo in bici sono spuntate sul suo profilo Twitter
Le foto di Bernal di nuovo in bici sono spuntate sul suo profilo Twitter
Che impressioni hai?

Guardando quelle immagini, sembra messo abbastanza bene. Bisognerà però vedere la risposta quando comincerà ad aumentare i carichi e l’intensità. Ho un po’ seguito il suo percorso attraverso i social. Ho visto che lo hanno messo sul cicloergometro e poi subito in acqua. Da quello che ho potuto vedere, mi è sembrato un percorso moderno, idoneo. Insomma, mi stupirei se non andasse già in bici. Resto un po’ stupito dalle reazioni, la gente si fa dei viaggi sulle tempistiche.

L’impatto emotivo è stato forte…

Se le fratture vertebrali avessero compresso o creato qualche sofferenza a livello nervoso, quindi qualche area muscolare fosse limitata, allora i tempi sarebbero più lunghi. Il recupero del nervo è lento e soggettivo, ma da quello che ho percepito Egan non ha avuto delle sofferenze del genere. L’esempio più elementare è quando ha avuto una frattura al braccio Marc Marquez, quello della Moto GP. Il suo problema è che ha avuto una sofferenza al nervo radiale del braccio: con quel problema, la moto non la guidi. Ma se non hai questa problematica, una volta recuperate le fratture, poi si tratta di rimettere la muscolatura in assetto e ritrovare una condizione atletica decente. Abituare il corpo a certe sollecitazioni. Diciamo altri 2-3 mesi? Vuol dire che in 6 mesi sei di nuovo in gruppo.

La testa conta tanto?

La testa come sempre incide almeno per il 70 per cento. E’ lei che decide tutto, a patto di avere anche l’equipe giusta che ti segue e la fortuna che il trauma vada nella direzione giusta. A queste condizioni, la testa fa la differenza, allo stesso modo in cui potrebbe crearti dei problemi se non ha le giuste motivazioni. Poi è chiaro che a lui è andata bene. Se avesse impattato in modo leggermente diverso, se la frattura spinale si fosse portata dietro un pezzo di midollo, adesso sarebbe sulla sedia a rotelle. Però una volta che non è successo e la vertebra si è saldata, tu sei come prima.

Egan Bernal sui rulli, marzo 2022: si parlava già di miracolo (foto Twitter)
Egan Bernal sui rulli, marzo 2022: si parlava già di miracolo (foto Twitter)
La schiena sarà ugualmente elastica?

Il livello di elasticità della colonna lo vedi con la prova dei fatti. Ci sarà tutta una seria di adattamenti e di normalizzazioni, ma oggi su questi aspetti si lavora bene. Quando hai dei bravi terapisti, anche l’articolazione bloccata si riesce a gestire. Guardate la bruttissima frattura che ha avuto Matteo Moschetti al bacino. Non è che quel trauma non sia stato bruttissimo e non abbia coinvolto la colonna. Però è stato operato bene da un chirurgo bravo, che l’ha mosso il giorno stesso. E lui dopo 40 giorni era già sui rulli. Non è stato un miracolo, ha fatto le cose giuste.

Parve un miracolo quello con Pantani, ma perché in anticipo sui tempi…

Anche lì si trattò di fare la cosa giusta, che per i tempi sembrò abbastanza miracolosa. Era un percorso nuovo per l’Italia, ma già in uso negli Stati Uniti. Questo fa parte della medicina, che va sempre verso nuove frontiere. Io semplicemente, avendo girato, ebbi la capacità di venire a conoscenza di certe metodiche che stavano arrivando nel mondo rieducativo. Quindi in Italia su Marco sono stato forse il primo, ma non mi prendo il merito. Ho solo capito che quella strada fosse un grande step di sviluppo, come poi è stato. C’è continua evoluzione oggi nella rieducazione. Quello che abbiamo fatto su Moschetti due anni fa è stato reso possibile dalle conoscenze attuali e da una struttura con le tecnologie necessarie. Vedi il caso della Goggia…

Prima delle Olimpiadi invernali?

Esatto. La sua ripresa non è stata un miracolo. Tecnicamente è stato bravo il suo staff a fare le cose giuste nel momento giusto. Si è rotta il perone, che non è un osso portante. E ha avuto una piccola distrazione di un legamento del crociato già operato, quindi che non era il suo legamento naturale. L’entità del trauma non era così importante. Ma resta il grande lavoro che hanno fatto su di lei, perché in quei casi è più facile peggiorare la situazione. E poi è stata grande la sua testa, avendo accanto due o tre figure brave e intelligenti, che l’hanno fatta muovere subito evitando che il sistema neuromuscolare si… addormentasse. Oggi c’è un bel gruppo di rieducatori italiani, che nella medicina sportiva ha tanto da dire. Ai congressi ci sono tanti colleghi bravi.

Anche per Bernal si parlava del rischio di atrofizzazione.

Quando parliamo di inibizione neuromuscolare, intendiamo questo. Quando hai un trauma, cosa fa il corpo? Tende a proteggere quella zona e lo fa togliendo… corrente. In questo modo, usando meno la parte dolorante, la proteggi. Il muscolo però si atrofizza, per cui alla fine il segreto è di lavorare aggirando il trauma, affinché il corpo non crei queste difese e mantenga la muscolatura efficiente.

La testa, dicevi…

La Goggia è stata brava a rimettersi gli sci e tornare a fare quella curva, come in Formula Uno o Moto Gp la prima cosa che fanno è ripetere la curva in cui sono usciti. L’incidente di Bernal non dipende da una curva sbagliata o da un cedimento mentre era sotto sforzo. Lui aveva la testa bassa e ha preso un pullman, avrà meno condizionamenti mentali al momento di ripartire. Bernal non ha la memoria del trauma.

Però il suo rientro andrà seguito bene…

Guardo anche il percorso di Remco Evenepoel. Anche lui è rientrato bene, ho seguito su Instagram tutto il lavoro che hanno fatto in Belgio nel centro che lo ha rieducato. Però uno dei limiti del ciclismo è che quando torni in bicicletta, poi hai finito. Si mette in secondo piano il lavoro di riatletizzazione. Esci dal centro educativo e vai su strada, stop. Nel calcio e nel basket si fanno invece congressi su come creare questa fase di riatletizzazione e dentro c’è anche il supporto psicologico. Nel ciclismo invece il rieducatore smette di seguirti, vai in ritiro solo col massaggiatore e ricominci a inseguire la prestazione. Poi però succede che, come Remco e Froome, capiti di dover interrompere la bici e tornare in palestra.

Allenamenti con gli amici e passeggiate con la compagna Maria Fernanda Motas
Allenamenti con gli amici e passeggiate con la compagna Maria Fernanda Motas
Cosa diresti a Bernal?

A Bernal direi di non voler per forza bruciare le tappe e di tornare quando è sicuro di essere a posto, ma non in termini di watt, quanto piuttosto della vera efficienza fisica, curandosi che il corpo non metta in atto delle compensazioni che poi incideranno sulla performance.

Voci dalla Colombia, mentre Bernal progetta il rientro

17.03.2022
7 min
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La mattina del 24 gennaio trascorre in mezzo ad ansie e l’odore della tragedia. C’è un crollo emotivo nel Paese, che va in trance a causa della fatalità che si verifica sulla strada che collega Cundinamarca con il dipartimento di Boyacá, attraverso il comune di Gachancipá. Lì, Egan Arley Bernal Gómez, vincitore del Tour e del Giro e leader indiscusso della nuova era del Team Ineos, si scontra violentemente, a più di 60 chilometri orari di velocità, contro il retro di un autobus fermo a lato strada, mentre stava svolgendo un allenamento specifico sulla sua bici da crono.

Con questo disegno pubblicato su Twitter, si riassume il corso della rieducazione di Bernal
Con questo disegno pubblicato su Twitter, si riassume il corso della rieducazione di Bernal

Seppur cosciente al momento del ricovero al pronto soccorso della Clinica de la Sabana, a Chía, a nord di Bogotà, il referto medico non è affatto incoraggiante: politrauma con trauma cervicale e toracico, trauma toracico chiuso, trauma muscoloscheletrico e trauma agli arti inferiori. Ha dovuto subire più interventi chirurgici, di cui due alla colonna vertebrale, che hanno seriamente messo a repentaglio la possibilità di camminare di nuovo.

«Sono felice di essere vivo», sono state le prime parole del 25enne di Cundinamarca, uscito dal centro medico appena 14 giorni dopo aver subito un incidente di tale portata. Una follia solo pensarlo. Solo un essere umano dotato di capacità fisiche e mentali come le sue poteva resistere persino alla morte.

Grandi doti di recupero

«Sin dalla prima fase di formazione, ha sempre mostrato una capacità rigenerativa di gran lunga superiore a quella degli altri atleti. Quello che si sta manifestando in Egan non è di oggi, sono semplicemente qualità genetiche», afferma Sergio Avellaneda, allenatore e amico personale con il quale ha ottenuto molteplici traguardi in MTB, tra cui un argento e un bronzo ai mondiali di Norvegia 2014 e Andorra 2015.

«L’ho seguito in alcuni periodi quando correva nelle categorie giovanili – prosegue Sergio – 15 giorni prima del Campionato Panamericano di Cota (Cundinamarca), Egan si è fratturato la clavicola. Il giorno successivo è stato operato e due giorni dopo aveva già recuperato tutta la mobilità con un dolore minimo. Il terzo giorno mi chiese di portarlo a un controllo dal dottor Gustavo Castro, un chirurgo, perché si sentiva in grado di salire in sella e quindi di non perdere tutto il lavoro che aveva fatto in preparazione. E così ce l’abbiamo fatta, abbiamo rischiato, l’abbiamo iscritto ed è diventato campione contro rivali molto forti», racconta Sergio, che ha sempre visto Bernal come una meraviglia fisica.

Sergio Avellaneda, a sinistra, è amico e allenatore di Egan Bernal ai tempi dei mondiali Mtb
Sergio Avellaneda, a sinistra, è amico e allenatore di Egan Bernal ai tempi dei mondiali Mtb

Motivazioni d’acciaio

«Egan è soprattutto un talento. E talenti come lui, con quelle capacità sopra alla media, sono capaci di affrontare sfide che vanno oltre l’evidenza. Ecco perché il suo recupero non è sorprendente, perché l’ha preso come una grande sfida dal punto di vista psicologico. E’ un atleta a cui piace correre e questo renderà il suo recupero più veloce…

«Non perdere il suo status e ricominciare a praticare l’azione ciclistica è la motivazione per riprendersi rapidamente. Ciò che sorprende è il tempo in cui c’è riuscito», assicura Luis Fernando Saldarriaga, ex manager del Team Manzana Postobon e dirigenti di campioni come Nairo Quintana, Esteban Chaves e Sergio Higuita.

Di nuovo in sella

Dall’incidente, il ricovero, la dimissione dall’ospedale e il ritorno sui rulli, sono trascorsi 45 giorni. Sì, in meno di due mesi e dopo interventi al femore, rotula, trauma toracico e due interventi alla colonna vertebrale, Egan ha indossato gli abiti della sua squadra e con il gesto sorridente e le dita in segno di vittoria, si è sentito di nuovo un ciclista (foto Twitter in apertura).

Sulla schiena di Bernal, qui prima della rieducazione in acqua, i segni degli interventi spinali
Sulla schiena di Bernal, qui prima della rieducazione in acqua, i segni degli interventi spinali

I rischi della strada

«E’ un caso atipico, penso che nessuno, né gli specialisti né i chirurghi, si aspettasse una guarigione così veloce. Totalmente fuori dall’ordinario. Vedendo la sua evoluzione è possibile che tra un mese lo vedremo di nuovo su strada. E’ possibile. Ma da lì a tornare competitivo, il passo sarà abbastanza difficile. Credo che quest’anno non ce la farà, credo addirittura che gareggiare sarà complicato.

«Sta migliorando molto rapidamente, ma non dovremmo essere così ottimisti sul vederlo correre quest’anno. Le fratture che ha avuto sono state complesse e la mia paura è che torni su strada con i rischi che questo comporta, e non voglia il Signore, metta a rischio gli interventi chirurgici che gli sono stati eseguiti», analizza il dottor Camilo Pardo, uno dei medici specializzati in ciclismo con la maggiore esperienza della Colombia. Fra le sue mani non sono passati solo alcuni dei migliori ciclisti delle nuove generazioni, ma anche personaggi storici dell’epoca del Café de Colombia come Lucho Herrera, Fabio Parra e José Patrocinio Jiménez.

Tornerà grande

«Alla fine, corridori come Egan, che a 25 anni sono capaci di avere un palmares così grande con un Tour e un Giro vinti, sono al di sopra della norma. Questo traspare dalla facilità di rompere le statistiche e i tempi di recupero. E non è che sia qualcosa di forzato o accelerato come molti potrebbero credere, ma piuttosto qualcosa che si evolve molto più velocemente rispetto a qualsiasi persona. Grazie a Dio ha avuto un’ottima evoluzione. Sta andando sicuro e deciso», ha detto lo spagnolo Cristian Alonso, massaggiatore personale di Bernal, testimone del tragico evento e membro del Team Ineos, che insieme al direttore Xabier Artetxe, è stato con il campione fino al suo ritorno a casa.

Cristian Alonso è il massaggiatore di fiducia di Egan, che era presente all’incidente (foto Twitter)
Cristian Alonso è il massaggiatore di fiducia di Egan, che era presente all’incidente (foto Twitter)

«L’aspettativa è che torni al meglio e che torni ad essere il grande corridore che era. E di sicuro non gli mancano il coraggio, la dedizione, il lavoro e la voglia. Questi non mancheranno mai», prosegue Alonso, massaggiatore di Egan sin dal suo arrivo nella squadra britannica.

«Dovremmo tutti avere un Cristian nella vita», è stato il complimento di Egan per l’amico in uno dei suoi post post-ospedale.

In gara fra quattro mesi

Uno dei più ottimisti sull’evoluzione del campione è l’ex cittì colombiano Jenaro Leguízamo, uno dei preparatori più attenti in ambito nazionale, vincitore della storica medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra 2012 con Rigoberto Uran.

«Quello che mi preoccupava di più  – è stata la sua prima analisi – era il problema della perforazione polmonare. Non ero così preoccupato per le fratture nonostante fossero gravi, per il buon trattamento che ha ricevuto dal momento dell’incidente».

Il cittì Jenaro Leguízamo ha conquistato con Uran l’argento di Londra 2012 (foto Ciclismo Internacional)
Il cittì Jenaro Leguízamo ha conquistato con Uran l’argento di Londra 2012 (foto Ciclismo Internacional)

«I tempi di recupero che ci vogliono mi sembrano normali per un super atleta di quell’età che ha avuto assistenza medica in tutti gli aspetti. Questo aiuta molto e velocizza i processi. Ora quale potrebbe essere la paura? La perdita di massa muscolare, l’atrofia per inattività, ma nel suo caso hanno iniziato un processo di shock contro l’atrofia muscolare, sin dal momento in cui ha lasciato la terapia intensiva, con esercizi isometrici che si potevano fare fin dalla convalescenza. Questo gli ha permesso di alzarsi rapidamente in piedi.

«Anche la parte mentale lo ha aiutato molto e non ho dubbi che quest’anno correrà. Certo, forse non lo vedremo vincere o competere per farlo, ma per me sarà in gara al massimo entro quattro mesi», dice Jenaro, titolare di un laboratorio specializzato per la preparazione di atleti di alte prestazioni.

Controllare l’atrofia

«Ho sempre detto, fin dall’inizio, che Egan aveva la giovinezza a suo favore. Quel fattore era fondamentale oltre all’attenzione immediata e specializzata che ha ricevuto. Ciò che deve funzionare di più, secondo me, è la condizione muscolare per controllare l’atrofia, ciò che impiega più tempo nel recuperare un atleta di quel livello», ha detto Alvaro Mejía, affermato campione degli anni ’90, quarto al Tour de France nel 1993, che oggi svolge le sue funzioni di medico ufficiale nelle manifestazioni ciclistiche del calendario nazionale».

Alvaro Mejia è stato pro’ dal 1989 al 1997, con Postobon e Motorola: ora è medico (foto Facebook)
Alvaro Mejia è stato pro’ dal 1989 al 1997, con Postobon e Motorola: ora è medico (foto Facebook)

«Il tema del ritorno alle gare di Egan lo rimanderei al prossimo anno. Anche se lui, per la rapida guarigione che ha avuto, ha voglia di ricominciare al più presto per ritrovare la fiducia di stare in gruppo e scacciare la paura di cadere, altra cosa molto importante. Ma per riaverlo al livello in cui lo abbiamo conosciuto, direi che dovremo aspettare fino al prossimo anno», ha concluso colui che ai suoi tempi da professionista era riconosciuto come “El Cometa”.

Le opinioni coincidono, alcune più ottimiste di altre. La verità – anche se non ci sono date precise per il suo ritorno – è che Egan sogna di tornare sulla scena del grande ciclismo.

Ganna, sornione, ha fatto le prove pensando a sabato

15.03.2022
4 min
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Quando punta un obiettivo ce ne sono pochi di cecchini come Filippo Ganna. Di questi tempi usare questa parola, cecchino, lo ammettiamo, ci piace poco, però rende bene l’idea.

Pista e strada non fa differenza per Pippo. Ma stavolta il discorso è diverso: di mezzo non c’è il cronometro, sia esso per il parquet o per l’asfalto. Stavolta ci sono di mezzo due corse in linea, due monumenti: la Sanremo e la Roubaix

Due corse sulle quali l’asso piemontese ha puntato il dito e che più di altre strizzano l’occhio agli specialisti. Però Ganna con le sue caratteristiche fisiche rientra pienamente nell’identikit richiesto per affrontarle al meglio: fisico possente e un’immensa dose di watt.

Prima di pensare però alla corsa del pavè, concentriamoci sull’imminente Milano-Sanremo, in programma questo sabato. Si sa che in Ineos-Grenadiers si ragiona obiettivo per obiettivo.

Alla Tirreno, prove di Sanremo. Verso Bellante per tutti e tre i passaggi, Ganna si è incollato alla ruota dei migliori, a cominciare da Pogacar
Alla Tirreno, prove di Sanremo. Verso Bellante per tutti e tre i passaggi ganna si è incollato alla ruota dei migliori, a cominciare da Pogacar
Filippo, che risposte ti ha dato questa Tirreno-Adriatico?

Beh, diciamo che abbiamo visto che tra qui e la Parigi-Nizza ci sono stati molti ammalati quindi speriamo di arrivare bene alla Sanremo, perché come ogni anno, ci sono tante influenze, tanti problemi di stomaco (il riferimento è a suoi compagni Carapaz, VivianiGeoghegan Hart, ndr), casi di Covid…. siamo un po’ tutti decimati. Ma per ora tutto bene.

Ti abbiamo visto spesso tenere duro. Hai cercato di stare davanti anche quando il percorso non era adatto a te: è chiaro che stavi lavorando per altro…

Di sicuro serviva fare un po’ di ore, un po’ di volume e di qualità. Quindi oltre al classico allenamento a casa, abbiamo usato i giorni della Tirreno-Adriatico per testarci, per cercare di rimanere con i migliori come Tadej Pogacar. Poi, ovvio, quando si arriva su certe pendenze come quelle dei muri e del Carpegna è dura. Non si può avere un rapporto peso/potenza come il suo. Però…

Questo “però” ci piace tanto, sai Pippo! Sei soddisfatto quindi della tua condizione? Sei dove vorresti essere?

Sono soddisfatto della condizione – sorride – e sono felice di quello che è stato fatto sin qui. Poi che dire: ogni atleta è sempre ambizioso. Ho una buona forma, ma non è ancora come vorrei. C’è sempre quel qualcosa che non va bene, quel qualcosa da migliorare. Bisogna sempre andare a cercare la perfezione.


Il piemontese ha spesso tenuto duro per 6-8′ in salita, più o meno la durata del Poggio
Il piemontese ha spesso tenuto duro per 6-8′ in salita, più o meno la durata del Poggio
Prima, Filippo, hai parlato di Pogacar, di rapporto peso/potenza. E allora facciamo un “gioco”. Tadej attacca sul Poggio, Ganna lo segue e gli scatta in faccia sull’Aurelia…

Ditemi che sala cinematografica e andiamo a vedere insieme questo film!

Però su una salita come il Poggio, che dura 6′-7′ (o forse anche meno), la forza per seguirlo ce l’hai. Su certe pendenze e con certe durate di scalata, i watt contano molto più del peso…

Bisogna sempre ponderare bene certi attacchi, perché alla fine quando arrivi ai 300 chilometri tutto può succedere e tutto conta. Conta anche se hai fatto “una pausa”, se hai lavorato appena un po’ meno nei chilometri precedenti. Vedremo, vedremo…. Intanto pensiamo ad essere tutti insieme là sabato in gara. Pogacar, io… e di non ammalarci nel frattempo.

Ganna Sanremo 2021
Ganna in testa a tirare nel finale dell’ultima Sanremo: un’esperienza preziosa
Ganna Sanremo 2021
Ganna in testa a tirare nel finale dell’ultima Sanremo: un’esperienza preziosa

L’occhio di Rizzato

E qui bisogna fare un inciso affatto secondario. Sul discorso del lavoro fatto da Ganna, trovano riscontro delle considerazioni di Stefano Rizzato, giornalista della Rai che segue la corsa dalla moto. Rizzato è nel gruppo: scruta i corridori, li guarda in faccia, vede come si muovono.

«Ho visto più volte Pippo tenere duro in salita – ci ha detto e ha ribadito in diretta tv – E spingeva proprio per quella durata di tempo che è la scalata del Poggio». Le nostre supposizioni pertanto erano più che fondate.

Pippo, a proposito di sale cinematografiche, ma il filmato di Cancellara che parte sull’Aurelia lo hai mai visto?

Ci sono tanti bei video sulla Sanremo. Consideriamo però che negli ultimi anni non c’è mai stato lo stesso vincitore. Questo per dire che è una corsa molto aperta.

Sei andato a vederlo il finale della Classicissima?

No, è sempre quello, dai. L’ho fatto solo in gara e lo farò di nuovo sabato.

Quanto è stato importante averla fatta in quel modo l’anno scorso? Essere arrivato davanti sul Poggio…

Ho lavorato tanto per i miei colleghi e sì… è stato un test in più, mettiamola così. So cosa mi aspetta.

Puccio in rotta sul Giro. E per la Sanremo occhio a Ganna

07.03.2022
4 min
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Il piatto forte per lui sarà nuovamente il Giro d’Italia. Salvatore Puccio al Tour nemmeno ci pensa più, ma i suoi tanti anni al Team Ineos Grenadiers sono un ottimo punto di vista per osservare quanto accade nello squadrone britannico, che puntava su Bernal per contrastare Pogacar e adesso dovrà reinventarsi. Così almeno pensavamo…

«I programmi in realtà – dice l’umbro, nella foto Ineos Grenadiers di apertura con Ganna – sono rimasti uguali. Certo che Egan ha davvero rischiato di morire! E’ presto per dire come tornerà, già mi sembra un miracolo per il fatto che cammina. Froome al confronto era messo molto peggio e aveva più anni. Andai a trovarlo in ospedale a Monaco qualche tempo dopo l’incidente e non era un bel vedere. Ma certo, nonostante abbiamo tanti leader, Egan era il solo che potesse lottare con Pogacar. Sarebbe stato bello per lo spettacolo. Adesso ci sono gli altri e vediamo come andrà…».

Tour de la Provence, prologo: suo primo giorno di corsa 2022
Tour de la Provence, prologo: suo primo giorno di corsa 2022
Davvero non si è pensato di rimescolare le carte?

Così pare. Io ho sempre in programma il Giro, perché andare al Tour è sempre una sfida nella sfida. Sembra che Yates sarà leader in Francia, mentre Carapaz è confermato al Giro che gli piace così tanto. Si è preferito rimanere sulla linea decisa prima dell’incidente.

Pensi davvero che Bernal se la sarebbe giocata con Pogacar?

In salita gli dava di certo del filo da torcere, mentre a crono le avrebbe prese. Capisco anche che non avrebbe senso adesso spostare tutti sul Tour, non è nemmeno detto che servirebbe a qualcosa. C’è una bella squadra, con Yates e Ganna che può fare le sue belle cose.

E Thomas? Lui un Tour comunque l’ha vinto…

Thomas è da capire. Uno l’ha vinto e l’anno dopo è arrivato secondo. Ad ora direi che è più indirizzato per aiutare, ma non saprei neanche dire perché. In ritiro ci sono stati giorni che non guardava in faccia nessuno, ma non mi stupirei se poi andasse forte. Per cui vedo un Tour al massimo con due leader e altri cacciatori di tappe.

Salvatore Puccio è nato nel 1989, è pro’ dal 2011 e non ha mai cambiato squadra
Salvatore Puccio è nato nel 1989, è pro’ dal 2011 e non ha mai cambiato squadra
Come è partita la tua stagione?

Male, perché dopo la Valenciana ho preso il Covid come mezzo gruppo. E sono stato sfortunato, perché il protocollo per la ripartenza è cambiato subito dopo, mentre io ho dovuto farmi quello vecchio. Quindi ero a Mallorca in ritiro e sono dovuto stare rinchiuso per otto giorni senza fare niente.

Hai perso tanto?

Il Covid in sé non ha fatto tanto, ma stare fermo due settimane ha significato perdere lavoro e in compenso prendere peso. Ora sto bene, ma quei dieci giorni sono stati un bel guaio.

Incidono così tanto?

Siamo stati in ritiro a dicembre. Poi siamo tornati a casa per Natale e si sa che in quel periodo un po’ si molla, confidando di rimettersi in pari con il secondo ritiro. Io invece quel secondo blocco non l’ho fatto. Sono certo di essermi preso il Covid in aereo e mi sono fatto tutto il ritiro in camera, vedendo i compagni che passavano sotto alla mia finestra per andare ad allenarsi. E il bello è che stavo bene. Con quei sintomi e senza sapere del Covid, mi sarei allenato pensando di avere un mezzo raffreddore.

E quando hai ricominciato come stavi?

Facevo fatica per la condizione persa. Se non fai nulla, il muscolo cala e l’organismo che è abituato a bruciare migliaia di calorie ogni giorno va in crisi e ti viene comunque lo stimolo della fame, anche se non hai fatto niente.

L’avvio di stagione di Puccio è filato liscio fino al Tour de la Provence: alla Valenciana ha preso il Covid
L’avvio di stagione di Puccio è filato liscio fino al Tour de la Provence: alla Valenciana ha preso il Covid
Da oggi la Tirreno?

E poi la Sanremo, sì, perché ormai sto abbastanza bene. E sarebbe bene ripartire come ha detto Van Aert, ripensando il modo di gestire il Covid. Altrimenti il vaccino che cosa lo abbiamo fatto a fare? Per cui corro fino alla Sanremo, poi vado in ritiro a Sierra Nevada e mi ripresento per il Tour of the Alps prima del Giro.

E alla Sanremo si lavora per Ganna?

Ho sentito anche io la voce che vorrebbe provare a fare la corsa. E’ una gara difficile, ma l’anno scorso è andato forte. E’ innegabile che sia cresciuto. Se arriva sull’Aurelia dopo il Poggio e ha ancora gambe, chi meglio di lui può dargli la botta e arrivare al traguardo?

Crono, salita e volata: Pippo è già super. Merito della pista

23.02.2022
5 min
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Filippo Ganna è partito più che bene. Il campione della Ineos-Grenadiers si è mostrato subito super pimpante e non solo per le due vittorie a cronometro, ma anche per come ha corso, per l’aria in faccia che ha preso e soprattutto perché Pippo è arrivato davanti in un arrivo in “salita”, o quantomeno non proprio adatto alle sue caratteristiche, e si è persino gettato in una volata.

Pippo si è già portato a casa due crono. Qui il Prologue di Berre-l’Étang al Tour de Provence
Pippo si è già portato a casa due crono. Qui il Prologue di Berre-l’Étang al Tour de Provence

Partenza come da tradizione

Eppure il suo direttore sportivo e preparatore, Dario David Cioni, non sembra affatto stupito di questa ottima partenza del Pippo nazionale.

«Il fatto che Filippo sia andato bene non è una sorpresa – dice Cioni – ormai sono due o tre anni che facciamo bene la partenza. Il primo anno con noi aveva vinto al Provence la sua prima gara in assoluto tra i pro’. L’anno scorso aveva vinto a Besseges due tappe, la crono e una frazione in linea. Ormai è nostra abitudine lavorare bene durante l’inverno, anche perché questo ti dà poi le basi per fare una buona stagione. E provare subito a vincere qualcosa presto ti dà anche tranquillità».

«L’inverno è andato bene, senza intoppi e che fosse in buona condizione specialmente per le crono per me non è una sorpresa».

A Manosque Ganna è terzo. Eccolo alle spalle di Coquard e Alaphilippe
A Manosque Ganna è terzo. Eccolo alle spalle di Coquard e Alaphilippe

Meno pista? Non scherziamo

Dopo averlo visto stanco nel post mondiale di Roubaix, Ganna si è preso il suo giusto riposo. E questo gli ha consentito di riprendere a lavorare con la mentalità giusta. Con la fame.

Dopo due anni sublimi, suggellati dai due ori iridati e quello olimpico di Tokyo, ci poteva stare un allentamento dei nervi e invece…

Forse questa sua buona partenza, anche ieri al UAE Tour è stato secondo, è data anche dal fatto che quest’anno non avendo grossi impegni in pista, se non i mondiali ma a fine stagione, Pippo ha dedicato più tempo alla strada. 

«Sul fatto che Filippo abbia fatto meno in pista non sono mica sicuro – spiega Cioni – perché forse a livello di allenamenti ha fatto più o meno gli stessi giorni sul parquet dell’anno scorso, che però era un anno olimpico.

«Siamo andati in pista a Mallorca durante il ritiro della Ineos-Grenadiers, è stato a Montichiari e in Slovenia con la nazionale, quindi secondo me il fatto che sia competitivo sin da subito è dato proprio dal fatto che ha continuato a fare la pista.

«Con Marco (Villa, ndr) più o meno ha sempre fatto i soliti lavori. Di solito fanno due giorni di carico: il primo è più basato sulla potenza massima, il secondo sulla resistenza lattacida. Fa dei lavori con Villa dentro e fuori la scia della moto a ritmo gara».

«In generale – aggiunge Cioni – lo vedo cresciuto come persona, è più convinto, ha più sicurezza e comunque ha la fortuna di avere un motore grosso così! E anche durante l’inverno è un ragazzo che non prende peso, per questo lo abbiamo ritrovato già competitivo».

Filippo Ganna a tutta in salita verso Montagne de Lure, sempre al Provence
Filippo Ganna a tutta in salita verso Montagne de Lure, sempre al Provence

Protagonista a Sanremo

Un Ganna così fa sognare. Questa è la volta buona di vederlo a pieno regime nelle classiche. Due su tutte: Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix

Con il suo picco di potenza e il suo motore potrebbe anche schiantare tutti sul Poggio o, perché no, anticipare. E la Roubaix è un pallino che gli ronza attorno già da un po’ e solo la  stanchezza, come accennato, lo ha tenuto lontano dal pavé l’anno scorso. In più ricordiamo che la Roubaix era davvero a ridosso dei mondiali su pista. Il rischio era troppo elevato.

«Penso – riprende Cioni – che per il discorso della differenza sul Poggio bisogna attendere. Bisogna vedere come si presenta la gara, come sarà la situazione tattica, il meteo… è difficile da dire adesso. Sicuramente per giocare le sue carte Pippo deve muoversi e non può aspettare la volata finale. Quindi deve essere in un gruppo già selezionato in prossimità dell’arrivo. Magari non è lui che fa l’azione, ma semplicemente la segue. 

«O al contrario può fare un’azione da lontano e prendere tutti un po’ alla sprovvista… Ma una cosa è certa: sono sicuro che sarà uno dei protagonisti».

Ganna in testa prima del Poggio. Lo scorso anno Pippo “ha preso le misure” alla Classicissima
Ganna in testa prima del Poggio. Lo scorso anno Pippo “ha preso le misure” alla Classicissima

Come Cancellara?

Un Cioni che lancia questi appelli non fa altro che alimentare il sogno. Alla fine Cancellara era un cronoman come lui ed è riuscito a mettere la Sanremo nel sacco. E come lo svizzero, anche il piemontese può puntare con decisione alla Parigi-Roubaix.

«Farà E3 Harelbeke, Gand-Wevelgem e Roubaix. La classica del pavé è sempre stata nei suoi piani questo inverno. Gli anni passati alla fine non c’era mai stata veramente. E per questo non l’ha fatta».

E anche quest’ultima frase sa di grido di battaglia, specialmente conoscendo il modus operandi della Ineos-Grendiers, che quando punta un obiettivo o progetta un grande evento lo fa con enorme criterio. Magari non lo raggiunge, ma porta i suoi atleti a lottare nelle migliori condizioni possibili. E un Pippo che lotta sul pavè…