Geoghegan Hart saluta la Ineos e si prepara a un nuovo inizio

28.09.2023
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Tao Geoghegan Hart (foto Instagram in apertura) a fine stagione lascerà la sua “casa” ciclistica: la Ineos Grenadiers. Il britannico si trasferirà alla Lidl-Trek, una squadra che da quando ha cambiato nome, e sponsor, si è mossa tanto nel prendere nuovi corridori. Tao ha 28 anni, cambia squadra in quello che è sempre stato il periodo di maturazione per un ciclista professionista

Una decisione che merita un approfondimento, per questo abbiamo cercato di capire di più parlando con il suo procuratore: Joao Correia. Ex corridore portoghese che da qualche anno rappresenta alcuni dei corridori più importanti del gruppo con la sua agenzia Corso Sports, fra cui Almeida e Pedersen. Correia ha una vita “divisa” in tante parti del mondo: Stati Uniti, Portogallo e Italia. Quando si trova da noi sta in Toscana, dove ha un B&B con il quale organizza viaggi legati alla bici per i turisti stranieri, in particolare americani. 

Buongiorno Joao, innanzitutto, come procede la riabilitazione di Geoghegan Hart?

Ha terminato la settimana scorsa, è stata lunga: più di 3 mesi di lavoro per tornare in bici. A breve riprenderà a pedalare su strada e metterà nel mirino la preparazione verso la prossima stagione. Da quando abbiamo capito che nel 2023 non avrebbe più corso si è deciso di guardare al futuro. La squadra gli ha dato una grande mano, nonostante a fine stagione si saluteranno ha avuto un ottimo appoggio.

2024 che vede un grande cambiamento per l’appunto, cosa c’è dietro?

Dietro questa divisione c’è l’ambizione, che ogni corridore ha, di voler provare qualcosa di nuovo. Avere degli stimoli diversi fa bene agli atleti. In estate c’erano stati dei colloqui con la Ineos ma non tutto era chiaro, per esempio il ruolo che Tao avrebbe avuto. Lui vuole essere un uomo da grandi Giri, un leader. Non un capitano unico, perché nel ciclismo moderno è impossibile, l’abbiamo visto con la Ineos.

Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Quando è caduto al Giro, fratturandosi il femore, la Ineos aveva Thomas come “seconda punta”.

Esatto. Si sono invertite le parti rispetto al 2020, quando Geoghegan Hart vinse il Giro. A quell’epoca cadde Thomas e lui fu l’uomo di classifica, quest’anno è stato il contrario.

Allora com’è si è arrivati alla volontà di cambiare?

Tao ha un obiettivo: il Tour de France. Gara che ha disputato solamente una volta, nel 2021, in supporto a Carapaz e Thomas. Ormai è arrivato ad un’età in cui deve dire “ho vinto un grande Giro, ora ci voglio puntare in alto”.

Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Pensi che sia maturo per farlo?

Quest’anno al Giro d’Italia stava davvero bene, lo si è visto alla cronometro di Cesena. Lui è uno scalatore, quando un corridore del suo tipo fa una cronometro a quel livello vuol dire che sta molto bene. 

Com’è nato il contatto con la Lidl-Trek?

Ho un grande rapporto con Luca Guercilena, grazie al fatto che un mio corridore, Mads Pedersen, corre per loro. Così parlando con lui è uscita questa occasione ed è stato tutto molto veloce. La Lidl-Trek stava cercando un uomo per fare classifica nei grandi Giri e l’occasione era importante. Ci sono anche altri profili (Ciccone su tutti, come detto dallo stesso Guercilena, ndr). 

Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Geoghegan Hart ha corso sette anni con la Ineos: un corridore britannico in una squadra britannica, il cambiamento si farà sentire?

Non penso proprio. Tao è un ragazzo che sa stare molto bene in contesti internazionali, si trova a proprio agio a contatto con culture e lingue diverse. Quando è in Spagna parla spagnolo con grande disinvoltura e ha una speciale connessione con l’Italia. Ha un modo di pensare multidimensionale. 

Il cambiamento gli farà bene quindi?

Quando si cambia si assumono nuove responsabilità. Ora deve focalizzarsi sul recupero e fare un buon inverno, poi vedremo dal 2024 cosa succederà.

Il fascino della maglia a pois. Ciccone sulle orme del Diablo

26.07.2023
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Ha ragione Giulio Ciccone a dire che la conquista della maglia a pois al Tour appena concluso è stato finora il momento più alto della sua carriera. Spesso nel ciclismo si è abituati a vedere solo chi vince, non si va a cercare fra le pieghe della corsa se non si è davvero appassionati, ma in questo caso è un po’ diverso perché quella maglia è un simbolo, profondamente amato dal pubblico francese. Tanto è vero che la dizione “maglia a pois” è ormai entrata nel gergo comune, a prescindere dalla lingua.

Il podio dei vincitori agli Champs Elysees, per Ciccone una enorme soddisfazione
Il podio dei vincitori agli Champs Elysees, per Ciccone una enorme soddisfazione

L’abruzzese, encomiabile nella sua caccia durata tutte e tre le settimane e maturata quasi in extremis, ha colto la vittoria numero 13 per un ciclista italiano in questa speciale classifica, entrando in un club esclusivo che contiene campionissimi come Bartali, Coppi, Nencini e Claudio Chiappucci, l’ultimo vincitore prima di lui. Il lombardo era riuscito nell’impresa due volte consecutive, nel 1991 e 1992, anno nel quale fece l’accoppiata con la classifica degli scalatori anche al Giro d’Italia. E il popolare Diablo ha potuto verificare sulla sua pelle come sia ben diversa la portata emozionale che quella maglia a palle rosse comporti rispetto al simbolo corrispettivo del Giro.

«In Francia vanno pazzi per questa maglia – ricorda Chiappucci – ma non è che la vedi solamente ai bordi delle strade del Tour, con tanti tifosi che la indossano per l’occasione. E’ qualcosa che poi noti tutto l’anno, nelle randonnée, nelle Granfondo, anche semplicemente in giro. Si vede che c’è una passione, un attaccamento particolare a questo che giustamente è considerato un simbolo».

Per Chiappucci due vittorie, nel 1991 e ’92 quando fu il miglior scalatore anche al Giro (foto Gazzetta)
Per Chiappucci due vittorie, nel 1991 e ’92 quando fu il miglior scalatore anche al Giro (foto Gazzetta)
Che valore ha in concreto?

Dipende sempre da chi la vince, ma basta andare a guardare l’albo d’oro per accorgersi che ci sono tutti grandi nomi, chi la conquista non lo fa mai per caso. Spesso la ottiene chi lotta per la classifica generale, anche se non è stato il caso di quest’anno, almeno nell’esito finale.

Perché c’è questa grande passione, quest’attenzione così particolare?

Perché i francesi amano l’attacco, amano il coraggio e per emergere in salita devi averne in gran quantità. Non è un caso se in entrambe le occasioni in cui ho conquistato la maglia ho vinto anche il premio della combattività. La gente si entusiasma, ricordo che quando passavo c’era un tifo indiavolato per me anche se non ero francese, proprio perché quella maglia significa qualcosa.

Passa l’abruzzese in maglia a pois: guardate quanti tifosi sono vestiti come lui…
Passa l’abruzzese in maglia a pois: guardate quanti tifosi sono vestiti come lui…
Spesso come sottolineavi la maglia va a chi è in lotta per la generale, non è un caso se prima di Ciccone nei tre anni precedenti ha premiato il vincitore del Tour. Ciccone però era fuori dalla lotta per la classifica, era favorito?

Non in assoluto, è vero però che se non sei in classifica hai più libertà, altrimenti in fuga non ti ci fanno andare e non conquisti punti. Quest’anno Vingegaard e Pogacar si sono disinteressati della classifica perché la corsa si era messa in un certo modo, ma non è diverso dal solito, nelle grandi corse a tappe c’è chi corre per la classifica, chi punta alle tappe e chi corre per altri traguardi, come ha fatto Giulio.

Che cosa serve per conquistare la maglia?

Parlo per esperienza personale, ricordo che dovevi essere sempre concentrato, ogni tappa di montagna dovevi esserci con la testa prima ancora che con le gambe. Serve una grande motivazione personale e la spinta della gente è molto importante per sostenerti. Io lottavo sempre per stare davanti, allora le tappe erano un po’ diverse da quelle di oggi perché la prima parte era abbastanza tranquilla, ora ti mettono le salite appena parti… Devi essere sempre sul pezzo, Ciccone è stato molto bravo in questo. Poi c’è un altro fattore che finora non abbiamo considerato…

Richard Virenque è il primatista di successi: 7 maglie a pois, tra il 1994 e il 2004 (foto Flickr)
Richard Virenque è il primatista di successi: 7 maglie a pois, tra il 1994 e il 2004 (foto Flickr)
Quale?

La maglia è una motivazione per salire sul podio. Essere lì, agli Champs Elysées, essere chiamato è una grande soddisfazione. E’ un palcoscenico mondiale eccezionale, unico nel mondo ciclistico e salirci per vestire quel simbolo ha un grande significato.

Molti hanno sottolineato come la vittoria di Ciccone abbia ridato un senso alla risicata spedizione italiana al Tour…

Sicuramente il successo dell’abruzzese ha permesso di lasciare un segno, ma certamente non è che possa cancellare dati estremamente negativi, come la mancanza di successi di tappa che si protrae negli anni o il primato stabilito in fatto di numeri di partecipazione, con soli 7 corridori. Senza dimenticare che non abbiamo un uomo per le corse a tappe. E’ un bel rebus, non facile da risolvere. Servono tempo, possibilità e un po’ di fortuna. I giovani ci sono ma molti li perdiamo per strada. Non è che si può cambiare tutto il sistema, ma bisogna ragionarci sopra.

Un urlo per due: Ciccone missione compiuta, Pogacar risorge

22.07.2023
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«Quando all’auricolare mi hanno detto che se avessi preso i successivi punti al Gpm avrei vinto la maglia a pois, ho davvero capito che ce l’avrei fatta. E’ stato un momento molto bello», parole di Giulio Ciccone che poco dopo su quel Gpm, il Col de la Schlucht, transita per primo ed esulta. Urla come se fosse all’arrivo di una tappa. In qualche modo per lui il vero traguardo di giornata, ma potremmo dire di questo Tour de  France, era proprio quella linea a 1.136 metri sui Vosgi.

In quel momento l’abruzzese ha matematicamente conquistato la maglia a pois. Un primato ambito, prezioso, cercato, sudato… Dopo l’esultanza sul Gpm tanto spontanea quanto bella, Giulio spinge il bottoncino della radio per congratularsi con la squadra. Era stato lui stesso a Courchevel a dirci che ormai quella maglia, che già indossava, era un obiettivo per tutti.

Tadej Pogacar (classe 1998) esulta con forza a Le Markstein. E’ il secondo successo in questo Tour per lui
Tadej Pogacar (classe 1998) esulta con forza a Le Markstein. E’ il secondo successo in questo Tour per lui

Urla Pogacar

A Le Markestein però ridono (quasi) tutti. Ride e urla anche Tadej Pogacar, che ha vinto la tappa e conquista una vittoria che probabilmente non sarà tra le sue più belle, ma che dà tanta speranza allo sloveno. 

Quello del corridore della UAE Emirates è un urlo di sfogo. Una liberazione. E fa quasi strano vederlo festeggiare così. Ma dopo certe batoste e momenti difficili, per uno che non ci è abituato, è comprensibile. Oggi è sembrato correre con la voglia e la cattiveria di è solito a fare certe azioni, ma anche la consapevolezza di poterle prendere. E allora quell’urlo si capisce e assume tutt’altro aspetto.

«Oggi – ha detto Pogacar – mi sono sentito di nuovo me stesso. Sono stato bene dall’inizio alla fine della tappa ed è stato bello rivivere certe sensazioni dopo diversi giorni di sofferenza. Sono molto felice».

Gioiscono (quasi) tutti

Gioisce Jonas Vingegaard che mette in cassaforte il suo secondo Tour de France. Gioisce Felix Gall perché ha capito di poter iniziare a competere con i grandi. E fanno festa anche in casa Yates: Adam per la vittoria di Tadej e Simon per aver agguantato la quarta piazza.

E forse gioisce persino Thibaut Pinot, che ha regalato ancora una grande emozione a sé stesso e ai suoi tantissimi tifosi di tutto il mondo. Mentre era in fuga, c’è chi tifava per lui… e chi mente, ammettiamolo! Il vecchio Thibaut correva in casa. Era alla sua ultima occasione per fare bene alla Grande Boucle e si è preso la giusta passerella.

L’unico che non ride è Carlos Rodriguez che perde una posizione nella generale. Passa dal quarto al quinto posto, a vantaggio appunto di Simon Yates. Seppur giovane, il talento della Ineos-Grenadiers annovera l’ennesima caduta in carriera. Si complica la vita da solo.

Lui lotta ce la mette tutta. E’ fortissimo, basta vedere in che condizioni ha concluso una tappa da oltre 3.000 metri di dislivello, ma certo deve mettere a punto qualcosina.

Giulio ha vinto la maglia a pois: 1° Ciccone 105 punti; 2° Gall 92; 3° Vingegaard 89. Domani un Gpm di 4ª categoria che non cambierà la graduatoria
Giulio ha vinto la maglia a pois: 1° Ciccone 105 punti; 2° Gall 92; 3° Vingegaard 89. Domani un Gpm di 4ª categoria che non cambierà la graduatoria

Dopo Chiappucci

Ma in questo finale caotico, forse anche con qualche fuoco d’artificio in meno di quel che ci si attendeva, la notizia per gli italiani è la maglia a pois di Giulio Ciccone.

Il corridore della Lidl-Trek succede a Vingegaard – il danese lo scorso anno aveva vinto anche lquesta classifica – e per quanto riguarda gli italiani a Claudio Chiappucci. El Diablo siglò una doppietta tra il 1991 e il 1992.

Giulio aveva messo questa maglia tra gli obiettivi al via. A Bilbao si poteva pensare alla classifica, ad una tappa e al primato dei Gpm appunto. 

Lo scorso anno fu terzo e capì che tutto sommato si poteva fare. «E’ il gran giorno – aveva detto prima della tappa Ciccone – può essere uno dei più belli della mia vita, ma anche uno dei peggiori. Dovremmo stare davanti». E Cicco e la sua squadra sono stati dei cecchini. Attenti. Nelle prime posizioni sin dal chilometro zero.

«Penso che abbiano fatto qualcosa di incredibile oggi. Devo ringraziare tutta la squadra perché siamo partiti con un piano e hanno fatto tutto alla perfezione. Questa maglia è per loro. Hanno fatto più della metà del lavoro. Ora voglio godermela».

«L’obiettivo principale di questo Tour era vincere una tappa, ci sono andato vicino, ma non ci sono riuscito. Alla fine va benissimo così».

Bravo Cicco, francesi innamorati di te e della maglia a pois

19.07.2023
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COURCHEVEL – «J’adore Giulio Cicconè». Pierre Rolland questa mattina era al villaggio di partenza del Tour de France. Intervistato, sul palco aveva espresso giudizio positivi sull’abruzzese e lo aveva dato come favorito per la maglia a pois. E anche Jalabert, commentatore tecnico per la Tv francese, lo aveva esaltato dicendo che gli piaceva il suo modo di correre: sempre all’attacco, sempre aggressivo. Jaja aveva ricordato il suo affondo nell’ultima tappa del Delfinato.

Che poi è un po’ il metodo francese di corsa per eccellenza, quello che si vede nella gare di Coupe de France. Quello che anche Roberto Damiani, diesse della Cofidis, squadra francese, ci aveva raccontato parlando di Champion, guarda caso vincitore del premio della fuga al Giro d’Italia.

Pierre Rolland (classe 1986) ha smesso di correre al termine della passata stagione
Pierre Rolland (classe 1986) ha smesso di correre al termine della passata stagione

Ciccone coraggioso

E Rolland lo abbiamo “braccato” una volta sceso da quel palco. Lui la maglia a pois del Tour ha cercato di conquistarla più volte. Ci è andato vicino ma non ci è riuscito. 

«Mi piace Ciccone – ha detto Rolland – poiché è un attaccante, è coraggioso. Lui aveva l’obiettivo di vincere la maglia a pois già prima di partire e questo è importante. E’ importante avere un obiettivo in generale, ma poi non è facile raggiungerlo.

«Non è un corridore che può lottare per la generale e fa bene a cercare altro, a cercare la maglia a pois. Questa maglia è simbolica, ha un grande valore».

Ed è vero: i francesi stravedono per questa maglia. Un simbolo che per certi aspetti è più riconoscibile di quella gialla. I gadget che distribuiscono al via, all’arrivo e lungo le strade sono i più numerosi. E chi la porta è lui stesso il simbolo della fatica.

Ieri dopo la crono, mentre Giulio sgambettava avanti e indietro e poi pedalava sui rulli, in tantissimi lo applaudivano e urlavano il suo nome: «Cicconè, Cicconè…».

La squadra serve

Rolland passa poi ai consigli per conquistare questo obiettivo. Lui ci ha provato, e come detto, non ci è riuscito. L’ha conquistata però in altre gare, come al Delfinato, dove in tanti hanno già il coltello fra i denti.

«Ciccone deve correre davanti, soprattutto oggi con questa partenza. Deve stare davanti sul Saisies e poi sul Roselend: questi due per forza. Lo attaccheranno. E magari provare a vincere il Col de la Loze, anche se sarà difficile: dipenderà molto da cosa farà Pogacar.

«Deve mettere nel sacco più punti possibile. E ogni volta che prende i punti di un Gpm poi si deve mettere in coda».

«La squadra in tutto questo – va avanti Pierre – è molto importante. Devono aiutarlo ogni volta che possono. Oggi mi aspetto che Skjelmose e almeno un altro compagno gli stiano vicino. Che il danese lo tiri e magari vada in fuga con lui».

E oggi la Lidl-Trek e Ciccone hanno corso esattamente come ha detto Rolland. Hanno fiaccato Powless, il diretto rivale, anche psicologicamente. Hanno corso compatti. Prima dei Gpm aumentavano per scongiurare gli attacchi.

I francesi amano la maglia a pois, per certi aspetti visto il loro modo di correre e d’intendere il ciclismo, anche più della maglia gialla
I francesi amano la maglia a pois, per certi aspetti visto il loro modo di correre e d’intendere il ciclismo, anche più della maglia gialla

Carota… e bastone

Ma se Rolland esalta Ciccone, da un’altra parte gli tira le orecchie. Magari questa maglia poteva indossarla già da un po’ secondo lui e non essere costretto a sfinirsi sulla Cote de Domancy – come visto ieri – per prendere quei 5 punti. E magari, perché no, aver vinto anche una tappa.

«Qualche errore – spiega Rolland – Ciccone lo ha commesso in questo Tour: è stato troppo generoso. Spesso si sforza molto. Dovrebbe stare più tranquillo e avere più sangue freddo. Insomma in qualche modo dovrebbe economizzare la sua corsa».

Ciccone dopo l’arrivo. La classifica dei Gpm ora recita: 1° Ciccone con 88 punti, 2° Gall con 82, 3° Vingegaard con 81
Ciccone dopo l’arrivo. La classifica dei Gpm ora recita: 1° Ciccone con 88 punti, 2° Gall con 82, 3° Vingegaard con 81

Parola a Giulio

E Ciccone cosa dice? «Oggi la corsa è andata come ci aspettavamo e come speravamo. Ma non è stata facile come può sembrare. Ero già in fuga prima del primo Gpm e ho speso tanto».

«Perché non ho tenuto sul Col de Loze? Avevo due strade oggi: fare come ho fatto, quindi attaccare prima e prendere i primi due Gpm – e ne ho presi tre – oppure provare a tenere duro sulla Loze. Ho scelto la prima strada. Poi chiaramente ero stanco».

Giulio è stato bravo. Determinato. Con la tripletta dei Gpm nei due giorni: Demancy, Saisies e Roselend, ha anche demoralizzato i suoi avversari, tanto è vero che già sul Roselend nessuno è più andato a fargli la volata per i punti. Merito della grinta e di una buona capacità di recupero nell’arco delle tre settimane. Cosa che a Powless, non è riuscita.

Ma se l’americano non fa più paura, ora il rivale più grande si chiama Felix Gall (e in teoria anche Jonas Vingegaard). Il re della tappa di oggi gli passa vicino durante le interviste. I due si salutano. 

«Eh – sospira Ciccone – adesso lui mi è vicinissimo. E mi è così vicino a causa di un regolamento che non trovo proprio giusto. Io è tanto che lotto. Ho vinto non so quanti Gpm di prima categoria. Lui ne ha vinto uno. Ma è così.

«Mi trovo a metà della terza settimana con questa maglia sulle spalle ed è un bel momento. Qui in Francia è davvero sentita. E’ un simbolo. Chiaro, ora dovrò stare sempre davanti e anticipare i Gpm (il pensiero e il rischio va soprattutto a sabato quando verso Le Markstein ce ne sono ben sei, ndr).

«Continuerò a lottare, anzi continueremo a lottare perché ormai è un obiettivo di squadra».

Ciccone, sia benedetto il coraggio di riprovarci

15.07.2023
3 min
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MORZINE – Lo aveva detto al via, raccontandoci in un video quello che avrebbe voluto fare. Per questo, quando abbiamo visto Giulio Ciccone portare via la fuga, abbiamo pensato che forse da italiani avremmo vissuto una bella giornata. Ne avremmo tanto bisogno, ma dovremo accontentarci del trofeo del più combattivo (foto di apertura). Infatti gli uomini di classifica hanno deciso che oggi si sarebbero giocati la tappa e la fuga non è mai andata davvero. Anche se dentro non c’erano soggetti pericolosi.

Ciccone ha provato a portare via la fuga di forza, ma il gruppo non ha mai lasciato spazio
Ciccone ha provato a portare via la fuga di forza, ma il gruppo non ha mai lasciato spazio
E’ andata storta, insomma?

Era una tappa importante. Pensavamo che si potesse entrare nella fuga con le gambe e che si andasse all’arrivo. Le gambe c’erano, abbiamo provato, però non era la giornata buona. Abbiamo toppato, però alla fine questo è il ciclismo e non ci possiamo fare niente. Proveremo ancora nei prossimi giorni.

Mai arrendersi, no?

Ho provato a prendere qualche punto per la maglia a pois (al momento Ciccone è quarto, ndr) e abbiamo ancora una missione, quindi riproveremo. E’ un Tour veramente particolare. Ci sono delle giornate dove la fuga sembra non andare mai. Si va fortissimo e magari poi va di colpo. Ho tentato mille volte e non ci sono riuscito e oggi che invece è andata via di gambe, è mancata la fortuna. Le squadre dietro hanno deciso che non fosse il giorno.

E domani?

Voglio riprovarci, vincere una tappa è il mio obiettivo principale e non voglio arrivare a Parigi con un rimpianto.

Quanto andavano forte quando ti hanno ripreso?

Fanno un ritmo diverso. Quando sei in fuga prendi l’aria e tiri continuamente, mentre gli uomini di classifica fanno un ritmo forte e costante, ma stanno a ruota. Sono due modi di correre completamente diversi. Quando mi hanno preso, erano rimasti in pochi, quindi il ritmo che si stava facendo era già alto.

Dopo essere stato rirpeso, l’abuzzese ha gestito lo sforzo, pensando alla tappa di domani
Dopo essere stato rirpeso, l’abuzzese ha gestito lo sforzo, pensando alla tappa di domani
Perché si può parlare di una tappa anomala?

Pochissime volte avevo visto una situazione così. Nella fuga non c’era nessuno di troppo pericoloso, il primo era Pinot, che però ha parecchi minuti. Però hanno deciso…

Quando ti hanno ripreso, sei riuscito a gestirti?

Non essendo in classifica, dovevo essere anche intelligente a salvarmi per i giorni successivi. E domani è un altro giorno, siamo qui per riprovarci…

Hindley e la Bora, un altro piano ben riuscito

05.07.2023
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Ciccone ha un diavolo per capello. Poco oltre, l’altro abruzzese (adottivo) di giornata non sta nella pelle, per la tappa e la maglia. Jai Hindley ha dato uno scossone al Tour e dietro di lui un altro colpo durissimo l’ha mollato Vingegaard a Pogacar. Rispetto ai vecchi Tour delle prime sette tappe piatte come la noia, questa quinta tappa si è portata decisamente avanti.

Mai niente per caso

In casa Bora-Hansgrohe si fa festa, sia pure con garbo, perché la storia promette di essere ancora lunga. In attesa che Hindley si racconti o trovi quantomeno le parole per farlo, dall’ammiraglia della squadra tedesca scende Enrico Gasparotto. Vero che al Tour c’è venuto per stare sulla seconda e per giunta da debuttante, ma quando c’è di mezzo “il Giallo”, qualcosa succede sempre. Anche che vada via una fuga di 35 piena di uomini forti…

«Nella vita – sorride – non succede mai niente per caso. Bisogna sfruttare l’opportunità, farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. A un certo punto dopo 10 chilometri Pogacar ha fatto chiudere su una fuga di corridori che non erano pericolosi ai fini della classifica. Ci siamo stupiti noi in macchina e anche i ragazzi in corsa, abbiamo pensato di non capire più nulla di ciclismo. E a quel punto infatti è nata una fuga di 35 corridori. Jai e Buchmann erano già davanti, perché a Jai piacere correre in testa, mentre la Jumbo-Visma ha lasciato il lavoro in mano alla UAE Emirates.

La presenza di Hindleyt nella fuga è stata frutto della sua concentrazione, l’attacco era per vincere

«Detto questo – prosegue Gasparotto – ho trovato strano anche io che abbiano lasciato andare Hindley, che ha vinto un Giro e in un altro ha fatto secondo, boh! Ci siamo chiesti, in ammiraglia con Rolf Aldag, se fermando Jai la fuga sarebbe andata, però c’era anche Ciccone che era in classifica e voleva vincere la tappa. Noi eravamo in tre, come pure la Lidl e alla fine, sacrificando Konrad e con il lavoro della Ag2R, la fuga è andata. Poi, quando Hindley è partito, aveva in testa la tappa e la maglia. Sta bene, ha fatto la ricognizione, conosce le strade e questo aiuta come sempre…».

Ciccone mastica amaro

Secondo all’arrivo, Ciccone mastica amaro. Le telecamere hanno captato il suo disappunto: di quelle parole che si dicono dopo il traguardo, prima che qualcuno ti faccia il riassunto e tu capisca come stanno le cose.

« C’è stato un errore di comunicazione – dice a denti stretti – perché nella tabella dell’organizzazione ho letto 25 secondi, invece quello era il distacco da Felix Gall. Pensando che il distacco da Hindley fosse così basso, ho creduto di poter collaborare con Vingegaard, invece la squadra sapeva che Hindley era più lontano e non aveva senso inseguire. Jonas chiedeva collaborazione perché sapeva che tirando potevamo giocarci la tappa, ma il nostro leader era nel gruppo con Pogacar. Non potevo aiutarlo».

Ciccone chiude al secondo posto e ora è terzo in classifica: non ha capito il divieto di aiutare Vingegaard
Ciccone chiude al secondo posto e ora è terzo in classifica: non ha capito il divieto di aiutare Vingegaard

«Onestamente – riprende Giulio – mi aspettavo di stare un po’ meglio sull’ultima salita, invece ho pagato tutti gli sforzi fatti prima. Però abbiamo fatto una bella tappa e pensiamo a recuperare, perché domani ce n’è un’altra, ancora più dura. Si sapeva che oggi sarebbe stata una giornata strana, perché con una partenza così veloce poteva succedere di tutto. Non mi aspettavo una fuga così numerosa e soprattutto così di qualità. Alla fine è stata una giornata corsa a tutto gas e le sensazioni non sono state male. Le gambe ci sono, la testa è bella dura, quindi ogni giorno proverò a fare qualcosa».

Pogacar si nasconde

La delusione ha facce diverse. Perciò, quando Pogacar passa il traguardo e va a fermarsi vicino agli uomini del UAE Team Emirates, il suo proverbiale sorriso cede il posto a perplessità. I tanti ragionamenti sul fatto di avere in Adam Yates un capitano alternativo poggiavano su una consapevolezza fondata? Oppure l’incapacità dello sloveno di rispondere potrebbe far pensare davvero a una giornata storta? Altrimenti come si spiegherebbe il tanto tirare dei giorni scorsi?

L’inatteso crollo di Pogacar colpisce la UAE Emirates. Yates scivola in 5ª posizione, Tadej subito dietro
L’inatteso crollo di Pogacar colpisce la UAE Emirates. Yates scivola in 5ª posizione, Tadej subito dietro

«Delusione è la parola giusta – dice Pogacar – ma sono più triste nel sentire che la mia ragazza è caduta al Giro e forse ha una commozione cerebrale. Intendiamoci, è triste anche aver perso un minuto contro Jonas. Quindi bisgnerà andare avanti giorno per giorno. Penso si sia accorto che non stessi andando troppo bene in salita e così ha cercato di attaccare. Non ho potuto seguirlo perché oggi era più forte. Io invece ero al limite, sicuramente negli ultimi due chilometri di salita. Spero in gambe migliori per domani e penso che si raddrizzerà. C’è ancora molta strada e mi sento bene e questa è la cosa più importante della giornata».

Il morso di Vingegaard

Vingegaard e il suo sguardo lampeggiante si sono spenti una volta sceso dalla bici. La grinta e quei denti a punta che scopre nel momento di massimo sforzo, cedono ora il posto al ragazzo che ragiona e poi parla.

«Il piano per questa tappa – dice il danese – era avere un paio di compagni nella fuga, ma poi sono diventati tre: Laporte, Van Aert, Benoot. Non era tanto per piazzarne uno all’arrivo, quanto per riuscire a salvarci: pensavamo che non fosse la tappa ideale per me. Invece quando abbiamo iniziato l’ultima salita ho sentito di avere buone gambe così ho detto a Kuss di passare davanti. Lui l’ha fatto e ho deciso di attaccare. Prima del via ne avevamo parlato e non pensavamo che fosse uno scenario possibile, piuttosto era più facile prevedere che uno dei ragazzi in fuga vincesse la tappa e per noi sarebbe stato davvero lo scenario dei sogni.

«Invece è successo tutto l’opposto. Io ho attaccato e Tadej non ha risposto. Mi sono meravigliato. Ho voluto metterlo alla prova, perché sentivo buone gambe e sono molto contento di quello che ho ottenuto. Un minuto guadagnato è un buon margine, ma so che lui non si arrende mai. Sarà una battaglia tutti i giorni fino a Parigi. E bisognerà tenere d’occhio Jai Hindley».

L’ultima vittoria di Hindley? La classifica del Giro 2022 e prima la tappa del Blockhaus
L’ultima vittoria di Hindley? La classifica del Giro 2022 e prima la tappa del Blockhaus

Il presente e il futuro

Intanto Hindley scende dal palco vestito di giallo, poco più di un anno dopo aver conquistato la maglia rosa. Il Tour è iniziato da appena cinque giorni: pensare sin da adesso di difendersi sarebbe da incoscienti.

«Oggi prima di partire – sorride ancora Gasparotto – ho fatto una battuta. Ho detto: “Viviamo il presente con un occhio futuro”. Nei grandi Giri è bene vivere giorno dopo giorno, può succedere qualsiasi cosa. Il nostro Tour non sarà negativo, quindi siamo già contenti di questo. Poi se staremo bene, è fuori dubbio che battaglieremo sino alla fine. Jai sta bene. Abbiamo scelto di puntare sul Tour e lui ha fatto i compiti a casa. Ma il viaggio è appena cominciato».

La valigia di Ciccone: computer, cuscino e tanti sogni

28.06.2023
5 min
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Che cosa c’è nella valigia di Giulio Ciccone, che ieri sera è partito per Bilbao e il terzo Tour della carriera? Per l’abruzzese fresco sposo e per i compagni della ex Trek-Segafredo, nella valigia c’è sicuramente un grande spazio vuoto. Le nuove maglie della Lidl-Trek hanno infatti viaggiato a bordo di un furgone, guidato da Stefano Devicenzi, del marketing Santini. Oggi è il giorno della presentazione ufficiale, che si svolgerà in un negozio Lidl di Bilbao.

«Conoscendo la mia paura per il volo – scherza Ciccone – ci sarei andato anche io in macchina fino ai Paesi Baschi. Comunque ormai si parte. Mi sono ripreso dal caldo del campionato italiano e da tutta la settimana. Sposarsi è stato bellissimo e anche un bell’impegno…».

Giulio e Annabruna si sono sposati il 21 giugno, quattro giorni prima del campionato italiano (foto Facebook)
Giulio e Annabruna si sono sposati il 21 giugno, quattro giorni prima del campionato italiano (foto Facebook)
Che cosa non manca mai dalla valigia di Ciccone che parte per il Tour?

Come detto, il momento è un po’ particolare. Arriva il nuovo sponsor, quindi dobbiamo avere praticamente tutto. In realtà, non siamo i soli. Per tanti ci sono divise che cambiano colore, ormai il Tour è il momento dell’anno in cui ti ritrovi un’altra valigia con tutte le divise nuove. Per cui riceveremo presto tutto il kit da gara.

Cos’altro c’è nella valigia?

Il mio cuscino c’è sempre e anche il tappetino per fare stretching. E’ un cuscino in “memory”, lo uso tutti i giorni a casa e quando vado via, lo porto con me, per dormire sempre comodo. Penso che anche al Tour cambieremo i materassi ogni giorno, per cui almeno il sonno è al sicuro (ride, ndr).

Hai parlato del tappetino per fare stretching, si riesce a farlo ogni giorno?

Porto il tappetino, la pallina e il rullo, in modo da fare tutti gli esercizi. Capitano delle giornate in cui hai gli orari super tirati, sia dopo la tappa che la mattina prima del via. In quei giorni non riesci a fare niente di più. Però su 21 tappe, ce ne sono 15-16 in cui riesco a fare stretching.

Ai tricolori di Comano, ha protetto la fuga di Baroncini
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Per il resto cosa c’è in valigia?

Cose normalissime, abbigliamento da riposo e anche un completo non ufficiale per l’ultima sera a Parigi. Quello non può mancare.

Computer per vedere film?

Lo porto, ma non ho una serie che sto seguendo. Apro Netflix e scelgo quello che di volta in volta mi ispira. Ho iniziato a guardare la serie del Tour, credo di averne visti solo due episodi, dico la verità, poi ho smesso. Non perché non mi piacesse, ma solo perché sono iniziati i preparativi del matrimonio e mille altre cose, quindi non ho avuto più tempo.

Nella valigia hai messo anche dei buoni propositi?

La vittoria di tappa rimane sempre la ciliegina che mi manca. Sarebbe il proposito migliore. Poi c’è la maglia a pois, ma andrebbe bene anche… solo vincere una tappa, perché al Tour la concorrenza per la maglia a pois è altissima, per cui bisogna programmare dove prenderla, come difenderla. Non ho ancora studiato le tappe, il grosso si vedrà giorno per giorno. A prima vista non ce n’è una in particolare su cui ho puntato l’attenzione…

Al via dei campionati italiani, due chiacchiere fra il cittì Bennati e Ciccone
Al via dei campionati italiani, due chiacchiere fra il cittì Bennati e Ciccone
Volendo sognare in grande, la prima tappa ha 3.000 metri di dislivello e assegna la maglia gialla.

Sicuramente è dura. Dovrebbe arrivare un gruppettino ristretto, ma non mi va di espormi e dire cose esagerate (sorride, ndr).

Arrivi al Tour con la forma che volevi?

Parto con una buona condizione, che però può ancora migliorare. Ci arrivo bene, ho dei bei margini nell’immediato e ancora degli anni buoni per fare grandi cose. Quest’anno abbiamo iniziato bene, siamo sulla strada giusta. Ho cambiato il modo di allenarmi, sia per qualità che per quantità. Sostanzialmente faccio molta più fatica, mi alleno di più. Ma non ho modificato solo la preparazione fisica, abbiamo messo mano anche nell’alimentazione. E’ tutto diverso.

Quale il ricordo più bello del matrimonio che ti porti in Francia, a parte la fede?

Sicuramente l’attesa, perché la sposina si è fatta aspettare più di mezz’ora, poi lo stupore quando l’ho vista entrare in chiesa.

Ciccone ha dovuto saltare il Giro per Covid, ma nel 2023 ha vinto alla Valenciana, al Catalunya e al Delfinato (nella foto)
Ciccone ha dovuto saltare il Giro per Covid, ma nel 2023 ha vinto alla Valenciana, al Catalunya e al Delfinato (nella foto)
Che cosa dice adesso Annabruna, visto che le toccherà aspettarti per le prossime tre settimane?

Sa da un pezzo che lavoro e che vita faccio, conosce il mio programma ed è felice. E poi mi raggiungerà per il giorno di riposo.

Perché ti sei sposato a giugno e non a novembre o dicembre come fanno di solito i corridori?

Perché novembre per me è il mese più brutto dell’anno. Fa freddo, il cielo è grigio e brutto, mi mette tristezza. Invece io mi volevo sposare in un mese bello, felice, col sole, l’allegria e il mare meraviglioso. In realtà, il programma originale prevedeva che facessi il Giro e poi avrei staccato per preparare la Vuelta, quindi c’era tutto il tempo per il matrimonio. Invece il Giro non l’ho fatto e sono saltati fuori il Tour e prima il Delfinato e l’italiano. Insomma, ho avuto una piccola deviazione di percorso, ma niente che non abbia potuto gestire.

Un grande Ciccone mette la ciliegina sul Delfinato

11.06.2023
4 min
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L’ottava e ultima tappa del Delfinato se l’è presa Giulio Ciccone. L’abruzzese che era rimasto fuori dal Giro per un’altra positività al Covid, ha staccato tutti i rivali sul Col de Porte. Ha attaccato a 20 chilometri dal traguardo e ha pedalato in modo convincente verso la vittoria.

Sulla salita finale de La Bastille, il leader Vingegaard ha centrato il secondo posto a 23 secondi da Ciccone e ha vinto la classifica generale del Delfinato. Adam Yates e O’Connor hanno completato il podio.

«I 500 metri finali – racconta Ciccone al settimo cielo – sono stati davvero lunghi, ma con tutta quella gente è stato davvero bello. Inoltre, quando mi sono voltato e ho visto che avevo ancora un buon vantaggio, sono andato a tutto gas e ora sono davvero felice».

L’attacco di Ciccone sul Col de Porte, a 20 chilometri dall’arrivo
L’attacco di Ciccone sul Col de Porte, a 20 chilometri dall’arrivo

Pubblico da stadio

Quest’anno nel suo programma il Giro d’Italia avrebbe occupato una posizione centrale, invece anziché raccogliere l’abbraccio de suo pubblico al via di Pescara, Giulio si è ritrovato a casa, maledicendo per l’ennesima volta la sua sfortuna.

«Sono stato per 10 giorni senza bici – prosegue – quindi le mie condizioni al via non erano al 100 per cento. Sono ripartito da qui con in mente il Tour e questa settimana ho visto che stavo migliorando sempre di più, perciò sono davvero felice di chiudere questa settimana con una vittoria. Vincere fa sempre piacere ma qui, con questa atmosfera, credo sia ancora meglio. Sono stati mesi difficili e vado con grande motivazione verso i campionati italiani e poi il Tour».

Vingegaard ha attaccato sulla salita finale, guadagnando altri 11 secondi su Yates
Vingegaard ha attaccato sulla salita finale, guadagnando altri 11 secondi su Yates

Come una crono

Fin qui il punto sulla stagione, sulla quale Ciccone si era affacciato con un altro passo, anche grazie al cambio di preparazione. Chi lo segue oggi è certo che un atleta con il suo motore e la sua potenza aerobica sia destinato a raccogliere molto di più. Poi Ciccone torna alla tappa.

«E’ stato davvero un giorno molto difficile – spiega – perché il gruppo ci ha lasciato un vantaggio molto piccolo, quindi anche a livello psicologico è stato difficile gestirsi. La sensazione è stata per tutto il giorno quella di una cronometro a tutto gas. Ho corso dei rischi nell’ultima discesa e nell’ultima salita ho spinto a tutta sapendo che il traguardo era proprio lì. E davvero avere tutto quel pubblico ha reso la scalata meno difficile. Sono stato per tutto il tempo concentrato sulla strada. Mi dicevo che sarei arrivato all’ultima curva e avrei visto il traguardo…».

Matrimonio e Tour

Oltre alla vittoria, il premio con cui Ciccone torna a casa dal Delfinato del 2023 è la maglia degli scalatori, come gli era successo per due volte da U23 al Giro della Valle d’Aosta e al Giro d’Italia del 2019, quando vinse anche la tappa di Ponte di Legno, superando il Mortirolo e battendo in volata Jan Hirt.

«La maglia della montagna è davvero bella – dice l’abruzzese – è una delle mie preferite, ma se devo essere sincero, durante questa settimana non ci ho mai pensato. Anche oggi Campenaerts, che era in testa fino a ieri, era in fuga con noi e ha preso i suoi punti. L’ho superato vincendo, perché comunque io pensavo solo alla tappa e ci sono riuscito. Ora ho bisogno di un po’ di riposo, perché il Tour è molto vicino, ma la settimana prossima mi sposerò e questa vittoria è un regalo per la mia futura moglie. L’obiettivo in Francia sarà sempre lo stesso. Mi piacerebbe vincere una tappa del Tour e gettare un occhio su questa maglia che mi piace molto. Quindi andiamo, rimaniamo concentrati e vediamo giorno per giorno».

Masciarelli e la pericardite scoperta grazie all’incidente

16.05.2023
5 min
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«Sono uscito a fare allenamento – racconta Masciarelli, in apertura col padre Andrea – con Giulio (Ciccone, ndr) e con un gruppo di ragazzi. Quando siamo arrivati vicino alla Tiburtina, ci siamo immessi in una rotonda. C’era una macchina ferma e appena siamo passati è ripartita e noi l’abbiamo presa. Sono caduto e ho battuto il braccio. Ho chiamato l’ambulanza perché mi faceva male. E alla fine mi tocca dire: per fortuna che ho avuto l’incidente, altrimenti mi sarei fatto male in modo diverso e più grave…».

Il cuore dei corridori veri non fa lo stesso lavoro del nostro. Il Covid ma anche una semplice influenza sono una minaccia concreta. Ci sono atleti che hanno smesso di correre dopo una febbre non curata, Ulissi probabilmente per motivi analoghi ha dovuto subire un intervento. In questi giorni, i social e i bar traboccano di facili commenti spesso superficiali sul ritiro di Evenepoel dal Giro, sbagliato probabilmente nei modi ma non nella sostanza. Questa allora è la storia, a suo modo emblematica, di quello che è successo ieri a Lorenzo Masciarelli, abruzzese del Team Colpack, rientrato quest’anno in Italia dopo l’esperienza di ciclismo e vita in Belgio.

L’incidente che ha coinvolto Masciarelli e Ciccone si è verificato in questa rotonda fra Chieti e Pescara
L’incidente che ha coinvolto Masciarelli e Ciccone si è verificato in questa rotonda fra Chieti e Pescara
Che cosa è successo dopo l’incidente?

Abbiamo chiamato l’ambulanza e sono andato in ospedale per farmi controllare il braccio, perché mi faceva male. Appena arrivato, dato che c’era stato un trauma da impatto, mi hanno fatto un elettrocardiogramma e hanno visto che qualcosa non tornava. Poi sono andato a fare la TAC e francamente al cuore non ho più pensato. Venivo da due ore e mezza di allenamento spinto, ho pensato che fosse un po’ affaticato. Le solite cose che succedono anche quando fai la prova da sforzo e ti dicono che sei un po’ stanco.

Per il resto, a parte la botta, stavi bene?

Ero stato male nei giorni precedenti. Avevo un po’ di tosse e di catarro, facevo fatica a respirare. La settimana prima avevo fatto un tampone ed era negativo. Un altro me l’hanno fatto in ospedale ed era negativo, perciò pensavo a un’influenza, tanto che stavo facendo anche l’aerosol. L’unica cosa era la tosse e il fatto che all’inizio mi bruciasse un po’ il petto, infatti in bici non andavo benissimo. Comunque hanno fatto altri esami e hanno visto c’era una leggera bronchite, quasi polmonite, però proprio una macchia piccola. Si vedeva che stava svanendo, però ugualmente hanno voluto ripetere l’elettrocardiogramma.

Lorenzo Masciarelli è stato trasportato in ambulanza all’ospedale di Chieti
Lorenzo Masciarelli è stato trasportato in ambulanza all’ospedale di Chieti
E cosa è venuto fuori?

Mi hanno mandato dal cardiologo per una visita più approfondita, perché hanno riscontrato che il battito non era regolare, c’era qualcosa che non andava. Dalle analisi del sangue avevano visto che avevo la troponina leggermente più alta del normale (è una delle spie di possibili problemi al carico del miocardio o del pericardio, ndr) e quando il cardiologo mi ha visitato, ha visto che c’è un’infiammazione del pericardio. Mi ha detto che è leggera, ma devo rimanere in ospedale per accertamenti. Nel frattempo ho finito di fare altri accertamenti e nel frattempo mi hanno di fatto tre analisi del sangue.

Cosa cercavano?

Hanno controllato la variazione dei parametri e visto che la troponina non si era ancora abbassata, nonostante avessero iniziato a darmi un antinfiammatorio. Mi hanno fatto la coronarografia, cioè hanno inserito un catetere nell’arteria del braccio per vedere se ci fossero lesioni sulle arterie che portano sangue al cuore, per capire se il problema fosse dovuto all’impatto o piuttosto al fatto che stavo male e allenandomi ugualmente era arrivata l’infiammazione.

La pericardite è un’infiammazione del pericardio, la sottile membrana che fascia il cuore (foto La Nurse)
La pericardite è un’infiammazione del pericardio, la sottile membrana che fascia il cuore (foto La Nurse)
Come è andata?

Per fortuna dalla coronarografia non è risultato niente, poi ho rifatto l’ECG da cui si è visto che il cuore sta bene. Rimangono alti i valori della troponina che indicano la leggera infiammazione del pericardio. Per cui adesso dovrò fare un po’ di riposo, perché l’infiammazione è dovuta al fatto che ho continuato ad allenarmi forte nonostante avessi questa influenza addosso. Non si è capito se ci sia di mezzo il Covid, i tamponi sono stati negativi, ma non so se per esempio l’ho avuto nelle settimane precedenti.

Non avevi avuto segni che lo facessero pensare?

Ero stato fermo 2-3 giorni per una caduta nella corsa di Roccastrada, con un piccolo strappo dietro la spalla. Quando poi ho ricominciato mi sembrava strano che avessi perso così tanto in bici, perché mi sentivo un po’ affannato. La tosse persisteva e globalmente non mi sentivo granché. Quando poi è venuto fuori che c’è questa infiammazione, ho collegato anche il fatto che dopo le salite avevo sempre l’affanno e forse dipendeva dall’infiammazione al cuore e da un principio di sinusite.

Se non avessi avuto l’incidente e avessi continuato per altre tre ore e poi anche nei giorni successivi, ti hanno detto cosa avresti rischiato?

Mi hanno detto che rischiavo forte, che se non me ne fossi accorto e magari avessi continuato ad allenarmi e correre, non sarebbe stato piacevole. Il cuore sarebbe peggiorato, l’infiammazione che ora è leggera sarebbe peggiorata e avrei rischiato anche di dover smettere di correre. Così invece con due settimane di recupero, dovrei tornare a posto. C’è gente come Garofoli che è stata ferma per mesi e altri che hanno dovuto smettere di correre per problemi cardiaci (corridori che hanno smesso di correre per miocarditi ci sono sempre stati, anche prima del Covid, ndr).

In azione al Palio del Recioto, Masciarelli corre con la Colpack da quest’anno (photors.it)
In azione al Palio del Recioto, Masciarelli corre con la Colpack da quest’anno (photors.it)
Alla fine bisognerà ringraziare la sorte per l’incidente in quella rotatoria?

Probabilmente sì. E poi bisogna ringraziare i medici dell’ospedale di Chieti, che sono stati bravissimi a farmi tutti quegli esami.

Per quanto tempo ancora dovrai restare in ospedale?

Fino a venerdì, per fare la risonanza magnetica al cuore. Adesso sono collegato a un holter per registrare i battiti e in base a quello vedranno se posso tornare a casa o converrà aspettare qui fino a venerdì.